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Il consenso alla donazione degli organi: uno studio comparato alla ricerca di un modello costituzionalmente preferibile

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Academic year: 2021

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Saggi

Saggi

Corti supreme e salute

2020, 1

ISSN 2611-8882

Il consenso alla

donazione degli organi:

uno studio comparato alla ricerca

di un modello costituzionalmente

preferibile*

Lucia Busatta**

soMMaRio: 1. Trapianti d’organo e diritto. – 2. Le recenti novità legislative in Canada. – 2.1.

Riflessioni a partire dal quadro normativo attuale nei territori canadesi. – 2.2. La transizio-ne verso il consenso presunto. – 3. Il modello “misto” italiano e la progressiva attuaziotransizio-ne della legge sulla donazione degli organi. – 3.1. Origini e lungimiranza della legge n. 91 del 1999. – 3.2. La parziale introduzione della raccolta capillare del consenso e i più recenti sviluppi normativi. – 4. Il ruolo catalizzatore dell’Unione Europea e il “traino” spagnolo. – 5. Giustizia distributiva, solidarietà e autonomia nella donazione post mortem degli organi: esiste un modello costituzionalmente preferibile?

1.

Trapianti d’organo e diritto

Sin dall’antichità, la sola idea di poter trapiantare un organo o un arto al fine di salvare la vita di una persona veniva considerata una straordinaria potenzialità della medicina1. Il

vero e proprio avvento dei trapianti, però, si ebbe nel corso del Novecento, anche grazie

* Contributo sottoposto a revisione tra pari in doppio cieco.

** Dottoressa di ricerca in Studi giuridici comparati ed europei, Università di Trento e Docente a contratto, Università di

Padova; lucia.busatta@unitn.it

1 Dalla mitologia classica all’agiografia, sono molti i riferimenti alle potenzialità salvifiche dei trapianti d’organo o di arti. A

riguardo, si veda S.B. nuland, Storia della medicina: dagli antichi greci ai trapianti d’organo, Mondadori, Milano, 2004;

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ai progressi delle tecniche di vascolarizzazione e di immunologia2. Il primo trapianto di

rene tra viventi (due gemelli omozigoti) fu realizzato a Boston, nel 1954, dal Prof. Murray, mentre il primo trapianto di fegato venne eseguito qualche anno dopo, nel 1963. Il passo decisivo per la rivoluzione medica, etica e giuridica in questo ambito fu segnato, sempre in quegli anni, dal primo trapianto di cuore, effettuato, come è noto, da Christian Baarnard, a Città del Capo, in Sudafrica, nel 19673.

La dimostrazione della possibilità concreta di trapiantare gli organi con margini di suc-cesso inizialmente limitati, ma potenzialmente migliorabili, segnò l’avvio di una nuova pagina nella storia della medicina, a livello globale. Le possibilità che le tecniche di tra-pianto avrebbero potuto aprire furono lo stimolo per i lavori di una commissione ad hoc dell’Harvard Medical School che si diede l’obiettivo di stabilire i nuovi criteri per la defi-nizione della morte. Nel report, che venne pubblicato nell’estate del 1968, si proponeva la transizione da un criterio meramente cardio-circolatorio ad uno basato sulla verifica delle funzioni encefaliche, al fine di dichiarare il decesso della persona4. Come si legge

all’interno dello stesso report, ragione e scopo di questa esigenza sono da individuarsi, da un lato, nel progresso delle tecniche di rianimazione che, pur permettendo di mantenere stabili alcuni parametri vitali, talvolta non consentono il recupero delle funzioni cerebrali e, dall’altro lato, nella necessità di superare definizioni ormai obsolete, che avrebbero po-tuto generare controversie sulla disponibilità d’organi per i trapianti5.

Da allora in poi, si sviluppò un intenso dibattito medico ed etico sulla definizione di morte che, anche a motivo dei successivi sviluppi della medicina e delle neuroscienze, non si è mai del tutto sopito6. Sul versante giuridico, tali discussioni si sono tradotte nella necessità

della storia dei trapianti è disponibile anche sul sito dell’Associazione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule (AIDO), all’indirizzo www.aido.it.

2 Grazie agli studi che, all’inizio del secolo, valsero ad Alexis Carrel il premio Nobel per la medicina (1912), si

svilup-parono le tecniche di vascolarizzazione, fondamentali e funzionali alla realizzazione del trapianto e, dopo la fine della seconda guerra mondiale, si ebbe il primo trapianto di rene tra viventi. Inoltre, per gli studi di immunologia che dimo-strarono come gli antigeni che provocano il rigetto nei trapianti possono essere estratti dalle cellule, vanno ricordati i lavori di Peter Medawar e Frank Macfarlane Burnet, che ottennero il premio Nobel per la medicina nel 1960.

3 II primo trapianto di fegato venne eseguito nel 1963 a Denver (USA) dal dott. Starzl su un bambino di due anni. Per una

rapida panoramica, dalla prospettiva statunitense, sull’impatto che lo sviluppo medico della trapiantologia in quegli anni ebbe sul diritto, v. A. shea, Harvesting hope: regulating and incentivizing organ donation, in New England Law Review,

52, 2018, pp. 215 ss.

4 A Definition of Irreversible Coma: Report of the Ad Hoc Committee of the Harvard Medical School to Examine the

Defini-tion of Brain Death, in JAMA, 205(6), 1968, 337–340.

5 A riguardo, in termini giuridici v. inter multis, C. casonato, Introduzione al biodiritto, Giappichelli, Torino, 2012, p. 22. 6 Anche nel panorama italiano non sono mancate le prese di posizione scettiche, fra cui R. B

aRcaRo, P. Becchi, P. donadoni,

Prospettive bioetiche di fine vita. La morte cerebrale e il trapianto di organi, Franco Angeli, Milano, 2008. Rispetto al

al-cune problematiche concernenti la definizione di morte cfr. Comitato Nazionale per la Bioetica, I criteri di accertamento

della morte, 24 giugno 2010. Più recentemente, le neuroscienze e la possibilità di svolgere esami più approfonditi sulle

funzionalità encefaliche hanno contribuito al riaccendersi delle discussioni sull’aggiornamento dei criteri scientifici per la definizione della morte. A riguardo v. G. Ragone, B. viMeRcati, Neuroscience and end-of-life decisions. New

anthropo-logical challenges for constitutional law: «Is Human Nature the only science of man»?, in BioLaw Journal, 3, 2017, pp.

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di prevedere criteri certi e univoci, anche dal punto di vista normativo, per definire la mor-te. Molti ordinamenti sono stati, quindi, chiamati a interrogarsi sulla concezione di morte (e, dunque, di vita) accettabile e sulla possibilità di individuare per legge criteri rispettosi tanto dello stato d’avanzamento scientifico, quanto delle sensibilità etiche, culturali e reli-giose del corpo sociale.

Poter disporre di organi per i trapianti, infatti, richiede di mantenere l’irrorazione, mentre per alcuni orientamenti assiologici il criterio cardio-circolatorio appare l’opzione preferi-bile in quanto maggiormente rispettosa della concezione della vita e del legame indisso-lubile tra anima e corpo7. Al diritto spetta il complesso compito di conciliare queste due

dimensioni, valorizzando al contempo le potenzialità per la salute e la vita di cui può beneficiare una persona, possibile destinataria di una donazione.

Così, in molti ordinamenti giuridici, le assemblee legislative hanno adottato e stanno tutt’o-ra adottando soluzioni tese a comporre questi valori e a promuovere una cultututt’o-ra della donazione, solidamente ancorata alla responsabilizzazione della collettività e alla concre-tizzazione del principio di solidarietà sociale. Oltre alle questioni attinenti alla definizione di morte e all’individuazione dei criteri di accertamento del decesso, la principale proble-matica delle donazioni riguarda la scarsità degli organi per il trapianto, la conseguente ne-cessità di stabilire le priorità tra i pazienti in lista d’attesa e le esigenze legate alla certezza del consenso del donatore.

Su quest’ultimo aspetto si concentrano, in effetti, i più recenti interventi normativi e re-golamentari oggetto del presente contributo. Alcuni territori canadesi, come ora vedremo, hanno iniziato a modificare le proprie leggi sulla donazione degli organi, prevedendo il cosiddetto “consenso presunto”. Parallelamente, nel nostro ordinamento, un recente de-creto del Ministro della Salute mira a rendere maggiormente efficiente l’attuazione di una parte della legge italiana (legge n. 91 del 1999). L’occasione di prendere in esame questi interventi consente di riflettere sulla nozione di consenso alla donazione post mortem e di evidenziare, in particolar modo, la sua natura giuridica, ontologicamente differente rispet-to a quella del consenso informarispet-to nella pratica clinica, oggi disciplinarispet-to dalla legge n. 219 del 2017, nonostante l’apparente vicinanza degli istituti.

7 Significative, a riguardo, sono ad esempio le soluzioni legislative di Giappone e New Jersey richiamate in C. casonato,

Introduzione al biodiritto, cit., pp. 23 ss.; in argomento si vedano anche M. di Masi, Definire la morte, tra diritto e

bio-politica, in F. coRtese, M. toMasi (a cura di), Le definizioni nel diritto, Editoriale Scientifica, Napoli, 2016, pp. 267 ss.; E.

Mazzoleni, Nōshi. Morte cerebrale nel diritto giapponese. Frammento di biodiritto comparato, in Sociologia del diritto, 1,

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2.

Le recenti novità legislative in Canada

Nell’aprile 2019, la Nova Scotia è divenuta la prima provincia canadese ad aver adottato una legge sulla donazione degli organi post mortem che prevede il criterio del consenso presunto8. Attualmente sono in discussione presso le assemblee legislative di altre

provin-ce, ad esempio in Alberta9, altre proposte di legge analoghe.

In Canada, la competenza a regolare la donazione degli organi spetta alle singole provin-ce10. Di conseguenza, ciascuna di esse si è dotata di una propria legislazione. Il modello

prevalente sinora prevedeva, con alcune varianti, il sistema del consenso espresso alla donazione post mortem e, in mancanza di esso, la consultazione dei familiari. Questi, a differenza del quadro normativo italiano, ove la parola dei prossimi congiunti ha, almeno formalmente, un valore limitato rispetto alla volontà (anche presunta) della persona, in Canada vengono indicati dalle diverse leggi territoriali in ordine di priorità e vengono con-siderati quali surrogate decision makers. Talvolta, addirittura, la volontà dei familiari può, di fatto, superare le dichiarazioni registrate in vita dalla persona, tanto che recentemente i legislatori delle province hanno introdotto la specifica previsione della vincolatività del consenso del defunto, con alcune limitate eccezioni11.

2.1. Riflessioni a partire dal quadro normativo attuale nei territori canadesi

Al fine di promuovere la donazione e di incentivare il consenso, anche per aumentare la disponibilità di organi per i trapianti, come abbiamo anticipato, le assemblee legislative canadesi hanno provato a introdurre diversi accorgimenti12.

8 Si tratta del Bill no. 133, Human Organ and Tissue Donation Act, che ha ricevuto il Royal Assent il 12 aprile 2019 e il

cui testo è disponibile sul sito dell’assemblea legislativa della Nova Scotia e a questo link: http://canlii.ca/t/96fq. Preme evidenziare però, che la legge, sebbene definitiva, entrerà in vigore nei prossimi mesi.

9 Va segnalato, la riguardo, che una proposta di modifica della legge sulla donazione degli organi era stata proposta anche

nella provincia di Manitoba, durante la legislatura precedente. Attualmente, in Manitoba, l’atto normativo di riferimento è The Human Tissue Gift Act, in vigore dal 2005; nel 2018 era stato presentato un disegno di legge dal titolo The Gift

of Life Act (Human Tissue Gift Act Amended) (Bill no. 212), che introduceva il criterio del consenso presunto, che però

non è entrato in vigore. Le informazioni su questo disegno di legge sono disponibili sul sito internet dell’assemblea legislativa di Manitoba, al seguente link: https://web2.gov.mb.ca/bills/41-4/b212e.php.

Nella provincia dell’Alberta, invece, nell’autunno del 2019 è stato presentato per la discussione il disegno di legge dal titolo Human Tissue and Organ Donation (Presumed Consent) Amendment Act, 2019 (Bill 205), il cui iter è consultabile a questo link https://www.assembly.ab.ca/net/index.aspx?p=bills_status&selectbill=205&legl=30&session=1.

10 Per alcune indicazioni circa il riparto di competenze legislative in materia sanitaria tra stato federale e territori, si veda

V. Molaschi, Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia, in

Sanità pubblica e privata, 5, 2011, pp. 5 ss. In termini più generali v. T. gRoppi, Canada, Il Mulino, Bologna, 2006; id.,

Il federalismo canadese, in Amministrare n.1-2/2002; A. Rinella, La ripartizione delle competenze legislative nel sistema

federale canadese, in S. Baldin, L. pegoRaRo, A. Rinella, Tre lezioni sul federalismo, EUT, Trieste, 1999, pp. 31 ss.

11 A riguardo v. M. a

MMann, Would Presuming Consent to organ donation gain us anything but trouble?, in Health Law

Review, 18(2), 2010, p. 16.

12 Per una recente disamina riguardo alla armonizzazione e alla differenziazione tra le leggi sulla donazione post mortem

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Fra questi, merita menzione la previsione contenuta nella legge della provincia dell’Al-berta, attualmente in vigore, volta a valorizzare, da un lato, il consenso espresso in vita dal potenziale donatore e, dall’altro lato, le potenzialità della donazione. Quanto al primo aspetto, al dichiarato fine di superare la prassi non corretta, ma assai diffusa, di consi-derare prevalente l’opposizione dei familiari rispetto alla volontà della persona, la legge prevede espressamente (art. 4) che il consenso espresso in vita del potenziale donatore (in forma scritta, oppure oralmente, alla presenza di due testimoni) sia vincolante per i medi-ci13. Bisogna, tuttavia, aggiungere che la legge prevede l’intervento da parte dei familiari

del deceduto o della persona che si trova nell’imminenza della morte, ai fini del consenso (e non della ricostruzione della volontà della persona), nel caso in cui questi non abbia espresso il proprio consenso in vita o sia minore.

Similmente alla tendenza che sta assumendo il nostro ordinamento (pur in maniera diffe-rente, come vedremo diffusamente infra), la legge dell’Alberta ha anche introdotto uno strumento di raccolta capillare del consenso. Secondo quanto previsto dall’art. 4.2., infatti, quando una persona richiede il rilascio o il rinnovo della patente di guida oppure della carta d’identità, il personale incaricato deve chiedere se la stessa desidera manifestare la propria volontà riguardo alla donazione post mortem degli organi. Qualora tale consenso sia accordato, la relativa dichiarazione di volontà viene trasmessa ad un registro online di-sciplinato dalla medesima legge e viene, inoltre, inserito un simbolo o un codice apposito sul documento di identità o sulla patente di guida.

Un ulteriore profilo interessante concerne la previsione, in via legislativa, dell’obbligo per il medico di prendere in considerazione l’ipotesi della donazione: in altre parole, la leg-ge prevede espressamente (art. 7, Mandatory consideration for donation) che il medico responsabile per l’accertamento della morte debba valutare e documentare nella cartella clinica del paziente l’idoneità alla donazione14. Se, da un lato, può sembrare che tale

pre-visione possa condizionare il libero apprezzamento del clinico, dall’altro lato, l’obbligo di documentare la valutazione della persona (durante il periodo di osservazione prima di dichiarare il decesso) quale potenziale donatore post mortem va collocata in un contesto di accorgimenti volti a incrementare il numero di organi disponibili per i trapianti15. E a

que-sto riguardo, non si può non rilevare come la legge presa in esame adoperi ogni strumento

Canada, in McGill Journal of Law and Health, 8(2), 2015, in particolare pp. S12 ss.

13 Human Tissue and Organ Donation Act, SA 2006, c H-14.5, il cui testo è disponibile al seguente link http://canlii.

ca/t/524m6. A riguardo cfr. E. nelson, Alberta’s New Organ and Tissue Donation Law: The Human Tissue and Organ

Donation Act, in Health Law Review, 18(2), 2010, p. 6. Va segnalato che la legge in parola concerne la donazione del

corpo, di tessuti e organi post mortem e che, perciò, la volontà di donare dichiarata dalla persona può comprendere, secondo quanto previsto dagli artt. 3 e 4, oltre ai trapianti, anche la donazione del proprio corpo o di parti di esso per la formazione medica («medical education») oppure per la ricerca scientifica («scientific research»).

14 L’art. 7, co. 1, della legge dell’Alberta prevede, testualmente: «When a person dies, the medical practitioner who makes

the determination of death must consider and document in the patient record the medical suitability of the deceased person’s tissue or organs for transplantation».

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legislativo utile al fine di favorire e incentivare tale pratica e a garantire la disponibilità del maggior numero d’organi possibile per il trapianto.

Vi sono, poi, ulteriori strumenti normativi che sono stati adottati, in Canada, così come in altri ordinamenti, al fine di promuovere l’etica del dono e di aumentare la disponibilità di organi ai fini del trapianto post mortem, prima di transitare verso il modello del “consenso presunto”, che sta ora iniziando a diffondersi con maggiore ampiezza. Alternativamente allo strumento della valutazione obbligatoria, di cui ora si è detto, altri territori canadesi hanno, ad esempio, introdotto in via legislativa l’obbligo di porre la questione della dona-zione con i familiari del defunto16.

2.2. La transizione verso il consenso presunto

Quanto alle più recenti modifiche introdotte (o in via di introduzione) nelle legislazioni dei territori canadesi, bisogna anzitutto premettere alcune brevi considerazioni, che saran-no poi riprese in raffronto con l’esperienza italiana e in chiave comparatistica, sul sistema del consenso presunto (o silenzio-assenso). Questo rappresenta una delle possibili opzio-ni per mezzo delle quali regolare la relazione tra tutela dell’autonomia individuale (che si estende, in parte, anche alla proiezione post mortem sul proprio corpo) ed etica solidari-stica, perno intorno al quale si costruisce la disciplina della donazione. Le legislazioni che aderiscono a tale modello prevedono che la persona venga sempre considerata quale po-tenziale donatore, a meno che in vita non avesse manifestato un espresso dissenso. Come ora vedremo, la condizione indispensabile per la corretta applicazione di tali clausole sta nell’individuazione degli strumenti che consentono alla persona di essere effettivamente informata circa la possibilità di dichiarare la propria scelta di opt-out alla donazione degli organi. In questa direzione, la previsione del consenso presunto può accompagnarsi alla previsione di meccanismi di raccolta capillare delle dichiarazioni di volontà (ad esempio al momento del rilascio o rinnovo dei documenti d’identità o della patente di guida) oppure alla disciplina di strumenti informativi idonei a raggiungere tutti i consociati.

Come si è anticipato, la provincia della Nova Scotia è stato il primo territorio canadese a transitare verso il modello del consenso presunto; ad oggi, un progetto di legge simile è in discussione anche in Alberta. Qualora, in vita, la persona non abbia espressamente manifestato il proprio rifiuto alla donazione, in una delle forme previste dalla legge, si pre-sume che questi sia favorevole alla donazione e viene quindi considerato come potenziale donatore. La donazione, in effetti, avviene solo quando le circostanze del decesso ed altri requisiti clinici siano soddisfatti e permettano l’espianto.

La legge della Nova Scotia è stata approvata nell’aprile del 2019, ma non è ancora entrata in vigore, poiché ciò è subordinato alla proclamation da parte del Governatore, dopo che

16 Si vedano, ad esempio, la legge dell’Ontario, Trillium Gift of Life Network Act, RSO 1990, c H.20, http://canlii.ca/t/53nnc,

art. 8, e la legge della provincia di Manitoba, in vigore dal 2005, The Human Tissue Gift Act, CCSM c H180, http://canlii. ca/t/kb54.

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saranno stati svolti tutti gli accorgimenti organizzativi e informativi necessari all’effettivo funzionamento del testo normativo17; in essa il consenso presunto si accompagna agli

strumenti già esistenti e non esclude la possibilità per la persona, in vita, di manifestare espressamente la propria adesione consapevole alla donazione. Secondo quanto previsto dall’art. 8 della legge, infatti, una persona può esprimere il consenso o il rifiuto alla do-nazione post mortem ai fini di trapianto, anche limitatamente ad alcuni organi o tessuti, attraverso una dichiarazione avente carattere vincolante. Qualora, però, la persona non abbia espresso in vita la propria volontà, il consenso si presume, a meno che il potenziale donatore non sia stato in condizione di incapacità per un significativo periodo di tempo prima di morire (art. 12.1)18. Un’ulteriore eccezione al consenso presunto è prevista nel

caso in cui la persona non sia stata residente nella provincia per almeno dodici mesi prima del decesso.

Analogamente, il progetto di legge attualmente in discussione nella provincia dell’Alberta prevede l’abbinamento tra il sistema di raccolta capillare delle dichiarazioni di volontà e il consenso presunto. In altre parole, se le modifiche alla legge sulla donazione degli or-gani di questa provincia saranno approvate, il canale per la raccolta delle dichiarazioni di volontà sarà quello – di cui si è già detto – del rilascio o rinnovo della carta d’identità e della patente di guida. Le modifiche proposte all’art. 4 della legge prevedono, infatti, che la persona, al momento della richiesta di tali documenti, sia informata della possibilità di registrare la propria volontà nella banca dati dedicata e che, in mancanza di una dichiara-zione di assenso o diniego, il consenso sarà presunto19.

Le finalità della previsione del consenso presunto risiedono, evidentemente, nell’aumen-tare la disponibilità d’organi per i trapianti, in considerazione della cronica e insuperabile scarsità di risorse che caratterizza questo settore della medicina e del fatto che solamente una minima parte dei decessi ospedalieri possono essere valutati ai fini del trapianto20.

Un profilo del consenso presunto che merita di essere valutato positivamente riguarda la possibilità di evitare di sollecitare la famiglia a prendere una decisione sulla donazione

17 Secondo quanto previsto dal combinato disposto dagli articoli 36 e 44 della legge, infatti, il Governatore deve svolgere

tutti i compiti necessari all’implementazione della legge, fra cui l’adeguamento dell’organizzazione sanitaria e dei pro-grammi per la donazione («organ-donation program»).

18 L’articolo 12.1 della legge prevede infatti: «An individual is not deemed to consent under Section 11 if the individual has

died and for a significant period before dying lacked the capacity to make a decision respecting donation after death».

19 Le modifiche proposte consistono nella presunzione generale di consenso, limitata alla sola donazione ai fini di

tra-pianto (e non di ricerca o formazione medica), che viene esclusa per i minori, nel caso in cui la persona non fosse residente in Alberta negli ultimi dodici mesi, oppure che fosse incapace o che vi siano ragionevoli motivi per ritenere che la persona non avrebbe prestato il consenso alla donazione.

20 Affinché una persona possa essere considerata quale potenziale donatori di organi è, infatti, necessario che il decesso

avvenga in ospedale, che la persona rispetti i criteri di età per la donazione (la maggior parte degli organi possono esse-re espiantati da donatori inferiori ai settant’anni), che siano rispettati criteri clinici attinenti alle condizioni di salute della persona e che gli organi siano mantenuti irrorati da trattamenti di sostegno vitale. A riguardo si vedano i dati pubblicati nel report del Canadian Institute for Health Information, Deceased Organ Donor Potential in Canada, dicembre 2014, disponibile all’indirizzo internet https://secure.cihi.ca/estore/productSeries.htm?pc=PCC1206.

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in un momento difficile quale è quello della comunicazione dell’imminenza del decesso. In aggiunta, va evidenziato come, di frequente, possa accadere che i familiari si trovino in difficoltà rispetto ad una decisione del genere, non avendo avuto alcuna occasione di parlare del tema con il proprio congiunto.

Nonostante un modello “forte” di consenso presunto possa prestare il fianco ad alcune criticità, anche in termini di tutela dell’integrità post mortem del corpo e della tutela del-le volontà della persona, pare che un sistema “moderato” di consenso presunto – ossia accompagnato dalla diffusione della raccolta capillare delle volontà e basato sulla pro-mozione dell’informazione e della cultura sulla donazione e sul principio solidaristico ad essa sotteso – possa soddisfare al meglio le esigenze legate alla necessità di disponibilità d’organi per i trapianti e di rispetto dell’autodeterminazione della persona.

3.

Il modello “misto” italiano e la progressiva attuazione

della legge sulla donazione degli organi

3.1. Origini e lungimiranza della legge n. 91 del 1999

La donazione degli organi in Italia è regolata dalla legge n. 91 del 1999, con la quale nel nostro ordinamento è stato introdotto il sistema del consenso informato presunto, che è rimasto, tuttavia, sinora inattuato, per le ragioni che ora vedremo21.

La legge del 1999 ha sostituito la disciplina precedente (legge n. 644 del 1975), nella quale il consenso della persona alla donazione non trovava ampio spazio, poiché la legge preve-deva solamente il divieto di espiantare gli organi, nel caso in cui la persona in vita avesse manifestato espressamente il proprio dissenso oppure qualora vi fosse l’opposizione da parte dei familiari più stretti del defunto, entro il limite temporale previsto per l’osserva-zione clinica prima della dichiaral’osserva-zione di decesso22. Non di consenso presunto si poteva,

allora, parlare, quanto piuttosto della prevalenza della volontà dei familiari più stretti su

21 Per una ricostruzione della disciplina italiana sulle donazioni degli organi si veda D. c

aRusi, Donazioni e trapianti:

allocazione e consenso, in S. canestRaRi, G. FeRRando, C.M. Mazzoni, S. Rodotà, P. zatti (a cura di), Il governo del corpo,

Tomo I, in S. Rodotà, P. zatti (dir.), Trattato di biodiritto, Giuffrè, Milano, 2011, pp. 1119 ss.; F. Mantovani, Trapianti, in

Digesto delle discipline penalistiche, agg., UTET, Torino, 2004, pp. 817 ss.; P. veRcellone, Trapianti di tessuti e organi, in

Digesto delle discipline civilistiche, agg., UTET, Torino, 2003, pp. 1262 ss.; G. MaestRi, Fine-vita e donazione di organi e

tessuti, in C. casonato, L. Busatta, S. penasa, C. piciocchi, M. toMasi (a cura di), Il biodiritto e i suoi confini, Unitn, Trento,

2014, pp. 451 ss.; sia, infine, consentito rinviare a L. Busatta, Repetita non iuvant: l’illegittimità della legge calabra sul

consenso alla donazione degli organi, in Studium Iuris, 5, 2016, pp. 548 ss.

22 Legge n. 644 del 1975, articolo 6: «Il prelievo da cadavere non sottoposto a riscontro diagnostico o ad operazioni

autop-tiche ordinate dall’autorità giudiziaria è vietato quando in vita il soggetto abbia esplicitamente negato il proprio assenso. Il prelievo è altresì vietato quando, non ricorrendo l’ipotesi di cui al comma precedente, intervenga da parte del coniuge non separato, o in mancanza, dei figli se di età non inferiore a 18 anni o, in mancanza di questi ultimi, dei genitori, in seguito a formale proposta del sanitario responsabile delle operazioni di prelievo, opposizione scritta entro il termine previsto nell’articolo 3, primo comma, e nell’articolo 4, secondo comma».

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quella del potenziale donatore. Infatti, se si considera il dato per cui, culturalmente e a livello sociale, la questione della donazione degli organi ha iniziato ad essere considerata quale tematica su cui sensibilizzare e informare la popolazione prevalentemente in occa-sione di episodi di cronaca che scossero in modo significativo l’opinione pubblica23, ben

si può comprendere come il tema del consenso alla donazione non fosse al centro della disciplina previgente. È anche per tale motivo che la via di fatto prevalente consisteva nel-la richiesta ai familiari più stretti di una dichiarazione di opposizione o non opposizione ai fini dell’espianto. In raffronto, poi, con le esperienze straniere di cui si è dato conto, non è possibile intravedere nella legge del 1975 alcun “incentivo” alla diffusione della cultura dei trapianti, né alcun obbligo di prendere in considerazione, a livello clinico, l’ipotesi della donazione.

L’adozione di una nuova legge sulla donazione degli organi si rese necessaria, a distanza di una ventina d’anni dalla precedente, a motivo dei significativi mutamenti avvenuti sia sul piano medico-scientifico, sia dal punto di vista sociale e culturale.

A riguardo, bisogna rammentare che, nel 1991, il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB), da poco istituito, dedicò uno dei primi pareri proprio al complesso tema della do-nazione degli organi24. Cogliendo l’occasione di evidenziare la necessità di un’ampia

sen-sibilizzazione della popolazione sull’importanza del trapianto, quale possibile mezzo per salvare vite umane, il CNB si sofferma anche sulla questione del consenso, rimarcando la necessità di valutare soluzioni normative più unitarie ed efficienti. Così, lasciate da parte il dibattuto tema della proprietà delle spoglie mortali25, nel parere viene evidenziato come la

prospettiva più adeguata sia, in effetti, quella dei valori costituzionali in gioco e racchiusi, in particolare, nei diritti alla vita, alla salute, alla dignità della persona. Soffermandosi sul significato da attribuire al consenso prestato in vita dalla persona e, parallelamente, sulle diverse opzioni possibili per il ruolo da attribuire ai familiari più stretti, in assenza di una volontà precedentemente espressa dalla persona, il Comitato Nazionale per la Bioetica ha

23 Fra tutti, si pensi alla vicenda di Nicholas Green e al clamore suscitato dall’episodio. A riguardo, sia consentito rinviare

alle considerazioni sviluppate in L. Busatta, Repetita non iuvant, cit., 548.

24 Comitato Nazionale per la Bioetica, Donazione d’organo a fini di trapianto, parere del 7 ottobre 1991. Il Comitato

Nazionale per la Bioetica (CNB) venne istituito nel 1990 e fra i primi pareri pubblicati vanno segnalati, per l’interesse della presente trattazione, quello sulla donazione degli organi e uno relativo ai criteri di accertamento della morte (Definizione e accertamento della morte nell’uomo, 15 febbraio 1991). Sul tema della donazione degli organi, il CNB è tornato anche negli anni più recenti, con altri pareri che hanno toccati aspetti più specifici della donazione. Fra questi, possono essere ricordati Trapianti di organi nell’infanzia (21 gennaio 1994), Il neonato anencefalico e la donazione di

organi (21 giugno 1996), La donazione da vivo del rene a persone sconosciute (23 aprile 2010), Traffico illegale di organi umani tra viventi (23 maggio 2013), Parere in merito alla conservazione dell’anonimato del donatore e del ricevente nel trapianto di organi (27 settembre 2018), nonché la risposta a un quesito posto dal Centro Nazionale Trapianti

dell’Isti-tuto Superiore di Sanità, intitolato In merito all’utilizzo di organi provenienti da donatori anti-HCV positivi e HCV-RNA

positivi per il trapianto di pazienti anti-HCV negativi (12 luglio 2018).

25 Il CNB dà conto, a pagina 4 del proprio parere, di un fervido dibattito giuridico concernente l’individuazione della

pro-prietà sul corpo morto, quale via per l’individuazione dei soggetti deputati a prestare il consenso alla donazione, anche dopo la morte della persona.

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indicato come prioritario lo «sviluppo di un’ampia “cultura dei trapianti” che si esalti nei valori della solidarietà e della responsabilità […] insostituibile presupposto per l’esperibi-lità di una pratica clinica assolutamente peculiare, tecnicamente affermata e di frequente insostituibile, perché priva di alternative»26. Per queste ragioni, fra le raccomandazioni

espresse nel parere figurano, da un lato, la diffusione di un’etica «che consideri doverosa la donazione post mortem» e la transizione verso un regime giuridico in cui, pur nella va-lorizzazione della volontà della persona, possa trovare spazio «la presunzione qualificata della prestazione del consenso nei confronti di chi abbia taciuto». Pur non avendo valore vincolate, ma solamente consultivo, il parere di cui si è dato brevemente conto ha chiara-mente indicato al legislatore una via decisachiara-mente innovativa e coraggiosa, volta anche a responsabilizzare le istituzioni pubbliche in un ruolo proattivo per la sensibilizzazione e l’informazione della popolazione.

Il secondo elemento che ha inciso sulla transizione normativa è rappresentato dall’adozio-ne della legge sui criteri di accertamento della morte, dall’adozio-nel 1993. Come si è già visto, infatti, l’adozione del criterio encefalico era stata indicata dal comitato ad hoc della Harvard Me-dical School quale canone funzionale, inter alia, ad assicurare una maggiore certezza per le dichiarazioni di decesso e per una più funzionale disponibilità d’organi per i trapianti. Così, con la legge n. 578 del 1993, fu previsto che «La morte nei soggetti affetti da lesioni encefaliche e sottoposti a misure rianimatorie si intende avvenuta quando si verifica la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo […]»27.

La legge n. 91 del 1999, attualmente vigente, quanto alla manifestazione della volontà della persona alla donazione, prevede un sistema che potremmo definire “misto”. Il cri-terio individuato come prevalente da parte del legislatore, basato sul consenso informato presunto, in realtà, non è mai andato a regime, mentre ha prevalso nella pratica clinica la disciplina transitoria prevista dall’art. 23 della legge, sino alla graduale introduzione di un metodo capillare – per quanto ancora solamente facoltativo– di raccolta del consenso28.

Una tale combinazione di opzioni merita di essere sinteticamente ricostruita, ai fini della piena comprensione delle questioni giuridiche di cui si sta ora trattando29.

Il consenso informato presunto era stato previsto dall’articolo 4 della legge de qua, secon-do cui «i cittadini sono tenuti a dichiarare la propria libera volontà in ordine alla secon-donazione di organi e di tessuti del proprio corpo successivamente alla morte, e sono informati che la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso alla donazione». A tal

26 Comitato Nazionale per la Bioetica, Donazione d’organo a fini di trapianto, cit., 5.

27 Art. 1, comma 2, della legge n. 578 del 29 dicembre 1993, pubblicata in GU n. 5 dell’8 gennaio 1994.

28 Per l’evoluzione normativa della disciplina della donazione d’organi in Italia sia veda anche

https://journals.seedmedi-calpublishers.com/index.php/PMeAL/article/view/307/321.

29 I riferimenti normativi che ora seguiranno sono stati raccolti e discussi anche in L. Busatta, Repetita non iuvant, cit., cui

sia consentito rinviare per ulteriori considerazioni. In questa sede si cercherà di evidenziare maggiormente gli aspetti di evoluzione del quadro normativo e regolamentare di riferimento.

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fine, il meccanismo ideato dal legislatore prevedeva (art. 5) che il Ministero della Sanità avrebbe dovuto adottare un decreto per stabilire le modalità, i tempi e le forme per notifi-care agli iscritti al sistema sanitario nazionale30 la richiesta di dichiarare la propria volontà,

per verificare l’effettività di tale notificazione, per fissare i termini di manifestazione della volontà e le modalità di trasmissione e conservazione dei relativi dati. Il decreto venne, poi, adottato nell’aprile del 200031 e prevedeva che entro il termine di 180 giorni dalla

realizzazione dell’anagrafe degli assistiti, le aziende sanitarie locali avrebbero dovuto noti-ficare personalmente a tutti i loro assistiti la richiesta di dichiarare la propria volontà per la donazione post mortem di organi e tessuti e che la mancanza di tale dichiarazione sarebbe stata considerata quale assenso. Il sistema delle notificazioni, tuttavia, non è mai partito, a causa della mancata istituzione dell’anagrafe informatizzata, che ha reso impossibile avere la certezza dell’avvenuta notificazione32.

Così, quella che avrebbe dovuto essere una disciplina solamente transitoria è, in effetti, diventata nel tempo la regola prevalente: secondo l’articolo 23 della legge, si procede alla donazione nel caso in cui, in vita, la persona non abbia espresso il proprio dissenso, op-pure qualora i familiari più stretti non presentino un’opposizione scritta entro il termine corrispondente al periodo di osservazioni ai fini dell’accertamento della morte. Il comma 3 del medesimo articolo specifica che l’opposizione dei familiari non può prevalere sul consenso della persona, desumibile dalle dichiarazioni registrate presso l’azienda sanita-ria, oppure dai documenti personali della persona. Il passaggio non è di poco conto, se si considera che, quindi, la ricostruzione della volontà della persona può essere desunta anche da eventuali atti olografi portati con sé, dalle cc.dd. donorcard distribuite dalle as-sociazioni impegnate sul fronte delle donazioni, oppure dal tesserino inviato a parte della popolazione nel 2000 dal Ministero della Salute33.

3.2. La parziale introduzione della raccolta capillare del consenso e i più recenti sviluppi normativi

Una terza via è andata più recentemente consolidandosi, a seguito di una serie di inter-venti normativi volti a incentivare e rendere più capillare la raccolta delle dichiarazioni di volontà. Seguendo il modello di altri ordinamenti nei quali – come si è visto in riferi-mento al Canada – per raccogliere il maggior numero possibile di dichiarazioni di volontà

30 A riguardo bisogna evidenziare come, secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 3, il decreto ministeriale si sarebbe

applicato anche alle dichiarazioni di volontà degli stranieri regolarmente presenti sul territorio nazionale, e per tal mo-tivo iscritti al Servizio sanitario nazionale. L’effettuazione delle notificazioni, infatti, sarebbe spettata alle singole aziende sanitarie.

31 Decreto del Ministero della Sanità, 8 aprile 2000, Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti,

attuativo delle prescrizioni relative alle dichiarazioni di volontà dei cittadini sulla donazione di organi a scopo di tra-pianto, pubblicato in G.U. serie Generale n. 89 del 15 aprile 2000.

32 A riguardo si veda anche C. p

etRini, M. FaRisco, Appunti di storia e di etica del consenso informato per la donazione di

organi e tessuti da cadavere allo scopo di trapianto, in Pratica medica & aspetti legali, 3, 2011, pp. 89 ss.

33 Cfr. G. M

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alla donazione si è prevista la possibilità di registrare il consenso anche al momento del rilascio o rinnovo del documento d’identità o della patente di guida, il Ministero della Salute ha introdotto, nel 2008, in via sperimentale, la possibilità di depositare le proprie dichiarazioni di volontà anche presso gli sportelli comunali. Gli enti locali, grazie ad una convenzione con l’azienda sanitaria, avrebbero provveduto a registrare tale dichiarazione nel sistema informativo trapianti34.

Successivamente, un ulteriore intervento legislativo ha consentito la possibilità di registra-re la dichiarazione di volontà in occasione del rilascio o rinnovo della carta d’identità, indi-viduando, quindi, negli uffici dell’anagrafe il punto di contatto per la raccolta capillare dei consensi o dissensi alla donazione. Bisogna, però, tenere presente che il quadro norma-tivo di cui ora si dirà rappresenta, allo stato attuale, solamente una possibilità per gli enti locali, non essendo stato costituito nessun obbligo in capo a tali uffici di provvedere alla raccolta delle dichiarazioni35. Grazie alle modifiche introdotte tra il 2009 e il 2013, l’art. 3,

comma 8-bis del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, dedicato alla carta di iden-tità, prevede ora che «La carta d’identità può altresì contenere l’indicazione del consenso ovvero del diniego della persona cui si riferisce a donare i propri organi in caso di morte. I comuni trasmettono i dati relativi al consenso o al diniego alla donazione degli organi al Sistema informativo trapianti, di cui all’articolo 7, comma 2, della legge 1° aprile 1999, n. 91»36. Al fine di agevolare l’attuazione di tale disposizione, una circolare interministeriale

del 2015 ha fornito agli enti locali le linee guida necessarie a rendere effettive le modalità di registrazione del consenso alla donazione anche al momento del rilascio o rinnovo del-la carta d’identità. Dopo aver specificato che si tratta di una facoltà, e non di un obbligo, per il cittadino, l’atto offre le indicazioni operative per i Comuni, affinché le persone siano messe in condizione di esercitare il proprio diritto.

Il sistema introdotto dapprima in via sperimentale e poi, di fatto, recepito dal legislatore punta a valorizzare la raccolta capillare del consenso fra i cittadini, ma tale sistema è stato, sinora, attuato a macchia di leopardo sul territorio nazionale. Infatti, da un lato, come ab-biamo visto, il legislatore ha previsto la possibilità (e non l’obbligo) per i Comuni di

alline-34 Ministero della Salute, Decreto 11 marzo 2008, Integrazione del decreto 8 aprile 2000 sulla ricezione delle dichiarazioni

di volontà dei cittadini circa la donazione di organi a scopo di trapianto, pubblicato in G.U. – Serie Generale, n. 80 del

04 aprile 2008.

35 I dati consultabili sul Sistema Informativo Trapianti, suddivisi per Regione e per Provincia, offrono, complessivamente,

un’immagine rassicurante, se si considera che attualmente nel Sistema Informativo Trapianti sono state registrate oltre 7 milioni di dichiarazioni di volontà. Di queste, oltre cinque milioni sono state quelle raccolte presso i Comuni.

36 Tale disposizione è stata, in parte, introdotta dal decreto-legge n. 194 del 2009, convertito con modificazioni nella

legge n. 25 del 2010 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative) e, quanto all’obbligo di trasmissione dei dati da parte dei Comuni, dall’art. 43, co. 1, del d.l. n. 69 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 98 del 2013 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia). Bisogna, inoltre, segnalare che il comma 1-bis dell’art. 43 del decreto-legge del 2013 ha anche previsto che il consenso o il diniego alla donazione confluiscano nel fascicolo sanitario elettronico. A tal fine, l’art. 2, co. 2, lett. g), del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 settembre 2015, n. 178, Regolamento in materia di fascicolo sanitario elettronico, prevede che il consenso o il diniego alla donazione degli organi costituiscano parte del «nucleo minimo» di dati del fascicolo sanitario elettronico.

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arsi a tale modalità di raccolta. Dall’altro lato, al fine di rendere il meccanismo operativo, gli enti locali devono attivarsi per mezzo di una deliberazione di giunta, di una richiesta di abilitazione all’accesso alla banca dati del Sistema Informativo Trapianti, e devono altresì assicurare l’adeguata formazione agli operatori dell’anagrafe e l’informazione ai cittadini37.

Da ultimo, con il Decreto del Ministero della Salute n. 130 del 2019 è stata approvata la nuova disciplina del Sistema informativo trapianti (SIT), per rendere più efficiente il fun-zionamento del collegamento telematico tra i soggetti coinvolti nei trapianti d’organo. Il regolamento si occupa, in particolare, della tracciabilità e trasparenza del processo dalla donazione al trapianto, di coordinare gli organismi e i soggetti coinvolti e di assicurare la sicurezza dei trapianti; parte del provvedimento è, inoltre, dedicata al Registro Nazionale di donatori di cellule riproduttive per la procreazione medicalmente assistita.

La dettagliata ricostruzione del quadro normativo che oggi regola la manifestazione della volontà riguardo alla donazione post mortem degli organi è funzionale alle riflessioni di più ampio raggio che si stanno sviluppando in questa sede.

In primo luogo, abbiamo avuto modo di sottolineare come il progetto disegnato dalla leg-ge del 1999 si distinguesse per essere particolarmente avanzato per l’epoca in cui venne introdotto, tanto da aver generato difficoltà applicative che hanno parzialmente depo-tenziato l’intero assetto normativo. Al contempo, queste stesse asperità hanno offerto il campo all’apertura di una terza via, non ipotizzata dal legislatore, eppure perfettamente compatibile con la struttura della legge: la raccolta del consenso presso le anagrafi rap-presenta una interessante potenzialità della legge, sulla quale ci sarà modo di tornare più diffusamente anche in sede di conclusione, che merita certamente di essere maggiormente valorizzata in un quadro di responsabilizzazione della cittadinanza alla cultura solidaristica del dono.

In secondo luogo, un ulteriore elemento di positività dell’atto normativo va individuato nell’aver recepito fedelmente le raccomandazioni del Comitato Nazionale per la Bioetica, a prova della possibilità di realizzare compiutamente quella «leale collaborazione istituzio-nale» che recentemente, anche se invano, la Corte costituzionale ha invocato in riferimen-to alla necessità di un intervenriferimen-to normativo per la disciplina delle più delicate questioni di fine vita, segnatamente nella circoscrizione dell’area di punibilità penale del suicidio medicalmente assistito38. Pur non trattandosi, evidentemente, della dialettica che lega il

37 Tutte le informazioni a riguardo, nonché tutti i materiali utili, comprendenti sia le brochure informative per la

cittadinan-za, sia il modulo per la richiesta di accesso alla banca dati, sono disponibili sulla sezione dedicata del Centro Nazionale Trapianti (trapianti.salute.gov.it).

38 Il riferimento va, evidentemente, all’ordinanza n. 207 del 2018, con la quale la Corte costituzionale ha sospeso il

pro-prio giudizio di legittimità sull’art. 580 del codice penale, nella vicenda che ha visto imputato Marco Cappato per aver agevolato il proposito di suicidio di Fabiano Antoniani, al fine di consentire al Parlamento di adottare ogni opportuna iniziativa a riguardo. Come è noto, la Corte, in assenza di qualunque intervento legislativo, si è pronunciata sulla que-stione con sentenza n. 242 del 2019. La letteratura sulle due pronunce è ormai amplissima. Con particolare riferimento al concetto di «leale collaborazione istituzionale» si veda, inter multis, M. picchi, «Leale e dialettica collaborazione» fra

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Parlamento e il giudice costituzionale, ed avendo dunque un peso istituzionale differente, bisogna comunque evidenziare come il legislatore abbia saputo far tesoro delle indicazio-ni suggerite dall’organo consultivo.

Un terzo elemento che consente di valutare in termini positivi la legge italiana sulla do-nazione degli organi è rappresentato dal recepimento di un «sistema aperto»39, ossia della

previsione generale della possibilità dei prelievi d’organo (con la sola esclusione espressa delle gonadi e dell’encefalo) al fine di consentire al testo di mantenersi adeguatamente aggiornato con gli sviluppi della medicina sostitutiva nel frattempo intercorsi. Si tratta di un meccanismo legislativo di fondamentale importanza in quegli ambiti in cui il diritto si intreccia con l’avanzamento medico e scientifico, poiché consente, a fronte di un dato nor-mativo formalmente invariato, di incorporare l’evoluzione scientifica, mantenendo quindi il diritto al passo con le scienze40.

Il «rinvio mobile alla scienza» consente, in questa complessa dinamica che coinvolge l’e-sercizio delle funzioni del circuito democratico-rappresentativo e il rapido sviluppo scien-tifico, anche in ambiti materiali molto circoscritti (come nel caso della medicina sostitutiva e della trapiantologia), di garantire al diritto di mantenere quel grado di aggiornamento e di apertura che rendono una determinata soluzione normativa sostenibile, dal punto di vista del proprio rapporto con i principi su cui essa di fonda, con la medicina e, in ultima analisi, con l’intero assetto costituzionale41.

4.

Il ruolo catalizzatore dell’Unione Europea e il “traino”

spagnolo

L’occasione di approfondire la disciplina del consenso alla donazione post mortem non può non tenere in considerazione, dopo la panoramica canadese e il quadro italiano, qua-le sia il ruolo giocato dalqua-le istituzioni dell’Unione europea per favorire la sensibilizzazione all’importanza dei trapianti e per stimolare l’incremento della disponibilità d’organi. Al contempo, giova al completamento dell’analisi anche un breve riferimento all’esperienza dell’ordinamento che, ormai da alcuni anni, si distingue per essere quello che, nel conti-nente europeo, presenta le più alte percentuali di donatori.

rinvio della trattazione delle questioni di legittimità costituzionale, in Osservatorio sulle fonti, 3, 2018, pp. 1 ss.; M. Mas -sa, Una ordinanza interlocutoria in materia di suicidio assistito. Considerazioni processuali a prima lettura, in Rivista

italiana di medicina legale, 4, 2018, pp. 1232 ss.

39 F. M

antovani, Trapianti, cit.

40 A riguardo, si veda S. penasa, La legge della scienza, Editoriale Scientifica, Napoli, 2015, pp. 347 ss., che si riferisce a

questo meccanismo in termini di «rinvio mobile alla scienza».

41 In una prospettiva analoga v. C. casonato, Le 3 A di un diritto sostenibile ed efficace, in V. BaRsotti (a cura di),

Bio-tecnologie e diritto, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2016, pp. 29 ss.; più recentemente id., Diritto costituzionale

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Da una prospettiva clinica e statistica, alcuni studi, a partire dal modello di consenso previsto dalle legislazioni dei Paesi dell’Unione Europea, raffrontano i dati sui trapianti d’organo, per giungere alla – invero piuttosto evidente – conclusione per cui il consenso presunto si conferma quale strumento idoneo a garantire un incremento della disponibilità d’organi per il trapianto42. A prescindere dal numero effettivo di potenziali donatori, tali

ricerche pongono in evidenza un profilo rilevante anche per la prospettiva giuridica, in base al quale il sistema opt-out sarebbe tendenzialmente più efficiente rispetto al modello

opt-in, almeno secondo due dimensioni.

La prima di esse è quella cui si è fatto già riferimento nei paragrafi precedenti e che con-cerne la problematicità del ruolo dei familiari. Le varie legislazioni nazionali, come si è già detto, possono presentare alcune significative varianti riguardo al grado di coinvolgimento delle persone più vicine al potenziale donatore, al momento in cui viene “sollevata” la questione della donazione. Si può spaziare da un modello nel quale è la volontà della famiglia a determinare la decisione sulla donazione (con una tendenziale propensione per il dissenso nel caso di contrasto tra i soggetti interpellati), ad una soluzione, sicuramente più rispettosa del principio di autodeterminazione, che affida ai prossimi congiunti il com-pito di fornire al medico la ricostruzione della volontà della persona. A prescindere dalla soluzione normativa proposta in un singolo ordinamento, tuttavia, in queste circostanze il diritto può scontrarsi con la prassi e, in particolare, con le conseguenze di una cattiva comunicazione. Ai sanitari che si relazionano con la famiglia spetta, infatti, il delicato com-pito di porre in maniera adeguata la domanda sul consenso e, a seconda di come questa viene formulata, i familiari percepiscono quale sia il loro ruolo nella decisione.

Il secondo profilo riguarda il setting della decisione: la possibilità della donazione degli organi è una questione che, per la propria natura, viene posta nel momento in cui inizia il periodo di tempo per l’accertamento della morte. Di necessità, dunque, la richiesta del consenso (in assenza di una preesistente dichiarazione di volontà della persona) avviene contestualmente alla comunicazione del decesso del congiunto, con tutte le implicazio-ni psicologiche ed emotive derivanti dalla gestione della notizia del lutto. Non tutte le persone, in altre parole, potrebbero riuscire a scegliere (al posto della persona, o rico-struendone la volontà) in modo lucido e avendo poco tempo a disposizione. La diretta conseguenza di ciò riguarda la perdita di alcuni potenziali donatori43. Le conclusioni di tali

studi, non irragionevolmente, giungono alla preferibilità di un sistema di opt-out (qualora la scelta non sia già stata fatta in vita dalla persona), anche al fine di sgravare i familiari da

42 Z.B. uguR, Does Presumed Consent Save Lives? Evidence From Europe, in Health Economics, 24, 2015, pp. 1572 ss.; L.

Roes, A. RahMel, The European Experience, in Transplant International, 24, 2011, pp. 350 ss.

43 Si sofferma su tali profili, in particolare, Z.B. u

guR, Does Presumed Consent Save Lives? Evidence From Europe, cit.; anche

con riguardo all’esperienza d’oltreoceano (sia in Canada sia negli Stati Uniti), non mancano voci a riguardo. Si veda, ad esempio, S.N. RodRiguez, No Means No, But Silence Means Yes? The Policy and Constitutionality of the Recent State

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una ulteriore decisione, su di una questione di cui potrebbero non aver mai parlato con il proprio congiunto, in un momento tanto delicato quanto drammatico44.

In questi contesti, il sistema del consenso capillare si pone circa a mezza via, dal momen-to che esso può rappresentare una delle possibili modalità di raccolta e registrazione del consenso che si può accompagnare, alternativamente, al modello opt-in o a quello opt-out, anche se pare più logico considerarlo quale complemento naturale alla presunzione del consenso, dal momento che consente di assolvere alla probatio diabolica dell’avvenuta effettiva informazione.

Venendo ora al ruolo giocato dall’Unione Europea, si può evidenziare come, pur in as-senza di una competenza diretta a regolare in modo uniforme il modello del consenso, le istituzioni abbiano da tempo intrapreso un percorso volto a incentivare la pratica della donazione, cercando di valorizzare, da un lato, la diffusione di una solida cultura della solidarietà e del dono e, dall’altro lato, lavorando per garantire la sicurezza dei trapianti e lo scambio di buone pratiche tra gli Stati membri.

Da circa una quindicina d’anni, dunque, le istituzioni europee stanno agendo su più fronti per incentivare la conoscenza della donazione e contribuire all’innalzamento delle per-centuali di trapianto. Dopo la pubblicazione di un documento consultivo da parte della Commissione45, nel 2006, si sono susseguiti una serie di interventi utili a rafforzare la

con-sapevolezza dell’importanza del dono quale strumento per salvare le vite46. In aggiunta

a tali interventi, l’Unione ha da tempo dimostrato particolare interesse nell’assicurare la sicurezza delle persone, anche nel campo della donazione. La direttiva sul sangue e gli emoderivati, quella sulle cellule e i tessuti, nonché quella sui trapianti perseguono proprio la finalità di garantire il rispetto di uno standard elevato di sicurezza delle persone nel territorio dell’Unione, che in tale specifico ambito viene garantito attraverso il rispetto di una serie di parametri cui gli Stati membri devono attenersi47. Senza entrare nel dettaglio di

44 Circa questi profili, oltre alla letteratura già citata, si veda anche E. M

ossialos, J. costa-Font, C. Rudisill, Does organ

do-nation legislation affect individuals’ willingness to donate their own or their relative’s organs? Evidence from European Union survey data, in BMC Health Services Resesarch, 8, 48, 2008.

45 Commissione Europea, Organ donation and transplantation: Policy options at EU level, consultation document,

Di-rectorate-General Health and Consumer Protection, 2006, disponibile all’indirizzo internet http://ec.europa.eu/health/ ph_threats/human_substance/oc_organs/consultation_paper.pdf.

46 Poco dopo il documento della Commissione, una consultazione pubblica raccoglieva alcuni dati sulla predisposizione

dei cittadini europei alla donazione degli organi, evidenziando un’inclinazione tendenzialmente positiva alla donazione e ponendo in evidenza la corrispondenza tra la formazione della persona e la sua adesione alla donazione. Special Eurobarometer 272d: Europeans and organ donation, maggio 2007, disponibile all’indirizzo internet https://ec.europa. eu/commfrontoffice/publicopinion/archives/ebs/ebs_272d_en.pdf.

47 Si tratta della Direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003 che stabilisce norme di

qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83/CE (GU L 33 dell’8.2.2003, pp. 30-40) della Direttiva 2004/23/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani (GU L 102 del 7.4.2004, pag. 48-58) e della Direttiva 2010/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, che stabilisce le procedure informative per lo scambio tra Stati membri di organi umani

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ciascuna di queste previsioni, sia sufficiente evidenziare lo sforzo teso a rendere uniformi sul piano europeo le norme per assicurare i controlli funzionali alla qualità dello scambio di sangue, tessuti, cellule organi, e uno standard elevato di sicurezza di tali operazioni. A questi atti normativi va ad aggiungersi il piano d’azione della Commissione per il 2009-2015, che puntava a rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri e lo scambio di buone pratiche48, finalizzato ad aumentare la disponibilità d’organi per il trapianto, a potenziare

l’efficienza e l’accessibilità del sistema dei trapianti nel territorio dell’Unione e a miglio-rarne la qualità e la sicurezza. A conclusione di tale piano d’azione, i dati raccolti hanno messo in luce un significativo incremento sul territorio europeo, sia dei trapianti effettuati sia del numero dei donatori, a beneficio complessivo del livello di salute della popolazio-ne dell’Uniopopolazio-ne49.

Come si è già anticipato, fra gli ordinamenti europei, ve n’è uno che da anni si distingue per essere quello con il maggior numero di donatori e con le percentuali di trapianto più alte, non solo in Europa, ma addirittura a livello mondiale. La legge spagnola sulla dona-zione degli organi, approvata nel 1979, prevede il sistema del consenso presunto. Non è solamente questo fattore, tuttavia, a rendere il sistema iberico il modello cui molti ordina-menti cercano di ispirarsi. Secondo quanto disposto dall’art. 5 della legge n. 30/197950, può

realizzarsi il prelievo degli organi da cadavere, a fini terapeutici o di ricerca, nel caso in cui la persona, in vita, non abbia manifestato espressamente la propria opposizione a riguar-do. A differenza del quadro italiano, la legge spagnola non prevede meccanismi particolari per assicurare l’avvenuta informazione del potenziale donatore, né indica espressamente un ruolo per i familiari, in assenza di una dichiarazione di volontà resa in vita.

L’alto numero di donatori che la Spagna ha raggiunto soprattutto negli ultimi anni, però, non è il risultato immediato della sola previsione del consenso presunto; esso rappresenta l’esito di un efficace coordinamento, su tutto il territorio nazionale, fra le strutture sanitarie e i centri di riferimento delle Comunità Autonome e il livello centrale, per tramite

dell’or-destinati ai trapianti (GU L 207 del 6.8.2010, pag. 14-29), che si completa con la Direttiva di esecuzione 2012/25/UE della Commissione, del 9 ottobre 2012, che stabilisce le procedure informative per lo scambio tra Stati membri di organi umani destinati ai trapianti (GU L 275 del 10.10.2012, pag. 27-32). Sul punto si veda T.K. heRvey, J. Mchale, European

Unione Health Law, Cambridge, 2015, 359.

48 Si tratta di Action plan on Organ Donation and Transplantation (2009-2015): Strengthened Cooperation between

Mem-ber States della Commissione Europea, dell’8 dicembre 2008, COM(2008) 819/3, disponibile all’indirizzo internet https:// ec.europa.eu/health/ph_threats/human_substance/oc_organs/docs/organs_action_en.pdf.

49 Sull’impatto del piano d’azione si veda R. B

ouwMan, T. wiegeRs, S. van schoten, R. coppen, R. FRiele, A study on the uptake

and impact of the EU action plan on organ donation and transplantation (2009-2015) in the EU member states,

FAC-TOR study, Lussemburgo, 2017, ove si mette in evidenza come, tra il 2008 e il 2015, il numero di donatori in Europa sia aumentata del 21 %, anche grazie al coordinamento e la miglioramento dell’organizzazione della rete richieste dall’atto europeo.

50 Ley 30/1979, de 27 de octubre, sobre extracción y trasplante de órganos. L’articolo 5, commi 2 e 3, per la parte di nostro

interesse, prevede che «2. La extracción de órganos u otras piezas anatómicas de fallecidos podrá realizarse con fines terapéuticos o científicos, en el caso de que éstos no hubieran dejado constancia expresa de su oposición. 3. Las personas presumiblemente sanas que falleciesen en accidente o como consecuencia ulterior de éste se considerarán, asimismo,

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ganizzazione nazionale per i trapianti (ONT, fondata nel 1989)51. Il quadro normativo

ibe-rico si distingue, inoltre, per una decisa apertura al fattore scientifico, poiché l’asciuttezza della legge non vincola né radica il tessuto normativo allo stato d’avanzamento della me-dicina esistente al momento della sua entrata in vigore, ma lo mantiene aperto a recepire i successivi progressi. I profili di maggior dettaglio della disciplina dei trapianti, sia post

mortem sia tra viventi sono, infine, demandati a successivi decreti ministeriali oppure al

ruolo di coordinamento attribuito all’ONT, in modo da sgravare il testo normativo da ec-cessivi e troppo rigidi elementi di dettaglio52.

Tuttavia, pare non essere lo strumento del consenso informato presunto l’unico fattore determinante una buona disponibilità di organi per il trapianto: sulla base di indagini che hanno comparato le percentuali di donazione in Stati caratterizzati dal sistema dell’assenso presunto rispetto a quelli che prevedono il consenso esplicito, pare essere l’azione combi-nata di più elementi a incidere positivamente sul numero dei donatori53. Tra questi, gioca

sicuramente un ruolo centrale la promozione di una solida cultura dei trapianti presso la popolazione, attraverso campagne informative e di sensibilizzazione mirate, appunto, a mettere in luce il ruolo positivo della scelta di donare gli organi per salvare altre vite e le buone probabilità di successo che tali interventi ormai hanno raggiunto.

5.

Giustizia distributiva, solidarietà e autonomia nella

donazione post mortem degli organi: esiste un modello

costituzionalmente preferibile?

La panoramica sinora sviluppata porta a riflettere sulla sostenibilità costituzionale dei di-versi modelli di consenso alla donazione d’organi post mortem. Di certo, il rapporto tra le soluzioni normative adottate in ciascun ordinamento e il tessuto costituzionale in cui esse si innestano può variare sensibilmente a seconda dell’orientamento della Carta fondamen-tale di ogni Paese rispetto al principio di autonomia individuale, al concetto di salute, ma anche alla presenza o meno di principi riconducibili ai valori di solidarietà sociale e alla costruzione della complessa relazione tra Stato e individuo, con particolare riguardo al dovere di contribuire al benessere della nazione.

51 La centralità del ruolo dell’ONT è messa in luce anche in M. a

MMaM, Would Presuming Consen to Organ Donation Gain

Us Anything but Trouble, cit., 18; C. Gil-Díaz, Spain’s Record Organ Donations: Mining Moral Conviction, in Cambridge Quarterly of Healthcare Ethics, 18(3), 2009, pp. 256 ss.

52 Offre una lettura in questi termini anche J.M. vaRa gonzález, Aspectos éticos y jurídocos del trasplante de órganos. La

especialidad de la donación en asistolia, in Dilemata, 9(23), 2017, pp. 129 ss.

53 Z.B. u

guR, Does Presumed Consent Save Lives? Evidence from Europe, in Health Economics, 24(12), 2015, pp. 1560-72;

con specifico riguardo all’esperienza danese in cui il quadro normativo prevede il consenso esplicito cfr. R. coppenet al., Donor education campaigns since the introduction of the Dutch organ donation act: increased cohesion between

(19)

121

Saggi

A questo riguardo, in primo luogo, le novità normative prese in considerazioni suggeri-rebbero di ritenere che sia in atto, almeno fra gli ordinamenti europei e in Canada, una lenta ma graduale transizione verso il consenso presunto, che potrebbe essere interpretata come indicatore della condivisione di alcuni dei principi menzionati. In effetti, la scelta di porre a raffronto Canada, Spagna e Italia non è stata dettata solamente dall’occasione di commentare alcune novità normative e regolamentari nei primi due ordinamenti, in relazione a quello che rappresenta il modello più efficiente nel panorama occidentale. I tre paesi di cui si è trattato condividono pure un dato costituzionale molto proteso verso la valorizzazione dei principi personalista e solidarista, anche nell’ambito della salute54.

D’altro canto, però, rimangono alcuni risvolti ancora problematici e (parzialmente) irrisolti circa la possibilità di transizione piena verso un modello che, per quanto pensato per mas-simizzare la disponibilità d’organi per i trapianti, per potersi reggere necessita di una serie di accorgimenti che non possono essere trascurati ma che, anzi, caratterizzano in termini significativi la scelta per il dono.

Il primo di essi è dimostrato proprio dalle difficoltà riscontrate per una piena attuazione della disciplina italiana: il consenso presunto (o silenzio-assenso) non sottende l’idea di una “nazionalizzazione” o “collettivizzazione” del corpo defunto, dato il carattere preva-lente della necessità di disporre di organi per salvare altre vite55. Al contrario: ovunque,

le legislazioni nazionali che hanno introdotto il criterio del consenso presunto, hanno ac-compagnato tale disciplina alla previsione di campagne informative continuative oppure, come si è visto, alla raccolta capillare del consenso. Sono inoltre frequenti e numerose le eccezioni, che possono spaziare dallo stato prolungato di incapacità della persona, alla mancanza (per motivi di residenza, come abbiamo visto, per esempio, con riguardo ad alcune esperienza canadesi) di un legame continuativo con lo Stato e le sue istituzioni. Di fatto, dunque, il modello “forte” del consenso presunto è assai limitato, proprio per con-sentire alla persona di esercitare a pieno la propria autonomia.

Il secondo elemento consiste nel parziale superamento dell’ancoraggio della decisione sulla donazione post mortem degli organi alla mera dimensione della tutela e promozione del diritto alla salute. Le modalità di raccolta del consenso dimostrano, in questi termini, il fatto che sia possibile collegare l’espressione delle proprie volontà alle funzioni attinenti l’ordinamento civile, piuttosto che all’organizzazione sanitaria strettamente intesa.

54 A riguardo, pur senza pretesa di completezza, si veda, in riferimento al Canada: C. casonato (a cura di), The Protection

of Fundamental Rigths in Europe: Lessons from Canada, Trento, Unitn, 2004; in riferimento alla Spagna, v. C. gonzález

sánchez, El principio de solidaridad en la constitución española. Situación y protección jurídico-financiera del

ciudada-no, Salamanca, Ratio Legis, 2012. In prospettiva comparatistica, sulla tutela dei diritti, v. G.F. FeRRaRi (a cura di), Le libertà

e i diritti: categorie concettuali e strumenti di garanzia, in P. caRRozza, A. di giovine, G.F. FeRRaRi (a cura di), Diritto

costituzionale comparato, IV ed., Ed. Laterza, Roma-Bari, 2019, pp. 1137 ss.

55 Su questo cfr. D. caRusi, Donazioni e trapianti: allocazione e consenso, cit., p. 1126; da diversa prospettiva, P. soMMaggio,

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