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La tutela del lavoratore distaccato tra libertà comunitarie e norme imperative. Metodo di conflitto e contratto di lavoro con elementi 'dinamici' di estraneità.

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Academic year: 2021

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Relazione scientifica

La candidata conclude il suo ciclo di studi con una tesi dal titolo “La tutela del lavoratore distaccato tra libertà comunitarie e norme imperative. Metodo di conflitto e contratto di lavoro con elementi ‘dinamici’ di estraneità”.

Il lavoro della Dott.ssa Federica Amici si caratterizza per l’assunzione di una prospettiva di ricerca preordinata allo studio dell’eterogeneo sistema di fonti in base al quale viene determinata la disciplina applicabile al lavoratore distaccato nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi.

L’attenzione viene concentrata, in particolare, sul micro-sistema di conflitto costituito dagli artt. 3, 8, 9 e 21 del regolamento Roma I, nonché sull’interazione operativa di tali norme tra di loro e con la direttiva n. 96/71/Ce, la quale svolge, rispetto alle prime, un complesso ruolo di integrazione, fonte di rilevanti dubbi interpretativi.

La candidata inaugura l’analisi con una prima parte incentrata sulla qualificazione del fenomeno distacco: poiché la direttiva 96/71/Ce si inserisce nel sistema di conflitto adattando, mitigandolo, il criterio del locus laboris, una lettura corretta della categoria del distacco si presenta, dunque, come il primo, indispensabile, passo per contribuire ad evitare forzature nell’applicazione formalistica di tale regola e della legge che essa, di volta in volta, individua.

La questione della qualificazione viene affrontata anche con riferimento alle nozioni relative ai mezzi di circoscrizione della volontà dei contraenti.

La definizione dei concetti di norma imperativa, norma di applicazione necessaria e ordine pubblico è, infatti, operazione necessaria: tracciare il confine tra un limite e l’altro – ma, anche, rilevare l’eventuale sovrapposizione degli stessi – è utile a stabilire in che ordine e con quale intensità tali strumenti possano intervenire ad influenzare la scelta fatta dalle parti.

Al fine di cogliere la concretezza del contrasto fra imperatività locale ed esigenze del diritto comunitario e comprendere se e su quale equilibrio la Corte sia riuscita a ri-costruire questo rapporto dialettico, la seconda parte dello studio

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propone un’analisi nel dettaglio del quadro normativo, con un’attenzione particolare rivolta al reperimento delle rispondenze interne fra le disposizioni contenute nelle diverse fonti che strutturano il microsistema di conflitto ed alla individuazione delle eventuali incoerenze presenti all’interno dello stesso.

L’analisi di tali profili internazionalprivatistici – centrale nella ricerca della Dott.ssa Amici – si snoda parallelamente a quella delle più significative pronunce della Corte di giustizia sul rapporto tra i singoli strumenti mediante i quali opera il sistema di conflitto (norme imperative, norme di applicazione necessaria e ordine pubblico) e le libertà comunitarie, ciò al fine di comprendere secondo quali modalità ed entro quali limiti le differenti istanze sottese a ciascuno di questi elementi siano in grado di modellare la scelta della legge operata dalle parti.

Con lo specifico intento di verificare in che modo la Corte di giustizia utilizzi gli strumenti del microsistema di conflitto oggetto dell’indagine, viene proposta un’analisi delle recenti pronunce relative ai casi Laval, Viking, Rüffert e Commissione c/ Granducato di Lussemburgo.

Nell’elaborato proposto dalla Dott.ssa Amici, il ponte tra l’articolazione dell’analisi dell’impianto normativo a quella dell’applicazione giurisprudenziale degli strumenti che lo compongono è rappresentato dallo studio del c.d. test di compatibilità comunitaria, che alcuni autori1 chiamano “diritto internazionale

privato comunitario indiretto” e ritengono prodotto dal confronto obbligatorio tra i risultati dell’applicazione delle regole del diritto internazionale privato e i principi fondamentali del diritto comunitario.

Prof. Stefano Giubboni

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