• Non ci sono risultati.

Sviluppo di un nuovo metodo adesivo basato sulla forza di Stefan

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Sviluppo di un nuovo metodo adesivo basato sulla forza di Stefan"

Copied!
70
0
0

Testo completo

(1)

 

UNIVERSITA’ DI PISA

Facoltà di Ingegneria

Corso di Laurea Specialistica in

Ingegneria dell’Automazione

Tesi di Laurea

Sviluppo di un nuovo metodo adesivo

basato sulla forza di Stefan

Candidato: Stefano Chiodi

Relatori:

Prof. Michele Lanzetta Prof. Antonio Bicchi Prof. Enrico Ciulli

(2)
(3)

 

Sommario

In robotica l’end-effector è la parte terminale di un manipolatore robotico che

ha il compito di interagire con l’ambiente circostante. Ogni end-effector sarà

studiato nella forma, nelle dimensioni, nei materiali, a seconda della specifica

operazione che deve svolgere, come ad esempio: movimentazione,

assemblaggio, foratura, saldatura, sigillatura, ecc. Esistono quindi una varietà

di end-effector, ognuno con pregi e difetti, che basano il loro principio di

funzionamento su leggi fisiche ben diverse, che vanno dalla normale presa

meccanica per attrito a principi chimici e termici.

Lo scopo di questo lavoro è quello di proporre un nuovo prototipo di

gripper, un end-effector atto alla movimentazione di materiale, che basi il

suo principio di funzionamento sulla forza di Stefan, una forza che si

manifesta tra due superfici in moto relativo tra di loro, quando vi viene

interposto un fluido.

La parte introduttiva del testo riguarda lo studio delle leggi teoriche e la

costruzione delle curve della forza al variare dei parametri. Nella seconda

parte viene proposto e sviluppato un modello fisico per il prototipo del

(4)

 

Dalla lettura dei grafici reali e dal confronto con quelli teorici è

possibile evidenziare le potenzialità di questa forza e valutarne la possibilità

di usarla come metodo di afferraggio alternativo a quelli fin ora in

commercio.

(5)

 

Indice

Capitolo 1

Introduzione...2

1.1 Descrizione di un robot industriale...2

1.2 Concetti base di un gripper...3

1.3 Congiuntive

gripper...5

1.4 Obiettivi della trattazione...6

Capitolo 2

La Forza di Stefan...7

2.1 Principio alla base della Forza di Stefan...7

2.2 L’equazione...8

Capitolo 3

Studio dell’Equazione...10

3.1 Scelta delle variabili da manipolare...10

(6)

 

3.4 Influenza del numero di pistoni...14

3.5 Analisi dei grafici e impostazione lavoro futuro...16

Capitolo 4

L’Apparecchiatura per gli Esperimenti...17

4.1 La Texture Analyzer...17

4.2 La Sonda...19

4.3 Il prototipo...21

Capitolo 5

Il Prototipo...22

5.1 Principi di funzionamento...22

5.2 I componenti...22

5.3 Il motore gli organi di trasmissione e il carter...24

5.4 Camme...25

(7)

 

Capitolo 6

I Test...32

6.1 Test no1: sperimenti con la TA...32

6.1.1 Scopo degli esperimenti...32

6.1.2 Preparazione...33

6.1.3 I grafici...34

6.1.4 Esperimenti con la fecola di patate...39

6.2 Test no2: esperimenti con Labview...42

6.2.1 Preparazione degli esperimenti...42

6.2.2 I risultati...43

6.3 Test no3:L’utilizzo della TA con il prototipo...44

6.3.1 Come sfruttare la TA...44

6.3.2 I risultati...45

Capitolo 7

Discussione e Risultati...48

(8)

 

Capitolo 8

Conclusioni...51

8.1 Risultati ottenuti...51

8.2 Sviluppi futuri...51

8.3 Ringraziamento...52

Appendice A...53

Bibliografia...60

Sitografia...60

(9)

 

Elenco delle Figure

Figura 1.1: Manipolatore industriale...3

Figura 1.2: End-effector...4

Figura 2.1: Deformazione di uno strato di fluido...8

Figura 2.2: Grandezze dell’equazione di Stefan...9

Figura 3.1: Andamenti teorici della forza di Stefan per un fluido

Newtoniano...11

Figura 3.2: Andamento teorico della forza per un fluido

dilatante... 13

Figura 3.3: Variazione del numero di pistoni...14

Figura 3.4: Oscillazione della forza in funzione del numero di pistoni...15

Figura 4.1: Texture Analyzer...18

Figura 4.2: Velocità imposta dalla Texture Analyzer...18

Figura 4.3: Disegno al CAD della sonda utilizzata...19

(10)

 

Figura 4.5: CAD completo della sonda assemblata e una sua

sezione...20

Figura 4.6: Foto della sonda ottenuta con la 3D printer...20

Figura 5.1: Componenti del prototipo...23

Figura 5.2: Assemblaggio ruota dentata...24

Figura 5.3: Problema impuntamento pistone...25

Figura 5.4: Profilo delle camme...26

Figura 5.5: Influenza del raggio medio della camma...26

Figura 5.6: Componenti e assemblaggio dei pistoni...28

Figura 5.7: Sezione di un pistone inserito nel carter...29

Figura 5.8: CAD completo del prototipo...29

Figura 5.9: Il prototipo di gripper...30

Figura 5.10: Vista interna del prototipo...30

Figura 5.11: Un albero di trasmissione del prototipo assemblato...31

Figura 5.12: Prototipo con 8 pistoni e camme di raggio elevato...31

Figura 6.1: Texture Analyzer e sonda assemblati...33

Figura 6.2: Grafici prodotti dalla variazione della sezione del

pistone...35

Figura 6.3: Grafici prodotti dalla variazione della velocità di

(11)

 

Figura 6.4: Grafici prodotti dalla variazione della velocità

di salita del pistone...37

Figura 6.5: Limitazioni della TA: perdita di dati negli

esperimenti...38

Figura 6.6: Evidenziazione di un solo ciclo di lavoro...39

Figura 6.7: Risultati dei test con la fecola di patate...40

Figura 6.8: Evidenziazione di un solo ciclo di lavoro dei test con

la fecola di patate...41

Figura 6.9: Esperimento con velocità di discesa minima...42

Figura 6.10: Risultati test con Labview...44

Figura 6.11: Posizionamento del prototipo...45

Figura 6.12: Grafici ottenuti dal prototipo...46

Figura 6.13: Evidenziazione di un ciclo di lavoro dei grafici

ottenuti con il prototipo...46

Figura 6.14: Grafico ottenuto con 8 pistoni in presa...47

Figura 7.1: Confronto grafici reali con grafici teorici...48

(12)

Capitolo 1: Introduzione

Capitolo 1

Introduzione

1.1 Descrizione di un Robot Industriale

Nell’era moderna l’automazione industriale ricompre un ruolo fondamentale nello sviluppo di molte aziende. L’elemento principale che caratterizza queste industrie moderne è il Robot, così definito dall’Robot Institute of America (1980):

“Un robot è una struttura meccanica multifunzionale e riprogrammabile progettato per spostare materiale, parti, utensili o dispositivi specializzati secondo movimenti variabili programmati per l’esecuzione di una varietà di compiti diversi”.

Un robot industriale è una struttura meccanica composta da una serie di corpi rigidi, detti link, interconnessi tra di loro per mezzo di articolazioni, i giunti. In un manipolatore industriale è possibile individuare diverse parti a seconda del loro scopo. I primi link, i più robusti, fanno parte della struttura portante, hanno il compito di fornire mobilità al robot e sostenere il peso del corpo da manipolare e di tutti i link successivi. Un secondo gruppo è identificato col nome di polso, sono i link che forniscono destrezza al robot e servono ad

(13)

Capitolo 1: Introduzione

orientare la parte terminale. Infine vi è l’end-effector, o parte terminale, che esegue il compito per cui il robot è utilizzato.

Figura 1. 1: Le diverse parti di un manipolatore industriale

Gli organi terminali possono essere distinti in due grosse categorie:

• organi di presa o pinze, detti gripper, svolgono operazioni come: palettizzazione, carico e scarico di merci, smistamento di parti;

• organi da lavoro, detti tools, le cui operazioni tipiche sono: saldatura, verniciatura, fresatura, foratura, taglio laser.

Il testo seguente proporrà una nuova tipologia di gripper, studiandone la fattibilità, ed evidenziandone gli eventuali pregi e i difetti.

(14)

Capitolo 1: Introduzione

1.2 Concetti base di un gripper

I gripper sono la parte terminale del robot che garantiscono il collegamento tra esso e l’oggetto da manipolare. Una definizione di gripper è stata fornita da G. J. Monkman [1]: “I gripper sono sottosistemi dei meccanismi di presa che forniscono un contatto temporaneo con l’oggetto da afferrare, assicurandone posizione e orientamento durante la movimentazione. La presa è ottenuta per mezzo di forze prodotte da appositi elementi. Il termine gripper viene usato anche nel caso non vi sia un effettivo serraggio, ma solo contenimento o sostegno dell’oggetto”.

Figura 1. 2: end-effector appartenente alla tipologia “organi di presa” di un robot industriale

In funzione del loro meccanismo di serraggio si possono distinguere 4 macroclassi di gripper [1]:

• Impactive: ganci o pinze che imprimono direttamente sull’oggetto una forza in grado di sollevarlo;

• Ingressive: aghi o spini che penetrano nell’oggetto da maneggiare garantendo la presa;

• Astrictive: si genera un campo di forza che tiene unito l’oggetto al gripper, generalmente il campo attrattivo è generato dalla pressione atmosferica o da un

(15)

Capitolo 1: Introduzione

• Congiuntive: si ha una forza adesiva unidirezionale che viene sviluppata da una sostanza interposta tra gripper e oggetto da manovrare.

Di seguito verranno approfonditi i Congiuntive gripper, per capire meglio le loro caratteristiche, dato che il testo ha come scopo quello di proporre un nuovo meccanismo di presa appartenente a questa tipologia di gripper.

1.3 Congiuntive gripper

A differenza delle altre tipologie di gripper, dove si ha un contatto diretto tra oggetto da manipolare ed end-effector, nei Congiuntive gripper, il collegamento tra queste due parti è fornito dall’apporto di un materiale specifico.

In base al tipo di materiale congiuntivo che viene utilizzato si possono distinguere differenti tipologie di gripper:

• termici, quando sfruttano la variazione di temperatura per attivare il processo; • chimici, quando si utilizzano degli strati di materiale adesivo fabbricato

appositamente per questo scopo o anche semplicemente delle colle;

• a fluido, quando viene interposto un fluido tra gripper e oggetto e questo funge da collante usando una sua propria caratteristica fisica, come per esempio la forza capillare o la tensione superficiale.

Un esempio di gripper termico venne proposto da Jing Liu [2], consiste in una pinza ad azionamento termico. Per interagire con l’oggetto viene apportato del fluido e una volta congelato, forma un collegamento solido tra le due parti.

Un recente lavoro fornito da Chary [3] fornisce un esempio di gripper chimico. Studiando il principio di adesione dei gechi, è stato possibile sviluppare un foglio adesivo

(16)

Capitolo 1: Introduzione

cilindrica dell’ordine del micron. Queste fibre forniscono un area di contatto elevatissima, quindi si generano forze di van der Waals sufficienti alla movimentazione del pezzo.

Come esempio per quanto riguarda i gripper a fluido viene riportato il lavoro di Iagnemma e Lanzetta [4]. Spargendo un fluido tra due superfici esso genererà una forza che si oppone al loro distacco, questa forza sarà una somma di diverse componenti come la forza capillare e la forza di snervamento del fluido stesso. Per poter sfruttare queste forze si è pensato di utilizzare un fluido magnetoreologico, in questo modo attivando o disattivando un campo magnetico è possibile alterare le proprietà fisiche del fluido, e quindi la forza di adesione, regolando così la presa e il distacco dell’oggetto da sollevare.

Il gripper proposto in questo testo appartiene alla categoria dei gripper a fluido, basando infatti il proprio principio di funzionamento sull’adesione prodotta dalla deformazione di un fluido ad elevata viscosità.

1.4 Obiettivi della trattazione

Ci sono quindi in commercio una grande varietà di organi di presa, ognuno dei quali presenta pregi e/o difetti in relazione all’oggetto che deve manipolare o all’ambiente di lavoro. Lo scopo di questo testo è fornire un alternativa ai numerosi dispositivi attuali, proponendo un gripper basato su un sistema di adesione innovativo.

Una ricerca approfondita sull’ordine di grandezza delle forze in gioco e su come ottimizzarle, ed un confronto diretto con i metodi fin ora utilizzati verrà rimandata a studi successivi qualora si decidesse di continuare con la ricerca.

(17)

Capitolo 2: La Forza di Stefan

Capitolo 2

La Forza di Stefan

2.1 Principio alla base della Forza di Stefan

Il prototipo di gripper proposto in questo testo basa il suo principio di funzionamento su una particolare forza cinematica che si manifesta quando si cercano di separare due piastre ed un fluido è frapposto tra di loro. Questa particolare forza fu studiata per la prima volta nel 1874 da J.Stefan [5], ed in suo onore gli fu dato il nome di Stefan Adhesion.

Se si allontanano le due piastre l’una dall’altra, il fluido cercando di rimanere a contatto con le due superfici, modificherà la propria forma geometrica (Figura 2.1) generando così un moto delle particelle all’interno del fluido. Il moto sarà ostacolato dalla viscosità del fluido stesso, generando quindi una forza atta ad ostacolare la deformazione, cioè l’allontanamento delle due piastre.

(18)

Capitolo 2: La Forza di Stefan

Figura 2.1: deformazione di uno strato di fluido tra due piastre

Lo studioso di biomeccanica Mark W. Denny riporta in un suo lavoro [6] un esempio di come questa forza di Stefan venga usata in natura. Mark menziona diversi molluschi gasteropodi, che sfruttando la forza di Stefan riescono a rimanere ancorati alle rocce. Essi sono dotati di un “piede” del raggio di circa 1 cm, tra questo piede e la roccia è frapposto uno strato di acqua di mare dell’ordine del centesimo di millimetro, e se si volesse distaccare il mollusco alla velocità di 1 mm/s-1, sarebbe necessaria una forza di

47N.

2.2 L’Equazione

Stefan nel suo testo propose la seguente equazione per la forza:

Equazione 2.1

parte da

parte da

manipolare

manipolare

sonda

sonda

parte da

parte da

manipolare

manipolare

sonda

h

1

R

1

R

2

h

h

2

R

η

π

h

h

R

F

3

!

4

2

3

=

(19)

Capitolo 2: La Forza di Stefan

dove è il raggio del cilindro di fluido, la distanza tra le superfici, la velocità di distaccamento delle superfici e è la viscosità del fluido. La forza è quindi proporzionale alla quarta potenza del raggio, alla velocità e alla viscosità, ed inversamente proporzionale al cubo della distanza delle piastre.

Figura 2.2: grandezze coinvolte nell’equazione di Stefan

R h h! η

oggetto da

manipolare

sonda

h

R

F

h

(20)

Capitolo 3: Studio dell’Equazione

Capitolo 3

Studio dell’Equazione

3.1 Scelta delle variabili da manipolare

Lo scopo del testo è quello di ottenere una forza positiva duratura nel tempo, da poter sfruttare per un gripper industriale, utilizzando il principio alla base della Stefan Adhesion. Per fare ciò prima di procedere con le prove sperimentali è conveniente analizzare e lavorare con l’Equazione 2.1.

Allontanando le piastre si sviluppa una forza positiva, ma il gripper che in un primo momento si è allontanato, successivamente dovrà riavvicinarsi, generando una forza negativa, ottenendo così una forza con media nulla. Bisogna trovare un metodo per far si che la forza di salita (pull-up force) sia superiore alla forza di discesa (pull-down force).

Trascurando il raggio (R), dettato dalla geometria del pistone del gripper, e quindi non modificabile, è possibile variare la velocità ( ) e/o la viscosità ( ) del fluido tra salita e discesa, in modo da generare due forze differenti, maggiori nella prima fase e minori nella seconda.

(21)

Capitolo 3: Studio dell’Equazione

3.2 Variazione della velocità

La velocità è il parametro più facile da modificare, in quanto dipende solo da quanto velocemente si muova il gripper, non è quindi un problema imporre due velocità differenti, una per il moto di salita e una per quello di discesa. Agendo solo sulle velocità l’equazione fornisce i seguenti grafici:

Figura 3.1: Andamento teorico delle forza di Stefan istantanea (①③) e della forza media (②④). la parte blu rappresenta quando la velocità è positiva (allontanamento tra le piastre), la parte verde quanto è negativa (avvicinamento). Raggio pistoni 6mm; vup 5mm/s and vdown 1.25mm/s (①②); vup media 5mm/s and vdown media

1.25mm/s (③④v ha un andamento sinusoidale); distanza tra le piastre di partenza 0.2mm; percorso pistone 0.5mm; viscosità 0.00001Ns/mm2; T è il tempo impiegato per un ciclo salita più discesa è 0.5 s

Il grafico ① (Figura 3.1) mostra dei picchi di forza massima quando le piastre sono alla minima distanza (all’istante 0), il che è giusto secondo l’equazione, ma questo grafico non potrà mai essere ottenuto, in quanto imponendo alla piastra un accelerazione limitata, da ferma non potrà mai iniziare a muoversi alla massima velocità, avrà bisogno di un tempo

0   T/5   2T/5   3T/5   4T/5   T   -10  

0   20  

40   Forza di Stefan teorica a velocità costante  

Tempo (s)   Stefan Force (N)   ①   0   T/5   2T/5   3T/5   4T/5   T   0   0.4  

0.8   Forza media nel tempo a velocità costante  

Tempo (s)   ②   0   T/5   2T/5   3T/5   4T/5   T   -5   0   10   20  

Forza di Stefan con velocità   Tempo (s)   Stefan Force (N)   ③   0   T/5   2T/5   3T/5   4T/5   T   0   0.4   0.8  

Forza media nel tempo a velocità sinusoidale    

Tempo (s)  

Medium Forces (N)

(22)

Capitolo 3: Studio dell’Equazione

minimo per raggiungerla. Per lo stesso motivo si genera un gradino attorno a 0.2T, perché in questo punto la velocità passa istantaneamente da essere positiva a negativa.

Questo grafico, puramente teorico, potrebbe essere migliorato ipotizzando un andamento reale per la velocità. Per ottenere i grafici ② e ④ è stato scelto un andamento sinusoidale. Durante la fase di salita (curva blu dei grafici), la velocità maggiore sviluppa una forza massima superiore rispetto alla fase di discesa (curva verde dei grafici), ma diminuendo la velocità il pistone per tornare alla posizione iniziale avrà bisogno di un tempo maggiore, ottenendo così una forza risultate nulla. Questo perché la forza di Stefan dipende in modo lineare dalla velocità, perciò una velocità di salita n volte maggiore rispetto alla velocità di discesa, genera una forza n volte superiore, ma che agisce per un tempo n volte più breve, lasciando così la risultante invariata.

3.3 Variazione della viscosità

Variare la viscosità non è semplice come variare la velocità, sono necessari dei fluidi particolari, tipo fluidi dilatanti o fluidi magnetoreologici [7]. Qui verrà analizzata solo la prima tipologia di fluidi.

Nei fluidi dilatanti la viscosità è proporzionale alla velocità di deformazione( ):

Equazione 3.1

dove n per i fluidi dilatanti è maggiore di 1.

Sostituendo l’Equazione3.1all’Equazione 2.1 si ottiene:

γ!

1

1 −

=

K

γ

n

(23)

Capitolo 3: Studio dell’Equazione

Equazione 3.2

dove:

è relazione tra velocità di deformazione di taglio e la velocità della piastra e

.

In questa nuova equazione, la forza dipende in modo esponenziale dalla velocità ( è elevato a potenza di un fattore n), quindi fornendo due velocità differenti tra salita e discesa, è possibile ottenere una forza media maggiore di zero. In Figura 3.2 è possibile vedere come la forza media sviluppata durante un periodo T sia maggiore di 0.

Figura 3.2: la parte blu rappresenta quando la velocità è positiva, la parte verde quanto è negativa.

Raggio pistoni 6mm; vup media 5mm/s; vdown media1.25mm/s; distanza tra le piastre di partenza

0.2mm; percorso pistone 0.5mm; T = 0.5s; n = 0.15; K1 = 0.00001; K2 = 1

I valori utilizzati per i fluidi dilatanti non sono basati su dati reali, servo solo a fornire l’andamento teorico della curva.

( )

3 3 3 4 1 2 1 1 2 1 3 4 1 1 2 1 3 4 1 2 1 3 4 3 4

2

3

2

3

2

3

2

3

2

3

h

h

K

h

h

R

K

K

K

K

h

h

R

h

K

K

h

h

R

h

K

K

h

h

R

h

h

R

F

n n n n n n n n

!

!

!

!

!

!

!

!

=

=

=

=

=

=

=

=

− − − − −

π

π

π

π

η

π

h K ! != 2 γ 4 1 2 1 3 2 3 R K K K n π − = h! 0   T/5   2T/5   3T/5   4T/5   T   0   10   20  

Forza di Stefan di un fluido dilatante e andamento delle velocità sinusoidale  

Tempo (s)  

-5  

0   T/5   2T/5   3T/5   4T/5   T   0.4  

0.8  

Forza media nel tempo di fluidi dilatanti e andamento delle velocità sinusoidale   Tempo (s)   Forza Media nel periodo T (N)   0   Stefan Force (N)

(24)

Capitolo 3: Studio dell’Equazione

3.4 Influenza del numero di pistoni

Dai grafici precedenti si evince che un pistone può generare una forza con media superiore allo zero nel suo ciclo di lavoro (tempo di salita più tempo di discesa), ma questa forza non sarà mai positiva per tutto il periodo. Quindi in via teorica un solo pistone potrebbe sollevare un oggetto, ma durante la fase di pull-down genererà sempre una forza negativa, il risultato sarà che questo moto di ascesa dell’oggetto risulterebbe intervallato da piccole perdite di quota. Dato che un gripper di questo tipo non potrebbe essere sfruttato in alcun campo, di seguito verrà proposto un metodo per attenuare questo problema, cercando di ottenere una forza il più possibile costante.

Figura 3.3: Stessi dati della Figura 3.2. Numero di pistoni 4/12/20/40 (N), ognuno è sfasato di un tempo T/N dal precedente. Le curve blu indicano la forza sviluppata da ogni singolo pistone nel

tempo, e la linea rossa la somma di queste forze.

0   T   -20

 

0

 

20

 

40

 

4 pistoni   0   -20

 

0

 

20

 

40

 

T/2   3T/4   T/4   T   T/2   3T/4   T/4   T   T/2   3T/4   T/4   T   T/2   3T/4   T/4   12 pistoni   0

 

-20

 

0

 

20

 

40

 

20 pistoni   0

 

-20

 

0

 

20

 

40

 

40 pistoni  

(25)

Capitolo 3: Studio dell’Equazione

Una soluzione potrebbe essere quella di usare più pistoni che generino lo stesso tipo di forza periodica, e di posizionarli sfasati di un tempo t=T/n, dove T è il tempo che occorre per completare un ciclo salita-discesa, ed n è il numero di pistoni.

I grafici in Figura 3.3 mostrano come si modifichi la forza totale (curva rossa) in funzione del numero di pistoni. Per un numero di pistoni elevato, avremmo che la forza tende ad essere una retta parallela all’asse delle ascisse e maggiore di 0.

Nella Figura 3.4 si vede come all’aumentare del numero di pistoni diminuisca la differenza tra il valore massimo e il valore minimo della forza generata, il passaggio da linea blu a linea verde indica il momento dopo il quale la risultante non assume mai valori negativi. L’andamento di questo grafico è influenzato dalla differenza tra velocità di salita e velocità di discesa. Il grafico rivela che usando 30 pistoni e con una velocità di discesa di circa la metà di quella in salita, si ottiene una forza che oscilla di un paio di Newton.

Figura 3.4: il grafico mostra quando oscilla la forza totale data da più pistoni, in funzione del loro numero, il colore verde indica da che numero di pistoni la forza totale non assume mai valori negativi.

I dati sono gli stessi della figura3.2, eccetto per la forza di discesa, che assume diversi valori: vdown media = un mezzo / un terzo / un quarto / un quinto / un sesto / un settimo divup media.

30   25   Numero di pistoni   Differenza tra forza massima e forza minima (N)  

Andamento della forza in funziona del numero di pistoni  

Vdown   crescente   20   15   10   5   0   25   20   15   10   5  

(26)

Capitolo 3: Studio dell’Equazione

3.5 Analisi dei grafici e impostazione lavoro futuro

I grafici forniscono una prova di come almeno teoricamente sia possibile sfruttare la legge di Stefan per produrre una forza positiva e con piccole oscillazioni nel tempo, quindi adesso si può procedere col produrre il prototipo di gripper e verificare se la forza reale segua gli andamenti teorici.

Di seguito verranno riportati i risultati di esperimenti atti a quantificare di quanto i grafici reali si discostino da quelli teorici, la ripetibilità dell’esperimento ed il degrado della forza per un tempo elevato di funzionamento, inoltre verranno riportati i grafici derivanti da più pistoni che lavorano simultaneamente.

(27)

Capitolo 4: Apparecchiatura per gli Esperimenti

Capitolo 4

Apparecchiatura per gli Esperimenti

Per eseguire gli esperimenti è stato necessario avere apparecchiature in grado di ricavare tutte le grandezze presenti nell’Equazione 2.1, solo in questo modo è stato possibile confrontare i grafici ottenuti con quelli teorici.

I requisiti dell’attrezzatura che è stata utilizzata sono: • sezione dell’area di contatto ben nota (R);

• poter leggere e/o conoscere la posizione e la velocità del provino durante tutte le fasi dell’esperimento (h e );

• poter leggere e/o conoscere la forza che agisce sul provino o da esso esercitata (F).

4.1 La Texture Analyzer

Per conoscere la posizione del provino e leggere le forze in gioco, è stata utilizzata la TA.XT Plus Texture Analyzer (Figura 4.1). La TA è una macchina in grado di leggere delle forze con una precisione di ± 0.1 g e degli spostamenti con un errore di ± 0.001 mm.

(28)

Capitolo 4: Apparecchiatura per gli Esperimenti

Figura 4.1:TA.XT Plus Texture Analyzer

La Texture Analyzer permette di impostare lo spazio che la macchina dovrà compiere con una determinata velocità o alternativamente si può imporre alla macchina di tenere la posizione per un determinato tempo. Una volta impostato il programma la macchina è in grado di leggere tutte le forze che agiscono sul provino e la sua posizione in ogni istante di tempo, fornendo così dei grafici forza-tempo oppure forza-spostamento.

Anche se la TA permette di impostare la velocità del sensore, questa rimane costante, mentre nei grafici teorici si era ipotizzato un andamento sinusoidale, quindi è stato necessario un altro macchinario per poter modificare la velocità.

Sonda Sond Vup Vdown Vdown Vdown

0

T/4

T/2

3T/4

(29)

Capitolo 4: Apparecchiatura per gli Esperimenti

4.2 La sonda

Grazie all’utilizzo della TA è stato possibile ricavarsi le variabili fisiche che compaiono nell’equazione, invece per ottenere il raggio dell’equazione, una grandezza geometrica, è stato necessario procurarsi una sonda di dimensioni note, da collegare all’estremità della Texture Analyzer.

La sonda è stata costruita su misura attraverso l’utilizzo di una stampante tridimensionale. Essa è composta da due parti, una superiore (o corpo) che ha il compito di collegarsi alla TA attraverso una vite, e sostenere l’altra parte; ed una inferiore (o testa) che ha il compito di interagire con il fluido attraverso una protuberanza di sezione ben nota (Figura 4.3, 4,5 e 4,6).

Per ottenere una varietà di test, è possibile smontare la testa della sonda e sostituirla con altre di varie sezioni, in modo da variare il raggio che appare nell’equazione di Stefan (Figura 4.4).

(30)

Capitolo 4: Apparecchiatura per gli Esperimenti

Figura 4.4: diverse teste della sonda, di sezione decrescente andando da sinistra verso destra.

Figura 4.5: La sonda completa al CAD a sinistra, mentre a destra una sua sezione

Figura 4.6: uno dei primi prototipi di sonda stampati una 3D printer. A sinistra una delle due parti del corpo capovolta, a destra la sonda completa.

(31)

Capitolo 4: Apparecchiatura per gli Esperimenti

4.3 Il prototipo

Per ricostruire i grafici ottenuti con le formule teoriche, resta solo di poter imporre alla sonda un moto sinusoidale, con velocità ben note in ogni istante di tempo. Per ottenere il profilo delle velocità voluto, è stato necessario costruire un prototipo di gripper.

Il prototipo rappresenta una parte fondamentale del testo, e la sua fabbricazione ha richiesto diverso tempo, per questo è opportuno dedicargli un capitolo a parte.

(32)

Capitolo 5: Il prototipo

Capitolo 5

Il prototipo

5.1 Principi di funzionamento

Il prototipo realizzato è stato in grado di fornire una velocità con un andamento sinusoidale, e con un rapporto tra tempo di salita e tempo di discesa ben noto. Per di più ha offerto la possibilità di poter far funzionare più pistoni in contemporanea, tutti sfasati tra di loro.

Per generare delle velocità sinusoidali sono state adoperate delle camme collegate a dei pistoni. Scegliendo opportunamente il profilo di una camma, è stato possibile imprimere al pistone ad essa collegata il moto desiderato.

5.2 I componenti

Il prototipo è formato da 4 alberi di alluminio, e sui quali è possibile inserire fino a 4 camme, ognuna collegata ad un pistone, ottenendo così fino a 16 pistoni che lavorano in contemporanea. La coppia del motore è trasferita agli alberi attraverso delle ruote dentate.

Nel prototipo si possono quindi distinguere le seguenti parti fondamentali: • motore;

(33)

Capitolo 5: Il prototipo

• componenti per la trasmissione, per portare la potenza generata dal motore alle camme;

• camme, di profilo sinusoidale utili per imporre il moto ai pistoni;

• pistoni, hanno un moto lineare imposto loro dalle camme, e interagiscono con il fluido;

• carter, per proteggere gli ingranaggi.

Figura 5. 1: le varie componenti del prototipo.

Principalmente i componenti che sono stati utilizzati per la fabbricazione del prototipo sono stati ordinati da McMater-Carr, un sito di forniture e materiali industriali [1], eccetto per le ruote dentate, per le quali è stato usato un motore di ricerca specializzato in ingegneria e prodotti industriali [2]; tutti questi componenti sono misurati in inch. Il motore utilizzato è un Maxon [3], non è stato necessario ordinarlo poiché era già a disposizione nei laboratori e non utilizzato, purtroppo risulta essere in mm e questo ha complicato leggermente la fabbricazione ed il montaggio del prototipo.

(34)

Capitolo 5: Il prototipo

5.3 Il motore, gli organi di trasmissione e il carter

Per ottenere la coppia richiesta è stato utilizzato un motore della Maxon, il moddello è il 148867 che presenta un diametro di 40mm. Il motore risulta di dimensioni notevoli ma la sua scelta è stata dettata dalla disponibilità imminente, piuttosto che da un accurato dimensionamento.

Il fatto che il motore sia misurato in mm, mentre tutte le altre componenti sono in inch, ha determinato un problema durante la fase di assemblaggio. Per risolvere questo problema è stata costruita una ruota dentata con il foro in millimetri, che quindi è in grado di essere agganciata sull’albero motore, mentre i denti sono stati fabbricati rispettando il modulo delle ruote dentate misurate in inch. Disegnata la ruota col CAD è stata realizzata tagliando un blocco di alluminio con macchina a taglio ad acqua (Figura 5.2).

Figura 5.2: assemblaggio della ruota.

Il carter similmente alla ruota è stato ottenuto con lo stesso macchinario, e

Motore

Ruota

Anello per trasmettere la coppia

(35)

Capitolo 5: Il prototipo

alluminio spesso il doppio, in modo da facilitare lo scorrimento dei pistoni all’interno degli appositi fori.

Figura 5.3: assemblaggio della ruota.

5.4 Camme

Le camme hanno una forma ben definita, hanno un profilo sinusoidale, la parte a raggio crescente occupa un ottavo della circonferenza della camma, mentre la parte discendente sette ottavi (Figura 5.4).

La differenza tra raggio minimo e raggio massimo, definisce la lunghezza del tragitto, questo unito alla velocità di rotazione dell’albero, fornisce la velocità alla quale si muove il pistone. Imponendo alle camme una velocità angolare costante, il rapporto tra profilo in salita e profilo in discesa ci fornisce la differenza tra velocità media di salita e di discesa. Asse di un Pistone Dp Dc Sezione di un foro del carter Dc >Dp carter con piccolo spessore carter con spessore elevato θ1 θ2 θ1>θ2

(36)

Capitolo 5: Il prototipo

Figura 5.4: profilo della camma.

Il raggio minimo della camma non dovrebbe influenzare l’andamento delle forze, ma in realtà una camma con un raggio molto piccolo, potrebbe correre il rischio che il pistone entri a contatto con essa in un altro punto rispetto a quello teorico (Figura 5.5). Una

soluzione al problema riscontrato potrebbe essere l’utilizzo di un pistone con una testa puntiforme, anche se quest’ultima aumenta il rischio di impuntamento e risentirebbe maggiormente dell’usura della camma.

45° Verso Ro tazio ne 45° r r R R-r Punto di contatto

teorico Punto di contattoreale

Pistone

o

(37)

Capitolo 5: Il prototipo

Il tragitto della camma non deve essere troppo elevato, altrimenti la forza, essendo proporzionale al cubo della distanza, risulterebbe trascurabile per gran parte del tragitto. E’ consigliabile quindi un tragitto breve, tenendo sempre a mente che un quest’ultimo potrebbe essere ampiamente influenzato dall’usura della camma.

Ogni pistone è stato collegato ad una camma sfasata rispetto a tutte le altre, in modo tale che nello stesso istante di tempo nessun pistone occupi la stessa posizione in salita o in discesa. In questo modo ogni camma esercitando una forza differente sull’oggetto da manipolare, ed occupando una posizione diversa nello spazio da tutte le altre, ha generato un momento angolare sul corpo. Lo sfasamento che deve avere ogni camma rispetto alla precedente è stato studiato cercando di minimizzare questo momento.

Negli esperimenti col prototipo, per semplicità, sono stati usati solo 8 pistoni, questo significa che sono state usate 8 camme ruotate rispetto alla posizione di partenza di i*45°, dove i indica la camma i-esima (Figura 5.12).

5.5 I Pistoni

I pistoni sono stati costruiti assemblando diversi elementi ordinati dal sito McMater-Carr. Sono composti da:

• viti con testa tonda; • molle;

• distanziatori a T;

• cilindretti di acrilico di dimensioni note; • bulloni;

(38)

Capitolo 5: Il prototipo

in più per il loro montaggio e corretto funzionamento è stato usato del nastro di nylon, una colla, e del lubrificante.

Figura 5.6: componenti singoli e assemblati dei pistoni usati nel progetto.

La testa della vite ha lo scopo di interagire con la camma, mentre il corpo è stato inserito all’interno del distanziatore e fissato ad esso per mezzo del filo di nylon. Il distanziatore è stato lubrificato ed ha il compito di scorrere all’interno del carter del prototipo minimizzando l’attrito, le sue pareti lisce diminuiscono il problema dell’impuntamento rispetto alla vite.

La molla è coassiale alle vite ed è stata inserita tra il carter e la testa a T del distanziatore.

(39)

Capitolo 5: Il prototipo

Figura 5.7: sezione del pistone inserito nel carter

Infine vi sono i cerchietti di acrilico che sono stati gli unici componenti non comprati ma ottenuti tramite una laser cutter, in questo modo è stato possibile scegliersi la loro dimensione, che definisce la variabile R dell’equazione di Stefan. Ad essi è stato attaccato attraverso una super colla un bullone che può essere avvitato sulla vite, in questo modo è stato possibile ridurre l’errore di coassialità tra vite e cerchietto di acrilico, che avrebbe causato una brusca diminuzione delle forze in gioco.

(40)

Capitolo 5: Il prototipo

Figura 5.9: vista esterna del prototipo montato

(41)

Capitolo 5: Il prototipo

Figura 5.11: alberi con contate le camme, le ruote dentate e i collar shaft

(42)

Capitolo 6: I Test

Capitolo 6

I Test

6.1 T est no1: esperimenti con la TA

6.1.1 Scopo degli esperimenti

Prima di costruire un apposito prototipo che sfrutti il fenomeno della Stefan Adhesion ed effettuare un dimensionamento accurato delle grandezze in gioco, è stato necessario verificare che le forze ottenute con questo metodo siano paragonabili con quelle fornite dai metodi attuali, e se e come possano essere sfruttate.

I primi esperimenti sono serviti a ricavarsi l’ordine di grandezza della forza, e constatare che questa forza sia stabile e facilmente riproducibile. Un'altra caratteristica è la velocità con la quale si possono eseguire i test, in modo da poterne effettuare un gran numero, cambiando ogni volta le variabili, come: velocità salita e di discesa, distanza minima, raggio pistone ecc.

Una volta ottenuta una mappa completa di come la forza sia influenzata dalle varie grandezze (Tabella no 1) è stato possibile sapere quale valore dei parametri permetta di massimizzare la forza e costruire quindi il provino sulla base di questi valori.

(43)

Capitolo 6: I Test

6.1.2 Preparazione

Per questi test rapidi è stata usata la TA, con l’aggiunta solamente di sonde stampate appositamente con una 3D printer da agganciare alla parte terminale della Texture Analyzer, perché il raggio del pistone è l’unica variabile che la TA non è in grado di modificare.

Figura 6.1: Text Analyzer con attaccata la sonda costruita con la 3D printer

In questo modo è stato possibile eseguire una varietà di esperimenti dove si sono potute modificare le variabili:

• dimensione del pistone;

• distanza iniziale tra pistone e piastra; • percorso del pistone;

• velocità di salita; • velocità di discesa.

(44)

Capitolo 6: I Test

I pistoni stampati con la 3D printer sono di tre dimensioni differenti, di 12 di 9 e di 6 millimetri. Per ognuno di questi pistoni sono state effettuate prove con diverse velocità di salita, principalmente 1.2 mm/s e 12 mm/s, e per ogni velocità di salita, una velocità di discesa pari ad un mezzo, un terzo ed un quarto. Infine ogni prova è stata effettuata imponendo 3 differenti lunghezze per il tragitto, di 0.2 di 0.4 e di 0.8 millimetri. Un riassunto dei test eseguiti è fornito dalla Tabella no 1.

Un’ulteriore variabile è fornita dal fluido utilizzato, che determina la viscosità che compare nell’equazione di Stefan. In questi esperimenti è stato usato principalmente il miele, questo perché è un fluido con una viscosità molto elevata (la stessa usata nei grafici teorici), e per questo motivo dovrebbe generare dei grafici più facili da essere percepiti dalla macchina e da essere interpretati. Per una minoranza di esperimenti è stato usato un secondo tipo di fluido, la fecola di patate, perché un fluido dilatante.

6.1.3 I grafici

Confrontando alcuni dei grafici ottenuti con i test, è possibile ricavare diverse informazioni utili.

Tenendo costante tutte le variabili eccetto la sezione del pistone si ottiene la seguente figura:

(45)

Capitolo 6: I Test

Figura 6.2: raggio pistone 12/9/6 mm; vup imposta alla TA 12mm/s; vdown imposta alla TA4mm/s; distanza tra le

piastre di partenza 0.65 mm; percorso pistone 0.4 mm;

Dal grafico si vede come la variazione del raggio è la grandezza che maggiormente influenza la forza, infatti passando da 6 mm a 9 mm di raggio, cioè un incremento del 50%, la forza massima aumenta quasi del 200% (passa da circa 0.8 N a 2.2 N). Sfortunatamente questa è la grandezza che maggiormente influenza anche le dimensioni di un ipotetico gripper, quindi non può essere modificata arbitrariamente, ma deve essere funzione dello spazio che si ha a disposizione e degli oggetti che si vogliono maneggiare.

Il successivo parametro analizzato e messo in evidenza dai grafici è la velocità di discesa: 0.05

 

0.1

 

0.15

 

0.2

 

0.25

 

0.3

 

0.35

 

0.4

 

-0.3

 

-0.2

 

-0.1

 

0

 

0.1

 

0.2

 

0.3

 

tempo (s)   Forza di Stefan(N)  

Influenza del raggio del pistone  

 

 

R = 12

 

R = 9

 

R = 6

 

(46)

Capitolo 6: I Test

Figura 6.3: Raggio pistone 12 mm; vup imposta alla TA 1.2mm/s; vdown imposta alla TA0.6/0.4/0.3 mm/s; distanza

tra le piastre di partenza 0.65 mm; percorso pistone 0.2 mm;

Dalla figura 6.3 si vede come diminuendo la velocità di discesa la curva si prolunga nel tempo, raggiungendo però picchi negativi minori, rispettando pienamente la formula teorica.

Alcuni test, al contrario dei precedenti, hanno fornito risultati inaspettati, come ad esempio la variazione della velocità di salita.

0.1

 

0.2

 

0.3

 

0.4

 

0.5

 

0.6

 

0.7

 

0.8

 

0.9

 

1

 

-0.08

 

-0.06

 

-0.04

 

-0.02

 

0

 

0.02

 

0.04

 

0.06

 

0.08

 

tempo (s)   Forza di Stefan (N)   Influenza di vdown  

 

 

vdown

 

 

= 0.6 mm/s

 

vdown

 

 

= 0.4 mm/s

 

vdown

 

 

= 0.3 mm/s

 

(47)

Capitolo 6: I Test

Figura 6.4: raggio del pistone 12 mm; vup imposta alla TA 24/18 mm/s; vdown imposta alla TAvup/2; distanza tra le

piastre di partenza 0.65 mm; percorso pistone 0.8mm;

In Figura 6.4 sono evidenziate due curve derivanti da esperimenti dove l’unico parametro modificato è la velocità di salita. Benché le velocita siano diverse, i grafici mostrano la stessa pendenza. Viene da pensare che questo aspetto sia dovuto ad un limite della TA, che non riesce ad imprimere velocità troppo elevate al provino in un tempo limitato. Oltre a non poter aumentare eccessivamente la velocità, la TA non permette di scegliere un andamento arbitrario per quest’ultima, per ovviare a questi inconvenienti è stata necessaria la costruzione del prototipo.

Un’altra particolarità dei grafici ottenuti con questi primi esperimenti, è la presenza di un gradino a fine di ogni ciclo macchina (Figura 6.5). Questo aspetto sembra essere dovuto ad una non lettura dei dati da parte della TA per qualche centesimo di secondo a fine di ogni ciclo.

0.0

 

0.

 

0.1

 

0.

 

0.2

 

0.

 

0.3

 

0.

 

0.4

 

0.

 

0.5

 

-0.4

 

-0.3

 

-0.2

 

-0.1

 

0

 

0.1

 

0.2

 

0.3

 

0.4

 

tempo (s)   Forza di Stefan (N)   Influenza di vup  

 

 

vup

 

 

= 24 mm/s

 

vup

 

 

= 18 mm/s

 

(48)

Capitolo 6: I Test

Figura 6.5: raggio del pistone 9 mm; vup imposta alla TA 12 mm/s; vdown imposta alla TA 4 mm/s; distanza tra le

piastre di partenza 0.35 mm; percorso pistone 0.8mm;

Sicuramente questo è un aspetto negativo, infatti la forza totale che si sviluppa durante un ciclo del pistone sarà ampiamente influenzata da esso, purtroppo non è possibile in alcun modo dedurre l’entità dell’errore dovuto a questa particolarità. I grafici che mostrano la forza media del ciclo (Figura 6.6), rivelano che essa è circa di 0.5N, un valore più alto delle aspettative (l’andamento teorico della curva dovrebbe corrispondere con quello visto in Figura 3.1). Un'altra ipotesi potrebbe essere che questo particolare miele utilizzato si comporti in minima parte come un fluido dilatante. Questo dubbio sarà chiarito con gli esperimenti condotti con il prototipo.

0.2

 

0.4

 

0.6

 

0.8

 

1

 

1.2

 

1.4

 

1.6

 

-4

 

-2

 

0

 

2

 

4

 

6

 

8

 

10

 

Tipologia di esperimenti no1: Forza di Stefan  

Tempo (s)   Forza di

Stefan (N)  

(49)

Capitolo 6: I Test

Figura 6.6: in alto si ha un solo ciclo della curva di figura 6.5, mentre in basso la forza media sviluppata da questa curva.

6.1.4 Esperimenti con la fecola di patate

Oltre al miele per una minoranza di test fatti in questo modo è stata usata la fecola di patate(Tabella no 1). Se si mescola della fecola di patate con dell’acqua, si ottiene un fluido non-newtoniano, cioè un fluido in cui la viscosità dipende dalla velocità di deformazione del fluido stesso. Questo fluido in particolare aumenta la propria viscosità all’aumentare della velocità, quindi l’esperimento condotto con due velocità diverse tra salita e discesa, dovrebbe causare un cambiamento di viscosità nelle due fasi, e di conseguenza due forze differenti (Equazione 2.1).

La prima particolarità che si evince da questi nuovi test è che i picchi di forza variano nel tempo. Mentre nei test effettuati col miele si ottenevano sempre curve molto simili tra di loro, qui i primi cicli differiscono notevolmente da quelli ottenuti dopo un certo tempo. 0

 

0.05

 

0.1

 

0.15

 

0.2

 

0.25

 

0.3

 

0.35

 

-6

 

-4

 

-2

 

0

 

2

 

4

 

6

 

8

 

1

 

1

 

Prima tipologia di esperimenti: Forza di Stefan per un solo ciclo  

Tempo (s)   Forza di Stefan(N)   0

 

0.05

 

0.1

 

0.15

 

0.2

 

0.25

 

0.3

 

0.35

 

0

 

0.5

 

1

 

1.5

 

2

 

Forza media nel tempo ciclo  

Tempo (s)   Forza

(50)

Capitolo 6: I Test

Figura 6.7: raggio del pistone 12 mm; vup imposta alla TA 1.2 mm/s; vdown imposta alla TA 0.6 mm/s; distanza tra

le piastre di partenza 1 mm; percorso pistone 0.2mm;

Questo aspetto potrebbe essere dovuto al fatto che il fluido necessiti di un tempo maggiore rispetto al miele per riassumere la posizione iniziale, che test a velocità troppo elevate non gli concedono.

In Figura 6.8 viene messo in evidenza un ciclo della forza di Stefan (quello compreso tra due line verticali rosse nella Figura 6.7) prodotta dalla fecola di patate e la sua forza media:

0.5

 

1

 

1.5

 

2

 

2.5

 

3

 

3.5

 

4

 

4.5

 

5

 

-0.04

 

-0.02

 

0

 

0.02

 

0.04

 

0.06

 

0.08

 

Experiment 1: Stefan Force with potato starch  

time (s)   Stefan

(51)

Capitolo 6: I Test

Figura 6.8: in alto si ha un solo ciclo della curva di figura 6.7, mentre in basso la forza media sviluppata da questa curva.

La curva della forza media presenta una pendenza negativa pressoché nulla, questo significa che la forza negativa prodotta durante la fase di discesa, è di gran lunga inferiore rispetto a quella positiva, quindi a parità di forza in gioco questo esperimento dovrebbe generare delle forze medie abbondantemente più elevate. Questo aspetto è evidenziato maggiormente in Figura 6.9, che riporta un esperimento ottenuto ponendo una velocità di discesa molto bassa.

3.

 

3.2

 

3.

 

3.3

 

3.

 

3.4

 

3.

 

3.5

 

3.

 

3.6

 

-

 

0

 

0.0

 

0.1

 

Sforza di Stefan prodotta dalla fecola di patate  

Tempo (s)   Forza di Stefan (N)   3.

 

3.2

 

3.

 

3.3

 

3.

 

3.4

 

3.

 

3.5

 

3.

 

3.6

 

-

 

-

 

0

 

0.00

 

0.0

 

0.01

 

0.0

 

Forza media di un ciclo  

 

tempo (s)   Forza

(52)

Capitolo 6: I Test

Figura 6.9: grafico prodotto da una forza con velocità di salita di 12 mm/s e velocità di discesa di 0.5 mm/s

Purtroppo la viscosità media della fecola di patate è inferiore rispetto a quella del miele, perciò le forze anche presentando un andamento favorevole, sono più piccole.

Visto che la fecola di patate ha mostrato un andamento non regolare, presenta un degrado, e forze più piccole, quindi più difficile da essere lette ed interpretate, per continuare gli esperimenti si è scelto di utilizzare come fluido il miele. Questi primi esperimenti servono solamente a conoscere meglio questa forza di Stefan, per questo motivo per i test seguenti si è preferito lavorare con una forza più facile da gestire e da interpretare.

6.2 Test no2: esperimenti con Labview

6.2.1 Preparazione degli esperimenti

Questo secondo test prevede l’utilizzo del prototipo del gripper, descritto nel capitolo 5. Il motore del prototipo viene collegato al software Labview, e per misurare le forze in gioco viene utilizzata una cella di carico, sempre collegata a Labview.

2  

Andamento della forza di Stefan prodotto dalla fecola di patate  

Stefan Force (N)   1.5   1   0.5   0   0   Tempo (s)   T   2T  

(53)

Capitolo 6: I Test

La cella di carico è stata fissata solidamente al terreno e su di essa è stato posto un oggetto da sollevare. Successivamente è stato posizionato il prototipo sopra la cella di carico, e sono stati regolati i piedini in modo da far entrare a contatto i pistoni cosparsi di miele del prototipo, con l’oggetto da manipolare. Con Labview è stato possibile azionare il motore impostando la velocità desiderata. Tutti i dati letti dalla cella di carico, e la velocità imposta al motore sono stati salvati per poi essere analizzati e manipolati col software Matlab.

6.2.2 I risultati

Sono stati svolti una gran quantità di test con questa modalità, ma tutti sono risultati ampiamente influenzati da un rumore di fondo. Non si è riuscito ad identificare cosa producesse questo rumore, se le apparecchiature elettriche troppo vicine, o poco schermate, o se le vibrazioni meccaniche troppo elevate nel prototipo.

Sono stati fatti diversi tentativi per minimizzare il rumore, sia introducendo strati di gomma, per assorbire le vibrazioni, tra le varie componenti dell’esperimento (tra la cella di carico-oggetto da sollevare e tra la cella di carico-prototipo), sia utilizzando dei filtri in Matlab per eliminare il rumore elettrico; eppure nessun sistema è servito a migliorare i grafici. In Figura 6.10 è riportato un esempio di grafico ottenuto durante questi test.

(54)

Capitolo 6: I Test

Figura 6.10: andamento della forza ottenuta con la seconda tipologia di Test

Questi test non hanno fornito alcun risultato, quindi è stato necessario trovare un altro metodo per poter leggere le forze generate dal prototipo costruito.

6.3 Test no3: l’utilizzo della TA con il Prototipo

6.3.1 Come sfruttare la Text Analyzer

In questi ultimi test, il prototipo è stato posizionato capovolto con i pistoni rivolti in alto verso la parte terminale della TA. La parte della TA che entra in contatto con i pistoni consiste di un una superficie piatta in acrilico, abbastanza grande da coprire tutti e 8 i pistoni utilizzati. 15   Tempo (s)   Forza (N)       10   5   0   -5   -10   0   T   2T   3T  

(55)

Capitolo 6: I Test

Figura 6.11: a sinistra si vede viene posizionato il provino, mentre a destra è evidenziato il generatore di tensione che alimenta il motore del provino

Per alimentare il motore durante questi esperimenti è stato usato un generatore di tensione. In questi esperimenti non si conoscono le velocità di salita e di discesa dei pistoni a priori, ma è stato possibile calcolarle a posteriori dai grafici, in quanto a differenti tensioni corrispondono differenti velocità di rotazione del motore.

6.3.2 I risultati

Questi test avendo le camme progettate su misura, hanno potuto eliminare i problemi forniti dalla TA, cioè l’accelerazione limitata e la non programmabilità della curva di velocità. In aggiunta durante questi esperimenti alla TA è stato imposto di leggere di continuo le forze che agiscono sul provino, senza interruzioni, eliminando così le perdite dei dati che apparivano nelle curve ricavate dai primi test.

I grafici mostrano una piccola oscillazione della forza, molto probabilmente dovuto alle vibrazioni meccaniche del prototipo. Nonostante questo aspetto i grafici presentano

(56)

Capitolo 6: I Test

Figura 6.12: raggio dei pistoni 6 mm; voltaggio di alimentazione 6V; forza di avvicinamento per la calibrazione 200g; percorso pistone 0.8mm; rapporto tra velocità di salita e di discesa 1/7;

Figura 6.13: in alto si ha un solo ciclo della curva di figura 6.11, mentre in basso la forza media sviluppata da questa curva.

I grafici ottenuti con questo metodo sono molto simili a quelli teorici, infatti nella

10

 

15

 

20

 

25

 

30

 

35

 

-1

 

0

 

1

 

2

 

3

 

4

 

Test numero 3: Forza di Stefan  

tempo (s)   Forza di Stefan (N)   0

 

0.1

 

0.2

 

0.3

 

0.4

 

0.5

 

0.6

 

-1

 

0

 

1

 

2

 

3

 

4

 

Text Analyzer & prototype experiment: Stefan Force  

time (s)   Stefan Force (N)   0

 

0.1

 

0.2

 

0.3

 

0.4

 

0.5

 

0.6

 

0

 

0.05

 

0.1

 

0.15

 

0.2

 

average force over time  

time (s)   Medium

(57)

Capitolo 6: I Test

valore della forza media fornita dai primi test fosse dovuto ad una limitazione della Texter Analyzer.

Sono stati eseguiti anche una minoranza di esperimenti con più pistoni in presa simultaneamente (Figura 6.14). Nel grafico sono distinguibili alcuni dei picchi rappresentanti la forza massima prodotta da ogni pistone, ma essi raggiungono quote differenti, questo perché i piccoli giochi interni del prototipo non permettevano ai pistoni di essere tutti paralleli al provino della TA e di raggiungere tutti la stessa quota, in questo modo ogni pistone generava una forza differente.

Figura 6.14: andamento della forza prodotta da 8 pistoni in presa

Con questo ultimo metodo sono stati eseguiti il minor numero di esperimenti, questa è stata una conseguenza del tempo limitato a disposizione per finire il lavoro. In basso è riportata una tabella che riassume gli esperimenti svolti in questo modo (Tabella no 2). -10   Tempo (s)   Forza (N)   -20   0   10   20   0   T   2T  

(58)

Capitolo 7: Discussione dei Risultati

Capitolo 7

Discussione dei Risultati

Dagli esperimenti risulta che i fluidi Newtoniani, come il miele, anche se con viscosità elevate, in assenza di altri fattori si dimostrano insufficienti a generare una forza positiva “costante” nel tempo, quindi è necessario l’utilizzo di fluidi non-Newtoniani.

Figura 7.1: I valori della curva rossa sono gli stessi della Figura 2.1. I valori della curva blu sono: raggio pistoni 6 mm; distanza tra le piastre 0.425 mm; percorso pistone 0.8mm; vup 9.8 mm/s; rapporto tra velocità di salita e di

discesa 1/7 0

 

0.1

 

0.2

 

0.3

 

0.4

 

0.5

 

0.6

 

-

 

0

 

1

 

2

 

3

 

4

 

Forza di Stefan: caso teorico vs caso reale  

Tempo (s)   Forza di Stefan (N)   0

 

0.1

 

0.2

 

0.3

 

0.4

 

0.5

 

0.6

 

0

 

0.0

 

0.

 

0.1

 

0.

 

0.2

 

Forza media in un tempo ciclo  

  Tempo (s)   Forza Media (N)  

 

 

Valore teorico  

(59)

Capitolo 7: Discussione dei Risultati

I test hanno anche rivelano che la forza segue fedelmente l’andamento teorico, come si può notare dalla figura 7.1, che mette a confronto la curva ricavata dall’equazione 2.1 e le curve ricavate dagli esperimenti, e questo aspetto vale anche per i fluidi non-Newtoniani. Per questo motivo è lecito pensare che un prototipo ben costruito possa sfruttare la forza prodotta da più pistoni in contemporanea, ed ottenere così una forza positiva con piccole oscillazioni.

A questo punto è conveniente riassumere i parametri del gripper e la loro influenza sulla forza:

• il raggio del pistone, questo è il valore che maggiormente influenza la forza, purtroppo è influenzato dallo spazio che si ha a disposizione e dal numero di cilindri necessari per ottenere una forza totale che non sia mai negativa; • la distanza di partenza tra pistone e oggetto, una grandezza che varia molto

velocemente, per controllare la forza potrebbe essere necessario un sensore per assicurarsi di avere sempre la distanza desiderata quando si mobilita un pezzo.

Altre caratteristiche che influenzano in maniera minore la forza, ma che è sempre bene tenerle in considerazione sono:

• la corsa del pistone, che conviene averla piccola in modo da lavorare nella zona di massimo rendimento della forza;

• velocità, con una velocità di salita elevata riusciamo ad ottenere dei grafici più marcati;

• rapporto tra le velocità, all’aumentare del rapporto tra velocità di discesa e velocità di salita, abbiamo bisogno di un numero di pistoni maggiore per assicurarci che la forza media data da più pistoni sia sempre maggiore di

(60)

Capitolo 7: Discussione dei Risultati

• raggio della camma, se si decidesse di continuare con questo prototipo, è bene ricordare che camme con un raggio medio elevato offrono una più omogenea corsa del pistone;

(61)

Capitolo 8: Conclusioni

Capitolo 8

Conclusioni

8.1 Risultati ottenuti

Purtroppo a causa del tempo limitato a disposizione non si è potuto approfondire sull’argomento, un secondo prototipo e una ricerca più accurata sul fluido da utilizzare, avrebbero potuto produrre risultati più concreti. Nonostante ciò i Test svolti portano a dedurre che la forza di Stefan segue fedelmente i grafici ottenuti dalle formule teoriche e hanno dimostrato la possibilità di poter sfruttare questa forza per un gripper. Resta da vedere se questa forza, una volta ottimizzata, sia paragonabile con i dispositivi attuali.

8.2 Sviluppi futuri

I prossimi lavori potrebbero concentrarsi o sul fluido da adottare per aumentare la forza media di ogni ciclo. In alternativa continuando ad usare sempre lo stesso fluido, si potrebbe rielaborare la meccanica e la geometria del dispositivo, studiando metodi di avvicinamento della piastra alternativi che riducano la forza di pull-down. Un esempio potrebbe essere quello di inclinare il pistone durante la fase di discesa, non essendo più

(62)

Capitolo 8: Conclusioni

Oltre ad offrire un nuovo metodo sul quale basare dei gripper industriali, questo sistema potrebbe anche rivelarsi utile nel campo della robotica, come ad esempio per la realizzazione di climbing robot. Un robot che deve scalare una superficie, con diversi arti in moto, potrebbe risentire in maniera minore dell’oscillazione della forza, rispetto ad un gripper.

6.3 Ringraziamenti

Un ringraziamento particolare va al Prof. Michele Lanzetta, relatore di questa tesi, per la disponibilità mostrata, e per avermi concesso questa grande opportunità di poter svolgere una tesi all’estero, un esperienza che sicuramente ha contribuito in maniera enorme alla mia crescita come individuo.

Un sincero ringraziamento va anche al PhD Karl Iagnemma e al PhD Carmine Senatore, che nonostante il mio breve soggiorno all’MIT, mi hanno seguito e aiutato trattandomi come un collega.

Ringrazio con affetto i miei genitori che loro più di tutti mi hanno sostenuto in questi anni, appoggiando ogni mia scelta sia emotivamente che economicamente.

Un ringraziamento particolare va a mia moglie Simona, che nonostante i suoi impegni mi è stata sempre vicina.

Ultimi, ma non meno importati, i ringraziamenti a mio fratello e i miei amici, che hanno sempre saputo che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato.

(63)

Appendice A

Tabella no 1

Tipo di fluido Dimensione del pistone vup Percorso

pistone vdown Distanza iniziale

fecola di patate 12 1,2 0,2 0,4 1 mm 0,3 1 mm 0,6 1 mm 0,4 0,6 1 mm 0,4 1 mm 0,3 1 mm 0,8 0,6 1 mm 0,4 1 mm 0,3 1 mm 12 0,2 6 1 mm 4 1 mm 3 1 mm 0,4 6 1 mm 4 1 mm 3 1 mm 0,8 6 1 mm 4 1 mm 0.5 mm 26 1 mm 0.5 mm 12 0.5 mm

(64)

24 0,2 12 1 mm 8 1 mm 6 1 mm 6 0.5 mm 0.5 mm 0,4 12 1 mm 8 1 mm 6 1 mm 0,8 12 1 mm 8 1 mm 6 1 mm miele 12 1,2 0,2 0,6 0.5 mm 0,4 1 mm 0,3 1 mm 0,4 0,6 1 mm 0,4 1 mm 0,3 1 mm 0,8 0,6 1 mm 0,4 1 mm 0,3 1 mm 12 0,2 6 1 mm 4 1 mm 3 1 mm 0,4 6 1 mm 4 1 mm 3 1 mm 0,8 6 1 mm 4 1 mm

(65)

24 0,2 12 1 mm 8 1 mm 6 1 mm 0,4 12 1 mm 8 1 mm 6 1 mm 0,8 12 1 mm 8 1 mm 6 1 mm 9 12 0,2 6 1 mm 4 1 mm 3 1 mm 0,4 6 1 mm 4 1 mm 3 1 mm 0,8 6 1 mm 4 1 mm 3 1 mm 12 1,2 0,2 0,6 0.65 mm 0,4 0.65 mm 0,3 0.65 mm 12 0,2 6 0.65 mm 4 0.65 mm 0,4 6 0.65 mm 4 0.65 mm 0,8 6 0.65 mm 4 0.65 mm 1,2 6 0.65 mm 4 0.65 mm

(66)

24 0,8 12 0.65 mm 6 0.65 mm 18 0,8 9 0.65 mm 6 0.65 mm 9 1,2 0,2 0,6 0.65 mm 0,4 0.65 mm 0,3 0.65 mm 12 0,2 6 0.65 mm 4 0.65 mm 0,4 6 0.65 mm 4 0.65 mm 0,8 6 0.65 mm 4 0.65 mm 0.3 mm 6 1,2 0,2 0,6 0.65 mm 0.3 mm 0,4 0.65 mm 0,3 0.65 mm 12 0,2 6 0.65 mm 4 0.65 mm 0,4 6 0.65 mm 4 0.65 mm 0,8 6 0.65 mm 4 0.65 mm 0.25 mm 0.08 mm 2X 1,2 0,2 0,6 0.65 mm 0,4 0.65 mm

(67)

4 0.65 mm 0,4 6 0.65 mm 4 0.65 mm 0,8 6 0.65 mm 4 0.65 mm

Riferimenti

Documenti correlati

L’elettrone si muove di moto circolare uniforme di raggio r e velocità v e intorno al protone O, considerato fisso. 3) Da queste due relazioni, determinare il valore di r O che

[r]

La forza resistente della leva è il peso del carico applicato alla staffa, mentre la forza motrice è esercitata dal sostegno e misurata dal

Consideriamo una retta r e su di essa un punto O detto origine e un secondo punto : il segmento OU è usato come unità di misura della lunghezza dei segmenti... Quella che contiene

Al termine delle verifiche ante-gara solo i conduttori designati da ogni concorrente ed ammessi alla gara potranno prendere parte alle prove ufficiali di ricognizione sul

Per realizzare la geometria si è fatto uso del programma SolidWorks: sono state realizzate alcune parti standard del modello, quali gli iniettori ed il volume che simula

In questo caso la matrice di equilibrio `e quadrata e di ordine massimo, vale a dire, la soluzione dei sistemi (2.5) e (2.10) esiste ed `e unica per qualsiasi condizione di carico e

669 terdecies che presuppone l’assenza di potestas cautelare in capo al giudice di pace, individuando la competenza a decidere del reclamo in capo al collegio in caso di