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I contratti di credito relativi ad immobili residenziali: dalla "bolla immobiliare" alla salvaguardia degli interessi dei consumatori.

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INDICE

Introduzione pag. 3

Capitolo I

La crisi dei mutui subprime

I. Il tentativo di rilancio nel settore immobiliare americano e l’espansione del credito al consumo

pag. 10

II. Il “cattivo credito”: come la cartolarizzazione ha permesso al rischio di circolare

pag. 15 III. L’assenza di una tutela giuridica preventiva:

“la crisi dei mercati non è un caso ma il risultato di un sistema difettoso”

pag. 21

Capitolo II

Il sovraindebitamento

I. Attenzione nuova per un problema antico: il sovraindebitamento

pag. 30 II. Sovraindebitamento attivo, passivo e differito pag. 33

III. L’esperienza italiana pag. 35

IV. L’approccio europeo al sovraindebitamento pag. 52 Capitolo III

L’Europa della crisi

I. Dal sovraindebitamento alla “legislazione della crisi”

pag. 58 II. Dal “credito al consumo” al “credito ai

consumatori”

pag. 60 III. La direttiva 2014/17/UE: continuità e

innovazioni nella disciplina del credito al consumo

pag. 68

Capitolo IV

La struttura logica della direttiva mutui tra argini e rimedi al sovraindebitamento

I. Premessa pag. 75

II. Gli obblighi informativi pag. 77

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IV. Inadempimento dell’obbligazione e nuove prospettive per il patto commissorio

pag. 100 V. La valutazione del merito creditizio pag. 110

Conclusioni pag. 131

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INTRODUZIONE

Le radici dell’Unione Europea risalgono alla seconda guerra mondiale. Alla base vi era l’idea che “l’integrazione” potesse scongiurare nuovi massacri e devastazioni belliche. Il successo del Trattato sul Carbone e sull’acciaio suggerì, come è noto, di estendere la cooperazione anche ad altri settori economici. Venne così firmato il Trattato di Roma con l’obbiettivo di creare una zona sicura e libera in cui circolassero persone, beni e servizi al di là dei confini nazionali. Ad oggi il mercato europeo rappresenta una delle più importanti economie del pianeta, con oltre 500 milioni di consumatori appartenenti a 28 Paesi diversi, un terzo del commercio ed un quinto della produzione mondiale.

Tra i settori oggetto di integrazione figurano quelli della libera circolazione dei capitali e dell’Unione economica e monetaria, tra loro strettamente collegati, anzi l’uno premessa indispensabile dell’altro.

La progressiva eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione dei capitali costituiva una misura indispensabile al funzionamento del mercato interno, anche se tale libertà è stata definitivamente sancita solo a seguito degli accordi firmati a Maastricht nel 1993 e della conseguente costruzione dell’UEM.1

La disciplina della libera circolazione dei capitali si è aggiunta a quella sulla libera circolazione dei pagamenti, pur parzialmente frenata da alcune restrizioni ai movimenti di capitali tra Paesi dell’Unione e Paesi terzi: infatti le libertà di circolazione dei capitali e dei pagamenti sono le uniche libertà di movimento che ammettono una limitazione o deroga in base a cause di giustificazione

1 Preceduti dall’adozione della direttiva 88/361/CEE del Consiglio del 24.6.1988 per l’attuazione dell’art.67 del Trattato CEE, poi abrogato dal Trattato di Amsterdam.

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espressamente tipizzate nel TFUE, a differenza di quanto previsto per le restanti libertà fondamentali.2

Rimane l’obbligo giuridico di eliminare tutte le altre restrizioni tra gli Stati membri, completando il complesso sistema di liberalizzazione delle attività finanziarie nel territorio dell’Unione e consentendo la realizzazione di uno spazio finanziario di dimensioni internazionali all’interno della politica economica e monetaria. L’introduzione dell’euro ha poi eliminato i rischi connessi alle

2Il TFUE distingue (art 63) i “movimenti di capitali” dai “pagamenti”, senza specificare il contenuto delle due nozioni, desumibile tuttavia dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, che considera “movimenti di capitale” le operazioni finanziarie preordinate al conseguimento di un investimento mediante trasferimento di denaro o valori assimilati per un fine di investimento, e “pagamenti” le contro-prestazioni in denaro, titoli di credito, azioni e obbligazioni poste in essere in virtù di un sottostante negozio giuridico. L’art 63 del TFUE suggerisce che per il rispetto del principio generale della libera circolazione è sufficiente che gli Stati membri procedano all’eliminazione delle restrizioni all’importazione e all’esportazione di capitali ed ai vincoli ai pagamenti, anche se resta controverso l’aspetto soggettivo di tali disposizioni, se limitato cioè ai soli cittadini dei Paesi membri o esteso ai residenti non cittadini. Sempre all’interpretazione sistematica delle disposizioni del TFUE sulla circolazione dei capitali si ricava l’illegittimità delle misure che si traducono in restrizioni dissimulate oppure in discriminazioni arbitrarie tra gli investitori nazionali e stranieri all’interno dei mercati finanziari nazionali. L’art. 65 del TFUE pone implicitamente una prima deroga alla libera circolazione dei capitali e dei pagamenti con riferimento alla facoltà per gli Stati membri di introdurre nei loro ordinamenti una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella stessa situazione in ragione della residenza o del luogo di allocazione del capitale. La deroga, criticabile nella sua formulazione letterale, trova la sua ratio nella finalità di politica economica di garantire agli Stati membri la possibilità di praticare una tassazione agevolata per i non residenti al fine di favorire l’afflusso nei loro territori di capitali provenienti dall’estero. Una seconda deroga si ricava dal successivo precetto dell’art.65 laddove, nell’incipit iniziale della lett. b),espressamente si autorizzano gli Stati membri “a prendere tutte le misure appropriate per impedire la violazione di disposizioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare in materia fiscale e di vigilanza prudenziale delle istituzioni finanziarie”. Poiché la finalità è esclusivamente in contrasto dell’evasione fiscale, lo strumento non può essere utilizzato per obiettivi di politica economica e finanziaria, limitando, ad esempio, l’esportazione di monete, biglietti di banca e assegni al portatore con l’introduzione di un’autorizzazione amministrativa preventiva. Il Trattato di Lisbona ha previsto una nuova deroga all’art. 65, par.4, concernente le “misure fiscali restrittive adottate da uno Stato membro riguardo ad uno o più paesi terzi” in mancanza di misure adottate dal Consiglio, il quale deve comunque confermarle con propria decisione, previo accertamento di compatibilità con il diritto dell’Unione.

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operazioni di cambio delle valute, mentre la liberalizzazione dei capitali e dei pagamenti ha determinato una concorrenza diretta tra le fiscalità degli Stati membri.

Alla luce di quanto sopra, risulta evidente come, pur essendo potenzialmente minore Il grado di libera circolazione dei capitali all’interno dell’Unione europea e tra i Paesi aderenti a quest’ultima ed il resto del mondo, la sostanziale liberalizzazione costituisce un dato ormai acquisito in un contesto globalizzato. È questa la ragione per la quale fattori di crisi una volta regionali contagiano in modo pervasivo l’intero pianeta, mettendo a repentaglio produzione, benessere e stabilità sociale. Ne è testimonianza quanto accaduto nell’estate del 2007: la crisi infatti, esplosa in un mercato fortemente deregolamentato come quello statunitense, si è rapidamente estesa a tutti gli altri mercati finanziariamente evoluti;3 anzi, benché la miccia si sia accesa oltre oceano, è l’ Europa ad aver avvertito con più intensità le sue conseguenze, trovandosi ad affrontare, ormai da quasi un decennio, una crisi senza precedenti, “di estensione globale e che ha origine- per così dire- nella globalizzazione”.4

Tuttavia, più che la globalizzazione, fenomeno a tutti noto, la crisi ha reso visibile lo stretto legame tra finanza ed economia “reale”, dimostrando come le distorsioni del primo si riflettano sul secondo: infatti, in sistemi fortemente terziarizzati i

3 Le ragioni dell’eccesso di liquidità(alla base della bolla americana) sono lontane e

risalgono agli anni precedenti, alla crescita dei listini di Borsa della seconda metà degli anni ’90 ed all’esposizione della bolla della new economy, alla quale la Fed di Alan Greenspan ha risposto con una riduzione del costo del denaro mai vista, portando i tassi dal 7% del 2000-2001 all’1% del 2004.

4 Giulio Tremonti, “Economia sociale di mercato?”, Università Cattolica del Sacro Cuore,

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fenomeni finanziarî incidono sull’economia reale in una misura in passato sconosciuta.

I Governi dei Paesi dell’Unione chiamati a fronteggiare il declino hanno attuato politiche di austerity i cui effetti dannosi sembrano però, almeno per il momento e in particolare nella “periferia europea”, superare i benefici. La riduzione “virtuosa” della spesa pubblica è, d’altronde, un processo molto lento che, soprattutto in Paesi non abituati alla parsimonia (o storicamente avvezzi allo sperpero, come il nostro), ha significato tagli indiscriminati, comportando la riduzione della circolazione di moneta; il potere di acquisto pubblico e privato ne ha inevitabilmente risentito, facendo ulteriormente precipitare la domanda sui mercati. Ne è derivata una contrazione della produzione con variazione della forza lavoro necessaria e conseguente aumento della disoccupazione.

Tuttavia se la ricerca della “formula” per arginare la moderna depressione e far ripartire lo sviluppo è il rompicapo dei Governi , per l’Europa la posta in gioco è, per così dire, più alta, essendo alle origini dell’integrazione comunitaria un obiettivo di stabilità e benessere. Sulla ripresa l’Europa punta per siglare la sua legittimità, la sua ragione di esistere; da qui l’affannosa ricerca di possibili soluzioni.

Si è ben presto capito come, affrontare correttamente il problema significasse prendere le mosse dalle sue origini; e se delle crisi finanziarie ed economiche della storia nazionale e continentale non è possibile rintracciare una causa univoca, non è però difficile notare come il terzo settore dell’economia, la finanza, abbia a lungo sofferto di una sostanziale deregolamentazione che ha lasciato libertà assoluta ai suoi attori, in particolar modo le banche. Sono state loro da ultimo (complice un

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esecutivo disattento o, come nel caso della vicenda dei subprime, compiacente), in veste di operatori economici del credito, ad aver orchestrato le principali attività dei mercati finanziari promuovendo condotte altamente speculative5 a danno dell’equilibrio generale di mercato e delle controparti contrattuali più deboli, in particolar modo dei consumatori.

Ed è proprio nel mercato del credito al consumo che la carenza di regole generali si è resa via via più preoccupante convincendo dell’opportunità, nel 2008, di adottare una disciplina che, a partire dalla previsione della clausola di armonizzazione massima, risultasse più garantista rispetto alle precedenti;6 il selvaggio raggiro perpetuato a danno delle famiglie americane, all’origine della bolla statunitense, rivelando la più alta esposizione del mercato dei crediti immobiliari alle turbolenze finanziarie e la violenza con cui i suoi difetti si ripercuotono nell’economia reale, ha poi convinto dell’opportunità di un intervento specificamente rivolto a questa sezione del credito consumeristico.

Queste premesse vorrebbero essere funzionali ad una migliore comprensione del mio lavoro di tesi, idealmente scindibile in due parti.

La prima muove dalle cause scatenanti il crollo finanziario americano, spiegando come si sia innescato quell’incontrollato entusiasmo nell’accesso al credito all’origine della bolla, per poi concentrarsi sul riemergere di un problema antico quanto indefinito : il sovraindebitamento. La vicenda dei mutui subprime è infatti solo la prima tessera del domino: con tassi di interesse ai minimi storici la

5 Intesa come operazione economica negativa, volta a conseguire un profitto economico

personale a danno della collettività, non producendo alcun aumento della ricchezza sociale.

6 Non a caso è con la direttiva 2008/48/CE che la dicitura “credito al consumo” viene

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richiesta di accesso al credito ha spinto i consumatori oltre le proprie capacità di rimborso, nell’illusione che il credito al consumo potesse crescere a dismisura. Conseguentemente l’esplosione della bolla immobiliare ha riverberando i suoi effetti, in particolare, sui privati, evidenziando tutta la vulnerabilità finanziaria dei nuclei familiari.

E sebbene “gli aspetti più puramente sociali del sovraindebitamento come causa di esclusione non ricadano esplicitamente nel campo di intervento della CE”, le implicazioni del fenomeno su varie previsioni dei Trattati istitutivi ha incoraggiato “gli Stati membri ad intraprendere un’azione condivisa”.7

Queste considerazioni ci portano alla seconda parte del mio lavoro: sebbene la crisi sia affare europeo solo per derivazione, l’ Europa ha comunque sentito il bisogno di dotarsi di strumenti regolamentari e legislativi per scongiurare la piaga dell’ overindebtedness. Così ai primi studî, pareri e raccomandazioni, hanno fatto recentemente seguito atti legislativi che inaugurano, a livello comunitario, quella che ho definito “la legislazione della crisi”, il cui esito più recente, la direttiva 2014/17/UE (c.d. direttiva mutui), ha occupato la parte più significativa della mia indagine: infatti, prediligendo un approccio privatistico, ho condotto un’ analisi dei punti nodali della neonata direttiva mutui; un excursus che, non tralasciando opportuni parallelismi con la disciplina consumeristica, mi ha permesso di ricostruire la fisionomia generale dell’atto nonché di prospettare le possibili implicazioni che le nuove previsioni si apprestano ad aver nel diritto interno. Un’ impostazione questa che, partendo dall’ esplicazione delle ragioni sottese al recente interessamento per il credito relativo ad immobili residenziali, ho ritenuto

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potesse guidare, me in primis, ad una corretta comprensione delle sue problematiche e suggerire, di conseguenza, soluzioni adeguate per addivenire ad una più soddisfacente protezione dei consumatori dall’agire degli operatori economici, non solo in ambito mutualistico ma, più in generale, nei contratti di credito al consumo.

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10 Capitolo I

LA CRISI DEI MUTUI SUBPRIME

Il tentativo di rilancio nel settore immobiliare americano e l’espansione del credito al consumo.

Siamo abituati a pensare all’epocale congiuntura tutt’ora in atto come alla naturale conseguenza di un eccesso di entusiasmo negli acquisti e di una smodata ed altrettanto ingiustificata concessione di prestiti, inquadrandola nel modello della bolla speculativa gonfiata dalla legge della domanda e dell’offerta. Sebbene questo sia senz’altro vero, esso è un tassello che si colloca più in là nella catena evolutiva della crisi e rischia di farne sottostimare la causa primaria (anche se non unica) che, invece, “ci porta automaticamente nel regno dell’arcana imperi, più che delle imperfezioni del mercato”8 ossia nella politica monetaria intrapresa dalla Federal

Reserve9 (Fed) in cui espansione della moneta ha significato espansione del credito al consumo e quindi della crisi.10 Spiega Salin: “Nella speranza di stimolare l’attività economica e gli investimenti, le autorità monetarie praticano dunque una “politica di denaro a buon mercato”, il che significa che la politica monetaria si fa espansiva e i tassi di interesse sono bassi. In effetti ai giorni nostri ogni creazione monetaria è frutto di una creazione di credito. Ogni qual volta il risparmio è

8 Alberto Mingardi, La crisi ha ucciso il libero mercato?, Torino, IBL Libri, 2009,

p.16

9 Il Federal Reserve System, conosciuto anche come Federal Reserve ,è la banca centrale

degli Stati Uniti d'America. Istituita con il Federal Reserve Act del 23 Dicembre del 1913 dal Congresso degli Stati Uniti , iniziò ad operare dal 1916.

10 Che la crisi sia da ricondurre ad un’eccessiva circolazione di moneta è tesi condivisa e

argomentata anche da altri economisti come John B. Taylor e George Soros , entrambi convinti che, prima di esplodere nell’estate del 2006, sia stata latente per anni e che le sue enormi dimensioni siano proporzionali proprio al grado di eccessi monetari raggiunti dalla Fed.

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insufficiente a finanziare sia l’investimento privato che i deficit pubblici, le autorità monetarie sono tentate di dilatare indefinitamente il credito bancario avendo, in contropartita, una creazione di moneta. Correlativamente, il tasso di interesse diminuisce. Tale tasso di interesse basso è totalmente artificiale, perché lascia credere che il risparmio che si può prestare è più abbondante di quanto non sia in realtà11”.

Dopo l’esperienza del ‘29, scatenata dal crollo della produzione e dalla riduzione dei consumi causati da drastici tagli al credito da parte delle banche, il Governo Federale degli Stati Uniti, intorno al 1934, decise di inaugurare una politica dai toni decisamente diversi e ritenne che fosse arrivato il momento di rilanciare un settore che era rimasto completamente fermo durante la depressione, ossia quello dell’edilizia, facilitando l’acquisto della casa anche ai meno abbienti. Dunque, l’emissione ingente di liquidità fu incanalata nel settore immobiliare, permettendo l’accesso al credito attraverso un meccanismo di “assicurazione pubblica”.

Il primo passo fu fondare la Federal Housing Amninistration (FHA) a cui venne affidato il compito di garantire il rimborso del capitale e il pagamento di interessi di mutui relativamente più rischiosi. “Fu questa la prima grande intrusione nel mercato dei mutui”.12

Fu poi creato nel 1938, sotto l’amministrazione Roosevelt, un primo mercato secondario13 dei mutui dell’edilizia residenziale con l’istituzione della Federal

11 Mingardi, op. cit. p. 165. 12 Mingardi , op. cit. p. 88.

13 ci si riferisce a quelle strutture (regole, operatori, procedure) che consentono lo scambio

di titoli già quotati, rendendo possibile la liquidazione di un investimento finanziario, indipendentemente dalla data di scadenza del titolo.

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National Mortage Association14 (Fannie Mae) con l’obiettivo di immettere nuova liquidità nel mercato immobiliare americano, permettendo alla nascente middle class di accedere più facilmente a finanziamenti per l’acquisto della casa di abitazione. L’idea era che banche e istituti di credito (lender) che forniscono denaro per l’acquisto della casa possono essere sicuri, grazie ad un’agenzia pubblica, di emettere nuovi prestiti senza attendere l’incasso dei primi, acquistando mutui garantiti dal Governo Federale, inclusi quelli assicurati dalla FHA.

Dato che il sistema aveva interesse a trovare sempre nuova liquidità, gli istituti di credito cominciarono a cartolarizzare15 i titoli finanziari già emessi, cioè collocarono sul mercato altre obbligazioni il cui rimborso era garantito dai titoli sottostanti: ciò in un Paese storicamente “a basso risparmio” come gli Stati Uniti fu a dir poco significativo.

Nel ’68 Fannie venne parzialmente privatizzato16 e sdoppiato: fu istituito con la Government National Mortgage Association (Ginnie Mae) un secondo istituto di credito e, quindi, un altro mercato secondario, che doveva occuparsi dei programmi di edilizia residenziale per gli acquirenti con basso reddito, fino ad allora assicurati dal Fannie Mae, e sostenere la FHA.

Il Fannie Mae fu quindi autorizzato a commerciare qualsiasi mutuo federalmente garantito.

14 Letteralmente associazione nazionale mutui; è una banca semi pubblica che ha il

compito di erogare mutui a prezzi controllati.

15 I mutui sono dei finanziamenti molto remunerativi per le banche, ma presentano

l’inconveniente di richiedere tempi molto lunghi per la monetizzazione dell’intera somma prestata. Per questa ragione le banche sfruttano la cartolarizzazione, attraverso la quale riescono a monetizzare un mutuo prima della sua naturale scadenza, e comunque prima che venga interamente saldato dal mutuatario.

16 La parziale privatizzazione del ‘68 fu voluta dal presidente statunitense Lyndon B.

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Infine, nel ’70, per accrescere ulteriormente il sostegno al mercato secondario dei mutui privati nonché per rompere il monopolio del Fannie Mae, il Governo creò un terzo mercato secondario, istituendo la Federal Home Loan Mortgage Corporation (Freddie Mac).

In concreto, l’incremento del credito era ottenuto grazie alla garanzia di una di queste tre agenzie federali e, in particolare, dalle due “gemelle” finanziarie (Fannie Mae e Freddie Mac): anche quando una famiglia americana otteneva il prestito dalla Citibank o dalla Bank of America o da una piccola banca locale, in realtà il finanziatore di ultima istanza era uno dei tre enti federali. Erano loro lo snodo attraverso cui passavano tutti i mutui concessi all’americano medio: garantivano il finanziamento grazie all’emissione di titoli obbligazionari acquistati da banche, investitori e risparmiatori.

I vantaggi di un sistema così ideato erano quanto meno due: si eliminavano i dislivelli creditizi locali, portando liquidità là dove serviva;17 poi, essendo più dei due terzi dei mutui statunitensi assicurati, il mutuante non doveva attendere il rimborso del muto, potendo cartolarizzare i relativi bonds18 rappresentativi garantiti.

Nel momento di massimo splendore questi Enti federali possedevano o garantivano il 55% del mercato statunitense, pari a 11 trilioni di dollari.

Rivendere e cartolarizzare mutui, un’operazione che permetteva di rendere negoziabili titoli in origine non cedibili sul mercato del credito, divenne negli anni ’80 la migliore forma di guadagno a Wall Street, che assistette compiaciuta al

17Fino ad allora i mutui erano stati garantiti dalla raccolta effettuata su base statale.

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mutamento del ruolo delle banche che, da originarie detentrici di prestiti, facevano ora della distribuzione degli stessi la loro fortuna.19

Inizialmente questo meccanismo era molto sicuro, essendo cartolarizzati e assistiti dalla garanzia federale solo i così detti conforming loans, ossia debiti rispondenti a determinati requisiti di solvibilità.

Sotto la crescente pressione dell’amministrazione Clinton, però, si iniziarono a sottoscrivere anche non conforming loans, ovvero mutui concessi a soggetti di scarsa affidabilità economica, diversi dai clienti solvibili denominati prime e per questo noti come sub prime;20 una mossa questa che venne presentata alla stampa

come la soluzione per permettere agli innumerevoli americani “non bancabili” di acquistare una casa, malgrado il rischio intrinseco di tale decisione.

In realtà questi mutui erano molto apprezzati dalla finanza perché, comportando un rischio maggiore, davano anche un rendimento più elevato per gli investitori e per le istituzioni finanziarie che li concedevano.

In preda al timore di una possibile deflazione, durante la recessione del 2001 la Federal Reserve, sotto la guida di Alan Greenspan, iniziò a espandere in modo ancor più aggressivo la massa monetaria statunitense, con una riduzione del costo del denaro mai vista, portando i tassi dal 7% del 2000-2001 all’1% del 2004: prestando denaro alle banche a costi molto bassi si è di fatto amplificato il canale del credito e si è contribuito a creare “solide basi” per il crollo. Con tassi di

19Sul piano sovranazionale è ormai conclamato il ruolo rivestito dalla cosiddetta finanza creativa di cui sono artefici soprattutto le banche che, recisi i rapporti con l’originaria funzione creditizia e di raccolta del risparmio nonché in spregio dei principi di solidità patrimoniale, hanno creato e adoperato strumenti finanziari molto rischiosi in permanente presenza di conflitti di interesse.

20 Questo ha dato origine al mercato dei mutui sub prime , che a partire dal 2000 entrarono

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interesse così bassi, la propensione al rischio delle famiglie americane aumentò, portandole ad indebitarsi oltre le proprie capacità di rimborso, nell’illusione che il credito al consumo potesse crescere all’infinito; intanto, dal momento che gli immobili costituiscono un asset particolarmente durevole e il loro valore di mercato viene incrementato soprattutto da tassi d’interesse bassi, si assistette ad una lievitazione dei prezzi di vendita delle abitazioni senza precedenti,21 incoraggiando la costruzione selvaggia di nuovi alloggi persino su terreni non edificabili.

Era chiaro fin da allora che queste politiche di denaro facile non erano sostenibili nel lungo periodo e che una crescita così incessante e smisurata del mercato immobiliare avrebbe presto subito una brusca frenata.

Forse, però, non era stata prevista l’entità del disastro.

Il “cattivo credito”: come la cartolarizzazione ha permesso al rischio di circolare.

In un articolo apparso sul Corriere della Sera il 12 Febbraio 2009, Giulio Tremonti commentava: “Per secoli i banchieri hanno raccolto denaro sulla fiducia e prestato denaro a proprio rischio, valutando propriamente il rischio che così assumevano. La nuova tecnica della finanza ha invece consentito a chi raccoglie il denaro, di liberarsi dal rischio e di farlo con una tecnica per cui si vende a terzi il rischio, incorporandolo in nuovi prodotti finanziari. Così che meno rischi e più guadagni. È così che il rischio ha cominciato a circolare”.

21“Real house prices in the United States, the United Kingdom and a number of European

countries increased more than 30% between 2003 and the peak reached three to four years later, while global equity markets rose more than 90% from 2003 to mid-2007” Bank for International Settlements, 2009.

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L’allora Ministro dell’Economia intendeva riferirsi a quella “tecnica della finanza” conosciuta come cartolarizzazione che, a suo dire, è la prima patologia del capitalismo e che ha di fatto permesso si scatenasse « la madre di tutti i cicli di liquidità e l’ennesima, smisurata bolla speculativa alimentata dalla domanda».22 Tuttavia è lo stesso Tremonti a ricordare che esiste un’ “ampia letteratura” secondo cui questo meccanismo avrebbe importanti e positive applicazioni, permettendo una generale riduzione e ammortamento del rischio di cui beneficerebbero anche i “contadini indiani”.

Sarà quindi opportuno esporre, se pur per grandi linee e senza alcuna pretesa di esaustività, le modalità tecniche con cui la cartolarizzazione ha luogo. Questo permetterà di comprenderne da un lato le possibili potenzialità di utilizzo, dall’altro di evidenziarne la centralità nel meccanismo di credit crunch che ha messo in ginocchio i mercati finanziari.

La cartolarizzazione dei prestiti è un’operazione alquanto complessa, che coinvolge diversi attori. Mi limito a presentare i principali: l’originator, generalmente una banca, scorpora un pacchetto di crediti dal suo patrimonio e lo trasferisce ad un’entità esterna denominata special purpose vehicle(SPV)23 che, per finanziare l’acquisto, emette dei titoli obbligazionari garantiti dal valore capitale e dal flusso di interessi attesi sui prestiti cartolarizzati; in pratica le SPV emettono obbligazioni garantite dai crediti emessi dall’originator24 e fa sì che le attività, da poste illiquide presenti nel bilancio della società cedente, siano trasformate in titoli trasferibili e

22 Steve H. Hanke, “Greenspan’s Bubbles”, 5 giugno 2008 http://www.cato.org. 23 Società veicolo.

24 Sono denominati asset backed securities (ABS), ossia “strumenti finanziari supportati da

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negoziabili sul mercato. Si tratta, quindi, di una tecnica per mobilizzare un portafoglio di crediti attraverso l’emissione di titoli destinati alla circolazione e rappresentativi del rischio legato a tale portafoglio.

I titoli vengono poi collocati presso gli investitori finali dalle stesse SPV o da banche di investimento. In genere le obbligazioni sono accompagnate da garanzie aggiuntive25 e la loro classe di rischio è ufficializzata da un rating.26

Trattandosi di una cessione di credito pro soluto, l'azienda cedente non deve fornire garanzie alla società veicolo in caso di mancato pagamento da parte dei debitori.

Sotto molti aspetti la loan securitisation (c.d. cartolarizzazione) rappresenta una delle più importanti tecniche di innovazione finanziaria apparse sulla scena economica internazionale negli ultimi decenni: oltre a ricondurre sui mercati attività finanziarie in precedenza illiquide perché detenute su base bilaterale, essa è in grado, diversamente dalla classica cessione dei prestiti, di ripartire il rischio su un mercato più ampio e di conferire liquidità a crediti bancari o vantati da altri soggetti (senza che questo comporti necessariamente l’esaurirsi di ogni contatto tra creditore e debitore); nel nostro Paese essa è stata regolata, per la prima volta, con la legge 130/1999.27

Sebbene astrattamente la finanza strutturata sia quindi in grado di soddisfare diverse ed emergenti esigenze del mercato e dei suoi protagonisti, nel suo utilizzo

25 Credit enhancement , fornito generalmente da un operatore diverso dalla banca che ha

originato i prestiti.

26 Il rating, in italiano classificazione, è un metodo utilizzato per valutare sia i titoli

obbligazionari, sia le imprese in base al loro rischio finanziario. A compierle sono le così dette agenzie di rating, società che analizzano i dati finanziari e forniscono agli investitori internazionali un giudizio imparziale(espresso da un codice alfanumerico) circa il rischio di credito associato ai diversi investimenti.

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effettivo si è dimostrata molto pericolosa, figurando tra i principali colpevoli dell’attuale congiuntura.

Come detto, un ruolo centrale nello scoppio della crisi è stato ricoperto dall’ “illusione di liquidità ”creata dalla Federal Reserve, che ha alimentato un’euforia crescente nella richiesta e nella concessione dei prestiti; una situazione mostratasi in tutta la sua inconsistenza e completamente travolta proprio in seguito alle crescenti difficoltà incontrate nell’ambito dei mutui subprime, mutui immobiliari concessi a categorie di debitori ad alto rischio e cartolarizzati dalle banche mediante cessione alle società veicolo che avevano emesso obbligazioni Abs (asset backed securities) garantite da questi mutui. All’inizio del 2007 l’importo complessivo di questi mutui ammontava a circa mille miliardi di dollari, ma le Abs collocate sul mercato e ad essi legate presentavano già un valore raddoppiato; le stesse Abs diedero poi vita a nuove obbligazioni (collateralized debt obligations o Cdo) garantite dalle prime e i Cdo si moltiplicarono in nuove obbligazioni ancora e poi in derivati (credit default swap), per importi assai superiori a quelli degli originari mutui sub prime.28

Se da un lato è innegabile che questi titoli avevano enormi potenzialità di guadagno, è anche vero che il rischio legato all’erogazione di questa tipologia di mutui era molto elevato: come è stato possibile, dunque, che questo non abbia scoraggiato le istituzioni finanziarie che, anzi, si sono mostrate molto propense ad accedere a questo tipo di mercato?

28 Si parla di titoli tossici, ossia titoli in grado di inventare ricchezza finanziaria al di là di

quella consentita dall’economia reale. Nonostante siano al centro delle discussioni economiche recenti restano di difficile individuazione.

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La ragione è il modello alla base del processo di cartolarizzazione, il cosiddetto originate-to-distribute (OTD), che ha permesso si determinasse la circolazione del rischio di cui parlava Tremonti.

Il modello OTD si contrappone al più tradizionale originate-and-hold, nel quale l’attività bancaria è principalmente incentrata sull’emissione di mutui e di prestiti e sulla relativa detenzione in bilancio degli stessi.

Con il modello OTD i mutui e i prestiti generati dalle banche non sono detenuti dalle stesse, bensì vengono successivamente ceduti ad altri soggetti. Il modello OTD ha di fatto favorito l’instaurarsi della crisi del 2007/2008 (Financial Stability Forum, 2008), permettendo agli intermediari di sfruttare la securitisation per eliminare dal proprio bilancio i pesanti rischi insiti nell’erogazione di mutui subprime.

Grazie alla percezione di aver passato ad altri il rischio di credito, gli originators diventarono progressivamente lassisti nella valutazione del merito creditizio,29 rilassando gli standard sulle attività di prestito e ignorando del tutto le effettive possibilità restitutorie da parte dei propri prenditori.

Inoltre, nell’articolazione e nello svilupparsi di questo modello di intermediazione finanziaria, un ruolo preponderante è stato svolto dalle agenzie di rating: infatti, data l’opacità dei prodotti scambiati e la conseguente incertezza informativa relativa agli stessi, il giudizio emesso dalle agenzie aveva assunto un’ importanza

29 L’analisi sarà nel prosieguo concentrata proprio sulle conseguenze della “finanza facile”

ossia della leggerezza con cui sono stati concessi mutui senza una reale verifica delle capacità restitutorie del prenditore. La circolazione del rischio ha rappresentato un incentivo notevole ad abbassare la qualità del monitoraggio relativo al comportamento dei debitori. Le dolorose vicende della crisi sub prime hanno riportato, come vedremo, l’attenzione su politiche attente, prudenti e corrette di selezione del credito.

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crescente per gli investitori, che si riferivano ad esso per valutare la bontà dei titoli; un simile affidamento è stato però tradito dalle Agenzie di rating che, mancando spesso di obiettività, hanno etichettato come estremamente solide anche tranche30 poco sicure.

Tutto resse fino a quando i titolari dei mutui pagarono le rate. Il modello però era insostenibile; l’aumento dei tassi di interesse e l’applicazione di clausole contrattuali differite resero sempre più difficile per le famiglie americane il pagamento delle rate e nell’estate del 2007 si verificò ciò che era prevedibile fin dall’inizio: persone non in grado di restituire il credito, non lo restituirono.

Quando cominciarono le insolvenze delle rate dei mutui, la crisi esplose, sgretolando il castello di carta che era stato costruito accumulando rischi su rischi. Chi aveva comprato fu costretto a vendere (quando addirittura non si vide pignorare la casa dalla banca). L’offerta crescente di case sul mercato determinò il crollo dei prezzi (-15% solo nel 2008), impedendo a chi voleva vendere per disfarsi del mutuo di riuscire a recuperare quanto aveva speso. Gli Abs, i Cdo e tutti i derivati collegati persero di valore, il mercato delle obbligazioni si paralizzò e infine si ebbe il crollo delle borse.

Dopo aver creato tanta ricchezza, è rimasto solo un enorme impoverimento collettivo.

30I mutui cartolarizzati e impacchettati confluivano nei così detti pool, organizzati in tre tipi di tranche ( senior, mezzanine e junior), ognuna corrispondente ad un diverso livello di rischio.

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L’assenza di una tutela giuridica preventiva:” la crisi dei mercati non è un caso ma il risultato di un sistema difettoso”

Le vere cause dei nostri problemi finanziari hanno quindi radici profonde e sono rintracciabili in politiche monetarie inusitate e strategie mal concepite, che hanno distorto i tassi d’interesse e i prezzi degli asset, deviato fondi mutuabili in investimenti sbagliati e spinto istituzioni finanziarie normalmente solide in posizioni insostenibili.

Si è trattato di certo di un fallimento del mercato, ma è chiaro anche che a fallire sia stato in primis lo Stato americano: gli eccessi, sia riguardo ai mutui che alla cartolarizzazione, sono stati favoriti da una colpevole negligenza degli apparati pubblici di controllo che con le loro politiche legislative non hanno saputo considerare le trasformazioni dei mercati, dei mutui e degli strumenti finanziari, esasperando una politica di investimento e quindi di concessione del credito anche di fronte a radicali mutamenti del tessuto sociale (appunto l’emersione del popolo dei sub prime) continuando a muoversi secondo criteri consolidati, senza avere la lungimiranza di modificare in tempo reale le proprie modalità operative; ma si può sostenere che l’epilogo non sarebbe stato poi così drammatico se le cattive politiche governative non si fossero accompagnate ad una sostanziale assenza di vigilanza della legalità nella contrattazione dei mutui. Un cocktail esplosivo che pone oggi sotto processo il sistema americano e più genericamente quello del Common law, accusato di aver condotto per mano il mercato americano prima, e quello europeo poi, al disastro.

In questa prospettiva non basterà dunque individuare e annullare le politiche che distorcono il mercato dell’edilizia abitativa e quello finanziario in generale, ma

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servirà ammettere che c’è stato un altro ancora e non meno rilevante errore: l’assenza di una tutela giuridica preventiva.

Il neo premio Nobel per l’economia Shiller scrive:“il notaio di Civil law è un professionista legale qualificato che legge ad alta voce, interpreta il contratto e fornisce consulenza legale ad entrambi i contraenti, prima di autenticarne le firme. Questo sistema favorisce in particolare i soggetti che non riescono ad ottenere un parere legale qualificato e obiettivo. L’intervento di un tale professionista nominato dallo Stato nel processo di contrattazione dei mutui ipotecari renderebbe più difficile a quei mutuanti privi di scrupoli di indirizzare i mutuatari verso avvocati a loro favorevoli che omettono di sottolineare compiutamente ai clienti i rischi cui vanno incontro”.31

La crisi dei mutui subprime è l’occasione per considerare la storica avversione della cultura iper liberistica americana e dei paesi del Common law per la figura del notariato latino diffusa nei paesi di Civil law32 (con la significativa eccezione dei Paesi del nord Europa) e più genericamente per ogni genere di vigilanza preventiva che ingabbi in qualche misura l’autonomia privata.

A livello internazionale vari organi quali la Banca Mondiale, il Fondo monetario internazionale, l’Organizzazione mondiale del commercio, ogni volta che si tratta di finanziare progetti nei Paesi di Civil law insistono sulla rimozione di ogni controllo preventivo, tra cui il più tipico è proprio quello notarile, nell’assunto che la loro presenza rallenti in modo esponenziale le operazioni da eseguire (siano esse

31 Robert J. Shiller, The Subprime solution, Princeton University Press- 2008, capitol 6 –

The Promise of Financial Democracy, 130.

32 Non va confusa con la diversa e meno incisiva figura del notary public; nel prosieguo

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modifiche di società, transazioni immobiliari etc.) e che siano eccessivamente costose per l’ economia globale.

Siamo di fronte ad un vero e proprio tentativo di ” neocolonialismo”33 giuridico da parte degli investitori internazionali che, promuovendo la snellezza e l’efficienza delle contrattazioni dei Paesi anglosassoni, vorrebbero insinuare un’opportunità di modifica nel nostro ordinamento.

Le istituzioni dei Paesi in cui storicamente il notaio è presente e radicato, difendono il proprio diritto e si oppongono a ogni forma di interventismo; ma nella società civile è sempre più diffusa la convinzione che la figura notarile in particolare possa essere sostituita agevolmente, con minori costi per i cittadini, da altri professionisti, quali pubblici funzionari o avvocati.

La crisi dei mutui sub prime potrebbe però portare, almeno in parte, a rivedere queste posizioni e a “riabilitare”, anche agli occhi dei più avversi, il ruolo della legalità ex ante soprattutto nell’acquisto di immobili e nella sottoscrizione dei mutui ipotecari.

Occorrerà quindi preliminarmente sfatare alcuni miti relativi al diritto di matrice anglosassone.

Il diritto americano riconosce una grande libertà negoziale ai propri cittadini, permettendo loro di strutturare e documentare le loro transazioni autonomamente, in una cornice di supervisione pubblica ridotta ai minimi termini. Questo è sinonimo di fiducia nell’iniziativa privata e nelle possibilità correttive del contenzioso post facto e, al contempo, di sfiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche di giustizia preventiva. Ma anche se astrattamente i privati hanno la

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capacità di concludere accordi di ogni tipo senza che sia obbligatoria alcuna assistenza legale, nella prassi la maggior parte dei contraenti si affida ad un legale per effettuare le proprie transazioni, allo scopo di essere immediatamente certi della validità del contratto e dei suoi effetti.

Dal momento che il Lawyer of the Situation34 è un concetto sconosciuto al Common law, ciascuna parte ha l’onere di dotarsi di un avvocato che, assistendo alla transazione e in ossequio alla tradizione avversariale,35 curi solo ed esclusivamente i propri interessi. Svincolati dunque dall’ “ingombrante” figura notarile, i contraenti incappano nell’impossibilità di fare affidamento su un’assistenza legale neutra; la fretta di concludere il contratto e di farlo al minor costo oltre che una naturale tendenza all’azzardo morale, fa sì che almeno uno degli interessi in gioco non sia rappresentato (unrepresented).

Applicando questo discorso ai contratti immobiliari, che generalmente coinvolgono tre parti (venditore, banca e acquirente), si è andato diffondendo nella prassi un modello, per così dire semplificato e decisamente più economico, che vede in campo un solo avvocato, ossia quello della banca, cui viene affidato il compito di documentare l’affare. Le altre parti restano totalmente sprovviste di assistenza, accontentandosi di una relazione indiretta con il professionista e confidando di fatto che il bank lawyer compili il contratto in modo diligente e con beneficio di tutti gli interessati.

34 giurista che presta il proprio servizio a beneficio di entrambe le parti.

35 Henry Lord Brougham, “n advocate, in the discharge of his duty, knows but one person

in all the world, and that person is his client. To save that client by all means and expedients, and at all hazard and costs to other persons, and, amongst them, to himself, is his first and only duty; and in performing this duty he must not regard the alarm, the torments, the destruction which he may bring upon others.”(1820)

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È chiaro però come un simile affidamento sia del tutto ingiustificato e non abbia alcun appiglio legale.

Shiller, riferendosi nello specifico alla contrattazione dei mutui ipotecari, fa menzione di un’altra possibile situazione patologica, ossia che anche qualora i privati decidano di dotarsi personalmente di un avvocato affinché curi i propri interessi, spesso finiscono per affidarsi a professionisti selezionati in modo attento e scrupoloso dalle banche che, avendo procurato loro il cliente, quasi certamente beneficeranno di un occhio di riguardo.

In entrambi i casi, investimenti economici molto significativi (l’acquisto della casa è forse” il più significativo” della vita) finiscono per essere conclusi dai contraenti privati in una condizione psicologica incerta, di potenziale sottomissione, o non avendo beneficiato di alcun consiglio e assistenza legale o avendo potuto contare solo su un avvocato dimidiato tra sé e la banca.

Nella recente esperienza americana questo stato di cose ha sconsentito di perpetuare più agevolmente politiche creditizie sconsiderate presentandole però, si intende, come favorevoli al prenditore e talvolta di proporre rappresentazioni della realtà di assoluta invenzione, aggravando ulteriormente la crisi di sistema: molte transazioni della bolla immobiliare americana sono state concluse da avvocati con forti legami da repeat- player; la creatività dei finanzieri ha permesso di modellare i ratei di rimborso sulle esigue capacità di restituzione dei mutuatari, rinviando il grosso della restituzione a ipotetici e altrettanto surreali momenti successivi in cui il reddito del debitore sarebbe aumentato in modo considerevole; emittenti-predatori dei mutui sub prime pur di concludere con possibili mutuatari hanno ingaggiato fra i venditori di auto usate, uomini senza scrupoli, disposti a falsare le

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istruttorie legate al mutuo sottostante in cambio, chiaramente, di significativi compensi.

Tutto questo è il risvolto negativo di quell’idea un po’ spavalda di società, tipicamente americana, in cui cittadini consapevoli e informati concorrono al progresso economico e massimizzano il loro profitto risparmiando nei costi grazie a legislazioni economiche minimali, potendo fare affidamento, in ogni caso, su una composizione delle controversie post facto.

La realtà ha dimostrato come questo sistema abbia autorizzato “importanti attori professionali come banche, agenzie di rating, revisori […] a tenere condotte di massimizzazione del profitto senza essere tenuti a regole che promuovessero il bene comune. Il banchiere che vende il suo rischio prima che diventi reale appartiene alla stessa categoria del venditore di auto usate che vende un’ auto arrugginita prima che la ruggine venga fuori dalla vernice”.36 “La crisi dei mercati non è un caso ma il risultato di un sistema difettoso”.37

Sarebbe opportuno quindi , che una riflessione in merito fosse compiuta da coloro che hanno poteri decisori effettivi nella regolamentazione dei nostri mercati (troppo spesso inclini per tradizione ad affermare il primato del diritto anglosassone), al fine di prendere atto del valore di un presidio di legalità preventivo: esso può non solo non essere un ostacolo, ma rappresentare un’ importante garanzia di ordine e certezza negli accordi, soprattutto se affidato ad una figura altamente specializzata come quella del notaio il cui operato imparziale ed equidistante dalle parti,

36 Murray Peter L. ; Stürner Rolf, Servizi legali immobiliari in Civil law e in Common law:

sistema Tedesco e Nordamericano a confronto, Notariato 3/2012.

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garantito da un’ampia normativa, rappresenta una difesa irrinunciabile del consumatore contro il cliente forte.

Anche l’assunto dell’eccessiva onerosità di questi controlli andrebbe riconsiderato: il costo notarile di una transazione immobiliare in Italia è molto inferiore rispetto ad altri Paesi come gli Stati Uniti, dove essa è curata da più professionisti38 e garantita da un’assicurazione a spese del cliente; nei Paesi anglosassoni, ad es., il “Public notary” che si limita ad autenticare la firma sui contratti ha effettivamente un costo molto basso ma, se sommato a quelli dell’avvocato che redige il contratto e dell’assicurazione a carico del cliente, supera di molto il costo del notaio italiano. Inoltre il notaio, essendo chiamato ad effettuare preventivamente e personalmente uno studio accurato degli atti che è incaricato di redigere e stipulare, garantisce la sicurezza del risultato perseguito dalle parti: ad es., nel campo immobiliare, assicura non soltanto il passaggio dell’immobile, ma anche la regolarità (ipotecaria, fiscale, urbanistica, etc.) del trasferimento. Questo permette di prevenire liti, facendo risparmiare al cliente le spese di causa e allo Stato quelle del giudice.39 Nei paesi in cui vige il notariato latino, il contenzioso conseguente agli atti notarili è dell’ordine dello 0,002-0,005% delle transazioni, percentuale di gran lunga inferiore a quella dei paesi dove non esiste il nostro tipo di notariato.

In ultimo, avendo le recenti vicende finanziarie riguardato in particolare le garanzie connesse con l’accesso al credito (con il fenomeno dei sub prime nello

38 Le transazioni immobiliari negli Stati Uniti prevedono l’intervento di un avvocato per il

venditore e di un avvocato per il compratore; se vi è un mutuo è prevista la presenza dell’avvocato del mutuante oltre a quella degli avvocati delle compagnie che assicurano il titolo.

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specifico quelle legate all’acquisto della casa di abitazione), il Parlamento europeo è intervenuto con una raccomandazione in materia di atto pubblico (notarile) e della sua circolazione nello spazio giuridico europeo:40 in essa implicitamente si conferma l’idoneità del notaio a tutelare efficacemente i cittadini e, soffermandosi sulla diversità tra i sistemi di Civil law e Common law, si auspica che questi ultimi, attraverso una campagna di informazione intrapresa dalla Commissione, possano conoscere e comprendere i vantaggi legati all’utilizzo degli atti autentici.41

40 Relazione A6-0451/2008 del 19 Novembre 2008”recante raccomandazioni alla

Commissione sull’atto autentico europeo(2008/2124 INI)”.

41 “P.considerando che il concetto di atto autentico non esiste nei sistemi della "common law", in particolare nel diritto inglese e gallese, o nei paesi nordici; che tuttavia in Inghilterra e in Galles esistono avvocati (solicitors) che agiscono in quanto notai e notai di professione (scrivener notaries), ma che tali operatori del diritto non possono produrre atti autentici e sono semplicemente abilitati a certificare delle firme; che pertanto, al momento dell'adozione di una normativa in materia di atti autentici europei, occorrerà prendere misure per escludere qualsiasi rischio di confusione in proposito; che di conseguenza bisognerà prendere tutte le precauzioni necessarie per garantire che gli atti autentici non possano essere utilizzati nei paesi che non offrono ai loro cittadini la possibilità di ottenere atti autentici per aggirare le procedure previste dai sistemi giuridici di tali paesi (ad esempio, la certificazione); considerando inoltre che per sensibilizzare gli operatori del diritto degli Stati membri in cui non esistono atti autentici sarebbe auspicabile che la Commissione avvii una campagna di informazione e che venga intrapreso ogni sforzo per garantire che le professioni giuridiche dei paesi della "common law" conoscano il lavoro dei pubblici ufficiali dei paesi del diritto civile e gli eventuali vantaggi che rappresenta per i loro clienti - in particolare in termini di sicurezza giuridica - l'utilizzazione di atti autentici nella transazioni che intendono concludere nei paesi in cui esiste tale strumento; considerando che emerge quindi l'esigenza più volte sottolineata dalla commissione giuridica del Parlamento europeo di istituire reti transeuropee di esperti del diritto, elaborare campagne e documenti di informazione e attuare una formazione comune, che la Commissione è invitata a promuovere,…” Relazione cit., nota 36 .

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Capitolo II

IL SOVRA INDEBITAMENTO

Attenzione nuova per un problema antico: il sovraindebitamento

A seguito dell’ infelice esperienza dei subprime e del trascinarsi delle sue conseguenze, studiosi di diritto e di economia si sono uniti nel monitorare la situazione di indebitamento in cui versano le famiglie europee, colpite in varia misura dal crollo finanziario americano; pur segnalandosi timidi segnali di ripresa, nella nostra epoca, sembra riproporsi e vivere “i suoi giorni migliori”, un problema antico42 quanto indefinito: il Sovra indebitamento.

Tale fenomeno è oggi maggiormente evidente in quanto alimentato, già a partire dagli anni 80, da un nuovo stile di vita e di consumo, che ha fatto del ricorso al credito l’abituale modo di gestione del patrimonio delle famiglie e di un mercato sempre più interconnesso.43

L’espansione del credito al consumo, come detto, non è un caso, ma rappresenta una precisa scelta di politica economica volta ad incrementare la domanda, rendendo più dinamico il mercato e, in genere, il livello di produzione: grazie alla promozione di tecniche di acquisto che permettono di rimandare ad un momento successivo il pagamento (come il prestito personale, le carte di credito, la vendita a rate etc.), pur potendo beneficiare immediatamente del bene o del servizio desiderato, si è riusciti a smantellare un atteggiamento restio verso le fonti di

42Storicamente la sua prima manifestazione risale alla Grecia classica e precisamente alla crisi agraria del VI secolo a.C: nella sua Costituzione degli Ateniesi, Aristotele dà notizia che in quel periodo Solone assunse dei provvedimenti per cancellare i debiti dei piccoli produttori agricoli che, costretti in schiavitù in quanto inadempienti, venivano venduti e successivamente affrancati per essere reinseriti nella vita sociale di Atene come dei liberi cittadini.

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finanziamento e a mutare quell’ intimo sentimento di vergogna che lo accompagnava in un’entusiasta propensione al credito.

Così la cash society, nella quale il ricorso al credito per gli acquisti privati risultava un fenomeno marginale, preferendosi ricorrere, nella situazione di carenza di liquidità, a familiari o amici per essere finanziati, ha gradualmente lasciato il posto alla credit society44 in cui gli istituti bancari finanziano i progetti e l’attività imprenditoriale non meno del mero consumo.

Tutto questo ha finito per dilatare enormemente le dimensioni dell’indebitamento privato e la sua rilevanza sistemica. Facendo ormai capo al singolo una pluralità di obblighi creditizi, infatti, le vicissitudini del rapporto bilaterale debitore - creditore finiscono per interessare l’intero mercato creditizio e condizionarne la stabilità; a ciò si aggiunga che l’interconnessione dei mercati finanziari, pur arrecando benefici tangibili, ha anche la nefasta capacità di trasformare perturbazioni interne in crisi di portata globale: dunque, oltre ad essere un problema sociale per il crescere costante di coloro che vivono in condizioni di disagio economico, il sovraindebitamento privato è oggi in grado di compromettere la stabilità del mercato nel suo complesso, come dimostra la vicenda dei subprime.

Benché non sia disponibile una definizione globalmente riconosciuta di sovraindebitamento, esso è da intendersi come “ogni situazione di indebitamento (inteso in senso lato, comprendendo sia passività finanziarie, sia obbligazioni di pagamento di altra natura) insostituibile in relazione al livello del reddito corrente

44Ne ha dato atto anche il Consiglio d’Europa nella risoluzione “Seeking Legal Solution to Debt Problems in a Credit Society”, adottata ad Helsinki in occasione della ventiseiesima Conferenza sugli aspetti sociali della giustizia (7-8 Aprile 2005).

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ed alle integrazioni eventualmente possibili, dalla ragionevole liquidazione del patrimonio disponibile”.45

Semplificando, si versa in una situazione di sovraindebitamento ogni qual volta un individuo o un nucleo familiare ha contratto debiti insostenibili sia con i flussi di reddito presenti sia attraverso l’eventuale dismissione degli asset posseduti.46

L’aver ricollegato lo sviluppo del fenomeno ad un galoppante ricorso al credito (in particolare del credito al consumo) e ad una situazione di crescente indebitamento privato, non deve però condurre ad equivoci che sarà opportuno fin d’ora dissipare. E’ certo che il ricorso al credito e l’indebitamento, non essendo più sintomatici di una situazione di inferiorità economica, godano di una maggiore diffusione nella nostra società; con questo non si deve però cadere in uguaglianze affrettate; in primis, il concetto di indebitamento non coincide con quello di sovraindebitamento: si considera “semplicemente” indebitato colui che ha contratto un prestito che, alla sua naturale scadenza, sarà verosimilmente onorato. Solo quando, per varie ragioni, si passa da un indebitamento contenuto e “normale” ad un indebitamento smodato ed insostenibile, si cade nel patologico e si pongono le condizioni per una possibile situazione di sovraindebitamento.

Inoltre, non è neppure sostenibile che il sovraindebitamento cresca proporzionalmente al credito al consumo: al contrario, studi hanno dimostrato come i problemi di rimborso dei consumatori siano largamente inferiori ove il

45 Maurizio Fiasco , Profili e dimensioni del sovraindebitamento in Italia, atti del seminario, Analisi del fenomeno sovraindebitamento: quali prospettive per una legge in Italia?, Roma, 25 gennaio del 2001.

46 Questo vuol dire che è sovraindebitato anche colui che non è insolvente alla luce delle

norme codicistiche, in quanto può contare su una rete familiare che, sostenendolo finanziariamente, ne evita il dissesto(per un approfondita disamina dei concetti di insolvenza e sovraindebitamento, L. Modica, op.cit. p.135 e ss.).

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mercato dei prestiti è ben sviluppato e di come invece essi crescano nei Paesi caratterizzati da una maggiore astrattezza del mercato.47

All’origine del sovraindebitamento non c’è quindi l’uso del credito, ma il diffondersi del “cattivo credito”:48 il primo, sostenendo il consumo, è un importante fattore di sviluppo; il secondo, invece, è un fenomeno che danneggia fortemente il privato e la collettività nel suo complesso, rappresentando un rischio per i professionisti che lo elargiscono e una minaccia per i consumatori che incorrono nell’insolvenza.

Sovraindebitamento attivo, passivo e differito

Una corretta disamina del sovraindebitamento non può prescindere dalle sue cause.

L’analisi è resa chiara e immediata dalla classificazione di Anderloni,49 che distingue il sovraindebitamento in attivo, passivo e differito.

Il primo si riferisce ad uno stato di emergenza economica, generato da un’ eccessiva propensione dell’individuo al consumo: in questo caso, ad essere determinante, è il comportamento del debitore. La miopia delle famiglie, che sovrastimano le proprie risorse o sottostimano l’onere dei rimborsi,50 conduce ad un’assunzione sproporzionata del debito, perpetuata attraverso vari mezzi (e.g.

47 J. Niemi Kiesiläinen, A.S. Henrikson, Report on legal Solutions to Debt Problems in

Credit Societies, cit., p. 18.

48 Questa considerazione è alla base della riflessione sviluppata nel mio lavoro di tesi, nella

prospettiva del credito responsabile.

49 Luisa Anderloni , Il sovraindebitamento in Italia e in Europa, in Ruozi (a cura di),

L’usura in Italia, Bologna,1997.

50Roberto Ruozi , Alcuni pericoli del credito al consumo, in Banche e banchieri, fasc. 2, vol. 22, pp. 123 – 132.,1995.

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carte di credito) ed espedienti (come la deliberata dissimulazione della propria solvibilità).

La seconda tipologia si riferisce, invece, ad una situazione di sovraindebitamento scatenata da fattori, per così dire, esogeni, estranei al controllo del soggetto che contrae il credito: la causa delle difficoltà economiche è riconducibile all’incidenza di fattori traumatici (quali la perdita dell’occupazione, la separazione coniugale, una grave malattia, etc. ) sulle fonti di reddito (o parte di esse) che interrompe o riduce i flussi di entrata, determinando, conseguentemente, l’insorgenza di passività impreviste.

Il terzo tipo di sovraindebitamento citato, non è riferito ad una situazione del “qui ed ora”, quanto piuttosto ad uno scenario ipotetico: si tratta del sovraindebitamento “differito”, così definito in ragione dello sviluppo fenomenologico del problema, visibile soltanto in un successivo arco temporale.

Questa terza tipologia di sovraindebitamento è originata da inaspettate vicende della struttura familiare, tra l’altro sempre più comuni nella società italiana:51 una prima ipotesi è quella della permanenza o del ritorno di figli over trenta presso la famiglia di origine;52 l’altro scenario è quello di un consumo familiare superiore a quello effettivamente possibile con i soli redditi da lavoro e reso momentaneamente sostenibile dal contributo di una o più persone anziane conviventi (tramite il patrimonio o la pensione da queste posseduti).

51 ISTAT (1999), Modelli di formazione ed organizzazione della famiglia, a cura di Linda

Sabbadini, Il Mulino, Bologna; CER (1999), Solidarietà intergenerazionale nell’ambito familiare, Franco Angeli Editore, Roma.

52Dovuta a vari motivi, tra i quali primeggia la difficoltà d’inserimento nel mondo lavorativo.

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In entrambi i casi la famiglia evolve verso un'area ad alto rischio poiché, pur non versando in condizioni di indebitamento, assume comportamenti di consumo e impegni di pagamento (come mutui casa e prestiti personali) basandosi su una condizione familiare-reddituale destinata a modificarsi: così, ad esempio, la presenza di un membro anziano apportatore di reddito nel bilancio familiare, consentirà alla famiglia “ospitante” più alti consumi, ma solo fino a quando egli sarà in vita.

È bene sottolineare come lo studio dei “fattori di povertà”, lungi dall’avere scopi meramente classificatori, permetta di evidenziare la multidimensionalità di un fenomeno solo apparentemente unitario, costituendo, tra l’altro, un punto di partenza indispensabile per predisporre proficue azioni di contrasto.

L’esperienza italiana

Il sovraindebitamento tra insolvenza civile e commerciale

Come detto, la problematica del sovraindebitamento ”civile” ha origini antiche, ma solo in epoca contemporanea ha assunto profili allarmanti:53 essendo la predominanza di debiti sul reddito disponibile e la sopravvenuta impossibilità ad adempiervi situazioni storicamente legate alla finanza d’impresa, molte legislazioni nazionali sono rimaste a lungo prive di una normativa volta a porre rimedio alle difficoltà economiche del debitore civile, dotandosi solo recentemente di una disciplina ad hoc.

Emblematico è il caso dell’ordinamento italiano, pervenuto ad una legge sul sovraindebitamento solo nel 2012; un ritardo, questo, attribuibile alla diffusa

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convinzione che un Paese di risparmiatori come il nostro non potesse incorrere nei drammi economici e sociali in cui si sono imbattuti Stati più portati all’indebitamento (ad e.g. gli Stati Uniti).

Dopo anni caratterizzati da un’effettiva minore propensione al credito che distingueva gli Italiani dai vicini europei, si è assistito, però, ad un sensibile cambio di rotta, con un vertiginoso aumento del ricorso al prestito che, insieme al susseguirsi di sfortunati eventi (quali malattie, precarietà del lavoro, divorzi etc..) ha determinato, nel nostro Paese una notevole riduzione del risparmio annuo, iniziato a decrescere già nel 2001.54

Con l’avvento della crisi, poi, la situazione è drasticamente peggiorata: alla fine del 2008 i debiti delle famiglie erano pari al 49% del reddito annuo disponibile (un rapporto ancora contenuto rispetto ai paesi anglosassoni e dell’Europa continentale, ma sintomatico di una crescente fragilità finanziaria) per arrivare poi, alla fine del 2011, al 65%.

Da ultimo, sulla base di dati recentemente diffusi dalla Banca d’Italia, una famiglia su tre risulta aver contratto passività finanziarie, che il rallentamento della dinamica dei redditi conseguente alla recessione economica e alla flessione della ricchezza monetaria, rende difficili da restituire.

Sebbene quindi non siano disponibili dati ufficiali, le indagini campionarie mostrano come la realtà italiana si stia progressivamente allineando con le altre esperienze europee, imponendo attenzione al problema del sovraindebitamento.

54 I dati in proposito sono piuttosto allarmanti :si è passati da 106 miliardi accantonati nel

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