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Determinazione della concentrazione plasmatica di procalcitonina in vitelli sani ed in vitelli patologici

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE VETERINARIE Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

DETERMINAZIONE DELLA CONCENTRAZIONE PLASMATICA DI

PROCALCITONINA IN VITELLI SANI ED IN VITELLI PATOLOGICI.

Candidato: Chiara Cadoni Relatore: Prof.ssa Micaela Sgorbini

Correlatore: Dott.ssa Francesca Bonelli

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Coloro che sognano ad occhi aperti conoscono molte cose che sfuggono a quanti sognano solo dormendo.

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INDICE

RIASSUNTO 4

PARTE GENERALE 5

CAPITOLO 1 - BIOCHIMICA DELLA PROCALCITONINA (PCT) 6

1.1 STRUTTURA BIOCHIMICA 6

1.2 SINTESI DELLA PCT 8

1.3 GENETICA DELLA FAMIGLIA DELLE CALCITONINE 10

1.3.1 Genetica della CT nell’uomo 10

1.3.2 Genetica della CT nel cavallo 11

1.3.3 Genetica della CT nel cane 12

1.3.4 Genetica della CT nelle altre specie 13

1.4 AUMENTO DELLA PCT IN CORSO DI SEPSI 14

1.4.1 Quando la secrezione di PCT diventa ubiquitaria 14

1.4.2 Tessuti che producono PCT in corso di infezione batterica 15

1.4.3 Cellule che producono PCT in corso di infezione batterica 16

1.4.4 Induzione plasmatica di PCT in corso di sepsi ed endotossiemia 18

CAPITOLO 2 - LA SEPSI NEL VITELLO 20

2.1 INTRODUZIONE 20

2.2 SINDROME DELLA RISPOSTA INFIAMMATORIA SISTEMICA 21

2.3 LA SEPSI NEL VITELLO 23

2.3.1 Lipopolisaccaride e l’inizio della sepsi 23

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2.3.3 Diagnosi 28

2.3.5 Terapia 34

CAPITOLO 3 - LA PROCALCITONINA: STATO DELL’ARTE IN MEICINA VETERINARIA 36

3.1 METODI DI VALUTAZIONE PCT IN MEDICINA VETERINARIA 37

3.2 LETTERATURA SCIENTIFICA SULLA PCT NEL CAVALLO 38

3.2.1 Valutazione dell’espressione genica della PCT nel cavallo 38

3.2.2 Valutazione delle concentrazioni plasmatiche della PCT nel cavallo 38

3.3 LETTERATURA SCIENTIFICA SULLA PCT NEL CANE 40

3.3.1 Valutazione dell’espressione genica della PCT nel cane 40

3.3.2 Valutazione delle concentrazioni plasmatiche di PCT nel cane 41

3.4 LETTERATURA SCIENTIFICA SULLA PCT NEL BOVINO 43

PARTE SPERIMENTALE 44

CAPITOLO 4 – SCOPO 45

CAPITOLO 5 - MATERIALI E METODI 46

5.1 ANIMALI 46

5.1.1 Animali inclusi 46

5.1.2 Management di allevamento dei vitelli sani 47

5.2 CRITERI DI INCLUSIONE 49

5.2.1 Criteri di inclusione sani 49

5.2.2 Criteri d’inclusione patologici 50

5.3 DATI CLINICO PATOLOGICI 51

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5.3.2 Emocoltura 52

5.3.3 Dati clinici e valutazione della SIRS settica 53

5.4 VALUTAZIONE DELLA PCT 55

5.4.1 Bovine Procalcitonin ELISA kit (MyBioSource, USA) 55

5.5 ANALISI STATISTICA 57

CAPITOLO 6 - RISULTATI 58

CAPITOLO 7 – DISCUSSIONI 63

7.1 CONCLUSIONI 67

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RIASSUNTO

Lo scopo di questo studio è stato la valutazione della concentrazione plasmatica di procalcitonina (PCT) in vitelli sani e in vitelli patologici. Sono stati inclusi 20 vitelli sani, come gruppo di controllo, e 58 vitelli patologici, classificati come affetti da sindrome della risposta infiammatoria sistemica (SIRS) settica, sulla base del SIRS score. I vitelli affetti da SIRS settica sono stati ulteriormente suddivisi in sopravvissuti (SSS) e non-sopravvissuti (SSN). Le concentrazioni plasmatiche di PCT sono state misurate con un test ELISA per la specie bovina. I risultati sono stati espressi come media ± deviazione standard. E’ stata valutata la distribuzione dei dati ed è stato eseguito il test t di Student per dati non appaiati tra il gruppo controllo ed il gruppo SIRS settici. La curva ROC è stata utilizzata per determinare il miglior valore di cut-off ed i corrispondenti livelli di sensibilità e specificità per la diagnosi di SIRS settica. Sono stati effettuati un test ANOVA ad una via per dati non appaiati, ed un test di Tukey per confronti multipli come post-hoc, per verificare le differenze di concentrazione di PCT plasmatica tra i gruppi (controllo vs SSS vs SSNS).

Le concentrazioni plasmatiche di PCT nei vitelli sani e SIRS settici erano 26,4±23,9 pg/mL e 162,3±101,7 pg/mL rispettivamente. E’ stata trovata una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi (p<0,001). Il valore di cut-off più accurato per la determinazione della SIRS settica era 64,0 pg/mL (sensibilità 81,0%, specificità 95,0%, rapporto di verosimiglianza 16.2). I livelli plasmatici di PCT erano 152,2±101,4 pg/ml nel sottogruppo SSS e 249,4±53,2 pg/mL nel sottogruppo SSN. Sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra i gruppi (controllo vs SSS e controllo vs SSNS, p <0.0001; SSS vs SSNS, p <0,02). Questi risultati hanno confermato un aumento della concentrazione di PCT nei vitelli con SIRS settica come precedentemente riportato in medicina umana e veterinaria.

Parole chiave: vitelli, test diagnostico, procalcitonina, sepsi, Sindrome della Risposta Infiammatoria

Sistemica.

ABSTRACT

The aims of this study were to evaluate plasma procalcitonin (PCT) concentrations in healthy and septic calves. Twenty healthy control calves and 58 sick calves affected by septic Systemic Inflammatory Response Syndrome (SIRS) based on SIRS score and clinical findings were included. Septic SIRS calves were further divided in septic SIRS survivors (SSS) and non-survivors (SSNS). Plasma PCT concentrations were measured with a commercial ELISA assay for the bovine species. Results were expressed as mean±standard deviation. Data distribution was evaluated and Student’s t test for unpaired data was performed between control and septic SIRS groups. The receiver operating characteristic curve was used to determine cut-off values and corresponding sensitivity and specificity levels for the diagnosis of sepsis. A one-way ANOVA test for unpaired data and Tukey’s multiple comparisons post-hoc test were carried out to verify differences in plasma PCT concentration between groups (control vs SSS vs SSNS).

Plasma PCT concentrations in healthy and septic SIRS calves were 26.4±23.9 pg/mL and 162.3±101.7 pg/mL, respectively, with statistically significant differences (P<0.001) between control and septic SIRS group. The calculated most accurate cut-off value to predict septic SIRS was 64.0 pg/mL (81.0% sensitivity, 95.0% specificity, likelihood ratio 16.2). Plasma PCT levels were 152.2±101.4 pg/mL and 249.4±53.2 pg/mL in the SSS and SSNS subgroups, respectively. Statistically significant differences were found among groups (control vs SSS and SSNS, P<0.0001; SSS vs SSNS, P<0.02). These results confirmed an increase in PCT concentration in calves with septic SIRS as previously reported in humans and other species.

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CAPITOLO 1

BIOCHIMICA DELLA PROCALCITONINA (PCT)

1.1 STRUTTURA BIOCHIMICA

La procalcitonina (PCT) è una proteina composta da 116 aminoacidi, precursore dell’ormone calcitonina (CT). Citata in letteratura per la prima volta nel 1962 (Copp et al., 1962), la CT è un ormone polipeptidico costituito da 32 aminoacidi, che partecipa all’omeostasi del calcio. Nei mammiferi viene prodotta dalle cellule C della tiroide e dalle cellule neuroendocrine dell’epitelio polmonare a seguito di un processo di proteolisi cellulare del suo precursore PCT, la cui scoperta scientifica risale al 1975 (Moya et al., 1975).

La molecola della PCT ha un peso specifico di 14.5 KDa e si divide in tre sezioni: la regione composta da 57- amminoacidi terminali (NProCT), la porzione centrale costituita da 33-amminoacidi immaturi di CT, e l’estremità detta “katacalcina”, formata da 21-33-amminoacidi.

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1.2 SINTESI DELLA PCT

La sintesi della PCT è codificata dal gene CALC-I, collocato sul cromosoma 11 del genoma umano. La sintesi delle proteine PCT e CT, avviene grazie alla trascrizione del gene CALC-I da cui si forma una proteina composta da 141 aminoacidi, la pre-procalcitonina (pre-PCT), che comprende la sequenza segnale, la regione N-terminale della PCT, la sequenza della CT e la katacalcitonina.

Fig. 1.2. Schema della struttura della preprocalcitonina (da Meisner, 1997 modificato)

La sequenza segnale, la cui funzione è di favorire l’adesione tra proteina e membrana del reticolo endoplasmatico, viene degradata dall’enzima endopeptidasi; con l’eliminazione di questa porzione proteica si ottiene la PCT (Ardaillou et al., 1970). La PCT viene poi trasportata all’interno dell’apparato di Golgi, dove è ulteriormente degradata a CT matura più due proteine terminale.

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In assenza di infezione, la trascrizione del gene CALC-I è limitata alle cellule neuroendocrine della tiroide e del polmone. In queste cellule, l'ormone maturo viene elaborato e immagazzinato in granuli secretori.

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1.3 GENETICA DELLA FAMIGLIA DELLE CALCITONINE

1.3.1 Genetica delle CT nell’uomo

La famiglia delle calcitonine, o proteine CAPA (calcitonin gene-related peptide-amylin-procalcitoninadrenomedullin family), è espressa da quattro geni di cui solo il gene CALC-I codifica per la produzione di CT e del suo precursore PCT. Il gene CALC-I dà luogo ad un processo detto “splicing alternativo” con cui il trascritto primario può dare origine a diversi mRNA per inclusione o esclusione dei diversi esoni presenti (Meisner, 1997). L’mRNA codificante per la CT è il principale prodotto della trascrizione CALC-I nelle cellule C della tiroide e nelle cellule endocrine del polmone, mentre l’mRNA del peptide correlato al gene calcitonina-I (CGRP-calcitonina-I) è prodotto dalle cellule del sistema nervoso centrale e periferico (Kelley et al., 1994). Questo peptide è una molecola vasoattiva con proprietà vasodilatatrici, ed è sintetizzato prevalentemente nelle cellule nervose correlate alle cellule della muscolatura liscia dei vasi sanguigni (Brain et al., 1986).

Gli altri geni appartenenti alla famiglia delle calcitonine non partecipano alla sintesi della CT; il gene CALC-II codifica solo per un precursore del CGRP-II, che differisce dalla CGRP-I per tre aminoacidi. Il CALC-III è probabilmente uno pseudogene che non trascrive nessuna proteina. Il gene CALC-IV codifica invece per un precursore contenente l’amilin-peptide (Meisner, 1997).

E’ possibile che esista un altro gene appartenente a questa famiglia genetica, poiché durante lo stato infiammatorio la produzione di PCT non avviene nelle cellule C della tiroide. La regolamentazione della trascrizione di questa proteina differisce da quella dell’ormone CT ed

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è molto più simile a quella delle citochine proinfiammatorie, come per esempio il TNF-α o la IL-6 (Meisner, 1997). Gli studi sulla genetica dell’aumento di produzione di PCT in corso di infiammazioni mediate da batteri e dai loro prodotti sono in fase di studio.

1.3.2 Genetica della CT nel cavallo (Toribio et al., 2003)

L’espressione genica di CALC-I, CGRP-I e CGRP-II nella specie equina venne indagata per la prima volta nel 2003. Dagli studi effettuati da Toribio e colleghi (2003), emerse che la CT equina aveva un’omologia superiore all’85% con quella di altre specie (uomo, ratto, topo), mentre il CGRP-I aveva omologia più bassa (<59%) rispetto alla stessa molecola espressa in altre specie. I peptidi segnale e N-terminale della CT equina e CGRP-I risultarono uguali, indicando che questi peptidi sono codificati da un gene equivalente al CALC-I umano. Il CGRP-II equino aveva un’omologia superiore all’80% con il CGRP-II di pollo, uomo, ratto, ovino, suino e bovino. L’omologia fra la CGRP-I e la CGRP-II equina era bassa (56%). Le analisi eseguite rivelarono che l’espressione dell’mRNA-CT non era solo di pertinenza tiroidea ma veniva espressa anche a livello della ghiandola pituitaria e del fegato. Gli mRNA per CGRP-I e CGRP-II erano espressi a livello del sistema nervoso e di altri tessuti con origine neuroectodermica. Il CGRP-I veniva espresso anche a livello del rene.

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1.3.3 Genetica della CT nel cane

Nonostante il precoce coinvolgimento della specie canina nel chiarire il ruolo fisiologico della CT (Copp et al., 1957), solo nel 1991 Mol e colleghi estrassero e sequenziarono la CT canina, confrontandola inoltre con le sequenze di altre specie: su 32 aminoacidi quelli identici sono risultati 25 per la specie bovina, 24 per la suina e l’ovina, 19 nel ratto,18 nell’uomo, 17 nell’anguilla e 15 nel pollo (Fig. 1.3).

Fig. 1.3. Comparazione della sequenza genetica della CT canina con altre specie (da Mol et al., 1991 modificato)

Un altro membro della famiglia CGRP, peptide calcitonina recettore stimolante (CRSP), è stato isolato dal cervello suino. Sono stati isolati tre tipi di CRSPs dal maiale e due nel cane. Esistono perciò molteplici CRSPs e una sola CGRP nel suino, nel cane e nel bovino. le sequenze CRSP, nel cane e nel bovino, sono situate in tandem vicino al gene CGRP sullo stesso cromosoma (Maho Ogoshi et al., 2006).

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1.3.4 Genetica della CT nelle altre specie

A conoscenza degli autori, non ci sono studi che investighino l’assetto genetico della CT o della PCT nelle altre specie di interesse veterinario.

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1.4 AUMENTO DELLA PCT IN CORSO DI SEPSI

1.4.1 Quando la secrezione di PCT diventa ubiquitaria

In condizioni fisiologiche, la trascrizione del gene CALC-I e la traslazione dell'mRNA-CT sono limitate alle cellule neuroendocrine della tiroide e del polmone. La pre-procalcitonina viene modificata in PCT e immagazzinata in granuli secretori, dai quali verranno rilasciati i peptidi maturi, attraverso un meccanismo di secrezione regolata (Le Moullec et al., 1984). Negli individui sani sono presenti concentrazioni molto basse di PCT (Linscheid et al., 2003).

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Durante i processi infettivi, in particolare quelli di origine batterica, l’espressione genica del CALC-I è aumentata e la PCT è prodotta e rilasciata da quasi tutti i tessuti ed i tipi cellulari (Muller et al., 2001). Sembra essere proprio l’infezione mediata da batteri, con presenza di tossine batteriche in circolo, l’evento scatenante per l’aumento della concentrazione di PCT circolante.

1.4.2 Tessuti che producono PCT in corso di infezione batterica

Gli alti livelli di PCT circolante in corso di infezione batterica, potrebbero essere giustificati ipotizzando che la quantità di PCT sintetizzata a livello delle cellule neuroendocrine, sia maggiore della disponibilità degli enzimi necessari per la sua conversione a CT. Questo potrebbe spiegare perché la PCT non processata venga rilasciata nel circolo sanguigno (Matwiyoff et al., 2012).

Sono stati condotti diversi studi che dimostrano come l'aumento della concentrazione di PCT durante l’infezione batterica possa verificarsi indipendentemente dalle cellule C della tiroide. La PCT è risultata infatti elevata anche nel sangue di soggetti sperimentalmente infettati e precedentemente sottoposti a tiroidectomia (Assicot et al., 1993; Nishikura, 1999). E’ stato riscontrato inoltre, che l’espressione genica di CALC-I è notevolmente aumentata in corso di sepsi, in molti tessuti non tiroidei, come il grasso, il fegato, i polmoni, i muscoli, lo stomaco, il rene, il cervello, etc. (Muller et al., 2001). In uno studio condotto sui babbuini Morgenthaler e collaboratori (2003) hanno dimostrato che, in seguito alla somministrazione di lipopolisaccaridi (LPS), quasi tutti i tessuti esprimevano l’mRNA-CT. E’ stato ipotizzato che fegato e reni siano

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gli organi che producono quantità maggiore di PCT, dimostrando l’espressione dell’mRNA soltanto dopo 6 ore dopo la somministrazione di LPS. Altri organi come polmone, stomaco e cuore raggiungono il picco di produzione PCT dopo circa 24 ore dalla somministrazione di LPS (Morgenthaler et al., 2003). Anche Muller e colleghi (2001) hanno riscontrato un aumento massiccio di espressione della PCT in vari organi tra cui il fegato, la milza e il polmone di criceti dopo la somministrazione di LPS intraperitoneali (Muller et al., 2001). Meisner e colleghi (2003) hanno rilevato importanti diminuzioni di PCT in babbuini LPS-indotti precedentemente sottoposti ad asportazione epatica, ipotizzando un ruolo cruciale del fegato nella produzione di PCT (Meisner et al., 2003). Una conferma a questa ipotesi si ha analizzando le concentrazioni di PCT nei campioni provenienti dal circolo venoso epatico, che si dimostrano significativamente superiori a quelle dei campioni di sangue arterioso sistemico, raccolti al medesimo tempo, in pazienti dopo bypass cardiopolmonare (Silomon et al., 1999) e in pazienti sottoposti a resezione epatica parziale elettiva (Kretzschmar et al., 2001).

1.4.3 Cellule che producono PCT in corso d’infezione batterica

L’origine cellulare della PCT durante l’infezione batterica è stata scarsamente approfondita e gli studi presenti si concentrano sul coinvolgimento delle cellule immunitarie in questo processo. Oberhoffer e colleghi (1999) ipotizzano che le cellule mononucleate del sangue periferico umano (PBMC) producano PCT sotto stimolo di una varietà di agenti, comprese le LPS; è stata descritta una correlazione positiva tra il rilascio di PCT da parte delle PBMC e i livelli di PCT nel sangue (Herget-Rosenthal et al., 2005). Altri studi condotti sui leucociti svelano che queste cellule vengono indotte a produrre PCT a seguito d’infezione batterica (Muller et

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al., 2001) ed è stato evidenziato che l’mRNA-CT aumenta nei leucociti provenienti da campioni di sangue intero periferico di cani malati (Kuzi et al., 2008). Sulla base di questi dati possiamo concludere che i leucociti siano, insieme alle cellule parenchimali, potenziali fonti cellulari di PCT anche se, con un ulteriore studio, Monneret e collaboratori (1999) rilevano l’incapacità dei PBMC a produrre PCT dopo stimolazione con LPS. Altri studi inoltre, mostrato un aumento della PCT sierica in pazienti neutropenici (Hatzistilianou et al., 2010), così come i pazienti immunodeficienti (Hatzistilianou et al., 2007), sottolineando il fatto che la PCT aumenti anche in pazienti in cui i globuli bianchi circolanti sono diminuiti (Al-Nawas e Shah, 1996). In conclusione il contributo apportato dai leucociti all’aumento della secrezione di PCT non è ancora chiaro, mentre sono state suggerite essere le cellule parenchimali, la fonte principale di espressione e produzione della PCT non tiroidea durante l’infiammazione batterica (Giunti et al., 2010).

L’aumento dei livelli di PCT sepsi-correlato, è stato ipotizzato derivare da un aumento della trascrizione genica di CALC-I, meccanismo mediato dagli elementi della risposta infiammatoria specifica, che agirebbero così da stimoli promotori l’espressione del gene. E’ stato coniato il termine “ormochine” per definire tutte quelle citochine che agiscono incrementando la produzione di un ormone, come avviene per la PCT, durante l'infiammazione o infezione (Muller et al., 2001; Nylén e Alarifi, 2001; Muller, 2007). Fra queste abbiamo il TNFα, considerato un potente stimolatore dell’espressione dell’mRNA-CT, e l’IL-1β e IL-6 considerati stimolatori moderati (Redl et al., 2000; Domenech et al., 2001; Muller et al., 2001; Preas et al., 2001; Linscheid et al., 2003). Un’ulteriore considerazione deve esser fatta osservando che alcune citochine come l’interferone-γ (IFN-γ), prodotto in corso di infezioni virali, sembrano ridurre la produzione ubiquitaria della PCT (Linscheid et al., 2003). Ciò conferma il ruolo della PCT come

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marker per le sole infezioni batteriche (Soreng e Levy, 2011).

1.4.4 Induzione plasmatica della PCT in corso di sepsi ed endotossiemia

Nell’uomo, in soggetti volontari, sono stati analizzati i livelli sierici di PCT dopo somministrazione di singole dosi di LPS: la PCT aumenta 2 ore dopo l’iniezione e, tra le 6 e le 8 ore successive, le concentrazioni plasmatiche di PCT continua rapidamente ad aumentare fino a raggiungere un plateau circa 12 ore dopo l’iniezione di LPS (Assicot et al., 1993; Dandona et al., 1994; Petitjean et al., 1994). I livelli di PCT si mantengono così elevati fino a 24 ore post-iniezione di LPS, per poi diminuire lentamente nei 7 giorni successivi (Dandona et al., 1994; Preas et al., 2001). Matwiyoff e colleghi (2012) hanno proposto due ipotesi sull’identificazione dei fattori stimolanti il rilascio di PCT in corso di infezione batterica. La prima ipotesi prevede che le componenti strutturali batteriche, o i loro prodotti, attivino in maniera diretta il rilascio di PCT, mentre la seconda ipotesi suppone che sia l’azione delle citochine infiammatorie ad attivare la produzione e il rilascio di PCT (Matwiyoff et al., 2012). Domenech e colleghi (2001) invece ipotizzano che il promotore 50 del gene CALC-I, contiene degli elementi di risposta specifica per le infezioni batteriche e che, quando presente, possa sostituire il normale circuito di espressione selettiva della PCT (Domenech et al., 2001). Picariello e collaboratori (2010) suggeriscono invece che, durante le infezioni batteriche, le LPS inducano l’attivazione di una serie di citochine infiammatorie (IL- 1, IL-6 e IL-8), e che siano queste ultime ad attivare i tessuti extratiroidei (intestino, polmone, cellule immunitarie, fegato, milza, etc.) a rilasciare la PCT nel circolo sistemico (Picariello et al., 2010). L’ipotesi che le LPS inducano la massima produzione di PCT è ampiamente confermata (Dandona et al., 1994; Preas et al., 2001; Clodi et al., 2010),

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anche se alcuni studi affermano che le LPS non siano le uniche molecole in grado di indurre il rilascio massivo di PCT.

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CAPITOLO 2

LA SEPSI NEL VITELLO

2.1 INTRODUZIONE

La sepsi è riconosciuta a livello mondiale come un importante problema medico caratterizzato da significativa morbilità e mortalità (Angus et al, 2001).

La sepsi non è definibile come singola malattia, ma come una sindrome eterogenea caratterizzata da cambiamenti nella fisiologia dell’ospite innescati dal patogeno; tali cambiamenti sono noti come sindrome della risposta infiammatoria sistemica (SIRS) (Bone et al, 1997; Brunn et al, 2006; Johnson et al. 2005). Il Sepsis Consensus Conference ha fornito una definizione di SIRS utilizzando 4 parametri, sia clinici che di laboratorio: frequenza cardiaca, temperatura, frequenza respiratoria e conta dei globuli bianchi (WBC) (Dellinger et al., 2008).

La presenza di due o più di questi parametri conferma lo stato di SIRS, che associata a batteriemia, viene considerata sepsi. Sia la SIRS che la sepsi, possono essere causa della sindrome da disfunzione multiorgano o MODS (Multiple Organ Dysfunction Syndrome).

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2.2 SINDROME DELLA RISPOSTA INFIAMMATORIA SISTEMICA

Nel 1991 l’American College of Chest Physicians/Society of Critical Care Medicine Consensus Conference (ACCP/SCCM), utilizzò il termine Sindrome della Risposta Infiammatoria Sistemica (SIRS) per descrivere il complesso di risposte fisiologiche e patologiche ad insulti come infezioni, traumi, ustioni, pancreatiti ed altre problematiche (Bone et al., 1992). Quando la SIRS è causata da infezione, confermata da emocoltura positiva, allora è considerata sepsi (Bone et al., 1992). La sepsi grave è definita come sepsi associata a ipoperfusione, ipotensione o disfunzione d’organo. Una complicazione frequente della SIRS è lo sviluppo della sindrome da disfunzione sistemica multiorgano o MODS. Se un soggetto con sepsi grave rimane ipoteso nonostante la somministrazione di una fluidoterapia aggressiva, allora si parla di shock settico. Inoltre, come conseguenza della SIRS, è possibile che si instauri una sindrome immunosoppressiva conosciuta come sindrome della risposta anti- infiammatoria compensatoria (CARS) che può provocare inattivazione leucocitaria e aumento della suscettibilità alle infezioni (Bone et al., 1992; Dellinger et al., 2008).

La SIRS è stata definita dalla conferenza del 1991 come la presenza di 2 o più alterazioni dei seguenti criteri clinici e di laboratorio: frequenza cardiaca, temperatura corporea, frequenza respiratoria e conta leucocitaria (Bone et al., 1992).

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Questi criteri sono stati adottati anche in medicina veterinaria per diverse specie, compresa la specie bovina con particolare riferimento al vitello (Tabella 2.1) (Bone et al.,1992; Ercan et al.,2016; Tferz et al., 2016).

CRITERI PER LA DIAGNOSI DI SIRS NEL VITELLO Leucocitosi o

leucopenia

Ipertermia o

ipotermia Tachicardia Tachipnea ³ 12×109

/L £ 5x109/L

³ 39.5°C

£ 38.5°C > 120 bpm > 36 atti/minuto

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2.3 LA SEPSI NEL VITELLO

(Fecteau et al., 2009)

2.3.1 Lipopolisaccaride e l’inizio della sepsi

Negli Stati Uniti la setticemia neonatale è la terza causa di morte dei vitelli, dopo la diarrea e le patologie del tratto respiratorio, e la sua presenza è spesso associata ad un inadeguato trasferimento colostrale (FPT).

Il principale imputato nell’eziopatogenesi della setticemia neonatale è il lipopolisaccaride (LPS), un componente strutturale della membrana cellulare esterna dei batteri Gram –. La parete dei Gram - si articola in tre porzioni, ciascuna con importanti caratteristiche biologiche (Fig.2.1). La componente interna, ossia la porzione lipidica-A, conferisce alla molecola endotossina il suo carattere tossico. La regione centrale dell’endotossina è rappresentata dal nucleo oligosaccaridico che collega il lipide-A con la parete esterna, polisaccaridica. La porzione esterna dell’endotossina è composta da polisaccaridi ripetuti ed è la componente che maggiormente differisce tra le diverse specie batteriche (Lohmann e Barton, 2010).

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Figura 2.1. Struttura chimica dei LPS nei batteri GRAM -. (da Silipo et al., 2010 modificato)

L’endotossina è liberata quando il batterio muore o in momenti di rapida proliferazione. Nel cavallo sono stati condotti molti studi riguardanti il passaggio delle LPS dalla mucosa intestinale al circolo sistemico: in questa specie le cellule epiteliali della mucosa intestinale fungono da barriera fisica contro la traslocazione delle LPS e sono la prima forma di resistenza alla penetrazione microbica del sistema immunitario innato (Tomlinson e Bliksloger, 2004). Queste cellule epiteliali mucosali secernono i lisozimi, altre sostanze enzimatiche e anticorpi che limitano la capacità dei batteri enterici di penetrare la mucosa. Tuttavia, le endotossine possono attraversare la barriera mucosa intestinale in situazioni in cui questa sia compromessa, con un meccanismo transepteliale o attraverso le giunzioni intercellulari (Tomlinson e Bliksloger, 2004). Una piccola quantità di LPS quindi possono attraversare la mucosa intestinale e giunge alla circolazione portale, dove le cellule di Kupffer (macrofagi epatici) si attivano, rappresentando la seconda linea di difesa alle endotossine penetrate. Quando l’integrità della barriera mucosa intestinale viene meno, la quantità di endotossine che superano la barriera epiteliale intestinale può essere abbondante. In questi casi la quantità di LPS che bypassa la

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prima linea di difesa è talmente elevata che supera la capacità, di rimuoverle dalla circolazione, dei meccanismi prima descritti. Una volta raggiunto il circolo sistemico, le LPS vengono legate alla proteina legante il lipopolisaccaride (LBP) che ha una forte affinità per il lipide-A dell’LPS (Schuman et al., 1990; Tobias, 1999). Questa proteina esibisce i monomeri delle LPS alla superficie di cellule effettrici che rispondono alle endotossine dando il via alla cascata infiammatoria (Lohmann e Barton, 2010).

La prima risposta dell’ospite all’invasione dei patogeni, o dei loro prodotti, è rappresentata dai neutrofili polimorfonucleati (PMN) ma, nonostante il gran numero di questi elementi cellulari presenti nel circolo sistemico dei vitelli neonati, la loro funzionalità è ridotta rispetto ai PMN dell’adulto. E’ probabile che gli elevati livelli di cortisolo presenti nel vitello nei primi dieci giorni di vita contribuiscano a ridurre la funzionalità neutrofilica, la proliferazione linfocitaria e la funzonalità dell’IL-2, rendendo la risposta a questo tipo di insulti meno efficace rispetto a quella degli adulti. L’acquisizione delle competenze immunitarie umorali è, infatti, età-dipendente ed antigene-dipendente. I neonati sono in grado di produrre una risposta immunitaria umorale solo verso “buoni immunogeni”, come le proteine, ma non verso “immunogeni blandi” come zuccheri e lipidi. E’ stato dimostrato nei vitelli fino a tre mesi di vita, vaccinati contro Salmonella spp., con vaccini vivi attenuati, che tali soggetti sono in grado di produrre una risposta umorale simile a quella dell’adulto verso le proteine antigeniche della Salmonella spp., ma non verso le LPS della parete.

Oltre ai fattori di non completo sviluppo del sistema immunitario del neonato prima descritti, esistono molte e varie cause che possono influire negativamente sull’immunità del neonato,

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come ad esempio le carenze alimentari di microelementi e proteine, lo stress da raffreddamento che deprime la chemiotassi neutrofilica e la vasocostrizione che riduce la migrazione leucocitaria nei tessuti periferici.

Qualsiasi sia la porta d’ingresso del batterio, la cascata infiammatoria coinvolge mediatori altamente tossici che se non vengono controllati possono far evolvere l’infiammazione in SIRS e successivamente in MODS.

Esiste, infatti, un equilibrio tra una risposta infiammatoria efficace ed una risposta infiammatoria “esagerata” ai batteri ed alle loro tossine. L’interazione LPS e sistema immunitario innesca una complessa cascata infiammatoria che coinvolge citochine ed altri mediatori infiammatori. L’inizio della cascata provoca la produzione di metaboliti dell’acido arachidonico, il rilascio del fattore depressante del miocardio, l’attivazione del sistema del complemento e la produzione di molti altri mediatori di sepsi. Questo comporta la comparsa di segni clinici quali disidratazione, tachicardia, febbre, leucopenia, ipotensione, ridotti livelli di ossigeno circolanti, riduzione dell’output cardiaco e debolezza. L’ipossiemia è il risultato di una complessa risposta della vascolarizzazione polmonare causata dalle endotossine, a cui il bovino risulta molto sensibile; infatti, anche una dose modesta di queste, è in grado di provocare gravi danni polmonari. Una severa endotossiemia è spesso associata a morte per insufficienza respiratoria sia negli adulti che nei vitelli. Se questa sintomatologia non è trattata adeguatamente, può evolvere in disfunzione multiorgano, shock settico e morte.

La setticemia neonatale del vitello colpisce animali dai due agli otto giorni di vita, e la progressione della malattia è rapida e spesso fatale. In fase iniziale, i segni clinici sono vaghi

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e generici: è frequente rilevare un’alterazione del sensorio che va dalla moderata depressione al coma. Non sempre si ha un’alterazione consistente della temperatura rettale, mentre spesso si è in presenza di tachicardia e la tachipnea. Altri segni clinici frequenti sono la disidratazione, l’iperemia delle membrane mucose e dei vasi episclerali, i segni di ipotensione e ridotta gittata cardiaca. La diarrea è una manifestazione comune negli stadi terminali della setticemia. I parametri più utili per diagnosticare precocemente la setticemia nel vitello sono la presenza di neutrofili tossici, l’elevata creatinina sierica e la presenza di infezioni localizzate, spesso concomitanti fra loro come febbre, diarrea, poliartriti, uveiti, onfaliti, e meningiti con uno storico di FTP.

2.3.2 Cause di sepsi e endotossiemia nel vitello

Il vitello neonato è soggetto alla colonizzazione del tratto gastroenterico da parte di agenti patogeni soprattutto nelle prime due settimane di vita; il management, la qualità del colostro, la genetica degli animali e la contaminazione aziendale possono influenzare la composizione della flora intestinale. La principale porta d’ingresso di batteri patogeni è rappresentata dall’intestino, ma la colonizzazione può partire anche da un sito primario di infezione, come l’ombelico o qualsiasi altro sito. Se l’invasione batterica non viene controllata rapidamente dal sistema immunitario del vitello, possono instaurarsi infezioni localizzate in varie sedi come meningi, articolazioni, valvole cardiache e cartilagini di accrescimento. I batteri più comunemente coinvolti sono E coli che ha l’incidenza maggiore, seguito da Salmonella spp., Campylobacter spp., Klebsiella spp., e Staphylococcus spp. (Fecteau et al., 2009)

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2.3.3 Diagnosi

Sono stati condotti diversi studi nella specie bovina per la formulazione e l’applicazione dei criteri per la diagnosi di SIRS, dalla medicina umana a quella veterinaria (cap. 2.2) (Bone et al., 1992; Fecteau et al., 1997; Lofstedt et al., 1999). Le nuove ricerche sono improntate sull’individuazione di marker o criteri diagnostici rapidi ed economici, con alta sensibilità e specificità; ad oggi la diagnosi di sepsi ed endotossiemia “in campo” continua a basarsi su metodiche classiche (emocoltura, segni clinici, patologia clinica, etc.) e più recenti.

2.3.3.1 Segni clinici in corso di sepsi

I segni clinici tipici della sepsi, nel vitello sono suddivisi in due fasi, una precoce ed una più tardiva:

FASE PRECOCE: (segni subdoli e non specifici) • riluttanza alla suzione;

• alterazione del sensorio (da depressione a coma); • ipertermia;

• decubito prolungato; • tachicardia;

• 
tachipnea;


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FASE TARDIVA: • tachicardia; • 
tachipnea; 


• aumento del TRC; 


• diminuzione dell’output cardiaco; • 
ipotermia;

• ipovolemia
;

• 
iniezioni dei vasi sclerali; • diarrea nelle fasi terminali.


A questi segni clinici si uniscono segni di patologia clinica come la comparsa di neutrofili tossici nel sangue, ipossiemia arteriosa, l’ipocapnia data dalla tachipnea e l’acidosi metabolica e le alterazioni del profilo coagulativo (Basoglu et al., 2004; Ercan et al., 2016; Fecteau et al., 2009; Weiss e Rashid, 1998).

2.3.3.2 Emocoltura (Fecteau et al., 1997)

La diagnosi definitiva di batteriemia in un paziente necessita di una coltura batteriologica del sangue. Questa procedura ha il vantaggio di fornire al clinico sia l’esatta eziologia della patologia che le linee guida per quanto riguarda il trattamento antimicrobico adeguato. Tuttavia l’emocoltura è svantaggiosa in termini di tempo e richiede competenze tecniche ben precise, caratteristiche che possono ritardare il tempo di diagnosi e di inizio del trattamento; l’emocoltura è dotata inoltre di una bassa sensibilità.

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2.3.3.3 Sepsi score e SIRS score

In letteratura sono presenti molti lavori il cui scopo è l’elaborazione di una scala che aiuti il clinico nella diagnosi precoce di sepsi. Nel 1988 Brewer e Koterba avevano condotto uno studio in cui dimostravano l’utilità dell’uso di un sistema a punteggi per la determinazione della sepsi nel puledro.

Fecteau e colleghi, nel 1997, svilupparono un sepsis score per la diagnosi rapida della batteriemia nel vitello, come già presente per il neonato umano (Tollner et al., 1982) ed il puledro (Brewer et al., 1988)

La valutazione clinica e l'esperienza sono i principali strumenti a disposizione del veterinario per iniziare un trattamento tempestivo e razionale. Trefz e colleghi nel 2016 hanno valutato un gruppo di 100 vitelli con l’ausilio della scala SIRS utilizzata anche in questo studio.

Al momento dell’ammissione sono stati valutati i parametri clinici come la postura, comportamento, suzione riflesso, grado di enoftalmo e condizione fisica, utilizzando una scala a 3 punti. Sono stati classificati e registrati anche la temperatura rettale (°C), la frequenza cardiaca (battiti / min), la frequenza respiratoria (respiri / min), l’iniezione / congestione dei vasi sclerali, la presenza di membrane mucose iperemiche o cianotiche e la consistenza fecale (normale, consistenza ridotta, semiliquida, liquida). Sono stati documentati, inoltre, problemi concomitanti che si sono manifestati durante le prime 48 ore di ricovero, come infezioni ombelicali, broncopolmoniti, casi di addome acuto, segni neurologici, o problemi ortopedici. Utilizzando le definizioni precedentemente utilizzate per la SIRS (Bone et al., 1992) e gli intervalli di riferimento per i vitelli (Rosenberger, 1990), la SIRS è stata definita con la presenza di due o più dei seguenti segni clinici:

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• presenza di un conteggio dei leucociti anormale, cioè leucopenia o leucocitosi (intervallo riferi- mento, 5-12 × 109 / L);

• ipertermia o ipotermia (intervallo di riferimento, 38,5- 39,5 ° C); • tachicardia (> 120 battiti / min);

• tachipnea (> 36 atti / min).

2.3.3.4 Patologia clinica (Lofstedt et al., 1999)

I parametri clinicopatologici associati al rischio di setticemia sono l’aumento in concentrazione di creatinina sierica da moderata a marcata, la presenza di neutrofili tossici, il fallimento del trasferimento dell’immunità passiva ed una drastica riduzione delle proteine sieriche totali. Può inoltre essere presente azotemia secondaria allo shock e alla disidratazione, ma nei vitelli settici l’azotemia grave è stata attribuita all’endotossiemia indotta dalla necrosi tubulare e dalla nefrite embolica, oltre alla diminuita perfusione renale associata alla disidratazione. La componente lipopolisaccaridica della membrana esterna dei batteri gram-negativi, gioca un ruolo fondamentale anche nell’avvio della coagulopatia associata alla sepsi; i mediatori rilasciati dall’interazione LPS – sistema immunitario interagiscono attraverso meccanismi autocrini e paracrini promuovendo la trombosi ed inibendo la fibrinolisi. L’interleuchina-6 (IL -6) in particolare, sembra essere il mediatore con maggiore effetto sull’attivazione della coagulazione, ed il TNF è il principale mediatore con capacità di attivazione della risposta fibrinolitica.

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2.3.3.5 Biomarker in medicina veterinaria (Eckersall e Bell, 2010)

I marcatori che vengono utilizzati in medicina veterinaria ormai sono molti; nella tabella 2.2 sono riassunti i principali marker utilizzati nelle varie specie veterinarie.

Species Major APP Moderate APP

Cat SAA AGP, Hp

Dog CPR, SAA Hp, AGP

Horse SAA Hp

Cow Hp, SAA AGP

Pig CPR, MAP, SAA Hp

Tabella 2.2. Proteine di fase acuta usate come markers in medicina veterinaria. (Da Eckersall eBell 2010, modificato).

La Hp è una proteina prodotta dal fegato che ha la funzione di legarsi all'emoglobina libera dopo emolisi intravascolare. In bovini sani la concentrazione sierica di Hp è < 20 mg / L, ma può aumentare a > 2 g / L entro 2 giorni dall’infezione. Nei bovini, l’Hp è efficace nella diagnosi e la prognosi di mastite, enterite, peritonite, polmonite, endocardite, ed endometrite. Innalzamenti di questa proteina sono stati riportati anche nelle vacche con steatosi epatica, al parto, e durante i periodi di stress.

La SAA è una proteina di fase acuta che nel bovino, come nel cavallo, aumenta rapidamente in risposta all’infiammazione (Horadagoda et al., 1999). Inoltre l'isoforma mammaria della SAA (M-SAA3) viene secreta nel latte di bovine e pecore con mastite (Eckersall et al., 2001).

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La proteina C-reattiva (CRP) è la principale proteina di fase acuta utilizzata in medicina umana ed è uno dei test più frequentemente richiesti. Tuttavia v'è una notevole variazione, specie nella fisiopatologia della CRP. In alcune specie come il cane, la CRP è un importante proteina di fase acuta e la sua concentrazione nel siero può aumentare rapidamente da < 1 mg / L a > 100 mg / L durante alcune malattie infettive quali babesiosi, leishmaniosi, leptospirosi, l'infezione da virus parvo- ed E. coli endotossiemia (Ceron et al., 2005). Allo stesso modo, forti aumenti di CRP si possono avere nei cani con artrite e linfoma.

Nel vitello i biomarcatori comunemente usati per la sepsi includono proteina C-reattiva e procalcitonina; citochine (TNF-α, IL-1, IL-6, IL-10) chemochine (fattore inibitorio della migrazione di macrofagi) ed i recettori solubili (Basoglu et al., 2014)

2.3.3.6 Altri test diagnostici

Come descritto per la specie equina da Taylor, 2015, in ausilio all’esame clinico e alla patologia clinica, possono essere eseguite altre indagini diagnostiche in corso di sepsi, come l’ecografia ombelicale nel vitello neonato, l’ecografia e radiografia del torace per escludere coinvolgimento polmonare ed altri test specifici. 
Fra questi si ritrovano l’esame citologico e colturale del liquido cefalo rachidiano (CSF) nei vitelli con sospetta meningoencefalite (Fecteau et al., 2009); l’esame completo delle feci e la PCR sono invece indicati per i vitelli con diarrea e sospetto di enterocolite e/o salmonellosi o clostridiosi. Infine, un lavaggio tracheale (TW) e/o un esame colturale del liquido pleurico possono essere necessari nei cavalli con pleuropolmonite, come un esame colturale del liquido di lavaggio uterino si rende necessario nel caso di sospetta endometrite batterica (Taylor, 2015).

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2.3.5 Terapia

(Fecteau et al., 2009)

Gli obiettivi terapeutici sono volti a controllare l'infezione, modulare la risposta infiammatoria, e sostenere l'animale durante la fase critica. I farmaci antibiotici devono essere somministrati prima possibile per ridurre al minimo la carica batterica; è opportuno scegliere la somministrazione endovenosa quando possibile e lo spettro deve coprire batteri gram-negativi e gram-positivi. Nella pratica clinica è opportuno scelte antibiotici di terza o quarta generazione come cefalosporine (ceftiofur, 5-10 mg / kg da 1 a 3 somministrazioni/die IM o IV), ampicillina (10-20 mg / kg tre volte al giorno IV), e florfenicolo; è consigliabile usare anche combinazioni di più farmaci per ampliare lo spettro d’azione (ampicillina -ceftiofur o ampicillina-trimetoprim). Se non è controllata la risposta infiammatoria può causare danni. Di conseguenza i farmaci antinfiammatori steroidei e non steroidei (FANS) possono essere somministrati come trattamento accessorio. La decisione di utilizzare farmaci anti-infiammatori non steroidei si basa sulla presenza di segni di shift a sinistra e presenza di neutrofili tossici. La durata del trattamento con i FANS è spesso limitato a 2 o 3 giorni a causa della loro potenziale tossicità. La maggior parte dei medici prediligono l'uso di farmaci anti-infiammatori non steroidei per gli animali che si trovano in stato di shock settico, come flunixin meglumine (0,25-0,33 mg / kg 3 volte/die).

I problemi clinici che devono essere affrontati includono l’ipovolemia, l’ipoglobulinemia, l’ipoglicemia, l’acidosi metabolica, le alterazioni elettrolitiche e l’ipossia; di conseguenza i trattamenti di supporto per i pazienti settici includono: a)supporto termico; b)buono spessore

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della lettiera in paglia o in truciolo; c)infusione endovenosa di destrosio (2,5% -5%) in associazione con soluzione fisiologica (0,9%), ad una velocità di almeno 50 ml / kg / 24 ore; d)trasfusione di plasma (1-2 L di plasma); e)soluzione ipertonica di bicarbonato di sodio (5,4%) per correggere l'acidosi metabolica; f)l’utilizzo del feeding tube dove necessario (per garantire che il vitello ingerisce almeno il 10% al 15% del suo peso corporeo in latte per 24 ore; g) insufflazione di ossigeno intranasale (5-10 L / h).

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CAPITOLO 3

LA PROCALCITONINA: STATO DELL’ARTE IN MEDICINA

VETERINARIA

L’utilizzo della procalcitonina come marker plasmatico in medicina veterinaria è recente, e le specie nelle quali viene utilizzata sono soprattutto il cane ed il cavallo. Ad oggi sono presenti studi che ne analizzano l’espressione genica e la concentrazione plasmatica in animali sani e patologici.

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3.1 METODI DI VALUTAZIONE PCT IN MEDICINA VETERINARIA

Sono molti i vantaggi dell’utilizzo della PCT come biomarker sierico per la diagnosi di sepsi; infatti l’esigua concentrazione negli individui sani, il rapido incremento durante la sepsi, e l’emivita moderatamente lunga, la rendendo utile nel monitoraggio quotidiano per la sua praticità rispetto ad altri biomarcatori come il fattore di necrosi tumorale-a e l’interleuchina-6. Nella specie umana il rilievo della concentrazione sierica di PCT è utilizzata oltre che dal punto di vista diagnostico, per guidare e abbreviare il corso del trattamento antimicrobico e come indice prognostico. La PCT sta diventando un test standard che può consentire di minimizzare morbilità e mortalità, e diminuire l'uso di antibiotici non necessari (Floras et al., 2014).

Recentemente sono stati sviluppati dei saggi immunoenzimatici (ELISA) immunologici ELISA per la valutazione delle concentrazioni di PCT nel plasma e in altri fluidi biologici, in varie specie animali. I test ELISA sandwich si basano sul legame della molecola presente nel campione al sito di legame di un anticorpo primario anti-PCT (immobilizzato nei pozzetti della micropiastra) e al sito di legame di un anticorpo secondario anti-PCT marcato con un enzima. Dopo la prima fase di incubazione/lavaggio e l’aggiunta di un cromoforo, le piastre ELISA sono lette mediante spettrofotometro.

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3.2 LETTERATURA SCIENTIFICA SULLA PCT NEL CAVALLO

3.2.1 Valutazione dell’espressione genica della PCT nel cavallo.

Nel 2003 Toribio e colleghi hanno studiato l’espressione genica del CALC-I, I e CGRP-II nella specie equina (Toribio et al., 2003). Questo studio è già stato trattato nel capitolo 1.3.2. 
 Pusterla e collaboratori nel 2006 hanno indagato l’espressione genica di alcuni marker, fra cui la PCT, in 3 gruppi di puledri. La popolazione dello studio era stata suddivisa in 21 puledri sani come gruppo di controllo, 21 puledri affetti da sepsi e 28 puledri affetti da patologie diverse dalla sepsi. L’RNA era stato estratto da campioni di sangue e convertito in DNA complementare (cDNA). L’espressione genica era stata misurata mediante real-time PCR. Non sono state rilevate differenze significative nell’espressione genica della PCT nel sangue dei puledri sani vs puledri patologici non settici vs settici (Pusterla et al., 2006). Secondo gli autori la popolazione presa in esame non era abbastanza numerosa e molti dei puledri patologici settici e non, avevano ricevuto terapia antibiotica prima del campionamento; questo potrebbe aver influenzato i risultati ottenuti (Pusterla et al., 2006).

3.2.2 Valutazione delle concentrazioni plasmatiche della PCT nel cavallo

Rieger e coleghi nel 2014 hanno sviluppato un saggio ELISA sandwich per la quantificazione della PCT in campioni di sangue equino. Il test ELISA utilizzava uno standard PCT equina che si legava ad un anticorpo monoclonale anti-PCT umana. Il saggio così costruito è stato utilizzato per dosare i livelli di PCT nel plasma di 24 cavalli sani e 5 cavalli settici; sono state

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riscontrate delle differenze significative fra le concentrazioni plasmatiche di PCT nei due gruppi di animali che avvalorano l’ipotesi degli autori sulla validità della PCT come marker diagnostico per la sepsi (Rieger et al., 2014).

Più recentemente Bonelli e colleghi hanno analizzato la concentrazione plasmatica di PCT nei cavalli sani e affetti da SIRS per valutare le differenze tra i due gruppi. Le concentrazioni di PCT sono state determinate con un kit commerciale per la specie equina. Il coefficiente di variazione intra-test è stato stabilito utilizzando campioni di plasma equino contenenti concentrazioni di PCT basse e alte. Per stabilire il limite di rilevamento per la PCT nel plasma equino sono state effettuate misurazioni ripetute di PCT, utilizzando campioni equini con concentrazioni di PCT inferiori a 10,0 pg/mL. I risultati della concentrazione plasmatica di PCT è stata inferiore nei cavalli sani rispetto a quelli affetti da SIRS, e risultano in linea con gli studi precedenti condotti nella specie equina, canina e umana (Bonelli et al., 2015a).

Per quanto riguarda la valutazione della PCT nei puledri, Bonelli e colleghi hanno condotto un ulteriore studio su una popolazione di puledri sani e puledri affetto da SIRS settica. Le concentrazioni plasmatiche di PCT sono state valutate in 51 puledri tramite un kit commerciale ELISA. Il test ha mostrato differenze statisticamente significative tra il gruppo di controllo ed il gruppo SIRS settici. E’ stata inoltre osservata una correlazione lineare positiva tra la concentrazione di PCT ed il punteggio SIRS ottenuto, ed è stato rilevato un valore di cut-off per la determinazione della SIRS settica (73.04 pg/mL). Nel complesso, i risultati sono in linea con gli studi precedenti effettuati sul cavallo adulto, mostrando un aumento delle concentrazioni plasmatiche di PCT nei puledri SIRS settici (Bonelli et al., 2015b).

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3.3 LETTERATURA SCIENTIFICA SULLA PCT NEL CANE

3.3.1 Valutazione dell’espressione genica della PCT nel cane

Sulla base dei lavori effettuati in medicina umana è stata valutata l’espressione dell’mRNA-PCT anche nella specie canina. Kuzi e colleghi nel 2008 hanno condotto uno studio su 70 cani di cui 17 affetti da patologia infettiva, 17 con infiammazione ma non dovuta a processo infettivo, 18 affetti da neoplasia, 7 con altri tipi di patologie e 11 cani sani come gruppo di controllo. L’espressione dell’mRNA-PCT è stata analizzata attraverso la metodica reverse PCR (qRT-PCR) su sangue intero prelevato da ogni soggetto in due momenti diversi del decorso della patologia. I risultati dello studio mostravano che l’espressione di mRNA-PCT era significativamente maggiore in tutti i gruppi di patologici rispetto al gruppo di controllo. Questo confermerebbe l’ipotesi che la PCT sia una proteina di fase acuta nel cane, utilizzabile come biomarker. Gli autori hanno notato anche come i cambiamenti dell’espressione dell’mRNA-PCT fra il primo e il secondo campionamento rispecchiavano l’andamento clinico della patologia, suggerendo che la PCT potrebbe avere anche un valore prognostico (Kuzi et al., 2008). Nel 2010 fu pubblicato un ulteriore lavoro da un gruppo di ricercatori italiani, il cui scopo era quello di valutare l’espressione genica tissutale del gene CALC-I in una popolazione di cani affetti da SIRS (Giunti et al., 2010). Vennero analizzati campioni freschi provenienti dalla tiroide, dal polmone, dal fegato e dalla milza. Il campionamento fu effettuato subito dopo la morte, da 9 cani affetti da SIRS. Lo stesso campionamento fu effettuato nell’immediato post-mortem da 5 cani sani utilizzati per fini sperimentali. L’analisi dell’espressione del CALC-I fu eseguita attraverso PCR. I tessuti campionati nei soggetti affetti da SIRS mostravano l’espressione

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genica del CALC-I, ed in particolare, i tessuti in ordine per numero di soggetti erano tiroide, milza, polmone e fegato. Per quanto riguarda i campioni provenienti da soggetti sani, solo i campioni di tessuto tiroideo mostrarono espressione del gene CALC-I. Questi risultati confermerebbero l’espressione genica di CALC-I extratiroidea in corso di SIRS, come riportato in medicina umana (Giunti et al., 2010).

3.3.2 Valutazione delle concentrazioni plasmatiche di PCT nel cane

Yilmaz e colleghi nel 2008 hanno condotto uno studio sulla determinazione della concentrazione sierica di PCT nel cane. La PCT era stata misurata in una popolazione di 16 soggetti divisa in modo casuale in un gruppo placebo, a cui era stata infusa soluzione filiologica (8 soggetti), ed un gruppo sottoposto a somministrazione di LPS (8 soggetti). I risultati avevano evidenziato come i livelli di PCT circolante aumentassero rispetto ai valori basali entro 30 minuti dalla somministrazione di endotossine, raggiungevano il loro massimo a 2 ore, e rimanevano elevati da 4 a 48 ore dopo la somministrazione di endotossine. Aumenti statisticamente significativi erano stati trovati nel siero dei cani sottoposti a somministrazione di endotossine rispetto ai soggetti del gruppo placebo, confermando la relazione fra la presenza di endotossine circolante e l’aumento dei livelli di PCT (Yilmaz et al., 2008).

Più recentemente, Floras e colleghi (2014) si erano concentrati sulla determinazione della concentrazione sierica di PCT nel cane; la popolazione di studio era composta 5 soggetti, 3 affetti da sepsi, 1 sano utilizzato come controllo ed 1 con carcinoma tiroideo. La PCT canina ricombinante era stata misurata in campioni di lisato tiroideo; la lettura allo spettrofotometro non aveva evidenziato presenza di PCT nei campioni testati. Questo risultato potrebbe,

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secondo gli autori, essere spiegato ipotizzando che la versione ricombinante della PCT canina potrebbe non essere nella sua forma originale, interferendo in modo negativo con il saggio. Inoltre, l’esiguo numero della popolazione di studio andrebbe aumentato per effettuare ulteriori indagini (Floras et al., 2014).

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3.4 LETTERATURA SCIENTIFICA SULLA PCT NEL BOVINO

In letteratura è presente un solo studio di Ercan e colleghi (2016) riguardante diversi biomarker plasmatici, tra cui la PCT, valutati nella specie bovina. La popolazione in esame era composta da 30 vitelli neonati (2–10 giorni), suddivisi in un gruppo clinicamente sani, ed un gruppo affetti da colibacillosi settica. La PCT (oltre ai valori di IL-8 e IFN-γ) è stata determinati mediante il metodo ELISA sandwich. La colibacillosi settica era stata diagnosticata sulla base dei segni clinici e sull’isolamento di Escherichia coli dal sangue nei casi clinicamente sospetti. I risultati dello studio hanno mostrato che le concentrazioni sieriche di PCT erano ~ 4 volte superiore nei vitelli con colibacillosi settica rispetto ai vitelli sani, suggerendo che PCT potrebbe essere un utile marker di setticemia nei vitelli neonati. In medicina veterinaria sono relativamente pochi i parametri utili per la diagnosi di setticemia e per l’analisi della risposta al trattamento (come la proteina C-reattiva, lattato, aptoglobina e le citochine pro-infiammatorie). Questi marcatori hanno una breve emivita plasmatica, scarsa specificità e scarsa risposta alle infezioni batteriche e limitata stabilità nel plasma. La PCT ha una lunga emivita plasmatica (20-30 ore), è stabile nei campioni ematici anche a temperatura ambiente, offre alta sensibilità e una risposta utile per la diagnosi delle infezioni batteriche (Ercan et al., 2016).

Alla luce dei risultati di questo studio, i livelli di procalcitonina riscontrati nel sangue di bovini sani possono essere utilizzati come parametro diagnostico nel campo della buiatria.

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CAPITOLO 4 - SCOPO

Lo scopo del presente lavoro è quello di:

• valutazione della concentrazione plasmatica di Procalcitonina in un gruppo di vitelli sani ed in un gruppo di vitelli affetti da SIRS settica;

• valutazione di eventuali differenze nelle concentrazioni di PCT dei due gruppi;

• ricerca di un cut-off relativo alla concentrazione di PCT plasmatica per la discriminazione fra soggetti sani e soggetti affetti da SIRS settica.

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CAPITOLO 5 - MATERIALI E METODI

5.1 ANIMALI

Il presente studio multicentrico in vivo è stato approvato dal comitato etico per il benessere animale dell’Università di Pisa, dell’Università di Milano e della Cornell University (Prot. n. 2825, 28/01/2014). E’ stato inoltre ottenuto il consenso informato dei proprietari di ciascun animale inclusi nello studio.

5.1.1 Animali inclusi

Sono stati inclusi un totale di 78 vitelli, di età media di 9,6±4,3 giorni.

Venti dei 78 erano vitelli sani (11/20 femmine e 9/20 maschi) di razza Frisona, con un’età media di 8,4±3,9 giorni. Tutti i vitelli provenivano dalla stalla del Centro Interdipartimentale di Ricerche Agro-Ambientali (CIRAA) “E. Avanzi” dell’Università di Pisa e sono stati utilizzati come gruppo di controllo (cap.5.1.2).

Cinquantotto dei 78 vitelli erano patologici (35/58 femmine e 23/58 maschi) con età media di 10,6±4,2 giorni: cinquanta/78 erano vitelli di razza Frisona, mentre otto/78 erano soggetti ibridi, frutto di incrocio fra vacche da latte e toro da carne. Tutti i soggetti inclusi nel gruppo dei patologici erano stati riferiti dai proprietari presso le Cliniche Veterinarie Universitarie

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partecipanti al progetto (Ospedale Didattico Veterinario “M. Modenato” dell’Università di Pisa, Clinica dei ruminanti e del suino dell’Università di Milano e Large Animal Service della Cornell University) e sono stati sottoposti allo stesso tipo di management nelle diverse strutture.

5.1.2 Management di allevamento dei vitelli sani

Il Centro di Ricerche Agro-Ambientali (CIRAA) “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa ospita un allevamento di tipo intensivo, composto da circa 55 bovine in lattazione, di razza frisona italiana, con una produzione lattea media pro-capite giornaliera di circa 30 litri.

L’allevamento è suddiviso in una vitellaia, zona adibita all’allevamento del vitello e della rimonta, e in una zona dedicata agli animali adulti, a sua volta divisa in bovine in asciutta e bovine in produzione. Ai fini del presente elaborato si descrive la gestione dei vitelli dal momento della nascita al compimento dei 30 giorni di vita.

I vitelli subito dopo la nascita, vengono spostati nella vitellaia e sono collocati in box singoli (dimensioni 1x1 m), dove rimangono per circa venti giorni. I suddetti box sono delimitati da ringhiere in ferro che permettono il contatto specie-specifico fra soggetti limitrofi e la lettiera è in paglia, nel rispetto della vigente normativa sul benessere animale (D. Lgs. 30 Dicembre 1992, n. 553). L’acqua è sempre fresca e a disposizione in secchi di plastica all’interno di ogni singolo box.

Entro 4 ore dalla nascita ricevono 2 L di colostro materno, ed una dose identica (2 L) dopo 12 ore dalla prima somministrazione. Il vitello si alimenta con una dose di 2 L di colostro, somministrata q12h, per i primi 3 giorni di vita. Al termine di questo periodo, i vitelli sono

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alimentati con 2L di latte (q12h) somministrati mediante secchio dotato di tettarella.

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5.2 Criteri d’inclusione

5.2.1 criteri di inclusione sani

Tutti i vitelli erano nati nel medesimo allevamento e sono stati soggetti al medesimo management.

I seguenti criteri di inclusione sono stati utilizzati per selezionare i oggetti sani inclusi come gruppo di controllo (C):

• parto eutocico a termine (> 260 gg)(Mee, 2008);

• APGAR a 4 parametri valutato a 5 minuti dalla nascita ≥7 (Palmer et al., 2014);

• normali riflessi e tempi semeiologici: a) mantenere la testa eretta entro i 3 minuti; b) decubito sternale entro i 5 minuti; c) tentare di alzarsi entro 20 minuti; d) stazione quadrupedale entro 60 minuti (Mee, 2008);

• buon trasferimento dell’immunità passiva a 24 ore di vita (immunoglobuline G ≥ 800mg/dl), (Mee, 2008);

• esame obiettivo generale (EOG) e esame obiettivo particolare (EOP) degli apparati cardiocircolatorio, respiratorio e gastroenterico nella norma al momento del campionamento. Per una descrizione più approfondita si rimanda al capitolo 5.2 (Smith, 2015);

• assenza di segni clinici di SIRS (SIRS score = 0) e infezioni diffuse e/o localizzate (Trefz et al., 2016).

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5.2.2 Criteri d’inclusione patologici

I seguenti criteri di inclusione sono stati utilizzati per selezionare i oggetti patologici inclusi come gruppo di SIRS settici:

• punteggio SIRS positivo (≥2) ed evidenze cliniche o necroscopiche di setticemia. Per una descrizione più approfondita si rimanda al capitolo 5.2 (Trefz et al., 2016).

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5.3 Dati clinico patologici

Al momento dell’ammissione, tutti i vitelli sono stati sottoposti ad un esame clinico completo ed è stato contestualmente effettuato un prelievo ematico per determinazione dell’emocromo completo (CBC), e per la determinazione plasmatica della PCT. Contestualmente è stato inoltre eseguito un prelievo di sangue sterile per l’esecuzione dell’emocoltura.

I soggetti sono stati tutti contenuti manualmente e in nessun caso è stato necessario ricorrere a un contenimento farmacologico.

5.3.1 CBC e valutazione plasmatica della PCT

5.3.1.1 Modalità di prelievo

I campioni ematici sono stati prelevati dalla vena giugulare con l’ausilio di siringhe sterili monouso da 5 ml (Artsana S.p.a., Italia) e divisi in due aliquote, una da 2.5 ml e una da 1 ml. L’aliquota di 1 ml è stata raccolta in una provetta contenente K2EDTA (ossalato di potassio + acido etilendiamminotetracetico; cod. 22056, FL Medical), mentre l’aliquota da 2.5 ml è stata raccolta in una provetta contenente litio eparina (cod. 22304, FL Medical). Entrambi i campioni sono stati refrigerati in appositi contenitori e trasportati in laboratorio per la processazione entro 5 minuti dal prelievo (cap. 5.3.1.2).

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5.3.1.2 Processazione dei campioni

L’aliquota di 1 ml è stata raccolta in una provetta contenente K2EDTA è stata analizzata entro 5 minuti dal prelievo tramite una macchina contaglobuli (ProCyte Dx, IDEXX). Contestualmente è stato realizzato uno striscio ematico che è stato lasciato asciugare all’aria per 5 minuti e successivamente colorato mediante una coloratrice automatica (Aerospray 7150 Hematology Slide Stain-Cytocentriguge). La conta differenziale è stata realizzata contando 100 cellule tramite osservazione microscopica con ingrandimento 400 X e 100 X secondo quanto riportato in letteratura (Stockham S L, & Scott M A, 2013).

L’aliquota di sangue raccolta nella provetta contenente litio eparina è stata centrifugata alla velocità di 2100 RCF per 10 minuti. Il plasma surnatante è stato raccolto e messo in provette eppendorf sterili che sono state congelate a -21 °C. I campioni così stoccati sono stati analizzati, per la determinazione della concentrazione plasmatica di PCT, entro tre mesi dal prelievo (cap. 5.4).

5.3.2 Emocoltura

5.3.2.1 Modalità di prelievo

Un campione ematico è stato raccolto dalla vena giugulare, in modo sterile, con l’ausilio di siringhe sterili monouso da 10 ml (Artsana S.p.a., Italia), secondo la seguente procedura: tricotomia del terzo medio del collo in corrispondenza della vena giugulare; disinfezione del sito di prelievo con movimenti circolari centrifughi per mezzo di tamponi imbevuti di alcool etilico

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(Mediser s.r.l., Italia) e iodopovidone (Esoform Manufacturing s.r.l., Italia) effettuando 3 passaggi con iodopovidone e 3 passaggi con alcool, alternati tra loro; un operatore ha effettuato l’emostasi della vena giugulare senza contaminare il campo sterile ed un secondo operatore, dopo aver indossato guanti sterili, ha effettuato il prelievo del campione che è stato successivamente inserito in un sistema per emocoltura dedicato (OXOID SIGNAL Blood Culture System, Oxoid); il campione è stato trasportato in laboratorio per la processazione entro 5 minuti dal prelievo.

5.3.2.2 Processazione del campione

Il campione così raccolto è stato processato come precedentemente descritto da Daley et al., 1990 e Rohner et al., 1995.

5.3.3 Dati clinici e valutazione della SIRS settica

Tutti i vitelli sono stati sottoposti ad una visita clinica, osservando in primo luogo l’atteggiamento, la postura e le caratteristiche generali, successivamente lo sviluppo corporeo ed il BCS. Seguendo lo schema per distretti corporei riportato in letteratura sono stati valutati con ispezione, palpazione, percussione e auscultazione (ove necessario) la testa, il torace, l’addome, la regione inguinale e perianale e gli arti. Sono stati rilevati inoltre stato di idratazione, temperatura rettale, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, mucose esplorabili e linfonodi esplorabili (Izzo, 2015).

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Contestualmente alla visita clinica è stata eseguita la valutazione dello stato di SIRS settica, utilizzando una scala a quattro parametri già utilizzata da altri autori (Trefz et al., 2016); con la presenza di alterazioni di due o più dei seguenti parametri, il vitello è stato considerato positivo:

• variazioni della conta leucocitaria (leucopenia £ 5 x 109/L; leucocitosi ³ 12 × 109/L); • variazioni della temperatura corporea (ipotermia £ 38.5°C; ipertermia ³ 39.5 °C); • tachicardia > 120 bpm;

• tachipnea > 36 atti/minuto.

Come riportato da Trefz e collaboratori (2016), i vitelli SIRS positivi sono stati considerati settici quando presentavano segni necroscopici o clinici riferibili alla setticemia (Trefz et a., 2016).

Al momento della risoluzione del caso clinico (dimissioni vs eutanasia/decesso) tutti i vitelli SIRS settici sono stati classificati come sopravvissuti (sottogruppo SSS), nel caso in cui l’esito del ricovero fosse stata la dimissione del paziente, o non sopravvissuti (sottogruppo SSNS), nel caso in cui si fosse ricorso all’esecuzione dell’eutanasia del soggetto per cause non legate a fattori economici.

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5.4 Valutazione della concentrazione PCT

5.4.1 Bovine Procalcitonin ELISA kit (MyBioSource, USA)

Il test ELISA utilizzato si basa sul legame della molecola presente nel campione al sito di legame di un anticorpo primario anti-PCT (immobilizzato nei pozzetti della micropiastra) e al sito di legame di un anticorpo secondario anti-PCT marcato con un enzima. I campioni e gli standard (0, 50, 100, 200, 400, 800, 1600 pg/ml) vengono aggiunti nei pozzetti con l’anticorpo marcato con l’enzima e messi ad incubare. Durante il periodo d’incubazione la molecola si lega ai siti di legame dell’anticorpo immobilizzato nei pozzetti delle micropiastre e l’anticorpo secondario si lega al secondo epitopo della molecola.

Dopo incubazione le piastre vengono lavate per rimuovere i residui di campione e di anticorpo marcato che non si sono legati. Viene aggiunto un cromoforo che in presenza dell’anticorpo marcato con l’enzima darà una colorazione caratteristica. Dopo un ulteriore periodo di incubazione si passa alla lettura con un lettore di micropiastre. La presenza di colore suggerisce che l’anticorpo secondario si è legato alla PCT, legata all’anticorpo primario e che quindi è presente la molecola specifica per tale anticorpo nel campione. Una colorazione più lieve o addirittura mancante è sinonimo dell’assenza dell’analita nel campione analizzato.

La metodica si sviluppa nel seguente modo: a) determinare il numero di pozzetti da usare

;

b) aggiungere 50 μL del campione o degli standard nel pozzetto appropriato in duplicato;
 c) aggiungere 100 μL di complesso enzima-anticorpo secondario per ogni pozzetto;

Riferimenti

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