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Studio della transtiretina plasmatica nell'amiloidosi cardiaca AL e senile

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Biologia

Corso di Laurea Magistrale in

BIOLOGIA APPLICATA ALLA BIOMEDICINA

STUDIO DELLA TRANSTIRETINA PLASMATICA

NELL’AMILOIDOSI CARDIACA AL E SENILE

Candidato: Paola Vignali Relatore: Prof.ssa. Maria Franzini

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INDICE

1. INTRODUZIONE

………2

1.1 Struttura della transtiretina……….3

1.2 TTR e retinolo-RBP………...5

1.3 TTR e tiroxina………8

1.4 Amiloidosi………...11

1.5 Amiloidosi da TTR………..13

1.6 Strategie terapeutiche………...16

2. SCOPO DEL PROGETTO DI TESI

……….20

3. MATERIALI E METODI

………..21

3.1 Campioni……….21

3.2 Cromatografia………..21

3.3 Elettroforesi……….24

3.4 Trasferimento su membrana di nitrocellulosa e colorazione con Ponceau………...26

3.5 Western blot e lettura al ChemiDoc………..26

3.6 Colorazione con metodo colorimetrico………27

4. RISULTATI

………..28

4.1 Descrizione dei gruppi in studio………...28

4.2 Studio della struttura della transtiretina………36

5. CONCLUSIONI

………..46

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1. INTRODUZIONE

La transtiretina (TTR) è una proteina omotetramerica, con massa molecolare complessiva di 55 kDa, che viene sintetizzata principalmente negli epatociti, dai quali è rilasciata nel plasma, ma viene anche sintetizzata nei plessi corioidei del sistema nervoso centrale (SNC) per essere rilasciata nel liquido cerebrospinale ventricolare (CSF). Il gene di TTR è situato nel braccio lungo del cromosoma 18, è formato da 4 esoni, 3 introni e si estende per una lunghezza di 7,6 Kb.

I livelli plasmatici di TTR aumentano gradualmente dopo la nascita per poi diminuire nell’adulto e raggiungere una concentrazione di 20-40 mg/dL. Il ruolo fisiologico di TTR è quello di legare e trasportare in circolo il complesso retinolo-proteina legante il retinolo (RBP) e gli ormoni tiroidei, in particolare la tiroxina (T4). Nell’adulto, concentrazioni plasmatiche di TTR al di sotto di 20-40 mg/dL, sono considerati un indicatore di malnutrizione o anche di infiammazione cronica, tuttavia in questi casi risulta un marcatore di scarsa sensibilità.

Negli ultimi anni l’interesse per TTR è notevolmente aumentato a causa del dimostrato coinvolgimento nella formazione di fibrille amiloidi nelle seguenti malattie: Polineuropatia Amiloide Familiare (FAP), Cardiomiopatia Amiloide Familiare (FAC) e Amiloidosi Sistemica Senile (SSA).

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1.1 Struttura della transtiretina

.

La transtiretina (TTR) è una proteina omotetramerica; formata dunque da quattro monomeri identici. La TTR è una proteina con un contenuto molto elevato di β-foglietti e con una piccola porzione ad α-elica; quasi tutti i residui amminoacidici sono coinvolti nella formazione dei β-foglietti o nella formazione dei loop che li collegano, tranne i 10 residui all’estremità amminica e i 5 residui all’estremità carbossilica; che non sono coinvolti nella struttura terziaria ma esistono semplicemente come estremità non strutturate della proteina. Il monomero della TTR è formato da otto β-foglietti (A-H) collegati da anelli che formano, nel complesso una conformazione cilindrica detta “b-barrel”. I foglietti β del monomero sono organizzati nel formare un foglietto interno (CBEF) e un foglietto esterno (DAGH), approssimativamente ortogonali tra loro e con interazioni antiparallele. L’α-elica, formata da 9 residui, viene dopo il β-foglietto “E”. I foglietti β sono più vicini tra loro in prossimità dell’α-elica, formando una struttura più compatta, e sono più distanziati nell’estremità opposta conferendo una struttura più aperta. L’ampia regione di contatto tra i due monomeri permette la formazione di numerosi legami idrogeno tra i due singoli foglietti β di ciascun monomero e, come risultato finale, si ha la formazione di un dimero molto forte. Infine, due dimeri si associano a formare un tetramero funzionale ma la regione di contatto tra i due dimeri è molto piccola ed è costituita da interazioni idrofobiche e interazioni idrofile tra il loop AB di un monomero e i foglietti H dei due monomeri (Figura 1).

La forza e l’estensione delle interazioni monomero-monomero, suggeriscono che il dimero, anziché il monomero o il tetramero, sia l’unità di base della struttura di TTR e questa ipotesi è stata supportata anche da esperimenti con SDS-PAGE; in cui il dimero è ancora visibile anche in condizioni di denaturazione. Solo con una iniziale esposizione prolungata a cloruro di guanidinio 6M e successiva SDS-PAGE è possibile osservare i monomeri di TTR (Hamilton, Benson., 2001).

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Figura 1. Immagine del tetramero di transtiretina umana. I nastri blu e rossi indicano i β-foglietti dei monomeri: in ogni monomero ci sono 8 β-foglietti (A-H). Con il giallo sono rappresentate le α-eliche e con il verde i loops (Hamilton, Benson., 2001).

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1.2 TTR e retinolo-RBP.

Il retinolo, chiamato anche vitamina A, viene trasportato nel sangue legato alla proteina legante il retinolo (o RBP) in rapporto molare 1:1. RBP è una proteina formata da una singola catena polipeptidica e legata al retinolo formano un complesso con massa molecolare totale di 21 kDa, pertanto il complesso potrebbe liberamente passare attraverso il filtro glomerulare con conseguente drastica riduzione della concentrazione plasmatica di retinolo. Per questo motivo è importante che il complesso retinolo-RBP si associ alla transtiretina, permettendo la formazione di un complesso di massa molecolare di 76 kDa che by-passa la filtrazione glomerulare renale.

Sulla base di studi eseguiti da Hamilton e Benson (2001) si è concluso che il legame tra TTR e RBP dipende dal residuo Ile84 di TTR, in quanto la variante di TTR Ile84Ser risulta essere associata a più basse concentrazioni plasmatiche di RBP. Questo perché Ile84 di un monomero TTR, insieme a Ile84 del monomero vicino, formano un nucleo idrofobo all’interno del quale si inserisce e viene protetta la porzione C-terminale di RBP. La sostituzione di Ile84 con Ser elimina una porzione significativa del nucleo idrofobo di TTR e ne riduce l’affinità per RBP. Due molecole di RBP legano una molecola di TTR nel cosiddetto “modello del dimero opposto”. Inoltre, precedentemente Rask e collaboratori (1971), dimostrarono che RBP umana esiste in due forme e che solo quella che presenta un ulteriore residuo di arginina all’estremità C-terminale è in grado di legare il retinolo e quindi TTR (figura 2).

Figura 2. TTR umana e due molecole di RBP umana. In grigio è mostrata TTR e in giallo il residuo Ile84 di TTR., in rosso è raffigurata RBP con l’estremità C-terminale in verde e in nero il retinolo (Hamilton, Benson.,

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La sede di sintesi di entrambe le proteine TTR e RBP è stata localizzata a livello degli epatociti (Gaetani et al., 2002), più complesso è stato capire dove si formasse il complesso RBP-TTR e in quale sede si legasse il retinolo. Inizialmente fu proposto che all’interno della cellula si formasse solo il complesso retinolo-RBP e che quest’ultimo si associasse al tetramero TTR in circolo. Tuttavia, alcuni studi non concordavano con questa ipotesi, poiché ratti carenti di vitamina A presentano un accumulo di TTR negli epatociti e sua conseguente riduzione della sua concentrazione plasmatica. (Navab et al., 1977).

Per capire se il complesso RBP-TTR si formi all’interno o all’esterno della cellula, Gaetani e collaboratori nel 2002 hanno condotto degli esperimenti con cellule HepG2 (cellule immortalizzate che derivano da tessuto epatico con carcinoma epatocellulare). Inizialmente hanno lavorato con lisati cellulari ottenuti con un detergente non ionico (ottilglucoside 1,5%), i quali sono stati utilizzati per esperimenti di immunoprecipitazione con anticorpi anti-TTR e anti-RBP infine, l’immunoprecipitato è stato analizzato tramite SDS-PAGE. Questi esperimenti hanno permesso di dimostrare che, in entrambi gli immunoprecipitati vi era la copresenza sia di TTR che di RBP. Essendo nota l’elevata affinità tra RBP e TTR, per escludere la possibilità che tale complesso RBP-TTR si fosse formato in seguito alla lisi cellulare provocata dal suddetto detergente, l’esperimento è stato ripetuto utilizzando una miscela di detergenti ionici e, anche in queste condizioni, è stato confermato che all’interno degli immunoprecipitati vi era sia la presenza di RBP che di TTR. Con questi risultati è stato perciò possibile dimostrare che il complesso RBP-TTR si forma all’interno della cellula.

Il gruppo di Gaetani (2002) ha quindi proseguito negli studi allestendo esperimenti volti a dimostrare se il complesso RBP-TTR si formi all’interno o all’esterno del reticolo endoplasmatico. Per fare ciò è stato adottato un protocollo analogo a quanto descritto nel paragrafo precedente ma applicato su microsomi, ovvero vescicole di reticolo endoplasmatico generate in laboratorio, ottenuti da cellule HepG2 e marcati con S-metionina-cisteina. L’esperimento è stato eseguito sia in presenza che in assenza di brefeldina A; una molecola in grado di bloccare il trasferimento delle proteine dall’interno all’esterno del reticolo endoplasmatico. I risultati hanno mostrato chiaramente che solo in assenza del farmaco, sia RBP che TTR, erano recuperati in seguito a immunoprecipitazione del terreno di coltura. È stato così dimostrato che il complesso RBP-TTR si forma nel reticolo endoplasmatico degli epatociti, tuttavia il meccanismo di formazione non è ancora ben noto.

In questo stesso lavoro (Gaetani et al., 2002) è stato anche studiato il processo di oligomerizzazione della TTR sia in vitro che in vivo. In vitro hanno utilizzato degli mRNA

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di TTR codificanti per il monomero completo o privo di sequenza segnale per il reticolo endoplasmatico, che sono stati inseriti in un sistema di traduzione composto da reticolociti, in presenza o assenza di microsomi pancreatici canini. Dopo la traduzione a 30°C per 90 minuti, i campioni sono stati analizzati con SDS-PAGE. I risultati hanno subito mostrato l’importanza del peptide segnale nella proteina; solo nel sistema composto da reticolociti, microsomi e mRNA wilde-type si potevano apprezzare 3 bande ben definite: una con peso molecolare apparente di 14 kDa, una di 16 kDa e una di 30 kDa, queste ultime due presenti solo nei microsomi. Dai risultati ottenuti è stato concluso che il peptide di 16 kDa corrispondesse al precursore del TTR; quello di 14 kDa alla forma processata di TTR a seguito della rimozione del peptide segnale infine, nella banda da 30 kDa si recuperava il dimero di TTR. In questi esperimenti però non è mai stato possibile osservare la presenza del tetramero di TTR inoltre, solo il dimero poteva essere separato dal sistema di immunoprecipitazione. Sono stati quindi avviati degli esperimenti per capire in quali condizioni si potesse formare il tetramero, Gaetani e collaboratori (2002) hanno quindi deciso di studiare l’oligomerizzazione di TTR in vivo, in cellule HepG2 marcate con S-metionina-cisteina, in presenza e in assenza di SMCC, una molecola in grado di stabilizzare la struttura quaternaria delle proteine. In assenza di SMCC oltre il 70% di TTR era presente come tetramero e la restante parte era costituita da dimeri e monomeri. Nelle cellule trattate con SMCC invece, la quota dei tetrameri era superiore al 90%. La conferma definitiva che il reticolo endoplasmatico sia la sede di formazione, in vivo, del tetramero è stata ottenuta sempre in cellule HepG2 trattate o meno con brefeldina A.

In questo studio è stato preso in esame anche il ruolo del retinolo nella formazione del complesso proteico RBP-TTR; secondo il modello proposto il retinolo si lega a RBP all’interno del reticolo endoplasmatico, questo legame indurrebbe un aumento dell’affinità di RBP per TTR, infine il retinolo favorirebbe la fuoriuscita del complesso retinolo-RBP-TTR dal reticolo endoplasmatico stesso (Gaetani et al., 2002).

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1.3 TTR e tiroxina.

Un altro fattore che stabilizza il tetramero TTR è la tiroxina (T4), in particolare TTR lega il 15-20% della tiroxina sierica e fino all’80% della tiroxina nel SNC. La tiroxina è un ormone sintetizzato dalla ghiandola tiroide e rappresenta la “forma di trasporto”; essendo lipofilo, si trova in circolo legato a proteine trasportatrici quali l’albumina, la TTR e la globulina legante la tiroxina (TBG). L’albumina è la proteina maggiormente concentrata nel siero e lega la tiroxina con minore affinità, per questo motivo la quantità di tiroxina che viene portata ai tessuti dall’albumina è molto bassa. La TBG è presente in minor quantità nel sangue ma lega la tiroxina con elevata affinità, tale da rilasciarla con difficoltà a livello dei tessuti. Infine, la TTR che ha una concentrazione intermedia nel siero e lega la tiroxina con affinità intermedia rispetto alle altre due, risulta essere la migliore candidata per il trasporto e per il rilascio efficiente della tiroxina ai tessuti bersaglio.

Una volta che la tiroxina è legata alla proteina che lo trasporta può dissociarsi ed entrare nella cellula bersaglio per diffusione o tramite un trasportatore di membrana per gli ormoni

tiroidei.

Figura 3. TTR e tiroxina. La molecola di TTR è rappresentata in grigio. La molecola di tiroxina presenta In giallo lo iodio, in rosso l’ossigeno e in nero il carbonio. Nella figura di destra sono rappresentate le due possibili tasche di legame della tiroxina, nonostante vi sia una cooperatività negativa (Hamilton, Benson., 2001).

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All’interno della cellula la tiroxina può essere trasformata in triiodotironina (T3); la “forma attiva” degli ormoni tiroidei, da specifici enzimi chiamati deiodinasi. T3 ha una elevata affinità per recettori citosolici degli ormoni tiroidei che, una volta attivati dal legame con il ligando, traslocano nel nucleo, dimerizzano, reclutano proteine modulatrici e quindi regolano la trascrizione di geni specifici, molti dei quali sono coinvolti nella crescita, nello sviluppo e nel metabolismo (Richardson., 2015).

La TTR presenta nella sua struttura (figura 3) due siti di legame per la tiroxina ma, in realtà, una sola molecola di tiroxina può legarsi alla TTR; perché entrambi i siti di legame per la tiroxina si trovano in un canale centrale del tetramero caratterizzato da tre elementi: un centro idrofilo (Ser112, Ser115, Ser117, Thr119), una porzione idrofoba (Leu17, Thr106, Ala108, Leu110, Val121) e da residui carichi come Lys15, Glu54, e His56 all’ingresso del canale.

La tiroxina legata, a causa della sua dimensione e del suo orientamento, esclude la possibilità a un’altra tiroxina di legarsi a TTR: fenomeno noto con il nome di “cooperatività negativa”. Nello specifico la molecola di tiroxina si inserisce all’interno del canale con ogni sua componente e gli atomi di iodio 3’ e 5’ prendono contatto con le catene laterali di Leu17 e Leu110, mentre il gruppo idrossilico 4’, con l’aiuto di una molecola d’acqua, interagisce con i gruppi idrossilici di Ser117 e Thr119. I gruppi α-carbossilico e α-amminico della tiroxina puntano all’esterno del canale in modo da prendere contatto con i residui carichi all’ingresso del canale: Lys15, Glu54, His56 (Hamilton, Benson., 2001).

Il gene per TTR è stato sequenziato in più di 20 specie ed è risultato che la sequenza amminoacidica è altamente conservata; in particolare sono conservate le regioni coinvolte nell’interazione monomero-monomero, quelle coinvolte nelle interazioni dimero-dimero e infine le regioni coinvolte nel legame con gli ormoni tiroidei. La regione del monomero di TTR che è maggiormente cambiata nel corso dell’evoluzione è quella N-terminale che da più lunga è diventata più corta; perché c’è stato un graduale spostamento in direzione 3’, dall’introne 1 all’esone 2. Questo ha avuto come effetto un aumento delle dimensioni dell’introne 1 e una conseguente diminuzione dell’esone 2, compromettendo la parte del gene coinvolta nella sintesi della porzione N-terminale di TTR. Come risultato si è ottenuto un TTR che ha cambiato la sua funzione, poiché un TTR con un dominio N-terminale più lungo ha una maggiore affinità per T3, mentre un TTR con la porzione N-terminale più corta ha maggiore affinità per T4.

Da queste osservazioni si è potuto concludere che TTR dei mammiferi rappresenta un’eccezione, in quanto lega T4 in modo maggiore rispetto a T3, mentre in tutte le altre

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cambio di funzione è che il trasporto della forma inattiva T4 permette una distribuzione tissutale dell’ormone più precisa, inoltre l’ormone potrà essere attivato nella forma T3 solo nelle cellule bersaglio e questo è particolarmente importante nel SNC. Infatti, nel cervello di ratto la distribuzione del T3, generata dalla deiodinazione del T4 locale nelle varie porzioni del SNC, è così rigida che una regolazione di questo tipo non si potrebbe avere se il T3 fosse la forma predominante nel sangue e nel liquido cerebrospinale (Richardson., 2015).

Un importante aspetto di TTR da sottolineare è il residuo Cys10, presente in ogni monomero, noto per essere suscettibile a modifiche post-traduzionali, come per esempio le ossidazioni tioliche: S-Cys, S-CysGly, S-solfonato e S-glutatione (Poulsen et al., 2012). Inoltre, il residuo Cys10 fa parte della coda N-terminale di TTR che, come precedentemente detto, è molto importante per il legame dell’ormone tiroideo. Sulla base di queste osservazioni si può ipotizzare che le modifiche post-traduzionali di Cys10 influenzino l’orientamento e la flessibilità della coda N-terminale con conseguente interferenza negativa nel legame tra TTR e ormone tiroideo. (Henze et al., 2015).

TTR nel fegato è una proteina di fase acuta negativa, quindi in caso di trauma, intervento chirurgico, infiammazione o malnutrizione, il gene TTR viene sottoregolato e i livelli di TTR plasmatici diminuiscono notevolmente. Questo non vale per il SNC, poiché il gene TTR nel plesso coroideo non è sottoposto a regolazione negativa in fase acuta. L’importanza di TTR nel SNC è sottolineata dal fatto che è l’unica proteina del liquido cerebrospinale in grado di trasportare gli ormoni tiroidei, in particolare è coinvolta nel movimento della tiroxina dal sangue a cellule staminali e cellule progenitrici del SNC che richiedono ormoni tiroidei per la regolazione del loro ciclo cellulare. Per questo motivo è assicurata la trascrizione del gene TTR nel plesso coroideo, per proteggere il SNC anche quanto i livelli plasmatici di TTR sono ridotti.

Questo tipo di regolazione non è a livello del sito di iniziazione per la sintesi dell’mRNA di TTR ma è a livello dei fattori di trascrizione nucleari che sono coinvolti nella regolazione del gene nel fegato ma non nel plesso coroideo (Richardson., 2007).

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1.4 Amiloidosi.

Le amiloidosi comprendono un grande gruppo di malattie in cui, il deposito extracellulare di proteine mal ripiegate genera aggregati proteici insolubili e tossici che determinano un mal funzionamento d’organo. Ad oggi, molte proteine sono note come responsabili della formazione di amiloide e tutte possono generare fibrille amiloidi morfologicamente indistinguibili, accomunate dalla sola formazione di legami idrogeno tra i gruppi amminici e i gruppi carbossilici della catena principale. La cosa curiosa nell’amiloidosi è la capacità, di ognuna di queste proteine, di acquisire più di una conformazione, caratteristica che gli ha fatto guadagnare il soprannome di “proteine camaleonte” (Merlini, Bellotti., 2003). È chiaro che, per la formazione di fibrille amiloidi, è necessaria una destabilizzazione della struttura proteica e Merlini e Bellotti (2003) propongono il seguente meccanismo: in un soggetto eterozigote, sia la proteina mutata che la proteina wilde-type, vengono sintetizzate e secrete come proteine natìve ma i sistemi di controllo qualità intracellulare sembrano incapaci di riconoscere e rimuovere la proteina mal ripiegata. Al di fuori della cellula si viene a generare un equilibrio tra la forma mutata e la forma wilde-type della proteina ma, tutti i fattori che perturbano la struttura tridimensionale, quali un basso pH, l’ossidazione, le proteasi o l’aumento della temperatura, possono spostare l’equilibrio verso lo stato amiloidogenico parzialmente ripiegato. Per esempio, l’urea alla concentrazione presente nel rene, migliora la formazione di fibrille riducendo i tempi di formazione di un nucleo che a sua volta, induce una rapida crescita della fibrilla, mentre il pH induce le catene leggere delle immunoglobuline a formare aggregati amiloidi o aggregati amorfici caratteristici delle malattie da deposito di catene leggere (Merlini, Bellotti., 2003).

Attualmente sono note 32 diverse proteine amiloidogeniche e l’International Society of Amyloidosis ha avviato lo sviluppo di una moderna nomenclatura delle amiloidosi che si basa sul tipo di proteina coinvolta. L’ultima versione è stata pubblicata nel 2014 e le amiloidosi più frequenti sono riportate in Tabella 1.

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Tabella 1. Le più frequenti forme di amiloidosi sistemica (Rysava., 2018).

Come osservato in tabella l’amiloidosi causata dal deposito di catene leggere (LCs) delle immunoglobuline è la più frequente ed è causata da un disturbo clonale nelle plasmacellule con un’incidenza di 10 persone per milione all’anno (Kyle et al., 1992). Tuttavia, la maggior parte dei pazienti con amiloidosi AL non sviluppa una malattia maligna come il mieloma multiplo, ma soffre di gammopatia monoclonale di significato indeterminato (MGUS). Questa osservazione indica che sono necessari alcuni fattori aggiuntivi per lo sviluppo dei depositi amiloidi e, uno di questi, sembra essere la capacità delle LCs di essere legate dai macrofagi, i quali le metabolizzano in frammenti insolubili e instabili che sono caratterizzati da proprietà biochimiche tali da permettergli la formazione di fibrille amiloidi (Rysava., 2018).

Gli organi più frequentemente colpiti da amiloidosi AL sono: reni (74%), cuore (60%), tratto gastrointestinale (10-20%), fegato (27%) e sistema nervoso autonomo (18%) e, al momento della diagnosi, il 69% dei pazienti ha più di un organo interessato (Obici et al., 2005).

Non c’è dubbio che il coinvolgimento cardiaco è il principale determinante prognostico dell’amiloidosi AL e il principale responsabile di morte nel caso in cui la diagnosi sia tardiva o nel caso in cui non ci sia una risposta alla terapia (Rysava., 2018).

Un’altra forma di particolare interesse clinico che negli ultimi anni è stata oggetto di numerosi studi è l’amiloidosi da TTR; essendo quest’ultima l’argomento su cui è incentrato questo lavoro, verrà descritta in maniera più dettagliata nel paragrafo successivo.

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1.5 Amiloidosi da TTR.

Le amiloidosi da TTR sono un gruppo di malattie degenerative causate dall’aggregazione di TTR con conseguente disfunzione d’organo. Il primo passo verso la formazione di amiloide è la dissociazione del tetramero TTR nei suoi monomeri che successivamente aggregano a formare oligomeri. Questi ultimi possono aggregarsi in fibre amiloidi che a loro volta possono essere depositate nella matrice extracellulare di vari tessuti e organi, incluso il cuore (van den Berg et al., 2019). TTR può essere responsabile di due quadri clinici associati all’accumulo di proteina amiloide:

Ø Polineuropatia amiloide familiare (FAP). Ø Amiloidosi sistemica senile (SSA).

La prima è causata da un’amiloidosi ereditaria, autosomica dominante, provocata da più di 100 possibili mutazioni puntiformi nel gene TTR, di cui cinque varianti note (Val30Leu, Glu42Apo, Ile68Leu, Tyr68Ile e Ala81Tyr) provocano una deposizione cardiaca dell’amiloide TTR (cardiomiopatia amiloide familiare o FAC). Il secondo tipo di amiloidosi è caratterizzata da fibrille amiloidi di TTR wilde-type e sembra essere correlata all’età avanzata, infatti almeno il 65% delle persone con età superiore a 70 anni presenta SSA (Richardson., 2007). Inoltre, SSA rappresenta la causa sottostante a circa il 10% di scompensi cardiaci con frazione d’eiezione conservata e può essere associata allo sviluppo di insufficienza cardiaca congestizia (Eze et al., 2019).

Mentre TTR wilde-type è intrinsecamente amiloidogenica, le varianti di TTR sono per la maggior parte patogene ma alcune sono non amiloidogeniche. In particolare, Val30Met è la variante amiloidogenica più frequente e la sua struttura tridimensionale mostra un allargamento nella tasca di legame per la tiroxina con conseguente riduzione della capacità di legare l’ormone e conseguente esposizione del residuo Cys10 verso il solvente. Residuo che, secondo Terry e collaboratori (1993), potrebbe essere responsabile della formazione di ponti di solfuro tra molecole di TTR, favorendo l’aggregazione e quindi la formazione di fibrille amiloidi; questo accade ma non è spiegata la formazione di fibrille amiloidi nella variante Cys10Arg. Un’altra variante importante di TTR è Leu55Pro, formata da due β-foglietti composti dai filamenti AGH e CBEF e un lungo loop che collega i filamenti C ed E. Leu55Pro è la variante più aggressiva in letteratura, in quanto modifica la struttura secondaria di TTR a causa della rottura del filamento D del monomero TTR che diventa parte del loop CE. Inoltre, i legami idrogeno tra il loop AB di un dimero e il filamento H dell’altro dimero sono chiaramente più lunghi rispetto al tetramero TTR wilde-type, indicando un tetramero Leu55Pro potenzialmente meno stabile. Infine, gli effetti introdotti

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dalla variante amiloidogenica di Ile84Ser sono stati determinati con cristallografia a raggi X e spettroscopia NMR rilevando delle modifiche minime (Damas, Saraiva., 2000). Altre due mutazioni di particolare interesse sono Thr119Met e Ser52Pro, studiate dal gruppo di Yee (2019) per capire quali fossero i fattori alla base della formazione dell’amiloide da TTR. Dimostrarono che la mutazione non amiloidogenica Thr119Met stabilizza l’interfaccia dimero-dimero e la struttura terziaria della proteina, mentre la mutazione amiloidogenica Ser52Pro altera la stabilità del loop CD nel monomero proteico destabilizzando l’intero tetramero TTR. In particolare, mediante diffrazione neutronica, hanno osservato che la sostituzione di una tirosina con una metionina in posizione 119 fa sì che la catena laterale di Met119 si estenda attraverso il canale legante la tiroxina in una tasca idrofobica circondata da residui di Leu17, Ala19, Leu110 e Val121. Le interazioni che si vengono a formare, migliorano l’associazione tra i due dimeri e dunque garantiscono una maggiore stabilità del tetramero. Nell’altra mutazione, la sostituzione della serina con la prolina in posizione 52, fa sì che non si venga a formare il legame idrogeno, che si sarebbe formato in presenza di serina, con conseguente rilassamento del loop CD e perdita della stabilità del tetramero.

Oltre alla mutazione Thr119Met ci sono altre mutazioni che stabilizzano il tetramero TTR come le mutazioni Arg104His e Ala108Val. La mutazione Ala108Val genera un tetramero TTR ancora più stabile del tetramero TTR wilde-type impedendone così l’aggregazione, mentre la mutazione Arg104His genera una struttura quaternaria termodinamicamente stabile che protegge solo in misura modesta dall’aggregazione (Sant’Anna et al., 2017). Dunque, le strutture di TTR amiloidogeniche indicano una chiara destabilizzazione della forma tetramerica della proteina con conseguente formazione di specie intermedie volte all’aggregazione e alla successiva formazione di fibrille amiloidi. Serpell e collaboratori (1996) hanno identificato una regione nella molecola TTR in cui si verificano un gran numero di mutazioni amiloidogeniche e questa regione parte dall’amminoacido in posizione 45 e arriva fino all’amminoacido in posizione 58. Questa regione corrisponde ai filamenti C e D dei due β-foglietti, che sono i filamenti situati nel margine del dimero.

L’aggregazione a partire da una TTR wilde-type richiede un parziale spiegamento della proteina che permette l’esposizione di catene laterali idrofobe e donatori e accettori di legami idrogeno che guidano l’aggregazione in modo dipendente dalla concentrazione. La concentrazione del tetramero TTR nel plasma varia da 3,5 a 5 µM e, in seguito a dissociazione dei tetrameri e alla parziale denaturazione dei monomeri, TTR può aggregarsi tramite un meccanismo di polimerizzazione per formare fibrille amiloidi. La dissociazione dei tetrameri TTR inizia con la separazione del dimero, lungo l’interfaccia dimero-dimero,

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che comprende i siti di legame per la tiroxina. La rapida dissociazione del dimero in monomeri, che possono quindi ripiegarsi erroneamente, porta all’aggregazione extracellulare (Rappley et al., 2014).

L’amiloidosi causata da TTR wilde-type (ATTRwt) è sicuramente sotto diagnosticata e poiché la prevalenza aumenta con l’età e la popolazione è sempre più spostata verso l’età avanzata, il peso della malattia diventerà un problema crescente. Attualmente non esiste un trattamento specifico per l’amiloidosi ATTRwt ma nuovi farmaci sono all’orizzonte grazie a studi clinici che reclutano pazienti con amiloidosi da TTR (Pinney et al., 2013).

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1.6 Strategie terapeutiche.

L’amiloidosi da TTR (ATTR) è una malattia mortale progressiva in cui la deposizione di amiloide deriva da TTR mutata o TTR wilde-type e provoca gravi danni agli organi coinvolti. La progressiva deposizione di fibrille amiloidi porta a un peggioramento e alcune volte a una disfunzione irreversibile dell’organo. In particolare, l’amiloidosi cardiaca è il principale fattore di morbidità e mortalità nei pazienti con amiloidosi e si manifesta come cardiomiopatia restrittiva, aritmia atriale e ventricolare, disturbi nella conduzione e ischemia del microcircolo (Dubrey et al., 2011).

A oggi il trapianto di fegato o il trapianto combinato fegato/cuore vengono impiegati per sradicare la forma mutante di TTR (Pilato et al., 2007) e, sebbene potenzialmente efficace, ha diversi limiti; la spesa, l’immunosoppressione permanente, il rischio chirurgico in pazienti adulti o anziani con già una compromissione cardiaca e, per finire, il trapianto non è fattibile in quanto è nota la carenza di organi donatori (Castaño et al., 2012). Per questi motivi la terapia per l’amiloidosi cardiaca è focalizzata sull’inibizione della fonte di produzione di amiloide e recentemente, sono state sviluppate strategie che mirano a bloccare le proteine mal ripiegate dalla formazione di fibrille. Queste strategie terapeutiche possono essere racchiuse in 3 categorie (Alexander et al., 2017):

Ø Stabilizzatori di TTR. Ø Silenziatori di TTR.

Ø Distruttori di fibrille di TTR.

Nella categoria degli stabilizzatori di TTR troviamo piccole molecole capaci di legare il sito di legame per la tiroxina in modo da stabilizzare il tetramero e prevenire la dissociazione in monomeri. Un primo esempio è il tafamidis; una piccola molecola in grado di stabilizzare il tetramero TTR in maniera dipendente dalla dose con la caratteristica di soddisfare tutti i criteri di selezione; da una parte è un candidato biodisponibile per via orale che esibisce un legame con TTR molto potente e selettivo nel sangue, dall’altra parte non possiede attività antiinfiammatoria non steroidea (FANS) che è controindicata nei pazienti con cardiomiopatia. In figura 4 è possibile osservare una struttura cristallina ad alta risoluzione che rivela i dettagli del legame tra il tafamidis e l’interfaccia dimero-dimero di TTR (Bulawa et al., 2012).

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Figura 4. Struttura cristallina del tafamidis legato a TTR. A) rappresentazione a nastro del diagramma 3D del tetramero TTR con tafamidis legato. I 4 monomeri sono rappresentati dal colore rosso, giallo, verde e blu. B) immagine ingrandita del tafamidis legato in uno dei due siti di legame per la tiroxina. La rappresentazione della superficie Connolly (grigio traslucido idrofobo e viola traslucido polare) descrive l’idrofobicità del sito di legame. Il carbossilato del tafamidis lo vediamo impegnato in legami idrogeno, mediati dall’acqua, con i residui Lys15/Lys15’ e Glu54/Glu54’ (il legame H tra acqua e Lys15’ non è mostrato a causa dell’orientamento del tafamidis) (Bulawa et al., 2012).

Una seconda molecola in grado di stabilizzare il tetramero TTR e il diflunisal che, a differenza del tafamidis, è una molecola antiinfiammatoria non steroidea che è in grado di legare e stabilizzare varianti familiari comuni di TTR e dunque impedire la formazione di fibrille amiloidi. Tuttavia, l’uso cronico di FANS, a causa dell’inibizione degli enzimi cicloossigenasi (COX), può portare a sanguinamento gastrointestinale (COX-1), disfunzione renale (COX-2), ritenzione di liquidi e ipertensione che può essere una delle cause dell’insufficienza cardiaca in individui vulnerabili (Castaño et al., 2012).

Una terza molecola in grado di stabilizzare il tetramero TTR e il tolocapone, approvata dalla “Food and DrugAdministration” (FDA) per l’uso nella malattia di Parkinson e che recentemente ha dimostrato essere un potente stabilizzatore di TTR (Alexander et al., 2017). Tolocapone è un inibitore della catecolo O-metiltransferasi (COMT), attivo per via orale e in grado di legare e stabilizzare sia TTR wilde-type che TTR mutata, riduce la loro aggregazione e previene la cardiotossicità indotta da TTR in modo più efficace del tafamidis (Sant’Anna et al 2016).

Un altro potente e selettivo stabilizzatore cinetico di TTR è AG10. A differenza degli altri stabilizzatori di TTR, AG10 stabilizza la mutazione Val122Ile e lega e stabilizza TTR wilde-type con maggiore potenza rispetto a tafamidis e diflunisal (Penchala et al., 2013). Mentre la stabilizzazione del tafamidis diminuisce in modo significativo in presenza di

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mantiene un alto livello di stabilità nel caso della mutazione Val122Ile omozigote. Inoltre, AG10 ha una elevata biodisponibilità orale e nessuna apparente tossicità quando somministrato ai ratti. Pertanto, la sua favorevole affinità e selettività rendono AG10 un candidato promettente per il trattamento di pazienti con cardiomiopatia ATTR, in particolare quelli con mutazione Val122Ile (Alexander et al., 2017).

Infine, un ultimo stabilizzatore di TTR è la curcumina, il principio attivo della curcuma che da un lato è in grado di stabilizzare la proteina TTR legandosi al sito attivo per prevenire la dissociazione (Pullakhandam et al., 2009), dall’altro aumenta la degradazione dei depositi di amiloide mediata dai macrofagi (Ferreira et al., 2016). Questa duplice azione di stabilizzazione del TTR e di disgregazione delle fibrille è promettente (Alexander et al., 2017).

Nella seconda categoria di strategie terapeutiche sono presenti i silenziatori del gene TTR; un’altra classe di farmaci emergenti volta a prevenire la formazione di amiloide e la successiva deposizione. Sono stati progettati piccoli RNA interferenti (siRNAs) e oligonucleotidi antisenso in grado di localizzarsi nel fegato e sopprimere l’espressione del gene TTR.

I ricercatori hanno progettato una sequenza di siRNA in grado di legare la regione 3’ non tradotta dell’mRNA di TTR (porzione conservata tra proteina wilde-type e mutata) e indurne la degradazione al fine di diminuire l’espressione della proteina (Zimmermann et al., 2006). Altrettanto importante è il vettore utilizzato per prevenire la degradazione di siRNA, garantendo una sufficiente somministrazione del farmaco fino all’organo bersaglio e le nanoparticelle lipidiche hanno dimostrato di essere molto efficaci nel fornire i siRNA agli epatociti (Akinc et al., 2010).

Un altro metodo mediante il quale l’espressione può essere soppressa è attraverso l’utilizzo di oligonucleotidi antisenso modificati (ASO) che mirano efficacemente all’mRNA di TTR epatico e inibiscono significativamente la sintesi di TTR e ridurre i livelli sierici della proteina (Benson et al., 2006).

Nella terza categoria sono presenti molecole distruttrici di fibrille di TTR. Dato che stabilizzatori e silenziatori esercitano la loro azione primaria sui bersagli a monte nella patogenesi dell’amiloidosi, vale a dire l’instabilità del tetramero TTR e la produzione di TTR rispettivamente, i distruttori hanno il ruolo di arrestare o rallentare la progressione della malattia. Tuttavia, la loro capacità di migliorare il danno all’organo rimane incerta (Alexander et al., 2017).

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È stato scoperto che la doxiciclina, un derivato della tetraciclina, riesce a distruggere le fibrille amiloidi in vitro e in un modello di topo transgenico con mutazione Val30Met nel gene TTR (Cardoso, Saraiva., 2006). Tuttavia, la doxiciclina è meno efficace nel degradare i depositi di TTR pre-fibrillari, che si trovano in abbondanza insieme alle fibrille amiloidi nei pazienti anziani con cardiomiopatia. L’acido tauroursodesossicolico (TUDCA), un’acido biliare usato per trattare la colelitiasi, è efficace nel degradare questi depositi pre-fibrillari, dunque la co-somministrazione di doxiciclina e TUDCA ha dimostrato effetto sinergico sulla rimozione e prevenzione delle fibrille in topi transgenici con mutazione Val30Met di TTR (Alexander et al., 2017).

Infine, l’epigallocatechina gallato (EGCG), il principio attivo del tè verde, interagisce con diversi tipi di fibrille amiloidi. In vitro è stato dimostrato che ECGC si lega alle catene leggere amiloidogeniche, prevenendo la formazione di fibrille (Hora et al., 2017). Negli studi osservazionali, il trattamento quotidiano con EGCG ha portato a una diminuzione della massa ventricolare sinistra e al miglioramento della classe funzionale NYHA e della frazione di eiezione ventricolare sinistra (Mereles et al., 2010).

Gli ultimi anni hanno visto grandi progressi nelle potenziali terapie per l’amiloidosi cardiaca. Molti trattamenti mirano a bloccare in modo specifico la fonte della produzione di amiloide, ma sono in fase di sviluppo anche farmaci che mirano alla distruzione delle fibrille amiloidi già formate. È probabile che per una terapia ottimale siano necessarie terapie che intervengono in più punti nella patogenesi dell’amiloidosi (Alexander et al., 2017).

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2. SCOPO DEL PROGETTO DI TESI

A oggi, l’amiloidosi causata da deposito di varianti geniche di TTR (FAP o FAC) è molto più studiata e si hanno molte più informazioni rispetto all’amiloidosi causata da deposito di TTR wilde-type (SSA). Riguardo quest’ultimo tipo di amiloidosi non si hanno informazioni sui fattori di rischio associati allo sviluppo della malattia, se le concentrazioni di TTR plasmatiche sono differenti tra soggetti sani e pazienti con amiloidosi, se tra i pazienti con amiloidosi esistono diverse forme strutturali di TTR plasmatica. Inoltre, negli ultimi anni, la SSA ha iniziato a suscitare un forte interesse da parte della comunità scientifica, data la sua diagnosi in pazienti con età > 70 anni.

Per questi motivi il mio progetto di tesi prevede due scopi principali: il primo è quello di descrivere la popolazione in studio, composta da un gruppo di pazienti affetti da amiloidosi TTR, un gruppo di pazienti affetti da amiloidosi AL e un gruppo di controllo. L’obbiettivo di questa prima indagine è quello di descrivere i diversi gruppi in studio, confrontarne le concentrazioni plasmatiche di TTR e valutare eventuali correlazioni tra la concentrazione di TTR plasmatica e altre variabili note. Il secondo scopo della tesi è quello di effettuare uno studio biochimico della struttura di TTR e verificare se le tecniche base (elettroforesi e cromatografia) possano essere utili per questo scopo.

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3. MATERIALI E METODI

1.1 Campioni.

In questo studio sono stati presi in considerazione un totale di 90 pazienti con amiloidosi, di cui 27 pazienti con amiloidosi causata da deposito di catene leggere (17 maschi e 10 femmine) e 63 pazienti con amiloidosi causata da deposito di TTR (53 maschi e 10 femmine). Il database proviene dalla Fondazione Toscana G. Monasterio e raccoglie un gruppo di pazienti a cui è stata diagnosticata amiloidosi in un periodo compreso tra il 2009 e il 2019. Questi due gruppi di pazienti sono stati confrontati con un gruppo di controllo, comprensivo di 48 soggetti (27 maschi e 21 femmine), di cui 19 provenienti dal centro prelievi, 15 provenienti dal centro trasfusionale e14 provenienti dal centro donazioni sia dell’ospedale Cisanello che dell’ospedale Santa Chiara, in collaborazione con l’Università di Pisa.

3.2 Cromatografia

La colonna utilizzata per la cromatografia a esclusione molecolare è una Superdex 75 semi-solida in grado di separare le proteine in base alla loro dimensione, in particolare ha un intervallo di separazione per molecole con peso molecolare compreso tra 3 kDa e 70 kDa. Per eseguire la cromatografia è stato innanzitutto preparato il tampone sodio fosfato 0,05M con NaCl 0,15M per mantenere il pH fisiologico di 7,4 di modo che le proteine vengano separate in condizioni native.

Il campione utilizzato è un plasma di un donatore sano (2C); una donna di 51 anni con una concentrazione plasma di TTR pari a 42,100 mg/dl. Tale campione è stato centrifugato (12000 xg per 10 min a 5°C) e il sovranatante ottenuto è stato utilizzato per l’analisi cromatografica. In particolare, sono stati iniettati 100 µl di plasma utilizzando un loop di iniezione con volume di 210 µl, nel metodo è stato impostato un “empty loop” di 0,5 ml. È stata costruita la curva di calibrazione che mi permette di stabilire qual è il peso molecolare di una molecola che è eluita in una determinata frazione. La curva di calibrazione è stata costruita utilizzando il log10 del peso molecolare e la Kav di proteine quali il blu destrano, la conalbumina, l’ovalbumina, l’anidrasi carbonica e la ribonucleasi acida. Tali proteine, con peso molecolare noto, sono state fatte correre in cromatografia e, dai picchi di assorbanza ottenuti (figura 5) sono stati registrati i volumi di eluizione di ognuna di esse. In particolare, il blu destrano, essendo una molecola a elevato peso

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molecolare, ha un volume di eluizione che corrisponde al volume vuoto della colonna, importante per calcolare la Kav.

Figura 5. Immagine ottenuta dalla cromatografia eseguita su proteine con peso molecolare noto. Sull’asse delle ascisse troviamo il volume di eluizione (ml) mentre sull’asse delle ordinate l’assorbanza a 280 nm (UA).

Una volta ottenuti i volumi di eluzione delle proteine note (tabella 2), tra cui anche il volume vuoto determinato dal blu destrano è possibile calcolare la Kav la cui formula è la seguente:

Kav =

𝑉𝑒 − 𝑉0

𝑉𝑡 − 𝑉0

La Ve rappresenta il volume di eluizione della proteina, V0 rappresenta il volume vuoto, ossia il volume di eluzione del blu destrano e Vt rappresenta il volume totale della colonna, ossia 24 ml. Una volta calcolata la Kav di ogni proteina e il log10 del PM è possibile costruire la curva di calibrazione che vediamo in figura 6.

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Figura 6. Curva di calibrazione della cromatografia. Sull’asse delle ascisse troviamo il Log10 del peso molecolare mentre sull’asse delle ordinate troviamo la Kav.

Come vediamo dal grafico, la curva di calibrazione ha una pendenza di -0,3778 e una intercetta di +1,9183, dati che mi permettono di calcolare il log10 del peso molecolare e dunque calcolare il peso molecolare della proteina d’interesse, con la seguente formula:

𝑙𝑜𝑔!"#$ = 𝐾𝑎𝑣 − 1,9183

−0,3778

Tabella 2. Proteine utilizzate nella costruzione della curva di calibrazione.

PROTEINE Ve PM (Da) Blu destrano 7,853 2 x 106 Conalbumina 9,284 75000 Ovalbumina 10,192 43000 Anidrasi carbonica 11,711 29000 Ribonucleasi A 13,649 13700

I dati riportati sono Ve: il volume di eluizione nella colonna cromatografica e PM: il peso molecolare della proteina.

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3.3 Elettroforesi

In questo studio sono stati eseguiti tre diversi tipi di elettroforesi.

In un primo momento è stata eseguita un’elettroforesi nativa sul plasma 2C, con lo scopo di individuare sia la presenza di TTR che di RBP. È stato preparato un gel senza SDS; il resolving gel al 15% composto da Tris-HCl 1,5M e pH 8,8, Acrilammide/bis 30%, APS 10% (100 mg/ml), TEMED e H2O e lo stacking gel al 4%, con la sola differenza nel Tris-HCl 1,5M e pH 6,8.

Sono state caricate nel gel due diverse diluizioni del campione di plasma: una contenete 0,5 µl di plasma, 4µl di Loading Buffer (blue) 5X e 15,5 µl di H2O deionizzata, con un volume finale di 20 µl; nella seconda preparazione sono stati aggiunti 1 µl del solito plasma, 4 µl di Loading Buffer (blue) 5X e 15 µl di H2O deionizzata, sempre in un volume finale di 20 µl. Sono stati caricati 20 µl a pozzetto di entrambe le diluizioni e 5 µl di standard (Precision Plus Protein Dual Color della BIO-RAD, figura 7). Il gel è stato fatto correre per circa 40 minuti con voltaggio costante di 150 Volt.

Figura 7. Immagine degli standard Precision Plus Protein Dual Color della Bio-RAD

La seconda elettroforesi nativa su plasma 2C è stata eseguita per testare due diversi anticorpi primari contro TTR; l’anticorpo primario di rabbit usato in nefelometria (SIEMENS) e l’anticorpo primario di rabbit usato in istologia (DAKO). Questa volta il gel era composto di un resolving gel al 12% e uno stacking gel al 4%. Il caricamento dei campioni e la corsa

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elettroforetica sono stati eseguiti in maniera analoga a come descritto nel paragrafo precedente.

La terza elettroforesi nativa è stata eseguita sulle frazioni ottenute dalla cromatografia (in particolare dalla frazione n°12 alla n°27) e sul plasma. In questo caso è stato utilizzato un gel precast (Criterion TGX, Stain-Free della BIO-RAD) al 12%: nei primi sedici pozzetti, partendo da sinistra, sono stati caricati 20 µl di ogni frazione, nel diciassettesimo pozzetto sono stati caricati 20 µl del plasma e nel diciottesimo pozzetto sono stati caricati 5 µl di standard (Precision Plus Protein Dual Color della BIO-RAD). Il gel è stato fatto correre per circa 1h e 10 min a corrente massima e con un voltaggio di 150 Volt.

Successivamente è stata eseguita una SDS-PAGE delle frazioni ottenute dalla cromatografia (in particolare sono state selezionate le frazioni dalla n°14 alla n°19) e del plasma, per capire come eluiscono le tre forme di TTR. Il resolving gel al 12% è stato prepatato con Tris-HCl 1,5M a pH8,8, SDS 10% w/v in H2O, acrilammide/Bis 30%, APS 10% (100 mg/ml), TEMED e H2O deionizzata, mentre lo stacking gel al 4% è stato preparato nello stesso modo con la differenza nel Tris-HCl 1,5M e pH 6,8.

La miscela contenete le frazioni è stata preparata con 10 µl di frazione, 4 µl di Loading Buffer con SDS 5X (a cui sono stati precedentemente aggiunti 5 µl di H2O) e 6 µl di H2O a pozzetto. La miscela contenente il plasma, invece, è stata preparata con 1 µl di plasma, 6 µl di Loading Buffer con SDS 5X e 12,5 µl di H2O a pozzetto.

Nelle due estremità del gel sono stati caricati 20 µl di bianco, nel penultimo pozzetto 5µl di standard (Precision Plus Protein Dual Color della BIO-RAD) e nei restanti pozzetti 20 µl di frazioni e plasma. La corsa è stata eseguita a corrente massima e voltaggio di 200 Volt per circa 40 minuti.

Infine, è stata eseguita una seconda SDS-PAGE con protocollo identico a quello precedentemente descritto con due sole differenze: la prima è che i campioni sono stati subito prima ridotti; in particolare un primo gruppo di aliquote di frazioni e plasma sono state ridotte a 37°C per 15 minuti mentre un secondo gruppo sono state ridotte a 95°C per 5 minuti. La seconda differenza è che al loading buffer con SDS 5X sono stati aggiunti 5 µl di beta-mercaptoetanolo.

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3.4 Trasferimento su membrana di nitrocellulosa e colorazione con Ponceau

I gel ottenuti dalle elettroforesi sono stati trasferiti su membrana di nitrocellulosa utilizzando lo strumento Trans Blot Turbo della BIO-RAD. Tale strumento permette di effettuare il trasferimento su membrana di nitrocellulosa (Midi Format 0,2 µm, Nitrocellulose, Single Application della BIO-RAD) in soli 7 minuti. Al termine del trasferimento le membrane sono state sottoposte alla colorazione con colorante Ponceau e, una volta verificato il corretto trasferimento delle bande, le membrane sono state lavate con acqua e PBS-T 0,01% (3 lavaggi ogni 10 minuti).

3.5 Western blot e lettura al ChemiDoc

Le membrane di nitrocellulosa sono state sottoposte a Western blot e successiva lettura al ChemiDoc.

La membrana ottenuta dalla prima elettroforesi è stata separata a livello dei due pozzetti dei pesi per poter essere testate con due diversi anticorpi primari; il primo è un anticorpo primario anti-TTR policlonale di rabbit utilizzato in nefelometria, mentre il secondo è un anticorpo anti-TTR policlonale di rabbit utilizzato in istologia. Le membrane sono state sottoposte a fase di bloccaggio con un latte al 5% e sono state dunque lasciate sull’agitatore per 1h. Al termine, entrambe le cartine sono state lavate con PBS-T 0,01% (tre lavaggi ogni 10 minuti) ed è stato aggiunto l’anticorpo primario. Entrambi gli anticorpi primari sono stato diluiti 1:1000; 5 µl di anticorpo primario della nefelometria in 5 ml di PBS-T 0,01% e 5 µl di anticorpo primario dell’istologia in 5 ml di PBS-T 0,01%. In entrambe le soluzioni sono stati aggiunti 5 µl di sodio azide (10 µl/ml) ed entrambe le membrane sono state lasciate overnight sull’oscillatore a 5°C. Il giorno successivo le soluzioni contenenti gli anticorpi sono state recuperate, le membrane sono state lavate con PBS-T 0,01% (3 lavaggi ogni 10 minuti) ed è stato aggiunto l’anticorpo secondario; un anticorpo policlonale di rabbid, diluito 1:5000. Sono stati dunque aggiunti 5 µl di anticorpo secondario in 5 ml di latte al 2,5% per membrana ed entrambe le membrane sono state lasciate sull’agitatore per 1h. Al termine, le membrane sono state lavate con PBS-T 0,01% (3 lavaggi ogni 10 minuti) e, in seguito all’aggiunta di solo PBS, sono state sottoposte a lettura al ChemiDoc. Il sistema di imaging ChemiDoc (della BIO-RAD) è uno strumento completo per l’imaging e l’analisi di gel e western blot. In questi esperimenti lo strumento è stato utilizzato per la rivelazione della reazione di chemiluminescenza. La soluzione per l’attivazione della reazione enzimatica è stata preparata con 1 ml di substrato (Chemiluminescence Blotting Substrate

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della BIO-RAD) e 10 µl di Starting Solution della BIO-RAD. La soluzione è stata lasciata agire per 1 minuto al termine del quale è stata avviata la lettura con lo strumento.

La membrane ottenute da: seconda elettroforesi nativa ed entrambe le SDS-PAGE sono stata trattata con lo stesso protocollo appena descritto, con la sola differenza che come anticorpo primario è stato utilizzato solo l’anticorpo primario anti-TTR di rabbit utilizzato in nefelometria.

3.6 Colorazione con metodo colorimetrico

Al termine della lettura al ChemiDoc le membrane sono state conservate in PBS-T 0,01% e sono state lavate con acqua. Successivamente è stata preparata la soluzione di un volume finale pari a 10 ml: 9 ml di H2O deionizzata, 1 ml di diluente (Opti 4-CN della BIO-RAD) e 200 µl substrato della BIO-RAD (200 µl/10 ml di acqua addizionato a diluente). Una volta aggiunta la soluzione alle cartine, le membrane vengono lasciate sull’agitatore per qualche minuto e successivamente vengono lavate con acqua e PBS-T 0,01%.

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4 RISULTATI

4.1 Descrizione dei gruppi in studio

Il primo scopo del progetto di tesi prevede la descrizione della popolazione di soggetti affetti da amiloidosi causata e da deposito di catene leggere (AL) e da deposito di transtiretina (TTR), messi a confronto con un gruppo di controllo. Il database, ottenuto dalla Fondazione Toscana G. Monasterio, contiene un totale di 90 pazienti affetti da amiloidosi: 63 pazienti con amiloidosi causata dal deposito di TTR e 27 pazienti con amiloidosi AL. Questi due gruppi sono stati confrontati con un gruppo di controllo, il cui dati sono stati recuperati dal database dell’Ospedale Cisanello e Santa Chiara, in collaborazione con l’università di Pisa.

I dati sono riassunti in tabella 3.

Tabella 3. Tabella di confronto tra controlli, amiloidosi TTR e amiloidosi AL.

VARIABILE CONTROLLI TTR AL N 48 63 27 Maschi 27 53 17 Femmine 21 10 10 Età 50,5 (36,75 - 53,25) 82 (76 - 85) 69 (65,5 - 75) TTR 33 (25,93 - 37,58) 33,9 (30,25 - 38,50) 31,4 (25,18 - 35,30) RBP ND 14,6 (11,55 - 16,25) 12,9 (9,76 - 14,83)

I dati sono rappresentati come mediana (25°-75° percentile).

Dalla tabella notiamo che i casi di amiloidosi TTR sono più numerosi rispetto ai casi di amiloidosi AL e che, in tutti e due i gruppi, il numero di uomini affetti è superiore rispetto al numero di donne affette. In seguito all’analisi della varianza a un fattore tra i tre gruppi è emerso che c’è una differenza significativa nell’età (p = 4,2 x 10-14): i pazienti affetti da amiloidosi TTR hanno un’età significativamente maggiore (p = 0,0092) rispetto ai pazienti affetti da amiloidosi AL, come noto dalla letteratura. A differenza dell’età, nell’analisi della varianza a un fattore tra i tre gruppi, non è stata riscontrata alcuna differenza significativa nei valori di TTR plasmatici.

Il passo successivo nell’analisi dei dati è stato quello di descrivere i due gruppi in studio, gruppo TTR e gruppo AL, come riassunto nella tabella seguente (Tabella 4).

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Tabella 4. Descrizione dei gruppi in studio. VARIABILE TTR AL p N 63 27 Età, anni 82 (76 - 85) 69 (65,5 - 75) 0,009 Altezza, cm 170 (165 - 175) 170 (165 - 173) 0,545 Peso, Kg 75 (67 - 83,5) 69 (63 - 83,3) 0,252 BMI, Kg/m^2 25,95 (23,58 - 28,65) 26,18 (22,77 - 27,65) 0,267 fT3, pg/mL 2,19 (1,92 - 2,39) 1,90 (1,60 - 2,34) 0,186 fT4, pg/mL 12 (10,2 - 14,4) 11,30 (9,83 - 15,05) 0,946 TSH, µU/mL 1,83 (1,15 - 2,90) 2,77 (2,06 - 4,39) 0,134 BNP, ng/L 386 (263,5 - 611) 1374 (200 - 3083,5) 0,337 NT-pro-BNP, ng/L 3473 (2273 - 7515) 10809 (3885,5 - 18495) 0,012 Troponina T, ng/L 61,34 (48,67 - 94,52) 104,4 (64,12 - 179,55) 0,008 PAS, mmHg 120 (110 - 140) 110 (100 - 125) 0,001 PAD, mmHg 75 (66,25 - 85) 65 (60 - 70) 0,001

Renina diretta, µU/mL 14,5 (9,2 - 51,95) 74,05 (30,73 - 149,03) 0,021

Aldosterone, ng/dL 69,65 (45,58 - 107) 119,1 (75,98 - 165,25) 0,030 Adrenalina, µg/24h 10 (10 - 20) 10 (10 - 60) 0,541 Noradrenalina, µg/24h 447 (291,75 - 661,75) 447 (318,75 - 739,25) 0,679 Cortisolo, µg/L 138,5 (109,65 - 163,3) 157,3 (121,5 - 197,4) 0,704 Colesterolo totale, mg/dL 142 (124 - 170) 134 (114,25 - 187,75) 0,971 Glucosio, mg/dL 94,5 (87,25 - 101,75) 92 (84,75 - 119,75) 0,673 GGT, U/L 41,5 (26,25 - 80,25) 45,5 (21,25 - 102,75) 0,976 Na+, mmol/L 140,05 (137,1 - 140,98) 137,95 (135,05 - 138,55) 0,027 K+, mmol/L 3,95 (3,62 - 4,30) 3,82 (3,55 - 4,10) 0,435 Acido urico, mg/dL 7,15 (5,4 - 8,63) 6,6 (6,03 - 8,70) 0,888 Creatinina, mg/dL 1,23 (0,91 - 1,51) 1,17 (0,95-1,38) 0,941 Urea, mg/dL 65,5 (48,5 - 80,93) 60,7 (47,2 - 87,70) 0,937 Linfociti, % 21,1 (17,25 - 25,85) 26,55 (16 - 33,30) 0,421 Hb, mg/L 13,1 (11,68 - 14,15) 12,15 (11,43 - 13,15) 0,031 Fibrinogeno, mg/dL 375 (336 - 410,5) 358 (304 - 427) 0,490 PCR, mg/dL 0,47 (0,19 - 1,22) 0,71 (0,33 - 0,94) 0,265

I dati sono presentati come mediana (25° - 75° percentile). Statistica: test T di Student su dati log trasformati con correzione di Welch.

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Dal confronto dei due gruppi in studio è interessante notare delle differenze significative; in entrambi i gruppi con amiloidosi è evidente l’interessamento cardiaco con una maggiore propensione allo scompenso cardiaco nel gruppo di amiloidosi AL; infatti i biomarcatori cardiaci, troponina T e NT-pro-BNP riflettono la gravità del coinvolgimento cardiaco e, come tali, sono fattori importanti nei sistemi di stadiazione prognostici utilizzati per l’amiloidosi AL (Alexander et al., 2017).

Un’altra differenza significativa si riscontra tra la pressione arteriosa del gruppo TTR e quella del gruppo AL: il primo gruppo presenta una pressione arteriosa significativamente maggiore rispetto al secondo gruppo, sempre tenendo a mente che il primo gruppo ha una popolazione di età superiore rispetto al secondo gruppo, condizione che potrebbe influenzare la misurazione di tale variabile.

Il passo successivo nell’analisi dei dati è stato quello di valutare se ci fossero delle correlazioni tra i valori di TTR e variabili non modificabili e variabili modificabili, in particolare sono state prese in considerazione quelle variabili che hanno mostrato una differenza significativa tra il gruppo AL e il gruppo TTR. Per l’analisi della correlazione è stato eseguito il test di correlazione di Pearson; test parametrico applicato su dati trasformati con log10. L’analisi di correlazione è stata eseguita separatamente nei tre gruppi. Nella tabella sottostante (Tabella 5) sono riportati i risultati di correlazione tra le variabili e i valori di TTR del gruppo TTR.

Tabella 5. Correlazione tra variabili e TTR del gruppo TTR.

VARIABILI r p Età - TTR -0,2 0,1828 PAS - TTR -0,2 0,239 PAD - TTR -0,1 0,7162 Troponina T - TTR 0,0 0,8211 Nt-pro-BNP - TTR +0,1 0,4907 RBP - TTR +0,6 <0,0001 fT4 - TTR -0,1 0,5412

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I risultati sono riportati come r: coefficiente di correlazione di Pearson. Tale coefficiente è standardizzato e può assumere valori che vanno da -1,0 (correlazione perfetta negativa) e +1,0 (correlazione perfetta positiva). Una correlazione uguale a 0 indica che tra le due variabili non vi è alcuna relazione.

La tabella 3 mostra che l’unica correlazione significativa si ha tra i valori di RBP e i valori di TTR (p < 0,0001) con un coefficiente di correlazione positivo (+ 0,6). Questa correlazione è possibile notarla anche in figura 8.

Figura 8. Grafico di dispersione del gruppo TTR. Sull’asse delle ascisse sono riportati i valori di TTR mentre sull’asse delle ordinate sono riportati i valori di RBP.

È possibile confermare anche graficamente la presenza di una correlazione positiva moderata tra PAD e TTR ma non è altrettanto chiara la visione grafica di correlazione tra renina diretta e TTR.

Nella tabella sottostante (tabella 6) sono riportati i risultati di correlazione tra le variabili e i valori di TTR del gruppo AL.

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Tabella 6. Correlazione tra variabili e TTR del gruppo AL. VARIABILI r p Età - TTR -0,1 0,7081 PAS - TTR +0,3 0,1934 PAD - TTR +0,4 0,0714 Troponina T - TTR 0,0 0,9228 Nt-pro-BNP - TTR -0,1 0,7254 RBP - TTR +0,5 0,0259 fT4 - TTR -0,5 0,0109

Il dato riportato è r: l’indice di correlazione di Pearson.

In questo gruppo di pazienti con amiloidosi AL abbiamo delle differenze significative sia tra i valori di TTR e RBP (p = 0,0259) che tra i valori di TTR e fT4 (0,0109). Nello specifico tra TTR e RBP esiste una correlazione positiva, mentre tra TTR e fT4 esiste una correlazione negativa, come possiamo osservare anche dai grafici in figura 9.

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Figura 9. Grafici di dispersione del gruppo AL. A) grafico di dispersione tra TTR e RBP. B) Grafico di dispersione tra TTR e fT4.

Un altro passo nell’analisi dei dati è stato quello di valutare la classificazione NYHA in relazione ai valori di TTR (tabella 7). La classificazione NYHA (New York Heart Association) è una classificazione dello scompenso cardiaco (o insufficienza cardiaca) che ne identifica 4 classi funzionali, in rapporto alle attività che il paziente, affetto da questa patologia, è in grado di effettuare. La classe 1 rappresenta quella meno grave, con nessuna evidenza oggettiva di una malattia cardiovascolare, rispetto alla classe 4 in cui si ha una prova oggettiva della malattia cardiovascolare.

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Tabella 7. Descrizione della classificazione NYHA nel gruppo AL e nel gruppo TTR NYHA TTR AL p 1 32,6 (30,7-34,05) 35,05 (30,73-35,05) 0,761 2 37,6 (33-40,4) 33,95 (27,25-37,15) 0,325 3 31,7 (27,83-38,75) 31,65 (25,18-33,93) 0,283 4 33,45 (28,43-36,98) 20,36 (14,64-26,08) 0,513

I dati sono presentati come mediana (25° - 75° percentile). Statistica: test T di Student su dati log trasformati.

Dall’osservazione dei dati riportati in tabella posso concludere che per ogni classe NYHA non c’è alcuna differenza significativa tra i valori di TTR del gruppo TTR e del gruppo AL. Al termine della descrizione dei gruppi in studio non posso dire che ci siano delle differenze significative tra i valori di TTR e segni clinici della malattia, dunque lo studio è proseguito con l’approfondimento della struttura della transtiretina e della sua stabilità in circolo.

(36)

4.2 Studio della struttura della transtiretina

Per studiare la stabilità della transtiretina, come prima cosa, ho pensato di studiare nel plasma la presenza di TTR e di RBP, sapendo dalla letteratura che la forma stabile di TTR, ossia il tetramero, è legato a RBP mentre l’eventuale presenza del dimero e del monomero di TTR non lo sono. A questo scopo ho utilizzato il campione di plasma del controllo 2C. Ho effettuato una prima prova di elettroforesi nativa su gel di acrilammide al 15% con successivo western blot e il risultato lo possiamo osservare nella figura 10.

Figura 10. Nell’immagine 6A vediamo la membrana colorata con metodo colorimetrico originale. Nell’immagine 6B vediamo la membrana scannerizzata e colorata con metodo colorimetrico. Nei pozzetti 1, 2, 7 e 8 sono stati caricati 20 µl di miscela contenente 0,5 µl di plasma, nei pozzetti 3, 4, 9 e 10 sono stati caricati 20 µl di miscela contenente 1,0 µl di plasma. Nei pozzetti 5 e 6 sono stati caricati 5 µl di standard. Nella parte sinistra di entrambe le immagini è stato utilizzato l’anticorpo primario anti-TTR, mentre nella parte di destra l’anticorpo primario anti-RBP.

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Osservando l’immagine 10A possiamo apprezzare la presenza di bande alla stessa altezza (indicate dalla freccia) sia nella membrana in cui è stato utilizzato l’anticorpo primario anti-TTR che nella membrana in cui è stato utilizzato l’anticorpo primario anti-RBP. Nell’immagine 10B possiamo apprezzare anche la presenza di bande con diversa mobilità elettroforetica sia per RBP che per TTR (indicate con le frecce).

Questo tipo di esperimento deve essere sottoposto ad alcune osservazioni: la prima è che nonostante il blu di bromofenolo abbia raggiunto il fronte di corsa, i pesi molecolari non hanno corso lungo tutto il gel disponibile inoltre, il western blot relativo a TTR mostra più bande di quelle attese. Per questi motivi ho deciso di ripetere questo tipo di esperimento con la preparazione di un gel al 12% per cercare di ottenere una separazione migliore sia delle bande osservate sia de marcatori di peso molecolare. Questi ultimi sono, in realtà, una preparazione commerciale per SDS-PAGE, perciò il loro comportamento in condizioni native non è noto. Inoltre, per il nuovo esperimento, ho pensato di utilizzare due diversi tipi di anticorpo primario anti-TTR: uno utilizzato in nefelometria e l’altro utilizzato in istologia, per verificare l’eventuale presenza di bande aspecifiche.

Dalla seconda prova di elettroforesi nativa e western blot in cui sono stati testati due diversi anticorpi primari contro TTR possiamo osservare il risultato nella figura 11.

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Figura 11. A: Immagine della membrana di nitrocellulosa in seguito a corsa elettroforetica colorata con colorante Ponceau. B: Immagine della membrana scannerizzata in seguito a western blot eseguito con Ab primario della nefelometria (sinistra) e Ab primario dell’istologia (destra) colorata con metodo colorimetrico. Nei pozzetti 1, 2, 7 e 8 sono stati caricati 20 µl di miscela contenente 0,5 µl di plasma, nei pozzetti 3, 4, 9 e 10 sono stati caricati 20 µl di miscela contenente 1,0 µl di plasma. Nei pozzetti 5 e 6 sono stati caricati 5 µl di standard.

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L’immagine 11A corrisponde alla membrana di nitrocellulosa colorata con colorante Ponceau in seguito a corsa elettroforetica e trasferimento del gel su membrana di nitrocellulosa. Questa immagine mi permette di osservare una migliore separazione dei marcatori di peso molecolare sicuramente corrispondente a quanto atteso per le bande con peso molecolare tra 250 e 75 kDa; osservazione confermata anche dal fatto che l’albumina, con peso molecolare di circa 66 kDa, presente una mobilità elettroforetica poco superiore alla banda dei 75 kDa. Meno chiara è la separazione delle bande del marcatore con peso molecolare compreso tra 50 e 10 kDa:sapendo che in un gel al 12% contenete SDS, la banda da 15kDa si ritrova sul fronte di corsa, posso ipotizzare che le bande visibili corrispondano a quella da 20kDa, 37 kDa e 50 kDa.

Verificato che il gel al 12% permetteva una migliore migrazione delle proteine plasmatiche, è stato eseguito un western blot utilizzando due diversi tipi di anticorpo: l’anticorpo primario di coniglio anti-TTR utilizzato in nefelometria e l’anticorpo primario di coniglio anti-TTR utilizzato in istologia. Il risultato è mostrato in figura 11B in cui è possibile osservare la presenza delle stesse bande in entrambe le membrane di nitrocellulosa, concludendo che entrambi gli anticorpi riconoscono lo stesso antigene. Di contro, ottengo un numero di bande contenenti TTR maggiori rispetto a quelle attese, ossia quelle riferite al tetramero, al dimero e al monomero con peso molecolare corrispondente a 52, 26 e 13 kDa rispettivamente.

Da sottolineare è che fino a ora l’elettroforesi è stata eseguita in condizioni native, per cui oltre alla migrazione per dimensione, bisogna tenere in considerazione anche che la migrazione delle proteine possa risentire della loro densità di carica. Sapendo che sia la transtiretina che l’albumina hanno un punto isoelettrico acido, ci possiamo aspettare che in un gel preparato con una soluzione tampone a pH 8,8 la migrazione avvenga prevalentemente per dimensione. Tuttavia, ho deciso di eseguire una tecnica indipendente, cioè una cromatografia per esclusione molecolare, per capire se effettivamente nel gel nativo queste due proteine si siano separate per dimensione.

Nella figura 12 è possibile vedere il risultato della corsa cromatografica, ovvero un cromatogramma nel quale viene mostrato il volume di eluizione (ml) in funzione dell’assorbanza a 280 nm (UA).

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Figura 12. Grafico ottenuto dalla corsa cromatografica. Sull’asse delle ascisse troviamo il volume di eluizione (ml) mentre sull’asse delle ordinate troviamo l’assorbanza a 280 nm (UA).

Dal cromatogramma in figura 12 possiamo osservare la presenza di due picchi: il primo picco corrispondente a un volume di eluizione di circa 8,38 ml e un secondo picco corrispondente a un volume di eluizione di circa 9,57 ml, nei quali sono incluse le proteine plasmatiche ad alto peso molecolare. A questo punto ho deciso di selezionare le frazioni comprese tra un volume di eluizione pari a 6,024 ml (frazione 12, corrispondente a 238437 Da) e un volume di eluizione pari a 13,524 ml (frazione 27, corrispondente a 14058 Da) sulle quali eseguire un’elettroforesi seguita da western blot.

Nella figura 13 è possibile osservare il risultato dell’elettroforesi nativa e successivo western blot, eseguito con l’utilizzo dell’anticorpo anti-TTR utilizzato in nefelometria.

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Figura 13. A) Immagine della membrana di nitrocellulosa, in seguito a elettroforesi nativa, colorata con colorante Ponceau. B) Acquisizione al ChemiDoc della membrana di nitrocellulosa, in seguito a western blot, con l’utilizzo dell’anticorpo primario anti-TTR.

Nei primi 16 pozzetti sono stati caricati 20 µl di frazione (dalla n°12 alla n° 27), nel pozzetto 17 sono stati caricati 20 µl di plasma (P) e nell’ultimo pozzetto sono stati caricati 5 µl di standard (M.W.).

(42)

In questo caso l’elettroforesi è stata eseguita in un gel precast al 12% sempre in condizioni native. Nella figura 13A è riportata la membrana di nitrocellulosa colorata con colorante Ponceau, dove è possibile osservare che l’albumina eluisce nelle frazioni 17-20, corrispondenti all’intervallo di peso molecolare 92-52 kDa, come atteso sulla base del peso dell’albumina corrispondente a circa 66 kDa.

Nella figura 13B vediamo la membrana di nitrocellulosa in seguito a western blot eseguito con anticorpo primario anti-TTR utilizzato in nefelometria. Confrontando le bande di TTR rivelate nel campione di plasma e la loro separazione nelle frazioni cromatografiche posso concludere che nell’elettroforesi in condizioni native le bande visibili si siano effettivamente separate in base alla dimensione. Inoltre, le bande rivelate nel campione di plasma eluiscono tutte nelle frazioni comprese tra la n°15 e la n°20 (135358 – 52683 Da). Di particolare interesse sono le due bande presenti nelle frazioni 18-20 (indicate dalle frecce), che eluiscono nell’intervallo di pesi molecolari 76800 – 52700 Da e che presentano una mobilità elettroforetica compresa tra i 75 kDa e i 50 kDa: queste due bande sono compatibili con il peso molecolare atteso del tetramero TTR (52 kDa). La presenza del tetramero sembrerebbe essere confermata anche dal risultato della quantificazione nefelometrica per TTR delle frazioni cromatografiche che ha restituito una concentrazione pari a 3,21 mg/dl di TTR nella frazione 19; per le frazioni 18 e 20 è stato ottenuto un valore di concentrazione < 1,280 mg/dl.

L’analisi cromatografica conferma che nel plasma siano presenti aggregati di TTR, particolarmente evidenti nelle frazioni 16 e 17 che però risultano non quantificabili nell’analisi nefelometrica. Sulla base di queste osservazioni posso quindi ipotizzare che in nefelometria si possa quantificare solo il tetramero TTR e non i suoi aggregati.

Un’ultima osservazione che posso fare sulla base dei risultati ottenuti con l’elettroforesi nativa e la separazione cromatografica è che il dimero e il monomero di TTR non sono rilevabili in circolo, quanto meno con l’anticorpo utilizzato.

A questo punto, ho effettuato una elettroforesi SDS-PAGE (dalla frazione n°14 alla frazione n°19), sia in condizioni non riducenti (figura 14) che riducenti (figura 15), per vedere se e in quali condizioni fosse possibile degradare gli aggregati di TTR per ottenere il dimero e/o il monomero.

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