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Academic year: 2021

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ISSN 2036-2293 DOI (in attesa di assegnazione) pp. 01-02 (21: 2020)

La scrittura dell’eccesso di Daniela Frascati

Raul Mordenti

Daniela Frascati, La mala eternità, Roma, Ensemble, 2020, pp. 354.

Dopo i romanzi Nuda vita del 2011, La passeggera del 2015 e la presenza di suoi racconti in numerose antologie (accanto a nomi come Camilleri, Carlotto, De Luca, Paola Staccioli, Guccini, Ravera, Balestrini, Della Mea, Giannini Belotti, etc.), con questo romanzo Daniela Frascati propone definitivamente il suo profilo di scrittrice originalissima nel panorama della narrativa italiana contemporanea.

Si tratta di una scrittura che definirei della sovrabbondanza e dell’eccesso, che rende impossibile qualsiasi annessione di La mala eternità ai generi dati della narrativa. Potrebbe essere un romanzo gotico, o un mistery, se non fosse che l’ambientazione è del tutto realistica, nella nostra campagna toscana con sullo sfondo perfino la crisi sociale e sindacale delle miniere di mercurio del Monte Amiata di Abbadia San Salvatore (patria della scrittrice), chiuse e abbandonate nel 1972. Potrebbe essere una quête psicoanalitica alla ricerca del padre ignoto, non a caso innescata dalla morte della madre e conclusa con l’ammissione di un’altra donna nella camera da letto della morta, se non fosse che del Telemaco protagonista non ci viene detto quasi nulla, e meno ancora del banalissimo Ulisse ricercato. Potrebbe essere un libro giallo ben costruito, con violenze e omicidi, e soprattutto truffe e inganni, ma ci sono guru e sétte, cadaveri imbalsamati e nane, collezioni di angeli e ricordi di prostituzione infantile, sosia e medici condotti resi succubi da piatti specialissimi, tutti elementi che debordano dai ristretti confini del giallo.

Altri trarrebbero due o tre, o più romanzi da tanto materiale fantastico, Frascati invece concentra (o piuttosto accumula) tutto in una sola narrazione che – straordinariamente – sta in piedi anche dal punto di vista dell’intreccio e della suspense.

Nel romanzo di Daniela Frascati abbondano i colori, ma soprattutto i sapori descritti con una convinta dovizia di sfumature, e anche gli odori compaiono ripetutamente e abbondantemente, così come si parla di cielo e di campi, di stelle e di vento, di buio e di sole accecante e caldissimo.

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Il lessico di Frascati corrisponde perfettamente alla sovrabbondanza tematica di cui si è detto: nel romanzo troviamo parole come “elettuari”, “repositori”, “saprofita”, “oculo della cupola” e i personaggi hanno nomi Angelo Moral e Novilio Pacuvio (ordinatore di caos), Ausilia Novalis e Aspasia Stimatina, Idolina, Aziz, Ottorino, Ivus, Fulgenzia, etc. Anzi, proprio in questa coerenza fra l’oltranza lessicale e l’eccesso dei motivi narrativi consiste la cifra del tutto personale di una scrittura già ora godibilissima e che di certo potrà fornire in futuro (governando un gusto immaginativo sovrabbondante) prove ancora più convincenti.

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