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L'analisi competitiva: il caso di alcune societa del settore dei formaggi.

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea: Consulenza Professionale alle Aziende

Tesi di Laurea:

“L’analisi competitiva: il caso di alcune aziende nel settore dei

formaggi”

Candidato: Alessandro Vescio Relatore: Prof. Giulio Greco

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Sommario

Introduzione ...4

1. Il mercato dei formaggi nel 2017. ...5

1.1 La produzione della materia prima “latte” e la dinamica del prezzo alla stalla. ...5

1.2 Il bilancio di autoapprovvigionamento di latte e derivati e il D.M. 9 Dicembre 2016. ...9

1.3 Le industrie di trasformazione e le produzioni di latte e derivati ... 12

1.4 La produzione dei formaggi e la rilevanza dei DOP ... 18

1.5 I consumi ... 23

1.6 Bilancia commerciale di latte e derivati ... 39

1.6.1 Esportazioni e Importazioni dei formaggi ... 40

1.6.2 Importazioni di materia prima ... 47

2 L’analisi di bilancio come strumento per l’analisi competitiva ... 49

2.1 Presentazione di alcune aziende lattiero-casearie... 57

2.1.1 Zanetti ... 57

2.1.2 Colla ... 59

2.1.3. Ambrosi ... 61

2.1.4 Auricchio ... 63

2.2 Lo Stato Patrimoniale riclassificato secondo il criterio finanziario ... 66

2.3 Stato Patrimoniale gestionale ... 75

2.4 Fatturati ... 87

2.4.1 Zanetti ... 88

2.4.2 Colla ... 91

2.4.3 Ambrosi ... 94

2.4.4 Auricchio ... 97

2.4.5 Considerazioni riepilogative sui fatturati ... 99

2.5 Conto Economico Percentualizzato ... 101

2.6 Analisi 1° Margine ... 108

2.7 Dinamica EBITDA (MOL) ... 111

2.8 EBIT operativo, EBIT globale e ROS ... 120

2.9 L’analisi della sostenibilità finanziaria ... 124

2.10 Dinamica utile netto e ROE ... 130

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2.12 Analisi del rendiconto finanziario ... 142

2.12.1 Indici di correlazione ... 152

3. Conclusioni ... 158

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Introduzione

Nell’anno 2017 l’industria lattiero-casearia ha fatturato quasi 16 miliardi di € pari a circa il 12% del totale del fatturato dell’industria alimentare italiana rappresentando per il nostro Paese uno dei comparti più importanti per valore, insieme a quello vitivinicolo e a quello dolciario. Il dato relativo al fatturato è il frutto dell’attività di 2.002 aziende che impiegano nel complesso circa 30 mila addetti.

Negli ultimi anni queste imprese hanno dovuto affrontare nuove sfide nel settore in cui operano tra cui il cambio dei modelli di consumo dei consumatori, come per esempio il passaggio alle bevande vegetali o, in generale, a prodotti non di origine animale non sempre dovuti a motivi fondati. Allo stesso tempo però, per quanto riguarda le aziende di produzione dei formaggi, sono emerse nuove sfide, che hanno rilanciato il settore lattiero-caseario, riguardanti l’attenzione di tali aziende verso la qualità dei prodotti, la sostenibilità dei processi produttivi, il controllo della filiera, tutti elementi che vengono apprezzati dai consumatori. Qualità dei prodotti che viene apprezzata non solo dai consumatori interni ma specialmente sui mercati esteri dove i formaggi “made in Italy” stanno ricevendo sempre più consensi e apprezzamenti che si tramutano in maggiori vendite in volumi e in valori. Tale valorizzazione della qualità dei formaggi italiani, specie i D.O.P., ha portato ad un aumento del fatturato delle aziende che negli ultimi anni è risultato sempre in crescita, con le esportazioni che hanno toccato nuovi record, sia in volumi che in valori, ogni anno sempre maggiori.

In questo elaborato, il primo capitolo sarà oggetto di studio della composizione del mercato del latte e dei suoi derivati mettendo in evidenza come si è evoluta la produzione di latte vaccino in Italia e in Europa, la dinamica del prezzo del latte alla stalla, il bilancio di autoapprovvigionamento, il decreto interministeriale del 9 dicembre 2016, la struttura e le produzioni ottenute delle aziende operanti nella trasformazione, le tendenze degli acquisti di prodotti lattiero-caseari da parte dei consumatori e, infine, l’andamento dell’esportazioni e delle importazioni dei formaggi e della materia prima latte. Il secondo capitolo sarà dedicato all’analisi competitiva di quattro aziende dedite alla produzione di formaggi: Zanetti S.p.A., Colla S.p.A., Ambrosi S.p.A. e Auricchio S.p.A. Lo strumento utilizzato sarà quello dell’analisi di bilancio

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applicato agli esercizi 2015-2016-2017 che permetterà di dare un giudizio sulla composizione patrimoniale delle aziende, sui risultati reddituali conseguiti e sulla liquidità generata. Inoltre, tramite la lettura congiunta di nota integrativa e relazione sulla gestione ci permetterà di capire quali siano i fattori chiave che influenzano la redditività delle imprese, le differenze gestionali, i diversi modelli di business e le strategie adottate in termini di prodotti e mercati.

1. Il mercato dei formaggi nel 2017.

Il primo capitolo sarà incentrato sulla presentazione delle principali componenti che hanno caratterizzato il mercato dei formaggi nell’anno 2017.

1.1 La produzione della materia prima “latte” e la dinamica del prezzo

alla stalla.

In questo paragrafo analizzeremo la produzione della materia prima dei formaggi, ovvero il latte, nello specifico quello vaccino, in Italia e in Europa, in particolare nei 28 Paesi membri, prendendo come riferimento la consegna del latte alle latterie. La produzione di latte è stata caratterizzata in Europa, fino al 1 Aprile 2015, dalla presenza del regime delle quote latte, un sistema di contingentamento della produzione ai fini di un controllo della stessa per garantire equilibrio fra consumi e produzione. Di conseguenza, ciò ha permesso anche di garantire ai produttori un prezzo del latte alla stalla congruo per consentire di mantenere una redditività soddisfacente alle aziende produttrici. Dal 1 Aprile 2015 il sistema delle quote latte è terminato e si è tornati in una situazione di libero mercato per la produzione del latte. Nella tabella 1 vengono riportate le produzioni di latte il Italia e in UE-28 nel

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Tabella 1: Consegna di latte vaccino in Italia e in UE-28. Fonte: CLAL

La produzione di latte in Italia e in Europa ha avuto un andamento tendenzialmente crescente; tra i Paesi membri la crescita media annua del quinquennio è stata del 2,11% con picchi di crescita nel 2014 (+4,60% rispetto al 2013), nel 2015 (+2,60% rispetto al 2014) e nel 2017 (+1,89% rispetto al 2016), mentre in Italia la crescita è stata leggermente più bassa dove si registra un CAGR pari a 1,90%. Questa differenza è dovuta soprattutto alla flessione avvenuta nel 2013 mentre negli anni successivi la crescita della produzione ha avuto sempre risultati positivi, con picchi molto elevati: nel 2014 (+3,14% rispetto al 2013), nel 2016 (+3,25% rispetto al 2015) e nel 2017 l’aumento più significativo (+3,70% rispetto al 2016). Questo aumento della produzione dal 2014 in poi è dovuto sia all’allentamento delle quote latte sia all’aumento della produttività dei Paesi europei. Tra le nazioni dell’Unione Europea quelle che contribuiscono maggiormente alla produzione europea di latte sono la Germania (20,6%), la Francia (15,6%), il Regno Unito (9,7%), i Paesi Bassi (8,8%) e l’Italia (7,7%).

Tale aumento della produzione ha portato ad una diminuzione del prezzo del latte alla stalla che rappresenta una variabile critica per la redditività delle aziende di

trasformazione del latte oltre che per quelle produttrici.

In Italia la produzione risulta particolarmente concentrata al Nord: quattro regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte) rappresentano circa i ¾ del latte vaccino consegnato in Italia (Figura 1).

Consegne di latte vaccino in .000 tons

2012 2013 2014 2015 2016 2017 Italia 10.876 10.701 11.037 11.161 11.524 11.950 Var % -1,61% 3,14% 1,12% 3,25% 3,70% CAGR 1,90% UE-28 140.625 141.941 148.471 152.333 153.171 156.067 Var % 0,93% 4,60% 2,60% 0,55% 1,89% CAGR 2,11%

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Figura 1: Ripartizione consegne di latte per regione. Fonte: Ismea mercati, scheda di settore.

Dalla Figura 2 emerge come il prezzo del latte crudo alla stalla abbia toccato il suo massimo nel 2014 con un prezzo medio di 40,66 €/100kg per poi ridursi molto nel 2015 (35,08 €/100kg) e continuando la discesa nel 2016 (33,58 €/100kg). Questa flessione è dovuta soprattutto alla fine del regime delle quote latte e al conseguente aumento della produzione. Nel 2017 però, nonostante il continuo aumento della produzione, il prezzo del latte ha ripreso a salire fino a raggiungere il prezzo medio di 37,42 €/100kg per poi avere una leggera flessione nel 2018 (36,25 €/100kg).

Lombardia 42% Emilia Romagna 17% Veneto 10% Piemonte 9% Trentino A.A. 4% Puglia 3% Lazio 3% Campania 2% Altre regioni 10%

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Figura 2: Andamento prezzo medio del latte alla stalla. Fonte: CLAL.

Nella figura sono stati presi come riferimento i prezzi medi del latte della Lombardia in quanto, essendo il produttore del 42% del latte nel nostro Paese, è il punto di

riferimento per la fissazione dei prezzi in tutta Italia.

I prezzi medi del latte in Germania, significativi in quanto rappresenta il maggior produttore di latte in Europa, sono risultati più bassi e più volatili rispetto a quelli italiani, con un prezzo medio massimo pari a 37,07 €/100kg nel 2013 e un prezzo medio minimo pari a 26,28 € nel 2016.

Anche il valore medio dei prezzi della UE-28 risulta significativamente inferiore rispetto al valore medio in Italia.

Per quanto riguarda il rapporto tra i fornitori di latte crudo e le industrie di

trasformazione, da molti anni manca un accordo interprofessionale nazionale sui prezzi da applicare che coinvolga tutta la filiera lattiero-casearia, inoltre abrogati con il

decreto legislativo 102/2005, ma si è assistito, a partire dal 2009/2010, ad un susseguirsi di accordi parziali che, almeno per quanto riguarda la regione Lombardia (punto di riferimento per il mercato nazionale), hanno avuto tutti carattere aziendale. In particolare, dal 2010/2011, Italatte s.r.l., filiale del gruppo Lactalis S.p.A leader nel mercato europeo dei prodotti lattiero-caseari, che da sola raccoglie il 9% della

€24,00 €26,00 €28,00 €30,00 €32,00 €34,00 €36,00 €38,00 €40,00 €42,00 2 0 1 3 2 0 1 4 2 0 1 5 2 0 1 6 2 0 1 7 2 0 1 8

PREZZO MEDIO DEL LATTE CRUDO ALLA

STALLA €/100 KG

Italia-Lombardia Germania UE-28

Prezzo medio del latte crudo alla stalla €/100 kg

2013 2014 2015 2016 2017 2018 Italia-Lombardia 39,61 € 40,66 € 35,08 € 33,58 € 37,42 € 36,25 € Germania 37,07 € 37,03 € 28,81 € 26,28 € 35,55 € 33,82 € UE-28 36,51 € 37,26 € 30,84 € 28,43 € 34,86 € 34,11 €

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produzione di latte nazionale, è stato di volta in volta controparte di alcune

organizzazioni professionali agricole regionali. Nel 2013/2014 l’accordo tra Italatte e le organizzazioni professionali agricole lombarde come CIA Lombardia, Confagricoltura Lombardia e Coldiretti Lombardia, fissavano per il periodo Febbraio-Giugno 2014 un prezzo pari a 44,5 €/100L iva esclusa per un periodo inferiore alla campagna di commercializzazione. Successivamente nel 2015, il medesimo gruppo ha messo a punto un suo sistema di determinazione del prezzo del latte; esso legava il prezzo pagato ai produttori al prezzo medio tedesco, integrato da un ammontare variabile, più elevato nei momenti di basso prezzo tedesco e viceversa. Tale sistema ha fatto sì che il prezzo del latte si abbassasse rispetto al 2014 in quanto il prezzo medio tedesco del latte è storicamente inferiore rispetto a quello corrisposto in Italia. Nel 2016, invece, il prezzo pagato ai fornitori viene legato al prezzo medio europeo anche questo risultante molto più variabile rispetto a quello nazionale.

Dopo un periodo di sterilizzazione del sistema, è entrato in vigore nel 2017 il terzo schema di Italatte, che utilizza un mix tra il prezzo medio UE del latte e la quotazione del Grana Padano alla borsa merci di Milano, schema che, sia pure con temporanee sospensioni ed eccezioni, resta in vigore tutt’oggi ed è stato recentemente rinnovato anche per il 2019. Ciò ha permesso un rialzo dei prezzi ed una generale, anche se debole, stabilizzazione degli stessi.

1.2 Il bilancio di autoapprovvigionamento di latte e derivati e il D.M. 9

Dicembre 2016.

Tabella 2: Bilancio di autoapprovvigionamento latte e derivati. Fonte: Rielaborazione dati Ismea mercati.

Bilancio di approvvigionamento e consumi apparenti in .000 tons

Anno 2014 2015 2016 2017

Produzione 11.633 11.788 12.182 12.628

Import 9.363 9.696 8.955 8.608

Export 4.405 4.787 5.030 5.430

Consumi apparenti 16.590 16.697 16.107 15.806

% Consumi prodotti italiani 43,60% 41,90% 44,40% 45,50% % Consumi prodotti esteri 56,40% 58,10% 55,60% 54,50% Tasso di

autoapprovvigionamento

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Nella tabella 2 vengono riportati i dati relativi al bilancio di autoapprovvigionamento di latte e derivati del nostro Paese. Nel bilancio di autoapprovvigionamento vengono riportati i valori relativi alla produzione, import ed export dei prodotti lattiero caseari evidenziando i consumi apparenti, approssimazione dei consumi della nazione,

aggregato calcolato come somma della produzione nazionale con la quantità importata a cui va sottratta la quantità esportata evidentemente non consumata all’interno del Paese. Il tasso di autoapprovvigionamento viene calcolato come percentuale tra la produzione e i consumi apparenti, e indicherebbe in quale parte la produzione nazionale soddisferebbe i consumi interni.

Si può vedere come nel biennio 2014-2015 più del 57% (in media) dei prodotti lattiero-caseari consumati in Italia viene importato dall’estero spesso a prezzi più

concorrenziali, andando a discapito di tutta la filiera nazionale con ripercussioni sia sui produttori di latte che sui trasformatori dello stesso in prodotti derivati.

A tal proposito, il decreto interministeriale 9 dicembre 2016 “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari”1 firmato dai

ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, entrato in vigore il 20 Aprile 2017, sancisce una rivoluzione storica per quanto riguarda le informazioni da inserire nell’etichette dei prodotti lattiero-caseari che sembra aver già prodotto risultati nell’anno 2017 stesso. Per la prima volta, infatti, il consumo di prodotti importati è sceso sotto il 55% e il tasso di

autoapprovvigionamento ha raggiunto quasi l’80%.

Con tale decreto, per garantire una maggiore trasparenza nei rapporti tra produttori e consumatori, nelle etichette dovranno essere riportate, in modo da essere visibili e facilmente leggibili le indicazioni riguardanti:

• “Paese di mungitura”: il nome del Paese nel quale è stato munto il latte. • “Paese di condizionamento o di trasformazione”: il nome del Paese nel quale il

latte è stato condizionato o trasformato.

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Qualora il latte o il latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari sia stato munto, condizionato o trasformato, nello stesso Paese, l’indicazione di origine può essere assolta con l’utilizzo della seguente dicitura: “origine del latte”: nome del Paese. Qualora le operazioni di cui sopra siano state effettuate in più Paesi dell’Unione

Europea nell’etichetta dovrà essere inserita la dicitura: «latte di Paesi UE» per l'operazione di mungitura, «latte condizionato o trasformato in Paesi UE» per l'operazione di condizionamento o di trasformazione. Se invece tali operazioni venissero effettuate fuori dai paesi dell’UE devono essere utilizzate le seguenti diciture: «latte di Paesi non UE» per l'operazione di mungitura, «latte condizionato o trasformato in Paesi non UE» per l'operazione di condizionamento o di trasformazione. Questo decreto rappresenta un evento storico per quanto riguarda la tutela dei

consumatori, del “made in Italy” e la trasparenza degli alimenti.

Con i nuovi obblighi derivanti dall’etichettatura anche la concorrenza dei prodotti “made in Italy” con i prodotti esteri sarà diversa in quanto i consumatori, più consapevoli di cosa stanno acquistando, preferiranno i primi riconoscendo a tali

prodotti un “premium price”, tale da migliorare il valore di tutta la filiera dai produttori ai trasformatori2.

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1.3 Le industrie di trasformazione e le produzioni di latte e derivati

Nel 2017 viene stimato che l’industria alimentare italiana abbia fatturato circa 134 miliardi di euro, facendo registrare una crescita di oltre il 3% rispetto al 2016. Un dato fortemente positivo, che indica il superamento, grazie soprattutto alle esportazioni, di un periodo di perdurante stabilità. Il comparto lattiero-caseario rappresenta il 12% del fatturato alimentare totale e cresce ad un ritmo superiore rispetto all’intero comparto alimentare. Il giro di affari dell’industria lattiero-casearia si attesta attorno ai 16 miliardi di euro e, insieme al settore vitivinicolo e a quello dolciario, sono gli unici settori alimentari a superare i 10 miliardi di euro e per questo rappresenta un settore molto rilevante nell’economia del Paese.

L’obiettivo di questo paragrafo è quello di dare una visione di insieme delle unità operanti nella trasformazione dei prodotti lattiero-caseari in Italia e della loro produzione.

Numero di unità produttive operanti nel settore lattiero-caseario per tipo Anno Caseifici e centrali del latte Stabilimenti di aziende agricole Stabilimenti di enti cooperativi agricoli Centri di raccolta Totale

Valore % Valore % Valore % Valore % Valore 2017 1.350 67,4% 82 4,1% 465 23,2% 105 5,3% 2.002 2016 1.326 67,6% 95 4,9% 442 22,5% 98 5,0% 1.961 2015 1.321 67,2% 82 4,2% 449 22,8% 114 5,8% 1.966 2014 1.383 67,8% 93 4,6% 449 22,0% 116 5,7% 2.041 2004 1.465 62,5% 76 3,2% 705 30,1% 98 4,2% 2.344 Tabella 3: Numero unità produttive. Fonte: Rielaborazione su dati ISTAT.

Alla fine del 2017, nel comparto lattiero-caseario italiano risultano operanti 2.002 unità locali. Partendo dal 1981 il processo evolutivo ha comportato la scomparsa di 1.534 stabilimenti, solo dal 2004 ne sono scomparsi 342. Nell’ultimo decennio, sulla base dei dati Istat, il trend era restato sostanzialmente stabile, evidenziando un

leggero e costante calo. Nel 2015, un’accelerazione nel trend negativo porta il numero complessivo degli stabilimenti sotto la soglia delle due mila unità. Alla stazionarietà del 2016, si contrappone la crescita di 41 unità del 2017.

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Delle 2.002 unità locali attive, nel 2017, la quota principale è costituita dai “caseifici e centrali del latte” che rappresentano il 67,4% delle unità. In termini evolutivi, una variazione importante si è avuta tra il 2014 e il 2015 con un calo di 62 impianti. Nel 2016 il numero era tornato a crescere di 5 unità e nel 2017 se ne sono aggiunte altre 24 arrivando a raggiungere le 1.350 unità. Al secondo posto in termini di unità locali si collocano gli “stabilimenti di enti cooperativi agricoli” con il 23,2% (465 unità). Dopo la quasi stagnazione del triennio 2014-2016, nel 2017 le cooperative agricole sono aumentate di 23 unità anche se rispetto al 2004 presentano un numero di unità molto ridotto (-240). Meno rilevanti sul peso percentuale sono i centri di raccolta adibiti alla raccolta del latte crudo ma non alla sua trasformazione con 105 unità (5,3%) e le aziende agricole con 82 unità (4,1%).

Circa la localizzazione degli impianti, dal 2016 il Sud ha superato il Nord come numero di impianti, 929 contro 910 nel 2017, e rappresentano ancora le zone con più unità produttive in Italia (46,4% al Sud e 45,5% al Nord) con il Centro che invece presenta valori minori pari a 163 unità (8,1%). Tra il 1981 ed il 2017, il calo totale, -43,4%, del numero di impianti risulta dalla riduzione nelle regioni del Nord (-68,1%) alla quale si contrappone la crescita nel Sud (77%) e nel Centro (4,5%). Negli ultimi anni si può notare come al Nord vi sia stata una perdita importante di impianti che sono passati dai 1.221 del 2004 ai 910 del 2017 anche se in quest’ultimo anno si sono registrati aumenti degli stessi rispetto al 2016 di 15 unità. In controtendenza i valori al Sud che rispetto al 2004 hanno perso solo 7 unità e che, a parte un calo importante avvenuto nel 2015, risultano in costante aumento negli ultimi anni. Ancora diverso l’andamento nell’area Centro rispetto al resto del Paese, con valori di generale diminuzione ma che negli ultimi 2 anni si sono stabilizzati restando immutati. Alla luce di quanto mostrato, il percorso evolutivo è stato diverso nelle tre aree del paese a causa delle differenti condizioni iniziali e della domanda complessiva che in alcune aree rimane in crescita e superiore alla capacità produttive aziendali. Le diminuzioni del numero degli impianti inoltre, potrebbe trovare come causa i processi in atto di concentrazione delle produzioni o le più ristrettive norme sanitarie e di controllo/sicurezza degli alimenti, mentre gli aumenti di impianti potrebbe essere legato semplicemente ad un più generale processo di frazionamento del tessuto produttivo in atto nel Mezzogiorno.

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Le differenze esistenti fra il Nord e il Centro-Sud del Paese sono il risultato di un tessuto estremamente ricco di spirito imprenditoriale, capace di sfruttare le diverse condizioni ambientali. Inoltre, la ricerca del prodotto tipico/tradizionale da parte del consumatore e gli sforzi compiuti da organismi privati (si pensi anche alla grande distribuzione e non solo ad operatori locali) e pubblici per la valorizzazione delle produzioni del territorio, consentono alle imprese, anche di ridotte dimensioni, di trovare degli sbocchi su un mercato diverso da quello provinciale e regionale3.

Localizzazione geografica unità produttive

Anno Nord Centro Sud Totale

n. % n. % n. % n. 2017 910 45,5% 163 8,1% 929 46,4% 2.002 2016 895 45,6% 163 8,3% 903 46,1% 1.961 2015 904 46,0% 165 8,4% 897 45,6% 1.966 2014 947 46,4% 175 8,6% 919 45,0% 2.041 2004 1981 1.221 2.855 52,1% 80,7% 187 156 8,0% 4,4% 936 525 39,9% 14,9% 2.344 3.536 Tabella 4: Suddivisione imprese per area geografica. Fonte: Elaborazione su dati ISTAT Per quanto riguarda esclusivamente la raccolta del latte vaccino esclusi i centri di raccolta, nella tabella seguente sono illustrati la consistenza degli operatori coinvolti nella raccolta del latte e nella successiva trasformazione, e i volumi di latte raccolti. Nella tabella inoltre, viene effettuata una suddivisione tra piccole unità e grandi unità in base al volume di latte raccolto; le prime raccolgono un volume inferiore alle 10.000 tonnellate mentre le seconde un valore maggiore di 10.000 tonnellate. Si può vedere nella tabella 5 che le piccole unità nel 2017 sono 832, molte di più delle medio-grandi pari a 202 unità anche se, queste ultime, raccolgono quasi il quadruplo del volume di latte raccolto dalle piccole unità. Negli ultimi anni il volume di latte raccolto è in costante aumento; ciò è dovuto dall’incremento di latte raccolto da parte delle medio-grandi unità mentre le piccole unità vedono una raccolta del latte in flessione,

complice anche la riduzione del numero delle stesse.

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Numero di unità operanti nella raccolta di latte vaccino

Anno Piccole unità Medio/grandi unità Totale

n. Latte raccolto (.000 tons) n. Latte raccolto (.000 tons) n. Latte raccolto (.000 tons) 2017 832 1.945 202 7.583 1.034 9.528 2016 1.074 2.049 197 7.067 1.271 9.116 2015 1.107 2.197 183 6.410 1.290 8.607 2014 1.128 2.234 181 6.191 1.309 8.425 2004 1.465 2.854 208 6.394 1.673 9.248

Tabella 5: Unità produttive operanti nella raccolta di latte vaccino suddivise tra piccole e medio/grandi imprese per classi di ampiezza (esclusi i centri di raccolta). Fonte:

Rielaborazione su dati ISTAT

In particolare, nel 2017, tra le 832 unità di piccole dimensioni operanti nella raccolta del latte vaccino, 368 unità raccolgono fino a 1.000 t di latte, 334 unità tra 1.001-5.000 t, 130 unità tra 5.001-10.000 t; tra le unità classificate come medio-grandi invece, 94 raccolgono tra 10.001-20.000 t di latte, 42 tra 20.001-30.000 t, 33 tra 30.001-50.000 t e le rimanenti 33 unità raccolgono oltre 50.000 t.

Per quanto riguarda la fase di trasformazione, nelle tabelle che seguono vengono riportate gli andamenti della produzione, sempre suddivisi tra piccole e medio-grandi unità, di latte alimentare e altri latticini freschi, di burro e di formaggi.

Per latte alimentare e altri latticini freschi si intende la produzione complessiva di latte alimentare, latticello, latte fermentato, latte gelificato, crema o panna da consumo, dessert e bevande a base di latte; il limite per la suddivisione tra piccole e medio-grandi unità è la produzione di 10.000 t tra latte alimentare e/o prodotti lattiero-caseari freschi.

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Produzione di latte e altri latticini freschi

Anno Piccole unità Medio/grandi unità Totale n. Produzione (.000 tons) n. Produzione (.000 tons) n. Produzione (.000 tons) 2017 159 131 47 2.886 206 3.017 2016 162 151 46 2.813 208 2.964 2015 158 153 48 2.892 206 3.045 2014 151 155 50 2.932 201 3.087 2004 174 210 63 3.078 237 3.288

Tabella 6: Unità produttive di latte alimentare e altri latticini freschi suddivise tra piccole e medio/grandi imprese per classi di ampiezza. Fonte: Rielaborazione su dati ISTAT.

Dalla tabella 6 possiamo notare come la produzione di latte alimentare e altri latticini freschi sia aumentata rispetto al 2016 di 53.000 tonnellate mentre rispetto al 2004 è diminuita di circa 271.000 t. Se andiamo a considerare il numero di soggetti operanti nella produzione vediamo che queste sono rimaste sostanzialmente costanti nel 2017 rispetto al 2016 passando da 208 a 206 unità (159 piccole 47 medio-grandi) mentre, rispetto al 2004 sono diminuite di 31 unità (15 piccole e 16 medio-grandi).

Per quanto riguarda la produzione di burro il limite scelto è quello delle 100 t che divide le unità tra piccole e medio-grandi.

Produzione di burro

Anno Piccole unità Medio/grandi unità Totale n. Produzione (.000 tons) n. Produzione (.000 tons) n. Produzione (.000 tons) 2017 357 7 71 84 428 91 2016 362 8 68 87 430 95 2015 372 8 72 88 444 96 2014 397 9 70 92 467 101 2004 834 19 110 102 944 121

Tabella 7: Unità produttive di burro suddivise tra piccole e medio/grandi imprese per classi di ampiezza. Fonte: Rielaborazione su dati ISTAT

Dalla tabella 7 emerge che la produzione di burro in Italia è in leggera ma costante diminuzione; nel 2017 sono state prodotte 91.000 t di burro, in calo rispetto al 2016 di 4.000 t. Nel quadriennio 2013-2017 la produzione di burro risulta in netta flessione rispetto al 2004, da un massimo di 101.000 t nel 2014 alle 121.000 t del 2004. Oltre alla produzione inoltre, emerge come anche le unità operanti si siano ridotte

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la flessione maggiore l’hanno avuta le piccole unità passando dalle 834 del 2004 alle 357 unità operanti del 2017 mentre, per quanto riguarda le medio-grandi unità, queste sono passate dalle 110 unità del 2004 alle 71 del 2017.

Per quanto riguarda la produzione di formaggi il limite della suddivisione tra piccole e medio-grandi unità è quello delle 1.000 t.

Produzione di formaggi

Anno Piccole unità Medio/grandi unità Totale n. Produzione (.000 tons) n. Produzione (.000 tons) n. Produzione (.000 tons) 2017 1.445 285 257 976 1.702 1.261 2016 1.435 285 241 947 1.676 1.232 2015 1.407 274 250 933 1.657 1.207 2014 1.465 286 230 890 1.695 1.176 2004 1.829 363 226 776 2.055 1.139

Tabella 8: Unità produttive di formaggi suddivise tra piccole e medio/grandi imprese per classi di ampiezza. Fonte: Rielaborazione su dati ISTAT

L’analisi del segmento dei formaggi deve essere condotta non dimenticandosi la particolare realtà italiana, caratterizzata da molteplici strutture artigianali o gestite da agricoltori associati in cooperative, dedite alle produzioni tipiche della nostra

tradizione casearia, una realtà che in particolare, il rilancio dei prodotti tipici minori, sta nuovamente enfatizzando.

Nel 2017 la produzione di formaggi si attesta sulle 1.261.000 t, in aumento rispetto al 2016 di 29.000 t e in netta crescita rispetto al 2004. Dal 2015, in controtendenza rispetto al passato, le piccole unità sono in aumento così come le medio-grandi unità che però risultano in costante aumento in tutto l’intervallo analizzato e anche rispetto al 2004. Nello specifico, dal 2004 le piccole unità sono diminuite di 384 unità mentre le medio-grandi unità sono aumentate di 31 unità sempre rispetto al 2004. Per quanto riguarda la produzione, nel 2017 il 77,4% della stessa è relativa alle medio-grandi unità mentre il restante 22,6% viene prodotto dalle piccole unità.

Nonostante l’aumento degli ultimi anni, permane il giudizio sulle difficoltà, da parte delle piccolissime imprese, di gestire ottimamente la fase di commercializzazione del prodotto: se tecnologicamente anche le PU possono essere efficienti, al tempo stesso esse soffrono maggiormente nella fase della commercializzazione e della promozione, dove la dimensione minima efficiente richiesta risulta sensibilmente superiore.

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Tuttavia, per queste unità esistono o si stanno creando canali alternativi preferenziali, spesso a carattere locale4.

1.4 La produzione dei formaggi e la rilevanza dei DOP

Come si può vedere dalla figura 3, nel 2017 gli impieghi del latte raccolto si ripartiscono tra produzione di latte per il 14,6%, impieghi industriali per il 73,1% e autoconsumo e reimpieghi aziendali per il restante 12,3%. Il latte alimentare è suddiviso in latte fresco per il 7,6% e latte UHT per il restante 7%.

Nell’impiego industriale, il latte viene indirizzato per il 69% verso la trasformazione in formaggi e il restante 4% verso la trasformazione in altri prodotti come latte

concentrato, creme da consumo e bevande. Il latte trasformato in formaggi è destinato per il 35,5% a formaggi DOP e per il restante 33,5% a formaggi generici. Se analizziamo la ripartizione del latte destinato ai formaggi dal punto di vista del tipo di lavorazione, si evidenzia che il 31,1% della disponibilità nazionale complessiva è impiegata per la produzione di formaggi duri, l’8,6% per i semiduri e il restante 29,4% per i molli. I formaggi freschi, che fanno parte dei molli, assorbono nel loro insieme poco più di un quarto del latte disponibile pari al 25,5%.

Escludendo la materia prima indirizzata verso la produzione di latte alimentare, il 93,2% del latte disponibile viene avviato verso la trasformazione casearia in formaggi vaccini e misti, il 4,5% in quelli di ovicaprini e la restante parte pari al 2,3% in prodotti a base di latte bufalino.

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Figura 3: Impiego di latte nel 2017 (% calcolate sulla quantità). Fonte: Elaborazioni e stime OMPZ su dati Istat, Ismea, Agea, Assolatte e Consorzi di tutela.

Dalla tabella 9 si può vedere che, del latte trasformato in formaggi, la quota più consistente, il 45,1% del totale, è destinata ai formaggi a pasta dura, la cui produzione complessiva nel 2017 ammonta a 404.728 tonnellate. Alla produzione di formaggi freschi è indirizzato poco meno del 40% del latte utilizzato per la caseificazione: la loro produzione risulta, nel 2017, pari a 570.092 tonnellate ed evidenzia una crescita rispetto al 2016 del 3,8%. I formaggi molli, di cui fanno parte anche i freschi, presentano la stessa dinamica e per la loro produzione viene utilizzato il 42,6% del latte destinato alla produzione di formaggi. I semiduri, invece, assorbono il 12,4% del latte e presentano, nel loro complesso, una discreta ripresa pari al 4,0%: la produzione di Provolone Valpadana, che negli ultimi anni ha presentato sempre andamenti

negativi, con il +11,8% del 2017, che riconferma il +12,1% del 2016, ritorna su livelli produttivi importanti. I prodotti a denominazione d’origine (DOP), mantenendo

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sostanzialmente inalterato il loro peso nella produzione casearia italiana, assorbono oltre la metà (51,5%) del latte utilizzato per la caseificazione.

Le denominazioni di qualità dei prodotti presenti nel mondo dei formaggi sono 3: D.O.P., I.G.P. e S.T.G.

I prodotti agroalimentari di qualità vengono riconosciuti dall’UE in base al

Regolamento UE n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21/11/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari. Per ogni prodotto riconosciuto viene approvato un apposito Disciplinare di produzione che contiene tutte le buone pratiche agricole da seguire, le tecniche da utilizzare e le norme da applicare nella sua realizzazione.

I prodotti D.O.P. rappresentano il massimo livello di qualità certificata e protetta dall’UE. Si contraddistinguono in quanto sono originari di una specifica zona

geografica, presentano caratteristiche dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico (inclusi fattori naturali e umani) e vengono prodotti e trasformati esclusivamente in un determinato territorio5. Nei formaggi particolare attenzione viene data già a partire dal mangime e il foraggio degli animali fino ad arrivare al confezionamento.

I prodotti I.G.P. raggruppano le specialità agroalimentari di pregio riconosciute e tutelate dall’UE. Si caratterizzano in quanto sono originarie di una specifica zona geografica, possiedono una determinata qualità, reputazione o altre caratteristiche attribuibili ad un determinato territorio e vengono almeno prodotte e/o trasformate in una delimitata zona geografica6.

I prodotti S.T.G. comprendono le preparazioni riconosciute e tutelate dall’UE, le cui peculiarità non dipendono dall’origine geografica ma da una composizione tradizionale del prodotto, una ricetta tipica o un metodo di produzione tradizionale7. Al contrario dei primi 2, questi prodotti non hanno vincoli territoriali e posso essere realizzati in tutta l’UE. Questo basso livello di protezione fa sì che ad oggi siano poco sviluppati. Ad oggi sono 54 le produzioni casearie in Italia che si possono fregiare della

denominazione d’origine: 52 DOP e 2 IGP. La produzione complessiva delle 33 DOP/IGP

5 Art. 5 co. 1 Regolamento UE 1151/2012. Fonte: eur-lex.europa.eu. 6 Art. 5 co.2 Regolamento UE 1151/2012. Fonte: eur-lex.europa.eu. 7 Art. 18 co.1 Regolamento UE 1151/2012. Fonte: eur-lex.europa.eu.

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di cui si hanno informazioni, nel 2017 ammonta a 531.835 tonnellate, in crescita dell’1,7% rispetto al 2016 ma in costante crescita dal 2014 (tabella 10).

Produzione di formaggi per tipologia e rilevanza di alcune DOP (tons)

2014 2015 2016 2017 Var 17/16 % Formaggi duri 378.440 386.591 400.525 404.728 1,0% di cui: - Grana Padano 184.964 183.235 185.873 190.353 2,4% - Parmigiano Reggiano 132.684 132.829 139.685 147.125 5,3% - Pecorino Romano 24.117 30.167 35.632 27.856 -21,8% - Montasio 6.896 6.712 5.970 5.788 -3,0% Formaggi semiduri 163.567 145.848 157.219 163.461 4,0% di cui: - Asiago 21.458 21.660 21.070 20.778 -1,4% - Provolone Valpadana 5.330 4.720 5.290 5.912 11,8% Formaggi molli 576.654 623.892 625.098 649.177 3,9% di cui: - Gorgonzola 53.322 54.015 54.974 56.793 3,3% - Taleggio 8.956 8.977 8.891 8.870 -0,2% - Quartirolo 3.662 3.366 3.358 3.099 -7,7% - Formaggi freschi 505.894 554.778 549.103 570.092 3,8% TOTALE 1.118.661 1.156.331 1.182.842 1.217.366 2,9% di cui: DOP 496.689 504.063 522.753 531.385 1,7%

Tabella 9 (Esclusi i formaggi aziendali prodotti nei caseifici annessi alle aziende agricole). Fonte: Elaborazioni e stime Osservatorio sul Mercato dei Prodotti Zootecnici su dati ISTAT, Ismea, Agea, Consorzi di Tutela e Assolatte.

Il 63,5% di questa produzione è imputabile ai due grandi D.O.P., il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, con il primo che, dopo aver passato nel corso del tempo diverse crisi, supera il cugino emiliano del 29,4% nel 2017 anche se nell’ultimo anno il

Parmigiano Reggiano ha ridotto le distanze di 3,7 punti percentuali. Con questa dinamica, i due grana hanno contribuito fortemente alla crescita del comparto dei

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formaggi a denominazione d’origine; piuttosto modesto però, dall’altro lato, è stato il contributo all’aumento dato dalla crescita del numero delle denominazioni d’origine. Sono 9 i formaggi DOP/IGP che singolarmente rappresentano almeno l’1% della produzione degli stessi e che cumulativamente arrivano a formare il 96,1% della produzione totale DOP/IGP. Nel corso del 2017 la produzione complessiva di questi 9 formaggi è aumentata dell’1,8% per effetto degli incrementi produttivi di Provolone Valpadana (11,8%), Mozzarella di Bufala Campana (6,4%), Parmigiano Reggiano (5,3%), gorgonzola (3,3%), Grana Padano (2,4%) e delle contrazioni di Montasio (-3,0%), Asiago (-1,4%), Taleggio (-0,2%) e soprattutto del Pecorino Romano (-21,4%).

Le produzioni tipiche nel 2017 rappresentano complessivamente il 43,7% del

quantitativo totale dei formaggi nazionali e assorbono circa 6,0 milioni di tonnellate di latte, che, a loro volta, pesano sul latte destinato ai formaggi industriali per il 51,5%. Secondo il coefficiente medio di trasformazione di questi formaggi per ottenere un kg di prodotto servono 3,5 litri di latte in più necessario per ottenere un kg di formaggio non DOP: 11,6 litri per 1kg di formaggio a denominazione di origine contro gli 8,1 litri per 1kg di formaggio generico8.

Oltre a ciò, i formaggi duri presentano rilevanti livelli di durata della stagionatura: il Grana Padano può avere una stagionatura che va dal minimo di 9 mesi ad un massimo di 24 mesi; il Parmigiano Reggiano, invece, ha un periodo minimo di stagionatura pari a 12 mesi e non esiste un valore massimo, possono arrivare anche a oltre 40 mesi.

Prezzi medi di latte e derivati all'origine euro/kg (Iva esclusa)

2015 2016 2017 Var 17/16 %

Grana Padano (9-12 mesi) 6,46 € 6,52 € 6,81 € 4,4%

Parmigiano Reggiano (12 mesi) 7,63 € 8,53 € 9,76 € 14,4%

Gorgonzola (maturo dolce) 5,64 € 5,17 € 5,47 € 5,8%

Asiago (fresco>20 gg.) 4,69 € 4,33 € 4,54 € 4,8%

Provolone Valpadana (fresco) 5,53 € 5,19 € 5,41 € 4,3%

Mozzarella (125 g) 4,61 € 4,22 € 4,81 € 14,0%

Burro (zangolato) 1,50 € 1,72 € 3,42 € 99,4%

Latte Spot (Lodi) 0,34 € 0,33 € 0,40 € 21,2%

Tabella 10: Fonte: Ismea mercati: tendenze lattiero-casearie

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Nella Tabella 10, vediamo l’andamento dei prezzi dei principali prodotti lattiero-caseari nel triennio 2015-2017. Analizzando il rapporto tra il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, si nota subito come la forbice dei prezzi tra i due formaggi sia molto aumentata già in soli 3 anni. In particolare, il prezzo del Parmigiano R. nel 2017 è aumentato del 14,4% arrivando a 9,76€/kg mentre il prezzo del Grana P. è aumentato del 4,4% per una quotazione di listino pari a 6,81€/kg.

L’andamento dei listini non sembra influenzato, tra l’altro, dalla dinamica produttiva in quanto abbiamo visto prima che, soprattutto per quanto riguarda il Parmigiano

reggiano, la produzione è aumentata del 5,2%.

Anche per quanto riguarda gli altri prodotti caseari si registrano variazioni in aumento dei prezzi: Il prezzo del Gorgonzola, dopo il calo nel 2016, nel 2017 registra un

aumento del 5,8% (5,47€/kg); l’Asiago, come il Gorgonzola, riprende a crescere del 4,8% (4,54€/kg) dopo essere calato nel 2016. Stessa dinamica anche per il prezzo del Provolone Valpadana e della Mozzarella che, dopo i cali del 2016, nel 2017 aumentano rispettivamente del 4,3% (5,41€/kg) e del 14,0% (4,81€/kg). Incredibile la crescita del prezzo del burro zangolato in percentuale che aumenta del 99,4% nel 2017 arrivando a 3,42€/kg. Aumento di prezzo positivo anche per il latte alimentare (Lodi) pari al 21,2% (0,40€/kg).

1.5 I consumi

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I modelli di consumo delle famiglie italiane si stanno modificando sempre più rapidamente nel corso degli ultimi anni. Questo dipende non solo dalle difficoltà economiche delle famiglie che tendono quindi a ridurre l’ammontare della loro spesa alimentare e a prestare maggiore attenzione agli sprechi alimentari, ma anche perché una parte dei consumatori desidera sempre di più prodotti con caratteristiche che

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vanno ben oltre la semplice funzione di nutrimento. Di conseguenza, le decisioni di acquisto diventano meno uniformi e, a volte, cambiano da un anno all’altro e molto spesso anche tra i componenti di uno stesso nucleo familiare. Si viene a creare così una dicotomia nei consumi, dove per alcuni prodotti il consumatore va semplicemente alla ricerca del prezzo più basso, mentre per altri è disposto a spendere di più per il valore aggiunto di un prodotto che risponde meglio alle sue esigenze.

La crisi della domanda interna che sta attraversando il settore lattiero-caseario è il risultato, almeno in parte, della radicalizzazione di modelli alimentari in cui vengono esclusi tutti, o in parte, i prodotti lattiero-caseari, anche se recentemente la tendenza sembra attenuarsi. Tant’è che, secondo ricerche recenti, la crescita del mercato dei prodotti vegetali sostituti del latte e dei suoi derivati è complessivamente in

rallentamento.

Per alcune categorie di prodotti lattiero-caseari, un ruolo chiave lo stanno assumendo gli Hard Discount. Gli acquisti presso questo canale della GDO crescono grazie sia alla rapida diffusione di tali format distributivi sul territorio nazionale sia grazie al continuo aggiustamento del loro assortimento merceologico, finendo per diventare l’ago della bilancia per determinati prodotti lattiero-caseari.

Nel triennio 2015-2017 Il PIL nazionale registra variazioni sempre positive ed in

costante crescita anche se modesta: +0,9% nel 2015, +1,1% nel 2016 e +1,5% nel 2017. Queste crescite hanno portato ad un aumento della spesa delle famiglie per i consumi.

Tabella 11: Spese delle famiglie in milioni di € a prezzi correnti (2013-2017). Fonte: Rielaborazioni dati ISTAT

La tabella 11 mostra come i consumi delle famiglie a prezzi correnti siano stati nel 2017 in crescita rispetto al 2016 del 2,7% con un valore pari a 1.059.379 milioni di euro circa, spesa che è in continua crescita dal 2013 con un CAGR pari a 1,4%. Sul totale dei

consumi la spesa per la categoria “Alimentari”, che non ricomprende la spesa per Spesa delle famiglie

in milioni di euro 2013 2014 2015 2016 2017 Var 17/16 % CAGR Consumi famiglie 989.236 994.064 1.015.908 1.031.362 1.059.379 2,7% 1,4% Generi alimentari 131.829 131.535 134.402 135.847 138.757 2,1% 1,0%

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bevande, si attesta nel 2017 sul 13,1%, in calo rispetto agli anni precedenti, anche se risulta in aumento del 2,1% rispetto al 2016 così come risultava in crescita anche nel 2016 rispetto al 2015 del 1,1%. Come si può vedere anche dal CAGR dei generi alimentari, pari a 1,0%, questi crescono in maniera più lenta rispetto alla crescita dei consumi totali. Tra le categorie ricomprese nella dicitura “Alimenti” è presente la voce di spesa “Latte, formaggi e uova” che nel 2017, sul trend di crescita delle spese

alimentari, risulta anch’esso in crescita dell’1,8% mentre invece nel 2016 mostrava un leggero calo pari a 0,7%.

Nel 2017 in Italia, dopo anni di contrazione, la spesa delle famiglie italiane per latte e derivati ritorna a crescere ed ammonta a 10,6 miliardi di euro circa, +1,2% rispetto al 2016. Il valore positivo però, è dovuto all’aumento dei valori unitari (+1,4% sul 2016) mentre i volumi si riducono (-0,2% sul 2016). Di conseguenza, anche la spesa media annua per famiglia aumenta nel 2017. Nel triennio 2015-2017 quest’ultima presenta valori molto altalenanti: 430€ nel 2015, 422€ nel 2016, per arrivare a 426€ nel 2017. Nella tabella 12 vengono riportate le quantità degli acquisti domestici sia in volume che in valore del prodotto primario dell’industria lattiero-casearia ovvero il latte, al fine di constatare l’evoluzione degli acquisti di tale prodotto.

Acquisti totali in valore (milioni di euro)

2015 2016 2017 Var% 17/16 Var% 16/15 Latte di cui: 2.188,6 2.104,4 2.121,0 0,8% -3,8% - Latte fresco 786,9 772,8 758,7 -1,8% -1,8% - Latte UHT 1.179,6 1.109,3 1.131,2 2,0% -6,0% - Latte arricchito/aromatizzato 222,1 222,3 231,1 4,0% 0,1% Tabella 12: Acquisti totali di latte in Italia in volume e valore. Fonte: Elaborazioni OMPZ su dati Ismea-Nielsen Consumer Panel Service

In Italia gli acquisti di latte alimentare sono stati nel 2017 di circa 2,1 miliardi di € con una variazione positiva dello 0,8% rispetto al 2016, dove si era registrata invece una variazione negativa pari a -3,8% sull’anno precedente. Se consideriamo invece gli

Acquisti totali in volume (milioni di litri)

2015 2016 2017 Var% 17/16 Var% 16/15 Latte di cui: 2.001,4 1.967,4 1.969,4 0,1% -1,7% - Latte fresco 606,4 599,7 584,1 -2,6% -1,1% - Latte UHT 1.344,9 1.316,7 1.331,4 1,1% -2,1% - Latte arricchito/aromatizzato 50,0 50,3 53,1 5,6% 0,6%

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acquisti totali effettuati in volume, questi si sono stabilizzati, aumentando leggermente nel 2017 i volumi acquistati dello 0,1%, grazie soprattutto alle variazioni positive per l’1,1% del latte UHT. Analizzando nello specifico le categorie di prodotti, si può vedere come l’unico prodotto in costante calo sia il latte fresco, -2,6% in volume e -1,8% in valore confermando il calo negativo avuto anche nell’anno precedente. Il settore abbiamo già detto che resta stabile grazie alle variazioni positive del latte UHT, +1,1% in volume e +2,0% in valore dopo che, nel 2016, aveva subito diminuzioni importanti (-2,1% in volume e -6,0% in valore). Un altro settore che presenta variazione positive è quello del latte arricchito/aromatizzato che nel 2017 è cresciuto rispetto al 2016 del 5,6% in volume e del 4,0% in valore dopo che nel 2016, nonostante il calo generale, era riuscito a restare su valori stabili (0,6% in volume e 0,1% in valore). Il latte

arricchito/aromatizzato comprende quelle tipologie di latte che presentano elementi addizionali come aromi, sali minerali, fibre vegetali, vitamine e fermenti lattici anche se rappresenta una quota bassa degli acquisti di latte, 2,7% del volume e il 10,9% del valore totale del settore. Quote comunque in costante aumento che potrebbero essere sfruttate per far stabilizzare e migliorare l’intero comparto del latte alimentare. Il latte UHT rappresenta la quota maggiore del totale, il 67,6% dei volumi e il 53,3% dei valori totali; la restante parte è rappresentata dal latte fresco, quota in costante calo e pari al 29,7% dei volumi e al 35,8% dei valori totali.

Per capire quali siano i canali di acquisto privilegiati dai consumatori e la loro dinamica nel triennio di riferimento, nella tabella 13 vengono riportate le quote percentuali della distribuzione per canale e la variazione in volume e in valore del singolo anno rispetto al 2016. I canali di acquisto considerati sono: gli Ipermercati, strutture con una superficie di vendita maggiore di 2.500 m², i Supermercati con superficie compresa tra 400 m² e 2.500 m², Libero servizio con superficie compresa tra 100 m² e 400 m², gli Hard discount, strutture con superficie media la cui strategia è focalizzata su un assortimento limitato e ad una gestione orientata al contenimento dei prezzi e, infine, nella categoria Altro sono ricompresi il dettaglio tradizionale, grossisti, cash&carry, spacci aziendali, ambulanti e altre categorie minori.

Nella tabella 13 emerge che i canali preferiti dai consumatori per l’acquisto di latte alimentare sono i supermercati e gli ipermercati con una quota pari al 42,3% e al 25,4%

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degli acquisti totali ma che, sta diminuendo nel corso degli anni. Gli acquisti in volume, infatti, sono diminuiti dello 0,8% considerando complessivamente i due canali mentre il valore si mantiene più o meno stabile aumentando dello 0,4%. Risulta in costante aumento e in controtendenza la quota percentuale di acquisti effettuati presso gli Hard discount (18,6% sul totale). Per quanto riguarda gli acquisti in volume, l’unica categoria che vede aumentare gli acquisti rispetto al 2016 sono proprio gli Hard discount con un +3,5% e sono anche gli unici a mostrare una variazione molto positiva anche sui valori con un +10,2% rispetto all’anno precedente.

Quota % acquisti in volume Var% 17/16 2015 2016 2017 Volume Valore Latte alimentare - Ipermercati 25,9% 25,6% 25,4% -0,6% 0,3% - Supermercati 43,6% 42,4% 42,3% -0,2% 0,1% - Hard discount 16,4% 18,0% 18,6% 3,5% 10,2% - Libero servizio 10,9% 10,6% 10,4% -2,5% -2,4% - Altro 3,2% 3,4% 3,3% -1,4% -4,8%

Tabella 13: Acquisti in volume di latte alimentare per canale di acquisto. Fonte: Elaborazioni OMPZ su dati Ismea-Nielsen Consumer Panel Service

Nel 2017 la spesa per l’acquisto di yogurt torna a ridursi (Tabella 14) dopo gli aumenti fatti registrare nel 2016, (-0,9% sia in volume che in valore) con la categoria normale, probiotico e, soprattutto, biocomparto in difficoltà. Il calo è dovuto solo alla riduzione di quantità acquistate in quanto i valori unitari restano uguali all’anno precedente. Analizzando singolarmente le singole categorie, si può vedere come l’unica a

presentare variazioni positive e in continuità con il 2016 sia lo yogurt da bere, +3,7% in volume e +2,0% in valore. Solo in termini di valore cresce anche lo yogurt probiotico (+2,3%) mentre diminuisce in termini di volumi (-1,4%). Presentano invece variazioni negative sia lo yogurt normale che il biocomparto: il primo -0,7% in volumi e -1,5% in valore, il secondo subisce le variazioni più importanti di tutto il comparto, -3,4% in volumi e -2,6% in valore.

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Acquisti totali in valore (milioni di euro)

2015 2016 2017 Var%17/16 Var%16/15 Yogurt di cui: 1.323,7 1.329,0 1.317,1 -0,9% 0,4% - Yogurt normale 922,3 931,9 925,0 -0,7% 1,0% - Yogurt probiotico 207,3 199,0 196,3 -1,4% -4,0% - Yogurt da bere 47,3 49,1 50,9 3,7% 3,8% - Yogurt biocomparto 143,0 145,3 140,3 -3,4% 1,6%

Tabella 14: Acquisti in volume di yogurt per canale di acquisto. Fonte: Elaborazioni OMPZ su dati Ismea-Nielsen Consumer Panel Service

Per quanto riguarda i canali di distribuzione, così come per il latte, si può vedere dalla Tabella 15 come anche in questo caso i canali preferiti siano quelli relativi ai

Supermercati, con il 41,8% sul totale, e gli Ipermercati, con il 28,6%. Seguono poi gli Hard discount con il 20,5% mentre meno rilevanti sono Libero servizio e altro. Il dato che stupisce e che viene confermato anche per il comparto yogurt, è la continua crescita degli Hard discount che anno dopo anno si avvicinano ai 2 canali di

distribuzione principali e registrano nel 2017 un +1,9% in volume e un +1,4% in valore rispetto al 2017. Restano stabili i Supermercati con un +0,2% in volume e un +0,4% in valore mentre diminuiscono i volumi e i valori per gli Ipermercati (-2,8% i primi e -1,7% i secondi). Questo a conferma di come i consumatori si stiano spostando sempre di più verso l’Hard discount.

Acquisti totali in volume (milioni di kg)

2015 2016 2017 Var%17/16 Var% 16/15 Yogurt di cui: 387,3 399,7 396,1 -0,9% 3,2% - Yogurt normale 292,3 300,8 296,3 -1,5% 2,9% - Yogurt probiotico 52,2 52,2 53,4 2,3% 0,0% - Yogurt da bere 15,2 17,4 17,7 2,0% 14,3% - Yogurt biocomparto 27,5 29,1 28,4 -2,6% 5,9%

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Tabella 15: Acquisti in volume di yogurt per canale di acquisto. Fonte: Elaborazioni OMPZ su dati Ismea-Nielsen Consumer Panel Service

Il 2017, al contrario dell’anno precedente, è un anno negativo in termini di volumi acquistati per la panna, -3,4% rispetto al 2016, ma grazie al marcato rialzo dei valori unitari, soprattutto per quanto riguarda la panna fresca, la spesa complessiva

diminuisce solo dello 0,4%, come riportato nella Tabella 16. Nel 2016 invece i volumi e i valori erano aumentati, rispettivamente, del 2,7% e dell’1,4%.

Per quanto riguarda invece il burro, nonostante un’importante riduzione dei volumi pari a -6,1% rispetto al 2016, l’incredibile aumento dei valori unitari fa aumentare la spesa complessiva di burro dell’11,9%. Nel 2016 invece si era verificato un leggero aumento sia per i volumi che per i valori, rispettivamente, dell’1,2% e dello 0,3%.

Acquisti totali in valore (milioni di euro)

2015 2016 2017 Var% 17/16 Var% 16/15 Panna di cui: 214,4 217,4 216,5 -0,4% 1,4%

- Panna Fresca 54,8 57,0 57,2 0,3% 3,9%

- Panna UHT 159,6 160,4 159,4 -0,7% 0,5%

Burro 308,1 309,1 345,9 11,9% 0,3%

Tabella 16: Acquisti totali di panna e burro in Italia in volume e valore. Fonte: Elaborazioni OMPZ su dati Ismea-Nielsen Consumer Panel Service

Quota % acquisti in volume Var% 17/16

2015 2016 2017 Volume Valore Yogurt - Ipermercati 29,7% 29,2% 28,6% -2,8% -1,7% - Supermercati 42,9% 41,3% 41,8% 0,2% 0,4% - Hard discount 17,0% 20,0% 20,5% 1,9% 1,4% - Libero servizio 8,5% 8,1% 7,7% -5,6% -6,8% - Altro 1,9% 1,4% 1,4% -4,7% -9,4%

Acquisti totali in volume (milioni di kg)

2015 2016 2017 Var% 17/16 Var% 16/15 Panna di cui: 42,4 43,5 42,1 -3,4% 2,7%

- Panna Fresca 9,6 10,1 9,5 -5,6% 5,0%

- Panna UHT 32,8 33,5 32,6 -2,8% 2,1%

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Per quanto riguarda i canali di distribuzione, dalla Tabella 17, si può vedere subito come per la panna le variazioni siano quasi tutte negative sia per i volumi che per i valori con l’eccezione del segmento Altro che presenta una variazione positiva del valore del 6,2% ma, soprattutto, l’Hard discount, che presenta variazioni positive importanti sia in volume che in valore (+4,1% il primo, +7,6% il secondo).

Per quanto riguarda la suddivisione delle quote di acquisti vengono rispettate le posizioni dei precedenti comparti lattiero-caseari ma, in questo caso, si può vedere come l’Hard discount, passato dal 21,3% del 2015 al 25,1% del 2017, sia ormai vicino a raggiungere la quota degli Ipermercati, passati dal 27,7% del 2015 al 26,7% del 2017. Per il burro, l’analisi dei canali di distribuzione conferma l’andamento opposto dei volumi e del valore. Nonostante le variazioni negative dei volumi, -4,9% per gli Ipermercati, -6,2% per i Supermercati, le variazioni dei valori sono più che positive, +9,8% per gli Ipermercati, +8,8% per i Supermercati. Stupisce la variazione negativa dei volumi che per la prima volta colpisce anche l’hard discount (-2,1%) alla quale però è contrapposto un drastico aumento dei valori (+34,1%).

Quota % in volumi Var% 17/16

2015 2016 2017 Volume Valore Panna - Ipermercati 27,7% 27,3% 26,7% -5,5% -1,5% - Supermercati 39,5% 38,4% 38,1% -4,1% -0,8% - Hard discount 21,3% 23,3% 25,1% 4,1% 7,6% - Libero servizio 9,5% 9,3% 8,3% -14,0% -8,9% - Altro 2,0% 1,7% 1,8% -0,5% 6,2% Burro - Ipermercati 28,2% 27,9% 28,3% -4,9% 9,8% - Supermercati 43,1% 41,1% 41,0% -6,2% 8,8% - Hard discount 17,4% 20,7% 21,6% -2,1% 34,1% - Libero servizio 8,8% 8,5% 7,5% -17,1% 1,2% - Altro 2,5%

1,8%

1,6%

-15,6%

-0,1%

Tabella 17: Acquisti in volume di panna e burro per canale di acquisto. Fonte: Elaborazioni OMPZ su dati Ismea-Nielsen Consumer Panel Service.

Passando all’analisi dei formaggi e latticini, possiamo vedere dalla Tabella 18 come le quantità di volumi continuino a contrarsi anche nel 2017 con una variazione negativa dello 0,4% che dà seguito alla variazione negativa dell’1,6% del 2016. Anche in questo caso però l’aumento dei valori unitari fa crescere la spesa complessiva. Nel 2017 la

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macrocategoria formaggi e latticini vale 6.369,5 milioni di euro, +0,9% rispetto all’anno precedente.

Contrariamente al 2016, i formaggi industriali, segmento dominato da grandi marchi, vedono arretrare le vendite in quantità dell’1,1% e sono l’unica categoria che subisce anche una variazione dei valori unitari, la quale va incidere sulla spesa complessiva per il -2,0%.

Situazione più rosea per gli altri caseari che vedono la spesa crescere. Fanno eccezione i formaggi a pasta semidura, i quali subiscono una variazione della spesa dello 0,3% e anche il calo più consistente nei volumi pari a -1,9%.

I volumi dei formaggi a pasta dura e i freschi restano stabili, aumentando entrambi dello 0,1% e grazie ad un rialzo dei valori unitari la spesa cresce per entrambi dell’1,8%. Gli acquisti dei formaggi a pasta dura, come vedremo dopo nel dettaglio, sono

composti per la maggior parte dai due grandi DOP di alta qualità, Grana Padano e Parmigiano Reggiano, su cui la GDO è intenzionata a puntare anche mediante le private label. Inoltre, le campagne pubblicitarie dei consorzi di tutela, spesso ben sovvenzionate da finanziamenti pubblici e delle aziende di trasformazione più grandi, contribuiscono efficacemente a stimolare e sostenere i livelli degli acquisti.

Infine, per quanto riguarda i formaggi a pasta molle, questi presentano variazioni positive della spesa dello 0,6%, nonostante una variazione negativa dei volumi dello 0,5%.

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Acquisti totali in valore (milioni di euro)

2015 2016 2017 Var% 17/16 Var% 16/15 Formaggi e latticini di cui: 6.451 6.311 6.369 0,9% -2,2%

- Freschi 1.892 1.853 1.886 1,8% -2,0%

- A pasta molle 1.112 1.079 1.085 0,6% -3,0%

- A pasta semidura 802 762 760 -0,3% -5,0%

- A pasta dura 1.923 1.915 1.951 1,8% -0,4%

- Industriali 723 701 687 -2,0% -2,9%

Tabella 18: Acquisti totali di formaggi e latticini in Italia in volume e valore. Fonte: Elaborazioni OMPZ su dati Ismea-Nielsen Consumer Panel Service

Passando ad un’analisi dettagliata delle varie sottocategorie riguardanti formaggi e latticini (Tabella 19), possiamo dire subito che, come abbiamo un po' già visto, non ci sono grandi cambiamenti in termini di quantità per quanto riguarda le scelte dei consumatori tra una categoria e un’altra. Il peso più consistente in termini quantitativi è rappresentato dai freschi, con il 36,1% nel 2017, seguiti dai duri con il 22,6%. Tra i singoli formaggi spicca l’aumento della quota del Grana Padano a scapito del Parmigiano Reggiano e gli altri duri: il Grana Padano nel 2016 aveva una quota del 7,9% che in un anno è salita all’8,3%, mentre il Parmigiano Reggiano, nello stesso arco temporale, è passato dal 5,7% al 5,3%. La situazione si capovolge se l’analisi viene condotta in termini di valore: i formaggi duri, dato il loro prezzo medio al consumo più alto, si collocano al primo posto con il 30,6%, seguiti poco distanziati dai freschi con il 29,6%.

Acquisti totali in volume (milioni di kg)

2015 2016 2017 Var% 17/16 Var% 16/15 Formaggi e latticini di cui: 739,3 727,5 724,6 -0,4% -1,6%

- Freschi 261,4 254,6 254,9 0,1% -2,6%

- A pasta molle 121,5 118,2 117,6 -0,5% -2,7% - A pasta semidura 91,7 88,6 86,9 -1,9% -3,4%

- A pasta dura 165,9 165,9 166,1 0,1% 0,0%

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Acquisti in valori (milioni di euro)

2015 2016 2017 Var% 17/16 Var% 16/15 Formaggi freschi di cui: 1.891,7 1.853,0 1.886,5 1,8% -2,0% - Mozzarella vaccina 1.045,9 1.008,4 1.019,7 1,1% -3,6% - Mozzarella di bufala 271,2 277,3 293,2 5,7% 2,2% - Ricotta 290,5 277,3 280,4 1,1% -4,5% - Mascarpone 77,5 82,0 82,9 1,1% 5,8% - Altri 206,6 208,0 210,3 1,1% 0,7% Formaggi molli di cui: 1.111,9 1.078,9 1.085,4 0,6% -3,0% - Gorgonzola 187,5 189,3 197,9 4,6% 1,0% - Scamorza 174,5 170,4 172,4 1,2% -2,3% - Crescenze e stracchini 161,6 145,1 140,5 -3,2% -10,2% - Taleggio 32,3 31,5 31,9 1,3% -2,5% - Quartirolo 12,9 12,6 12,8 1,3% -2,3% - Caciotte 77,6 75,7 76,6 1,2% -2,4% - Altri 465,5 454,3 453,3 -0,2% -2,4% Formaggi semiduri di cui: 801,9 762,1 759,6 -0,3% -5,0% - Totale buchi 284,5 251,9 248,9 -0,8% -11,5% - Provolone 206,9 214,1 217,0 1,4% 3,5% - Asiago 109,9 100,8 102,1 1,3% -8,3% - Altri 200,6 195,3 191,6 -1,9% -2,7% Formaggi duri di cui: 1.922,6 1.915,4 1.950,6 1,8% -0,4% - Grana Padano 625,8 604,9 643,8 6,4% -3,3% - Parmigiano Reggiano 606,5 592,3 586,5 -1,0% -2,3% - Pecorino 283,9 302,4 299,6 -0,9% 6,5% - Altri Grana 174,2 176,4 191,2 8,4% 1,3% - Altri 232,2 239,4 229,5 -4,1% 3,1% Formaggi industriali di cui: 722,6 701,5 687,3 -2,0% -2,9% - Fusi 283,9 271,8 267,3 -1,7% -4,3% - Spalmabili 225,8 221,2 216,4 -2,2% -2,0% - Paste filate 122,6 120,1 127,3 6,0% -2,0% - Altri 90,3 88,4 76,3 -13,7% -2,1%

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Tabella 19: Acquisti domestici di formaggi in Italia in volume e valore per tipologia di prodotto. Fonte: Elaborazioni OMPZ su dati Ismea-Nielsen Consumer Panel Service

Acquisti in volumi (milioni di kg)

2015 2016 2017 Var% 17/16 Var% 16/15 Formaggi freschi di cui: 261,4 254,6 254,9 0,1% -2,6% - Mozzarella vaccina 154,5 147,5 146,9 -0,4% -4,5% - Mozzarella di bufala 23,8 24,1 25,4 5,4% 1,3% - Ricotta 53,4 51,1 50,8 -0,6% -4,3% - Mascarpone 11,6 12,1 12,0 -0,8% 4,3% - Altri 18,1 19,8 19,8 0,0% 9,4% Formaggi molli di cui: 121,5 118,2 117,6 -0,5% -2,7% - Gorgonzola 18,9 19,3 20,0 3,6% 2,1% - Scamorza 20,4 20,8 20,7 -0,5% 2,0% - Crescenze e stracchini 19,6 18,6 17,0 -8,6% -5,1% - Taleggio 3,0 3,0 3,0 0,0% 0,0% - Quartirolo 1,5 1,5 1,5 0,0% 0,0% - Caciotte 8,3 8,2 8,1 -1,2% -1,2% - Altri 50,1 46,8 47,3 1,1% -6,6% Formaggi semiduri di cui: 91,7 88,6 86,9 -1,9% -3,4% - Totale buchi 33,6 30,0 29,2 -2,6% -10,7% - Provolone 23,1 23,4 23,4 0,0% 1,3% - Asiago 13,4 12,4 12,4 0,0% -7,5% - Altri 21,6 22,8 21,9 -3,9% 5,6% Formaggi duri di cui: 165,9 165,9 166,1 0,1% 0,0% - Grana Padano 59,3 58,2 61,0 4,8% -1,9% - Parmigiano Reggiano 44,3 42,0 39,0 -7,1% -5,2% - Pecorino 21,8 23,6 24,3 3,0% 8,3% - Altri Grana 16,5 17,7 18,4 4,0% 7,3% - Altri 24,0 24,4 23,4 -4,1% 1,7% Formaggi industriali di cui: 98,9 99,9 98,8 -1,1% 1,0% - Fusi 42,4 42,3 42,0 -0,7% 0,0% - Spalmabili 28,3 28,4 28,3 -0,4% 0,4% - Paste filate 17,8 17,5 18,2 4,0% -1,7% - Altri 10,4 11,7 10,3 -12,0% 12,5%

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35

La categoria dei freschi è costituita prevalentemente da mozzarella vaccina (57,7% degli acquisti totali in volume del 2017), ricotta (20,0%), mozzarella di bufala (9,9%) e mascarpone (4,8%). I volumi di formaggi freschi acquistati sono rimasti stabili nel 2017 (+0,1%), mentre si registra un incremento del prezzo medio dell’1,7% (+1,8% di spesa). Le variazioni più importanti della categoria riguardano la mozzarella di bufala che nel 2017 presenta aumenti di volume del 5,4% e di valore del 5,7% e continua la sua rincorsa sulla mozzarella vaccina. Variazioni positive di valore pari a +1,1% si hanno per tutte le altre categorie mentre per quanto riguarda i volumi le variazioni sono

leggermente negative o nulle (-0,4% Mozzarella vaccina, -0,6% Ricotta, -0,8% Mascarpone e 0,0% Altri).

Anche per il 2017 si assiste ad una contrazione per quanto riguarda i volumi acquistati di formaggi a pasta molle anche se in minor misura rispetto al 2016 (0,5% nel 2017, -2,7% nel 2016). La spesa complessiva invece è leggermente positiva (+0,6% nel 2017). La categoria dei formaggi a pasta molle è costituita perlopiù da Gorgonzola (17,0% degli acquisti totali in volume nel 2017), Scamorza (17,6%), Crescenze e Stracchini (14,5%) e Caciotte (6,9%). Le variazioni più importanti riguardano il Gorgonzola che nel 2017 presenta aumenti di volume del 3,6% e di valore del 4,6%. Un calo importante invece è stato registrato per quanto riguarda Crescenze e Stracchini (-8,6% in volume e -3,2% in valore).

Per quanto riguarda i formaggi semiduri, questa categoria vede una diminuzione delle proprie vendite in volume nel 2017 pari a -1,9% che comporta una variazione in valore pari a -0,3%. La composizione dei formaggi semiduri è data principalmente da formaggi con buchi (33,6%), Provolone (26,9%) e Asiago (14,3%). Le uniche sottocategorie di formaggi semiduri a non presentare variazioni negative sia in valore che in volume sono l’Asiago (0,0% in volume e +1,3% in valore) e il Provolone (0,0% in volume e +1,4% in valore).

Gli acquisti di formaggi a pasta dura anche nel 2017 sono complessivamente stabili ma tra i vari formaggi si riscontra una situazione di cambiamento (+0,1% in volume e 1,8% in valore). La categoria dei formaggi duri è costituita perlopiù da Grana Padano

(36,7%), Parmigiano Reggiano (23,5%), Pecorino (14,6%) e Altri Grana (11,1%).

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due grandi DOP. Il Parmigiano Reggiano che stava avanzando e sottraendo sempre più quote al Grana Padano, nel 2017 si arresta presentando un -7,1% dei volumi e un -1,0% della spesa totale, dovuta soprattutto al rincaro dei prezzi. Il Grana, invece, mostra variazioni positive negli acquisti totali (+4,8%) e anche nella spesa complessiva (+6,4%). Crescono significativamente anche gli Altri grana, favoriti dai prezzi più bassi rispetto ai due DOP, con un aumento dei volumi acquistati pari al +4,0% e un aumento in valori pari al +8,4%. Infine, presenta variazioni opposte il Pecorino che aumenta per quanto riguarda i volumi acquistati del 3,0% mentre diminuisce la spesa totale in valori dello 0,9%.

In ultima analisi, i formaggi industriali mostrano nel 2017 variazioni negative sia per quanto riguarda i volumi che per quanto riguarda la spesa complessiva in valore (-1,1% per i volumi, -2,0% per la spesa in valore). La sottocategoria dei formaggi industriali è formata perlopiù da formaggi fusi (42,5% sui volumi totali della categoria), Spalmabili (28,6%) e paste filate (18,4%). Questi formaggi rappresentano una categoria dove l’innovazione di prodotto, dalle caratteristiche organolettiche alle modalità d’uso e al packaging, risulta particolarmente importante per soddisfare rapidamente i bisogni del consumatore. Nel 2017 però, presentano tutti delle variazioni negative ad eccezione dei formaggi a paste filate che mostrano variazioni positive importanti (+4,0% in volume, +6,0% in valore).

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