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Vecchie e nuove questioni in materia di sequestro preventivo: Dal silenzio legislativo alle strane vicende del caso "Ilva"

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E' comune difetto degli uomini non fare conto, nella bonaccia, della tempesta.

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INDICE

INTRODUZIONE...V

CAPITOLO I

UN SERENO SILENZIO, L'ISTITUTO DEL SEQUESTRO PREVENTIVO TRA UN PASSATO TORMENTATO E UN

QUIETO PRESENTE

1. Antecenti storici...1 2. L'utilizzo del sequestro probatorio a fini di prevenzione da

parte della giurisprudenza: La genesi e lo sviluppo

dell'istituto...6 3. Dalla legge delega del 1974 all'emanazione del nuovo

codice nel 1988...32

CAPITOLO II

I PRESUPPOSTI E LE TIPOLOGIE DEL SEQUESTRO PREVENTIVO

a) Il sequestro c.d. “impeditivo”

1. Il fumus commissi delicti : tra gravi indizi di colpevolezza e

(4)

2. Le modalità di rilevamento del periculum in

mora...64

b) La presunzione ex lege di pericolosità

1. La fattispecie del sequestro preventivo funzionale alla

confisca...69

2. Il sequestro per equivalente...74

CAPITOLO III

IL RAPPORTO CON ALTRE TIPOLOGIE DI SEQUESTRO

1. Sequestro preventivo e sequestro probatorio...82 2. Il rapporto tra sequestro preventivo e sequestro

conservativo...88

CAPITOLO IV

LA FASE PROCEDIMENTALE

1. Il soggetto attivo e passivo...92 2. Aldilà del corpo del reato,ovvero cosa si può

sequestrare...100

3. La cautela della cautela, il c.d. “fermo

reale”...113

(5)

preventivo...126

CAPITOLO V LE VICENDE ESTINTIVE, MODIFICATIVE E IL SISTEMA DEI CONTROLLI 1. La revoca e la perdita di efficacia del sequestro preventivo...131

2. Il riesame e i vizi in sede di riesame...142

3. L'appello cautelare...152

4. Il ricorso in Cassazione...157

CAPITOLO VI LA DISCIPLINA DEL SEQUESTRO PREVENTIVO DOPO IL CASO ILVA ALLA LUCE DELLA SENTENZA 85 DEL 2013 DELLA CORTE COSTITUZIONALE 1. Il decreto “salva Ilva”, una questione di diritto intertemporale...162

2. Il caso Ilva introduce una nuova fattispecie di sequestro...177

3. L'art 2 d.l. 207 del 2013: Quando è lo stesso imputato a gestire i beni sequestrati...191

(6)

5. Il principio di proporzionalità, adeguatezza e gradualità e le

alternative al sequestro preventivo... ...198

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE...207

INDICE BIBILIOGRAFICO...217

SITOGRAFIA...228

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INTRODUZIONE

Il presente elaborato analizza la misura cautelare del sequestro preventivo disciplinata dall'art 321 del codice di procedura penale. Una misura cautelare nata dalla torsione giurisprudenziale del sequestro penale disciplinato nel codice del 1930. Si tratta di una tendenza giurisprudenziale nata negli anni settanta dal sorgere delle esigenze di difesa sociale. Questa prassi giurisprudenziale è stata recepita nell'attuale codice non senza dubbi e problematiche, tra cui la considerazione che la funzione di prevenzione dei reati spetta alla pubblica amministrazione e non al giudice, in quanto quest'ultimo è chiamato a pronunciarsi su fatti che sono già stati posti in essere, e non su fatti che ancora devono da venire.

Ulteriore motivo di interesse consiste nella circostanza che tradizionamente il sequestro va a colpire esclusivamente il diritto di proprietà o di godimento del destinatario della misura. Tuttavia l'accrescere della tutela penale d'impresa ha fatto si che oggetto di sequestro siano beni che se sequestrati vanno ben oltre la semplice sottrazione della cosa al suo detentore, in quanto coinvolgono altri diritti costituzionalmente tutelati, come la libertà di iniziativa economica, il diritto al lavoro, la tutela dell'ambiente, la tutela della salute, la tutela dell'ordine pubblico, la libertà di manifestazione del pensiero ecc. A titolo di esempio si pensi al

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sequestro di complessi aziendali, di pubblicazioni, o di prodotti alimentari adulterati.

Il decreto di sequestro può dunque portare un pregiudizio non solo alla libera disponibilità della cosa, ma può determinare conseguenze che potrebbero entrare in conflitto con interessi collettivi e diffusi.

La principale lacuna di questa fattispecie è stata vista soprattutto nei presupposti di applicazione della misura, in particolare nel fumus commissi delicti. L'art 321, pur indicando la necessità di suddetto presupposto, rimane silente sul suo esatto significato; lasciando alla giurisprudenza il compito di definirlo. Tuttavia le stesse precisazioni delle Sezioni Unite della Cassazione in merito al fumus sono state oggetto di interpretazione estensiva dalla successiva giurisprudenza, facendo si che il sequestro possa essere disposto con una relativa facilità, lasciando alla discrezionalità del giudice il bilanciamento tra le situazioni giuridiche. Siamo di fronte insomma a un istituto caratterizzato da un eccessivo tasso di discrezionalità in capo al giudice, causato dalla possibilità di emettere il provvedimento cautelare a fronte di una astratta configurabilità del fatto riconducibile a una fattispecie di reato. La varietà delle tipologie dei beni sequestrabili crea qualche difficoltà: se da un lato parrebbe congruo imporre la sussistenza dei gravi indizi di reato per sequestrare un complesso di beni

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aziendali (magari di interesse strategico nazionale) in cui sono coinvolti numerevoli diritti e interessi, dall'altro lato sembrerebbe eccessivo imporre la sussistenza dei medesimi requisiti per poter sequestrare ad es. un'arma o un qualsiasi bene la cui apprensione coattiva ha come unica conseguenza la privazione della disponibilità in capo al soggetto.

Questa lacuna normativa circa i presupposti della misura va ovviamente a ripercuotersi su quello che è il procedimento di emanazione del decreto, su quella che è la restituzione dei beni e sul sistema delle impugnazioni.

La situazione si complica maggiormente laddove suddetta misura debba essere adottata d'urgenza. Infatti, come spesso accade, insieme all'urgenza si accompagnano questioni relative al contradditorio e al diritto di difesa, alle quali il sequestro preventivo non fa eccezione.

Ovviamente stiamo parlando di una fattispecie che deve fare i conti con altre tipologie di sequestro, trovandosi a convivere con il sequestro probatorio e il sequestro conservativo penale; istituti questi che possono essere di ostacolo all'emissione del sequestro preventivo.

Successivamente saranno trattati i profili di attualità che riguardano l'istituto del sequestro preventivo. Profili che pur riguardando problematiche nuove sulla materia hanno avuto, se

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non altro, il merito di mettere sotto i riflettori una fattispecie che fin dalla redazione del codice è stata trascurata, rimanendo confinata nelle aule di tribunale e negli studi della dottrina. Infatti l'assenza di un caso drammatico come quello dell'Ilva poteva farli apparire come meri problemi “tecnici”, se non addirittura “burocratici”. Il riferimento va alla vicenda Ilva, in cui è stato disposto il sequestro senza facoltà d'uso dell'area a caldo dello stabilimento di Taranto.

Lo stabilimento Ilva di Taranto è un' industria siderurgica a ciclo integrale costruita nel 1961. L'acciaio viene prodotto attraverso l'utilizzo di materie prime come minerali di ferro, carbon fossile e alcuni fondenti attraverso la formazione di un prodotto intermedio che è la ghisa. Le varie fasi che dalle materie prime portano alla formazione del prodotto finale acciaio hanno un considerevole impatto sull'ambiente a causa delle notevoli quantità di sostanze che vengono emesse in atmosfera.

La vicenda penale ha inizio con le ordinanze cautelari del 27 luglio del 2012, quando il G.i.p. del Tribunale di Taranto, accogliendo le richieste della Procura della Repubblica, oltre a disporre le misure degli arresti domiciliari nei confronti di tutti gli indagati, emette un decreto di sequestro preventivo, senza facoltà d'uso, delle aree e degli impianti dello stabilimento, provocando l'interruzione dell'attività produttiva. Il decreto di sequestro era basato

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sull'assunto che a partire dal 1995 (inizio della gestione del gruppo Riva) gli indagati provocavano e non impedivano quantità imponenti di emissioni diffuse e fuggitive di sostanze nocive dalle aree oggetto di sequestro.

Precedentemente all'intervento dell'autorità giudiziaria si registra l'intervento della pubblica amministrazione nel luglio 2011 attraverso l'approvazione dell'autorizzazione integrata ambientale, che sancisce la conformità delle attività dello stabilimento siderurgico alle normative ambientali. Il successivo provvedimento di revisione dell'autorizzazione integrata ambientale rilasciato nell' ottobre 2012 non è stato ritenuto dalla magistratura tarantina come sufficiente per consentire la ripresa dell'attività produttiva.

Da qui l'intervento del legislatore con il decreto legge 3 dicembre 2012 n 207, successivamente convertito nella legge 24 dicembre 2012 n 231, il quale ha consentito la prosecuzione dell'attività nonostante il provvedimento di sequestro fosse ancora in corso di esecuzione.

L'intervento del legislatore era necessario per contemperare interessi diffusi come la tutela della salute, dell'ambiente e dell'occupazione. In particolare pare essere quest'ultimo profilo ad aver spinto il legislatore ad intervenire, in quanto in assenza di un provvedimento la situazione occupazionale dello stabilimento ne

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avrebbe fortemente risentito, per non parlare dei danni che avrebbe cagionato a quello che rappresenta il più grande stabilimento siderurgico europeo; uno stabilimento dalle dimensioni di oltre 15000 chilometri quadrati che conta circa 12589 dipendenti. Se da un lato i magistrati tarantini hanno ampiamente adempiuto circa il rispetto dell'ambiente e della salute, dall'altro i danni economici derivanti dalla mancata concessione della facoltà d'uso sarebbero stati considerevoli senza l'intervento legislativo, considerato che i sigilli sono stati previsti per i parchi minerali, le cokerie, l'area agglomerazione, l'area altiforni, le acciaierie e la gestione materiali ferrosi, determinando di fatto lo stop di tutta l'area dello stabilimento.

In particolare vedremo che la vicenda Ilva ha messo in luce come l'intervento del legislatore possa incidere sull'esigenza cautelare, sottraendola di fatto alla competenza del giudice, riaprendo quella questione circa la ripartizione della funzione di prevenzione dei reati tra giudice e pubblica amministrazione che sembrava essersi chiusa con l'introduzione dell'art 321.

Vedremo come il legislatore, nell'intento di trovare un punto di equilibrio tra le contrapposte esigenze di tutela dell'ambiente e salvaguardia occupazionale, abbia inciso sulla fattispecie di cui all'art 321 introducendo una nuova fattispecie di sequestro.

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modalità di gestione dei beni sottoposti a sequestro.

Infine vedremo come il caso Ilva abbia tratto spunto per affrontare la questione circa l'opportunità di applicare il requisito della proporzionalità, adeguatezza e gradualità ex art. 275 c.p.p. anche al sequestro preventivo.

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CAPITOLO I

L'ISTITUTO DEL SEQUESTRO PREVENTIVO TRA UN PASSATO TORMENTATO E UN QUIETO

PRESENTE

1.1 Antecedenti storici

Il sequestro preventivo, disciplinato nel capo II del titolo II del libro IV agli artt 321 e ss, è una misura cautelare reale finalizzata a evitare che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze dannose di esso ovvero che possa agevolare la commissione di altri reati. Per comprendere la ratio e le problematiche attuali di tale istituto è opportuno dar conto sinteticamente dello sviluppo storico cui esso è andato incontro.

L'esigenza di disporre uno strumento di prevenzione reale è un'esigenza sorta in tempi relativamente recenti. Infatti prima del codice di procedura penale del 1930 non si registrano figure che

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potessero in qualche modo richiamare caratteristiche di prevenzione di illeciti penali che gravassero su cose materiali. Vi erano semmai istituti che bloccavano la disponibilità della cosa in funzione di esigenze probatorie o di esigenze risarcitorie nei confronti della vittima dell'illecito; e quindi da questo punto di vista sono le figure del sequestro probatorio e conservativo ad avere antenati più risalenti, i quali sorgono ancor prima del codice Rocco.

In particolare la figura del sequestro probatorio penale era configurata per soddisfare esclusivamente esigenze istruttorie, essendo diretta a consentire l'assicurazione delle diverse fonti di prova, le quali presumibilmente sarebbero andate disperse o sarebbero state sottratte ove la relativa documentazione o la res non fosse stata in precedenza acquisita coattivamente dall'autorità giudiziaria1.

Il codice di procedura penale del 1865 già disciplinava la figura del sequestro penale, il quale era definito come “il limite posto dalla volontà dello stato alla disponibilità di una cosa mobile o immobile altrui”. Tuttavia sia in dottrina che in giurisprudenza era pacifico che, nonostante l'assenza di qualsiasi riferimento alle finalità dell'istituto, quest'ultimo fosse preordinato agli scopi del

1 C. SANTORIELLO, Le misure cautelari nel processo penale.

Considerazioni generali, in F. FIORENTIN, C. SANTORIELLO, G.

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processo penale e che il corpo del reato ed ogni altro mezzo materiale di prova, non appena scoperti o esibiti, dovessero essere assicurati al processo per gli opportuni accertamenti e per la loro utilizzazione processuale2. Conferme in tal senso si trovano all'art

46 del codice del 1865, il quale prevedeva che il sequestro potesse disporsi sin dall'inizio dell'istruzione preliminare, conferendo in via eccezionale la legittimazione attiva al procuratore del Re, quando, in situazioni particolari e, ove fosse impossibile assicurarsi l'intervento tempestivo del giudice incaricato dell'istruzione, risultasse necessario “reperire le cose che sarebbero servite per lo svolgimento dell'istruttoria”. Analogalmente la polizia giudiziaria, art 63 del suddetto codice, aveva il compito di “accertare e conservare le tracce e il corpo del reato in presenza di pericolo della loro dispersione”.

Ulteriore conferma della finalità probatoria del sequestro era data all'art 124, secondo cui l'istruttore che compie una visita locale, se trova armi, strumenti, ed altri oggetti che possano aver servito o essere stati destinati a commettere il reato, o apparisca esserne stati il prodotto(...) (…) “egualmente che le carte ed ogni altro documento che potrà essere utile allo scoprimento della verità”, dovrà porli sotto sequestro. Parimenti l'art 142, in tema di perquisizione, consentiva al giudice istruttore di procedere a

2 Cfr. V.MANZINI, Manuale di procedura penale italiana, Milano-Torino-Roma, 1912, p. 528.

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perquisizione nell'abitazione e nel domicilio dell'imputato, sia in qualunque altro luogo o domicilio, ”quando esistono gravi indizi che vi si possano trovare oggetti utili allo scoprimento della verità”.

Si capisce bene dunque come, nonostante la mancanza di un espresso riferimento alla finalità probatoria del sequestro penale, quest'ultimo fosse inequivocabilmente rivolto ad assicurare la conservazione della prova ai fini del processo, nè la dottrina nè la giurisprudenza avevano mai espresso dubbi al riguardo3. Di

conseguenza, un decreto di sequestro disposto per ragioni di prevenzione (o più in generale per ragioni diverse dalla necessità di assicurare le prove al processo) avrebbe significato l'attribuzione da parte del giudice di un potere che la legge non gli conferiva.

Nonostante fosse già presente nella disciplina codicistica, il sequestro penale non aveva ancora un'autonomia sistematica, ma veniva inquadrato nell'ambito di altre figure, come la perquisizione, l'ispezione, e le visite domiciliari. Questo istituto veniva infatti concepito come un fatto del tutto naturale conseguente alla perquisizione o alle visite domiciliari, certamente non automatico, ma sicuramente derivante da questi. Il giudice, ai sensi dell'art 144, poteva mettere sotto sequestro quei beni che

3 P.BALDUCCI, Il sequestro preventivo nel processo penale, Milano, 1991, p. 30 e 32

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riteneva utli all'istruzione, non prima però di averne riconosciuto l'identità e l'integrità, egli infatti doveva usare la massima riserva e discrezione in queste congiunture, poichè non doveva dimenticare che la sola necessità giustificava questi atti d'istruzione che andavano a ledere i diritti e la proprietà altrui 4.

Nel codice del 1913 per la prima volta venne dedicato al sequestro un capo apposito (il capo V del titolo II del libro II, art 237 e ss), sintomo di come il legislatore avesse ricondotto ad unità autonoma la disciplina di questa fattispecie, che da quel momento poteva avere vita a sé indipendentemente da altri istituti (es. visite domiciliari, ispezioni e perquisizioni) e ha conferito altresi' a questo atto sicurezza di garanzie per tutti coloro che ne venissero colpiti e non minore sicurezza di precetti per gli stessi organi della giustizia che dovessero procedervi. In particolare il sequestro venne ad affrancarsi definitivamente dalla perquisizione sulla base del diverso bene giuridico che veniva ad essere limitato: mentre la perquisizione limitava prevelentemente il diritto di libertà nella persona e nel domicilio, il sequestro pregiudicava invece il diritto di proprietà5. Anche in questo codice le finalità non venivano

indicate, tuttavia il carattere probatorio dell'istituto era comunque

4 Cosi' come indicato in F.SALUTO, Commenti al codice di procedura

penale per il regno d'Italia, vol II, Torino, 1877, p. 292

5 L.MORTARA, U.ALOISI, Spiegazione pratica del codice di procedura

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indubbio stante l'esplicito collegamento tra l'oggetto del sequestro e l'accertamento della verità; era pacifico infatti che il sequestro fosse preordinato a finalità esclusivamente probatorie, poichè attraverso la lettura combinata del capo V con l'art 166 (sugli atti di polizia giudiziaria) il giudice poteva disporre il sequestro delle cose indicate all'art 166, cioè di quelle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, di quelle che ne sono il prodotto e di tutto ciò che potesse essere utile all'accertamento della verità..6

1.2 L'utilizzo del sequestro probatorio a fini di

prevenzione da parte della giurisprudenza: La genesi e lo sviluppo dell'istituto

Con l'introduzione del codice di procedura penale del 1930 il mancato riferimento a una finalità espressa venne confermato, escludendo stavolta ogni riferimento alla finalità probatoria. Fino agli anni settanta sia la dottrina che la giurisprudenza si disenteressarono della problematica del “vuoto dei fini” del sequestro penale7; la questione fu infatti sollevata nel 1974 con la

6 P.BALDUCCI, Il sequestro preventivo, cit., p. 33 7 P. BALDUCCI, Il sequestro preventivo, cit, p. 33.

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sentenza della corte di Cassazione, la quale, mettendo in dubbio per la prima volta quell'orientamento che aveva dato per scontato che l'unica finalità del sequestro penale fosse quella probatoria, sostenne che “il sequestro delle cose pertinenti al reato non fosse subordinato ad alcuna finalità predeterminata”8. Nei lavori

preparatori e dalla stessa relazione al codice del Guardasigilli si legge chiaramente che il legislatore aveva apportato dei perfezionamenti all'istituto disciplinato dal codice abrogato senza intaccarne la “costruzione complessiva”9. Difatti le polemiche che

sorsero in sede di lavori preparatori furono altre, come ad esempio quella che ha riguardato l'introduzione del sequestro presso banche (art 340 c.p.p. 1930), ovvero quella che ha introdotto la regolamentazione del sequestro presso i difensori (art 341), ovvero quella riguardante la soppressione della facoltà di assistenza dei testimoni alle operazioni di sequestro10.

Fu dunque la giurisprudenza a partire dagli anni settanta, data l'assenza di qualsiasi indicazione normativa in tal senso, a utilizzare il sequestro per finalità preventive, soprattutto se gli illeciti da prevenire erano lesivi di interessi collettivi. In

8 Cass., sez. III, 31 gennaio 1974, GALAZZO, in Giust. Pen. 1974, III, p. 597 9 Cfr. Relazione al codice progetto preliminare del codice di procedura

penale, 1930, in Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, vol VIII, Roma 1929, p. 65

10 Cfr. Relazione al codice progetto preliminare del codice di procedura

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particolare la relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale del 1988 indica come il sistema processual penalistico previgente riconoscesse il fine preventivo in materia di rapporti tra sequestro e confisca, in materia di frodi agrarie, di caccia e di pesca; inoltre cita come esempi dell'uso del sequestro a fini preventivi il sequestro delle costruzioni o delle lottizzazioni abusive, il sequestro di pellicole cinematografiche e di prodotti alimentari, il sequestro di impianti nei processi per inquinamento o per infortuni sul lavoro11.

La possibilità di mutare la natura e le finalità dell'istituto era dovuta al fatto che, come era accaduto con riguardo alle misure cautelari personali, il legislatore del 1930 aveva omesso ogni indicazione circa le finalità che potevano essere perseguite per mezzo del sequestro. L'appiglio normativo era costituito dal combinato disposto dell'art 219 con l'art 337 del codice del 1930. Art. 219 che, nel disciplinare le funzioni della polizia giudiziaria, stabilisce :“La polizia giudiziaria deve anche di propria iniziativa prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, assicurarne le prove, ricercare i colpevoli e raccogliere quant'altro possa servire all'applicazione della legge penale”. Novità significativa del codice del 1930 rispetto a quello

11 Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale,1988,

p.80, pubblicata in gazzetta ufficiale il 24/10/1988, consultabile in

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del 1913 consiste proprio nell'attribuire alla p.g. compiti di prevenzione delle fattispecie criminose; attività che tradizionalmente era propria della polizia strettamente amministrativa12. Non a caso negli anni di pubblicazione del

codice il sequestro era considerato nella sua fase esecutiva come un atto strettamente amministrativo (cautelativo e conservativo)13.

Questo parziale conferimento di competenze della polizia amministrativa a quella giudiziaria, ha dato successivamente luogo a un conflitto di attribuzione tra autorità amministrativa e autorità giudiziaria, conflitto che fa parte della più ampia questione sulla natura dell'attività preventiva, ovvero se essa dovesse essere di esclusivo appannaggio dell'autorità amministrativa o se l'autorità giudiziaria potesse svolgere un ruolo di supplenza rispetto a quest'ultima14.

Il ridimensionamento dei compiti della p.g. passò tra l'altro sotto

12 In particolare l'attività di polizia veniva distinta dalla dottrina in tre funzioni: di osservazione, di prevenzione e di repressione. Il codice di procedura del 1913 attribui' alla p.g. esclusivamente la funzione di respressione di condotte già avvenute e alla polizia amministrativa furono attribuite le funzioni di prevenzione e di osservazione. In questo senso S.LONGHI, Commento al codice di procedura penale, Torino, 1921, p. 291.

13 AA.VV (sotto la direzione di U. CONTI), Il codice di procedura penale

illustrato articolo per articolo, vol II, Milano, 1937, p. 357

14 Per un esame del problema si rimanda a M.CHIAVARIO, Tutela del

territorio e poteri del giudice penale:dati giurisprudenziali per una discussione, in Riv. It. Dir. Proc. Pen. 1976, p. 410 e ss.

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silenzio. Nella Relazione Rocco al progetto preliminare del nuovo codice si affermava: “Salve le modificazioni rese necessarie da altre riforme legislative, mi parve che non fosse il caso di introdurre innovazioni essenziali nell'istituto della polizia giudiziaria”. Insomma la p.g. aveva anche un dovere di vigilare perchè non si compissero i reati e perchè le condotte criminose in atto non fossero spinte ad ulteriori e più gravi conseguenze. Oltre a ciò aveva il dovere di controllare e prevenire le situazioni di pericolo che potessero dar luogo alle misure di sicurezza previste dalla legge penale15. Gli atti della polizia giudiziaria, nonostante

fossero compiuti da soggetti estranei al rapporto processuale dovevano considerarsi come atti processuali a causa della loro destinazione ai fini del processo16. La p.g. , fatte salve le ipotesi in

cui poteva adottare atti di propria iniziativa, agiva tramite atti provocati dal magistrato, distinguibili in atti delegati, e atti meramente esecutivi; i primi le lasciavano una certa iniziativa nella formazione dell'atto, nei limiti della delega, i secondi consentivano agli agenti semplicemente di dare attuazione all'atto del magistrato17. Fra gli atti delegati da parte del giudice istruttore,

15 A. DE MATTIA, Il codice di procedura penale italiano commentato

articolo per articolo, vol I , Milano, 1960, p. 294 e 295

16 A. ALBAMONTE, In tema di poteri di polizia giudiziaria e del pretore e

del pubblico ministero. Con particolare riferimento ai poteri previsti dall'art. 219 cod. proc. pen., in Riv. Pen. 1977, p. 601

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c'era anche il sequestro di cose pertinenti al reato ai sensi dell'art 337, rubricato “Formalità relative al sequestro”.

Quanto ai beni che potessero costituire oggetto di sequestro, la legge faceva riferimento talvolta alla locuzione “cose pertinenti al reato”(art 337), talvolta a quella di “corpo del reato” (art 222 e 242), talvolta ancora indicava specificatamente nelle leggi speciali il bene che poteva essere colpito. Se consideriamo le definizioni di cose pertimenti al reato e di corpo del reato che venivano date all'epoca, è interessante notare come l'oggetto del sequestro penale utilizzato a fini preventivi potesse riguardare solamente la più specifica nozione di corpo del reato18. Necessaria era la sussistenza

di un nesso di causalità tra la cosa da sequestrare e il reato, tuttavia non doveva trattarsi di un nesso indiretto, ma era necessaria l'esistenza di un rapporto diretto tra il bene e la condotta criminosa. A tal proposito la giurisprudenza parlava talvolta di

DE MATTIA, Il codice di procedura penale, cit., p. 295 e ss

18 Dicevasi Corpo del reato la cosa sulla quale è stato commesso il reato (c.d. oggetto materiale del reato), ovvero a mezzo della quale è stato commesso il reato ( c.d. instrumenta sceleris), ovvero ciò che ne costituisce il prodotto, il profitto o il prezzo (c.d. producta sceleris). Nella definizione di Cosa pertinente al reato rientravano sia il corpo del reato e ogni altra cosa che contribuiva alla prova della commissione del reato e delle sue conseguenze, o anche solo a fornire lumi sulla personalità dell'autore dell'illecito o sui moventi dell'azione criminosa. Su quest'ultima finalità si veda Cass. 25 maggio 1971, in Giust. Pen. 1972, III, p.393. Definizioni illustrate in G.SABATINI, Trattato dei procedimenti incidentali

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rapporto di “stretta affinità”, altre volte di “rapporto di strumentalità necessaria”19. Era pacifico allora (come ora) che

l'oggetto dovesse consistere in un bene materiale. La dottrina sottilineava però come la materialità non fosse sufficiente ad integrare il sequestro, essendo necessaria anche l'esperibilità dell'adprehensio sul bene. Infatti materialità veniva definita come la percepibilità della cosa con i sensi, e perciò si capisce bene come secondo questa nozione potessero anche essere considerati beni materiali, e dunque sequestrabili, anche beni che oggi definiremmo come immateriali20.

Limitazioni alle cose sequestrabili erano dettate sia dal codice che dalla legge speciale. L'art 341 garantiva l'immunità da sequestro a quei beni su cui sussisteva il segreto politico e militare o il segreto professionale dei difensori e dei consulenti tecnici. Invero però la norma dettava un'eccezione a questa immunità: “salvo che facciano parte del corpo del reato”. Come sopra detto, il corpo del reato poteva costituire l'unico oggetto di un sequestro penale a finalità preventiva, e dunque grazie a questa eccezione si poteva configuare l'ipotesi di sequestro penale preventivo anche per beni coperti da segreto politico, militare, o d'ufficio21.

19 Tuttavia qualche voce in dottrina riteneva questo requisito insufficiente, in tal senso si veda P.BALDUCCI, Il sequestro preventivo, cit., p. 70

20 Cfr. P.FERRONE, Il sequestro nel processo penale, Milano, 1974, p. 11 21 La sequestrabilità di beni coperti da segreto politico e militare non era

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La legislazione speciale, dal canto suo, poneva ulteriori limitazioni quanto all'oggetto del sequestro, particolarmente in tema di beni offensivi del pudore o della pubblica decenza, contrari all'art 21 della costituzione . Il caso più significativo era dato dal decreto legge 561/1946 che poneva il sequestro anteriore alla sentenza di non più di tre esemplari dalle pubblicazioni o degli stampati che comportassero violazione della legge penale.

Ultima limitazione era data dalla l. 4/1929 che inibiva il sequestro dei libri contabili prescritti dal codice e di quelli che secondo gli usi commerciali servivano all'esercizio dell'industria e del commercio, tranne che nei casi indicati dalla legge22.

Nel codice del 1930 era presente l'ipotesi in cui il sequestro dovesse essere funzionale alla confisca, fattispecie che ha portato nel 1988 all'elaborazione dell'autonoma figura del sequestro preventivo a scopo di confisca. Disciplinato al capo III del titolo III del libro IV in materia di esecuzione, rubricato “Dei provvedimenti patrinomiali relativi alle cose sequestrate per il procedimento penale”.

Favorevoli alla sequestrabilità di detti beni erano V.MANZINI, Trattato di

diritto processuale penale italiano, Torino, 1956, III, p. 613, e

G.SABATINI, Trattato dei procedimenti incidentali ,cit., p. 501 Per argomentazioni in senso contrario si rimanda a G.LEONE, Trattato di

diritto processuale penale, Napoli, 1961, II, p. 228

22 Per un'analisi più approfondita cfr. P.FERRONE, Il sequestro nel processo

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Seguendo un'impostazione diversa da quella dell'attuale codice, questo capo disciplinava sia quello che oggi definiremmo sequestro funzionale alla confisca sia le modalità di estinzione del sequestro e la procedura di restituzione dei beni. In comune con la disciplina odierna vi era l'ovvio principio secondo cui i beni dovessero essere mantenuti sotto sequestro fino a quando fosse necessario per il procedimento (art 622 comma 1), vi era il principio secondo cui le cose appartenenti al condannato per le quali non fosse stata ordinata la confisca fossero devolute allo stato (art 622 comma 2 ) , la possibilità di sequestrare beni presso terzi, e infine la circostanza per cui le cose soggette a confisca obbligatoria dovessero essere mantenute sotto sequestro.

Elemento caratterizzante questa disciplina e che, invece oggi è venuto meno, era l'obbligo, per chi era intenzionato vedersi restituito il bene, di dimostrare di averne diritto. Infatti nella disciplina odierna non è necessario che l'interessato dimostri la titolarità del diritto sul bene; in caso di controversia sulla proprietà del suddetto la lite è rimessa alla valutazione del giudice civile, infatti la giurisprudenza ha ribadito che ogni qualvolta sorga una controversia sulla proprietà della cosa il giudice penale ha l'obbligo di rimettere gli atti al giudice civile per la decisione della controversia; e, cosa importante,mantenendo il sequestro, poichè la nozione di buona fede nel diritto penale diverge da quella

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dettata dal diritto civile23, con la possibilità che si verifichi dunque

il caso in cui la buona fede sussista sul piano penale ma non su quello civile, escludendo dunque l'acquisizione della proprietà del bene mediante posssesso. Nella inutilmente più complessa disciplina del 30 invece l'art 622 comma 3 e 4 sanciva espressamente la necessità da parte dell'interessato di dimostrare la legittimità a vedersi restituito il bene, con la conseguenza che, nell'ipotesi in cui non si fosse riuscito a dimostrare la titolarità del bene e non fosse stato instaurato un procedimento civile, spettava al giudice penale di provvedere; non a caso era prevista un'apposita disposizione disciplinante i provvedimenti in caso di mancata prova del diritto alla restituzione: l'art 625. Premesso che l'onere probatorio da parte dell'interessato era previsto sia in caso di sentenza di condanna che in caso di sentenza di proscioglimento, tale norma disponeva che : Dopo un anno dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, se nessuno ha provato di avere diritto alla restituzione delle cose sequestrate e non è in corso il giudizio civile per la risoluzione della relativa controversia ovvero se nessuno ha chiesto la restituzione, il giudice pronuncia ordinanza con cui dispone che il denaro, i titoli al portatore, quelli emessi o garantiti dallo stato anche se non al portatore, e i valori di bollo siano depositati presso nell'ufficio del

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registro del luogo. Negli altri casi ordina la vendita delle cose secondo la loro qualità, nelle pubbliche borse o all'asta pubblica...”. Dalla lettura di questa norma si evince che, nel caso in cui non fossero stati esperiti tutti gli strumenti disponibili (prove e procedimento civile), o nel caso in cui nessuno si fosse “fatto avanti”, era il giudice penale a doversi fare carico della liquidazione del bene (o dei beni). Competenza che invero maggiormente si confà al giudice civile. Era cosi' il giudice dell'esecuzione che emetteva d'ufficio, dopo aver sentito il pubblico ministero, l'ordinanza con cui dispone che la vendita dei beni e il deposito del denaro o dei titoli di borsa24.

Altra caratteristica che denota la semplificazione della procedura di restituzione dei beni è data dall'espressione contenuta nell'attuale codice all'art 323 secondo cui il giudice “ordina” che le cose sequestrate siano restituite a chi ne abbia diritto. Ne si deduce che il giudice debba provvedere alla restituzione dei beni anche qualora nessuno ne faccia richiesta, al contrario, nella vecchia disciplina la restituzione del bene era subordinata, oltre che all'onere probatorio, a una richiesta di restituzione da parte dell'interessato, come si evince dall'art 625 comma 1, secondo cui il giudice deve provvedere alla liquidazione dei beni se nessuno ha chiesto la restituzione. Impostazione, quella del codice attuale, da

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preferire, in quanto le mansioni che nell'art 625 erano attribuite al giudice penale sono competenze in realtà tipiche del giudice civile. Caratteristica del decreto di sequestro non esplicitamente prevista era data dalla sua revocabilità, ricavabile direttamente dall'art 624, il quale, nel designare l'organo competente a disporre la restituzione del bene, non escludeva che a farlo fosse proprio l'organo che aveva ordinato il vincolo25. Era prassi in

giurisprudenza distinguere la revoca del sequestro dalla restituzione dei beni sequestrati; infatti nonostante fossero simili quanto a effetti, questi provvedimenti erano sostanzialmente diversi: la revoca si basava su una rinnovata valutazione dei presupposti del sequestro, la restituzione invece veniva disposta quando si fosse esaurita l'utilità della misura (art 622), a prescindere dalla conclusione del giudizio. Per cui nel primo caso erano illegittimi l'obbligo di presentare la cosa a richiesta e l'imposizione di cauzione, che invece erano consentiti nel secondo caso26.

A causa della disciplina generale sulle impugnazioni, di cui tratteremo a breve, non era possibile impugnare il decreto di sequestro, pur tuttavia questo dato non comportava che la misura, una volta disposta, non fosse revocabile dal giudice. Infatti l'ultimo comma dell'art 622 stabiliva che le cose potessero essere

25 Cfr. P.FERRONE, Il sequestro nel processo penale, cit., p. 126 26 Cass. 6 luglio 1987, MOSCHETTI, in Riv. Pen. 1988, p. 776

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restituite anche prima della sentenza quando non avessero interesse per il procedimento penale, a meno che non si trattasse di oggetti di pertinenza dell'imputato o di cose soggette a confisca o che avessero interesse per il procedimento penale, anche se appartenenti ad estranei fino al termine di esso27. Essendo

tradizionalmente tale istituto inteso come probatorio, il comma in questione faceva in primo luogo riferimento a quei casi in cui la prova acquisita mediante sequestro si fosse rivelata come irrilevante ai fini del giudizio. Ma data la già accennata mancanza di riferimenti espressi alla finalità dell'istituto, ben si poteva applicare anche ai casi in cui il bene oggetto di sequestro aveva perso la sua idoneità a produrre nuove fattispecie criminose o a protrarre gli effetti di quelle già poste in essere. Prima della sentenza le cose non confiscabili potevano essere restituite all'avente diritto purchè questo ne facesse domanda, la presentazione di quest'ultima quindi era condizione necessaria perchè si potesse ordinare la restituzione prima della sentenza28.

Alla luce di quando sopra detto, si evince che l'interessato non aveva alcuna possibilità di contestare un eventuale provvedimento di conferma del sequestro, e in più, anche in questa ipotesi, era necessario che quest'ultimo provasse il suo diritto alla restituzione

27 AA.VV. (sotto la direzione di U. CONTI), Il codice di procedura penale, cit. Vol III, p. 881

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per poter anche solo sperare in un provvedimento di revoca. E in caso di provvedimento di restituzione il giudice gli poteva prescrivere di presentare a ogni richiesta le cose restituite. A tal fine, la restituzione, ove occorresse, poteva essere subordinata alla prestazione di una congrua cauzione o malleveria29.

Naturalmente nel periodo intercorrente tra l'entrata in vigore del codice e la caduta del regime fascista la connotazione del sequestro penale (come del resto quella del codice di procedura penale in generale) non era certo improntata al garantismo e al contraddittorio; basti pensare che l'art 148 del suddetto codice disponeva come regola generale che i decreti dovessero essere motivati soltanto laddove fosse richiesto espressamente dalla legge. Ciò comportava inevitabiltente il verificarsi di abusi nel ricorso al sequestro in quanto in nessuna delle ipotesi particolari di sequestro (art 337 e ss.) quest'obbligo era espressamente previsto. Il giudice aveva dunque un potere sostanzialmente arbitrario di

emissione della misura.

Altra caratteristica connotante il rischio di abuso era data dal fatto che il giudice istruttore era legittimato ad ordinare il sequestro durante la fase dell'istruzione formale, mentre nella fase dell'istruzione sommaria legittimato era il pubblico ministero

29 AA.VV(sotto la direzione di U. CONTI), Il codice di procedura penale, cit., Vol III, p. 882

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procedente30, quindi sebbene la p.g. non avesse potere di disporre

il sequestro di propria iniziativa, questa possibilità era tuttavia data

al pubblico ministero.

Con l'entrata in vigore della costituzione anche il codice di procedura del 1930 dovette adeguarsi ai nuovi principi sul processo improntati al rispetto del contraddittorio, in particolare a quello che fino alla legge costituzionale 2/1999 era il comma 1 dell'art 111 (oggi comma 6). Ovvero il principio secondo cui tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. A questo adeguamento dell'istituto al dettato costituzionale si provvedette con la riforma del 1955 (art 19 della legge 18/6/1955 n 517), la quale modificando gli artt 337 e 339 introdusse l'obbligo per il giudice istruttore di motivare il decreto di sequestro. Questa novella non ha però eliminato il rischio di potenziali abusi, in quanto, nonostante il giudice avesse l'obbligo di motivare il decreto di sequestro, le parti non avevano la possibilità di impugnarlo; come si evince dal combinato disposto degli artt 190 comma 2 e 337 e ss. Il comma 2 dell'art 190, in tema di principi generali sulle impugnazioni, disponeva infatti che “ i provvedimenti che la legge non dichiara espressamente soggetti a un determinato mezzo di impugnazione sono inoppugnabili anche se sono connessi con provvedimenti impugnabili. Sono tuttavia

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sempre soggetti a ricorso per cassazione, quando non siano altrimenti impugnabili, i provvedimenti con i quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze, salvo quelle di rinvio a giudizio e quelle relative alla competenza che possono dare luogo a un conflitto di giurisdizione o di competenza ai sensi dell'art 51”. Ebbene poiché in nessuna delle fattispecie di sequestro previste dal capo VI de titolo II del libro II è espressamente prevista la possibilità di ricorrere a mezzo di impugnazione alcuno, si deve necessariamente arrivare alla conclusione che con l'introduzione dell'obbligo di motivazione l'istituto non aveva perso i suoi connotati di arbitrarietà, e che in assenza di alcun tipo di controllo la motivazione ben si prestava a

diventare un pretesto.

Come abbiamo sopra esposto, la possibilità conferita alla p.g. di svolgere attività di prevenzione dei reati unita all'assenza di qualsiasi riferimento alla finalita dell'istituto di cui al capo VI libro II consenti' alla giurisprudenza di piegare il sequestro penale alle esigenze di prevenzione, le quali furono espresse soprattutto nella legislazione speciale. Ebbene questo utilizzo “alternativo” da parte della giurisprudenza non trovò unanime consenso in dottrina, la figura del sequestro penale preventivo era inserita nella prassi, le quali, secondo la dizione data da AMODIO, venivano distinte tra prassi promozionali e prassi devianti. La dottrina si pose il

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dubbio se queste prassi fossero da inserire in un contesto patologico, di deviazione rispetto al modello tradizionale, oppure in un contesto di fisiologica evoluzione31. Da un lato è stato messo

in evidenza il pericolo di come le misure coercitive rischiassero di diventare un surrogato della pena principale, che fossero cioè un rimedio al troppo lungo tempo necessario per arrivare a una sentenza, di come quindi rischiassero di far degenerare le funzioni del processo penale da una funzione istituzionale di garanzia a una funzione di difesa sociale. Dall'altro lato la tesi opposta si basava sull'idea che le misure coercitive si fondassero sulla necessità di annullare gli effetti pregiudizievoli del ritardo fisiologico dovuto al tempo necessario per giungere all'accertamento di merito e che l'attività prevenzione fosse uno dei mezzi per perseguire detta finalità. L'idea che la prevenzione fosse un ambito di competenza tipico dell'autorità amministrativa, e non di quella giudiziaria, era in particolare l'argomento utilizzato per qualificare come sempre e comunque deviante la prassi di attribuire una finalità preventiva al sequestro penale32. Ma questa non fu l'unica argomentazione in

questo senso, infatti si sosteneva che il protrarsi delle conseguenze

31 E. AMODIO, Dal sequestro in funzione probatoria al sequestro preventivo:

Nuove dimensioni della coercizione reale nella prassi e nella giurisprudenza,in Cass. Pen. 1982, p. 1073 e ss.

32 Cosi' in P. COMUCCI, Considerazioni sul sequestro preventivo delle somme

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dannose del reato potesse essere evitato con altri strumenti, come le misure di vigilanza e di intervento. Inoltre dalla lettura dell'art 222 comma 2, secondo cui gli ufficiali e gli agenti predetti curano che il corpo e le tracce del reato siano conservati e che lo stato delle cose non venga mutato prima che giunga nel luogo l'autorità giudiziaria... derivava una previsione implicita ma chiara sulla finalità istruttoria del sequestro penale, facendo leva sul concetto di conservazione, che non poteva essere riferito alla finalità di prevenzione. Altra argomentazione in senso contrario è stata dedotta dalla lettura dell'art 622 c.p.p., che prevedeva le norme secondo cui le cose rimanevano sotto sequestro fino a che fosse necessario per il procedimento e che le cose sequestrate potessero essere restituite quando non avessero interesse per il processo penale; è stato inteso che la necessità per il procedimento non potesse che essere quella probatoria; stesso ragionamento fu fatto in merito all'interesse per il processo penale. Venne confutata la tesi secondo cui la finalità del sequestro preventivo non fosse estranea al processo penale perchè tipica di istituti come il sequestro a scopo di confisca e l'arresto obbligatorio in flagranza. Infatti la confisca rimaneva comunque una sanzione da comminare a seguito dell'accertamento giudiziale. Anche con riguardo all'arresto in flagranza si è ritenuto che la finalità fosse probatoria, poiché il periculum in mora in questo

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caso consisteva nell'eventualità che il presunto autore dell'illecito fuggisse perchè vinto dal timore di una condanna quasi certa data

la prova schiacciante della flagranza33.

Argomenti favorevoli furono quelli prospettati in prima battuta da AMODIO, il quale però non intese la prassi di attribuire una finalità preventiva al sequestro penale come una prassi legittima tout court. Egli difatti nel promuovere la necessità di una finalità preventiva distingueva tra prassi promozionali e prassi devianti, cioè distingueva tra attribuzioni della finalità preventiva che rispondevano a legittime istanze di difesa sociale e di tutela di diritti e attribuzioni invece “devianti”, ovvero che uscivano dall'area della coercizione reale per andare a collocarsi nelle cautele patrimoniali penali; cioè prassi che maggiormente si avvicinano a istituti come l'ipoteca legale o il sequestro conservativo34. È stato sottolineato come i provvedimenti cautelari

avessero il proposito di annullare gli effetti pregiudizievoli causati dal fisiologico ritardo dovuto al tempo necessario per giungere a una sentenza di merito, ma argomento più importante è stato

33 Cosi' in P.BALDUCCI, Finalità processuali e non preventive del sequestro

di polizia giudiziaria, in Riv. It. Dir. Proc. Pen. 1979, p. 831 e ss.

Da notare che l'autore di questo articolo non ha escluso tout court la possibilità che il sequestro fosse idoneo a impedire le conseguenze ulteriori del reato, semplicemente ha liquidato questa funzione come eventuale, come secondaria.

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quello secondo cui la prevenzione non è affatto estranea alla funzione istituzionale del processo penale, il quale non può certo trascurare quelle situazioni di pericolo per i beni protetti dalle norme penali che si manifestano nel corso dell'iter procedimentale. Considerare la giustizia penale cautelare come estranea a qualsiasi obiettivo di difesa sociale significava recepire una visuale “illuministica tutta ideologica”, slegata dalla realtà operativa, che riflette una confusione tra ruolo del giudice e finalità del processo35.

Ulteriore argomentazione a favore della legittimità della funzione preventiva derivava da una lettura diversa dell'art 622, potremmo dire opposta rispetto a quella sopra riportata: Secondo questa impostazione infatti la preposizione secondo cui “deve essere mantenuto il sequestro delle cose di cui si chiede la restituzione che non abbiano interesse per il procedimento” costituiva un'evidente manifestazione di una strumentalità del vincolo rispetto all'attuazione della confisca obbligatoria, la quale trovava

35 E.AMODIO, Dal sequestro in funzione probatoria, cit., p. 1073 e ss. In particolare nel suddetto articolo si distinguono le prassi in base al bene

oggetto di sequestro e all'efficacia territoriale: in base all'oggetto venivano annoverati tra le prassi devianti i casi di sequestro preventivo di conti correnti e di quote di società. Mentre tra le prassi promozionali rientravano il sequestro preventivo di immobili. In base all'efficacia territoriale deviante era la prassi di sequestro di prodotti alimentari o di film osceni disposti dal giudice ratione loci incompetente a conoscere del reato contestato,viceversa promozionale il sequestro di giudice ratione loci competente a conoscere del reato.

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ulteriore riconoscimento nella previsione del sequestro dopo la sentenza definitiva, cioè in una fase in cui le esigenze istruttorie non avevano modo di sopravvivere36.

La possibilità di piegare il sequestro penale alle esigenze di difesa sociale fu avallata anche dalla Corte Costituzionale, la quale con più di una pronuncia ha ribadito il dovere del giudice di svolgere attività di prevenzione. La sentenza 283/1986 in particolare ha stabilito che “il pretore ove proceda ad attività preliminari di polizia giudiziaria (perciò dirigendone le funzioni stesse), deve impedire che i reati vengano portati a conseguenze ulteriori (artt.

219, 220 e 231 cod. proc. Pen)”.

Tuttavia l'elemento decisivo che ha spinto l'ago della bilancia a favore della configurabilità di un sequestro a finalità preventiva fu dato dalla presenza delle leggi speciali, che, come anticipato, hanno avuto il ruolo fondamentale di recepire le nuove istanze di tutela della collettività attraverso la previsione di figure particolari di sequestro in cui la finalità preventiva emergeva chiaramente, vuoi in maniera esplicita vuoi in maniera implicita. Proprio in queste materie particolari si è maggiormente sentita la necessità di difesa sociale, materie che ci portano a una analisi dell'istituto in relazione alle caratteristiche del bene oggetto di sequestro. Infatti

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l'esigenza preventiva non era sentita come un'esigenza di carattere “generale”, ma lo era con riguardo alla tutela degli specifici beni sopra indicati37. Fu il caso dell'art 44 della l. 2033/1925 in tema di

repressione delle frodi agrarie, secondo cui a seguito di una denuncia proveniente dall'autorità amministrativa che ha eseguito l'analisi dei campioni, il giudice deve ordinare il sequestro della merce ovunque si trovi. Altrettanto chiara è la finalità del sequestro disciplinato dal combinato disposto degli artt 102 e 103 del regio decreto 1361/1926, che attribuiscono espressamente il sequestro preventivo da parte dell'amministrazione (da convalidarsi successivamente dall'autorità giudiziaria) onde evitare di lasciare la merce nella disponibilità del detentore per compiere le dovute analisi. Altri esempi sono dati dall'art 28 della l. 968/1977 che in caso di violazione delle sue norme dispone il sequestro delle armi, dei mezzi di caccia e della selvaggina da parte della polizia giudiziaria, dall'art 8 della l. 645/1952 secondo cui anche prima dell'inizio dell'azione penale, l'autorita' giudiziaria puo' disporre il sequestro, delle pubblicazioni o degli stampati nell'ipotesi del delitto di apologia di fascismo; dall'art 12 della l. 1591/1960 sul sequestro da parte della p.g. di manifesti, immagini

37 Da notare che anche la dottrina contraria non negava che per particolari materie sussistesse la necessità di impedire le ulteriori conseguenze dannose del reato, tuttavia riteneva semplicemente che tale funzione non dovesse estendersi anche alla disciplina generale. Cfr. P.BALDUCCI, Finalità

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o di oggetti contrari al pudore; dall'art 2 ter della l646/1982, in tema di lotta alla mafia, secondo cui il giudice può disporre del sequestro dei beni dei quali la persona nei cui confronti è iniziato il procedimento risulta poter disporre direttamente o indirettamente. Esempio ancor più significativo è dato dall'art 3 della l. 533/1977 (disposizioni in materia di ordine pubblico), che prevede il sequestro da parte dell'autorità giudiziaria dell'immobile che sia sede di enti, associazioni, o gruppi, quando in tale sede siano rinvenuti armi da sparo, esplosivi o incendiari, ovvero quando l'immobile sia pertinente al reato. In questo caso la finalità preventiva della misura è lampante, essa rappresenta un esempio di sequestro preventivo operante come inibitoria di attività illecita rafforzata dalla indisponibilità delle cose il cui uso è implicato dall'agire vietato38. Menzione più specifica merita il sequestro di

film osceno ex art 15 comma 2 della l. 161/1962, la cui finalità preventiva è stata riconosciuta dalla stessa corte costituzionale nella sentenza 82/1975. La norma non prevede il sequestro penale di film osceno, infatti la fattispecie disciplinata espressamente è il sequestro della pellicola proiettata senza il nulla osta della commissione amministrativa, dunque formalmente siamo di fronte a un sequestro amministrativo. Tuttavia la citata sentenza,

38 Cosi' secondo E.AMODIO, Il sequestro della sede di associazioni eversive, in E.AMODIO, O.DOMINIONI, G.GALLI, Nuove norme sul processo

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sancendo la legittimità della norma dispetto all'art 21 cost, ha stabilito la legittimità del sequestro preventivo penale da parte dell'autorità giudiziaria sulla base di “esigenze cautelari volte ad impedire che con la potenzialità offensiva di numerose copie della pellicola contemporaneamente proiettate in luoghi diversi vengano a perpetuarsi più violazioni del medesimo precetto penale”39.

Rilevanti modifiche alla disciplina furono successivamente apportate con la l. 689/1981 (modifiche al sistema penale) e con la l. 532/1982 (disposizioni in materia di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale e dei provvedimenti di sequestro). La l. 689/1981, tramite l'art 138, introdusse gli artt. 48 bis e 48 ter nelle norme di attuazione del codice di procedura penale. L'art 48 bis prevedeva, dietro l'esecuzione di specifiche prescrizioni, la restituzione delle cose sequestrate in quanto non dannose o pericolose in se stesse ma per difetti o carenze che potessero essere eliminati. La norma nacque a seguito del recepimento da parte del legislatore di alcuni orientamenti giurisprudenziali, prevalentemente nel settore degli infortuni sul lavoro, ha previsto

39 Corte Cost. 25 marzo 1975, n 82, in Giur. Cost. 1975, p. 791 Sulla finalità preventiva del sequestro di film osceno si veda anche

M.PETRONE, Efficacia territoriale del sequestro penale di film osceno, in Riv. It. Dir. Proc. Pen.1962, p. 139 e P. NUVOLONE, Prevenzione e

repressione in tema di spettacoli cinematografici osceni, in Riv. It. Dir. Proc.

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un tipo di sequestro “a doppia finalità”, nel senso che, oltre a essere rivolto alla prevenzione di ulteriori conseguenze da reato, esso era finalizzato a ottenere l'adozione di misure di sicurezza omesse40. In questo modo indipendentemente dall'esecuzione delle

prescrizione veniva assicurata almeno una delle due finalità: quella di adozione delle misure di sicurezza omesse in caso di adempimento delle prescrizioni, e quella di prevenzione nel caso

di mancato adempimento delle suddette.

Venne cosi' introdotta anche nell'ambito delle cautele reali quella dinamica tra affidamenti e garanzie che il codice di rito aveva già previsto per le cautele personali (art 282 comma 2 c.p.p.) subordinando la restituzione del bene all'adempimento di specifici obblighi da parte dell'interessato, il cui consenso, richiesto dall'art 48 bis per la restituzione delle cose sequestrate, trova un suo corrispondente nell'atto di sottomissione agli obblighi che l'imputato deve compiere per ottenere la liberazione (art 287 c.p.p.)41. .

Di gran lunga più significativa è stata la l. 532/1982, che ha anticipato una parte della disciplina del codice del 1988 colmando la lacuna legislativa più evidente e significativa, ovvero quella

40 Cfr. R. GUARINIELLO, V. COTTINELLI, M. DI LECCE, La tutela

processuale della sicurezza sul lavoro, in Quale Giustizia 1974, p. 420

41 Cosi' come indicato in E.MARZADURI, Commento alla legge 24 novembre

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dell'impossibilità di impugnare il decreto di sequestro. Infatti il nuovo art 343 bis consentiva da parte del tribunale della libertà il riesame del decreto emesso dall'autorità giudiziaria e del decreto di convalida del sequestro disposto autonomamente dalla p.g.. Il riesame poteva essere richiesto dall'imputato, dall'indiziato, dalla persona alla quale le cose fossero state sequestrate e da quella che avrebbe dovuto avere diritto alla loro restituzione. Altra novità della legge 532 fu l'introduzione dell'art 224 bis, secondo cui gli ufficiali e gli agenti di p.g. avevano l'obbligo di enunciare espressamente nel processo verbale il motivo del sequestro, infine venne prescritto per la p.g. l'obbligo di trasmissione del verbale non oltre le quarantotto ore dall'avvenuto sequestro all'autorità giudiziaria, la quale nelle successive quarantotto ore convalidava il sequestro qualora ne sussistessero le condizioni, oppure disponeva

la restituzione delle cose sequestrate42.

Nonostante avesse avvicinato il sequestro penale alle misure cautelari personali, prevedendo un regime identico di impugnazione immediata, il legislatore non approfittò dell'occasione per risolvere la questione del vuoto dei fini, come se l'introduzione di un regime di garanzia rendesse superflua ogni

42 Per un'analisi approfondita sul tema del riesame del decreto di sequestro si veda F.M. GRIFANTINI, Riesame del sequestro e valutazione dei

presupposti nella giurisprudenza sul c.p.p. del 1930 e nel c.p.p. del 1988,

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indicazione circa lo scopo della misura, ma il combinato disposto di queste 2 circostanze fini' per produrre un duplice, devastante effetto: l'uso di misure sempre più atipiche di sequestro divenne incontrollabile; e in secondo luogo la garanzia data dal riesame in questo modo perdeva ogni effettivo contenuto di garanzia, poichè essa era priva dell'esplicito richiamo ai presupposti che consentivano l'adozione del sequestro penale43.

1.3 Dalla legge delega del 1974 all'emanazione del nuovo codice nel 1988

A fronte del quadro normativo, dottrinale e giurisprudenziale sopra esposto, emerge come la necessità di un riconoscimento codicistico del sequestro preventivo ormai fosse auspicabile. Riconoscimento a cui siamo arrivati gradualmente attraverso l'arco del lungo processo di riforma del codice del 1930, culminato con le leggi delega . Il primo importante traguardo a tal fine è stata l'introduzione delle due grandi categorie che compongono le misure coercitive: La categoria delle misure cautelari personali e quella delle misure cautelari reali attraverso il disegno di delega

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legislativa al governo per la riforma del codice di procedura penale presentato alla camera dei deputati il 6 aprile 1965 dal Ministro Reale. In questa bozza di delega per la prima volta è stata prevista, in particolare al punto n 20 (diventato poi punto 25 a seguito della modifica della commissione giustizia) la distinzione tra misure cautelari personali e reali, attribuendo al giudice istruttore la facoltà di “compiere ogni attività influente sull'accertamento della verità, compreso l'esercizio del potere di coercizione processuale, sia personale che reale”44. Altrettanto significativa novità è stata

prevista al punto 27 (cosi' come modificato dalla commissione giustizia), il quale ha previsto espressamente per la prima volta per la custodia cautelare anche la finalità specialpreventiva. Pur essendo valevole solo per una misura coercitiva personale, questa previsione costitui' un importante precedente, dato che questa finalità specialpreventiva successivamente sarebbe stata estesa anche alle misure di coercizione reale45. Va precisato che

nonostante questo passo in avanti, la delega, quando parlava per la

44 Cfr G.CONSO, V.GREVI, N.MODONA, Il nuovo codice di procedura

penale, vol I :La legge delega del 1974 e il progetto preliminare del 1978,

Padova, 1989, p. 10 e ss.

45 Il punto 27 prevedeva “la possibilità di disporre di misure cautelari

personali a carico di colui che ha commesso un delitto che determini particolare allarme sociale o per la gravità di esso,o per la pericolosità dell'imputato, quando ricorrano sufficienti elementi di colpevolezza”

Cfr. G.CONSO, V.GREVI, N.MODONA, Il nuovo codice di procedura

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prima volta di misure di coercizione reale, collocava espressamente il sequestro accanto alla perquisizione e all'intercettazione telefonica, ovvero lo accostava a strumenti di

ricerca della prova.

A causa della conclusione della legislatura questo disegno di legge delega non fu mai sottoposto all'attenzione del parlamento. Durante la legislatura successiva fu ripreso il progetto dal secondo Governo Leone, il nuovo disegno, presentato dal Ministro Gonnella alla camera dei deputati il 5 settembre 1968, introdusse per la prima volta attraverso il punto 28 l'impugnabilità anche nel merito del decreto di sequestro davanti al tribunale in camera di consiglio e la presenza delle parti nel procedimento di impugnazione46, anticipando la l. 532/1982 e anzi, andando oltre,

giacchè quest'ultima non prevedeva la garanzia del contraddittorio tra le parti. Il progetto naufragò a causa dello scioglimento anticipato delle camere. Il 5 ottobre del 1972 il ministro Gonella presentò un ulteriore disegno di legge che ha riprodotto il testo precedente con l'aggiunta al punto 28 dell'inciso dell'art 219 c.p.p. 1930, ossia inseri' il potere dovere della p.g. di impedire che i reati

venissero portati a conseguenze ulteriori47.

46 Cfr. G.CONSO,V.GREVI, N.MODONA, Il nuovo codice di procedura

penale ,cit., p. 18 e 19

47 Cfr. G.CONSO,V.GREVI, N.MODONA, Il nuovo codice di procedura

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Nel 3 aprile 1974, la legge n 108 venne approvata e pubblicata in gazzetta ufficiale; ai fini di questa trattazione rileva la direttiva n 45 dell'art 2 del suddetto testo,la quale prevedeva “il potere del giudice istruttore di disporre provvedimenti motivati di coercizione processuale,sia personali che reali”48. Come nel

disegno Gonnella, la finalità di prova e di misura cautelare era espressa solo per le misure coercitive personali (punto 54). L' unica menzione diretta al sequestro era data al punto 34 in materia di diritto di difesa, esso conferiva all'indagato il diritto di nominare un difensore “con facoltà di questo di assistere all'interrogatorio, ai confronti, alle perquisizioni, ai sequestri, alle ricognizioni, e alle ispezioni”, un particolare non irrilevante è dato dal fatto che il sequestro viene ancora elencato insieme ad altri strumenti di ricerca e di assicurazione della prova. Da questo dettaglio e da un'analisi generale del quadro emerge come il sequestro fosse sostanzialmente concepito come uno strumento probatorio e di come una visione del sequestro penale in chiave specialpreventiva

fosse ancora sostanzialmente assente.

Nel 18 ottobre 1974 la commissione ministeriale presieduta dal prof. Giandomenico Pisapia elaborò un nuovo progetto di codificazione, ma a causa dell'impossibilità di completare l'iter entro i termini prescritti dalla delega portò a più di una proroga e il

48 Cfr. G.CONSO, V.GREVI, N.MODONA, Il nuovo codice di procedura

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dies a quem fu definitivamente rinviato al 31 maggio del 1978, avendo cosi' il tempo di redigere il testo completo del progetto preliminare, il quale ricomprese sia le misure personali che quelle reali alla voce “misure coercitive” di cui al libro IV, consentendo in questo modo quell'avvicinamento tra le due specie anticipato dalla direttiva n 45. Ma la novità più significativa è stata quella di prevedere più fattispecie di sequestro, ognuna delle quali con finalità proprie: riservando un apposito libro alle prove, il libro III, ha inquadrato una prima forma di sequestro a finalità probatoria nel titolo III, rubricato “mezzi di ricerca della prova”. Nel capo II del libro IV, relativo alle misure di coercizione reale, erano previste le restanti due forme di sequestro, ovvero il sequestro conservativo dei beni dell'imputato finalizzato all'adempimento degli obblighi di pagamento di pene pecuniarie e spese procedimentali (capo I,art 302), ovvero il sequestro preventivo delle cose pertinenti al reato, la cui libera disponibilità può agevolarne le ulteriori conseguenze (capo II, art. 307). È interessante notare che la Relazione al progetto spiegava che la previsione di una terza fattispecie di sequestro era giustificata dall'attuazione della direttiva n 45 della legge delega, in quanto questa prevedeva provvedimenti motivati di coercizione reale accanto a quelli di coercizione personale. Tuttavia questo orientamento non fu approvato dalla Commissione consultiva

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parlamentare, la quale nel parere espresso il 16 luglio del 1977 ha eccepito che “le misure di coercizione reale a cui si riferiva il punto 45 della delega si identificano,invece,negli strumenti di acquisizione coattiva di elementi di prova, cioè nei sequestri detti pure penali, o probatori”49. Ragion per cui la stessa commissione

auspicò l'eliminazione di detto istituto, ciò nonostante il testo che lo disciplinava rimase invariato. Con un secondo parere la commissione espresse altri dubbi in materia di sequestro preventivo, stavolta sotto il duplice profilo del contrasto con i principi costituzionali generali e dell'eccesso di delega, più specificatamente rilevava che mentre per le misure di coercizione reale ex direttiva 45 la delega non prevedeva il loro utilizzo anche per fini di prevenzione speciale, contrariamente a quanto previsto per le misure coercitive personali (ai sensi del punto 54 della legge delega del 1974). Si riteneva anche che la finalità preventiva non era finalità del giudice, ma della sola polizia giudiziaria (punto 30 della legge delega del 1974). Quanto ai profili di legittimità costituzionale perplessità sono state espresse circa la genericità e l'estensione dei presupposti del sequestro preventivo, che avrebbero comportato una violazione del principio di legalità e su altri diritti costituzionalmente garantiti (libertà di domicilio, di manifestazione del pensiero e di iniziativa economica).

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