UNIVERSITÀ DI PISA
Dipartimento di Economia e Management
Corso di Laurea in Marketing e Ricerche di Mercato
L ‘EFFETTO DEI DIVERSI TIPI DI OBSOLESCENZA
PROGRAMMATA SUI CONSUMATORI:
CONFRONTO TRA OBSOLESCENZA FUNZIONALE
E OBSOLESCENZA PSICOLOGICA
Candidato: Giulia Perini Relatore: Matteo Corciolani
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Spesso chi rinuncia,
temendo abbia perso
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INDICE:
CAPITOLO 1: INTRODUZIONE 6
1.1 Introduzione 6
1.2 Preview 7 CAPITOLO 2: ARGOMENTAZIONI TEORICHE 10
2.1 OP secondo Granberg 11
2.2 Durata di vita del prodotto 17
2.3 Domande di ricerca 21
CAPITOLO 3: METODO 23
3.1 Metodo utilizzato 23
3.1.1 Esperimento e il disegno di ricerca 23
3.1.2 L’esperimento relativo all’OP 28
3.2 Raccolta e analisi dati 31
CAPITOLO 4: RISULTATI 34
4.1 La composizione del campione 34
4.2 Affidabilità delle scale 37
4.3 Analisi dell’ANOVA 39
5 4.5 Analisi dell’ANCOVA 59 4.6 Correlazione 63 CAPITOLO 5: CONCLUSIONI 66 5.1 Implicazioni tecniche 66 5.2 Implicazioni di Marketing 67
5.3 Limiti e sviluppi futuri 68
Appendice 70
BIBLIOGRAFIA 80
SITOGRAFIA 81
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1 INTRODUZIONE
1.1 Introduzione
Oggi come oggi, le lamentele da parte dei consumatori che acquistano elettrodomestici sono molte: essi, infatti, all’inizio sono soddisfatti di aver comprato il televisore, il frigorifero o lo smartphone di ultima generazione, ma nel giro di pochi anni rimangono delusi dalle prestazioni del prodotto e sono costretti a sostituirlo.
È proprio così, negli ultimi anni, gli elettrodomestici stanno via via accorciando la loro durata di vita e questo sembra derivare dallo sviluppo tecnologico e dalle nuove generazioni di prodotti all’avanguardia che entrano nel mercato con lo scopo di eliminare definitivamente il vecchio.
Da una serie di interviste svolte per un’indagine sulle famiglie del Regno Unito, emergono numerosi aspetti che testimoniano questo disappunto degli acquirenti: “Quante
volte le persone hanno detto: Vorrei avere indietro il mio vecchio; questo è spazzatura. Quante volte lo abbiamo detto? Io so di averlo detto un sacco di volte”1 parla Phil, analista in pensione, che, con questa affermazione, conferma di accorgersi molto bene che i prodotti non sono più quelli del passato, e rimpiange il vecchio perché riconosce in quello una maggior resistenza, maggior longevità. Lo stesso Phil dichiara: “La gente
pagherà se è di buona qualità e se sa che è un buon elettrodomestico”2; con questa frase dimostra, inoltre, di essere convinto che la buona qualità sta in un prodotto con prezzo elevato, giustificato dal fatto che offre caratteristiche speciali.
Harold, 68 anni, supervisore delle vendite, con la sua affermazione, conferma di aver piena coscienza di quello che sta accadendo al mercato: “Molti di loro (prodotti) sono
fatti per essere abbattuti alla fine, perché altrimenti, se non lo facessero, allora non avrebbero mercato vero?”3 Questa è la dimostrazione eclatante che il mercato degli elettrodomestici sta sempre più entrando in un circolo vizioso che si mangia la sua stessa coda, in quanto, sono proprio le stesse aziende produttrici che, volontariamente, fanno uscire un prodotto un mese prima e due o tre mesi dopo hanno già pronta la nuova
1Cooper, T. (2004). Inadequate life? Evidence of consumer attitudes to product obsolescence. Journal of Consumer
Policy, 27(4), 431
2Cooper, T. (2004). Inadequate life? Evidence of consumer attitudes to product obsolescence. Journal of Consumer
Policy, 27(4), 434
3Cooper, T. (2004). Inadequate life? Evidence of consumer attitudes to product obsolescence. Journal of Consumer
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versione aggiornata. Ciò accade per far sì che i consumatori siano continuamente invogliati a desiderare il nuovo, e quindi, strategicamente, le imprese, per evitare di perdere parte della propria quota di mercato, rendono obsoleta la merce prima della sua normale decadenza.
Questo è il caso dell’obsolescenza programmata, un concetto che sembra essere nato recentemente, con l’avvento delle nuove tecnologie, che hanno riprogettato il mercato dei beni semi-durevoli, intervenendo sulla loro durata, programmando per essi una vita più limitata. Il fenomeno in verità, però, sembra risalire a più di 90 anni fa, quando, per la prima volta, il “maestro” delle lampadine Phoebus apportò una standardizzazione nella produzione, al fine di limitarne la vita a 1000 ore di esercizio.
Non è possibile limitarsi al caso appena citato, quando si parla di obsolescenza programmata, sono molte le aziende che hanno cercato di apportare modifiche di questo tipo, per ridurre i tempi di performance dei prodotti e, vari, gli ambiti a cui questo fenomeno è stato applicato.
Lo studio che si propone, infatti, tenta di gettare lo sguardo verso le molteplici sfaccettature del fenomeno: nel particolare, l’elaborato si focalizza sui diversi tipi di obsolescenza programmata che possono verificarsi e sull’intensità delle conseguenze che essi possono avere, così come sui relativi comportamenti di acquisto e consumo delle persone.
Nel dettaglio, si desidera analizzare la tematica in uno specifico settore, quello degli smartphone, e studiare l’effetto che diverse modalità di obsolescenza di un marchio risuonano maggiormente nelle risposte degli intervistati.
1.2 Preview
Essendo passato un anno dall’uscita dello scandalo Apple, sullo stesso tema in cui l’azienda di Cupertino, nel 2017, è stata accusata e multata per la volontaria riduzione della durata di vita media dei telefoni cellulari, la ricerca ha voluto mettere in atto un esperimento che studiasse approfonditamente questo fenomeno; si è ritenuto opportuno analizzare il tema, andando a valutare come tipi differenti di obsolescenza programmata possano produrre risposte diverse nei consumatori in termini di intenzione d’acquisto, passaparola e atteggiamento nei confronti del marchio.
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L’elaborato, inizialmente, cerca di introdurre l’obsolescenza programmata, analizzando il tema come interpretato da Granberg4, cioè, mettendo in risalto la sua specifica classificazione, nella quale si contraddistinguono tre diverse modalità di obsolescenza: funzionale, psicologica ed economica.
Una volta messe in evidenza le caratteristiche più rilevanti, si cerca di effettuare un focus sulla durata di vita del prodotto: si descrive la vita stessa del prodotto e il suo ciclo di vita, evidenziando le possibili conseguenze derivanti da un sua cattiva gestione di utilizzo e smaltimento.
Dopodiché, essendo la ricerca ad indirizzo sperimentale, essa focalizza il tema ad un settore specifico di acquisto e consumo, quello degli smartphone. Al fine di riuscire ad ottenere risultati significativi, viene, perciò, creato un questionario sotto forma di esperimento in cui si introduce un marchio di smartphone fittizio, nominato SKT e si descrivono tre scenari: uno che raffigura SKT in assenza di utilizzo di obsolescenza programmata e gli altri due che raffigurano SKT rispettivamente in una situazione di obsolescenza psicologica e funzionale. All’interno dell’indagine, il partecipante, avendo la possibilità di visionare soltanto una delle situazioni create, avrà il compito di rispondere alla domande, con lo scopo di fornire dati relativi alla sua propensione all’acquisto, al word of mouth, cioè al passaparola, all’atteggiamento nei confronti di SKT, prima e dopo la visualizzazione dello scenario, alla sua percezione emotiva nei confronti della marca, alla sua conoscenza del tema obsolescenza programmata, alla sua connessione con il brand e alla loyalty proneness cioè, alla tendenza a sviluppare un elevato attaccamento con la marca. Infine, il questionario cerca di far acquisire informazioni più generali, inerenti alla durata di vita dello smartphone di ciascun partecipante, sulla marca posseduta attualmente e in precedenza, e dati sociodemografici per capire la composizione stessa del campione sottoposto ad indagine.
Sui dati ottenuti, l’elaborato presenza una serie di analisi: con l’implementazione del software SPSS, si propongono l’analisi delle medie e della varianza per esaminare quali siano state le variazioni avute dagli scenari descrittivi sulle risposte dei consumatori; l’analisi della covarianza per vedere se questo effetto ha subito modifiche in seguito alla considerazione di fattori esterni a quelli analizzati principalmente; l’analisi della mediazione delle emozioni per verificare se queste hanno avuto una certa risonanza sul
4Granberg, B. (1997). The quality re-evaluation process: Product obsolescence in a consumer-producer interaction
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modello di risposta adottato dai consumatori. Infine è stato effettuato un approfondimento sulla correlazione tra i vari elementi del modello per appurare se esistono delle relazioni significative tra loro, ed uno sull’affidabilità delle scale per constatare se le scale utilizzate nel questionario fossero coerenti internamente.
Per concludere l’elaborato, sono state enunciate le implicazioni teoriche e di marketing, le conseguenze a cui porta lo studio messo in atto, i limiti della ricerca, e i suoi possibili sviluppi futuri, spunti utilizzabili per l’implementazione di indagini successive.
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2. ARGOMENTAZIONI TEORICHE
L’obsolescenza programmata o pianificata (OP) è un pratica volta a stabilire il ciclo vitale di un prodotto in modo da ridurne la durata ad un periodo prefissato.5 Si tratta di una strategia, il più delle volte effettuata dalle aziende produttrici, le quali deliberatamente intervengono modificando il periodo di sussistenza del prodotto al fine di aumentarne il tasso di sostituzione. È possibile verificare questo fenomeno soprattutto nei beni durevoli, quei beni che soddisfano il bisogno del soggetto ripetutamente6, come ad esempio elettrodomestici, auto, pc, telefoni cellulari etc., ossia quei beni maggiormente predisposti al continuo evolversi della tecnologia, così da spingere l’azienda a mettere in atto strategie ad hoc affinché si inneschi nel consumatore il desiderio di acquistare il nuovo modello, prima che quello vecchio sia totalmente pronto per essere dismesso. Il principale scopo dell’OP è infatti quello di rendere obsoleti i prodotti prima della loro normale decadenza fisica, con l’intento di raggiungimento di un acquisto precoce da parte del consumatore. La tematica non influisce soltanto nel creare una cattiva reputazione nei confronti dell’azienda, la quale “inganna” l’acquirente, facendo in modo che egli acquisti il nuovo prodotto anticipatamente, ma ha effetti negativi anche nei confronti dell’ambiente: da una parte si crea un maggior numero di rifiuti, vale a dire maggiori costi di raccolta e smaltimento degli stessi, dall’altra aumenta la necessità di ricorso a grandi quantità di risorse naturali7. È necessario, quindi, che il mercato dei beni durevoli stabilisca delle linee guida di comportamento ambientale alle quali le aziende devono aderire affinché si limiti lo spreco eccessivo di risorse e si adottino strategie di sostenibilità per il contesto circostante in cui operano.
Espressi questi primi concetti che introducono la tematica dell’obsolescenza programmata, si cerca di andare più nel dettaglio della spiegazione, cercando di delineare i diversi aspetti del fenomeno, i contesti ed i motivi in cui le varie sfaccettature possono essere applicate, le ripercussioni che si hanno sia dal punto di vista aziendale che dal lato ambientale.
5 https://it.wikipedia.org/wiki/Obsolescenza_programmata
6 http://guide.supereva.it/economia_aziendale/interventi/2009/03/beni-durevoli-e-non
7Corciolani, M., & Gistri, G. (2018). Obsolescenza programmata e relazione con il brand: Un’analisi delle reazioni
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2.1 OP secondo Granberg
Facendo riferimento all’obsolescenza programmata per come l’ha descritta Granberg8, si nota una fondamentale distinzione tra obsolescenza assoluta ed obsolescenza relativa: la prima è legata strettamente a responsabilità da parte del produttore che si traducono nella capacità del prodotto di resistere al degrado e all’usura del materiale, nella qualità che si immette nel processo produttivo del bene oppure in attività di manutenzione per la conservazione delle funzionalità e dell’efficienza del prodotto; la seconda nasce invece dalla comparazione tra prodotti esistenti e nuovi modelli che fa sì che si creino tre categorie di essa: OP funzionale, OP psicologica ed OP economica.
L’obsolescenza funzionale o tecnologica si verifica quando un prodotto che già esiste sul mercato, diventa obsoleto perché ne viene introdotto un altro in grado di svolgere meglio la funzione. Questo aspetto viene generato da svariati fattori tra cui, il deprezzamento economico per cui l’acquirente è incentivato ad ottenere il nuovo prodotto perché costa meno oppure perché ha un miglior rapporto qualità-prezzo, gli sviluppi tecnologici che generano prodotti con qualità funzionali migliori e più appetibili agli occhi del consumatore oppure può verificarsi in caso di nuove realtà sociali che si vengono a creare, come ad esempio l’avvento di necessità familiari che influenzano il bisogno di ottenere un nuovo prodotto.9
Questo tipo di obsolescenza sembra nascere nel momento in cui gli individui sono affascinati dagli avanzamenti tecnologici avuti nelle componenti funzionali dei nuovi modelli come espressione di accrescimento della conoscenza tecnologica: una testimonianza di questo effetto è lo studio effettuato da Cooper nel 2004 dove, sulla base delle interviste effettuate a circa 800 famiglie del Regno Unito, si attesta che le scelte di acquisizione o cessione di nuovi apparecchi è fortemente influenzata da fattori tecnologici, i quali diventerebbero una sorta di trappola per il consumatore sempre più dipendente dalla tecnologia.
Packard10 interpreta questo tipo di OP come “volontaria”, cioè che nasce dalla volontà delle aziende di modificare parte dell’assetto del prodotto, una modifica che non avrebbe
8Granberg, B. (1997). The quality re-evaluation process: Product obsolescence in a consumer-producer interaction
framework. Stockholm: University of Stockholm, Department of Economic History, 423.
9 Cooper, T. (2004). Inadequate life? Evidence of consumer attitudes to product obsolescence. Journal of Consumer
Policy, 27(4), 425
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ragion d’essere in quanto i consumatori avrebbero comunque continuato ad essere soddisfatti dai loro vecchi prodotti. Questa è spesso frutto di un mossa strategica da parte dell’azienda, la quale, volutamente, effettua modifiche su alcune delle componenti del prodotto per fare in modo che questo abbia una più breve durata ed il consumatore sia portato precocemente all’acquisto del nuovo. Si può quindi associare questo fenomeno ad un comportamento intenzionale della società, che progetta specifiche alterazioni di prodotto per raggiungere risultati economici performanti nel più breve tempo possibile; l’azienda in questo modo consegue ottimi risultati nelle vendite, nascondendo ai consumatori la vera finalità di alterazione, innalzando così la sua immagine sul mercato. Se da una parte questa attività fa sì che l’azienda possa accrescere la propria posizione, dall’altra c’è però il rischio di cannibalizzazione della versione attuale da parte della nuova. Questo comportamento inizialmente potrebbe essere considerato poco prudente; l’azienda nel proprio portafoglio si trova infatti ad avere due articoli molto simili tra loro che rischiano di “rubarsi” mercato a vicenda, ma, al contempo, questo è un atto dovuto se si considera che ci si trova in un contesto ambientale fortemente competitivo in cui le società non aspettano altro che fare leva sui punti deboli delle concorrenti e nel momento più opportuno fare uscire un nuovo prodotto sul mercato per scalzare le restanti compagini. La cannibalizzazione si realizza quindi per fronteggiare proprio questo problema con lo scopo congiunto di risollevare le vendite, di confermare la propria quota di mercato e con l’obiettivo di difendersi dall’ambiente circostante: se le aziende non cannibalizzano le vendite dei propri prodotti, è sicuro che lo faranno le concorrenti.11 Si passa adesso ad argomentare meglio cosa sia invece l’obsolescenza psicologica: da Packard12 viene intesa come obsolescenza della desiderabilità quando il prodotto diventa obsoleto nella mente del consumatore, nonostante abbia ancora tutti gli elementi perfettamente funzionanti e la moda, lo stile o un altro tipo di cambiamento lo fa apparire meno desiderabile. Questa condizione di obsolescenza psicologica, secondo Granberg13, si genera da un cambiamento nella percezione dell’utente il quale, per motivi legati all’esperienza acquisita, alla realizzazione dello status sociale, alla moda o alla qualità
11 Guiltinan, J. (2009). Creative destruction and destructive creations: environmental ethics and planned
obsolescence. Journal of business ethics, 89(1), 21
12Packard, V. (1960). The waste makers. Harmondsworth: Pelican.
13Granberg, B. (1997). The quality re-evaluation process: Product obsolescence in a consumer-producer interaction
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percepita in altri prodotti, non è più soddisfatto e va quindi alla ricerca di un prodotto più appagante.14 Quando gli individui non sono più attratti da un prodotto scatta la voglia di possederne immediatamente uno nuovo che possa soddisfare il loro bisogno di riconoscimento sociale, di ottenimento di un bene maggiormente di moda al fine di essere accettati dalla società o dal gruppo di riferimento a cui fanno parte. Questo particolare tipo di obsolescenza viene anche denominata con il termine “simbolica”, in quanto l’incentivo a cambiare prodotto è mosso dall’idea del consumatore che, con il nuovo, egli riesca ad ottenere un valore più elevato, come testimonianza di un più alto livello simbolico raggiunto. L’obsolescenza di prodotto in questo caso propone la sostituzione di prodotti con valore decrescente come testimonianza di valute sociali e simboliche.15 Da una ricerca effettuata sulla popolazione del Regno Unito è emerso dai focus group che le persone sostituiscono i propri elettrodomestici per fare a meno di dare un’impressione negativa alle altre persone, per non apparire inferiori o per motivi legati all’estetica del prodotto che possa far sfigurare l’immagine dell’individuo che lo possiede. 16 Anche dal testo di Douglas e Isherwood del 1996 emerge questo aspetto: essi infatti affermano che l’obsolescenza psicologica può essere legata al rapporto che il singolo ha con le merci le quali fungono da mezzo per stabilire identità e coinvolgimento sociale; le merci sarebbero quindi utilizzate per creare e mantenere i rapporti sociali tra gli individui e quest’ultimi tenderebbero a servirsi di quei prodotti che più riescono a far raggiungere loro un livello prestigioso.
Per quanto riguarda questo ambito della tematica, la letteratura valuta l’importanza della pubblicità e del canale comunicativo che spesso viene utilizzato dai produttori di beni durevoli per incoraggiare il consumatore alla sostituzione di prodotti ancora funzionanti. Effettuare campagne pubblicitarie aggressive per strutturare l’entrata sul mercato di un nuovo prodotto che possa “cannibalizzare” quello esistente è una normale attività di routine delle aziende che ricercano l’espansione del proprio business e soprattutto la
14 Cooper, T. (2004). Inadequate life? Evidence of consumer attitudes to product obsolescence. Journal of Consumer
Policy, 27(4), 423-425
15 Echegaray, F. (2016). Consumers' reactions to product obsolescence in emerging markets: the case of
Brazil. Journal of Cleaner Production, 134, 192
16 Cooper, T. (2004). Inadequate life? Evidence of consumer attitudes to product obsolescence. Journal of Consumer
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sconfitta delle aziende concorrenti.17 A conferma di ciò si propone un’affermazione citata da Guiltinan nel suo studio del 2009: “il modo più diretto per accelerare la domanda di sostituzione è abbreviare la vita utile del prodotto, in tal senso l’obiettivo dell’obsolescenza programmata è di stimolare gli acquisti sostitutivi da parte del consumatore”. La soluzione a questa affermazione sarebbe quindi progettare delle strategie di marketing per cui il consumatore sia invogliato a cambiare il proprio bene attuale per ottenerne uno completamente nuovo. 18
L’ultima tipologia di obsolescenza trattata da Granberg19 rimane quella economica. Questa si verifica quando la sostituzione del prodotto viene messa in atto a seguito di una valutazione economica inerente al costo del nuovo bene sul mercato. Il prezzo in quanto tale non determina la decisione da parte del consumatore di cambiare prodotto, ma è il calcolo di tutti i fattori finanziari quali costi di riparazione e manutenzione e il costo dello stesso che fanno propendere il singolo a modificare le proprie scelte di acquisto. 20 Questa tipologia di obsolescenza rientra nell’elenco principale determinato da Granberg21 ma rimane fortemente marginale rispetto alle altre due, funzionale e psicologica.
Egli definisce il suo modello concettuale attraverso il quale è possibile studiare dati empirici di studi effettuati: il disegno si struttura su tre livelli di obsolescenza relativa, psycological obsolescence, technological obsolescence e economic obsolescence, che vengono descritte nel grafico qui sotto.
17 Cooper, T. (2004). Inadequate life? Evidence of consumer attitudes to product obsolescence. Journal of Consumer
Policy, 27(4), 424-425
18 Echegaray, F. (2016). Consumers' reactions to product obsolescence in emerging markets: the case of
Brazil. Journal of Cleaner Production, 134, 192
19Granberg, B. (1997). The quality re-evaluation process: Product obsolescence in a consumer-producer interaction
framework. Stockholm: University of Stockholm, Department of Economic History, 423.
20 Cooper, T. (2004). Inadequate life? Evidence of consumer attitudes to product obsolescence. Journal of Consumer
Policy, 27(4), 442
21Granberg, B. (1997). The quality re-evaluation process: Product obsolescence in a consumer-producer interaction
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Figura 1: Tipi di obsolescenza relativa Cooper, T. (2004). Inadequate life? Evidence of consumer attitudes to product obsolescence. Journal of Consumer Policy, 27(4), 427
PSYCOLOGICAL OBSOLESCENCE
Form: desire or attractiveness (aestethic, functional or symbolic value), user satisfaction Sources: changes in perceived need, trends in
design (style, fashion), desire for socialstatus (emulation), marketing
TECHNOLOGICAL OBSOLESCENCE
Form: functional change, qualit, effectiveness
Sources: innovation through new knowledge, reduced environmental
impact, information or communication capability
ECONOMIC OBSOLESCENCE
Form: financial outlay, value, depreciation
Sources: low performance/cost ratio, reduced value, excess cost of repair relative to replacement, price
trends caused by market structure
RELATIVE OBSOLESCENCE
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Per lo studioso, l’obsolescenza relativa si manifesta quindi in tre aspetti associabili a mente, denaro e materia. Come mente, egli esprime l’obsolescenza psicologica perché nasce quando i consumatori non sono più soddisfatti o attratti dai loro prodotti; essa è astratta e soggettiva, ha effetto diverso a seconda del singolo che la pone in essere. Denaro viene correlato all’obsolescenza economica che si crea quando sussistono elementi finanziari che fanno in modo che i prodotti non vengano più considerati idonei ed infine materia associata, invece, all’obsolescenza tecnologica che si verifica nel momento in cui le caratteristiche funzionali dei prodotti esistenti sono minori in termini di performance di quelle dei modelli attuali.
Nello specifico, in questa sede, ci si focalizza sul primo e sul terzo tipo di obsolescenza ritenute di maggiore importanza per lo sviluppo dello studio empirico successivo. La tipologia psicologica, in particolare, viene spesso “sfruttata” dalle aziende produttrici di beni per influenzare le scelte d’acquisto del consumatore: i produttori pertanto, tramite l’utilizzo di efficaci strategie di marketing, forti campagne pubblicitarie e l’utilizzo di una comunicazione aggressiva, tentano di creare nel consumatore il bisogno di acquistare un nuovo prodotto prima che quello vecchio diventi effettivamente obsoleto. La pubblicità è un ottimo strumento per stimolare la corsa agli acquisti, il mezzo più efficace per entrare nella mente del consumatore e far crescere in lui una necessità di acquisto immediato. La tipologia tecnologica invece si orienta verso il lato funzionale, nel delineare l’offerta da parte dei produttori di beni: essi puntano sulla modifica delle componenti di prodotto cercando di alterare le sue funzionalità affinché il prototipo diminuisca la sua durata standard. L’acquisto del nuovo prodotto risulta essere un obbligo perché, questo, arrivando ad essere obsoleto prima del solito, porta l’individuo ad avere necessità di un nuovo bene per lo svolgimento delle sue quotidiane attività. Apportare alterazioni ai prodotti è una pratica insolita che le aziende mettono in atto per far sì che il consumatore sia costretto a ricorrere all’acquisto di un nuovo prodotto in un periodo di tempo inferiore rispetto allo standard di riferimento.
In tutte queste considerazioni, risulta emergere un aspetto altrettanto importante nei confronti del tema OP, la durata di vita del prodotto al quale viene dedicato il paragrafo successivo.
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2.2 Durata di vita del prodotto
Fin dall’invenzione del sistema produzione, le aziende introdussero nel processo di creazione, l’obsolescenza programmata, una tecnica utilizzata per controllare il ciclo di vita del prodotto facendo in modo che esso fosse obsoleto o non funzionante dopo un periodo di tempo prestabilito. Come è stato detto precedentemente, limitando la vita di un prodotto si riesce a raggiungere il desiderio da parte del consumatore di avere un nuovo oggetto tra le mani e quindi far cadere il singolo in un “loop consumistico”, che lo spinge ad ottenere l’ultima versione del bene.
L’OP fornisce lo spunto per introdurre due temi importanti: la vita del prodotto e il suo ciclo di vita.
In riferimento al primo aspetto, la vita del prodotto è spesso volutamente progettata affinché si concluda in un determinato momento e il cliente sia quindi costretto ad acquistare un nuovo prototipo. Nel corso della storia ci sono stati casi emblematici di questo fenomeno, uno dei primi è il caso delle lampadine Phoebus, la cui durata massima non poteva eccedere le 1000 ore: qualora un’azienda fosse stata scoperta nel portare sul mercato prodotti con caratteristiche superiori a quelle prestabilite, sarebbe stata multata. Questa condizione nasceva pertanto da un accordo preso tra aziende produttrici con il fine di aumentare i livelli di profitti del settore e, con l’adozione di questa linea strategica, esse riuscivano a fronteggiare lo sviluppo tecnologico relativo alla durata e nel contempo a raggiungere comunque un’efficiente soglia di acquisti regolari.22
Un altro caso più recente è quello firmato da Apple, in cui l’azienda nel 2017 è stata al centro di un dibattito mondiale ed accusata dall’associazione HOP (Haltè à l’Obsolescence Programmée) di alterare il funzionamento degli smartphone in commercio. L’azienda di Cupertino venne denunciata per il sospetto che, con l’introduzione di ogni nuovo aggiornamento del sistema operativo IOS, coincidente con l’uscita di un nuovo prodotto sul mercato, declassasse l’attività degli smartphone precedenti, cioè abbassasse le loro prestazioni per stuzzicare i clienti ad acquistare un nuovo Iphone. Questo fenomeno secondo l’inquisizione non riguardava soltanto il degrado relativo ad un nuovo aggiornamento ma sarebbe stato istituito dall’azienda in questione, anche riguardo l’inserimento di batterie con performance inferiori alla media
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standard e circa i costi di riparazione troppo alti, da disincentivare la sostituzione ma progettati apposta per stimolare l’acquisto di un nuovo bene. 23
Il ciclo di vita del prodotto, invece, introduce lo scenario che si verifica attualmente in gran parte dei settori produttivi in cui esistono sempre più imprese che strutturano la propria offerta su tipologie di prodotti più predisposti alla sostituzione. Con l’attuazione di dettagliate strategie di marketing e comunicazione, si notano, nel settore dell’abbigliamento, come nel settore dell’elettronica, veloci processi di svalutazione dei vecchi prodotti che stimolano gli individui ad ottenere sempre l’edizione del prodotto più “alla moda”. Il ciclo di vita del prodotto è quindi influenzato fortemente da quella che è la domanda continua da parte del consumatore che richiede la forma di prodotti sempre più nuovi: la durata del prodotto è stabilita in fase di progettazione dello stesso e delineata affinché possa determinare la sua fine. I due elementi sono infatti strettamente correlati tra di loro, anzi sono l’uno la causa della fine dell’altro. L’obsolescenza programmata e la pubblicità legata all’uscita di un nuovo prodotto sono la base di partenza per la generazione di quel circolo vizioso consumistico che porta le imprese ad aumentare i propri profitti e al contempo la loro reputazione e atteggiamento sul mercato.24
I due aspetti, inoltre, contribuiscono a fornire una chiarificazione del tema OP, in quanto facilitano la spiegazione delle due sue principali tipologie: OP funzionale ed OP psicologica rispettivamente legate l’una con la vita del prodotto, l’altra con il ciclo di vita dello stesso.
La durata del prodotto è inoltre prodotta da molteplici fattori che includono la progettazione, il cambiamento tecnologico, il costo di riparazione e disponibilità di parti, benessere familiare, residui valori di vendita, qualità estetica e funzionale, moda, pubblicità e pressione sociale.25 Tutti questi elementi, a seconda del modo in cui ogni singola compagine decide di agire, concorrono a definire precise politiche aziendali: ci sono infatti aziende che prestano molta attenzione alla progettazione dei prototipi, puntando maggiormente sulle funzionalità delle componenti da immettere nella creazione; altre, invece, cui interessa più l’aspetto “moda” che può suscitare dall’accurata
23Corciolani, M., & Gistri, G. (2018). Obsolescenza programmata e relazione con il brand: Un’analisi delle reazioni
dei consumatori al caso Apple. In Convegno della Società Italiana Marketing 2018.p. 3
24 https://simonemoriconi.com/obsolescenza-programmata/
25Cooper, T. (2004). Inadequate life? Evidence of consumer attitudes to product obsolescence. Journal of Consumer
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qualità estetica apportata ai prodotti. Da ciò che risulta essere di maggiore interesse per le aziende, si genera la nota propensione verso un aspetto piuttosto che un altro.
Kostecki26, nella trattazione di strategie di marketing per ottimizzare l’utilizzo del prodotto, classifica i fattori decisivi della durata, ancora una volta suddividendoli in funzionale, economico e simbolico. La durata funzionale è espressa come l’efficacia del prodotto in paragone ad altri, quella economica si basa sul rapporto tra performance e costo di un prodotto in riferimento alle alternative presenti sul mercato, mentre la resistenza simbolica si attesta in relazione alla capacità dei prodotti di soddisfare le esigenze astratte relative all’immagine di un acquirente. 27
La ricerca effettuata da Cooper attesta che i prodotti, nello specifico, gli elettrodomestici, dovrebbero durare più a lungo. La tendenza si concentra infatti verso un allungamento della durata di vita dei prodotti, anche se i consumatori sarebbero comunque disposti ad accettare durate più limitate soltanto per quei beni maggiormente predisposti al cambiamento tecnologico: essi accoglierebbero quindi la possibilità di una continua sostituzione per gli apparecchi a rapida innovazione. Si denota anche la volontà da parte dei consumatori di ottenere maggiori informazioni sulla durata di vita del prodotto. Il modello creato per studiare l’obsolescenza relativa porta i seguenti risultati: le durate degli elettrodomestici sono indotte sia dal comportamento del consumatore ma anche da specifiche caratteristiche di progettazione. I costi relativi all’apparecchio favoriscono la sostituzione piuttosto che la riparazione degli stessi determinando quindi una minore durata di vita; i pareri dei gruppi di riferimento, la moda e il marketing generano invece insoddisfazione.28
La ricerca effettuata sui consumatori del Brasile evidenzia ancora una volta la tendenza dei consumatori verso la sostituzione dei prodotti in risposta alle tendenze di moda e di tecnologia piuttosto che in riferimento all’abbassamento delle prestazioni o al fallimento tecnico irrisolvibile: la sostituzione del prodotto si sviluppa più rapidamente quando è prodotta da obsolescenza psicologica piuttosto che da obsolescenza tecnica.29 Queste
26Kostecki, M. (Ed.) (1998). The durable use of consumer products. Dordrecht: Kluwer.
27Cooper, T. (2004). Inadequate life? Evidence of consumer attitudes to product obsolescence. Journal of Consumer
Policy, 27(4), 425-426
28Cooper, T. (2004). Inadequate life? Evidence of consumer attitudes to product obsolescence. Journal of Consumer
Policy, 27(4), 447
29Echegaray, F. (2016). Consumers' reactions to product obsolescence in emerging markets: the case of
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conclusioni dovrebbero quindi far riflettere i produttori e i rivenditori e far loro focalizzare l’attenzione sul progettare apparecchi che possano durare più a lungo, più predisposti alla riparazione e aggiornabili.
Per quanto concerne la longevità del prodotto, i partecipanti all’indagine di Cooper, hanno ipotizzato che la durata di vita standard degli elettrodomestici supera largamente la loro durata effettiva: la maggior parte dei consumatori, infatti, riconosce perfettamente che la durata del prodotto sta progressivamente diminuendo di anno in anno ed una minoranza è convinta che siano i produttori a generare questa abbreviazione. I consumatori sembrano accettare via via questo squilibrio tra le attese di durata e le minori performance di prodotto, adattandosi cognitivamente a questi standard. Si può quindi dire che la minor durata di prodotto non è avvertita come un problema e risulta avere un’azione fragile nell’influenzare le scelte di acquisto dei consumatori. Quest’ultimi potrebbero risultare i promotori di questo processo in quanto sostengono fortemente l’innovazione tecnologica come causa per la determinazione della sostituzione del prodotto e non avvertono tristezza per aver scartato i vecchi beni, nonostante siano perfettamente consapevoli del fatto che sono diventati rifiuti elettronici e quindi causa di disastri ambientali. Paradossalmente i benefici derivanti da una più lunga durata dei prodotti potrebbe disincentivare atteggiamenti positivi nei confronti dell’ambientalismo se gli individui fossero perfettamente disinformati delle conseguenze.30
La tendenza dei consumatori del Brasile è quella di prediligere i prodotti usa e getta piuttosto che prodotti rigenerati: il rapido abbandono dei prodotti non verrà quindi superato da un allungamento nella durabilità degli stessi ma, le cause che hanno maggior influenza su questo fenomeno sono dovute a fattori psicologici, emotivi e sociali. Il quesito relativo alla longevità del prodotto sembra infatti rimanere marginale alle considerazioni attuate dai consumatori nella scelta di sostituzione; essi, infatti, dimostrano una mancanza di consapevolezza sia dell’importanza di questo fenomeno che dei suoi effetti negativi. Gli individui riconoscono che i prodotti hanno diminuito la loro durata e questo aspetto giova loro una maggiore attitudine alla socializzazione dovuta al valore sociale scaturente dall’obsolescenza simbolica. Quest’ultima conferisce loro una forte identità strutturata sulla continua apertura a prodotti nuovi ed aggiornati e sulla
30Echegaray, F. (2016). Consumers' reactions to product obsolescence in emerging markets: the case of
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sostituzione volontaria dei dispositivi: quest’ottica li idealizza come facenti parte di una società che si sta inserendo nel mercato con successo.31
2.3 Domande di Ricerca
Questa spiegazione in riferimento all’obsolescenza programmata ci fa riflettere su quanto verrà in seguito approfondito nello studio sperimentale effettuato.
Le argomentazioni riguardo i diversi tipi di obsolescenza programmata servono per istruire i lettori circa le caratteristiche degli stessi e per mettere loro in evidenza le sfumature che li fa distinguere l’uno dall’altro. Ciò che ci si aspetta di ottenere dai risultati sull’esperimento è notare se esistono degli effetti delle diverse tipologie di obsolescenza programmata che possono scaturire dalle risposte dei consumatori riguardo l’intenzione di acquisto, il passaparola e l’atteggiamento nei confronti del Brand di un marchio fittizio di Smartphone. Nel dettaglio vengono considerate solo due tipologie di obsolescenza programmata, quella psicologica e quella funzionale e, dall’esposizione dei partecipanti a stimoli che raffigurano una delle diverse classificazioni, si dovrebbe intuire quale sia il loro atteggiamento d’acquisto e comportamento di consumo.
Le trattazioni sulla durata di vita dei prodotti introducono da una parte quali sono i comportamenti adottati dalle imprese produttrici di beni durevoli, nel rispettare le giuste condizioni di progettazione del ciclo di vita e, dall’altra quali possano essere le conseguenze derivanti sia da una cattiva gestione della durata sia dallo spreco di risorse naturali e dal mal trattamento dell’habitat naturale. Ci si aspetta dunque di riuscire a capire quanto effettivamente i consumatori siano diligenti nel seguire le norme ambientali e quanto i loro comportamenti di consumo, in relazione alla frequenza di sostituzione dei loro smartphone, possano incidere negativamente sul contesto ambientale.
L’intero documento cerca di sviluppare nozioni generali circa l’obsolescenza programmata, utili per comprendere lo scopo dell’esperimento, al fine di dare risposte consistenti alle domande poste dai ricercatori.
La finalità principale dello studio è quella di ottenere informazioni concrete sulle considerazioni che gli utenti hanno circa l’obsolescenza programmata e notare se le loro tendenze di acquisto/consumo di beni durevoli come gli smartphone, possano derivare da
31Echegaray, F. (2016). Consumers' reactions to product obsolescence in emerging markets: the case of
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una differenza riscontrata nelle imprese produttrici nel mettere in atto comportamenti “obsoleti”.
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3. METODO
3.1 Metodo utilizzato
Questa ricerca è volta a studiare più in profondità il tema dell’obsolescenza programmata. La letteratura, pertanto, prevede già studi sul caso, e studi molto recenti sono stati oggetto di discussione di tesi magistrali ma, in via del tutto esplorativa, andavano a comprendere quanto i consumatori avessero ritenuto l’OP un elemento importante nelle proprie scelte di acquisto e di consumo.
Con il presente elaborato c’è, invece, la volontà di fare un ulteriore passo in avanti, ossia di effettuare una crescita conoscitiva che non sia soltanto descrittiva ma che analizzi da vicino il problema, indagando come, tipi diversi di OP possano sviluppare svariati comportamenti di acquisto e approccio al consumo. Il mezzo, infatti, maggiormente indicato per raggiungere tale scopo, è senza dubbio l’esperimento.
3.1.1. L’esperimento e il disegno di ricerca
L’esperimento può considerarsi lo strumento principe per valutare empiricamente una relazione causale tra due fenomeni in cui la variazione di un certo fenomeno inteso matematicamente come variabile indipendente X, comporta una variazione dell’altro fenomeno inteso come variabile dipendente Y.
La relazione causale è quindi l’esistenza di un nesso causale tra due variabili; non è sufficiente che esista un semplice legame tra loro ma è indispensabile che la variabile X considerata come causa, oltre ad agire sulla variabile Y, produca un certo effetto su essa. Questa connessione non è facilmente dimostrabile nella realtà: la verifica empirica non prova l’esistenza stessa di un nesso causale ma, il ricorso ad un ipotesi sul piano teorico e la possibilità di dimostrare questa anche dal lato pratico, genera una corroborazione teorica. Corroborare significa che, materialmente, non è possibile provare che la variazione di X produca una variazione di Y, ma se nella realtà si verifica un caso in cui, la variazione di X produce una successiva variazione di Y, tenendo costanti tutte le altre possibili cause di Y, allora esiste una forte prova empirica di corroborazione del fatto che X sia la causa di Y.32
Nelle ipotesi di nesso causale tra due variabili, dunque, esiste sempre una variabile X indipendente che condiziona una variabile Y dipendente che viene influenzata.
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Alla luce di questa dicitura terminologica che verrà tenuta in considerazione nel corso di tutto il paragrafo, per poter effettuare una corroborazione della relazione causale esistente tra due variabili di questo genere, è doveroso ottenere prove empiriche su tre principali aspetti. È necessario dare prova che esista una
Covariazione tra variabile indipendente (X) e variabile dipendente (Y): al variare di X si deve potere osservare una variazione di Y;
Direzione causale: il nesso causale deve muoversi in un’unica direzione, infatti la variabile indipendente X deve necessariamente provocare una variazione della variabile dipendente Y e non deve valere il contrario;
Controllo delle variabili estranee: ad una variazione della variabile X si deve essere sicuri che nessuna delle altre variabili estranee possano influenzare questa variazione.33
L’esperimento risulta essere un modo di produrre i dati da analizzare in maniera artificiale; nelle scienze sociali, in particolare, viene definito come “una forma di esperienza su fatti naturali che si realizza a seguito di un deliberato intervento modificativo da parte dell’uomo, e quindi come tale si contrappone alla forma di esperienza che deriva dall’osservazione dei fatti nel loro svolgersi naturale”34. Si parla di una forma di esperienza in cui un certo numero di individui mette in atto determinati comportamenti, i quali non vengono normalmente analizzati per come si verificano, bensì subiscono un’alterazione da parte del ricercatore che tiene sotto controllo l’esperimento e tenta di modificare le situazioni in analisi per ottenere una variazione nell’effetto dei comportamenti osservati. Il ricercatore solitamente effettua la modifica sulla variabile indipendente, cercando di dare vita a due situazioni opposte:
- una neutra in cui la variabile X è sotto controllo
- una in cui la variabile X subisce invece un trattamento specifico;
Di solito viene presentato il caso in cui la variabile indipendente assume solo due diversi valori, uno di controllo e l’altro di trattamento, ma nulla toglie che la variabile X possa
33Corbetta, P. (1999). Metodologia e tecniche della ricerca sociale p. 72 34Corbetta, P. (1999). Metodologia e tecniche della ricerca sociale p. 80-81
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assumere tre o più valori: in questo caso si avrebbe una situazione di controllo e due o più situazioni che subiscono alterazione.
Ciò che è stato appena introdotto consiste in una delle ipotesi di base dell’esperimento, la manipolazione della variabile indipendente, che, insieme al controllo delle terze variabili, mettono in luce la pura diversità che esiste tra lo strumento dell’esperimento e la semplice analisi della covariazione, altro procedimento utilizzato in statistica per l’osservazione di una relazione causale tra due variabili.35
Essendo l’analisi della covariazione già inserita all’interno del processo di analisi dell’esperimento, la sua spiegazione verrà tralasciata.
Il ricercatore cerca di neutralizzare l’impatto che variabili esterne, del tutto lontane dalle variabili principali, possono avere sulla variazione, in modo tale da avere chiara soltanto la variazione che Y può subire dalla variabile indipendente X. Per farlo il ricercatore attua un processo di randomizzazione: partendo dall’unità oggetto di analisi, assegna tramite sorteggio i soggetti ai gruppi, così da creare tanti gruppi quante sono il numero di manipolazioni a cui è stata sottoposta la variabile indipendente;36 se quindi, la variabile indipendente è stata manipolata una sola volta, i gruppi che si formeranno saranno due, un gruppo di controllo ed un gruppo sperimentale, se invece le manipolazioni effettuate sono due o più di due, allora i gruppi che si verranno a creare saranno tre (uno di controllo e due di sperimentazione) e così via.
Riassumendo i due requisiti principali dell’esperimento (manipolazione della variabile indipendente e controllo delle terze variabili) senza i quali questo non avrebbe ragion d’essere, secondo l’ipotesi che X sia causa di Y, se si provoca una variazione nei valori di X su un determinato numero di unità d’analisi e si tengono costanti tutte le altre possibili cause di disturbo che possono influire sulla variazione di Y, deve essere possibile rilevare sulle stesse unità una variazione di Y.37
È possibile però che possa sorgere un problema d’inferenza causale: dall’impossibilità di un’osservazione nello stesso momento sulla stessa unità di Yc (sotto controllo) ed Yt (trattamento) ne deriva l’impossibilità di verificare l’effetto di X su Y, e quindi di
35Corbetta, P. (1999). Metodologia e tecniche della ricerca sociale p. 75 36Corbetta, P. (1999). Metodologia e tecniche della ricerca sociale p. 80 37Corbetta, P. (1999). Metodologia e tecniche della ricerca sociale p. 79
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controllare empiricamente un nesso causale tra le due variabili. Per far fronte a questo problema è possibile ricorrere ad una soluzione statistica, in quanto l’altra alternativa, la soluzione scientifica, si costruisce su due assunti, quello di invarianza e quello di equivalenza, totalmente indimostrabili ed implausibili nelle scienze sociali. La soluzione statistica invece si ricollega all’idea di esperimento spiegata precedentemente, per il fatto che dà la possibilità di creare, mediante la randomizzazione, due o più gruppi di individui statisticamente equivalenti e differenti solo per aspetti accidentali.38 I gruppi creati verranno poi sottoposti ai due o più diversi valori di X sui quali verificare la variazione di Y. L’effetto causale che si otterrà sarà quindi la differenza tra le medie dei valori di Y ottenuti in ciascuno dei gruppi randomizzati.
Effetto causale medio T(trattamento) = E(Ytn) – E (Ytn-1) - …. – E(Yc) con E=valore atteso/valore medio
n=n° di trattamenti sulla variabile X. c= manipolazione di controllo39
Effettuati alcuni cenni teorici dell’esperimento, è ora il momento di presentare le diverse modalità di esso, focalizzando l’attenzione sul disegno che verrà utilizzato per lo studio sull’obsolescenza.
I diversi disegni di ricerca scaturiscono dalle caratteristiche tecniche e strutturali dell’esperimento, quali il numero dei gruppi sperimentali, il modo con cui essi sono stati formati, il numero e le modalità delle variabili indipendenti, l’eventuale replica delle osservazioni, senza scordare i due elementi caratterizzanti il metodo sperimentale ossia la randomizzazione dei soggetti ai gruppi e la manipolazione della variabile indipendente.40 Se il primo elemento caratterizzante il metodo sperimentale venisse meno, allora in questo caso ci si troverebbe davanti una situazione di “quasi-esperimento”, mentre in caso contrario, quando sussistono entrambi gli elementi, allora si è nella situazione di “vero esperimento”.
38Corbetta, P. (1999). Metodologia e tecniche della ricerca sociale p. 82-84 39Corbetta, P. (1999). Metodologia e tecniche della ricerca sociale p. 86 40Corbetta, P. (1999). Metodologia e tecniche della ricerca sociale p. 96
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Per quanto riguarda lo studio attuale, si è nel campo dell’esperimento vero e proprio e, rispetto a questo i due studiosi Campbell e Stanley, delineano la rappresentazione grafica dei disegni sperimentali basata sull’esistenza di tre condizioni:
1. R è la randomizzazione dei soggetti nei gruppi
2. X è la variabile indipendente intesa come trattamento o stimolo 3. Y è la variabile dipendente intesa come osservazione o risposta
Tenendo presenti queste condizioni, il modello sperimentale applicato nel caso in esame, coincide con il modello “solo dopo” a due (o più) gruppi
Il disegno rappresentato dimostra il susseguirsi di tre fasi dell’esperimento: inizialmente, infatti, i soggetti vengono assegnati a random, mediante sorteggio a due gruppi, successivamente si sottopone a manipolazione la variabile indipendente X in modo tale che ciascun gruppo acquisisca una diversa modalità della manipolazione, ad esempio X1 e X2 acquisiscono rispettivamente controllo e trattamento così da ottenere per ogni gruppo il valore medio della variabile dipendente.
Infine si determina l’effetto causale della variazione alterata dal ricercatore che si rispecchia nella differenza tra Y2 – Y1. 41
Non è un caso che questo disegno sperimentale si chiami “solo dopo” in quanto la variazione di X genera una conseguente variazione di Y soltanto dopo che ciascun gruppo è stato esposto allo stimolo dell’esperimento, diversamente da quanto può verificarsi in altri disegni di ricerca che analizzano, in riferimento ad un singolo gruppo, la variazione della variabile X prima e dopo il suo trattamento e contrariamente da quanto avviene in altri casi che in questa sede non è necessario portare come esempio.
41Corbetta, P. (1999). Metodologia e tecniche della ricerca sociale p. 99-100 X1 Y1 R
X2 Y2
Effetto causale = Y2 – Y1
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3.1.2. L’esperimento relativo all’OP
Lo studio in esame tratta di un esperimento strutturato su un disegno di ricerca
sperimentale a gruppi multipli, in quanto si ha a che fare con più valori della variabile
indipendente. La variabile X subisce infatti, tre diverse manipolazioni, X1 modalità in cui la variabile è sotto controllo X2 e X3 modalità in cui la variabile subisce uno specifico trattamento ossia il tipo di obsolescenza studiata: X2 si configura nell’ OP psicologica e X3 si configura invece nell’OP funzionale.
L’alterazione della variabile indipendente determina una variazione sulla variabile dipendente; nel dettaglio questa ricerca non prende in considerazione una sola variabile dipendente, bensì tre: Y (intenzione d’acquisto), Z (passaparola) e W (atteggiamento nei confronti del marchio).
Lo scopo dell’esperimento è, dunque, quello di indagare come le tre diverse situazioni di manipolazione della variabile X influiscono sulle tre diverse modalità di risposta della variabile Y, Z, W; in pratica, ci si focalizza sugli effetti che diversi tipi di obsolescenza programmata possono generare in termini di comportamenti di acquisto differenti, attività di differente propensione a parlare dell’azienda e atteggiamenti verso il brand più o meno ostili.
Per esprimere le tre differenti manipolazioni della variabile indipendente, è progettata la descrizione di tre diversi scenari, uno neutrale, uno che rispecchiasse l’obsolescenza psicologica ed uno che rispecchiasse l’obsolescenza funzionale.
Il campione prescelto di 124 studenti universitari è stato sottoposto in maniera random ai tre diversi stimoli sperimentali così da creare 3 gruppi equivalenti che si approcciano alle diverse situazioni.
Per semplificare la comprensione dello studio, si esplicita qui sotto la raffigurazione del modello sperimentale:
Intenzione d’acquisto (Y) Passaparola (Z) Atteggiamento VS Marchio X1 Y1 Z1 W1
R X2 Y2 Z2 W2
X3 Y3 Z3 W3
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L’effetto causale in questo caso dovrà essere calcolato per ognuna delle variabili dipendenti che si ottengono a fronte della variazione della variabile X.
Si genereranno quindi tre effetti causali:
a) Effetto causale dell’intenzione d’acquisto Y3 – Y2 – Y1 b) Effetto causale del passaparola Z3 – Z2 – Z1
c) Effetto causale dell’atteggiamento Vs Brand W3 – W2 – W1
A seconda del diverso stimolo a cui viene sottoposto un gruppo, la variazione nella variabile indipendente provocherà una variazione nelle variabili considerate, che coincide con la differenza tra i valori medi osservati per la stessa variabile in ciascun gruppo.
Questo disegno può essere messo in discussione nel momento in cui viene meno il terzo requisito espresso nel paragrafo precedente cioè il controllo delle terze variabili; una relazione causale tra due variabili dove si ipotizza esistano terze variabili che vengono incluse nel modello; può essere infatti definita una relazione di moderazione, di mediazione, di soppressione o di semplice covariazione.
Nel caso di covariazione questa terza variabile che entra a far parte del legame esistente tra variabile indipendente e variabile dipendente, non altera in maniera significativa questa variazione.
Nel caso di moderazione, la variabile esterna, altera la direzione o la forza della relazione stessa, ci si trova ad avere a che fare con una relazione condizionata in cui si esprime quando e in quali circostanze essa si verifica.
Nel caso di mediazione, invece, ci si riferisce al meccanismo in cui si verifica un determinato effetto, e questa relazione si struttura sull’esistenza di quattro condizioni:
1. La variabile indipendente spiega variazioni nella variabile mediatrice 2. La variabile mediatrice spiega variazioni nella variabile di esito finale 3. La variabile indipendente spiega variazioni nella variabile dipendente
4. La variabile indipendente non spiega più variazioni nella variabile di esito finale quando il modello include la variabile mediatrice
La mediazione ha a che fare con variabili intervenienti, prossimali e distali, di processo oppure di effetti diretti e indiretti; inoltre quando la relazione prevede la presenza di una
30
sola variabile mediatrice, si è nel caso della mediazione singola mentre, se c’è la presenza di più variabili mediatrici, allora si è nel caso di mediazione multipla. 42
Per quanto concerne il caso in esame, si può dire di avere a che fare con una mediazione singola in cui si suppone che la variabile indipendente (scenario di obsolescenza programmata) influisca sulle diverse variabile dipendenti (intenzione d’acquisto, passaparola e atteggiamento nei confronti del marchio SKT), essendo mediata dal fattore delle emozioni positive.
Il seguente modello è esprimibile come segue
Da questo modello, si può desumere che tra la variabile indipendente SCENARIO e le variabili dipendenti esiste un effetto diretto denominato con τ1 e tra lo scenario e le emozioni positive e tra le variabili dipendenti e le emozioni positive esistono invece effetti indiretti denominati rispettivamente α e β tali per cui si ha un effetto totale uguale a τ = τ1 + αβ.
42 Pietrantoni, L., & Prati, G. (2008). Mediatori e moderatori nella ricerca psicosociale: una riflessione metodologica. Psicologia sociale, 2, 325-328.
SCENARIO 1. Neutro 2. Obsolescenza
VARIABILE DIPENDENTE / CRITERIO 1. Probabilità d’acquisto 2. Passaparola 3. Atteggiamento VS SKT (Post) EMOZIONI POSITIVE Figura 4
31
3.2 Raccolta e analisi dati
L’esperimento effettuato si basa sulla progettazione di un questionario composto da una serie di domande, prevalentemente scale di valutazione di tipo Likert, con punteggio 1-7, e domande a risposta singola per valutare i costrutti delle variabili indipendenti, dipendenti, di controllo e ai mediatori scelti.
Il questionario è suddiviso sostanzialmente in quattro parti:
- La prima consiste nella descrizione di un’azienda di marca fittizia, chiamata SKT, in cui si espone il principale business aziendale, si elencano le attività primarie e le caratteristiche su cui si fonda la strategia. A seguito di questa descrizione il questionario si apre con tre domande molto generali, una che va a valutare quanto il rispondente sia d’accordo con la mission aziendale espressa, la seconda che valuta il grado di connessione dell’individuo con il brand, detto anche costrutto SBC self-brand connession e la terza che si articola di tre affermazioni che valutano l’atteggiamento nei confronti del Brand prima della sottoposizione alla manipolazione della variabile indipendente.
- La seconda parte si può considerare come la parte centrale dell’esperimento; è qui infatti che avviene la manipolazione della variabile X (tipi di obsolescenza programmata) dalla quale si aprono tre diversi scenari: il primo in cui si ha uno stimolo neutro della variabile indipendente dove viene descritta un’azienda che, adottando un corretto atteggiamento aziendale, stimola il consumatore ad acquistare il nuovo prodotto solo quando il precedente ha raggiunto la sua fine per ragioni di decadenza fisica; il secondo scenario è volto invece a mettere in evidenza l’aspetto psicologico dell’obsolescenza programmata: in questo caso infatti viene descritta un’azienda che effettua una specifica comunicazione ad hoc così da sollecitare l’acquisto del prodotto prima che questo diventi obsoleto affinché il consumatore raggiunga un più alto livello di riconoscimento sociale. L’ultimo scenario, infine, è quello in cui si ha uno stimolo funzionale dell’OP in cui si descrive un azienda che effettua alterazioni di prodotto in modo tale che il consumatore sia spinto all’acquisto di un nuovo prodotto prima che questo diventi obsoleto.
- La terza parte è quella in cui vengono valutate tramite delle scale validate trovate in letteratura, le variabili dipendenti oggetto di studio, quali l’intenzione di acquisto, il passaparola e l’atteggiamento nei confronti di SKT dopo l’effetto di
32
manipolazione; inoltre si inserisce anche un mediatore dell’emozione che comprende aggettivi che valutano Symphathy.
- L’ultima parte è quella che riguarda l’analisi delle variabili di controllo quali l’atteggiamento del rispondente al tema dell’OP, l’atteggiamento ambientale e la loyalty proneness, che valuta l’attaccamento dell’intervistato nei confronti di un prodotto di marca in generale; sono state inserite anche domande a risposta singola volte ad indagare quale marca di smartphone fosse posseduta attualmente ed in precedenza e se il soggetto intervistato si fosse mai accorto di un qualche difetto nel telefono posseduto, al fine di capire la durata media di vita degli smartphone degli intervistati. Infine, la parte conclusiva è stata dedicata ad acquisire dati socio-demografici (sesso, età e titolo di studio) per riconoscere il target medio dei rispondenti all’esperimento.
La struttura del questionario presentato è riportata in appendice.
Il campione ottenuto per il seguente studio è stato creato attraverso un metodo di campionamento non probabilistico a scelta ragionata, in cui la probabilità di ogni unità statistica di partecipare all’indagine non è assolutamente nota. Tuttavia, questo tipo di campionamento, se da una parte rende più comoda e pratica la creazione del campione, perché le unità sono più rapidamente intercettabili in “unico luogo”, dall’altra però, non determina una rappresentatività del campione e soprattutto sono ricorrenti vizi dovuti ad errori sistematici ed i dati rischiano di essere poco affidabili43. Tuttavia, non avendo una lista di campionamento da cui partire, il metodo più efficace per condurre l’indagine è quello descritto.
Nello specifico, il questionario è stato somministrato attraverso la modalità WI web interview, ad un campione composto da 124 studenti intercettati, inviando il link dell’indagine, estratto attraverso la piattaforma Survey Monkey44, sui gruppi Facebook dei diversi corsi triennali e magistrali del dipartimento Economia e Management presso l’Università di Pisa e sui gruppi Whatsapp facenti riferimento ad altri corsi di studio.
Una volta strutturata una prima bozza del questionario, questa è stata sottoposta al test-pilota effettuato su un campione di 8 studenti universitari. In fase di test, sono stati
43
http://www.federica.unina.it/sociologia/metodologia-e-tecnica-della-ricerca-sociale/campionamento-non-probabilistico/
33
riscontrati alcuni errori di progettazione e sono state quindi modificate alcune delle domande per renderle maggiormente comprensibili.
Per la somministrazione del questionario, l’intero campione è stato automaticamente ripartito in tre gruppi: grazie alla selezione dell’opzione Test A/B sulla piattaforma Survey monkey, è stato possibile effettuare u processo di randomizzazione su di esso, che ha permesso ad ognuno di questi gruppi di visionare un solo ed unico scenario di manipolazione e di condurre l’indagine facendo riferimento soltanto alla situazione che veniva presentata.
Per quanto riguarda l’analisi dei dati, servendosi del programma Excel su Windows, è stata fatta un’analisi preliminare sul campione: sono state esaminate una per una le variabili socio-demografiche sesso, età e titolo di studio, per capire come fosse strutturata l’intera popolazione e successivamente si sono condotte analisi incrociate tra queste e le risposte dei partecipanti alle domande a risposta singola, grazie all’uso delle Tabelle Pivot.
Dopodiché, servendosi del programma di analisi statistica SPSS sono state calcolate le medie su ciascuna delle variabili dipendenti, di controllo ed anche del mediatore per rendere possibile l’effettuazione dell’analisi della ANOVA (analisi della varianza) per verificare quanto gli scenari di manipolazione hanno avuto effettivamente successo nel determinare la variazione sulla variabile dipendente (tipi di obsolescenza programmata). È stata anche effettuata l’analisi di mediazione della variabile emozioni positive sulla relazione lineare esistente tra la variabile scenario (neutro/obsolescenza) e le variabili risposta, per verificare l’effetto che il mediatore può determinare nella relazione. Un’ ulteriore passo è stato fatto con l’analisi dell’ANCOVA (analisi della covarianza); attraverso un modello lineare di multivariate è stato possibile mettere in evidenza l’influenza che altre variabili presenti nel modello possano avere sulla variazione della variabile dipendente. Inoltre, nel modello è stato possibile visionare se esistessero delle possibili variazioni tra le variabili coinvolte e, attraverso la correlazione, mettere in evidenza l’eventuale positività o negatività di questi legami.
Infine è stato esplorato il livello di affidabilità della scala e il livello di affidabilità tra i vari item di essa: questa analisi è stata effettuata su ciascuna delle scale inserite nell’indagine per valutare la significatività del costrutto delle variabili dipendenti di controllo e dell’effetto mediatore.
34
4. RISULTATI
4.1 La composizione del campione
Al fine di conoscere la conformità del campione che è stato sottoposto all’indagine, inizialmente è stata condotta un’analisi preliminare per capire, nel dettaglio, come in esso fosse ripartito il sesso, l’età e il titolo di studio. Attraverso l’uso del programma Excel sono emersi i seguenti dati:
Si può notare che il campione, formato da 124 rispondenti comprende, 91 partecipanti Femmine (73,4%) e 33 partecipanti Maschi (26,6%). Per quanto concerne l’età si ha, invece, una percentuale maggiore di persone tra 23-27 anni, il 67,7%, di seguito una percentuale del 25,8% di partecipanti con età compresa tra i 18-22 anni ed infine una percentuale minima del 6,5% di persone di età compresa tra i 28-32 anni.
SESSO Totale per Sesso
F 91 M 33 Totale complessivo 124 Tabella 1 ETA’ Totale
per Età % per Età
23-27 84 67,74% 18-22 32 25,81% 28-32 8 6,45% Totale complessivo 124 100,00% Tabella 2
32
84
8
ETA'
18-22 23-27 28-32 0 20 40 60 80 100F
M
91
33
SESSO
Grafico 1 Grafico 235 ETÀ PER TITOLO
DI STUDIO Età Titolo di studio 18-22 18-22 23-27 23-27 28-32 28-32 Totale complessivo Totale complessivo Diploma superiore 26 20,97% 11 8,87% 1 0,81% 38 30,65% Laurea di 1° livello 5 4,03% 52 41,94% 2 1,61% 59 47,58% Laurea magistrale 1 0,81% 18 14,52% 3 2,42% 22 17,74% Master 0 0,00% 3 2,42% 2 1,61% 5 4,03% Totale complessivo 32 25,81% 84 67,74% 8 6,45% 124 100,00% Tabella 3
La ripartizione del titolo di studio viene analizzata per fasce di età dalla tabella 3: si ha una numerosità maggiore nella fascia di età compresa tra i 23-27 anni, circa il 68%, di cui il 42% di questi, sono identificabili come studenti universitari che hanno conseguito la laurea di 1° livello. Inoltre, si osserva una percentuale di circa 18%, di studenti tra i 18 e i 32 anni che hanno conseguito la laurea magistrale ed una percentuale esigua del 4% di studenti che hanno perfezionato gli studi con un Master.
È possibile, quindi, riassumere questi dati definendo che, il campione è prevalentemente formato da “studenti universitari” in quanto, circa il 70% dei partecipanti ha frequentato gli studi accademici. Dalla tabella 4, inoltre, si deduce che, in prevalenza, il 53% del totale complessivo è di genere femminile e di età compresa tra i 23 e i 27 anni.
ETÀ PER SESSO Sesso
Età F M Totale complessivo
18-22 21 11 32
23-27 65 19 84
28-32 5 3 8
Totale complessivo 91 33 124 Tabella 4
36
Effettuata, quindi, una descrizione della composizione interna del campione, si passa ad analizzare i dati risultanti dalle domande a risposta singola, riguardanti la marca di smartphone posseduta in precedenza e quella posseduta attualmente e il tempo che è intercorso tra la tra l’una e l’altra, per evidenziare la durata media di utilizzo di una specifica marca da parte dei partecipanti.
Tabella 5
Dalla tabella precedente, la marca di smartphone più duratura risulta essere LG anche se, questo dato, è risultante soltanto da due dei partecipanti all’indagine; si dimostra, quindi, essere poco significativo. Le marche più “gettonate” risultano essere Apple, Samsung e Huawei in quanto, rispettivamente, 61 rispondenti hanno selezionato di avere avuto precedentemente un telefono a marchio Apple, 36 rispondenti lo hanno avuto di marca Samsung e 13 studenti di marca Huawei. Se si analizza la durata media di questi tre marchi, si nota un valore che si aggira intorno ai 3 anni (3,02 per Apple, 2,93 per Samsung) ed un valore invece più vicino a 2 per la marca Huawei. In generale, quindi, si può attestare che gli studenti mantengono in vita i loro smartphone all’incirca per 3 anni.
Marca posseduta attualmente Marca
posseduta in precedenza
WIKO APPLE GOOGLE HTC HUAWEI LENOVO LG NOKIA SAMSUNG TOTALE COMPLESSIVO HONOR 1 1 APPLE 2 54 1 2 4 11 74 ASUS 1 1 HUAWEI 1 6 1 6 1 15 30 LENOVO 1 1 MEIZU 1 1 SAMSUNG 1 1 1 1 9 13 XIAOMI 3 3 TOTALE COMPLESSIVO 3 61 1 2 13 1 2 5 36 124 Tabella 6
Marca
Durata media
LG 3,50 NOKIA 3,40 APPLE 3,02 GOOGLE 3,00 LENOVO 3,00 SAMSUNG 2,93 WIKO 2,33 HUAWEI 2,19 HTC 2,00