UNIVERSITÀ DI PISA DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA
Corso di Laurea Magistrale in Biologia Applicata alla Biomedicina
TESI DI LAUREA MAGISTRALE
Ruolo del sistema
β-adrenergico nel melanoma
Relatore: Prof.ssa Paola Bagnoli
Laureando: Leonardo Curreri
3
4
INDICE
1. INTRODUZIONE ... 7
1.1. Il melanoma: dai melanociti al trattamento antitumorale ... 7
1.2. La scelta del sistema β-adrenergico come target nel trattamento antitumorale ... 10
1.3. Le catecolamine e il sistema β-adrenergico ... 11
1.4. Lo stroma: un contributo allo sviluppo del melanoma ... 13
1.5. Melanoma e sistema beta adrenergico ... 17
1.6. Un'attenzione particolare al β3-AR ... 19
1.7. Dalla teoria alla pratica: studio sperimentale di un modello di melanoma murino ... 20
2. MATERIALI E METODI ... 21
2.1. Colture cellulari ... 21
2.3. Validazione degli anticorpi ... 22
2.4. Inoculazione cellule B16F10 e sviluppo tumorale ... 24
2.5. ELISA (Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay) ... 26
2.6. Western blotting ... 27 2.7. Real-time quantitative RT-PCR ... 31 2.8. Trattamento farmacologico ... 35 2.9. Statistiche ... 36 3. RISULTATI ... 38 3.1. Livelli di noradrenalina ... 38
3.2. Livelli dei Β-AR ... 38
3.3. Volume e peso del tumore ... 40
3.4. Vascolarizzazione tumorale ... 41
3.5. Proliferazione tumorale ed apoptosi ... 43
3.6. Il trattamento farmacologico ... 44
4. DISCUSSIONE ... 47
5. CONCLUSIONI ... 55
5
ELENCO DELLE FIGURE
Fig. 1. Melanocita: derivazione e sintesi della melanina.
Fig. 2. Effetti dei fattori legati allo stress sul microambiente tumorale. Fig. 3. Il microambiente tumorale.
Fig. 4. Meccanismo di angiogenesi tumorale.
Fig. 5. Ruolo dei CAF nella promozione dello sviluppo tumorale. Fig. 6. Via di segnalazione β-adrenergica nel cancro.
Fig. 7. Validazione anticorpi anti-β1-AR e anti-β2-AR in omogenati di cuore murino. 1 = WT; 2 = β1-AR KO; 3 = β2-AR KO; 4 = β1 / 2-AR KO.
Fig. 8. Validazione anticorpi anti-β1-AR e anti-β2-AR in omogenati di cellule di melanoma B16F10. 1 = non trattati; 2 = trattati con reagente di trasfezione; 3 = non silencing siRNA; 4 = selective siRNA
Fig. 9. Validazione anticorpi anti-β3-AR e in omogenati di cellule di melanoma B16F10. 1 = non trattati; 2 = trattati con reagente di trasfezione; 3 = non silencing siRNA; 4 = selective siRNA
Fig. 10. Trattamento animale modello.
Fig. 11. Principio di funzionamento del test ELISA. Fig. 12. Principio della RT-PCR.
Fig. 13. Sybr green assay.
Fig. 14. Livelli di NE in WT e β1/2-AR KO.
Fig. 15. Livelli di β1- e β2-AR in WT e β1 / 2-AR KO. Fig. 16. Livelli di β3-AR in WT e β1 / 2-AR KO.
Fig. 17. Western blotting da omogenati di tessuto adiposo bruno (1, 2), vescica (3, 4), cuore (5, 6), cervello (7, 8), retina (9, 10) in WT (1, 3, 5, 7, 9) e β1 / 2-AR KO (2, 4, 6, 8, 10). Livelli di β3-AR in organi da WT e β1 / 2-AR KO.
Fig. 18. Volume e peso tumorale in WT e β1 / 2-AR KO. Analisi del volume tumorale dal giorno 10 al giorno 18. Analisi del peso tumorale al giorno 18.
Fig. 19. Livelli di mRNA e livelli proteici di VEGF e di VEGFR-2 in WT e β1/2-AR KO.
Fig. 20. Livelli proteici di marcatori di vascolarizzazione in WT e β1 / 2-AR KO. Fig. 21. Livelli di marcatori proliferativi e apoptotici in WT e β1 / 2-AR KO.
Fig. 22. Volume e peso del tumore in WT e β1 / 2-AR KO dopo il trattamento con veicolo e antagonista selettivo L-748,337.
Fig. 23. Livelli di mRNA e livelli proteici di VEGF e di VEGFR-2 in WT e β1/2-AR KO dopo il trattamento con veicolo e antagonista selettivo L-748,337.
Fig. 24. Livelli proteici di marcatori di vascolarizzazione in WT e β1 / 2-AR KO dopo il trattamento con veicolo e antagonista selettivo L-748,337.
Fig. 25. Livelli di marcatori proliferativi e apoptotici in WT e β1 / 2-AR KO dopo il trattamento con veicolo e antagonista selettivo L-748,337.
7
1. INTRODUZIONE
1.1.
IL MELANOMA: DAI MELANOCITI AL TRATTAMENTO
ANTITUMORALE
I melanociti sono cellule grandi e polimorfe, di forma stellata e del tutto caratteristica che derivano dai melanoblasti, precursori indifferenziati senza pigmentazione. Questi, dalla cresta neurale migrano verso la loro destinazione finale, l'epidermide e i follicoli piliferi, dove si differenziano e diventano melanociti maturi in grado di sintetizzare e trasferire il pigmento melanina ai cheratinociti vicini. I melanociti sono localizzati anche nella stria vascularis della coclea dell'orecchio interno dove sono implicati nella produzione di endolinfa essenziale per l'udito. Inoltre, localizzano anche nell'iride e nella coroide dove i pigmenti sono coinvolti nella formazione, dietro la retina, della camera oscura, necessaria per la visione.
La funzione fisiologica principale dei melanociti della pelle è quello di produrre pigmenti di melanina. I pigmenti sono sintetizzate in organelli cellulari specializzati chiamati melanosomi attraverso una cascata enzimatica che coinvolge delle tirosinasi (Fig. 1).
8
La reazione forma due tipi di pigmenti, il pigmento marrone/nero chiamato eumelanina che mostra caratteristiche fotoprotettive e il pigmento giallo/arancione chiamato feomelanina, dotato di scarse proprietà fotoprotettive.
I pigmenti hanno un ruolo estremamente importante nel nostro organismo perché forniscono una protezione efficace contro gli effetti nocivi della radiazione ultravioletta (UVR).
Assorbendo e disperdendo UVR, la melanina riduce i danni al DNA indotti da gli UVR e l'instabilità genomica.
Nonostante il loro ruolo essenzialmente protettivo, i melanociti in seguito a fattori ambientali, fattori genetici e fattori legati all'ospite, come lo stress, in alcuni casi possono assumere il fenotipo tumorale, determinando lo stato patologico noto come melanoma.
Il melanoma è la forma più letale di cancro della pelle. Rappresenta meno del 5% dei tumori della pelle ma è responsabile del 80% dei decessi correlati al cancro della pelle. L'incidenza del melanoma nella popolazione caucasica è aumentata drammaticamente in tutto il mondo nel corso degli ultimi decenni. La prognosi è relativamente buona se la diagnosi è effettuata precocemente, e il tumore si trova in una fase cutanea localizzata. Tuttavia, la prognosi peggiora se la lesione è più profonda e si estende sotto la pelle, a causa della propensione del melanoma di invadere e di metastatizzare.
La potenzialità a sviluppare metastasi può essere valutata utilizzando dei fattori prognostici clinici e istopatologici. I modelli prognostici rappresentano un valido strumento per assegnare i pazienti a diversi gruppi di rischio in base alle aspettative di sopravvivenza. Questa suddivisione risulta di particolare importanza nella gestione clinica delle neoplasie. Tra i fattori istopatologici più utilizzati si fa riferimento alla fase di progressione del tumore, al livello di invasione di Clark, all’indice mitotico e allo spessore del tumore secondo Breslow.
Il melanoma può mostrare una crescita radiale, una crescita verticale o entrambe.
Nella fase di crescita radiale, il melanoma non ha la capacità di formare una massa tumorale o di proliferare nel derma. Si classifica come melanoma in situ, quando rimane confinato all'epidermide, o microinvasivo, quando mostra un'iniziale, focale infiltrazione nel derma papillare. Nella fase di crescita verticale, le cellule tumorali hanno acquisito la capacità di sopravvivere e proliferare autonomamente nel derma e formano aggregati o noduli che si estendono al derma reticolare e al sottocute. La possibilità di metastatizzazione è molto rara nei melanomi con crescita radiale, tuttavia si può riscontrare una percentuale di mortalità seppur bassa anche in questi tipi di tumori (Elder et al., 2005).
9
Il livello di invasione Clark classifica i melanomi in cinque livelli di invasione (Clark, 1967; Clark et al, 1989). La microstadiazione di Clark si basa sulla profondità dell'invasione cutanea, che può essere associata alla malignità delle cellule e quindi alla progressione del tumore. Nei melanomi di livello I, le cellule tumorali sono confinate all'epidermide, al di sopra della membrana basale intatta, e costituiscono un melanoma “in situ”. Nel livello II, le cellule di melanoma hanno la capacità di attraversare la membrana basale, di giungere al derma papillare, senza invaderlo totalmente. Al contrario, il livello III di invasione rappresenta un vero e proprio tumore con un nodulo a crescita verticale che si espande nel derma papillare, arrivando fino all'interfaccia tra derma papillare e reticolare. Il livello IV è caratterizzato dall’infiltrazione delle cellule tumorali tra le fibre collagene del derma reticolare, il quale rappresenta un ambiente meno “ospitale”, in cui le cellule tumorali riescono a sopravvivere per aver acquisito nuove caratteristiche. Il livello V è caratterizzato dall’infiltrazione delle cellule tumorali nel tessuto adiposo sottocutaneo.
L’indice mitotico viene definito come il numero di mitosi per mm2 nell’ambito della fase di crescita verticale del tumore. Un alto indice mitotico predice una prognosi infausta (Elder et al, 2005).
Il metodo di microstadiazione di Breslow (Breslow, 1970) determina l'effettivo spessore del tumore; utilizzando un oculare micrometrico, lo spessore massimo verticale del melanoma viene misurato nella sezione istologica dalla parte più superficiale dello strato granuloso della cute (o dalla superficie ulcerata) al punto di massima infiltrazione.
Dai numerosi studi presenti in letteratura, risulta che il fattore prognostico più rilevante per i tumori confinati alla sede primaria è lo spessore del melanoma determinato secondo i criteri di Breslow. Se il melanoma, al momento della diagnosi, risulta ancora confinato agli strati cutanei superficiali la prognosi è generalmente buona, con guarigione del paziente. Viceversa, se il melanoma ha raggiunto gli strati più profondi, perché ha avuto tempo di accrescersi prima della sua identificazione ed asportazione, i rischi per la vita del paziente sono molto elevati.
L’incidenza del melanoma è in crescita costante in tutto il mondo, soprattutto tra gli individui giovani. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che annualmente, a livello mondiale, si verificano circa 132.000 nuovi casi di melanoma cutaneo e 66.000 morti per melanoma cutaneo e altri tumori della pelle (The World Health Organization, 2005). Per questo motivo risulta necessario accrescere le nostre conoscenze in merito alla patologia del melanoma in visione di promettenti approcci terapeutici finalizzati a ridurre queste preoccupanti statistiche.
10
1.2.
LA SCELTA DEL SISTEMA Β-ADRENERGICO COME
TARGET NEL TRATTAMENTO ANTITUMORALE
Recenti ricerche hanno avanzato teorie innovative in merito al ruolo giocato dal sistema neuroendocrino sul microambiente tumorale e metastatico. Queste ricerche hanno infatti avanzato l'ipotesi che alcuni farmaci come i bloccanti dei recettori β-adrenergici (β-bloccanti), originariamente destinati al trattamento di altre patologie come le patologie cardiovascolari, potrebbero fornire nuove opportunità terapeutiche per il controllo della progressione dei tumori. Un elevato numero di studi ha evidenziato l’effetto protettivo dei β-bloccanti nel carcinoma della mammella e, più recentemente, risultati simili sono stati riportati anche per altri tipi di tumore, quali il carcinoma della prostata ed il melanoma (Li et al., 2003, Perron et al., 2004, Fryzek et al., 2006).
I risultati di questi studi mostrano come l’utilizzo dei β-bloccanti, ma non di altri farmaci comunque utilizzati per il trattamento delle malattie cardiovascolari, sia associato ad un notevole allungamento del periodo libero da malattia e della sopravvivenza globale dei pazienti. Per quanto concerne il melanoma, un recente studio ha evidenziato una significativa riduzione del rischio di progressione tumorale per ogni anno di assunzione dei β-bloccanti (De Giorgi et al., 2011).
A partire da queste evidenze sperimentali, l'interesse per l'utilizzo dei beta bloccanti come potenziale approccio terapeutico sul controllo della progressione tumorale ha suscitato un interesse via via crescente da parte della comunità scientifica.
Inoltre, considerando che i meccanismi “a valle” della via di segnalazione β-adrenergica non sono altro che risultato dell'interazione “a monte” delle catecolamine con tali recettori, è stato ipotizzato che lo stress, condizionando il rilascio di catecolamine, svolga un ruolo prominente nella progressione di molti fenotipi tumorali, incluso il melanoma.
Infatti, come mostrato in Fig. 2, vari tipi di stress come la procedura chirurgica e il periodo post-operatorio, così come gli stress neuroendocrini causati da fattori psicosociali, possono stimolare la progressione del tumore agendo sul microambiente tumorale sia in animali modello, comunemente usati nella ricerca scientifica, sia nell'uomo. Questa evidenza sembra valere anche per il melanoma. A sostegno di questi dati, diversi esperimenti eseguiti su biopsie di tessuto tumorale e su cellule di melanoma umano A375, dimostrano un forte coinvolgimento dello stress nella promozione della crescita tumorale (Moretti et al. 2013).
11
1.3.
LE CATECOLAMINE E IL SISTEMA Β-ADRENERGICO
Le catecolamine sono composti che contengono una porzione catecolica (un anello benzenico con due gruppi ossidrilici) e una catena amminica. Le più importanti comprendono: Figura 2. Effetti dei fattori legati allo stress sul microambiente tumorale (Antony et al., 2006)
12
la noradrenalina o norepinefrina (NE), neurotrasmettitore del sistema nervoso simpatico, rilasciato dalle sue terminazioni a livello locale; l'adrenalina o epinefrina (E), ormone secreto dalle cellule cromaffini della midollare del surrene e rilasciata nel circolo sanguigno; la
dopamina (DA), neurotrasmettitore del SNC; l'isoprenalina (ISO), derivato di sintesi della
noradrenalina. Nel presente lavoro, parlando di catecolamine, si farà riferimento solo alla noradrenalina (NE) e all'adrenalina (E), spiegando il loro contributo nello sviluppo tumorale, in sinergia con il sistema β-adrenergico.
Il sistema adrenergico è costituito da due famiglie recettoriali: i recettori α-adrenergici (α-AR) e i recettori β-adrenergici (β-ARs). I recettori β-adrenergici sono a loro volta suddivisi in 3 sottotipi: β1, β2 e β3 distinti sulla base della distribuzione tissutale e sulla modalità di segnalazione attraverso diverse vie biochimiche.
In generale, il recettore β-adrenergico è una proteina integrale di membrana, con sette regioni amminoacidiche idrofobiche che attraversano sette volte la membrana cellulare da un lato all'altro. Per questo motivo è anche definito recettore a sette eliche o recettore a serpentina. Il recettore β-adrenergico è accoppiato ad una proteina G eterotrimerica localizzata sul lato citoplasmatico della membrana cellulare e costituita da tre sub-unità: α, β e γ. L'interazione delle catecolamine con il recettore β-adrenergico, determina un cambiamento conformazionale del recettore che si ripercuote sulla proteina G, attivandola. La sub-unità α dell'eterotrimero, si dissocia dalle altre due sub-unità β e γ e spostandosi sul piano della membrana, contatta l'adenilato ciclasi attivandola. Quando la proteina G determina l’attivazione dell’adenilato ciclasi, con conseguente produzione di AMP ciclico, si parla di proteina G stimolatoria (Gs).
I β-ARs in diversi casi, possono anche essere associati a proteine G di tipo inibitorio (Gi) che hanno azione inibitoria sull’adenilato ciclasi, determinando una riduzione dei livelli intracellulari di cAMP.
Nel caso in cui ci si riferisca alla proteina G in termini stimolatori, l’attivazione dell’adenilato ciclasi comporta la sintesi del secondo messaggero cAMP (AMP ciclico) a partire dall'ATP. Il cAMP, in questo caso, attiva la proteina chinasi A che, per sua natura, fosforila molte proteine bersaglio a valle della via di segnalazione, attivandole.
I bersagli della PKA sono tutte proteine coinvolte in molteplici processi cellulari come il metabolismo, la trascrizione genica, la proliferazione, il differenziamento e, nel caso delle cellule neoplastiche, anche nella neoangiogenesi, nell'invasività e nella metastatizzazione.
13
1.4.
LO STROMA: UN CONTRIBUTO ALLO SVILUPPO DEL
MELANOMA
Il melanoma, come molti altri tumori, non progredisce come un'entità isolata. Infatti, il microambiente tumorale all'interno del quale il melanoma si sviluppa, è un tessuto molto dinamico ed eterogeneo in cui le cellule neoplastiche sono in continua interazione con lo stroma e con varie cellule infiammatorie (Fig. 3).
Come i tessuti normali, i tumori sono costituiti da due compartimenti che, seppur separati, sono comunque interattivi: il parenchima e lo stroma. Nel caso dei tumori, il parenchima è rappresentato dalle cellule tumorali stesse, mentre lo stroma è costituito da cellule non neoplastiche e da elementi del tessuto connettivo. A livello stromale distinguiamo una componente vascolare stromale, rappresentata dai vasi sanguigni e linfatici e una componente cellulare stromale rappresentata principalmente dai fibroblasti e da cellule infiammatorie come i macrofagi.
Inoltre, lo stroma include una grande varietà di macromolecole extracellulari che hanno il ruolo di fornire un supporto strutturale al sistema. Queste macromolecole includono il collagene, la fibronectina, la fibrina, vari proteoglicani e l'acido ialuronico.
14
Tutti i tumori necessitano dello stroma per soddisfare le proprie esigenze nutrizionali e per svolgere le proprie funzioni anaboliche e cataboliche (Dvorak et al. 2011).
A tal proposito, è stata ormai riconosciuta l'importanza della componente vascolare stromale come sostegno della progressione tumorale. Infatti, per svilupparsi oltre certe dimensioni, il tumore necessita della formazione di vasi sanguigni attraverso un processo noto come angiogenesi tumorale.
L'angiogenesi è un processo biologico a più stadi che porta alla formazione di nuovi vasi sanguigni a partire da vasi preesistenti (Fig. 4). Il processo generale prevede la disgregazione della membrana endoteliale, la migrazione e la proliferazione delle cellule endoteliali, quindi la successiva formazione di un nuovo vaso (Choi et al. 2013). Questo tipo di angiogenesi ha un ruolo molto importante in vari processi fisiologici ed è appunto definita “angiogenesi fisiologica”. Ne è un esempio il processo di cicatrizzazione delle ferite. Talvolta, l'angiogenesi può diventare un processo patologico. È questo il caso dei tumori e di infiammazioni croniche come la retinopatia proliferativa e l'ischemia cronica (Krikun et al. 2004). Un fattore scatenante l'angiogenesi è l'ipossia (Claffey et al., 1998, Carmeliet et al., 2000, Tendler et al., 2001, Nilsson et al., 2004).
Figura 4. Meccanismo di angiogenesi tumorale (Kalluri, 2003).
È ormai noto che nelle zone centrali nella massa tumorale, in cui la vascolarizzazione non è ben definita, si possono spesso instaurare condizioni di ipossia (Sorriento et al., 2012). Tali condizioni, determinano un aumento del rilascio di fattori pro-angiogenici e secondo recenti
15
ricerche, la via di segnalazione β-adrenergica contribuirebbe gestire questo rilascio, stimolata dalle catecolamine rilasciate nel microambiente tumorale (Dal Monte et al., 2013)
In molti tumori, le catecolamine inducono l'attivazione del fattore di trascrizione indotto da ipossia (HIF1), mediante vari intermedi del pathway β-adrenergico e questo porta alla sintesi e al rilascio del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF) stimolando l'angiogenesi tumorale (Tang et al. 2013).
Tra stroma e tumore si instaura un cross-talk continuo per sostenere la progressione tumorale, anche in termini di aumento della vascolarizzazione. A tal proposito, studi recenti hanno dimostrato che anche l'angiogenesi non è un processo promosso esclusivamente dal tumore. Infatti, lo stroma contribuisce attivamente alla formazione di nuovi vasi. Le cellule stromali, attivate dal tumore, secernono numerose citochine infiammatorie e fattori pro-angiogenici, quali IL-6, IL-8, VEGF, in grado di stimolare, oltre alla proliferazione e la progressione, anche l'angiogenesi che assicura la sopravvivenza delle cellule neoplastiche (Cole e Sood, 2012, Moretti et al., 2013, Calvani et al., 2015).
I vasi sanguigni, a questo punto, attraverso il sangue forniranno l'apporto nutrizionale all'interno del microambiente tumorale.
Tra le varie cellule stromali associate al tumore troviamo anche i fibroblasti e macrofagi associati al cancro (CAF e CAM) (Oluni et al., 1999, Allinen et al., 2004, Orimo et al., 2005).
I fibroblasti associati al cancro rappresentano una delle popolazioni cellulari più abbondanti Figura 5. Ruolo dei CAF nella promozione dello sviluppo tumorale (Erez et al., 2010).
16 nel microambiente tumorale.
I fibroblasti stromali all'interno del microambiente tumorale subiscono un processo comunemente chiamato transizione epitelio-mesenchimale a miofibroblasti, portandoli a conseguire un fenotipo maggiormente contrattile, e potenziando il cross-talk con le cellule tumorali incrementando drasticamente la loro aggressività. Rispetto ai fibroblasti normali, i CAF mostrano un'aumentata capacità proliferativa e un diverso set di fattori rilasciati a livello della matrice extracellulare (Bhowmick et al. 2004; Kalluri and Zeisberg 2009).
In condizioni ipossiche, i CAF contribuiscono attivamente alla crescita e allo sviluppo di molti tumori solidi, incluso il melanoma, attraverso il rilascio di fattori di crescita come il fattore di crescita dell'epidermide (EGF), il VEGF e il fattore di crescita trasformante beta (TGF-β) (Fig. 5). Il rilascio di fattori come il VEGF da parte dei CAF, è capace di indurre ulteriore angiogenesi tumorale. Inoltre, il VEGF, in particolar modo quando è funzionalmente associato alla noradrenalina, può aumentare la migrazione delle cellule di melanoma umano e di conseguenza la loro capacità invasiva (Moretti et al. 2013) attraverso due meccanismi: il primo prevede il rilascio direttamente di VEGF e metalloproteasi (O'Sallivan et al., 1993, Lewis et al., 2000), mentre il secondo meccanismo prevede il reclutamento di macrofagi, i quali a loro volta producono fattori di crescita come EGF, VEGF e citochine, promuovendo l'invasività, l'angiogenesi e la metastatizzazione (Sica et al. 2000; Oguma et al. 2008; Kubota et al. 2009).
È stato dimostrato recentemente che la liberazione di questi fattori è sotto il controllo β-adrenergico, in risposta al rilascio delle catecolamine a livello del microambiente tumorale. Il sistema β-adrenergico in queste cellule dirige anche il rilascio di citochine in grado di reclutare precursori cellulari stromali dal circolo sanguigno al sito tumorale. Questo contribuisce alla crescita neoplastica (Kalluri and Zeisberg, 2006; Taddei et al., 2006; Dvorak et al., 2011; Moretti et al., 2013; Calvani et al., 2014).
Anche i macrofagi associati al tumore (CAM) contribuiscono allo sviluppo tumorale.
L'ipossia, induce nei CAM tramite regolazione della trascrizione HIF1-mediata, l'espressione di VEGF e in questo modo collaborano alla formazione di un ambiente pro-angiogenico (Cramer et al. 2003; Allavena et al. 2007) probabilmente ingaggiando la via di segnalazione β-adrenergica, visto che nei CAM, in condizioni ipossiche, sia i β2-AR che i β3-AR sono up-regolati (Calvani et al. 2015).
Vista l'importanza che lo stroma assume nello sviluppo tumorale, nuovi approcci terapeutici lo individuerebbero come bersaglio nella terapia anti-cancro (Dvorak et al. 2011).
17
1.5.
MELANOMA E SISTEMA BETA ADRENERGICO
In risposta allo stress le catecolamine svolgono un ruolo chiave a livello del microambiente tumorale, promuovendo la progressione neoplastica.
Cercando di entrare più a fondo nella questione, è logico chiedersi se e come l'espressione dei β-AR nelle cellule di melanoma, possa avere delle ripercussioni effettive sullo sviluppo di questo tipo tumorale.
Ebbene, sono stati eseguiti diversi esperimenti per rispondere a questo interrogativo.
Questi studi fanno luce sul ruolo che gli ormoni dello stress hanno sull'espressione dei β-AR e sulla via di segnalazione β-adrenergica nella progressione del melanoma.
Analizzando varie lesioni melanocitiche umane, l'espressione dei β1-AR, dei β2-AR e dei β3-AR è stata rilevata in tutte le cellule derivate dalle lesioni esaminate. Inoltre, si assiste ad un livello crescente di espressione dei tre sottotipi recettoriali nelle lesioni maligne rispetto ai nevi, dimostrando come la loro upregulation nelle lesioni maligne sia correlata con l'aggressività del melanoma (Moretti et al. 2013; Calvani et al. 2015).
Le catecolamine, agendo sui recettori β-AR nelle cellule di melanoma umane, stimolano la proliferazione, la neoangiogenesi, la motilità cellulare e l'invasione (figura 6). É stato infatti dimostrato, attraverso saggi di invasione e mediante la valutazione del livelli di espressione di metalloproteasi, che entrambe le catecolamine innescano comportamenti cellulari invasivi in cellule di melanoma umano. Inoltre, la stimolazione delle catecolamine sui β-AR determina l'attivazione stromale e il reclutamento di precursori cellulari stromali in sede tumorale (Moretti et al., 2013, Tang et al., 2013).
18
Cellule di melanoma umano trattate con catecolamine aumentano l'espressione di fattori di crescita, come il VEGF, e di citochine come IL-6 e IL-8. Insieme questi fattori hanno un importante ruolo nella progressione tumorale, nell'incremento dell'invasività, nella neoangiogenesi (incremento dello sprouting angiogenico) e nell'attivazione delle cellule stromali e/o infiammatorie. (Moretti et al., 2013, Calvani et al., 2015)
Tutte queste risposte pro-tumorigeniche sono significativamente inibite dal propranololo, un antagonista non selettivo che può bloccare i β-AR suggerendo un forte coinvolgimento del sistema β-adrenergico nello sviluppo del melanoma (Moretti et al., 2013, Calvani et al., 2015). Inoltre, il ruolo del propranololo come promettente agente anti-tumorale, è stato riportato in vari studi su cellule di melanoma umano e murino (Dal Monte et al., 2015, Wrobel et al., 2015) e in un modello di melanoma murino B16 (Hasegawa and Saiki 2002, Glasner et al., 2010, Barbieri et al., 2012). L'effetto delle catecolamine sul sistema beta adrenergico a livello tumorale, sembra
19
avere anche un riscontro in un modello di melanoma murino come dimostrato da studi recenti. Infatti la noradrenalina a livello tumorale, in condizioni di ipossia, promuove la proliferazione cellulare, induce la neoangiogenesi e inibisce l'apoptosi. Il silenziamento dei β-AR riduce la proliferazione, e induce l'apoptosi nelle cellule di melanoma murino. Inoltre, studi mirati al ruolo del β3-AR, mostrano come l'utilizzo di β-bloccanti selettivi per il β3-AR, oltre a ridurre la proliferazione cellulare tumorale e ad indurre l'apoptosi, riduce drasticamente la vascolarizzazione tumorale, in seguito all'apoptosi delle cellule endoteliali (Dal Monte et al. 2013).
1.6.
UN'ATTENZIONE PARTICOLARE AL Β3-AR
L'attenzione che ha suscitato il β3-AR nella progressione del melanoma nasce anche dal suo coinvolgimento in altre patologie come la retinopatia, in cui in seguito ad ischemia si verifica una proliferazione incontrollata della vascolarizzazione del microcircolo stimolata dal rilascio di VEGF con conseguente danno al tessuto retinico.
Infatti, recenti studi su espianti di retina di topo hanno dimostrato che il β3-AR, e la via di segnalazione ad esso associata, influenza l'angiogenesi patologica nei modelli di proliferazione vascolare retinica (Dal Monte et al. 2013), puntando su un ruolo chiave del β3-AR nei processi di angiogenesi.
In riferimento al melanoma, è stato dimostrato che sia in cellule di melanoma murino che in cellule endoteliali dei vasi tumorali, c'è una evidente espressione dei β3-AR e in entrambe le tipologie cellulari, quando sottoposte a trattamento con noradrenalina, si assiste all'aumento della proliferazione delle cellule tumorali, all'inibizione dell'apoptosi e all'aumento della vascolarizzazione. Il blocco selettivo dei β3-AR con β-bloccanti mirati riduce la proliferazione cellulare tumorale, così come la vascolarizzazione. Inoltre l'azione del bloccante β3-AR, induce l'apoptosi delle cellule di melanoma murino (Dal Monte et al. 2013).
Il ruolo del β3-AR è stato anche riscontrato in cellule di melanoma umano. In queste cellule l'espressione aberrante dei β3-AR è fortemente correlata con la malignità. Inoltre, i β3-AR oltre ad essere espressi da cellule di melanoma, sono anche localizzati a livello stromale, dalle cellule infiammatorie ed endoteliali del microambiente tumorale come dimostrato osservando lesioni melanocitiche umane. Inoltre, in cellule di melanoma umano, l'attivazione delle cellule stromali
20
da parte della noradrenalina e la capacità di formare capillari di cellule endoteliali sono accompagnate dalla up-regolazione di β3-AR. Quindi, la segnalazione β3-adrenergica oltre ad agire a livello delle cellule di melanoma, sembra intervenire anche nel cross-talk tra il compartimento stromale e le cellule tumorali (Calvani et al, 2015).
1.7.
DALLA TEORIA ALLA PRATICA: STUDIO
SPERIMENTALE DI UN MODELLO DI MELANOMA MURINO
Come spiegato in precedenza, la via di segnalazione β-adrenergica risponde all'azione degli ormoni dello stress, innescando tutta una serie di processi che si traducono nella promozione dello sviluppo tumorale. Bloccando questa via di segnalazione attraverso l'utilizzo di antagonisti dei β-AR si sostiene la proposta che il blocco dei β-AR potrebbe funzionare come promettente terapia antitumorale.
Sulla base delle conoscenze a nostra disposizione, frutto anche di esperimenti già effettuati e riportati in letteratura, ci poniamo i seguenti interrogativi: intanto, vogliamo conoscere quale ruolo i β1- e β2-AR, espressi a livello stromale in un ospite murino, giochino nello sviluppo del melanoma in seguito all'inoculazione di cellule di melanoma murino B16F10.
Inoltre vogliamo stabilire se il ruolo dei β3-AR, ormai riconosciuti come promotori dello sviluppo del melanoma sia nel modello murino che nell'uomo, possa essere influenzato dall'assenza dei β1- e β2-AR stromali.
Infine, dimostreremo che l'assenza dei recettori β1- e β2-AR stromali condiziona la risposta dei β3-AR al trattamento farmacologico con un antagonista selettivo, L-748.337 (N- (3- {3- [2- (4fenilBenzenesulfonylamino) ethylamino] (2S) 2idrossipropossi} benzil) idrato -acetammide), con effetto antitumorale.
Per valutare il ruolo svolto dai β1- e β2-AR stromali in risposta all'inoculazione sottocutanea di cellule di melanoma B16F10, in cui è stata dimostrata l’espressione di tutti i β-AR, abbiamo utilizzato dei topi knockout per i β1-AR e per i β2-AR (β1/2-AR KO) ed i relativi topi di controllo wild-type (WT).
È riportato in letteratura che l'utilizzo di topi con delezione genetica di uno o più β-AR può aiutare a definire meglio il ruolo del sistema β-adrenergico nei modelli di melanoma rispetto al blocco farmacologico (Vrydag e Michel, 2007; Michel et al 2011).
21
2. MATERIALI E METODI
2.1.
COLTURE CELLULARI
Per questa ricerca sono state usate cellule di melanoma murino B16F10 (ATCC, Manassas, VA, USA) mantenute in coltura in terreno Dulbecco's Modified Eagle Medium (DMEM) addizionato del 10% con siero bovino fetale (FCS) inattivato al calore [Lonza (Basilea, Svizzera)], penicillina e streptomicina (100 UI/ml). Le condizioni di coltura prevedevano una temperatura di 37°C mantenuta costante in incubatore, in atmosfera composta dal 95% di aria e dal 5% di anidride carbonica.
Quando si manipolano colture cellulari, potrebbe presentarsi il problema della contaminazione delle cellule da parte di batteri del genere Mycoplasma. La presenza di micoplasmi può interferire gravemente con gli esperimenti. Per questo motivo, abbiamo valutato la presenza di micoplasmi nella coltura cellulare di melanoma B16F10 attraverso l’uso del kit Mycoplasma plus PCR (Stratagene, Heidelberg, Germany). I risultati hanno dimostrato che le colture cellulari erano prive di contaminazione da Mycoplasma.
2.2.
ANIMALI MODELLO
Tutte le procedure di manipolazione degli animali sono state effettuate in conformità con le linee guida italiane per la cura degli animali (DL 116/92) e della Comunità europea (Direttiva 86/609/CEE). Le procedure sono state approvate dal Comitato Etico di Ateneo per la Sperimentazione Animale dell'Università di Pisa. Sono stati fatti tutti gli sforzi necessari per ridurre sia le sofferenze agli animali che il numero di animali utilizzati.
22
Stati Uniti d'America), e sono stati generati come descritto da Rohrer et al. 1999. I β1/2-AR KO sono stati creati da un background genetico misto FVB/C57/129/DBA. I topi β1/2-AR KO sono stati accoppiati con topi C57BL/6J per la produzione di topi eterozigoti F1. Successivamente, i topi F1 sono stati accoppiati per ottenere topi F2 WT, β1-AR KO, β2-AR KO o β1/2-AR KO derivati dallo stesso background genetico misto.
Gli animali sono stati tenuti in un ambiente controllato (23±18°C, 50%±5% di umidità) con un ciclo luce/buio di 12 ore (luce accesa alle 8 AM) con cibo e acqua ad libitum.
Sono stati utilizzati un totale di 55 topi maschi (23 WT, 3 β1-AR KO, 3 β2-AR KO e 26 β1/2-AR KO) di 8 settimane di età.
2.3.
VALIDAZIONE DEGLI ANTICORPI
Il saggio di validazione degli anticorpi diretti contro i β-ARs è stato effettuato, mediante Western blotting, su omogenati di cuore e su omogenati di cellule B16F10, rispettando i quattro criteri di validazione trattati già in un lavoro di Michael et al. del 2009: (i) scomparsa della immunocolorazione riferita al target in animali KO (ii) riduzione dell'immunocolorazione utilizzando l'approccio del knockdown genico come il trattamento siRNA, (iii) selettività di colorazione per il recettore rispetto ai suoi sottotipi correlati, se sono espressi nella stessa linea cellulare, e (iv) pattern di colorazione simile quando si utilizzano differenti anticorpi diretti contro epitopi distinti del recettore.
L'analisi Western blotting effettuata su omogenati cardiaci provenienti dai topi WT ha mostrato che gli anticorpi policlonali primari di coniglio sc-568 e SC-569, diretti rispettivamente contro i β1-AR e i β2-AR generavano una banda corrispondente al peso molecolare di circa 65 kDa, secondo la scala di peso molecolare. Tale dimensione era compatibile con i pesi molecolari dei β1-AR e β2-AR. La banda riferita ai β1-AR non è stata osservata negli omogenati di cuore provenienti dai topi β1-AR KO e β1 / 2-AR KO, mentre la banda riferita ai β2-AR non è stata osservata in omogenati di cuore provenienti dai topi β2-AR KO e β1 / 2-AR KO (Fig. 7).
23
Figura 7. Validazione anticorpi anti-β1-AR e anti-β2-AR in omogenati di cuore murino. 1 = WT; 2 = β1-AR KO; 3 = β2-AR KO; 4 = β1 / 2-AR KO.
Anche negli omogenati di cellule B16F10, gli anticorpi sc-568 e SC-569 generano una banda evidente a circa 65 kDa secondo la scala di peso molecolare. L'intensità di questa banda è stata notevolmente ridotta in seguito al silenziamento dei β1-AR e β2-AR, effettuato trasfettando queste cellule con gli small interfering RNA (siRNA) [(Predesigned Flexitube small interfering RNAs) Qiagen]. Questi siRNA sono stati precedentemente validati su cellule di melanoma B16F10 (Dal Monte et al. 2013) (Fig.
8).
Figura 8. Validazione anticorpi anti-β1-AR e anti-β2-AR in omogenati di cellule di melanoma B16F10. 1 = non trattati; 2 = trattati con reagente di trasfezione; 3 = non silencing siRNA; 4 = selective siRNA
24
In riferimento agli anticorpi policlonali di coniglio diretti contro i β3-AR (sc-50436), il Western blotting di omogenati provenienti da cellule B16F10 ha mostrato che sc-50436 genera una banda maggiore e una seconda banda più debole. Secondo la scala peso molecolare, queste bande mostrano dimensioni di circa 68 e 44 kDa, probabilmente corrispondenti, rispettivamente, alla forma glicosilata e alla forma nativa dei β3-AR (Fig. 9).
Figura 9. Validazione anticorpi anti-β3-AR e in omogenati di cellule di melanoma B16F10 1 = non trattati; 2 = trattati con reagente di trasfezione; 3 = non silencing siRNA; 4 = selective siRNA
Inoltre, servendoci della mutagenesi a cassetta, non è stato possibile utilizzare dei topi β3-AR KO in quanto, la cassetta utilizzata per la delezione del gene ADRB3 non lo elimina completamente, determinando comunque l'espressione della porzione C-terminale del recettore che viene quindi riconosciuta dall'anticorpo e rilevata.
2.4.
INOCULAZIONE CELLULE B16F10 E SVILUPPO
TUMORALE
Le cellule di melanoma murino B16F10 (106 cellule in 200 μl di PBS) sono state iniettate per via sottocutanea nella schiena dei topi (20 WT e 23 β1/2-AR KO). Dopo 7 giorni, in 18 WT e in 18 β1/2-AR KO si è sviluppato un tumore visibile nel sito di
25
iniezione. I topi che non hanno sviluppato un tumore (2 WT e 5 β1/2-AR KO) sono stati scartati. Sia i WT che β1/2-AR KO che hanno sviluppato il tumore sono stati divisi in tre gruppi. Un gruppo (n = 6) è rimasto non trattato. Un secondo gruppo (n = 6) ha ricevuto una iniezione intratumorale giornaliera di veicolo. Un terzo gruppo (n = 6) ha ricevuto una iniezione quotidiana intratumorale di L-748337.
I trattamenti sono stati eseguiti a partire dal decimo giorno dopo l'iniezione delle cellule tumorali sulla base di protocolli precedenti (Dal Monte et al 2013; Nicchia et al 2013), e continuati fino al giorno 18, in cui i topi sono stati sacrificati (Fig. 10). Ogni giorno, la lunghezza (L) e la larghezza (W) del tumore sono stati misurati utilizzando un calibro e il volume del tumore è stato calcolato come L × W2 × 0,5.
Figura 10. Trattamento animale modello.
Alla fine dell'esperimento, i tessuti tumorali sono stati raccolti e pesati, quindi conservati a -80°C fino al momento dell'uso.
Il tessuto adiposo bruno, la cistifellea, il cuore, il cervello e la retina sono stati espiantati da WT, β1-AR KO, β2-AR KO e β1 / 2-AR KO (3 topi di 8 settimane di età per ogni ceppo). Tutti questi tessuti sono stati usati per determinare se la delezione di β1- e β2-AR risultasse in una alterata espressione di β3-AR, solo a livello tumorale, oppure anche a livello sistemico.
26
2.5.
ELISA (ENZYME-LINKED IMMUNOSORBENT ASSAY)
ELISA (Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay) è una tecnica biochimica il cui scopo è quello di accertare la presenza di un antigene (saggio ELISA diretto o “a sandwich”) o di un anticorpo specifico contro un antigene (ELISA indiretto).
Saggio ELISA diretto (o saggio ELISA “a sandwich”)
L’anticorpo di cattura, specifico per l’antigene, è adsorbito sulla superficie interna di un pozzetto di una micropiastra. Per osservare la positività della reazione, è necessario utilizzare un secondo anticorpo coniugato ad un enzima come la perossidasi. Quando si forma il complesso antigene/anticorpo, anche il 2° anticorpo, coniugato alla perossidasi, si legherà all’antigene. Dopo un lavaggio per eliminare gli anticorpi in eccesso, si aggiunge perossido d’idrogeno e il substrato cromogeno. La perossidasi riduce il perossido ed ossida il substrato cromogeno sviluppando una reazione colorimetrica facilmente quantizzabile allo spettrofotometro (Fig. 11).
Saggio ELISA indiretto
Nel saggio indiretto si valuta la presenza di un anticorpo specifico per l’antigene. Si fa interagire il campione biologico (siero) con l’antigene adsorbito sulla superficie del pozzetto che può essere in PVC o nitrato di cellulosa. Si procede al lavaggio per eliminare gli eventuali anticorpi che non hanno legato l'antigene. Se l'antigene non è specifico per l'anticorpo allora nessun anticorpo potrà legarsi. Si procede all'inserimento di un anticorpo marcato in soluzione. La marcatura dell'anticorpo viene effettuata aggiungendo l'enzima perossidasi o fosfatasi alcalina (anticorpi anti-anticorpi). Per ultimo si inserisce un substrato che posto a contatto con l'enzima cambia di colore in modo del tutto analogo per quanto succede nell' ELISA diretto.
27
Figura 11. Principio di funzionamento del test ELISA.
Misurazione dei livelli intratumorali di NE
Partendo da campioni di melanoma prelevati dai topi al giorno 18 dopo l’inoculazione delle cellule tumorali, questi sono stati sonicati in 330 μl di una soluzione contenente HCl 0,1 M ed EDTA 1 mM. Successivamente, sono stati centrifugati a 22000 giri per 15 minuti a 4 ° C. Il surnatante è stato usato per il saggio ELISA. In particolare, abbiamo utilizzato un kit ELISA disponibile in commercio (IBL International, Hamburg, Germania). La piastra ELISA è stata valutata allo spettrofotometro (lettore di micropiastre 680 XR, Bio-Rad Laboratories). I dati sono stati espressi come pmol di NE/mg di tessuto.
Tutti gli esperimenti sono stati eseguiti in duplicato. Dopo l'analisi statistica, i dati derivati dai diversi esperimenti e la loro media sono stati riportati nello stesso grafico.
2.6.
WESTERN BLOTTING
Il Western blotting è una tecnica biochimica che viene comunemente utilizzata per identificare una specifica proteina, all'interno di una miscela di proteine. Questo avviene grazie al riconoscimento, da parte di anticorpi specifici, della proteina in esame.
Generalmente, la miscela di proteine viene prima separata in base alle loro dimensioni (o peso molecolare) utilizzando un gel di poliacrilamide. Successivamente le proteine vengono trasferite su di un supporto, comunemente rappresentato da una membrana di nitrocellulosa, e
28
quindi si procede al riconoscimento vero e proprio della proteina attraverso l'utilizzo di un anticorpo specifico.
Partendo da tessuti interi o da colture cellulari, l'estrazione del contenuto proteico intracellulare può essere effettuata meccanicamente, utilizzando frullatori (per grandi volumi) o utilizzando omogeneizzatori (per piccoli volumi), o mediante sonicazione. Detergenti, sali, e soluzioni tampone possono essere impiegate per aumentare la lisi di cellule e solubilizzare le proteine.
Al mezzo è aggiunto un cocktail di inibitori di proteasi e di fosfatasi per prevenire la digestione dei campioni da parte dei loro stessi enzimi. La preparazione dei tessuti è spesso fatta a temperature basse per evitarne la degradazione.
Come già accennato, la separazione delle proteine del campione avviene usando l'elettroforesi su gel di poliacrilamide e tamponi caricati con laurilsolfato di sodio (SDS). La SDS-PAGE (SDS polyacrylamide gel electrophoresis) mantiene i polipeptidi in uno stato denaturato una volta trattato con agenti riducenti forti per rimuovere le strutture secondarie e terziarie (esempio ponti disolfuro [S-S] e gruppi mercaptani [SH e SH]) e permettere la separazione di proteine sulla base del loro peso molecolare. Le proteine campionate si ricoprono di cariche negative SDS e si muovono verso l'elettrodo positivo attraverso le maglie del gel. La concentrazione di acrilammide determina la risoluzione del gel - più elevata è la concentrazione, migliore è la risoluzione di proteine a basso peso molecolare.
I campioni sono caricati all'interno di pozzetti nel gel. Un pozzetto di solito è riservato per un marcatore di peso molecolare. Quando la tensione elettrica è applicata lungo il gel, le proteine migrano attraverso esso a velocità differenti, in funzione della loro dimensione.
Il trasferimento delle proteine dal gel alla membrana avviene grazie all'applicazione di corrente elettrica al sistema. La membrana è comunemente di nitrocellulosa o di polivinilidenfluoruro. Le proteine muovono dal gel alla membrana mantenendo l'organizzazione presente nel gel alla fine della corsa.
L'effettivo trasferimento della proteina dal gel alla membrana può essere controllata colorando la membrana con Blu di Coomassie o con Ponceau S. Quest’ultimo è il più comune dei due coloranti, data l'alta sensibilità e la solubilità in acqua.
Per bloccare i legami non specifici, si pone la membrana in una soluzione diluita di proteina, tipicamente 3-5% di albumina di siero bovino (BSA) o latte in polvere in tris buffered saline (TBS), con una piccola percentuale di detergente come Tween 20 o Triton X-100. In questo modo la proteina nella soluzione diluita lega tutti i punti nella membrana dove le proteine
29
bersaglio non si sono legate. Questo permette, quando l'anticorpo è aggiunto, di non avere spazio sulla membrana, perché tutti i siti sono stati già occupati dalla proteina specifica. Questo principio riduce il "rumore" nel prodotto finale, portando risultati più puliti, e eliminando falsi positivi.
Alla membrana viene aggiunto l'anticorpo primario. L'anticorpo primario e la membrana possono essere sigillate e incubate assieme per 30 minuti o una notte intera (overnight).
Successivamente, viene lavato via l'anticorpo primario non legato alla proteina target e alla membrana è aggiunto l'anticorpo secondario, questa volta diretto contro la porzione Fc (frammento cristallizzabile) dell'anticorpo primario. L'anticorpo secondario è legato solitamente alla biotina o all'enzima messaggero come la fosfatasi alcalina o la perossidasi di Armoracia rusticana (rafano). Questi enzimi coniugati al secondario, catalizzano la scissione di un substrato chemiluminescente, e questa reazione emette luminescenza. Tale luminescenza è proporzionale al quantitativo di proteina presente.
Nel nostro esperimento abbiamo omogeneizzato i tessuti di melanoma in 10 mM di Tris-HCl (pH 7,6) contenente 5 mM di EDTA, 3 mM di EGTA, 250 mM di saccarosio e una miscela di inibitori di proteasi, e li abbiamo centrifugati a 22000 giri per 30 minuti a 4°C.
Il surnatante contenente le proteine citosoliche è stato utilizzato per il rilevamento del VEGF, del fattore VIII, di Ki67, di Bax, di Bcl-2 e del citocromo c. Il pellet è stato risospeso in 20 mM HEPES (pH 7,4) contenente 150 mM di NaCl, 5 mM di EDTA, 3 mM di EGTA, 4 mg/mL di n-dodecil-β-maltoside, una miscela di inibitori di proteasi, e centrifugato a 22000 giri per 30 minuti a 4°.
Il surnatante è stato utilizzato per la rilevazione dei tre β-AR, del VEGFR-2, del CD31 e dell'aquaporina 1 (AQP1). La concentrazione proteica è stata misurata mediante un fluorimetro (Qubit; Invitrogen Carlsbad, California, Stati Uniti). Aliquote di ogni campione contenente la stessa quantità di proteine (40 μg) sono stati sottoposte ad SDS-PAGE.
Abbiamo utilizzato la β-actina come controllo di caricamento.
Le proteine sono state trasferite dai gel su membrane di polivinilidenfluoruro (PVDF) (GE Healthcare, Piscataway, NJ, USA) e i blot sono stati trattati per 1 ora a temperatura ambiente, con latte scremato al 5% in TTBS (Tris-Buffered Saline e Tween
30 20), per “bloccare” i legami aspecifici.
Il bloccaggio permette di ridurre il rumore di fondo durante la fase di sviluppo della membrana, determinando risultati più nitidi ed eliminando i falsi positivi.
Successivamente, i blot sono stati incubati overnight a 4 °C con gli anticorpi policlonali primari.
Per β1-AR, β2-AR, β3-AR, VEGF, il recettore 2 del VEGF (VEGFR-2), AQP1, Bax e Bcl-2, sono stati utilizzati degli anticorpi policlonali primari di coniglio, mentre per Ki-67 è stato utilizzato un anticorpo policlonale di capra. Per il CD31, sono stati utilizzati degli anticorpi monoclonali di ratto, mentre per il fattore VIII, per il citocromo c e per la β-actina sono stati utilizzati degli anticorpi monoclonali primari di topo.
Gli anticorpi primari sono stati diluiti nel modo seguente: β1-AR, β2-AR, β3-AR, VEGF, Ki67, Bax e Bcl-2 1:100 VEGFR-2 e CD31 1: 200
AQP1 1: 300
Fattore VIII e citocromo c 1:500 β-actina 1:2500
Infine, i blot sono stati incubati per 1 ora a temperatura ambiente con gli anticorpi secondari: mouse anti-rabbit (1:5000), goat anti-rat (1:5000), rabbit anti-goat (1:5000) o rabbit anti-mouse (1:25000) marcati con perossidasi di rafano (HRP) e la membrana è stata trattata con il reagente chemiluminescente luminolo in modo da fornire il substrato di reazione.
Gli anticorpi policlonali primari di coniglio diretti contro β1-AR, β2-AR, β3-RA, il fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF) e il suo recettore (VEGFR-2), l'acquaporina 1 (AQP1), Bax, Bcl-2, l'anticorpo policlonale primario di capra diretto contro Ki67, l'anticorpo secondario mouse anti-rabbit HRP-marcato, l'anticorpo secondario goat anti-rat marcato e l'anticorpo secondario rabbit anti-goat HRP-marcato, sono stati acquistati da Santa Cruz Biotechnologies (Santa Cruz, CA, USA).
31
c, gli anticorpi monoclonali primari di ratto diretti contro il CD31 e il reagente chemiluniscente sono stati acquistati da Millipore (Billerica, MA, USA).
L'anticorpo monoclonale primario murino diretto contro la β-actina e l'anticorpo secondario rabbit anti-mouse HRP sono stati acquistati da Sigma-Aldrich (St. Louis, MO, USA).
Tutti i dati sono stati normalizzati al livello della β-actina. Tutti gli esperimenti sono stati eseguiti in duplicato. Dopo l'analisi statistica, i dati provenienti dai diversi esperimenti e la loro media, sono stati riportati nello stesso grafico.
2.7.
REAL-TIME QUANTITATIVE RT-PCRDopo aver estratto l'RNA totale dai campioni di melanoma (RNeasy Mini Kit, Qiagen), questo è stato purificato, risospeso in acqua RNase-free e quantificato utilizzando un fluorimetro (Qubit, Invitrogen). L'RNA totale viene quindi convertito in cDNA, DNA complementare a singolo filamento, per poter fungere da stampo nelle successive reazioni di amplificazione. La formazione del cDNA avviene grazie all’appaiamento di oligonucleotidi commerciali (random primers), all'RNA totale precedentemente isolato (Fig. 12), fornendo così l'aggancio (rappresentato da un gruppo ossidrilico iniziale) per l’attività dell'enzima trascrittasi inversa.
32
Figura 12. Principio della RT-PCR.
Si preparano pertanto i campioni prelevando 1 μg di RNA diluito in un volume finale pari a 10 μl con acqua. Dopo un breve shock termico a 95°C per 1 minuto ciascun campione viene addizionato di una miscela di reazione composta da random primers, desossinucleotidi trifosfato (dNTPs), uno specifico inibitore delle RNAsi per prevenire la degradazione del campione nonché l’enzima trascrittasi inversa. La reazione procede inizialmente alla temperatura di 42°C per 15 minuti. Segue infine un ulteriore shock termico a 95°C per 1 minuto, per inattivare l’enzima (QuantiTect Reverse Transcription Kit; Qiagen). A processo ultimato, i campioni sono stati conservati a -20°C fino al momento dell’uso.
33
La Real time PCR è una tecnica che permette la caratterizzazione quantitativa del trascritto, monitorando la quantità di DNA prima della fase di plateau, durante la fase esponenziale di crescita, per risalire alla quantità di stampo di partenza. Per valutare in tempo reale la quantità di DNA a doppio filamento presente dopo ogni ciclo di sintesi, abbiamo aggiunto alla miscela di reazione il SYBR Green (Bio-Rad Laboratories (Hercules, CA, USA)) un noto composto fluorescente intercalante del DNA. Il SYBR Green emette fluorescenza nel momento in cui questa molecola si intercala nel solco minore del DNA a doppio filamento; pertanto, la misura quantitativa della fluorescenza emessa è direttamente proporzionale alla quantità di DNA a doppio filamento presente in ogni campione (Fig. 13).
Il set di primer per qPCR sono stati ottenuti da Primer Bank (β1-AR, β2-AR, VEGF e β-actina) (Wang e Seed 2003) o RTPrimerDB (Rpl13a) (Pattyn et al. 2003), o progettati con il software Primer3 (β3-AR e VEGFR- 2) (Rozen e Skaletsky 2000).
34
I primer forward e reverse sono stati scelti per ibridare in regioni uniche della sequenza genica appropriata. Le loro sequenze sono le seguenti:
β1-AR forward 5’-CTCATCGTGGTGGGTAACGTG-3’; β1-AR reverse 5’-ACACACAGCACATCTACCGAA- 3’;
β2-AR forward 5’-GGGAACGACAGCGACTTCTT-3’; β2-AR reverse 5’- GCCAGGACGATAACCGACAT-3’;
β3-AR forward 5’-CGCTACCTAGCTGTCACCAA-3’; β3- AR reverse 5’-TAGAAGGAGACGGAGGAGGA;
VEGF forward 5’- GCACATAGGAGAGATGAGCTTCC-3’; VEGF reverse 5’-CTCCGCTCTGAACAAGGCT-3’;
VEGFR-2 forward 5’-GCCCTGCTGTGGTCTCACTAC-3’; VEGFR-2 reverse 5’-CAAAGCATTGCCCATTCGAT-3’;
β-actin forward 5’-GGCTGTATTCCCCTCCATCG-3’; β-actin reverse 5’-CCAGTTGGTAACAATGCCATGT-3’;
Rpl13a forward 5’-CACTCTGGAGGAGAAACGGAAGG-3’; Rpl13a reverse 5’-GCAGGCATGAGGCAAACAGTC-3’.
35
L'efficienza di amplificazione era vicina al 100% per ogni coppia di primer (software Opticon Monitor 3, Bio-Rad).
L'analisi di ogni gene bersaglio è stata eseguita in concomitanza con il gene per la β-actina e per l'Rpl13a, noti geni housekeeping costitutivamente espressi.
I campioni sono stati confrontati in riferimento al ciclo soglia (valore di Ct) così da calcolare le loro concentrazioni.
Tutte le reazioni sono state eseguite in triplicato.
Dopo l'analisi statistica, i dati provenienti dai diversi esperimenti e la loro media sono stati riportati nello stesso grafico.
2.8.
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
Per effettuare il trattamento farmacologico sui topi che manifestavano una formazione tumorale evidente, è stata loro rasata la regione centrale del tumore e sono state effettuate le iniezioni di L-748,337, un antagonista selettivo per i β3-AR, verso il centro del tumore, usando una siringa da insulina (28,5 di calibro, aghi da 0,5 pollici, Becton Dickinson, Franklin Lago, NJ).
L-748,337 è stato somministrato quotidianamente all'interno della massa tumorale, con concentrazione di 5 mg/kg di peso corporeo, in accordo con quanto riportato da studi precedenti (Dal Monte et al., 2013), per ottenere delle concentrazioni sufficientemente alte del farmaco all'interno del tessuto tumorale. In accordo con Dal Monte et al. (2013), ciascuna dose di L-748,337 corrispondeva ad una possibile concentrazione di 40 μg/g massa tumorale.
L-748,337 è stato sciolto in dimetilsulfossido (DMSO) e diluito alla concentrazione finale in tampone citrato.
I controlli erano rappresentati dai topi trattati con veicolo (1% DMSO) e da topi non trattati. In tutti gli esperimenti effettuati, non sono state osservate differenze tra i topi trattati con veicolo e non trattati.
36
2.9.
STATISTICHE
La significatività statistica è stata valutata usando il test t di Student a campioni indipendenti, analisi della varianza (ANOVA) ad una via seguita da test post-hoc di confronto multiplo di Newman-Keuls o ANOVA a due vie seguita da test post-hoc di confronto multiplo di Bonferroni, come appropriato.
I risultati sono stati espressi come media ± SD (deviazione standard) dei valori n indicati.
Per analizzare i dati è stato usato Prism 5 (GraphPad Software, Inc., La Jolla, CA, USA).
38
3. RISULTATI
3.1.
LIVELLI DI NORADRENALINA
I livelli di NE nei due ceppi WT e β1/2-AR KO sono stati misurati mediante saggio ELISA. Dal confronto tra i due ceppi si evidenzia un aumento del 143% dei livelli intratumorali di NE nei topi β1/2-AR KO rispetto ai WT (p < 0.001) (Fig. 14).
Figura 14. Livelli di NE in WT e β1/2-AR KO.
3.2.
LIVELLI DEI Β-AR
L'espressione dei β-AR tumorali è stata determinata valutando i livelli di RNA messaggero (mRNA) e i livelli proteici.
A livello tumorale, tra i β1 / 2-AR KO e i rispettivi WT, sia i livelli di mRNA che i livelli proteici relativi ai β1- e β2-AR non differivano (Fig. 15).
39
Figura 15. Livelli di β1- e β2-AR in WT e β1 / 2-AR KO.
Al contrario, i livelli tumorali di mRNA dei β3-AR erano più elevati nei β1 / 2-AR KO rispetto ai WT del 94% (p < 0.001), mentre i livelli proteici dei β3-AR erano il 102% superiori nei β1 / 2-AR KO rispetto ai WT (p < 0.001) (Fig. 16).
40
Ci siamo chiesti se l'upregulation dei β3-AR a livello tumorale, in seguito alla delezione dei β1- e β2-AR stromali fosse un fenomeno specificamente limitato al melanoma o se invece, interessasse anche altri tessuti dell'ospite (Dal Monte et al. 2015).
Abbiamo quindi valutato i livelli proteici dei β3-AR in entrambi i ceppi β1 / 2-AR KO e WT a livello di altri tessuti non tumorali, in cui i β3-AR sono notoriamente espressi. Utilizzando degli omogenati di tessuto adiposo bruno, di cistifellea, di cuore, di cervello e di retina è risultato che, ad eccezione del cuore, i livelli proteici dei β3-AR non differivano tra i β1 / 2-AR KO e i WT. Nel cuore invece, si è verificato un aumento del 163% dei livelli di β3-AR nei β1 / 2-AR KO rispetto ai WT (p < 0.01) (Fig. 17).
Figura 17. Western blotting da omogenati di tessuto adiposo bruno (1, 2), vescica (3, 4), cuore (5, 6), cervello (7, 8), retina (9, 10) in WT (1, 3, 5, 7, 9) e β1 / 2-AR KO (2, 4, 6, 8, 10). Livelli di β3-AR in organi da WT e β1 / 2-AR KO.
3.3.
VOLUME E PESO DEL TUMORE
Confrontando i parametri volume e peso della massa tumorale tra i β1 / 2-AR KO e i WT non sono state trovate differenze significative. Tuttavia, effettuando le misurazioni al giorno 18, abbiamo assistito ad una tendenza verso la riduzione del volume tumorale nei β1 / 2-AR KO di circa il 26% rispetto ai WT (Fig. 18).
41
Figura 18. Volume e peso tumorale in WT e β1 / 2-AR KO. Analisi del volume tumorale dal giorno 10 al giorno 18. Analisi del peso tumorale al giorno 18.
3.4.
VASCOLARIZZAZIONE TUMORALE
Abbiamo valutato se, in seguito all'inoculazione di cellule di melanoma murino B16F10, l'assenza dei β1- e β2-AR dell'ospite comportasse delle variazioni in termini di vascolarizzazione tra i β1 / 2-AR KO e i WT.
A tale scopo abbiamo valutato l'espressione del fattore proangiogenico VEGF e del suo recettore VEGFR-2.
Tra i due ceppi delle differenze si sono verificate e in particolare, in merito ai livelli di mRNA del fattore proangiogenico VEGF ed il suo rispettivo recettore VEGFR-2, ci sono stati degli aumenti rispettivamente del 390% e 77% nei β1 / 2-AR KO rispetto ai WT (p <0.001). Anche i loro livelli proteici subivano un aumento, rispettivamente del 344% e del 181% (p < 0.001) (Fig. 19).
42
Figura 19. Livelli di mRNA e livelli proteici di VEGF e di VEGFR-2 in WT e β1/2-AR KO.
Inoltre abbiamo valutato l'espressione di altri marcatori vascolari. Il fattore VIII, una proteina essenziale della coagulazione del sangue, e il cluster of differentiation 31 (CD31), una proteina integrale di membrana che viene comunemente usata in immunoistochimica principalmente per dimostrare la presenza di cellule endoteliali in sezioni di tessuto istologico. Questa proteina può contribuire a valutare il grado di angiogenesi tumorale, che caratterizza un tumore in rapida crescita.
43
Entrambi i fattori sono riconosciuti essere marcatori di cellule endoteliali.
Insieme al fattore VIII e al CD31, abbiamo valutato anche l'espressione di una terzo marcatore vascolare, l'acquaporina 1 (AQP1), che si è dimostrato un marcatore vascolare affidabile (Nicchia et al. 2013).
Anche in questo caso c'è stato un aumento dei livelli proteici di fattore VIII, CD31 e AQP1 nei topi β1 / 2- AR KO rispetto ai WT, rispettivamente del 165% (p < 0.001), del 159% (p < 0.001) e del 364% (p < 0.001) (Fig. 20).
Figura 20. Livelli proteici di marcatori di vascolarizzazione in WT e β1 / 2-AR KO.
3.5.
PROLIFERAZIONE TUMORALE ED APOPTOSI
Le differenze tra i β1 / 2-AR KO e i WT non si limitano ai parametri finora valutati.
In termini di proliferazione tumorale, abbiamo valutato i livelli della proteina nucleare Ki67, marker di proliferazione cellulare.
I livelli di Ki67 erano il 27% più bassi nei β1 / 2-AR KO rispetto ai WT (p < 0.05).
Inoltre, ulteriori differenze possibili in termini di apoptosi, sono state valutate prendendo in considerazione due tipologie di marcatori della via apoptotica: il rapporto Bax / Bcl-2 e il citocromo c.
44
Nei β1 / 2-AR KO i livelli del rapporto Bax / Bcl-2 erano l’81% superiori rispetto ai WT (p < 0.01), mentre i livelli del citocromo c erano, sempre nei β1 / 2-AR KO superiori del 114% rispetto ai WT (p < 0.001) (Fig. 21).
Figura 21. Livelli di marcatori proliferativi e apoptotici in WT e β1 / 2-AR KO.
3.6.
IL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
Abbiamo dimostrato che nel modello β1 / 2-AR KO rispetto al WT, il trattamento con l'antagonista L-748.337 determina una marcata riduzione dei livelli di mRNA e proteici, sia del VEGF che del suo recettore VEGFR-2 che si ripercuote anche nell'ampia diminuzione dei livelli relativi ai marcatori di vascolarizzazione presi in considerazione, prima del trattamento farmacologico (Fig. 22, Fig. 23 e Fig. 24).
45
Figura 22. Volume e peso del tumore in WT e β1 / 2-AR KO dopo il trattamento con veicolo e antagonista selettivo L-748,337.
Figura 23. Livelli di mRNA e livelli proteici di VEGF e di VEGFR-2 in WT e β1/2-AR KO dopo il trattamento con veicolo e antagonista selettivo L-748,337.
46
Figura 24. Livelli proteici di marcatori di vascolarizzazione in WT e β1 / 2-AR KO dopo il trattamento con veicolo e antagonista selettivo L-748,337.
La maggiore risposta dei recettori β3-AR al trattamento farmacologico nei topi β1 / 2-AR KO, ha avuto anche delle conseguenze a livello di proliferazione tumorale e apoptosi. I livelli del marcatore di proliferazione Ki67, subiscono una significativa riduzione mentre, i livelli del rapporto Bax/Bcl-2 insieme a quelli del citocromo c subivano un incremento, indice del fatto che L-748.337 era in grado di promuovere l'apoptosi delle cellule tumorali (Fig. 25).
Figura 25. Livelli di marcatori proliferativi e apoptotici in WT e β1 / 2-AR KO dopo il trattamento con veicolo e antagonista selettivo L-748,337.
47
4. DISCUSSIONE
La componente stromale all'interno del microambiente tumorale ha un ruolo determinante nella progressione del tumore. Infatti, le cellule tumorali non proliferano e progrediscono come entità isolate, in quanto si basano sul supporto del microambiente circostante, che comprende la matrice extracellulare e diverse cellule stromali di sostegno.
Oltre le cellule tumorali, anche le cellule stromali di supporto esprimono i recettori β-AR. Infatti, questi ultimi giocano un ruolo chiave nella crescita del melanoma e la loro funzione non si limita alle cellule tumorali, in quanto i β-AR esercitano anche una funzione a livello del microambiente in cui le cellule tumorali vivono.
L’eliminazione genetica dei β1/2-AR comporta un aumento sia dei livelli di NE che dei livelli di β3-AR intratumorali, in concomitanza con un aumento della angiogenesi tumorale e una riduzione dell’invasività delle cellule di melanoma B16F10. Inoltre, la delezione dei β1/2-AR rende il tumore più responsivo al blocco farmacologico dei recettori β3-AR (si vedano Fig. 14, Fig. 16, Fig. 20 e risultati post-trattamento).
Selettività degli anticorpi anti –β-AR usati nel presente studio
I vari anticorpi disponibili in commercio, mostrano selettività variabile contro i recettori bersaglio β1-, β2- o β3-AR (Hamdani e van der Velden 2009; Pradidarcheep et al 2009; Cernecka et al. 2014b). L'uso degli anticorpi diretti contro i singoli β-AR è stato validato utilizzando topi KO per i singoli β-AR ed un approccio basato sui siRNA seguendo i criteri di convalida di anticorpi diretti contro recettori di membrana (Michel et al., 2009). I risultati ottenuti nei topi KO mostrano che gli anticorpi diretti contro i β1- e β2-AR possiedono scarsa specificità ma comunque buona selettività nei confronti di questi recettori. Inoltre, basandoci sull’utilizzo di specifici siRNA, abbiamo osservato che l'intensità delle bande relative ai tre β-AR si riduce notevolmente in cellule B16F10 trasfettate con i rispettivi siRNA. Ciò conferma ulteriormente la selettività degli anticorpi diretti contro i β1- e β2-AR e sia la specificità che la selettività dell'anticorpo per i β3-AR.
48
La delezione dei β1/2-AR favorisce la risposta vascolare del tumore ma promuove un'attività antitumorale
Tra i numerosi segnali derivanti dallo stroma, le catecolamine sono importanti promotori dell'angiogenesi tumorale (Cole and Sood, 2012) e guidano lo sviluppo della crescita tumorale (Jobling et al., 2015). A questo proposito, l'innervazione simpatica risulta essere critica per la formazione del tumore, in quanto sia la simpatectomia che il blocco dei β-AR induce apoptosi e blocca la crescita tumorale (Braadland et al., 2015).
Nel presente lavoro di tesi osserviamo che la riduzione della segnalazione β-adrenergica a livello stromale influisce nell'interazione tra le cellule tumorali e il microambiente circostante, proponendo quindi un approccio mirato al blocco dei β-AR espressi dalla componente non neoplastica come nuova prospettiva terapeutica per il trattamento tumorale.
I dati ottenuti evidenziano che la delezione dei β1/2-AR risulta in un aumento dei livelli di NE, suggerendo che i β-AR possono regolare la produzione di catecolamine. A questo proposito, in pazienti affetti da insufficienza cardiaca i livelli plasmatici di NE diminuiscono conseguentemente al blocco dei β-AR (da Silva et al. 2007), ma aumentano nei pazienti ipertesi (Myers e de Champlain 1983). Va inoltre notato che in un modello di simpatectomia effettuata nel cane, i livelli plasmatici di NE risultano aumentati, probabilmente a seguito di una di compensazione sostenuta dalla midollare del surrene (Soares-da-Silva e Davidson, 1985).
Ci sono indicazioni secondo cui la maggior parte della NE rilasciata in risposta allo stress è associata alle terminazioni simpatiche, anche se parte della NE presente nel tumore può provenire dal sangue circolante (Cole e Sood, 2012). Il fatto che il rilascio di NE dalle terminazioni simpatiche periferiche dipenda soprattutto dalla presenza di β2-AR presinaptici (Schelb et al., 2001) sembra escludere un possibile contributo del sistema nervoso simpatico e dei β2-AR nell'aumento dei livelli di NE, in quanto questi recettori sono assenti nel modello β1/2-AR KO. La NE tumorale può quindi derivare dal sangue circolante o dalle cellule endoteliali che rivestono i vasi tumorali, cellule già note per essere in grado di produrre catecolamine in risposta ad ipossia/ischemia, una condizione che caratterizza il microambiente tumorale (Sorriento et al., 2012). Infine, non si può escludere che le cellule di melanoma siano in grado di secernere NE, come