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Attivita del Carvedilolo e del Propranololo sulla via ERK 1/2 nelle cellule endoteliali umane

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Academic year: 2021

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Università degli studi di Pisa

Laurea magistrale in Farmacia

L’attività del Carvedilolo e del Propranololo sulla via ERK 1/2

nelle cellule endoteliali umane

Candidato Relatore

Lorenzo Armani Ch.mo Prof. Vincenzo Calderone

Correlatrice

Ch.ma Profssa. Pilar D’Ocon Navaza

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Indice

1 Introduzione………..1

1.1 Caratteristiche generali………....1

1.2 Recettori adrenergici β………3

1.2.1 Distribuzione e funzione fisiologica a livello cardiovascolare

...5

1.2.2Vie di trasduzione

……….……….7

1.2.3 Ruolo fisiologico e meccanismo di regolazione mediato da GRK

……….14

1.3 β-bloccanti………...16

1.3.1 Propranololo

...20

1.3.2 Carvedilolo

……….21

2 Obiettivi………29

3 Materiali e metodi………...30

3.1 Colture cellulari……….30

3.2 Quantificazione dell’espressione proteica……….33

3.3 Quantificazione dell’espressione genica degli AR-β………38

4 Risultati………41

4.1 Espressione genica dei sottotipi AR-β nelle HAoEC e HCAEC………...41

4.2 Effetto del Carvedilolo e del Propranololo nelle HAoEC……….42

5 Discussione………...43

5.1 Espressione degli AR-β nelle cellule endoteliali di aorta e coronaria…...43

5.2 Attività del Propranololo e del Carvedilolo sulla via p-ERK1/2//ERK1/2

nelle cellule endoteliali di Aorta Umana………...45

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Introduzione

1.1 Caratteristiche generali

I recettori adrenergici (AR) sono delle proteine formate da sette domini transmembrana (7TM), conosciuti anche come recettori accoppiati a proteina G, dall’inglese “G protein-coupled receptor” (GPCR). Questi recettori, anche se sono simili dal punto di vista strutturale, presentano delle differenze che permettono il controllo di diversi processi fisiologici mediante l’attivazione di vie di trasmissione che portano alla sintesi e al rilascio di numerosi e vari secondi messageri.

Attraverso questi sistemi di trasmissione dei segnali biochimici gli AR mediano l’azione, sia a livello centrale che periferico, delle catecolamine endogene, come il neurotrasmettitore NA, che giocano un ruolo importante nel controllo dei processi di contrazione cardiaca, nella reattività delle vie aeree, nel sistema nervoso centrale ed anche in altri processi metabolici di vari organi (Guimaraes e Moura,2001; Pierce e coll.,2002;Leftkowitz,2004).

La classificazione attuale accettata dalla IUPHAR (the International Union of Basic and Clinical Pharmacology) conta 9 sottotipi differenti di AR (Bylund e coll.,1994; Hieble e coll.,1995; Garcia-Sainz e coll.,1999; Michelotti e coll.,2000).

I recettori adrenergici sono suddivisi in 3 sottofamiglie : α1, α 2 e β in base alla struttura, al profilo farmacologico e al meccanismo di trasduzione del segnale (Hieble e coll.,1995). Ciascuna sottofamiglia si suddivide a sua volta in 3 sottotipi: gli AR-α1 si dividono in AR-α1A ,AR-α1B e AR-α1D; gli AR-α2 in AR-α2A ,α2B ,α2D e i recettori β in β1 ,β2 ,β3.

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Figura 1: classificazione adrenorecettori (Bylund e coll., 1994; Hieble e coll., 1995).

La struttura degli AR è formata da una catena polipeptidica di 400/572 amminoacidi a seconda del sottotipo, il cui estremo N-terminale è localizzato nella parte extracellulare mentre l’estremo C-terminale è situato nel citosol, dove gioca un’importante ruolo nell’accoppiamento con la proteina G.

Tutti i recettori adrenergici possiedono due requisiti fondamentali per essere accoppiati a proteine G.

a) sono composti da 7 domini transmembrana in conformazione α-elicoidale e di carattere idrofobico, in maniera che possano inserirsi e passare attraverso la membrana cellulare e sono connessi tra di loro da 3 ponti intracellulari e 3 ponti extracellulari tutti idrofili. Questi ponti sono disposti in maniera alternata, quelli extracellulari sono dotati di regioni specifiche per il legame con l’agonista e il terzo dei 3 ponti intracellulari è il più largo e presenta il sito di legame con la proteina G.

b) Il secondo requisito invece riguarda l’abilità del recettore ad accoppiarsi alle

proteine G, conferendogli la capacità di trasmettere i segnali ricevuti dalle catecolamine (Fredriksson e coll., 2003).

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Figura 2: modello di recettore della famiglia dei GPCR con 7 domini transmembrana

(Lomasney e coll.,1991).

1.2 Recettori adrenergici β

I recettori β sono GPCR incaricati, tra le loro funzioni più importanti nell’organismo, di mediare le risposte cardiovascolari della adrenalina (A) circolante e della noradrenalina (NA) rilasciata dalle terminazioni nervose. Oltre che a livello vascolare, dove rilasciano il muscolo liscio e controllano la contrattilità e il ritmo cardiaco, agiscono anche sul rilassamento delle vie aeree, sul metabolismo lipidico e glucidico. Essendo implicati nel controllo dell’inotropismo e cronotropismo cardiaco e nel controllo della pressione arteriosa, questi recettori possono rappresentare un’importante risorsa nella cura di malattie cardiovascolari come l’ipertensione arteriosa (HTA) o l’insufficienza cardiaca (Guimaraes e Moura,2001).

I tre sottotipi recettoriali β (β1, β2 ,β3) sono stati clonati; é stato poi visto che nell’uomo essi sono codificati da geni localizzati rispettivamente nei cromosomi 10,5 e 8 (Bylund e coll.,1994) (tabella 1).

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Tabella 1: caratteristiche differenziali dei tre sottotipi di AR-β (modificata da Alexander

e coll.,2011;Bond e coll.,2013).

Il gene che codifica per il recettore β3 a differenza degli altri 2 contiene introni (Tabella 1), e questo permette l’esistenza di più isoforme del recettore β3 come è stato visto nei roditori (Evans e coll., 1999), dove le isoforme a e b presentano una espressione variabile a seconda del tessuto nel quale si trovano. Il β3 attiva anche diverse vie di trasmissione del segnale. (Hutchinson e coll., 2002). I recettori β1 e β2 hanno una sequenza amminoacidica molto simile, però il β1 ha un maggiore peso molecolare (477 aa contro 413 del β2) dovuto al fatto che ha maggior dominio amino-terminale e un dominio 13 citoplasmatico(Chakraborti e coll., 2000).

L’estremo C-terminale, unito con il dominio intracellulare I3, è importante per l’unione con due chinasi differenti: proteina chinasi A (PKA), dipendenti da secondo

messaggero, e le proteine chinasi dei GPCR (GRK) (Sanz-Rosa, 2011). Le GRK giocano un ruolo importante nella regolazione degli AR β: la fosforilazione del AR β, attivo e unito con l’agonista, da parte della GRK, è un processo rapido che favorisce la desensibilizzazione del recettore. Una volta fosforilato il recettore si unisce alla β-arrestina portando ad una inibizione sterica delle proteine G. (Chakraborti e coll., 2000)

AR ℬ1 2 3

Localizzazione

cromosomica 10 5 8

Introni NO NO SI

N. aminoacidi 477 413 408

Fosforilazione con PKA e

GRK SI SI NO

Proteina G accoppiata Gs Gs,Gi Gs,Gi

Effettori principali AC AC AC,GCs

Ordine di potenza ISO>NA>A ISO>A>NA ISO>NA=A Tessuto prevalente Cuore Polmone,Vasi Tessuto Adiposo

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Solo i sottotipi β1 e β2 hanno siti di fosforilazione per la PKA e la GRK, mentre il sottotipo β3 non li contiene (Strosberg, 1993) (Tabella 1).Di conseguenza il β3 non può essere desensibilizzato dopo l’attivazione data da catecolamine, rimanendo sempre disponibile all’arrivo di nuovi stimoli (Granneman, 1992; Ligget e coll., 1993; Portillo e coll., 1995).

I recettori AR si trovano accoppiati a diverse proteine G; queste proteine sono eterotrimeriche e formate da tre subunità: la α che si unisce e idrolizza la GTP, la subunità β e la γ.Le proteine G si dividono in numerose famiglie delle quali alcune sono Gs ,Gi ,Gq e G12. I tre sottotipi di AR β si trovano accoppiati alla proteina Gs (stimolatoria) che attiva positivamente l’AC. Inoltre i recettori β1 e β2 sono capaci di accoppiarsi a proteine Gi (inibitorie) (tabella 1) la quale attivazione provoca l’inibizione dell’ AC e l’ attivazione di vie di trasmissione del segnale alternative (Dixon e coll., 1986; Frielle e coll.,1987; Emorine e coll., 1989; Gudermann e coll., 1995; Tanaka e coll., 2005; Rasmussen e coll., 2011; Sanz-Rosa, 2011; Chaudhry e coll.,1994; Xiao e coll.,1995,1999; Gauthier e coll., 1996; Zamah e coll.,2002;Hasseldine e coll.,2003; Zheng e coll.,2005).

1.2.1 Distribuzione e funzione fisiologica degli AR a livello cardiovascolare

La distribuzione nell’organismo di ogni sottotipo recettoriale è differente e non uniforme, dipendendo dal fatto che ogni sottotipo recettoriale può essere più o meno implicato in vari processi fisiologici e patologici; ad esempio a livello cardiaco il sottotipo più abbondante è il β1 che controlla la contrazione e il ritmo cardiaco, a livello arterioso il più abbondante è AR β2 che controlla il rilassamento vascolare ed infine AR β3 è il più abbondante a livello del tessuto adiposo controllando la lipolisi.

Questi sottotipi recettoriali possono anche mediare effetti simili in uno stesso tessuto dipendendo dalla sensibilità di ciascuno nei confronti dell’agonista e dal tempo di stimolazione che va a determinare l’accoppiamento a una o a un’altra proteina G (Guimaraes e Moura, 2001).

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Figura 3: distribuzione degli AR-β nel sistema cardiovascolare.

- a livello cardiaco: innanzitutto è doveroso premettere che la distribuzione recettoriale

è molto differente a livello cardiaco e a livello vascolare. Nel cuore si trovano presenti i tre sottotipi recettoriali, essendo il β1 (70-80%) il più abbondante rispetto al β2 (20-30%) e il minore di tutti,β3. Il β1 è il principale responsabile della contrazione muscolare del cuore e del controllo del ritmo cardiaco mentre il sottotipo β2 è implicato in maniera minore nella contrazione.(Rybin e coll.,2000)

Entrambi i sottotipi maggioritari quindi, aumentano la forza di contrazione ma sono anche implicati nell’accelerazione del rilassamento del cuore sia a livello atriale che ventricolare (Molenaar e coll., 2007). Inoltre la stimolazione prolungata dell’AR β1 cardiaco provoca apoptosi delle cellule cardiache, mentre lo stimolo prolungato del β2 facilita il cambio di via, attivando gli effetti cardioprotettori. In malattie cardiovascolari è molto importante quindi stabilire una terapia combinata verso i due sottotipi recettoriali (esempio β

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2004, 2006). Infine il sottotipo minoritario β3 determina inotropismo negativo, come valvola di sfogo prima di uno stimolo adrenergico intenso (Gauthier e coll., 1996, 2007).

-a livello dei grandi vasi di conduttanza vascolare: come ad esempio l’aorta, le arterie

mesenteriche e le polmonari, il sottotipo maggioritario è, almeno a livello funzionale, AR β2 ,che produce vasodilatazione e controlla il flusso sanguigno mentre nei vasi di piccolo calibro, come le coronarie ,(Begonha e coll,. 1995) predomina il β1. Esso è responsabile della vasodilatazione in questi vasi (Briones e coll., 2005). Il β3 ,il minoratario, agisce su tutto l’endotelio mediando la produzione di NO con effetto vasodilatatore (Trochu e coll., 1999)

1.2.2 Vie di trasduzione degli AR-β

Via classica dell’AMPc

-muscolo liscio vascolare: dopo il legame con l’agonista, la subinità Gsα si dissocia

dalle subunità β e γ e si lega alla AC, che a sua volta si attiva e catalizza la conversione dell’ Adenosina trifosfato (ATP) ad Adenosina monofosfato ciclico (AMPc),

producendo un aumento della concentrazione di quest’ultima ( Dixon e coll., 1986; Frielle e coll., 1987; Emorine e coll., 1989). Successivamente i livelli elevati di AMPc attivano la chinasi dipendente da AMPc (PKA) la quale a sua volta fosforila proteine di membrana o intracellulari deputate al controllo del tono del muscolo liscio (Werstiuk e Lee,2000; Guimaraes e Moura, 2001; Tanaka e coll., 2005), come ad esempio la chinasi della catena leggera di miosina (KCLM).

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Questa proteina, una volta fosforilata, perde affinità verso il complesso Ca2+

-calmodulina (Ca2+-CaM) (Murray, 1990) e questo porta ad una diminuzione dell’attività delle proteine contrattili. In più questo meccanismo (AC/AMPc/PKA-dipendente) inibisce la liberazione di Ca2+ dai depositi intracellulari, diminuisce l’entrata di questo ione dall’esterno e stimola la ricaptazione del Ca2+ citoplasmatico da parte dei depositi intracellulari. Questo porta ad una diminuzione della formazione del complesso Ca2+ -CaM (Rembold, 1992; Johnson, 1998).

Figura 4. Via di trasmissione intracellulare che porta al rilassamento vascolare mediato dagli AR-β.

1) Unione agonista-recettore e accoppiamento con la proteina Gs; 2) distacco della subunità Gα-GTP e attivazione AC; 3) sintesi dell’AMPc; 4) attivazione della PKA; 5) uscita del Ca2+ della spazio intracellulare

ed entrata nel reticolo; 6) separazione del Ca2+ della Calmodulina; 7) inibizione della MLCK; 8)

defosforilazione della Miosina-P e rilassamento della cellula; 9) attivazione della via delle MAPK.

-muscolo cardiaco: dopo l’attivazione degli AR β1 e β2 si verificano fenomeni assai

complessi. Se da una parte si dissocia la subunità Gsα che attiva l’enzima AC generando AMPc con la conseguente attivazione della PKA che fosforilerà i canali Ca2+ del reticolo sarcoplasmatico, dall’altra , in maniera contraria a quello che succede nel muscolo liscio, si induce la liberazione del catione dal sarcolemma e si favoriscono i processi che conducono a contrazione muscolare (Bristow e coll., 1989).Inoltre, è dimostrato che nel

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stimolazione sostenuta con l’agonista, questo sottotipo si accoppia alla proteina Gi che ha un effetto inibitorio sulla AC (Xiao e coll.,1995; Daaka e coll.,1997; Kilts e coll., 2000). E’ stata poi dimostrata la relazione stretta che esiste tra l’azione della proteina Gi e le vie di trasduzione con effetto antiapoptotico e cardioprotettore, come la via PI3K/AKT e la via MAPK (ERK 1/2 e p38) ( Communal e coll.,2000; Chesley e coll.,2000; Zhu e coll., 2001).

Possiamo quindi dire che allo stesso tempo un sottotipo (β2) può essere cardioprotettore e un altro (β1) può stimolare l’ipertrofia cardiaca o l’apoptosi (Xiao e coll., 2004;2006).

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Figura 5. Via di trasmissione intracellulare che porta alla contrazione cardiaca mediata dagli AR-β.

1) Unione agonista-recettore e accoppiamento con la proteina Gs; 2) Distacco della subunità Gα-GTP e attivazione della AC; 3) Sintesi di AMPc; 4) Attivazione della PKA; 5) Uscita del Ca2+ dal reticolo

sarcoplasmatico e contrazione del muscolo cardiaco; 6) Attivazione della via CaMKII a partire dalla proteina Gs dopo la stimolazione prolungata degli AR-β1 e attivazione dell’apoptosi con deterioramento cardiaco; 7) Stimolazione prolungata degli AR-β2 e accoppiamento alla proteina G; 8) Inibizione della AC; 9) Attivazione della via del PI3K e della MAPK; 10) Inibizione della proteina Gs; 11) Inibizione dell’apoptosi e effetto cardioprotettore.

Via di trasmissione dipendente dal NO endoteliale

I β recettori endoteliali mediano l’attivazione della eNOS che produce NO, aumentandone i livelli(Queen e Ferro,2006; Queen e coll., 2006). Ci sono 3 meccanismi indotti dai recettori β che mediano l’attivazione dell’ eNOS dei quali uno è AMPc dipendente e gli altri 2 no.

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Il primo meccanismo è quello classico che include la proteina Gs,AC,AMPc e PKA (figura 6). Il secondo ,che riguarda le MAPK MEK1/2 e ERK1/2, si attiva sia attraverso l’accoppiamento sia alla proteina Gs che alla Gi (figura 6). La terza via riguarda PI3/AKT che viene attivato solo dalla proteina Gi (Queen e Ferro,2006).

Il contributo del NO nella risposta vasorilasciante mediata da AR β varia a seconda delle zone vascolari; in alcune zone la produzione di NO può pesare molto di più rispetto agli effetti vasorilascianti prodotti dai AR β localizzati nelle cellule muscolari liscie (Ferro e coll.,1999; Xu e coll.,2000).

Figura 6. Vie di trasmissione dipendente dal NO endoteliale mediante le quali gli AR-β producono vasorilassamento. (i) via classica che include la proteina Gs, AC, AMPc e PKA; (ii) via delle MAPK, che include MEK1/2 e ERK1/2, accoppiata alla proteina Gs o Gi; (iii) via della PI3K/Akt, accoppiata a proteina Gi. Si include anche la via di trasmissione classica degli AR-β nel muscolo liscio vascolare (CML),descritta anteriormente nella figura 5.

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Via di trasmissione delle MAPK

Le proteine chinasi attivate per mitogeno (MAPK) sono una famiglia di proteine capaci di migrare nel nucleo per modificare l’attività di qualche altra proteina e fattori di trascrizione, regolando cosi la trascrizione, modulando l’espressione di diversi geni e decidendo cosi l’esito di processi cellulari importanti come l’accrescimento, la differenziazione e la morte cellulare (Krishna e Narang, 2008). Queste cascate trasduzionali delle MAPK si attivano grazie a stimoli extracellulari (mitogeni,fattori di accrescimento, citochine) o attraverso i recettori accoppiati a proteine G. Per generare il segnale le MAPK devono essere doppiamente fosforilate nei residui di serina/treonina e tirosina da una MAPK-chinasi (MAPKK o MEK) che a sua volta è fosforilata da una MAPK-chinasi-chinasi (MAPKKK o MEKK).

Questa famiglia di proteine a sua volta si divide 3 sottofamiglie: ERK (chinasi di risposta esogena), p38 e JNK. Le principali ERK nel mammifero sono ERK1 (p44) ed ERK2 (p42).

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-ERK 1/2 : di peso molecolare 42-44 kDa è attivata da mitogeni, fattori di crescita o

GPCR (May y Hill,2008). La sua cascata segnaletica passa da Ras, Raf e MEK ½,. I suoi effettori sono fattori di trascrizione, trasduttori del segnale e attivatori del segnale di trascrizione. Dal punto di vista fisiologico la trasmissione attraverso questa via gioca un ruolo importante nella proliferazione e nella sopravvivenza cellulare e in alcune circostanze è coinvolta nella differenziazione cellulare (Roux e Bleins, 2004).

-p38 e JNK: conosciute come “proteine chinasi attivate da stress” (Lewis e coll., 1998),

si attivano tramite stimoli stressanti extracellulari o per citochine infiammatorie o per GPCR (Raingeaud e coll., 1996). Il percorso della p 38 passa da Rac, MEKK 1/4 e MEK 3/6. Il ruolo fisiologico della p 38 è quello di mediare risposte a processi infiammatori, shock osmotici e altre aggressioni associate con decisioni di sopravvivenza e apoptosi, trasmettendo segnali inibitori dell’accrescimento (Nemoto e coll.,1998; Pearson e coll., 2001; Roux e Blenis , 2004).La modulazione della fosforilazione di queste MAPK è mediata β-AR nei differenti tipi di cellule. La ERK 1/2 e la p38 regolano la risposta contrattile della muscolatura in alcuni vasi sanguigni, diminuendo gli effetti di alcuni agonisti come l’endotelina-1 attraverso la sua inibizione. A conferma di ciò uno studio più recente sulle arterie coronarie e sui bronchioli terminali di maiale ha dimostrato che l’inibizione della fosforilazione di ERK 1/2 porta ad un aumento della risposta vasorilasciante degli AR-β. Attraverso la fosforilazione della ERK 1/2 gli AR-β2 aumentano la proliferazione dei fibroblasti cardiaci. Inoltre queste due MAPK regolano il processo angiogenetico,mediato dai fattori VEGF(vascular endothelial growth factor) e FGF (fibroblast growth factor): l’attivazione di ERK 1/2 rappresenta un percorso implicato nell’angiogenesi indotta da VEGF e nella neo-vascolarizzazione indotta da acido solfidrico,mentre la p38 influenza negativamente il processo angiogenetico in risposta ai due fattori precedenti (Perez-Aso e coll.,2014).

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1.2.3 Ruolo fisiologico e meccanismo di regolazione mediato da GRK

Le GRK sono enzimi che appartengono alla famiglia delle chinasi. Hanno un peso molecolare tra 60-80 kDa con un dominio catalitico centrale che è tipico nella famiglia delle chinasi serina/treonina di 270 AA. E’ dotata di un estremo N-terminale di 185 AA che è importante per il riconoscimento del recettore e della subunità Gβ γ. Questo enzima è capace di fosforilare residui di serina e treonina nell’estremo C-terminale o nel terzo dominio intracellulare dei recettori GPCR (Eichmann e coll., 2003).

L’unione dell’agonista con il recettore provoca l’accoppiamento con la proteina G (Samama e coll., 1993); la subunità Gα, incaricata di attivare la trasmissione del segnale, si separa e la Gβγ aiutano ad attrarre la GRK alla membrana(Pitcher e coll.,1992) dove fosforilerà il dominio C-terminale del recettore (Fredericks e coll., 1996).

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Di seguito la β-arrestina si legherà ai gruppi fosforilati del recettore provocando la fine del segnale dovuta al disaccoppiamento fisico del recettore dalla proteina G (Ferguson e coll., 1996). La β-arrestina ha dei domini per l’unione con la Clatrina facilitando il recettore a fare una vescicola ricoperta da questa proteina (Lin e coll., 1997).Un’altra proteina chiamata Dinamina chiude la vescicola facilitando la endocitosi. Il recettore è quindi internalizzato e questa situazione porta all’attivazione di altre vie come la trasmissione attraverso le MAPK che regolano il ciclo cellulare, la sintesi e degradazione di proteine (Ferguson, 2001; Pierce e coll., 2002). L’internalizzazione del recettore è imprescindibile per la sua risensibilizzazione dovuta all’ambiente acido, che favorisce un cambio conformazionale nel recettore che,a sua volta, permette la defosforilazione mediata dalle fosfatasi (Pitcher e coll., 1995). A questo punto il recettore risensibilizzzato torna alla membrana plasmatica, dopo l’allontanamento dell’agonista, potendo di nuovo ricevere nuovi segnali (Tsao e coll.,2001). Il recettore può anche seguire una seconda via che è quella della degradazione nei lisosomi ( Danner e Lohse, 1997).

Figura 9. Meccanismo di internalizzazione del recettore che porta all’attivazione della

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E’ stato visto che questa via β-AR/β-Arrestina /ERK stimola in certe aree del cervello la sintesi proteica ex-novo che porta al recupero della memoria (Xing e coll.,2015).

1.3 β-bloccanti

Storia dei β-bloccanti

Seguendo le osservazioni di Ahlquist, alla fine degli anni ’50 furono avviati programmi farmacologici per sviluppare agenti β-bloccanti. Il primo farmaco sintetizzato fu il Propranololo (un farmaco non selettivo con affinità per i recettori sia β-1 che β-2), introdotto nella pratica clinica nel 1968 come farmaco anti-ischemico. Negli anni ’70, basandosi sulla consapevolezza che la mancanza di blocco dei recettori β-2 avrebbe ridotto alcuni degli effetti collaterali periferici e polmonari dei farmaci non selettivi, furono sviluppati i β-bloccanti di seconda generazione che selettivamente antagonizzano i recettori β1 rispetto ai β2 (farmaci cardioselettivi). Il primo farmaco β-bloccante selettivo fu il Practololo. Successivamente, negli anni ’70 ed ’80, lo sviluppo della ricerca farmacologica condusse alla introduzione di β-bloccanti con proprietà vasodilatatorie, allo scopo principalmente di trattare l’ipertensione arteriosa. Il Labetalolo e il Carvedilolo, con proprietà α-bloccanti, furono i primi di questi agenti di terza generazione (Frishman e Halprin, 1979).

Caratteristiche, attività e dispensazione

Esistono similitudini strutturali tra i β-agonisti e gli antagonisti. Le 7 regioni “membrane-spanning” del recettore β-adrenergico formano una struttura cilindrica: sia gli agonisti che gli antagonisti si legano con il cilindro ed uniscono 2 o più regioni “membrane-spanning”. Gli antagonisti competitivi impediscono l’unione dell’agonista con il sito di legame, prevenendo l’attivazione del recettore.

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Alcuni β-bloccanti, dopo aver occupato il sito di legame, causano un’attivazione parziale del recettore, una proprietà conosciuta come attività simpatica intrinseca. Al contrario, dal momento che i recettori β- adrenergici possono avere un’attività intrinseca in assenza del legame con l’agonista, alcuni β-bloccanti possono inattivare i recettori in stato attivo, pur in assenza del legame con l’agonista. Questo fenomeno è conosciuto come agonismo inverso (Lowes e coll.,1994). Gli agenti β-bloccanti con effetto agonista inverso posso indurre gradi minori di bradicardia.

Rilevante differenza tra i farmaci β-bloccanti è la loro selettività verso i due sottotipi di recettore β e sulla capacità di blocco dei recettori alfa. I β-bloccanti sono generalmente classificati come a) selettivi (predominanza di blocco dei recettori β-1) e b) non selettivi (blocco simile dei recettori β-1 e β-2); tuttavia la selettività non è assoluta ma relativa e quindi dose-dipendente (Bristow e coll.,1966). Sia i farmaci selettivi sia quelli non selettivi hanno effetti cronotropi ed inotropi negativi. Siccome i farmaci selettivi inibiscono in misura minore i recettori β-2 (responsabili della vasodilatazione periferica) (Salpeter,2002), essi causano meno frequentemente vasocostrizione periferica. Per tale motivo la tolleranza all’esercizio può essere meno compromessa con i farmaci β-1 selettivi, perché il blocco dei recettori β-2 può ridurre l’apporto di sangue ai muscoli scheletrici durante il lavoro intenso. I bloccanti selettivi, inoltre, determinano broncocostrizione in misura minore dei farmaci non selettivi.

In assenza di studi e dati epidemiologici esaurienti condotti in Italia, si riportano due studi (figura 10 e 11) svolti in paesi stranieri.

La figura 10 illustra la situazione dell’impiego dei diversi farmaci betabloccanti negli USA nel 2011. Possiamo da qui vedere come il Carvedilolo sia impiegato in quantità maggiore rispetto ad un altro bloccante di terza generazione come il Nebivololo ed uno di seconda generazione come il Bisoprololo; il suo impiego era però ancora nel 2011 nettamente inferiore a quello di due betabloccanti di seconda generazione come Atenololo e Metoprololo (Di Nicolantonio e coll., 2015).

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Figura 10. Dispensazione dei vari β-bloccanti negli USA nel 2011 (Di Nicolantonio e

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La figura 11 illustra poi la prevalenza di prescrizione di varie classi di farmaci nel trattamento post-infartuale di oltre 30000 pazienti in Germania dal 2001 al 2006. Il grafico dimostra che già dieci anni fa i β-bloccanti erano, con oltre 80%, i farmaci prevalentemente prescritti.

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1.3.1 Propranololo

Figura 12. Struttura chimica del Propranololo.

Il propranololo (peso molecolare: 295,8g/mol) è il primo antagonista β-adrenergico che è stato utilizzato in clinica. Sebbene la sua azione principale fosse di diminuire la richiesta di ossigeno del cuore in un processo di cardiopatia ischemica e normalizzare le aritmie, fu poi dimostrato che il farmaco ha anche la capacità di abbassare la pressione in soggetti ipertesi. (Prichard e Gillam; 1964,1966).

Il propranololo è utilizzato normalmente come racemo (miscela di isomeri ottici) e l’enantiomero levogiro è circa 100 volte più potente di quello destrogiro. Esso si lega ai recettori beta-adrenergici e ne impedisce l’attivazione da parte dei neurotrasmettitori endogeni. Dopo la somministrazione di Propranololo, si osserva una riduzione della frequenza e della forza di contrazione del cuore con conseguente riduzione del lavoro cardiaco.

Gli effetti indesiderati sono diretta conseguenza della sua azione: può provocare ipotensione, bradicardia ed arresto cardiaco, ma anche, a livello centrale, disturbi della memoria e riguardo al metabolismo, alterazione dell’omeostasi del glucosio. La sospensione improvvisa della terapia può provocare fenomeni di ‘rimbalzo’ con peggioramento della patologia originaria.

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1.3.2 Carvedilolo

Parte Bloccante Bloccante antiossidante AR β AR α1

Figura 13. Struttura chimica del Carvedilolo.

Il Carvedilolo (peso molecolare: 295,8 g/mol) è un antagonista adrenergico di terza generazione con proprietà bloccanti sugli ARβ, inibendo l’attività cronotropa e inotropa iniziata da questi recettori a livello del cuore, per diminuzione della domanda di ossigeno. Esso ha proprietà secondarie uniche, rispetto agli altri β-bloccanti, che migliorano la sua attività. Ha una azione vasodilatatrice periferica attraverso il blocco degli ARα1(Kopecky,2006).Ha inoltre attività antiossidante e antiinfiammatoria (Beattie e coll.,2013); la sua funzione antiossidante è 10 volte più forte di quella della vitamina E e quindi facilita la neutralizzazione dei radicali liberi dell’ossigeno. Il Carvedilolo protegge così i cardiomiociti dallo stress ossidativo e dalla necrosi cellulare, riducendo la globale domanda di ossigeno (Feuerstein e coll., 1997; Khandoudi e coll., 1998).

La maggior affinità del Carvedilolo si attua per i sottotipi α1B e α1D (Koshimizu e coll., 2004). A livello cellulare è stato dimostrato un profilo “biased” che stabilizza una conformazione dell’AR-β2 la quale, anche se non è accoppiata alla proteina Gs, è capace di stimolare la trasmissione mediata dalla β-arrestina, implicata nel processo di desensibilizzazione dei AR-β (Wisler e coll., 2007; Rajagopal e coll., 2010).

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Figura 14: Proteina G e trasmissione mediata dalla β-arrestina. a nell’attivazione classica

dei recettori con sette domini transmembrana, la trasmissione è mediata dalle proteine G e la desensibilizzazione è mediata dalla β-arrestina b in questo modello di attivazione, il legame del ligando risulta attivare la trasmissione tramite le proteine G e anche la β-arrestina, cosi come la desensibilizzazione e l’internalizzazione dovuta alla β-arrestina c nel sistema con agonismo “biased” (ad esempio la β-arrestina) la trasmissione procede solo attraverso una via.

Grazie a questo suo profilo, il Carvedilolo promuove la trasmissione del segnale attraverso la attivazione della ERK1/2 indipendentemente dall’accoppiamento a proteina G (Wisler e coll., 2007), non si conosce però la precisa localizzazione (citosolica o nucleare) della ERK 1/2 attivata e neppure si conoscono le sue conseguenze funzionali. Si sa però che è per questo profilo che il Carvedilolo permette il recupero della memoria, al contrario del propranololo (Xing e coll., 2014).

Il Carvedilolo, nell’uso clinico, è utilizzato come miscela racemica; esso da un punto di vista farmacocinetico viene trasformato in tre metaboliti: il 5’-idrossifenilcarvedilolo (5OHC) e il 4’-idrossifenilcarvedilolo (4OHC) si formano grazie al CYP2D6 e il O-desmetilcarvedilolo (DMC) si forma invece grazie al CYP2C9(Ohno e coll.,2004; Oldham e Clarke,1997) e tutti e tre sono coniugati con l’acido glucuronico.

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Impiego del Carvedilolo nell’ipertensione arteriosa (HTA) e diabete mellito.

L’ipertensione arteriosa (HTA) viene definita come un aumento cronico e anormale della pressione arteriosa massima e minima e può essere catalogata come una delle principali cause del rischio di insorgenza di patologie cardiovascolari. Infatti il 30% di soggetti affetti da questa patologia va incontro nel tempo a complicazioni come la aterosclerosi e ben il 50% incorre in lesioni di organi, in particolare di cuore, ma anche di rene, cervello e grandi vasi (Williams,2003).

Definizione e classificazione dei valori della pressione arteriosa (mmHg)

Categoria Sistolica Diastolica

Ottima < 120 < 80 Normale 120-129 80-84 Normale alta 130-139 85-89 HTA grado 1 140-159 90-99 HTA grado 2 160-179 100-109 HTA grado 3 > 180 > 100

Tabella 2. Valori di pressione sistolica e diastolica nell’individuo sano o nell’individuo

iperteso.

Per curare questa patologia venivano utilizzati come farmaci di prima linea gli ACE inibitori e i sartani (Hampton e coll.,2017), ma anche i β-bloccanti di prima generazione, come l’atenololo, che non avevano però efficacia nel produrre vasodilatazione mediata dalle funzioni endoteliali per cui, in un secondo momento furono sostituiti (Di Nicolantonio e coll., 2015). La situazione cambiò con l’introduzione del Carvedilolo che diminuì la disfunzione endoteliale una delle più importanti cause dell’ipertensione, grazie al suo potere antiossidante con neutralizzazione dei radicali liberi e grazie alle sue proprietà vasodilatanti, legate al rilascio di ossido nitrico endoteliale (Virdis e coll.,2011).

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E’ da considerare inoltre che finora, nell’uso clinico, i β-bloccanti hanno trovato alcune controindicazioni in certe categorie di soggetti che seguivano necessariamente terapie con altri farmaci. Ad esempio i betabloccanti non vengono utilizzati in associazione con gli ipoglicemizzanti (metformina e glibenclamide) per il trattamento dell’ipertensione in pazienti con diabete mellito. Questa riluttanza è dovuta al fatto che l’uso dei beta bloccanti incrementa i livelli ematici del glucosio e dell’emoglobina glicata; il loro impiego incrementa anche i livelli di trigliceridi e del colesterolo totale, diminuendo però l’HDL (Bell e coll.,2009). Un attualissimo lavoro però (Nardotto e coll.,2017) ha dimostrato che il Carvedilolo a differenza degli altri betabloccanti non ha azione interferente con i farmaci ipoglicemizzanti e a sua volta non è influenzato da loro. Ciò dovrebbe portare ad un abbandono da parte dei clinici delle diffidenze riguardo a questa associazione e consentire un impiego più diffuso del Carvedilolo anche nell’ipertensione in soggetti diabetici.

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Anche lo studio GEMINI confermò gli effetti benefici del Carvedilolo sui livelli lipidici nel sangue e sulla sensibilità all’insulina. Questo studio condotto su 1200 pazienti suddivisi in due gruppi ,affetti da ipertensione dovuta a diabete, trattati rispettivamente con Carvedilolo e metoprololo evidenziò una riduzione del 9,1% di resistenza all’insulina del gruppo trattato con Carvedilolo rispetto all’altro; si vide inoltre che il metoprololo aumentava del 13% il livello dei trigliceridi mentre il Carvedilolo lasciava invariato questo parametro e in più, quest’ultimo riduceva in maniera significativa i livelli di colesterolo totale (Bakris e coll., 2004).

Era già noto inoltre, da uno studio (Kelly e coll.,2012) su individui obesi e diabetici con ipertensione, che l’associazione dei β-bloccanti di terza generazione (Carvedilolo e Nebivololo) con gli ACE inibitori, come il lisinopril, portava ad effetti benefici nella cura dell’ipertensione e nella prevenzione dell’aterosclerosi. Ciò si verifica attraverso una promozione delle funzioni endoteliali con conseguente aumento di ossido nitrico che riduce lo stress ossidativo, genera rilassamento delle cellule muscolari lisce e riduce l’adesione dei monociti alle pareti vascolari, diminuendo la proliferazione delle CML e riducendo l’aggregazione piastrinica. L’autore suggerisce quindi che questa associazione possa essere considerata come una strategia terapeutica efficace di prima linea.

Impiego del Carvedilolo nell’insufficienza cardiaca e nell’infarto miocardico acuto.

Un recente studio epidemiologico negli USA ha evidenziato che 5 milioni di persone soffrono di insufficienza cardiaca ventricolare e ogni anno si ha un’incidenza di 550.000 nuovi casi (Di Nicolantonio e coll.,2015). Dopo una prima fase acuta, spesso legata ad infarto miocardico acuto (AMI) per occlusione coronarica, questa patologia evolve in insufficienza cronica di vario grado che rende molto difficile la vita quotidiana (Takayanagi e coll., 2017). Nell’infarto miocardico, e così in altre condizioni di patologia cardiaca acuta, si impone ovviamente la spedalizzazione e l’avvio di una terapia farmacologica di più ampio respiro rispetto all’uso

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esclusivo dei farmaci betabloccanti, questi ultimi vengono però ad essere il presidio farmacologico forse prevalente insieme ad altre indicazioni terapeutiche di ordine generale quali dieta, attività motoria ed in genere stile di vita, a costituiscono la cosiddetta riabilitazione cardiologica (Mc Murray ,2012).

E’ stato condotto uno studio riguardo alla dispensazione dei diversi Betabloccanti su 11.326 pazienti sopravvissuti alla spedalizzazione per IC che ha dato i seguenti risultati: metoprololo tartrato 43,2%, atenololo 38,5%,Carvedilolo 11,6% e altri β-bloccanti 6,7% (Di Nicolantonio e coll.,2015). Ciò dimostra che al Carvedilolo vengono preferiti ancora Betabloccanti β1 selettivi. Eppure altri studi clinici già in precedenza avevano dimostrato la maggior efficacia del Carvedilolo, che comporta oltretutto minor rischio di complicanze in certe categorie di soggetti.

Lo studio CAPRICORN, ad esempio, condotto su 1959 pazienti con insufficienza ventricolare sinistra post-infarto aveva dimostrato nel 2001 una ridotta mortalità nel gruppo dei pazienti trattati con Carvedilolo rispetto ai placebo e una riduzione del 76% delle aritmie (tachicardia ventricolare e flutter atriale).

Ad analoghi risultati condusse lo studio COPERNICUS condotto nello stesso periodo su 2289 pazienti con insufficienza cardiaca grave. Si notò infatti una riduzione del 35% del rischio di morte, ad un anno dall’episodio, nei pazienti trattati con Carvedilolo rispetto al gruppo placebo. Vi era anche una riduzione del 24%, rispetto ai placebo, del rischio di morte o di spedalizzazione.

Lo studio COMET del 2003 condotto su oltre 3000 pazienti dimostrò che il gruppo trattato con Carvedilolo aveva una mortalità multicausale ridotta del 17% e una mortalità cardiovascolare ridotta del 20% rispetto al metoprololo (Di Nicolantonio e coll.,2015). Infine il saggio clinico CAFE indica che l’associazione del Carvedilolo con la digossina nei pazienti con insufficienza cardiaca e fibrillazione atriale migliora il controllo della frequenza cardiaca e la funzione ventricolare (Bakris e coll.,2004).

L’insieme dei risultati di tutti questi studi indicano che il Carvedilolo è uno dei migliori farmaci, se non il migliore, nel trattamento dell’insufficienza cardiaca. A rafforzare questo fatto ed aprire uno scenario che sarà sicuramente oggetto di ricerca nei prossimi anni, è lo studio condotto dal gruppo che fa capo a Yao K. sull’attività del Carvedilolo

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lipoperossidasica dei radicali liberi sulle membrane mitocondriali, una funzione stimolante la sintesi di alcuni fattori e due proteine (citocromo C e COX IV) che promuovono la biogenesi mitocondriale. I risultati infine mostrano anche che il Carvedilolo incrementa in maniera significativa il consumo di ossigeno, stimolando la respirazione mitocondriale (Yao e coll.,2016).

Altri impieghi del Carvedilolo

Tra le varie azioni benefiche, già trattate, dell’uso del Carvedilolo rispetto agli altri farmaci, compresi i β-bloccanti selettivi, sono anche da annoverare altri vantaggi del suo impiego.

E’ già stato sottolineato il fatto che esso sia l’unico che non presenta controindicazioni al contemporaneo impiego di ipoglicemizzanti nei soggetti ipertesi sofferenti di diabete ed obesi, nè che esso induca aumento di glicemia e di emoglobina glicata nei soggetti normali (Kelly e coll.,2011; Nardotto e coll.,2017). A ciò si deve aggiungere che, a differenza di altri β-bloccanti, l’uso del Carvedilolo non aumenta la dispnea e la sintomatologia clinica in genere nei pazienti affetti da bronco-pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e che anzi esso appare aumentare per loro il tempo di sopravvivenza (Key e coll., 2017).

Inoltre è da evidenziare che il suo impiego a lungo termine è anche consentito rispetto a tutti gli altri antiipertensivi nei soggetti con insufficienza epatica ed ascite avanzata, non più farmaco rispondente; esso appare statisticamente legato ad una minore mortalità generale e specifica in questa categoria di malati, se non altro perché riducendo l’ipertensione portale, diminuisce il rischio di varici esofagee, complicanza questa che rappresenta spesso la causa più diretta della morta (Onali e coll,2017).

Date tutte queste conoscenze sembra legittimo poter condividere quanto affermato da Di Nicolantonio e coll. (2013); ovvero che il Carvedilolo debba essere considerato il farmaco di prima scelta. Gli autori suddetti affermano anche quanto segue: “il fatto che l’atenololo continui ad essere il numero uno dei farmaci β-bloccanti più largamente usati (presumibilmente ormai per abitudine) è indifendibile dal punto di vista scientifico”.

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Contributo sperimentale

2 Obiettivi

La partecipazione degli adrenorecettori β endoteliali nella risposta vasodilatatrice nei vaso di conduttanza come l’aorta ma non in quelli di resistenza, è indicativa di un ruolo fisiologico peculiare dei differenti sottotipi nella regolazione del tono vascolare. Questo è stato dimostrato nei vasi sanguigni di ratto, ma non si conosce per i vasi umani, dove l’endotelio vascolare esercita un ruolo molto importante nella omeostasi cardiovascolare e la disfunzione endoteliale è implicata in patologie come l’ipertensione e la cardiopatia ischemica. E’ sembrato perciò di notevole interesse questo studio sulla espressione degli adrenorecettori β nelle cellule endoteliali umane e per di più, è necessario conoscere come agiscono a questo livello alcuni dei farmaci più abitualmente impiegati in queste patologie come sono i Beta-bloccanti. Perciò gli obiettivi della seguente ricerca sono da un lato quello di analizzare l’espressione genica dei tre sottotipi di AR-β (β1,β2 e β3) nelle cellule endoteliali di aorta e di coronaria umana e dall’altro determinare l’attività del Carvedilolo e del Propranololo a questo livello, specialmente, per quanto riguarda la capacità di modulare la fosforilazione della ERK1/2, che è una delle MAPK implicate nelle vie di trasmissione di questi recettori.

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3. Materiali e metodi

In questo capitolo parlerò dei protocolli di sperimentazione e delle tecniche sperimentali che ho utilizzato nel laboratorio di Farmacologia della Univesità di Valencia per concludere questo lavoro sperimentale.

3.1 Colture cellulari

Sono state utilizzate cellule endoteliali di aorta umana (HAoEC) e cellule endoteliali di arteria coronaria umana (HCAEC) provenienti dalla ditta Promocell.

Sia le HAoEC che le HCAEC sono state coltivate in piastre di 35 mm di diametro e sono state mantenute in atmosfera umida a 37°C e 5 % di CO2, cambiando il mezzo di coltura

ogni 2 giorni.

a) b)

Figura 14. a: HAoEC al passo 6 (20X). b: HAoEC al passo 6 (10X).

Mezzo di coltura: Endothelial Cell Growth Medium MV2 proveniente dalla casa

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Composizione Concentrazione

Fetal Calf Serum (FCS) 0,05 ml/ml

Epidermal Growth Factor (ricombinante umano) 5 ng/ml Basic fibroblast Growth Factor (rIcombinante umano) 10 ng/ml

Insulin-like Growth Factor 20 ng/ml

Vascular Endothelial Growth Factor 165 (ricombinante umano) 0,5 ng/ml

Ascorbic Acid 1 ng

Hydrocortisone 0,2 ug/ml

Tabella 4. Composizione del mezzo di coltura

Congelamento cellule

Per congelare le cellule si fa uso di PromoCell “Cryo-SFM” che è una proteina libera ed una componente del mezzo di criopreservazione delle cellule animali. Le cellule si conservano in un criostato a -80°C, che permette una congelazione cellulare progressiva a una velocità di 1°C/minuto. Il procedimento di congelamento cellulare sarà sviluppato meglio nel paragrafo “cambio di passo”, poiché il processo è simile.

Scongelamento cellule

Si calcola il numero delle cellule in funzione della piastra. Come prima cosa, si prende dal refrigerante il mezzo endoteliale ed il PBS e si lascia a bagno maria per 15 minuti dopo aver portato a temperatura il mezzo. Le cellule congelate in azoto liquido invece si prendono dalla camera e si mettono prontamente nel ghiaccio secco. Dopo si mette la provetta congelata in bagnomaria alla temperatura di 37°C fino a quando le cellule non si sono scongelate.

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Si disinfetta la provetta esternamente e rapidamente con Etanolo, si seminano le cellule nelle piastre per colture cellulari e si guardano al microscopio. Come ultima cosa, si coltivano le piastre nell’incubatore (5% CO2, 37°C) per 24 ore.

Proliferazione cellulare

Dopo 24 ore dallo scongelamento si controlla con il microscopio che le cellule siano aderite alla placca e poi si aspira il mezzo di coltura. Aggiungo a questo punto 1 ml di PBS ad ogni piastra da 35 mm per pulirle ed eliminare le cellule morte, muovendo delicatamente in maniera da far distribuire in maniera uniforme il PBS su tutta la superficie. A questo punto si aspira il PBS e si aggiunge 2 ml del mezzo di coltura in ogni piastra, agitando delicatamente la piastra in modo da distribuire il mezzo uniformemente. Si mettono poi le piastre nell’incubatore. Si osservano poi le cellule tutti i giorni al microscopio con lo scopo di controllare il loro corretto accrescimento. Ogni 48 ore si cambia il mezzo di coltura fino ad avere la confluenza idonea per il cambio di passo.

Cambio di passo

Per realizzare il cambio di passo di una coltura cellulare è necessario che le cellule siano confluenti. Si utilizza il “PromoCell Detach Kit” che assicura un efficiente e sicuro distacco delle cellule umane dalla piastra. Questo kit è composto da 3 componenti: HEPES-BSS (30 mM di HEPES, D-Glucosio, NaCl, KCl, Na-fosfato e Rosso Fenolo), soluzione di Tripsina/EDTA (0.025%/0.01%) e TNS (0.05% Inibitore Tripsina/0.1 Albumina di Siero Bovino). Si espone il kit alla temperatura ambiente 30 minuti prima dell’esperimento. Si elimina poi il mezzo di coltura dalle piastre e si aggiungono 500 microlitri della soluzione HEPES-BSS per ogni piastra con l’obiettivo di lavare le cellule, agitando delicatamente per 15 secondi. Si elimina poi l’HEPES dalle piastre e si aggiungono 500 microlitri di Tripsina/EDTA con il fine di distaccare le cellule dalla superficie della piastra. Si attende approssimativamente tra i 2 e 3 minuti (massimo 4 minuti perché dopo questo tempo la tripsina diviene tossica per le cellule) e si osserva al microscopio che le cellule si siano staccate dalle piastre. Trascorso questo tempo si aggiunge il TNS, agitando delicatamente, per neutralizzare la tripsina.

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Poi si trasferisce la sospensione cellulare in un flacone da 15 ml e si centrifuga per 5 minuti a 1000 giri/minuto per ottenere un pellet di cellule. Dopo la centrifugazione si elimina il sovranatante e si aggiunge 1 ml del mezzo di coltura endoteliale. Si calcola poi la densità cellulare utilizzando il contatore cellulare del laboratorio di colture cellulare della università, e si decide in quante piastre mettere la sospensione cellulare tenendo in conto i parametri di densità della tipologia cellulare. Si aggiunge infine il mezzo che manca e si mettono le piastre nell’incubatore (37°C/5% CO2). Per eseguire l’esperimento

è necessario che le piastre abbiano il 75-80% di confluenza.

Trattamento in vitro con Carvedilolo e Propranololo

Prima di realizzare il trattamento alle cellule, queste vengono lasciate 4 ore nel mezzo di coltura senza il Siero Bovino Fetale in maniera da evitare che esse siano in accrescimento durante l’esperimento. Dopo questo periodo si trattano per 15 minuti con Carvedilolo (10 -6 M), con Propranololo (10-6 M) o con DMSO 0,005% come controllo. Il DMSO non

deve essere ad una concentrazione superiore al 0,005% perché è tossico.

3.2 Quantificazione dell’espressione proteica Estrazione delle proteine totali

Si elimina il terreno di coltivazione endoteliale e si aggiungono 10 ul di RIPA, composto da HEPES 50 mM (Acido 2-[4-(2-idrossietil)-1-piperazinil-etansolfonico]) pH 7.5, NaCl 150 mM, EGTA 0.1 M (Egtazic Acid) e Triton 1%. Si aggiunge anche al RIPA l’inibitore delle proteasi (Complete®, Roche Applied Science) in diluizione 1/25 e l’inibitore delle fosfatasi (PhosSTOP®, Roche Applied Scince) in diluizione 1/10; questa miscela distrugge la membrana cellulare e permette l’uscita delle proteine cellulari. Successivamente si omogenizza il campione con l’aiuto del Sonicatore (Microson™ Ultrasonic cell disruptor) per 3 cicli di 5 secondi. Si centrifuga poi il campione a 16000 rpm per 15 minuti a 4°C e si raccoglie il sovranatante, scartando il pellet.

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Per la quantificazione delle proteine si utilizza il metodo di Bradford (1976) (Bio-Ras Hercules CA,USA) utilizzando la sieroalbumina bovina (BSA, Sigma) come curva standard, e si misura l’assorbanza a 595 nm in uno spettrofotometro Victor™X3 2030 Multilabel reader (Perkin Elmer). Si costruisce poi una curva standard (CS) ,con l’utilizzo del programma GraphPad Prism 4 (GraphPad Software, Inc. San Diego CA, USA), che permette di stabilire una relazione lineare tra l’assorbanza delle diluizioni di concentrazioni note. Una volta ottenuti questi dati, possiamo interpolare nella nostra retta, sempre che sia lineare, i nostri campioni di concentrazioni sconosciute. Una volta che si conosce la concentrazione dei nostri campioni si calcola il volume da mettere nei nostri pozzetti.

Denaturazione delle proteine

Prima di realizzare gli esperimenti mediante Western Blot è necessario portare a termine la denaturazione proteica. Si aggiunge ai campioni un tampone di carica che contiene 60 mM Tris-HCl pH=6.8, 10% glicerolo v/v, 2% SDS, 5% β-mercaptoetanolo v/v e 0.01% di blu di bromofenolo a pH=6.8 e si denatura a 95°C per 5 minuti in termoblock. Questo procedimento è importante per rompere le strutture secondaria, terziaria e quaternaria delle proteine che potrebbero creare problemi alla migrazione in gel di agarosio. Infine si passano i campioni in vortex e si pratica un breve passaggio in centrifuga.

Elettroforesi in gel di Poliacrilammide con Sodio Dodecil Solfato (SDS-page) e Western Blot

Per effettuare gli esperimenti di Western blot si preparano soluzioni contenenti 15 ug di proteine totali con tampone di carica.

-preparazione del gel di separazione e del gel di concentrazione: in entrambi i casi si utilizza una miscela di acrilammide/bis-acrilammide 40% (Bio-Rad). Il gel di separazione (Runnig Gel) si prepara in concentrazione del 10% di Acrilammide in tampone Tris-HCl, pH 8,8. Il gel di concentrazione delle proteine (Stacking gel) si prepara invece con il tampone Tris-HCl, pH 6,8. Per catalizzare la reazione di polimerizzazione si aggiunge ad entrambi i gel del persolfato di ammonio (APS Bio-Rad) e N, N, N', N'-tetrametiletildiammina (TEMED Bio-Rad).

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-separazione delle proteine: la separazione delle proteine è stata eseguita mediante elettroforesi umida usando i gel di poliacrilammide già preparati. La migrazione elettroforetica viene eseguita con tampone da corsa (Tris-HCl 24 mM pH 8,3, Glicina 0,192 M , SDS 0,1% ). I gel caricati vengono sottoposti ad una tensione di 60 V per 30 minuti, tempo sufficiente affinché tutti i campioni attraversino il gel di concentrazione e raggiungano il gel di separazione. Essi saranno poi sottoposti ad una tensione di 110 V, per 1 ora e mezza a 4 ° C.

a b c

Figura 15. a: Elettroforesi a 4°C b: Migrazione elettroforetica in gel di concentrazione a

60 V per 30 minuti c: migrazione elettroforetica in gel di separazione a 110 V per 1 ora e mezzo.

-trasferimento: vengono trasferite le proteine separate dal gel ad una membrana di polivinildiene fluoruro (PVDF) incubando per 20 ore a 230 mA per p-eNOS e 2 ore a 340 mA per la p-ERK ½. Questo trasferimento è liquido, per questo si utilizza un tampone di Tris-Glicina-Metanolo (Tris 25 mM a pH 8,3, Glicina 192 mM e Metanolo 20% ) , e si realizza a 4°C con ghiaccio per contrastare la reazione che è esotermica. Sia per l’elettroforesi che per il trasferimento è stato utilizzato il sistema Mini Trans-Blot® Electroforetic Transfer Cell System (Bio-Rad Hercules CA, USA).

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-incubazione con anticorpo primario: dopo alcuni lavaggi con TBS-T, le membrane sono state incubate overnight a 4°C, in rotazione, con anticorpi policlonali primari diluiti in TBS-T e riassunti nella tabella 5:

-incubazione con l'anticorpo secondario: successivamente, sono stati eseguiti tre lavaggi con TBS-T per rimuovere l'anticorpo primario in eccesso e le membrane sono state incubate poi con anticorpi secondari coniugati con perossidasi in TBS-T per 45 minuti a temperatura ambiente al buio. Sono stati poi ripetuti lavaggi con TBS-T per rimuovere qualsiasi anticorpo non legato. Come controllo di carica è stato usato l'anticorpo policlonale contro GAPDH.

-rivelazione: si utilizza una diluizione 1: 1 dei due reattivi del kit "ECL Western Blotting Detection reagents" per rivelare ERK 1/2, p-ERK ½, eNOS. E’ stato utilizzato il kit "ECL plus Western Blotting Detection reagents" per rivelare p-eNOS, sempre con una diluizione 1:1 dei due reattivi.

-stripping: è fatto per permettere un’altra rivelazione della membrana. La membrana viene immersa nel buffer di Stripping(2-mercaptoetanolo 100 mM, 2% SDS e Tris-HCl 62.5mM a pH 6,7) e si pone nell’oscillatore per 5 minuti a temperatura ambiente. Quindi viene rimosso il tampone e si aggiunge acqua distillata lavando per 2 minuti nell’oscillatore.

L’acqua viene rimossa e si aggiunge TBST ripetendo il lavaggio 2 volte per 5 minuti. La membrana viene rivelata con ECL per confermare che non vi é alcun segnale. Infine la membrana è stata bloccata nel BSA 5% in TBST per un'ora nell'oscillatore.

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PROTE INA PM (KDA) ANTICORPO 1º DILUZI ONE ANTICORP O 2º DILUIZ IONE p-eNOS 140 Ac. policlonale di coniglio (9571; Cell Sinaling) 1:400 Anti-rabbit IgG (GE Healthcare) 1:2500 eNOS 140 Ac. monoclonale di topo (610247; BD Biosciences) 1:500 Anti-mouse IgG (Sigma Aldrich) 1:7500 p-ERK1/2 42 Ac. policlonale di coniglio (9101S; Cell Signaling) 1:1000 Anti-rabbit IgG (GE Healthcare) 1:2500 ERK1/2 42 Ac. Policlonale di coniglio (9102S; Cell Signaling) 1:1000 Anti-rabbit IgG (GE Healthcare) 1:2500 GAPD H 36 Ac. Policlonale di coniglio (G9545; Sigma Aldrich) 1:10000 Anti-rabbit IgG (GE Healthcare) 1:2500

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Analisi dei risultati

Le immagini di chemioluminescenza sono state ottenute con Autochemi™ Bioimaging System utilizzando il supporto informatico per la rivelazione Labworks 4.6 Image Acquisition and Analysis (Ultra-Violet Products), grazie al quale è stata eseguita l'analisi densitometrica mediante densitometria ottica delle bande corrispondenti a ciascuna delle proteine in studio, normalizzando rispetto alla densità ottica ottenuta del controllo di carica GAPDH ed esprimendo i risultati come unità arbitrarie di proteine immunorilevabili.

3.3 Quantificazione dell’espressione genica degli AR-β

Estrazione dell’RNA totale

Si aggiungono alle cellule 800 microlitri di tampone di lisi Tripure Isolation Reagent (Roche Applied Science) (miscela monofasica di fenolo e guanidina tiocianato) che distrugge le membrane cellulari in maniera che gli acidi nucleici, accompagnati da altri composti (proteine, enzimi, carboidrati), risultino disponibili per ulteriori elaborazioni. La miscela è stata omogeneizzata attraverso 3 cicli di 15 secondi di agitazione a temperatura ambiente nel vortex. Al fine di rimuovere i detriti cellulari non lisati, a partire dall’omogenato di campioni con reagente di lisi, è stata eseguita una prima centrifugazione a 12.000 rpm per 10 minuti a 4 ° C. Il sovranatante raccolto, scartando il precipitato, si lascia per 5 minuti a temperatura ambiente. Dopodichè sono stati aggiunti al campione 200 microlitri di cloroformio per ogni ml di Tripure, mescolando il campione con forza per 15 secondi su vortex e lasciando a riposo per 10 minuti a T ambiente per separare le fasi: a questo punto l'RNA si dissolve nella fase acquosa e rimane nella parte superiore. Per facilitare la separazione e la precipitazione del DNA genomico, si esegue una seconda centrifugazione a 12.000 rpm per 15 minuti a 4 °C. Si raccoglie la fase superiore acquosa contenente l'RNA totale e si aggiunge un volume di 500µl isopropanolo per ogni ml di Tripure, mescolando delicatamente. Questo reagente facilita la precipitazione degli acidi nucleici che si verifica lasciando la miscela per 10 minuti a temperatura ambiente; trascorso il tempo si esegue una terza centrifugazione a 12.000 rpm per

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10 minuti a 4 ° C, ottenendo un pellet di RNA totale. Si scarta il sovranatante e si lava il pellet con 1 ml di etanolo diluito in 70% in acqua trattata con DEPC(dietilpirocarbonato). Per raccogliere il pellet lavato, si effettua un’ultima centrifugazione a 8000 rpm per 5 minuti a 4 ° C. Infine si scarta il sovranatante, trattenendo il pellet che si sottomette ad essiccamento sotto la luce di una lampada, per il tempo necessario. Infine, il pellet viene risospeso e dissolto nel minimo volume di acqua trattata con DEPC e immediatamente viene quantificato mediante BioPhotometer Eppendorf e viene conservato a -80 ° C fino ad un ulteriore utilizzo.

Trascrizione inversa (RT)

Per effettuare la trascrizione inversa o retrotrascrizione (RT) dell’RNA ottenuto da ciascun campione è stato utilizzato un enzima altamente sensibile Improm-II ™ (Promega Corp. Madison, USA), che permette di partire da quantità minime di RNA totale (0,1-1 ug). Dopo l’incubazione dell’RNA totale con il primer oligo (DT16) (250 ng) in acqua-DEPC a 70 ° C e dopo averlo raffreddato in ghiaccio, è stata effettuata la reazione di trascrizione inversa, utilizzando il tampone di reazione ImPromII ™, 3 mM MgCl 2, 0,5 mM di ciascun deossinucleoside trifosfato, 20 U dell’inibitore della ribonucleasi ricombinante RNAsin™ (Promega Corp. Madison, USA), e 1 ul di trascrittasi inversa ImPromII ™ (Promega Corp. Madison, USA) per un volume finale di 20 ul. E’ stato effettuato un primo ciclo di ibridazione a 25 ° C per 5 minuti, e successivamente la reazione di estensione procedendo a 42 ° C per 60 minuti. Dopo questo periodo, l'enzima è stato inattivato mediante incubazione a 70 ° C per 15 min. In tutti i casi, dopo il completamento delle reazioni, il cDNA sintetizzato è stato conservato a -20 ° C fino all'utilizzo.

Reazione a catena della polimerasi in tempo reale (PCR)

La quantificazione dell'espressione genica è stata eseguita mediante una reazione a catena della polimerasi (PCR) in tempo reale che è attualmente il metodo più sensibile e preciso per la rivelazione dei livelli di mRNA, permettendo la quantificazione di queste quantità attraverso l'uso di composti con proprietà fluorescenti: nel nostro caso le sonde Taqman. Così, gli mRNA codificanti per ciascuno dei diversi sottotipi di AR-β (β1,β2,β3) e GAPDH come controllo

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interno, sono stati quantificati in tempo reale mediante Taqman RT-PCR utilizzando il termociclatore GeneAmp 7500 Fast System. Diluizioni 1/10 del prodotto della reazione della precedente trascrizione inversa, sono state analizzate in duplicato mediante saggi di espressione genica TaqMan® (Taqman® Gene Expression Assays, Applied Biosystems), costituito da una miscela di 20X primers e sonda TaqMan® MGB (minor groove binder; ligando per l’unione alla scanalatura minore del DNA) marcata fluorocromo con 6FAM ™ all’estremo 5’ della sonda e un quencher non fluorescente all'estremità 3', progettati per la rilevazione e la quantificazione delle sequenze geniche specifiche per RT-PCR in tempo reale delle due fasi.

I saggi Taqman di espressione genica sono ottimizzati per ottenere un'elevata sensibilità e specificità in condizioni universali di ciclo termico, assicurando la sua riproducibilità. Le sonde, ove possibile, erano progettate per ibridare l’unione esone-esone e per migliorare la specificità di ibridazione ed evitare la contaminazione da DNA genomico (Taqman® Gene Expression Assays protocol, Applied Biosystems, US) e sono riassunte nella tabella 6. Le reazioni sono state adeguate ad un volume di 25 ul con Taqman® Universal Master Mix (AmpliTaq Gold® DNAPolymerase; Applied Biosystems, US), di cui 5 ul della diluizione della reazione di trascrizione inversa e 1,2 ul della miscela sonda 20X (250 nm) e primer (900 nm) (Taqman® Gene Expression Assays). Il cDNA è stato amplificato in base alle condizioni del fabbricante: una prima fase di attivazione della polimerasi a 95 ° C per 10 minuti e 40 cicli composti da due fasi: denaturazione a 95 ° C per 15 secondi e ibridazione/estensione a 60 ° C per 1 minuto.

Receptor Sonda

β1(ADRB1) Hs00265096_s1

β2(ADRB2) Hs00240532_s1

β3(ADRB3) Hs00609046_m1

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4 Risultati

4.1 Espressione genica dei sottotipi di AR-β (β1,β2,β3) nelle HAoEC e HCAEC. Per prima cosa è stata determinata l’espressione dei sottotipi AR-β nelle HAoEC e nelle HCAEC; i risultati delle analisi sono rappresentati graficamente nella sottostante figura

a b

Figura 16: Espressione del mRNA dei differenti sottotipi di AR-β nelle HAoEC (a) e

nelle HCAEC (b). L’espressione dei valori è normalizzata con GAPDH come gene di riferimento.

Dalla figura è possibile vedere che l’espressione genica del sottotipo AR-β2 è la maggiore sia nelle HAoEC sia nelle HCAEC. Si può anche notare una maggior espressione dell’mRNA codificante β1 e β2 nelle HCAEC rispetto alle HAoEC e una maggior espressione del β3 anche se minima.

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4.2 Effetto del Carvedilolo e del Propranololo sulla fosforilazione della ERK 1/2 nelle HAoEC.

Con lo scopo di studiare gli effetti del Carvedilolo e del Propranololo sulla fosforilazione della ERK 1/2 nelle cellule endoteliali di Aorta Umana, queste sono state incubate per 15 minuti con Carvedilolo o Propranololo in concentrazione 10-6M, solubilizzati in DMSO 0,005%. Dopo, mediante western blot, è stata fatta una quantificazione proteica della ERK 1/2 e della p-ERK 1/2. I risultati sono riportati graficamente nelle sottostanti figure (17 e 18).

Figura 17: Immagine che mostra p-ERK 1/2 (A,B,C e D) e ERK 1/2 (A’,B’,C’ e D’) nel

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Figura 18: Fosforilazione della p-ERK 1/2 nel controllo delle HAoEC o indotta dal

trattamento con Carvedilolo o Propranololo (10-6M). I risultati sono stati quantificati normalizzando rispetto alla ERK ½ totale e facendo la percentuale rispetto al controllo. I dati rappresentano la media di n=3 colture cellulari per ogni gruppo. *Differenza significativa (p<0.05) rispetto al controllo, con il test del t di Student.

Come è possibile osservare da queste 2 figure, il trattamento antecedente con Carvedilolo 10-6M e con Propranololo 10-6M produce una diminuzione significativa della fosforilazione della ERK ½ rispetto al controllo.

5 Discussione

5.1 Espressione degli AR-β nelle cellule endoteliali di aorta e arteria coronaria

umane.

Dalla letteratura sull’argomento è noto che, a livello dei vasi, tutti e tre i sottotipi di β AR partecipano al conseguimento della risposta vasodilatatoria, sebbene il ruolo di ciascuno di essi sia variabile in dipendenza dello strato vascolare, della specie e dell'impulso contrattile (Guimaraes e Moura, 2001). Nel caso di grandi vasi di conduttanza come l'aorta, le arterie mesenteriche, l’arteria splenica e quella polmonare e tante altre, il sottotipo maggioritario è il β2, che é quindi il responsabile della vasodilatazione e del controllo del flusso sanguigno, mentre nei vasi di piccolo calibro come le

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arterie coronarie e le arterie mesenteriche di resistenza predomina il sottotipo β1 e quindi è il principale responsabile nella vasodilatazione adrenergica in questi tessuti (Briones e coll., 2005; Flacco e coll., 2013).

Gli AR-β però, oltre ad essere situati nello strato muscolare o nella tonaca avventizia, si trovano anche nell’endotelio vascolare e possono perciò anch’essi contribuire all'effetto rilassante attraverso la liberazione di NO (Queen e Ferro, 2006). A questo proposito, precedenti studi da parte del gruppo di ricerca del Dipartimento di Farmacologia di Valencia mostrano che i diversi sottotipi di AR-β (β1, β2 e β3) manifestano differenze nella loro distribuzione cellulare e nella loro funzione fisiologica che dipendono dalla localizzazione vascolare. In generale, il sottotipo β1 è principalmente presente nello strato muscolare, mentre il β2 e il β3 sono espressi nell'endotelio e nella tunica avventizia (Briones e coll., 2005; Flacco e coll., 2013). E’ anche noto, almeno nell’aorta di ratto, che gli AR β2 e β3 dell'endotelio giocano ruoli importanti come vasodilatatori, mentre nel caso dei vasi di resistenza di ratto i β1 sono i responsabili della vasodilatazione adrenergica (Flacco e coll., 2013).

Non è noto, invece, se una tale situazione sia riscontrabile anche per gli analoghi tessuti dell’uomo e per questa ragione è stato condotto il presente lavoro con lo scopo di determinare il sottotipo maggioritario degli AR-β nelle cellule umane di aorta e arteria coronaria, due dei vasi più importanti per la regolazione della circolazione sanguigna. I risultati della PCR ottenuti nel presente studio mostrano che il recettore β2 è il principale sottotipo sia nelle HCAEC sia nelle HAoEC; la qual cosa coincide con gli studi precedenti condotti sull’endotelio vascolare di ratto ( Flacco e coll., 2013 ; Perez-Aso e coll., 2014).

E’ pertanto possibile fare un collegamento tra i risultati della presente ricerca e i risultati dello studio di Begonha e coll., (1995), riguardante l'attivazione degli AR-β nelle arterie coronarie di cane: i risultati di questo ultimo studio indicano che il sottotipo maggioritario degli AR nelle arterie coronarie è il β1, mentre i risultati della presente ricerca, svolta con il gruppo del dipartimento di Farmacologia di Valencia, mostrano che nelle HCAEC il sottotipo maggioritario è il β2. E’ verosimile a questo riguardo che un certo sottotipo degli AR-β possa

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esprimersi in maniera preponderante quando si analizza l'intero tessuto di un vaso, mentre se analizziamo in dettaglio i diversi strati del vaso stesso si nota che il risultato sia differente; quindi è importante distinguere l'espressione dei sottotipi degli AR-β in ciascuna delle tonache componenti il vaso, per comprendere meglio la loro funzione. E' stato visto che, nelle arterie, gli AR-β1 sono situati vicino alle terminazioni nervose per essere più sensibili alla Noradrenalina (Hein e Michel, 2007) e per questo motivo, nelle arterie densamente innervate, il sottotipo β1, localizzato nel muscolo liscio dove arrivano terminazioni nervose, è il principale responsabile della risposta vasodilatatrice. Al contrario, nelle arterie poco innervate, come l'aorta o le coronarie, è il sottotipo β2, situato nell’endotelio e con elevata affinità per l’Adrenalina circolante, quello che modula il tono muscolare del vaso e la distribuzione del flusso ematico (Flacco e coll., 2013). Secondo i risultati del presente studio condotto con il gruppo di Valencia, questo si verifica anche nell’aorta e nelle coronarie umane dove le cellule endoteliali hanno una maggiore espressione del sottotipo β2, con alta affinità per l’Adrenalina circolante. 5.2 Attività del Propranololo e del Carvedilolo sulla via p-ERK 1/2//ERK ½ nelle cellule endoteliali di Aorta Umana.

Un altro quesito sollevato nel nostro lavoro è stato quello di determinare nelle cellule endoteliali umane, l'attività di Carvedilolo, un beta-bloccante di terza generazione, che ha dimostrato grande efficacia clinica nel trattamento dell'ipertensione e dell'insufficienza cardiaca (Di Nicolantonio e coll., 2012),

Il meccanismo d'azione di Carvedilolo si differenzia da altri beta-bloccanti e questo può essere il motivo del suo successo terapeutico. Il Carvedilolo è un bloccante degli AR-β e α1, avendo attività di agonista biased, in grado di stimolare la fosforilazione della ERK1 / 2 dipendente da beta-arrestina e non dipendente da proteina Gs (Lefkovitz e coll., 2002 ; Evans e coll., 2010). Questa stessa attività è stata osservata nel laboratorio di Valencia,

quando sono state incubate le cellule HEK293 del rene con Carvedilolo 10-6 M e con

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Figura 19: Western blot che rappresenta la fosforilazione della ERK 1/2 indotta dal carvedilolo 10-6M (A) e propranololo 10-6M (B) nelle cellule HEK293, e propranololo

10-6M nelle cellule endoteliali di aorta di ratto (C) e quantificazione della percentuale di fosforilazione (Perez-Aso e coll., 2014).

Pertanto, il presente lavoro ha avuto lo scopo di studiare se questa attività di Carvedilolo si manifesta anche nelle cellule endoteliali di aorta umana. Tuttavia, dai risultati del presente studio abbiamo visto che il Carvedilolo, a differenza di quanto accade in HEK293, non si comporta come un agonista “biased” nelle cellule endoteliali umane, ma come un agonista inverso, diminuendo la fosforilazione di ERK1 / 2 in HAoEC.

Riferimenti

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