Catalizzatori supportati su vetro a base di ossidi metallici per l’abbattimento di ozono:
un’indagine preliminare ad un loro utilizzo in campo.
Marco Minella
marco.minella @unto.it
, Giuseppe Locatto,Davide Vione, Claudio Minero
Dipartimento di Chimiche, Università degli Studi di Torino, Torino, 10125, Italy1. Introduzione
L’ozono in troposfera è un agente tossico che provoca danni al sistema respiratorio ed è, insieme agli ossidi di azoto (NOx) ed ai composti organici volatili (VOC), uno degli attori principali delle reazioni che causano lo smog fotochimico.[1] Possono inoltre esistere sorgenti emissive primarie di ozono visto il suo vasto utilizzo in importanti processi industriali, quali il trattamento dell’acqua potabile e del suolo, la disinfezione di prodotti vegetali e animali, il candeggio tessile, l’ossidazione completa dei gas di scarico derivanti dalla produzione di vari prodotti chimici organici e la sterilizzazione delle forniture mediche. La presenza di ozono in contesti in-door solleva il problema, tecnologicamente importante, della sua decomposizione catalitica, in quanto l’ozono è termicamente stabile fino a 523 K ed è necessario l’impiego di catalizzatori per decomporlo a temperature inferiori. Per esempio, nelle cabine d’aereo l’aria esterna deve essere purificata dall’ozono (presente negli alti strati atmosferici in concentrazioni anche significative) prima che possa essere fatta circolare. In ambienti lavorativi, l’aria di raffreddamento proveniente da fotocopiatrici e stampanti laser trasporta l’ozono generato da processi di scarica corona e deve essere trattata prima del rilascio. [2] Spesso vengono utilizzati come filtri adsorbenti sistemi a base di carbone attivo e zeoliti. La necessità del loro costante ricambio ha spinto l’interesse verso tecnologie di abbattimento basate su filtri catalitici. Tali filtri sono per lo più utilizzati nel trattamento di aria per la ventilazione e dunque devono operare a temperatura e pressione ambientali, in presenza di vapore acqueo e ad alti flussi. Esistono vari catalizzatori messi a punto a questo scopo costituiti da metalli nobili quali Au, Pt, Pd e Rh oppure da ossidi metallici di Mn, Co, Cu, Ni, Fe e Ag.[3] L’alto costo dei metalli preziosi ha spinto l’interesse verso gli ossidi metallici, utilizzati sia singolarmente che in combinazione. L’efficienza nella decomposizione dell’ozono dipende da vari fattori, tra cui la tipologia e la geometria dei supporti utilizzati ed il tempo di contatto del gas con la superficie catalitica oltre che, ovviamente, dalla natura del catalizzatore utilizzato.
Il presente lavoro indaga l’uso di ossidi di manganese, cobalto e nichel supportati su ossido di titanio e depositati su vetro sotto forma di film sottili come catalizzatori per l’abbattimento di ozono, valutando per mezzo di un reattore in flusso le loro prestazioni al variare di una serie di parametri ambientali di interesse quali l’umidità, la pressione parziale di ossigeno, la presenza di sostanze riducenti (es° VOC) e la concentrazione stessa di O3.
2. Risultati e discussione
I risultati delle misure effettuate hanno mostrato generalmente prestazioni migliori da parte dell’ossido di cobalto, seguite da quelle su ossido di nichel ed infine da quelle su ossido di manganese.
Si è osservato una dipendenza lineare della velocità di abbattimento dalla concentrazione di ozono, confermando l’esistenza di una cinetica del primo ordine, in conformità con quanto affermato nella maggior parte della letteratura recente sull’argomento.[3]
La pressione parziale di ossigeno nel flusso influisce debolmente sulla velocità complessiva diminuendola. Ciò può essere interpretato nell’ottica dell’instaurarsi del generico equilibrio 2O3  3O2, in cui il grado di spostamento verso
destra dipende dalla pressione parziale di ossigeno.
Si è constatato che l’attività dei catalizzatori diminuisce nel tempo e che il loro uso prolungato lede la loro efficienza. Al problema della disattivazione si può porre rimedio sottoponendo il materiale a ad un semplice trattamento termico; questo è un aspetto importante da considerare per le future applicazioni pratiche. Si potrebbe immaginare la messa a punto di sistemi che facciano uso di più unità contenenti filtri catalitici, le quali vadano incontro a fasi consecutive di lavoro e di rigenerazione termica, in modo alternato le une rispetto alle altre. Un’alternativa è quella che prevede l’utilizzo dei catalizzatori in condizioni continue di alta temperatura. Questa scelta è stata ad esempio proposta in un brevetto di proprietà BASF relativo ad una vernice utilizzata per ricoprire i radiatori delle automobili (parte del veicolo sottoposta ad un costante riscaldamento) contenente un catalizzatore a base di ossido di manganese per l’abbattimento di ozono. [4]
Si è visto inoltre che l’umidità rappresenta una fonte di riduzione dell’attività catalitica e che l’ossido di manganese è, tra i materiali testati, quello che offre la miglior resistenza, in proporzione all’attività presentata con gas secchi, alla presenza di vapore acqueo, seguito dall’ossido di cobalto e da quello di nichel. In vista di applicazioni pratiche di questi sistemi catalitici sarebbe dunque ipotizzabile l’adozione di uno strumento di deumidificazione dell’aria, che agisca prima che il flusso raggiunga il filtro catalitico.
Infine, la presenza di concentrazioni anche piccole di composti organici volatili porta ad un miglioramento significativo dell’efficienza di abbattimento di ozono. Ciò può essere interpretato considerando il fatto che i cicli catalitici che portano alla decomposizione dell’ozono vedono come stadio cineticamente importante la conclusiva riduzione di stati ossidati del metallo di transizione [5]; tale stadio viene presumibilmente accelerato dalla presenza di composti riducenti quali i VOC.
L’utilizzo di ossidi di metalli di transizione si è rivelata una soluzione funzionale all’abbattimento dell’ozono. Questi catalizzatori presentano costi ridotti rispetto a quelli aventi come siti catalitici metalli nobili, i quali sono più difficili da reperire e meno adatti per applicazioni su larga scala.
Dal punto di vista tecnologico ulteriori sforzi saranno mirati alla preparazione di catalizzatori aventi conversioni maggiori unitamente ad una scarsa disattivazione, così da allungare il più possibile il tempo del loro utilizzo, abbattendo sia i costi legati alla loro sostituzione, sia quelli legati al trattamento necessario per il loro recupero o smaltimento, e riducendo, allo stesso tempo, l’impatto ambientale connesso alla loro dismissione.
Dal punto di vista della ricerca scientifica, necessita ancora di ulteriori approfondimenti il meccanismo dettagliato di funzionamento, anche negli aspetti legati al ruolo dell’umidità. Una piena conoscenza dei meccanismi che hanno luogo sulla superficie catalitica permetterebbe infatti di affrontare con un bagaglio conoscitivo maggiore i problemi tecnici legati al numero elevato di variabili che devono essere ottimizzate in fase di produzione dei catalizzatori.
Bibliografia
[1] B. J. Finlayson-Pitts, J. N. Pitts, Jr., Chemistry of the Upper and Lower Atmosphere, Elsevier Inc. London, 2000. [2] C. J. Weschler, H. C. Shields, D. V. Naik (1989) Indoor Ozone Exposures, J. Air Waste Manage. Assoc. 39, 1562-1568.
[3] B. Dhandapani, S.T. Oyama (1997) Gas phase ozone decomposition catalysts. Appl. Catal. B-Environ. 11, 129-166C.
[4] J. W. Garner et al., Patent PCT/US03/15980.
[5] W. Li, S. T. Oyama (1998) Mechanism of Ozone Decomposition on a Manganese Oxide Catalyst. 2. Steady-State and Transient Kinetic Studies. J. Am. Chem. Soc. 120, 9047-9052.