• Non ci sono risultati.

La legge n. 189/2004: il bene-animale e l'incoerenza politico-criminale dell'impianto normativo

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "La legge n. 189/2004: il bene-animale e l'incoerenza politico-criminale dell'impianto normativo"

Copied!
387
0
0

Testo completo

(1)

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di laurea

La legge n. 189/2004: il bene-animale e l’incoerenza

politico-criminale dell’impianto normativo

Il Candidato:

Il Relatore:

Janis Voliani

Chiar.mo Prof. Adriano Martini

(2)

“The animals of the world exist for their own reasons. They were not made for humans any more than blacks were made for whites, or women for men”

Alice Walker

“There is no fundamental difference between man and animals in their ability to feel pleasure and pain, happiness, and misery”

Charles Darwin

“I hold that the more helpless a creature, the more entitled it is to protection by man from the cruelty of man”

Mahatma Gandhi

“Non-violence leads to the highest ethics, which is the goal of all evolution. Until we stop harming all other living beings, we are still savages”

(3)

I

INDICE

Riassunto ... VI Abstract ... VII

CAPITOLO I

La questione animale: considerazioni etico-filosofiche

1. La questione animale ... 1

2. Gli animali nel pensiero filosofico antico. Alle origini dell’antropocentrismo .... 9

2.1 La concezione dell’animale nella filosofia greca ... 9

2.2 Gli animali nel diritto romano ... 25

2.3 La riflessione cristiana sugli animali ... 30

3. La questione animale nella filosofia moderna. Filosofia dei secoli XVI-XIX ... 33

3.1 I secoli XVI-XVII. Cartesio: l’animale-macchina ... 33

3.2 La considerazione per gli animali nell’epoca dei Lumi. Dall’illuminismo a Darwin ... 41

4. Filosofia ed etica contemporanea. La questione animale nel XX secolo... 60

CAPITOLO II

L’affermazione di una nuova sensibilità animale. Profili

storico-giuridici

1. Il giuridico ... 78

2. La disciplina internazionale e sovranazionale riguardante la tutela degli animali 86 2.1 La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale ... 86

(4)

II

2.3 Diritto dell’Unione Europea e tutela degli animali. Il Trattato di Lisbona e

l’art. 13 TFUE ... 96 2.3.1 Profili generali sulla tutela degli animali nell’Unione Europea ... 96 2.3.2 Alle radici dell’art. 13 TFUE ... 98 2.3.3 Il benessere degli animali, in quanto esseri senzienti, nel dettato

dell’art. 13 TFUE. Problematiche inerenti al suo inquadramento

giuridico ... 100 2.3.4 L’attuazione in sede applicativa dell’art. 13 TFUE. La giurisprudenza

della Corte prima e dopo il Trattato di Lisbona ... 106 2.3.5 Osservazioni critiche conclusive ... 111 3. La tutela degli animali nella Costituzione. La necessità (od opportunità) di un

processo di revisione costituzionale... 117 3.1 La protezione degli animali in alcune Costituzioni straniere. Sulle

modifiche operate ... 117 3.2 La tutela degli animali nella Costituzione italiana. Proposte di modifica

dell’art. 9 ... 122

CAPITOLO III

La tutela degli animali nel diritto penale italiano.

Le diverse fattispecie previste

1. La tutela penale degli animali ... 133 2. La disciplina penalistica della fattispecie di maltrattamento animale:

l’evoluzione normativa ... 136 2.1 Il maltrattamento animale: dai codici preunitari al codice Zanardelli del

1889 ... 136 2.2 L’originaria formulazione dell’art. 727 c.p. ... 144 2.3 L’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale dell’originario art. 727 c.p.

L’interpretazione evolutiva della Cassazione... 154 2.4 Le modifiche introdotte dalla legge n. 473/1993. Il nuovo testo dell’art. 727

c.p. ... 162 2.4.1 Il nuovo art. 727 c.p. ... 162

(5)

III

2.4.2 L’animale come oggetto materiale del reato ... 163

2.4.3 L’elemento oggettivo ... 165

2.4.3.1 L’incrudelimento «senza necessità». Osservazioni critiche sulla scelta terminologica del legislatore ... 165

2.4.3.2 La sottoposizione dell’animale a strazio o sevizie o a comportamenti e fatiche insopportabili per le sue caratteristiche ... 167

2.4.3.3 Giuochi, spettacoli e lavori insostenibili ... 171

2.4.3.4 La detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura. Il principio di tassatività della norma penale come corollario del principio di legalità sancito dall’art. 25, comma secondo, della Costituzione ... 171

2.4.4 L’elemento soggettivo ... 176

2.4.5 Altre osservazioni sull’art. 727 c.p. ... 177

2.4.6 Il bene giuridico tutelato. Le considerazioni della dottrina ... 179

2.4.7 Il coordinamento fra la disciplina del reato di maltrattamento e le norme contenute nelle leggi speciali. La condotta venatoria ... 183

2.4.8 Profili critici della riforma ... 189

2.4.8.1 L’uccisione ingiustificata di animali ... 189

2.4.8.2 Quadro sanzionatorio ... 193

2.4.8.3 Necessità di una nuova riforma? ... 195

3. Il riferimento agli animali nelle altre fattispecie del codice penale. Sui beni giuridici tutelati ... 197

3.1 Le fattispecie originariamente previste ... 197

3.1.1 Art. 500 c.p. ... 197

3.1.2 Art. 625, comma primo, n. 8, c.p. ... 199

3.1.3 Art. 636 c.p. ... 200

3.1.4 Art. 638 c.p. ... 201

3.1.5 Art. 659 c.p. ... 207

3.1.6 Art. 672 c.p. ... 207

3.1.7 Considerazioni finali sul quadro emergente dall’analisi di queste disposizioni ... 208

3.2 La tutela delle specie animali come componenti della biosfera. La nuova ipotesi criminosa prevista dall’art. 727-bis: suo inquadramento sistematico ... 209

(6)

IV

CAPITOLO IV

La legge 20 luglio 2004, n. 189: i reati contro gli animali. Sul

bene giuridico tutelato

1. La legge 20 luglio 2004, n. 189: la nuova normativa penale a tutela degli

animali ... 232

1.1 Il travagliato iter di approvazione della legge ... 232

1.2 L’approvazione della legge n. 189/2004. Aspetti innovativi e profili critici della riforma ... 237

2. La spinosa questione del bene giuridico tutelato ... 253

2.1 L’oggetto dell’indagine ... 253

2.1.1 L’approccio classico: il sentimento per gli animali ... 255

2.1.1.1 La tutela del sentimento quale “protection against emotional harm” ... 257

2.1.1.2 Gli argomenti principali su cui poggia la tesi del bene-sentimento 261 2.1.1.3 Una critica preliminare alla possibilità di tutelare il sentimento per gli animali: l’inaccettabilità della tutela di meri sentimenti in un sistema penale del “fatto offensivo” ... 265

2.1.1.4 Le critiche endogene alla “protection against emotional harm” .... 270

2.1.1.5 La tutela del sentimento quale “prevention of future harm to humans” ... 279

2.1.2 L’abbandono della dimensione antropocentrica: le tesi zoocentriche e il riconoscimento di diritti in capo agli animali ... 280

2.1.3 L’indirizzo minoritario che considera i reati “contro gli animali” come reati plurioffensivi ... 284

2.1.4 La relazione uomo-animale quale bene giuridico: l’interpretazione che suggerisce di configurare l’interesse tutelato in termini di relazionalità e interspecificità... 285

2.2 L’animale come bene giuridico ... 290

3. La proiezione dell’animale nell’intero ordinamento giuridico. I rapporti tra lecito e illecito: profili dogmatici e politico-criminali ... 296

(7)

V

3.2 La necessità di un bilanciamento tra il bene-animale e gli interessi umani

coinvolti ... 297

3.3 L’«assenza di necessità» nella fase tradizionale della tutela del sentimento: tra tipicità e antigiuridicità ... 303

3.4 L’ambito di operatività del Titolo IX-bis: gli strumenti dogmatici utilizzati . 306 3.4.1 La prima parte dell’art. 19-ter disp. coord. c.p. ... 309

3.4.1.1 La prima parte dell’art. 19-ter disp. coord. c.p. come richiamo alla natura scriminante delle leggi speciali cui esso rinvia ... 313

3.4.1.2 La prima parte dell’art. 19-ter disp. coord. c.p. come criterio di risoluzione di un concorso apparente tra norme ... 321

3.4.2 La seconda parte dell’art. 19-ter disp. coord. c.p. ... 324

3.4.3 Il consolidato riferimento all’assenza di necessità ... 327

3.4.4 Le incertezze generate dalla dizione “per crudeltà” ... 332

Conclusioni ... 341

(8)

VI

RIASSUNTO

La presente ricerca è finalizzata a vagliare gli approdi raggiunti dalla c.d. “questione animale” e la corrispondente evoluzione della coscienza sociale relativa alla considerazione degli animali. Tali approdi sono il risultato di un importante sviluppo della ricerca scientifica, etica e filosofica e della diffusione nella mentalità sociale di acquisizioni oramai irrefutabili nel campo delle scienze biologiche, zoologiche, cognitive, che hanno reso improponibili le vecchie certezze sulla irriducibile, ontologica, separatezza dell’uomo rispetto agli animali. Da ciò, l’elaborato è volto a porre in rilievo il cammino che tanto l’ordinamento nazionale, quanto quelli comunitario ed internazionale, hanno intrapreso al fine di elaborare tutele concrete nei confronti degli animali, cercando progressivamente di mitigare e smussare quella visione strettamente antropocentrica ed autoreferenziale che è base e fondamento dei sistemi giuridici. Il rapporto che lega l’uomo agli animali ci ha portato a valorizzare gli stessi sotto diversi profili e a predisporre per essi una tutela policentrica. Gli animali integrano, nel nostro modo di concepire la realtà, valori plurimi e ad essi il legislatore ha riferito in tempi diversi le proprie direttive di tutela. Il naturale sviluppo della ricerca ci porta, in ambito penale, ad analizzare l’ultimo momento di svolta legislativa: con la legge n. 189/2004 il legislatore introduce nel codice penale nuovi reati, che tutelano gli animali in quanto tali, per il valore intrinseco di cui essi sono portatori. Argomento di particolare stimolo per il penalista, il presente studio si interroga su quale sia il bene giuridico protetto da tali fattispecie penali. Una volta ripercorse le tesi esistenti in materia, con un focus particolare su quelle tradizionali e maggioritarie orientate sul bene-sentimento, l’elaborato porta argomenti a confutazione di queste teorie e rileva in conclusione come il bene protetto sia semplicemente l’animale. Sollevando lo sguardo dal più ristretto recinto penalistico, la ricerca si propone, infine, di proiettare l’animale nell’intero ordinamento giuridico, evidenziando le caratteristiche di tendenziale soccombenza di questo bene rispetto a numerosi altri, peraltro discendente da precise scelte politico-criminali del legislatore, al fine di comprendere il quadro di liceità/illiceità che l’ordinamento nel suo complesso rende e formulare alcune proposte atte a migliorare de iure condendo un quadro normativo che, nonostante gli innegabili passi avanti fatti, si rivela ancora disorganico ed incoerente.

(9)

VII

ABSTRACT

The law no. 189/2004: animal as a legal interest and the

political-criminal inconsistency of the regulatory system

This research is aimed at evaluating the landings reached by the so-called “animal question” and the corresponding evolution of social conscience relative to the consideration of animals. These finding are the result of an important development of scientific, ethical and philosophical research and of the spread in the social mentality of now irrefutable acquisitions in the field of biological, zoological and cognitive sciences, which have made unthinkable the old certainties about the irreducible, ontological, separateness of man compared to animals. From this, the elaborate is aimed at highlighting the path that both national legal system, as well as the community and international ones, have undertaken in order to develop concrete protections towards animals, gradually trying to mitigate and smooth out that strictly anthropocentric and self-referential vision which is the basis and foundation of legal systems. The relationship that binds humans to animals has led us to value them under different profiles and to arrange for them a polycentric protection. Animals integrate multiple values into our way of conceiving reality and the lawgiver has referred to them at different times its own protection directives. The natural development of the research leads us, in the criminal field, to analyze the last legislative turning point: with Law no. 189/2004 the lawgiver introduces new crimes into the penal code, which protect animals as such, for the intrinsic value they carry. A particularly stimulating topic for the criminal lawyer, this study questions and tries to establish what is the legal interest protected by the criminal law provisions punishing animal cruelty. Once an overview of the existing theses on this subject is provided, which includes the traditional and majority-oriented ones focusing on the sympathetic feelings for animals, the research offers several rebuttals of these theories and concludes by pointing out that the applicable criminal provisions simply protect the animal itself. Lifting our gaze from the narrower criminal area, the research aims, finally, to project the animal into the entire legal system, highlighting the characteristics of tendency to succumb of the

(10)

VIII

animals compared to other legal interest, moreover descending from precise political-criminal choices of the lawgiver, in order to understand the framework of lawfulness/unlawfulness that the legal system as a whole makes and to formulate some proposals aimed at improving de iure condendo a regulatory framework which, despite the undeniable progress made, is still disorganized and inconsistent.

(11)

1

CAPITOLO I

La questione animale: considerazioni etico-filosofiche

SOMMARIO: 1. La questione animale - 2. Gli animali nel pensiero filosofico antico. Alle origini dell’antropocentrismo - 2.1 La concezione dell’animale nella filosofia greca - 2.2 Gli animali nel diritto romano - 2.3 La riflessione cristiana sugli animali - 3. La questione animale nella filosofia moderna. Filosofia dei secoli XVI-XIX - 3.1 I secoli XVI-XVII. Cartesio: l’animale-macchina - 3.2 La considerazione per gli animali nell’epoca dei Lumi. Dall’illuminismo a Darwin - 4. Filosofia ed etica contemporanea. La questione animale nel XX secolo

1. LA QUESTIONE ANIMALE

In un periodo storico in cui siamo chiamati a doverci confrontare con problematiche ambientali piuttosto gravi, che necessitano al più presto una pronta risposta a livello globale, pena complicanze, a detta della scienza, ancor più catastrofiche, merita la nostra attenzione una questione non meno importante. In qualche modo collegata (talvolta anche impropriamente), e secondo il parere di alcuni esperti, di fondamentale importanza rispetto a quanto sopra detto, è, infatti, la questione animale.

Le nostre vite sono radicalmente legate e dipendenti da quelle degli altri coinquilini del pianeta. La questione animale indaga proprio la natura morale degli animali e si interroga sul trattamento che ricevono, e su quello che dovrebbero ricevere, da parte di chi, come noi, beneficia della loro presenza.

(12)

2

Sul rapporto che intercorre tra gli uomini e gli animali, si è registrato nel mondo contemporaneo un interesse sempre crescente, che ha raggiunto, attualmente, proporzioni significative. Fuori da ogni dubbio è che il dibattito che caratterizza tale complessa questione, sorta prepotentemente sotto l’influsso catalizzatore di tutta una serie di discipline, necessiti di essere attualizzato, tenendo conto dell’apporto delle stesse.

La questione animale, dunque, non costituisce un tema marginale e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, nemmeno un problema recente in quanto accompagna la storia del pensiero umano da molto tempo, forse da sempre; in tutte le epoche sono infatti rinvenibili tentativi di disciplina del rapporto tra esseri umani ed esseri animali1. Come prima riferito: «La riflessione sullo status metafisico e sociale degli animali, sulla loro fisiologia, sul loro rapporto con l’uomo ha una lunga storia; elaborata in contesti filosofici diversi, nonché in epoche differenti, essa coinvolge molte discipline dando vita a un corpus di teorie ricco e variegato...»2.

Sebbene quanto prima detto sulla storicità di tale riflessione e di cui parleremo più avanti, possiamo ricondurre la nascita della questione animale, nell’ottica contemporanea, «...agli anni ‘70 del Novecento, quando negli ambienti accademici anglosassoni furono elaborate le moderne dottrine animaliste3 [...]. Da un lato, infatti, la diffusione e la “politicizzazione” del tema della tutela e del benessere animale hanno

1 Per una prima analisi della letteratura sulla “questione animale”, con riferimenti alla

soggettività animale, si vedano: I diritti degli animali. Prospettive bioetiche e giuridiche, a cura di S. CASTIGNONE, Bologna: Il Mulino, 1985; I diritti degli animali: Atti del

Convegno nazionale, Genova 23-24 maggio 1986, a cura di L. BATTAGLIA, S.

CASTIGNONE, Centro di Bioetica (Genova): Genova, 1987; L. BATTAGLIA, Etica e

diritti degli animali, Roma-Bari: Laterza, 1997; V. POCAR, Gli animali non umani. Per una sociologia dei diritti, Roma-Bari: Laterza, 2005; F. RESCIGNO, I diritti degli animali. Da res a soggetti, Torino: Giappichelli, 2005; B. DE MORI, Che cos’è la bioetica animale,

Roma: Carocci, 2007; P. SINGER, Liberazione animale: il manifesto di un movimento

diffuso in tutto il mondo, a cura di P. CAVALIERI, trad. it. di E. FERRERI, Milano: Il

Saggiatore, ed. 2015.

2

G. BARRECA, Animali umani e animali non umani. Un breve profilo storico-filosofico, in “Ricerche di storia politica”, a. XXII, n. 3, 2019, p. 295.

3 In realtà la nascita della questione animale, nell’ottica contemporanea, si fa risalire al

contributo fondamentale dato da P. SINGER, Animal Liberation: a new ethics for our

(13)

3

conferito a tale istanza una forte dimensione pubblica e politica, dall’altro la complessità e la molteplicità dei nostri rapporti con le altre specie si prestano ad essere indagate superando gli steccati metodologici e interpretativi delle diverse discipline»4

.

Dunque il dibattito attorno alla questione animale ha assunto una connotazione sempre più multidisciplinare e interdisciplinare, interessando campi come la filosofia, l’antropologia culturale, le dottrine giuridiche, la storia dell’arte e della letteratura, la sociologia, l’economia, la bioetica; si ritrova nelle agende ecologica, economica, di “giustizia alimentare internazionale”, medica e perfino gastronomica: diciamo in molti e rilevanti campi del pregiuridico.

Inoltre, secondo dottrina: «Anche per gli storici dell’età contemporanea costituisce un fecondo campo di indagine, ove si intrecciano la storia culturale e quella sociale, la storia delle idee e delle ideologie, la storia dei movimenti politici, delle donne e del femminismo [e dell’abolizione della schiavitù]. Si tratta di un ambito potenzialmente molto interessante perché l’evoluzione del rapporto uomo-animale, i modelli socio-culturali che lo supportano, le ricadute politico-giuridiche dell’animal advocacy si collocano all’interno dei più vasti processi di trasformazione che hanno plasmato la “modernità” occidentale nel corso degli ultimi due secoli»5. Inoltre, e in conseguenza, gli ultimi decenni hanno propiziato una espansione impressionante della questione animale proprio in campo giuridico; il problema morale di come gli animali devono essere trattati, oggetto della riflessione filosofica, si riversa infatti immediatamente sul piano giuridico e politico in relazione a come la legge dovrebbe trattarli. Il rapporto tra uomo e animale, sin dagli albori del pensiero occidentale, è stato fortemente incentrato sul paradigma dell’antropocentrismo, in virtù del quale tutto ciò che è nell’Universo è stato creato per l’uomo e per i suoi bisogni, per cui l’uomo si viene a trovare al centro dell’Universo e può

4 G. GUAZZALOCA, La relazione umani-animali. Tema di frontiera e laboratorio di

ricerca, in “Ricerche di storia politica”, a. XXII, n. 3, 2019, p. 289.

5

(14)

4

considerarsi misura di tutte le cose. Con riferimento, dunque, al tema che qui consideriamo, l’antropocentrismo considera la superiorità dell’uomo sull’animale, in virtù di una presunta radicale e insuperabile diversità ontologica; «l’idea di uomo, nel pensiero dell’Occidente, è costruita in contrapposizione all’idea di animale: umanità e animalità appaiono come termini di una polarità irriducibile»6

.

Il possesso della parola e della ragione qualificano l’uomo, segnandone la distanza incolmabile rispetto all’animale, sinonimo di irrazionalità e di disordine.

Tale spiccato antropocentrismo è volto, dunque, a giustificare la totale sottomissione degli esseri animali al volere degli esseri umani.

Utilizziamo gli animali come fonte di sostentamento, li cacciamo, li utilizziamo per fabbricare beni, ma anche per compiere lavori faticosi o pericolosi al nostro posto, così come per sperimentare sostanze che potrebbero essere dannose per l’uomo, semplicemente per intrattenerci. Insomma, il nostro rapporto con gli esseri animali mostra molte sfaccettature senza dimenticare che gli esseri animali sono diventati nel tempo anche ‘compagni di vita’ rivestendo il ruolo di animali d’affezione, disciplinato da particolari regole non solo etiche o sociali ma anche giuridiche.

È necessario premettere come tale atteggiamento marcatamente antropocentrico sia comune tanto all’approccio giuridico, quanto alla riflessione storico-filosofica ed anche religiosa. Per tale motivo, «tale comunanza interpretativa seppure non giustifichi la visione giuridica prettamente antropocentrica facilita la comprensione delle radici dell’antropocentrismo giuridico»7.

Dal punto di vista filosofico vale la pena evidenziare come l’approccio antropocentrico trovi giustificazione in elementi meramente fisici, come ad esempio la posizione dell’uomo eretto e piantato sui piedi ed il possesso

6 BATTAGLIA, Etica e diritti degli animali cit., pp. 26-27. 7

F. RESCIGNO, Gli esseri animali quali “res senzienti”, in “BioLaw Journal - Rivista di

(15)

5

delle mani; in caratteristiche psicologico-razionali, come la razionalità; in caratteristiche metafisiche o teologiche (il suo essere di natura divina)8. Dunque, l’ideale antropocentrico risulta suffragato anche dalla riflessione cristiana e da una lettura fortemente umanistica della Bibbia, per cui la presunta superiorità umana è sancita dal fatto che Dio ha creato «l’uomo a

sua propria immagine» (Genesi, 1, 26, 28) e che solo l’uomo è dotato di un

requisito fondamentale che è l’anima, testimonianza della sua superiorità su tutte le altre creature. Su tali presupposti si basa la definizione cartesiana degli animali quali «bruti privi di pensiero», creature considerate alla stregua di automi, macchine prive di intelligenza e consapevolezza9.

Dunque, in sede filosofica, l’elaborazione del soggetto umano in contrapposizione all’animale si è variamente determinata attraverso procedimenti di esclusione, di volta in volta supportati da presunte evidenze scientifiche che evidenziavano il carattere dell’umano in relazione a ciò che agli animali risultava precluso.

Le vecchie certezze sulla irriducibile, ontologica, separatezza dell’uomo rispetto agli animali non umani10, fondamentalmente basate sulla negazione di una mente animale, vista in termini di istinto, in quanto derivava dalla connessione tra stimoli esterni e conseguenti reazioni comportamentali, sembra non poter avere seguito, allo stato attuale.

Prima di effettuare una disamina cronologica del pensiero filosofico di alcuni autori, della quale abbiamo accennato qualche passaggio11

, fino ad arrivare alle prime posizioni in qualche modo anti-antropocentriche, vi è da fare un salto in avanti; col passare degli anni, e grazie all’acquisita interdisciplinarità e multidisciplinarità della questione animale, la diffusione di acquisizioni ormai inconfutabili nel campo delle scienze biologiche, zoologiche, cognitive12 e la conseguente crescita di dati empirici a

8 BARRECA, Animali umani e animali non umani cit., p. 296. 9

Cfr. RESCIGNO, Gli esseri animali quali “res senzienti” cit., pp. 681-682.

10 Cfr. supra. 11 Cfr. supra. 12

Cfr. G. PELAGATTI, Dignità e diritti degli animali. Prospettive bioetiche e giuridiche, in “Dirittifondamentali.it”, n. 1, 2017, p. 2.

(16)

6

disposizione, hanno reso inutilizzabili tutte le precedenti opposizioni tra l’uomo e l’animale fondate su presunte evidenze scientifiche e ricerche filosofiche. Più recentemente, molteplici considerazioni hanno determinato la ridefinizione di tale rapporto; è stata infatti ipotizzata, grazie al contributo della scienza, una somiglianzadelle funzioni neurofisiologiche fondamentali in tutti gli animali pluricellulari, nel senso di una maggiore o minore complessità della rete neurale13

. È stata così sostenuta la confrontabilità delle esperienze mentali tra specie diverse, sulla base dell’accertata similitudine delle proprietà fondamentali dei neuroni, della sinapsi e dei meccanismi neuroendocrini14. Viene fatto notare come le prove evolutive supportino la rivendicazione secondo la quale non vi sono significanti differenze qualitative tra gli umani e gli altri animali. Evidenze che giungono dall’etologia cognitiva indicano che molti animali possiedono l’architettura neurale necessaria per comportamenti cognitivi e affettivi sofisticati, e che manifestano sensibilità morale15. Inoltre, la suggestione secondo cui gli animali provano soltanto dolore fisico, giustificata dal fatto che essi hanno funzioni cognitive meno sofisticate degli umani per via della loro mancanza di consapevolezza e del senso del passato e del futuro, non trova ragione di essere. Secondo il parere dell’autrice: «pain may be worse

for animals than the comparable amount of pain is for humans»16.

Secondo queste nuove impostazioni «la nostra vita mentale è un aspetto dell’attività del nostro sistema nervoso centrale e si radica su una struttura emozionale largamente comune alle altre specie»17

.Attraverso lo studio dei sistemi nervosi centrali e dei comportamenti (biologia, neurologia,

13 Cfr. in proposito M. FILIPPI, Menti animali, in S. CASTIGNONE, L. LOMBARDI

VALLAURI (a cura di), “La questione animale”, in S. RODOTA’, P. ZATTI (diretto da), “Trattato di biodiritto”, Milano: Giuffrè, 2012, pp. 63-78.

14

Cfr. BATTAGLIA, Etica e diritti degli animali cit., p. 28.

15 Cfr. M. BRADIE, The Moral Life of Animals, in T. L. BEAUCHAMP, R. G. FREY (a

cura di), “The Oxford Handbook of Animal Ethics”, New York: Oxford University Press, 2011.

16

S. AKHTAR, Animal Pain and Welfare: Can Pain Sometimes Be Worse for Them than

for Us, in T. L.BEAUCHAMP, R. G. FREY (a cura di), “The Oxford Handbook of Animal

Ethics” cit., pp. 495-518.

17

A. MUSSO, I delitti contro il sentimento per gli animali (tesi di dottorato, Università degli studi di Napoli “Federico II”, a.a. 2011-2012), p. 10.

(17)

7 etologia)18

, è stato ampiamente dimostrato che gli animali sono esseri senzienti19, «comunicanti, in grado di soffrire, godere, apprendere, provare affetti, emozioni, sviluppare capacità; doti che in condizioni favorevoli si manifestano pienamente ma che subiscono una mortificazione quasi totale nella dismisura della violenza [...] [cui sono oggi sottoposti gli animali, ad esempio] dentro gli allevamenti intensivi, gli impianti di macellazione, i laboratori di sperimentazione/vivisezione»20

, e in molte altre situazioni. Dunque, gli esseri animali possono sperimentare emozioni sia positive sia negative, incluso dolore o sofferenze psicologiche acute.

Anche sul piano filosofico, la stessa distinzione è stata revocata in dubbio, essendo il ragionamento fondativo della separatezza dell’uomo dall’animalità sulla base dell’opposizione mente/istinto ormai concettualmente superato e giudicato fallace.

Nel quadro della destabilizzazione generale dovuta alla distinzione tra ciò che è propriamente umano rispetto agli animali non umani, sia all’interno della cultura scientifica, sia in sede filosofica, ha perso valore anche quella relativa al linguaggio. Sono, al contrario, continuamente prodotte ricerche che, nello studio del linguaggio degli animali non umani, identificano e analizzano “sistemi culturali animali” e che alimentano una letteratura in tema di socialità animale ormai imponente. Non esiste dunque una barriera

18 Sul punto, si vedano: D. DE GRAZIA, Taking animals seriously. Mental life & moral

status, Cambridge: Cambridge University Press, 1996; D. JAMIESON, Science,

knowledge, and animals minds, in “Proceedings of the Aristotelian Society”, vol. 98, 1998,

pp. 79-102; B. J. BAARS, There are no known differences in brain mechanisms of

consciousness between humans and other mammals, in “Animal Welfare”, vol. 10, suppl. 1,

2001, pp. 31-40; M.S. DAWKINS, Who needs consciousness?, in “Animal Welfare”, vol. 10, suppl. 1, 2001, pp. 19-29; D.R. GRIFFIN, G.B. SPECK, New evidence of animal

consciousness, in “Animal Cognition”, vol. 7, pp. 5-18, 2004; J. PANKSEPP, Affective neuroscience. The foundations of human and animal emotions, New York: Oxford

University Press, 2004.

19 Come vedremo meglio nei prossimi capitoli, la senzietà animale è stata recentemente

sancita anche dal Trattato di Lisbona del 2009, con l’inserimento nell’ambito del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) di un nuovo articolo (n. 13), il quale ha introdotto un’importante novità in questo senso, ossia l’affermazione esplicita che gli animali non sono “cose”, ma «esseri senzienti».

20 L. LOMBARDI VALLAURI, La questione animale come questione filosofico-giuridica,

(18)

8 invalicabile tra umani e non umani21

, ed anzi, le similitudini sembrano essere molte. La presenza di elementi di continuità tra il comportamento umano e quello animale, ha fatto sorgere l’esigenza di una revisione dei paradigmi tradizionali ispirati al dominio del primo sul secondo.

Per concludere, possiamo dire che «la recente tematizzazione dei diritti degli animali ha come sfondo, dunque, un importante sviluppo della ricerca scientifica e filosofica che segna profondamente ed orienta la sensibilità culturale»22.

La ricerca di nuovi modelli di comportamento, non più ispirati allo sfruttamento, può essere vagliata attraverso la disamina delle più significative tappe che hanno contrassegnato il mutamento della percezione culturale, sociale ed etologica, del rapporto tra l’uomo e l’animale, per misurarne poi l’incidenza sul piano giuridico ed i risultati raggiunti in tale ambito; è opportuno che i giuristi di diritto positivo, ed in particolar modo i penalisti, riescano a dare alla legislazione vigente una veste conforme allo statuto etico degli animali delineato dall’etologia. Possiamo essere dunque d’accordo con chi ritiene che nel fare ciò, gli stessi tengano conto del fatto che «la soluzione della cosiddetta questione animale non passa necessariamente [anzi, assolutamente!] attraverso il modello antropocentrico»23.

21

Senza dimenticare, in proposito, l’apporto dato a tutti questi contributi, da vari campi della scienza, dalla teoria dell’evoluzionismo darwiniano; Charles Darwin con la famosa teoria dell'evoluzione tramite selezione naturale scardina definitivamente ed in maniera irreversibile la possibilità di porre una qualsiasi barriera biologica tra uomo ed animale. «L'uomo nella sua arroganza si crede un'opera grande, meritevole di una creazione divina. Più umile, io credo sia più giusto considerarlo discendente dagli animali» (C. DARWIN,

L'origine dell'uomo e la selezione sessuale, 1871).

22

PELAGATTI, Dignità e diritti degli animali cit., p. 4.

23

(19)

9

2. GLI ANIMALI NEL PENSIERO FILOSOFICO ANTICO.

ALLE ORIGINI DELL’ANTROPOCENTRISMO

2.1 LA CONCEZIONE DELL’ANIMALE NELLA FILOSOFIA GRECA Con l’emergere del pensiero Greco, sorse la questione della definizione dell’uomo nella sua relazione con il mondo e tutti gli esseri viventi24.

Sebbene il dibattito rimase fortemente antropocentrico, la prima antropologia sentì necessario definire cosa fossero gli animali. Ciò non avvenne senza pecche, ambiguità e incoerenze dal momento che l’idea evolse. A dispetto di ciò, gran parte delle teorie, se non tutte, tennero conto e influenzarono la relazione tra uomo e animale25

.

Quando consideriamo l’importanza del coinvolgimento degli animali nella vita degli antichi Greco-Romani, viene spontaneo domandarsi se essi si preoccupassero per loro e in che modo, e se vi fossero delle idee definite riguardo appunto al benessere animale e ai diritti animali, che più tardi sono diventate un problema controverso e sentito.

La relazione tra umani e animali è infatti direttamente affetta dall’ambiente culturale e intellettuale proprio delle società e delle civiltà in cui si radica. Dal momento in cui tale questione ha raggiunto una crescente importanza nelle ultime decadi (dovuta all’evoluzione economica, scientifica e morale), corriamo il rischio, come sempre quando investighiamo una tradizione antica su questioni di interesse attuale, di essere anacronistici26. Come si ritrova nell’Introduzione di Filosofi e animali nel mondo antico27, «la riflessione si è rivolta al passato, per ripercorrere l’affiorare e il riaffiorare

24

Margherita Isnardi Parente, eminente studiosa del pensiero antico oltre che animalista, in un saggio di un ventennio fa, si è soffermata sulle «radici greche di una filosofia non antropocentrica»: M. ISNARDI PARENTE, Le radici greche di una filosofia non

antropocentrica, in «Biblioteca della libertà», a. XXIII, n. 103, 1988.

25

Cfr. L. BODSON, Attitudes Toward Animals in Greco-Roman Antiquity, in “International Journal for the Study of Animal Problems”, vol. 4, n. 4, 1983, pp. 312-320.

26 Ibid. 27

S.CASTIGNONE, G. LANATA, Filosofi e animali nel mondo antico, Pisa: Edizioni ETS, 1994.

(20)

10

nella filosofia antica dell’idea che fra l’uomo e l’animale non c’è e non ci deve essere una cesura netta e brutale; idea continuamente negata e ricacciata di là dalla soglia della coscienza dalla tendenza, da parte dell’uomo, al dominio e allo sfruttamento; e tuttavia sempre riemergente»28

. Come si evince dal complesso dei saggi, e di cui Giuliana Lanata ci dona un

assaggio nell’Introduzione, «la realtà dell’animale, l’immagine dell’animale, la metafora dell’animale, il modello rappresentato dall’animale costituiscono nel mondo antico quel patrimonio culturale in senso lato cui la grande filosofia di Platone, di Aristotele e degli Stoici (ma anche di Democrito, di Lucrezio, di Celso, di Porfirio, di Plutarco) attinge per costruire uno statuto filosofico dell’animale, in un contesto generale di discorso che riguarda il posto dell’uomo nell’universo, i suoi rapporti con gli altri esseri viventi, il carattere e il senso della sua razionalità»29

Il primo ad occuparsi degli animali fu Esiodo (metà VIII secolo a.C. - VII secolo a.C.) che, nel suo scritto Le opere e i giorni,dichiarò che la giustizia è stata garantita esclusivamente al genere umano da Zeus, mentre gli animali ne sono privi, vista la loro mancanza del logos (intelligenza e linguaggio), il quale sancisce la superiorità dell’uomo30.

Molti altri filosofi hanno discusso della relazione tra uomo e animale, esprimendo posizioni che, con modulazioni diverse, affermano la superiorità del primo; ad es. Anassimandro (Mileto, ca. 610 a.C. - ca. 546 a.C.), il quale «affermava l’esistenza di una comune natura tra uomini e animali, determinata da un’origine comune»31

; tale affinità non era comunque tale da poter giungere ad una completa parificazione.

Anni dopo, Pitagora (Samo, 580 a.C. /570 a.C. - Metaponto, ca. 495 a.C.) e i suo seguaci, nell’occuparsi, tra le altre preoccupazioni metafisiche, della vita dopo la morte, svilupparono la teoria della metempsicosi. Essi

28 Ivi, p. 8. 29

M. T. MARCIALIS, Reviewed Work: Filosofi e animali nel mondo antico by S.

Castignone, G. Lanata, in “Rivista di storia della filosofia”, vol. 52, n. 4, 1997, p. 833.

30 Cfr. BODSON, Attitudes Toward Animals cit., p. 313. 31

S. MARINI, Filosofi, animali, questione animale. Appunti per una storia, Milano: EDUCatt, 2012, p. 25.

(21)

11 credevano nella trasmigrazione32

dell’anima umana alle altre creature viventi, inclusi tutti gli animali, cosicché insegnarono ai loro contemporanei a non ucciderli, sia che essi fossero addomesticati sia selvatici. Si basavano su una dieta più o meno esclusivamente vegetariana, in ragione delle specie animali coinvolte nel processo trasmigratorio33.

È proprio nell’opera Metamorfosi34

di Ovidio (Sulmona, 43 a.C. - Tomi, 17 d.C.) che si afferma che il divieto di mangiare carne - per i pitagorici - è strettamente collegato alla dottrina della metempsicosi, secondo la quale gli animali non solo hanno un’anima, ma in loro possono essere presenti le anime degli uomini in cammino verso la purificazione.

Del resto, se gli animali sono chiamati così è proprio perché in essi è stata riconosciuta la presenza di un’anima.

Cita Pitagora (ed anche Empedocle) pure Cicerone (Arpino, 106 a.C. - Formia, 43 a.C.), nel suo De re publica: il giureconsulto romano ricorda che Pitagora ed Empedocle ritenevano unica la condizione giuridica di tutti gli esseri viventi e reputavano delittuosa l’azione di colui che arrecasse danno agli animali (non umani)35. Tale affermazione, secondo Onida, apre la strada al riconoscimento di una fra le più alte espressioni dell’affinità fra uomini e animali non umani: il dovere dell’uomo di difendere attivamente la vita degli stessi (anche sul piano giuridico)36.

32 Sulla trasmigrazione, nella filosofia pitagorica, si veda: M.V. BACIGALUPO, Il

problema degli animali nel pensiero antico, Torino: Edizioni di Filosofia, 1965, pp. 11 ss.

33 Cfr. BODSON, Attitudes Toward Animals cit., p. 313.

34 OVIDIO, Le metamorfosi, trad. it. P. BERNARDINI MARZOLLA, a cura di P.

BERNARDINI MARZOLLA, Torino: Einaudi, 2015, libro XV (ed. or. Metamorphoseon

libri XV).

35 Cfr. P. P. ONIDA, Dall’animale vivo all’animale morto: modelli filosofico-giuridici di

relazioni fra gli esseri animati, in “Diritto@Storia: Rivista Internazionale di Scienze Giuridiche e Tradizione Romana”, a. VII, n. 7, 2008, ripreso dalla corposa monografia

dello stesso autore: P. P. ONIDA, Studi sulla condizione degli animali non umani nel

sistema giuridico romano, Torino: Giappichelli, 2002.

Vedi anche il saggio: G. LANATA, Antropocentrismo e cosmocentrismo nel pensiero

antico, in S.CASTIGNONE, G. LANATA (a cura di), Filosofi e animali nel mondo antico,

Pisa: Edizioni ETS, 1994, pp. 15-49.

36 Cfr. ONIDA, Studi sulla condizione degli animali cit., pp. 53-55

Il vegetarianismo di Pitagora si precisa nel senso che agli animali non umani non deve essere arrecato danno e che a loro deve estendersi la giustizia, sicché esso non appare fine a se stesso, come mezzo di ascesa individuale, « ma come cardine di un sistema di relazioni

(22)

12

Pitagora dunque, «sulla base della comune natura tra tutti gli esseri animati, rifiuta l’uccisione di un altro animale da parte dell’uomo. La credenza nella trasmigrazione e la condanna dei maltrattamenti inferti agli animali non umani , il divieto di sacrifici animali a scopo religioso e la proibizione della sarcofagia sono per Pitagora strumento di ascesi e modalità di distinzione rispetto alla genie impura di coloro che non esitano a uccidere gli altri esseri animati. Al centro della speculazione scientifica di Pitagora vi è dunque un animale vivo che l’uomo deve rispettare e tutelare»37.

Vedremo come, successivamente, la teoria della trasmigrazione verrà poi ripresa da Platone38.

Dopo Pitagora, sarà Anassagora (Clazomene ca. 496 a.C. - Lampsaco ca. 428 a.C.) a riconoscere una forte affinità tra animali e uomini, tuttavia riconoscendo che l’uomo è pur sempre superiore, e non solo per l’intelletto39: «Anassagora afferma che l’uomo è il più intelligente degli animali grazie all’aver mani»40.

Il possesso delle mani era, dunque, considerato il presupposto della possibilità di apprendere, e quindi di saper usare l’esperienza e la memoria, mentre tutto ciò era precluso agli animali41.

La differenza tra uomo e animale, con radicale affermazione della superiorità del primo sul secondo, è espressa per la prima volta in modo esplicito in un passo dei Memorabili di Senofonte (Atene, ca. 430 a.C. - Corinto, ca. 355 a.C.), nel quale Socrate (Atene, ca. 470 a.C. - 399 a.C.) sottolinea che l’uomo è senz’altro il beniamino degli dèi, i quali lo hanno

giuridiche fra uomo e animali non umani» (p. 53), fino a prospettare «una tutela degli animali non umani» anche sul «piano giuridico, in nome della generale affinità tra tutti gli esseri viventi» (p. 55).

37 ONIDA, Dall’animale vivo all’animale morto cit., cap. I, par. 2. 38 Cfr. infra.

39

Cfr. MARINI, Filosofi, animali, questione animale cit., p. 26.

40 ARISTOTELE, Parti degli animali, IV, 10, 687a 8-9, trad. it. M. VEGETTI, Laterza:

Bari, 1973, p. 127 (ed. or. De partibus animalium).

Occorre sottolineare che Aristotele ha condotto una immensa opera di sistemazione che ha introdotto la zoologia nel novero delle discipline naturali.

41 Nella stessa opera sopracitata, Aristotele si dimostra in disaccordo con Anassagora,

poiché secondo lui non è perché l’uomo ha le mani che possiede l’intelletto, ma è esattamente il contrario, infatti: «è invece ragionevole dire che ha ottenuto le mani perché è il più intelligente» (ARISTOTELE, Parti degli animali cit., 687a 10-13).

(23)

13

fatto eretto, l’unico tra gli animali, e al quale hanno donato un’anima di meravigliosa potenza42.

In Platone (Atene 427 a.C. - 347 a.C.) la supremazia dell’uomo su ogni altra creatura è connessa anzitutto al riconoscimento dell’esistenza dell’anima in tutti gli esseri viventi. La loro esistenza materiale è espressione di una punizione o di un premio dell’anima che vivifica il corpo. Gli esseri sono tutti legati intimamente tra loro, le differenze sono solo morali, per cui essere donna o essere animale dipende unicamente dal comportamento dell’uomo. Infatti, nel Timeo, Platone afferma che colui che vive bene il tempo assegnatoli, vivrà conformemente alla sua natura; se dovesse fallire in queste cose, nella seconda generazione si trasformerebbe in donna; se neanche qui riuscisse a desistere dal male, muterebbe in un animale, a seconda del tipo di malvagità in lui generata43.

Dunque, nella ricostruzione platonica gli animali hanno esistenza e significato solo in relazione all’uomo; se gli uomini non si fossero mai allontanati dalla loro natura, e dunque non avessero mai commesso colpe, gli animali non esisterebbero.

Nel Protagora, «la superiorità dell’uomo sull’animale è affermata partendo dalla constatazione, che parrebbe contraddittoria, della superiorità fisica del secondo sul primo. Di fatto l’inferiorità fisica dell’uomo è riscattata dall’acquisizione da parte di questo delle abilità pratiche e, in particolare, dall’acquisizione dell’organizzazione politica»44

.

Per quanto riguarda la teoria della trasmigrazione, ripresa da Pitagora, Platone distingue una doppia natura nell’animo umano: la sua parte migliore, divina e condivisa con gli dèi (logistikon, l’elemento razionale) e l’altra, relativa agli animali, attraverso il thymoeides (l’elemento irascibile) e l’epithmetykon (l’elemento appetitivo)45. L'uomo poteva realizzarsi solo dando alla sua ragione il comando sulle forze irrazionali della sua anima.

42 Cfr. MARINI,Filosofi, animali, questione animale cit., pp. 27-28. 43 Ivi, p. 28.

44

Ivi, p. 29.

45

(24)

14

La giustizia, infatti, è la capacità di autogovernarsi; essa si realizza nel primato dell’elemento cognitivo. Si ha dunque giustizia quando la parte razionale governa; si ha ingiustizia quando le varie parti dell'anima non rispettano la gerarchia, generando ciò che Platone chiama stasis46

.

Aristotele (Stagira, 384 a.C. - Calcide, 322 a.C.) non fu certo il primo a parlare degli animali nei suoi scritti, ma fu il primo a impostare in modo radicale la tesi antropocentrica, vale a dire la tesi, destinata a rimanere centrale fino al XX secolo, secondo la quale non solo l’uomo è superiore all’animale, ma deriva questa sua superiorità dalla constatazione che l’intero universo, compresi gli animali, è stato creato per lui e nel solo suo interesse. Le riflessioni aristoteliche, nel solco di tale tradizione antropocentrica, «portano a sostenere l’idea del primato dell’uomo sul resto degli esseri viventi attraverso la descrizione e l’esaltazione di due caratteristiche ritenute proprie prevalentemente del genere umano»47: il possesso della stazione eretta e delle mani48.

Lo Stagirita non nega che gli animali non umani possiedano una qualche forma d’intelligenza49, ma ritiene che la capacità di discernere tra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto sia propria solo dell’uomo. Aristotele, dunque, rifiuta quelle tesi che ammettevano rapporti giuridici tra uomo e animale non umano; egli ritiene che l’uomo non è il solo animale politico50, ma afferma anche che gli altri esseri viventi non sono dotati di tale intelligenza

46

Cfr BODSON, Attitudes Toward Animals cit., pp. 313-314.

47 ONIDA, Dall’animale vivo all’animale morto cit., cap. I, par. 2. 48 ARISTOTELE, Parti degli animali cit., IV, 10, 686a 27, p. 125.

Si vedano anche: LANATA, Antropocentrismo e cosmocentrismo cit., pp. 15-49; M. VEGETTI, Figure dell’animale in Aristotele, in S.CASTIGNONE, G. LANATA (a cura di), Filosofi e animali nel mondo antico, Pisa: Edizioni ETS, 1994, pp. 123-137.

49 Ivi, 687a 7, in cui Aristotele afferma che l’uomo è “il più intelligente” in assoluto degli

esseri viventi, affermazione che implica il riconoscimento di un certo grado di intelligenza anche per gli animali.

50 Id., Ricerche sugli animali, VIII, 1, 588a 20, trad. it. M. VEGETTI, in D. LANZA, M.

VEGETTI (a cura di), “Opere biologiche”, Torino: UTET, 1996, p. 421 (ed. or. Historia

animalium); in quest’opera Aristotele pone tra animale ed uomo un rapporto di gradualità,

affermando che “alcuni animali differiscono rispetto all’uomo per una differenza secondo il più e il meno”. Sempre nelle Ricerche riconosce che “molti animali partecipano della memoria e della capacità di apprendere” (Ivi, I, 1, 488b 20, p. 422): gli usignoli ad esempio possiedono un linguaggio che insegnano ai loro piccoli, mentre le api, le gru, le formiche sembrano possedere un senso politico, dato che vivono in comunità (cfr. ivi, 488a 10-12).

(25)

15

e quindi non partecipano al diritto. Come gli uomini gli animali si nutrono, si riproducono, sanno rapportarsi al mondo che li circonda grazie ai sensi, desiderano, ricordano, immaginano. Ad essi manca tuttavia quella caratteristica che non solo è propria dell’uomo, ma lo rende superiore a tutti gli altri esseri viventi e ne giustifica il dominio: la razionalità. Essa «crea tra uomo e animale un confine invalicabile, quale quello che esiste tra padrone e schiavo»51

.

Tale dominio e tale possesso, giustificati dal possedere la ragione, vengono da lui esplicitati chiaramente; infatti, in base a queste peculiari e imprescindibili doti dell’essere umano, veniva a formarsi, tra esso e il resto del creato, una distanza così quantitativamente e qualitativamente incolmabile da legittimare, nel pensiero del filosofo, la costruzione di un mondo rigidamente gerarchico in cui il superiore per natura deve dominare l’inferiore - e servirsene come se a suo uso e consumo esso fosse stato creato - per il bene dell’inferiore stesso:

«gli animali domestici sono per natura migliori dei selvatici e a questi tutti è giovevole essere soggetti all’uomo, perché in tal modo hanno la loro sicurezza»52.

E ancora:

«è chiaro … che le piante sono fatte per gli animali e gli animali per l’uomo, quelli domestici perché ne usi e se ne nutra, quelli selvatici, se non tutti, almeno la maggior parte, perché se ne nutra e se ne serva per gli altri bisogni, ne tragga vestiti e altri arnesi. Se dunque la natura niente fa imperfetto né invano, è per l’uomo che la natura li ha fatti, tutti quanti»53.

Tra uomo e animale (in quanto privo di anima), dunque, non può esservi alcun rapporto di affetto o di amicizia, e neppure giustizia. È vero che

51 MARINI, Filosofi, animali, questione animale cit., p. 31.

52 ARISTOTELE, Politica, I, 5, 1254b, 7-13, a cura di R. Laurenti, Roma-Bari: Laterza,

2000, p. 11.

53

(26)

16

Aristotele afferma che la schiavitù dell’animale ne garantisce la sicurezza, ma ciò non va inteso come riconoscimento di un qualche obbligo da parte dell’uomo; la giustizia si applica solo tra gli uomini liberi54

, e questi non hanno alcun obbligo nei confronti di quanti sono a loro sottomessi (donne, schiavi, animali).

L’abisso che separa l’uomo dall’animale è talmente largo e profondo che «se il primo provasse per il secondo un sentimento di amicizia, di simpatia, o anche un desiderio di essere giusto, offenderebbe con ciò stesso la propria natura razionale, e dunque diminuirebbe la sua dignità di uomo»55.

Dopo Aristotele, fu il turno degli stoici56, i quali negarono fin da subito come la giustizia intervenisse nel rapporto uomo-animale, in virtù del fatto che noi uomini possediamo la ragione, mentre gli animali, non avendola, non possono godere di alcun diritto nei nostri confronti.

Crisippo (Soli, ca. 279 a.C. - Atene, ca. 206 a.C.), in particolare, dopo aver ribadito che non può esistere alcun rapporto giuridico tra l’uomo e gli altri animali, perché non si somigliano, ripropone l’idea che gli dèi abbiano creato gli animali unicamente per l’uomo57.

Sottolineando l'irrazionalità degli animali, gli stoici negavano loro tutte le capacità indispensabili per ottenere il riconoscimento di qualsiasi diritto, naturale o legale, e quindi negavano loro la tutela della legge e della giustizia58.

Gli antichi teorici del rapporto uomo-animale mantennero vive le polemiche generate dalle idee degli stoici sulla gerarchia di tutti gli esseri viventi e sul loro concetto della superiorità dell'uomo, correlata al suo dominio teoricamente assoluto sull'animale. Epicurei, cinici e successivamente

54 Come già scriveva Esiodo nell’VIII-VII sec. a.C. nel suo Le opere e i giorni (276-279). 55

MARINI, Filosofi, animali, questione animale cit., p. 32.

56 Lo stoicismo è una corrente filosofica e spirituale, di impronta razionale, panteista,

determinista, dogmatica e ottimista, fondata intorno al 300 a.C. ad Atene, da Zenone di Cizio, con un forte orientamento etico.

Cleante, Crisippo, Seneca, Catone Uticense furono importanti personalità della scuola stoica, alla quale si ispirò anche Cicerone, pur non aderendo mai a nessuna scuola filosofica.

57

Cfr. MARINI, Filosofi, animali, questione animale cit., p. 33.

58

(27)

17

scettici, neoplatonici, neopitagorici, ciascuno con i propri argomenti e scopi hanno contestato vigorosamente tali teorie e le conseguenze che hanno comportato per lo status degli animali, dal momento che si diceva che le bestie esistessero solo ad uso e a vantaggio dell'uomo59

.

Seppur polemico con il pensiero stoico, anche Epicuro (Samo, 341 a.C. - Atene, 270 a.C.) rifiuta l’idea che tra uomini e animali possa esistere un rapporto fondato sulla giustizia, la quale non esiste di per sé, ma solo nei rapporti reciproci. Come ci ricorda Marini, Epicuro era tuttavia vegetariano60, «non, però, per una forma di rispetto per la vita animale, ma come una forma di quel dominio di sé che doveva assicurare, anche attraverso la frugalità, la serenità del saggio[...] L’etica epicurea ha al centro del suo interesse unicamente l’uomo; e in questo senso si è parlato, per l’epicureismo, di un antropocentrismo debole»61.

Inoltre, Epicuro critica l'antropocentrismo aristotelico, pur non rigettando il primato umano sugli animali, e sostiene che tutti gli esseri viventi sono dotati di sensibilità e ricercano il piacere come gli uomini cercando di evitare il dolore62.

Epicuro, dunque, predica benevolenza verso gli animali con motivazioni analoghe a quelle che saranno poi di Tommaso d’Aquino e di Kant.

Parallelamente alla concezione aristotelica, allora dominante, e indipendentemente da essa, sorse una corrente più simpatetica nei confronti degli animali, che riconobbe agli stessi capacità di apprendere e di insegnare, e dunque una certa forma di intelligenza.

Il primo esponente di questa corrente fu Teofrasto (Ereso, ca. 371 a.C. - Atene, ca. 287 a.C.), primo successore di Aristotele alla guida del Liceo, il quale discusse riguardo alle somiglianze fisiche e mentali tra uomo e

59 Ibid.

60 MARINI, Filosofi, animali, questione animale cit., p. 34; almeno secondo la

testimonianza del neoplatonico Porfirio di Tiro, secondo il quale vari filosofi e scrittori dell’antichità furono per esplicita scelta vegetariani. Oltre a Pitagora, egli cita Empedocle, Socrate, Platone, Aristotele, Epicuro, ecc.

61

LANATA, Antropocentrismo e cosmocentrismo cit., p. 30.

62

(28)

18

animale. Egli arrivò alla conclusione di una loro parentela, dal momento che era d'accordo sul fatto che se vi fossero differenze di grado, queste non fossero distinzioni realmente qualitative riguardo alla percezione sensoriale. Tali opinioni, professate dai fondatori della storia naturale, erano collegate con gli argomenti già espressi o accennati in precedenza nella tradizione, ad es. da Empedocle, e destinati a subire ulteriori sviluppi, che gli animali sono superiori in alcuni modi agli esseri umani63

.

Tuttavia, Teofrasto «non si limita a sottolineare la parentela per così dire biologica tra uomini e animali, [...] e neppure si limita a constatare come tra uomini e animali si possano notare similari modi espressivi psichici64»65: egli compie un passo ulteriore e riconosce, proprio a partire da tutto questo, che uomini e animali appartengono allo stesso genere.

Teofrasto sosteneva quindi che gli uomini e gli animali facessero parte di una medesima comunità e, pertanto, tra loro dovesse intercorrere un rapporto fondato sulla giustizia, soprattutto come garanzia del diritto alla vita che appartiene ad ogni essere dotato di sensibilità.

Certamente tra uomini e animali esistono differenze qualitative e quantitative, ma le somiglianze sono assai più numerose e significative, per cui le differenze riscontrabili non sono tali da creare tra gli uni e gli altri una barriera invalicabile. Si comprende così come Teofrasto condannasse con decisione i sacrifici di animali: «a suo avviso, questi sacrifici cruenti [...] sono rivelatori di un animo crudele e abituato al sangue. Gli dèi sono pietosi e benefici e non possono amare il sangue di animali innocenti»66

.

Ad avviso di Marini, a rendere interessante la posizione di Teofrasto è che «nel suo pensiero la violenza nei confronti degli animali non è condannata,

63

Cfr. BODSON, Attitudes Toward Animals cit., p. 314.

64 Già Aristotele, in effetti, aveva notato come: «è presente infatti anche nella maggior parte

degli altri animali una traccia di quelle modalità psichiche che nell’uomo sono più manifestamente differenziate. In effetti mansuetudine e selvatichezza, mitezza e aggressività, coraggio e viltà, paura e sicurezza, impetuosità e furberia e una certa capacità di comprensione intellettuale rappresentano in molti animali delle similarità con l’uomo» (Ricerche sugli animali cit., VIII, 1, 588a 18-22, p. 421).

65

MARINI, Filosofi, animali, questione animale cit., pp. 34-35.

66

(29)

19

come avveniva ad esempio nel pensiero pitagorico, per ragioni mistico-religiose, per cui chi si è macchiato di sangue [...] animale diviene impuro e, in quanto tale, portatore di un contagio che può estendersi all’intera umanità: per Teofrasto la sostanziale affinità tra uomini e animali crea un legame in virtù del quale qualsiasi comportamento lesivo della vita dei secondi è da ritenersi immorale»67, ingiusto.

La posizione di Teofrasto rimase isolata all’interno del pensiero aristotelico; di fatto, le grandi opere in difesa del mondo animale dell’antichità provengono da un ambito neoplatonico. Il neoplatonismo è sostanzialmente caratterizzato dall’idea di una comune realtà spirituale che collega, gerarchicamente, tutti i viventi; da ciò si spiega perché alcuni neoplatonici

potessero ripensare in senso migliorativo la realtà degli animali. Tra di essi, merita una menzione particolare Plutarco (ma anche Celso e

Porfirio), le cui opere presentano molti dei temi a favore degli animali che ritorneranno nei secoli successivi.

Plutarco (Cheronea, ca. 47 d.C. - Delfi, ca. 125 d.C.) dedica alla difesa degli animali varie sue opere, nelle quali dimostra di essere mosso da un sentimento spontaneo, istintivo, di amore nei loro confronti68.

Secondo lo stesso, dobbiamo distinguere tra giustizia e benevolenza, dovendo quest’ultima essere estesa anche agli animali: «l’esperienza mostra che il dominio della bontà si estende ben più lontano di quello della giustizia. Siamo infatti tenuti ad esercitare la giustizia e la legge solo nei confronti degli uomini; ma quando si tratta di benefici, di riconoscenza, accade che il loro flusso, il quale scaturisce dalla ricca sorgente della dolcezza, si estenda sino agli esseri privi di ragione [...] Non bisogna trattare gli esseri animati come se fossero scarpe o utensili [...] bisognerà mostrarsi dolci e gentili nei loro confronti, se non altro come esercizio di

67 Ivi, p. 37.

68 G. SANTESE, Animali e razionalità in Plutarco, in Filosofi e animali nel mondo antico

(30)

20 filantropia69

»70

. Qui, Plutarco «sottolinea la necessità di rispettare gli animali come utile esercizio per apprendere la compassione e la benevolenza verso gli altri uomini: [...] tuttavia, lo scrittore si mantiene nel solco della concezione tradizionale e più diffusa secondo la quale gli animali sono “esseri privi di ragione”, per cui è consequenziale che la giustizia valga “solo nei confronti degli uomini”»71

.

Il primo passo è ripreso da Santese, che ripete come «la dolcezza verso gli animali è raccomandabile perché abitua l’uomo a comportarsi con compassione e umanità verso gli altri uomini»72.

Uno dei resoconti più completi, conservato insieme a una buona sintesi dei principali fattori in questione è dato dai trattati di Plutarco, quelli espressamente dedicati alla questione animale, in particolare quelli intitolati

Del mangiare carne, Gli animali usano la ragione (noto anche come Grillo)

e L’intelligenza degli animali di terra e di mare, tutti inseriti nei Moralia. Questi opuscoli che troviamo nei Moralia documentano l’energia con cui Plutarco adotta una posizione controcorrente, attaccando l’antropocentrismo che domina la concezione greca dell’universo. Egli intende dimostrare che anche gli animali orientano il loro comportamento secondo razionalità, senso morale e giustizia, e per avvalorare il proprio asserto si serve di un’estesa casistica, in cui la realtà si alterna alla leggenda e l’osservazione diretta viene integrata dai materiali della letteratura. E l’argomentazione è sostenuta dall’estro e dalla sapienza di un grande scrittore.

Plutarco, pur riconfermando il significato e il valore della benevolenza come mezza per la filantropia, fonderà l’esigenza di rispettare tutti i viventi non umani su ragioni ben più profonde.

Mangiare carne non è una condizione naturale dell’umanità, ma un passaggio traumatico nella sua storia. Con esso l’uomo, animale predato,

69

La filantropia è un sentimento e un conseguente atteggiamento di benevolenza alla base di un comportamento diretto a realizzare il benessere altrui.

70 Ivi, p. 142. 71

MARINI, Filosofi, animali, questione animale cit., p. 38.

72

(31)

21

passa dalla parte dei predatori. Ciò implica vivere della regolare uccisione degli animali - e insieme trasformare la fisiologia dell’uomo. Plutarco compone un testo essenziale per chi voglia comprendere le ragioni di una

controversia che il tempo non ha spento: il trattato Del mangiare carne. In questa breve opera, che ci giunge incompiuta, l’autore dimostra il suo

profondo amore per gli animali, ed esprime con veemenza e con motivazioni del tutto logiche, il suo disgusto e il suo disprezzo per gli uomini che si cibano di carne. Plutarco, che apparteneva alla corrente di pensiero platonica, non tralascia di citare l’antesignano ispiratore Pitagora. Inoltre pone l’accento sul rispetto che l’uomo deve, agli altri esseri viventi, che come lui sono fatti di sangue e carne e sono dotati di sentimenti. Non li considera perciò subordinati agli esseri umani, ma piuttosto creature con un ruolo preciso stabilito dalla natura e quindi da rispettare e tutelare, in netta contrapposizione al pensiero stoico, che poneva l’uomo all’apice della creazione, e che riteneva che gli animali fossero esseri inferiori.

Lo scrittore, dunque, difende la scelta del vegetarianismo e si scaglia, in particolare, contro gli stoici, secondo i quali il mangiar carne ha un’origine naturale; l’uomo, secondo Plutarco, non ha nessuna delle caratteristiche che definiscono i carnivori: «il corpo umano infatti non ha affinità con alcuna creatura formata per mangiare la carne: non possiede becco ricurvo, né artigli affilati, né denti aguzzi [...] la natura esclude la nostra disposizione a mangiare la carne»73

.

Questo comportamento umano è dunque «contro natura»74

; come ci ricorda Marini75, Plutarco sa benissimo che l’abitudine ha reso la sarcofagia quasi una seconda natura per l’uomo, difficile da eradicare.

Si nota, però, come egli condanni non tanto il fatto in sé, ma che questo atto sia frutto di ingordigia, di appetito smisurato: «hanno trasformato in piacere

73

PLUTARCO, Del mangiare carne, 995a, in Id., Del mangiare carne. Trattati sugli

animali, a cura di D. DEL CORNO, trad. it. D. MAGINI, Milano: Adelphi, 2001, pp. 60-61.

74

Ivi, 995b, p. 61.

75

(32)

22

la violenza non per nutrirsi né perché siano spronati dal bisogno o dalla necessità, ma per insolenza, ingiustizia e lusso smodato»76.

Ed ancora: « [...] per di più, crediamo che i suoni e le strida che gli animali emettono siano voci inarticolate, e non piuttosto preghiere, suppliche e

richieste di giustizia»77. In Gli animali usano la ragione, Plutarco immagina un dialogo tra Odisseo e Grillo, un nome che indica uno che una volta era un uomo, e che ora, trasformato da Circe in maiale, contesta aspramente quei discorsi con cui gli stoici cercavano di persuaderlo «a considerare prive di ragione e di intelligenza tutte le creature eccetto l’uomo»78.

Nel suo colloquio Grillo non solo afferma che gli animali possiedono un’anima, ma anche che essi hanno un’intelligenza superiore a quella degli uomini, dato che «il loro maestro è la natura»79.

In linea con quanto detto, «l’uomo deve apprendere virtù e conoscenze, gli animali, seppure con gradualità diverse, sono per natura virtuosi e in grado di apprendere quanto loro serve»80; Plutarco dunque afferma con decisione la superiorità etica e razionale dell’animale sull’uomo.

L’intelligenza degli animali è, fra le opere indicate, la più lunga e

interessante: in essa Plutarco affronta il tema delle forme di intelligenza e virtù proprie degli animali. L’opera inizia con un deciso attacco alla caccia, definita quale attività che «imbarbarisce gli uomini, abituandoli al sangue e alla violenza, che poi scateneranno tra di loro»81

. Plutarco afferma dunque un principio importante: il divieto di togliere la vita, il principio della “non liceità” del delitto non è limitata ai soli uomini, ma deve essere esteso anche agli animali e dunque va considerato come un principio valido per tutti gli esseri viventi82.

76 PLUTARCO, Del mangiare carne cit., 997a-b, p. 66. 77 Ivi, 994e, pp. 59-60.

78

PLUTARCO, Gli animali usano la ragione, 992c, in Id., Del mangiare carne cit., p. 99.

79 Ivi, 991e, p. 98.

80 MARINI, Filosofi, animali, questione animale cit., p. 40. 81

Ibid.

82

Riferimenti

Documenti correlati

Anche per questo motivo, la maggior parte degli esemplari è caratterizzata dal possedere ampie riserve di grasso, che si rivelano utili per assicurare

Il corpo è coperto di squame Ce ne sono 6000 specie Fanno le uova. Hanno bisogno del sole per scaldare il corpo e

Le femmine allattano (= danno latte) ai cuccioli (= piccoli) I genitori si prendono cura per molto tempo dei cuccioli Hanno 4 arti, quelli posteriori (= dietro) più forti. Hanno

Negli animali più evoluti i recettori sono raggruppati in parti ben precise del corpo e formano gli organi di senso. Il cane usa il suo olfatto per stanare

•  il canto degli uccelli è un istinto ma i maschi sono stonati se non hanno ascoltato in un certo periodo dell’infanzia il canto di un maschio adulto della loro specie..

In particolare la ricerca si è orientata principalmente sulla camola della farina (Tenebrio molitor), la mosca soldato (Hermetia illucens) e la mosca comune (Musca domestica)

The mechanism of influence is as follows: Protest events results in media coverage of those events which leads to increased mass media attention to the underlying

Nella descrizione è bene inserire anche dati di movimento, cioè informazioni su che cosa fa