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Conservare il patrimonio culturale di un territorio: le carte di Adolfo Callegari

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Corso di Laurea Magistrale

in Storia e gestione del patrimonio archivistico e bibliografico

ordinamento ex D.M. 270/2004

Tesi di Laurea

Conservare il patrimonio culturale di un

territorio: le carte di Adolfo Callegari

Relatore

Ch. Prof. Giorgetta Bonfiglio-Dosio

Correlatore

Ch. Prof. Dorit Raines

Laureando

Patrizia Vio

matricola 840232

Anno Accademico

2016 / 2017

(2)
(3)

- 3 -

Indice sommario

Parte prima

Introduzione

p. 5

Adolfo Callegari: vicende biografiche

p. 13

La parte di archivio conservata presso la Biblioteca Civica di Este

p. 19

Criteri di riordino dell’archivio e redazione dell’inventario

p. 20

Elenco di abbreviazioni, sigle e segni convenzionali usati nell’inventario

p. 22

Parte seconda

Inventario

Serie 1. Documenti personali e familiari

p. 23

1.1

Famiglia Callegari

1.2

Nomina a Ispettore onorario

1.3

Eventi e personaggi del periodo fascista

1.4

Ricordi personali

Serie 2. Attività lavorativa

p. 24

2.1

Attività istituzionale

2.2

Onoranze Alfonsi – Prosdocimi

2.3

Ritrovamento cippo romano

Serie 3. Ricerche e carteggio su Arquà Petrarca

p. 27

3.1

Arquà Petrarca e casa del poeta F. Petrarca

3.2

Foto di Arquà Petrarca

Serie 4. Ceramica a Este

p. 30

Serie 5. Mostra del giardino italiano (Firenze, 1931)

p. 30

5.1

Pubblicazione

5.2

Censimento giardini storici

5.3

Organizzazione mostra

5.4

Oggetti concessi in prestito

Serie 6. Ricerche su ville venete e colli Euganei

p. 35

Serie 7. Studi e scoperte archeologiche

p. 36

(4)

- 4 -

Serie 9. Corrispondenza

p. 39

Serie 10. Pubblicazioni

p. 47

Serie 11. Giornali e riviste

p. 48

Serie 12. Fotografie e riproduzioni

p. 50

12.1 Reperti archeologici

12.2 Luoghi e opere

12.3 Dipinti

12.4 Opere artistiche di Callegari

12.5 Stampe e riproduzioni

12.6 Esposizione Distrettuale d’Industria-Commercio-Agricoltura-Arte

12.7 Cartoline postali

12.8 Foto e stampe non classificabili

Parte terza.

(5)

- 5 -

INTRODUZIONE

Gli archivi privati

Nel mondo antico il termine archivio era strettamente collegato all’esercizio del potere statale e

designava non tanto direttamente con documentazione, quanto il luogo in cui erano conservati gli “atti

pubblici”, ovvero i documenti emanati dalle autorità di governo, con esclusione quindi degli “atti

privati

” i quali, pertanto, non erano considerati “archivio”

1

.

Nel corso del Medioevo la capacità giuridica di costituire archivi competeva a chi era titolare di

sovranità: pertanto era considerato archivio solo quello prodotto dall’autorità pubblica che godeva dello

jus imperii, appannaggio delle due massime autorità: Impero e Papato.

In età moderna Baldassarre Bonifacio, autore del primo manuale sugli archivi

2

, fu il primo ad inserire

nel novero degli archivi anche le scritture dei privati, considerando archivio qualsiasi deposito ordinato

di documenti, ai quali riconobbe valore culturale.

All’inizio del XVII secolo la Sacra Rota romana ammetteva l’esistenza di archivi privati comprendendo

nel novero quelli dei capitoli, degli ordini regolari, dei monasteri e delle istituzioni analoghe, in

contrapposizione con l’Archivio Vaticano e gli archivi diocesani, considerati pubblici in quanto dotati

della pubblica fede

3

.

I profondi mutamenti portati dalle riforme dell’assolutismo illuminato e dai principi divulgati dalla

Rivoluzione francese, che determinarono la soppressione di magistrature, uffici, giurisdizioni speciali e il

conseguente accumulo di ingenti quantità di scritture provenienti dagli istituti soppressi, portarono alla

formazione di grandi archivi con fondi archivistici di provenienza diversa e ad istituzioni incaricate di

gestire questi raggruppamenti. Cominciò a maturare l’idea di pensare ai grandi complessi documentari

anche come a serbatoi di memoria, in particolare di memoria culturale, che aprì inevitabilmente il

campo a nuove prospettive

4

. In sostanza i documenti, una volta esaurita la loro fase attiva, potevano,

anzi dovevano, essere concentrati presso soggetti diversi dai produttori, istituti di conservazione, il cui

fine principale sarebbe diventato quello di garantire l’uso degli archivi a fini storico culturali.

In definitiva se fino a quel momento gli archivi erano stati quasi unicamente recepiti come

memoria auto

documentazione, a partire da questa peculiare congiuntura storica si avviarono anche a divenire memoria

fonte. Canonicamente l’inizio di tale processo viene fatto risalire al 1794, anno in cui in Francia viene

sancito il principio della pubblicità degli archivi, intesa non tanto come garanzia di libero accesso dei

1 ANTONIOROMITI, Gli archivi domestici e personali tra passato e presente, in Archivi nobiliari e domestici, Conservazione, metodologie di riordino e

prospettive di ricerca storica, a cura di Laura Casella e Roberto Navarrini, Udine, Forum, 2000.

2BALDASSARRE BONIFACIO, De archivis liber singularis, Venezia, 1632. 3ROBERTONAVARRINI, Gli archivi privati, Torre del Lago, Civita, 2005.

(6)

- 6 -

cittadini alle fonti documentarie a fini di studio, quanto come diritto del cittadino di accedere ai

documenti che lo riguardano nella sua vita quotidiana.

In ambito archivistico, a partire da quei decenni, nulla sarà come prima: la storia sarebbe diventata

sempre più l’interlocutrice privilegiata dell’archivistica.

A partire dalla seconda metà del secolo XIX, la distinzione tra pubblico e privato risultava sempre

meno incisiva: si giunse così ad una definizione di archivio che comprendeva tutti i depositi di memoria

organici formatisi spontaneamente a seguito di una attività pratica per fini anche culturali; l’archivio

privato, in quanto a formazione e contenuto, presentava le stesse caratteristiche di quello pubblico.

Eugenio Casanova

5

definì l’archivio “la raccolta ordinata degli atti di un ente o individuo, costituitasi

durante lo svolgimento della sua attività e conservata per il conseguimento degli scopi politici, giuridici

e culturali di quell’ente o individuo”. In tale definizione non si pongono limiti al concetto di archivio,

nel quale sono inclusi anche i documenti prodotti dai privati: tale posizione sarà accettata diffusamente

dalla successiva dottrina archivistica italiana, da Giorgio Cencetti che definì l’archivio il “complesso

degli atti spediti e ricevuti da un ente o individuo per il conseguimento dei propri fini o per l’esercizio

delle proprie funzioni”

6

.

Antonio Panella vide “nell’archivio l’insieme dei documenti che ogni ente o istituto di qualsiasi natura,

ogni magistratura o pubblico ufficio, ogni famiglia o individuo, giorno per giorno raccolgono o

conservano e tramandano”, precisando all’interno dell’ambito privato le caratterizzazioni archivistiche

coincidenti rispettivamente con quelle familiari e personali.

Elio Lodolini, attestandosi su una posizione più generale, definì “l’archivio il complesso dei documenti

formatisi presso una persona fisica o giuridica”.

Per Antonio Romiti l’archivio richiederebbe l’esistenza del vincolo naturale e la mancanza di esso

farebbe perdere la qualifica di archivio in senso proprio; applicando tale principio, però, solo pochissimi

archivi personali avrebbero le caratteristiche fondamentali per essere considerati archivi in senso

proprio. Nella documentazione prodotta dai privati, in particolare dalle persone, infatti non sempre è

individuabile il vincolo archivistico a seguito delle particolari modalità formative e delle frequenti

modifiche che intervengono nella documentazione stessa: fra queste le attività di scarto da parte del

privato.

È possibile pertanto individuare una nuova posizione teorica che consideri non solo la presenza del

vincolo naturale ma anche il processo dell’archivio stesso: vincolo naturale, chiaramente riconoscibile

(“archivio proprio”), contrapposto a vincolo naturale ravvisabile nelle modalità formative (“archivio

improprio”). In tal modo sono recuperati a pieno titolo nella categoria degli archivi quei complessi di

materiale, documentario e non, di cui sono percepibili le modalità di formazione archivistiche, ma non il

5EUGENIOCASANOVA,

Archivistica, Siena, Arti Grafiche Lazzeri, 1928.

(7)

- 7 -

vincolo archivistico interno

7

.

Pertanto nell’archivio privato si trovano scritture produttive di effetti giuridici e scritture e materiali

diversi che danno origine a due tipologie archivistiche: l’archivio proprio e l’archivio improprio,

inscindibili e complementari tra di loro per la comprensione dell’attività del produttore, anche se

differenziati nelle modalità di formazione.

Il momento caratterizzante della individuazione dell’archivio non dovrebbe dipendere quindi dalla

natura del soggetto produttore, quanto dalle modalità attraverso le quali si articolano le fasi di

formazione. L’attenzione dovrebbe essere rivolta ai criteri costitutivi ed in tal senso vi è un’estesa

concordanza nel riconoscere il “vincolo naturale” quale momento qualificante per distinguere l’archivio

da altre entità anche similari, quali possono essere considerate le “raccolte”, nelle quali può pur tuttavia

individuarsi un “vincolo” avente però carattere di “volontarietà”.

Uno degli elementi determinanti per l’individuazione di un archivio è rappresentato senza dubbio dal

“soggetto produttore”: si hanno così le categorie degli archivi pubblici e degli archivi privati e

all’interno di questi ultimi si trova un’infinita molteplicità di entità produttive che conducono a

“soggetti” dotati di configurazioni diverse: archivi di impresa, archivi di associazioni, archivi di famiglie,

archivi di singole persone.

Si definisce così l’archivio come il complesso di testimonianze scritte che, legate da un vincolo naturale,

sono prodotte da entità pubbliche e private nello svolgimento della propria attività, per il

raggiungimento di finalità contingenti e per la conservazione della propria memoria

8

.

Gli archivi di persona fino a qualche decennio fa non erano oggetto di interesse archivistico; visti

come “archivi diversi” suscitavano attenzione storica, storico-artistica, o letteraria da parte degli studiosi

per qualche documento particolarmente significativo

9

, a meno che non si trattasse di soggetti

produttori di un certo rilievo o facenti parti di una famiglia.

La presenza di archivi di persona, in Italia e in Europa, si riscontra a partire dal secolo XIX e si

incrementa nel XX quando si indebolisce la famiglia patriarcale e si allenta il vincolo gentilizio: in

precedenza, la documentazione d’archivio di personalità di rilievo era quasi sempre inserita negli archivi

delle famiglie aristocratiche e di rango. Si sviluppano nel momento in cui l’individuo acquisisce la

consapevolezza di poter essere “artefice” del proprio destino e decide di conservare quanto ritiene

opportuno, spesso cercando di plasmare la propria immagine.

La mancanza di specifiche norme relative alla struttura con cui organizzare la documentazione in un

archivio privato fa sì che la sedimentazione delle carte risponda a criteri soggettivi. L’individuazione a

priori del contenuto dell’archivio di una persona fisica può essere difficile in quanto i materiali

7 JUANITASCHIAVINITREZZI, I piccoli archivi domestici, , in Archivi nobiliari e domestici, , p. 170-171; 8ANTONIOROMITI, Archivistica generale. Primi elementi, Torre del Lago, Civita Editoriale, 2003.

9 CATERINADELVIVO, Accostarsi a un archivio di persona: ordinamento e condizionamento, in Archivi di persona del Novecento. Guida alla

(8)

- 8 -

documentati sono spesso vari e disparati. Quelli che ricorrono con maggior frequenza sono la

corrispondenza, i documenti personali, le stampe e i negativi fotografici, i testi manoscritti, le agende e i

quaderni di appunti.

Il meccanismo formativo si attua perciò attraverso modalità che possono risultare difficilmente

determinabili in quanto totalmente dipendenti dalla libera volontà dei soggetti. Non esiste una regola e

non si trovano sistemi formativi organizzati attraverso schemi assimilabili ad esempio a quei “titolari”

che per i soggetti pubblici rappresentano o almeno dovrebbero costituire l’ordinarietà

10

.

Il criterio organizzativo è basato sulla “memoria” del soggetto e la documentazione rispecchia non di

rado nella sua struttura la formazione culturale del produttore. Il privato conserva, per un interesse

strettamente personale, una documentazione che risponde a precise esigenze legate al suo stato

giuridico e al suo ruolo nella vita sociale e affettiva. Tutto quanto non attiene a tali aspetti generalmente

scompare per opera dello stesso produttore.

L’ordinamento e l’inventariazione degli archivi privati

Come nel settore degli archivi pubblici “l’archivio riflette l’istituto”, cioè la sua storia e la sua evoluzione

nel tempo, così nel campo della documentazione privata si può affermare che “l’archivio riflette

l’individuo”, cioè la personalità del singolo e la maniera con cui ha creato e ordinato i propri documenti.

È

necessario pertanto cercare di ricostruire l’ordine originario delle carte adeguandosi il più possibile ai

criteri con i quali l’individuo ha organizzato la propria documentazione.

All’ordinamento e inventariazione devono quindi essere applicati i principi generali dell’archivistica in

base al metodo storico, che significa ricostruire l’ordine originario impresso alle carte dal produttore

durante la quotidiana sedimentazione del materiale documentario

11

. Mancando però una struttura

organizzativa, tale sedimentazione risponde a criteri del tutto individuali e rappresenta il prodotto del

soggettivo interesse dell’individuo di conservare testimonianza scritta dei rapporti intrattenuti nel corso

dell’esistenza. La conseguenza è la formazione di documentazione accumulata con criteri individuali

dettati dall’attività, dagli interessi, dalle relazioni o anche senza nessun criterio.

La ricostituzione dell’ordine originario in questi casi incontra difficoltà maggiori di quelle riscontrabili

negli archivi familiari o pubblici, tuttavia si possono trovare alcune caratteristiche costanti interne

dovute alla professione o attività prevalente del produttore, al metodo di lavoro o di studio, che

influenzano l’aggregazione di materiali tra di loro eterogenei, determinando una distinzione del vincolo

archivistico a seconda che ci si trovi di fronte a documentazione dell’archivio proprio o dell’archivio

improprio.

La prima tipologia (archivio proprio, vincolo naturale) è formata da scritture produttive di effetti

10 ANTONIOROMITI, Gli archivi domestici e personali tra passato e presente, in Archivi nobiliari e domestici. 11ROBERTONAVARRINI, Gli archivi privati.

(9)

- 9 -

giuridici ed è rappresentata da documenti personali, diplomi, contratti, ecc..; la seconda (archivio

improprio, vincolo volontario) è costituita da documentazione varia ed eterogenea che va dal ritaglio di

giornale al manoscritto, alle bozze di stampa, alle lettere, alle fotografie, ecc.

L’individuo opera contemporaneamente all’interno di una sfera sociale, professionale e personale, per

cui nell’applicazione del metodo storico si deve tener conto della sua personalità e valutare inoltre se ha

operato nel conservare quasi integralmente il proprio materiale documentario oppure se ha effettuato

una selezione. Nel primo caso ci si troverà di fronte ad una massa di scritture di valore difforme (lettere,

fatture, bollette) confusa con documenti in senso proprio; nel secondo caso lo sfoltimento delle

scritture operato dal soggetto potrebbe determinare una diminuzione di valore dell’archivio in quanto

spesso sono epurate carte legate a trascorsi politici o affettivi.

In ogni caso ci si trova a fronteggiare archivi che hanno come caratteristica comune la presenza di

carteggi, carte personali, carte professionali, manoscritti, materiali diversi, materiali a stampa. Il primo

passo da compiere è quello di stendere un elenco di consistenza, provvisorio e abbozzato, ma che

consenta di sapere con che cosa ci si dovrà confrontare. Successivamente spetterà all’archivista

ricostruire un’ ”impalcatura”, una sorta di scheletro dell’archivio che individui i legami fra le carte

12

.

Nella descrizione inventariale si dovranno fornire informazioni sia su ciascuna unità archivistica che

compone l’archivio sia sul soggetto produttore e sul contesto storico, e al tempo stesso rendere chiare

ed esplicite le relazioni fra le singole unità e il complesso di appartenenza.

La struttura inventariale, con le sue articolazioni specifiche interne, introduzioni e commenti esplicativi,

si rivela lo strumento fondamentale per una visione globale dell’archivio. Considerata la varietà e

l’eterogeneità dei materiali di un archivio di persona e la loro articolata valenza, è necessario usare livelli

diversi di descrizione per ogni serie o sottoserie. Inoltre, vista l’importanza letteraria o artistica di singoli

documenti conservati negli archivi di persona, la descrizione spesso è analitica.

Le norme ISAD (G) e ISAAR (CFP), in quanto standard creati specificatamente per gli archivi,

tengono conto dei vincoli fra i documenti e degli espliciti collegamenti fra le unità descritte: si guarda

quindi all’autore come a colui che costituisce il legame di contesto fra documenti, anche diversi per

natura e tipologia, formati o raccolti nel corso dell’attività istituzionale, e quindi collegati al soggetto

produttore.

Si può così descrivere il fondo archivistico, attraverso lo standard ISAD (G), in modo tale da illustrare la

sua consistenza e organizzazione, le caratteristiche principali dei documenti che lo compongono e le

relazioni che li legano tra loro.

Un accenno a parte merita la corrispondenza che nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento

rappresentava lo strumento di comunicazione più diffuso nell’ambito sia professionale sia privato, uno

strumento di informazione e di scambio rapido di notizie. Anche i contenuti semplicemente informativi,

(10)

- 10 -

che singolarmente potrebbero apparire di limitato interesse, risultano importanti sia nel loro complesso

sia in relazione alle testimonianze sociali, di costume, o di metodo di lavoro che possono fornirci sul

mittente, sulla sua famiglia, sul suo ambiente. Spesso negli archivi privati la corrispondenza è stata

conservata semplicemente raccolta in pacchetti in ordine alfabetico per mittente

13

.

Archivi in biblioteca

Gran parte degli archivi di personalità di un certo livello, uomini politici o che hanno svolto incarichi di

governo, sono stati depositati presso gli Archivi di Stato. A quelli di minore importanza hanno

provveduto nel tempo istituzioni diverse, come ad esempio accademie, fondazioni, associazioni, musei e

biblioteche. Queste ultime, in particolare, hanno accolto e continuano a ricevere fondi di persona,

spesso costituiti da un insieme di carte, libri e oggetti, in quanto hanno da sempre rappresentato i

luoghi privilegiati ai quali affidare la memoria identitaria della comunità: la persona – o gli eredi –

scelgono in genere fra gli istituti della propria città l’istituzione alla quale conferire l’archivio proprio o

dei loro familiari.

I bibliotecari si sono quindi da tempo trovati a dover gestire fondi in genere qualificati come “speciali”

in quanto comprendenti materiali librario, archivistico e documentario, che presentavano una specificità

tematica o una rilevante importanza storico-bibliografica. Fino agli anni Ottanta del secolo scorso erano

pertanto trattati dai bibliotecari secondo procedure biblioteconomiche (catalogazione dei singoli

documenti

14

).

Legislazione italiana in materia di archivi privati

Interventi legislativi finalizzati alla tutela degli archivi privati erano stati sollecitati già dall’Unità d’Italia

ma la prima normativa che si occupò della loro acquisizione e tutela fu la legge 2006 del 1939 che

prendeva in considerazione in modo specifico l’archivio privato prevedendo, tra l’altro, l’obbligo della

denuncia, la dichiarazione di “interesse particolarmente importante” dell’archivio privato, il divieto di

esportazione senza autorizzazione ministeriale, il divieto di divisione dell’archivio e il diritto di

prelazione da parte dello Stato in caso di alienazione

15

.

Nel 1963 si giunse all’emanazione del D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409 “Norme relative

all’ordinamento e al personale degli Archivi di Stato” che determinava la completa abrogazione della

legislazione previgente e contribuiva ad un generale rinnovamento nella regolamentazione del settore

16

.

Archivi e documenti privati erano soggetti a tale disciplina soltanto a seguito di un giudizio valutativo

effettuato dall’autorità amministrativa competente, d’ufficio o su denuncia del privato: il provvedimento

13 DELVIVO, Accostarsi a un archivio di persona, p. 31. 14ANNAMANFRON,

Biblioteca e archivio di persona, in Archivi di persona del Novecento.

15ODDOBUCCI,

Il profilo storico della legislazione italiana in materia di archivi privati, in Archivi di persona del Novecento.

(11)

- 11 -

motivato di

notifica del notevole interesse storico, emesso dal competente soprintendente archivistico, era poi

comunicato al ministro dell’interno per l’accertamento dell’esistenza di eventuali documenti non

ammessi alla libera consultabilità (D.P.R. 854/1975).

Tale notifica determinava a carico del privato una presunzione di conoscenza degli obblighi imposti

dalle normative di settore e precisamente: obblighi di conservazione, ordinamento e inventariazione del

materiale d’archivio (art. 38, lett. a); divieto di procedere a scarti se non previa autorizzazione del

competente soprintendente (art. 42); obbligo del privato di collaborare con la Soprintendenza per

favorire l’accesso a documenti e archivi notificati (art. 38, lett. b); obbligo di comunicazione preventiva

al soprintendente del trasferimento della proprietà, del possesso o della detenzione di beni archivistici

vincolati, pena nullità degli atti di alienazione (art. 38, lett. c, e art. 41).

I soprintendenti archivistici esercitavano inoltre un potere di vigilanza sul rispetto di tali obblighi da

parte dei privati, i quali dovevano rendere possibile, previa intesa, il diritto di visita. In caso di

inosservanza, e dopo la diffida ad adempiere ai doveri di conservazione e restauro o a consentire

all’amministrazione di provvedere direttamente, poteva essere ordinato il deposito coattivo degli archivi

o documenti presso l’Archivio di Stato competente (art. 43).

Con il D.P.R. 112/98 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli

enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59” lo Stato, pur mantenendo le

funzioni riservate in materia di “tutela (art. 149, 3° e 4°c.) non escludeva il contributo delle regioni e

degli enti locali ad attività dirette a favorire i compiti statali di riconoscimento, conservazione e

protezione dei beni culturali. Alle regioni veniva per la prima volta riconosciuta una non meglio definita

facoltà di cooperare alla definizione delle metodologie comuni da seguire nelle attività di catalogazione e

restauro (art. 149, c. 4, lett. c).

La più recente normativa, il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42),

riconosce il carattere di bene culturale all’archivio privato una volta verificato e dichiarato il suo

“interesse culturale”

17

, cioè quando sia intervenuta la prevista dichiarazione (artt. 10-15). Essa infatti fa

rientrare archivi e documenti privati nella sfera di interesse dello Stato e li sottopone alla vigilanza delle

Soprintendenze.

Le norme relative alla protezione e conservazione dei beni culturali contenute nel Capo III, Tit. I,

indicano gli interventi vietati in modo assoluto: distruzione, deterioramento, danneggiamento e

smembramento (art. 20), e quelli sottoposti all’autorizzazione da parte del Ministero: spostamento,

scarto, trasferimento (art. 21).

I privati proprietari, possessori o detentori di beni culturali sono tenuti a garantirne la conservazione

nella loro organicità e di provvedere al loro ordinamento e inventariazione (art.30). Gli interventi

conservativi possono essere volontari (artt. 31-32) o imposti (artt. 33-37); in quest’ultimo caso si

(12)

- 12 -

determina un notevole ampliamento del potere di intervento sostitutivo dello Stato, tramite il

soprintendente archivistico.

Per quanto riguarda la consultazione dei documenti degli archivi, da parte degli studiosi, per il Codice

vige il principio della

libera consultabilità (art. 122, c. 1) con alcune eccezioni: termine di cinquant’anni per

gli atti dichiarati di carattere “riservato”, quaranta per quelli concernenti i dati sensibili e i dati relativi a

provvedimenti di natura penale, settanta per i dati idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale e i

rapporti riservati di tipo familiare.

(13)

- 13 -

Adolfo Callegari: vicende biografiche

Adolfo Callegari nacque a Padova il 4 novembre 1882 da Emilia Carlotto e da Giuseppe.

Il padre apparteneva alla media borghesia padovana ed era amministratore di proprietà fondiarie.

Un fratello del padre, Angelo, era diventato un seguace di Garibaldi e Callegari conserva nel suo

archivio la lettera (coll. 1.1.2) con cui lo stesso Garibaldi si compiaceva di tenere a battesimo, per

interposta persona, il figlio dello zio.

Con la famiglia Callegari vivevano anche le due zie, sorelle del padre, che allevarono Adolfo dopo la

morte della madre avvenuta nel 1884.

Per accondiscendere ai desideri paterni Callegari frequentò il ginnasio-liceo “Tito Livio” e la Facoltà di

giurisprudenza, laureandosi nel 1906, ma il suo vero interesse era verso l’arte. Infatti, già nel suo

percorso di studi inserì “Archeologia”, divenendo discepolo di Gherardo Ghirardini ed entrando nella

sua cerchia di amici e studiosi tra cui Antonio Minto, poi soprintendente archeologo in Toscana.

Altra sua passione era la pittura.

Nel taccuino conservato nel fondo (coll. 1.4.3) ci sono appunti e disegni risalenti ad un viaggio in

Toscana che fece non ancora diciottenne, nel settembre 1900.

Il padre comprese questa sua passione e gli consentì di coltivarla assieme all'impegno scolastico

primario. Adolfo prese infatti lezioni private tra il 1902-1906 da Giacomo Manzoni, Oreste Da Molin e

probabilmente anche da Giovanni Vianello (lettera di Mario Cavaglieri del 29 settembre 1922, coll.

9.7.2).

Nel fondo è conservata anche una lettera di Luigi Nono che risponde alla probabile richiesta di

Giuseppe Callegari di impartire delle lezioni al figlio e di dare una valutazione sulla sua pittura (coll.

9.31.4).

Adolfo ebbe anche una certa familiarità con Casorati, con il quale si ritrovò poi a Ca' Pesaro, e con

Boccioni.

L'itinerario nella pittura di Adolfo Callegari cominciò seriamente a Venezia tra il 1907-1908, città in cui

si recò per iscriversi alla Scuola libera del Nudo e alla Scuola libera di Pittura dell’Accademia di Venezia.

Nel 1908 si recò a Monaco per iscriversi all'Accademia, dove frequentò con impegno e disciplina la

scuola di disegno fino al 1911 quando, nel novembre, fu costretto a ritornare a Padova per la morte del

padre.

Nel 1912 e nel 1913 partecipò alle mostre collettive di Ca’ Pesaro con un discreto successo. Nello stesso

anno (1912) prese parte anche all’Esposizione Nazionale di Milano e alla Mostra della Società di Belle

Arti di Firenze.

Nel 1913 e nel 1915 partecipò alle mostre della Secessione romana, al di fuori del gruppo dei Veneziani.

Ma nel 1913 la morte dell’unica zia rimasta, Adele, lo portò ad una svolta esistenziale e all’esplorazione

(14)

- 14 -

dei colli Euganei alla ricerca di un luogo appartato dove concedersi quello stile di vita elevato ed

aristocratico cui aspirava.

Nel 1914 prese dimora presso Ca’ Borini, tra Este e Baone, una residenza elegante dove poter vivere;

sempre nello stesso anno partecipò, con il ritratto del Conte D. a figura intera e con il volto di profilo,

all' “Esposizione dei Rifiutati” (alla Biennale) presso l'Hotel Excelsior al Lido di Venezia, una

prestigiosa mostra di arte contemporanea a cui parteciparono artisti quali Guido Cadorin, Bortolo

Sacchi, Arturo Martini, Gino Rossi, Wolf Ferrari, Vittorio Zecchin e Nino Springolo.

Di questa esposizione è presente nell’archivio la cartolina pubblicitaria inviata da Guido Cadorin a

Callegari il 9 luglio 1914 (coll. 9.5.1), colorata a mano in blu e rosso.

Nel 1915 la sua dimora si spostò da Cà Borini ad Arquà, dove acquistò una villa di proprietà del conte

Ettore Arrigoni degli Oddi, da tempo in condizioni di abbandono.

Partì però subito per Verona dove svolse un anno di guerra stanziale e al ritorno iniziò il restauro della

sua casa, affrescando personalmente le pareti con figure allegoriche, fregi e decorazioni

neorinascimentali.

Nel 1917 conobbe Ugo Ojetti, responsabile della tutela dei monumenti durante la guerra, che si era

recato in ispezione ad Arquà.

Nel 1919 prese parte alla prima esposizione di Cà Pesaro del dopoguerra con un solo quadro, nel 1921

alla Prima Biennale Romana e nel 1922 alla II Nazionale d’Arte a Padova, ma stava già maturando in lui

la scelta di abbandonare la pittura, soprattutto dopo la delusione della Biennale romana.

Nell’agosto del 1923 Gino Rossi gli chiese il motivo del suo silenzio (coll. 9.36.4).

Callegari aveva preso la decisione definitiva di dedicarsi alla pittura solo nel tempo libero.

Nel 1920 gli fu affidato da Gino Fogolari, soprintendente ai Monumenti, l’incarico di regio Ispettore

onorario ai monumenti e scavi per i distretti di Este, Monselice, Conselve e Montagnana; primo

riconoscimento ufficiale delle sue competenze in campo archeologico e storico-artistico.

Successivamente fu coinvolto nella compilazione del catalogo regionale delle opere d’arte per la

provincia di Padova, compito che Callegari eseguì con impegno e scrupolo scientifico, esplorando tutta

l’area euganea e gran parte della Bassa Padovana, venendo così a contatto con i problemi della tutela di

complessi monumentali di assoluto rilievo storico-artistico.

Il caso più clamoroso fu quello del colle della Rocca di Monselice a cui dedicò un accorato articolo

uscito sulla rivista “Dedalo”, diretta da Ugo Ojetti, nel 1923.

Nei primi anni Venti diventò sindaco del Comune di Arquà e avviò il progetto di restauro della casa del

Petrarca di cui gli fu poi conferito, dal Comune di Padova, l’incarico di custode.

In merito a tali lavori Callegari pubblicò nel 1925 l’opuscolo “La Casa del Petrarca in Arquà e il suo

ultimo restauro”.

(15)

- 15 -

Ben presto però, a causa di investimenti sfortunati e delle ridotte disponibilità economiche, si trovò

nella condizione di dover trovare lavoro. Nel 1922 accettò l’incarico di Direttore del Museo di Este,

sebbene la mancanza di una laurea in lettere gli togliesse la possibilità di diventare effettivo.

Sempre in tale anno allestì, esponendovi egli stesso, la sezione d’arte dell’Esposizione di agricultura

industria commercio e arte.

Se la sua carriera di archeologo fu purtroppo ostacolata dalla mancanza di un titolo specifico, una giusta

compensazione fu trovata nel riconoscimento della sua cultura e della sua attività.

Le sue relazioni furono pubblicate nelle riviste di archeologia “Notizie degli Scavi” e sul “Bullettino di

Paletnologia italiana”.

Tra le sue indagini più importanti si deve ricordare quella che portò alla scoperta di una grande

domus

romana nell’area Serraglio Albrizzi, la “domus Albrizzi”, ritenuta a tutt’oggi dagli studiosi il

“documento più cospicuo dell’edilizia privata di Ateste”.

Importanti furono anche gli scavi nell’area della necropoli meridionale, il rinvenimento del luogo di

culto di Caldevigo e gli studi sull’abitato di via Augustea.

Le grandi opere di sbancamento e risistemazione idraulica degli anni Trenta videro Callegari tutore del

patrimonio archeologico; seguì infatti personalmente gli interventi di scavo per la bonifica dello scolo di

Lozzo, dove erano impiegati migliaia di operai (coll. 8.29).

Durante tali lavori fu scoperto un tratto di necropoli preromana e alcuni reperti databili all’VIII sec. a.C.,

tra cui la coppa bronzea con la più antica iscrizione atestina ad oggi nota, dedica votiva al culto di una

divinità gemellare assimilabile ai Dioscuri.

Callegari dedicò le proprie energie alle operazioni di salvaguardia e quindi di scavo dei materiali

provenienti da luoghi di culto, come quelli in via Caldevigo, e al recupero in località Morlungo di un

tratto della necropoli preromana meridionale di Este, riportando alla luce una cinquantina di tombe

molto significative per antichità ed interesse, che gli offrirono lo spunto per lo studio dei costumi

funerari.

Il suo interesse archeologico si estese anche ai colli Euganei e il rinvenimento più importante fu quello

della necropoli celtica di Arquà Petrarca, sulle pendici del Monte Ricco.

Durante la sua direzione furono fatte dal Museo importanti acquisizioni tra cui il medaglione aureo di

Augusto e la collezione del conte Lorenzo Carminati, costituita da ricchi materiali ceramici, databili tra

il XVI e il XVII secolo, venuti alla luce durante la pulizia dei sotterranei dell’abbazia camaldolese di

Santa Maria delle Carceri: brocche e coppe in maiolica decorate con lo stemma camaldolese o con il

monogramma

SM. .

Durante la sua direzione si adoperò per rimodernare il Museo atestino ma la guerra condizionò gran

parte dei lavori previsti.

(16)

- 16 -

“terraglie e maioliche del Settecento di fattura delle note maestranze atestine” a causa dello scoppio del

conflitto mondiale e della morte dell’allora soprintendente Gino Fogolari, anche lui sostenitore di tale

progetto.

L’incarico di direttore del Museo consentì a Callegari di consolidare i legami con la cittadina estense che

annoverava una buona rete di associazioni e istituzioni culturali. La sua fama di raffinato intellettuale lo

fece entrare nelle case della buona borghesia cittadina e a far parte di varie associazioni, quali il

Gabinetto di Lettura e la Società Dante Alighieri, di cui divenne presidente effettivo.

Nel 1931 fu invitato da Ojetti a curare la sezione del giardino veneto per la Mostra del giardino italiano

a Firenze, affiancato dall’amico Marenesi (coll. 5.3.2.1).

La corrispondenza tra Callegari e Ojetti era iniziata attorno agli anni Venti, quando Callegari accettò la

proposta di collaborare alla rivista “Dedalo”, che cessò le pubblicazioni dopo poco più di un anno dalla

conclusione della Mostra sul giardino italiano e sulla quale Callegari pubblicò due articoli.

Altro ruolo impegnativo Callegari ebbe come membro della “Commissione per la tutela delle bellezze

naturali in Provincia di Padova” costituita dalla Soprintendenza a’ sensi della legge 778/1922

(Provvedimenti per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico).

Il suo contributo e quello di Brunello Bonetti furono importanti per la compilazione dell’Elenco degli

edifici monumentali della Provincia di Padova pubblicato dal Ministero della Pubblica Istruzione nel

1930 e per lo splendido volume sulle Ville del Brenta e degli Euganei, pubblicato nel 1931.

Grande fu il suo impegno perché il paesaggio di Arquà fosse salvaguardato, per ragioni sia storiche sia

estetiche, al fine di evitare che eventuali progetti di costruzioni alberghiere e termali potessero alterarne

le caratteristiche.

Arquà Petrarca era al tempo un borgo profondamente arretrato sia dal punto di vista economico sia

sociale e culturale e Callegari, conoscendo a fondo le condizioni degli abitanti del luogo, collaborò

attivamente per affrontare il problema e trovare proposte di soluzione.

Oltre ad Arquà nella seconda metà degli anni Venti gran parte della popolazione dell’area euganea

versava in condizioni disagiate e furono messe in atto diverse iniziative per risanare la situazione, tra cui

il rilancio dell’agricoltura e la promozione del turismo.

Su quest’ultimo versante il Consiglio provinciale dell’economia di Padova affidò a Callegari la redazione

di una guida dei Colli. L’opera che ne uscì, la

Guida dei Colli Euganei, era destinata ad un pubblico colto e

presentava un ricco corredo di fotografie.

In essa erano evidenziate soprattutto le bellezze artistiche, i tesori archeologici del Museo Atestino, le

chiese, i palazzi, i monumenti storici.

Nel 1931 gli veniva offerto da Giovanni Gentile l’incarico di collaborare all’Enciclopedia Italiana (coll.

9.21.2).

(17)

- 17 -

Antonio Corradini, su palazzo Garzoni a Ponte Casale, su Abano.

Accanto al ruolo di direttore del Museo Atestino nel 1928 gli fu aggiunto, per la sua competenza nel

campo degli studi di storia dell’arte, anche quello di direttore del Museo di Torcello e del Museo Civico

di Belluno.

Sin dal 1923 aveva aderito al Fascio Atestino e nel 1932 ne fu nominato segretario politico, assumendo

contemporaneamente anche la carica di presidente dell’Opera nazionale dopolavoro. In tale ruolo

promosse nel 1933 la Mostra di Agricoltura Industria Artigianato e Arte della zona dell’Estense,

inserendo nel programma il concorso fotografico “Este e i Colli Euganei nel paesaggio e nei

monumenti” e il concorso sul tema “Camera da letto nuziale per contadino o operaio”.

L’obiettivo dichiarato del secondo era quello di dare la possibilità, ad un giovane contadino o operaio

che vuol costruire una nuova famiglia, di comperarsi mobili fatti con più gusto e cura rispetto a quelli

che si trovavano sul mercato.

Il suo incarico di segretario del partito durò solo due anni e nel 1934 fu sostituito.

Nel 1939 gli fu nuovamente riaffidata la segreteria politica del Fascio ma solo per un breve periodo in

quanto fu presto accusato di essere “ottimo galantuomo, conciliante ma privo di energia”.

Fu pertanto sostituito da un nuovo segretario politico dai trascorsi squadristi.

Nel 1935 la casa di Callegari ad Arquà fu individuata dalla Soprintendenza come luogo sicuro dove

mettere al riparo qualche deposito della Marciana in caso di guerra (coll. 9.3.1 e 9.3.2).

Nel 1936 diventò presidente dell’ONMI, Opera Nazionale Maternità e Infanzia e organizzò una

pubblica lettura con Diego Valeri per raccogliere fondi (coll. 9.38.12).

La Guida dei Colli Euganei diede a Callegari la possibilità di dedicare maggiore attenzione ai problemi

del territorio e nel 1936, all’Accademia Patavina di scienze lettere ed arti, di cui era socio corrispondente,

presentò una memoria che risuonò come una denuncia per le devastazioni causate dalle cave

all’ambiente collinare.

L’introduzione delle tecnologie moderne aveva portato negli ultimi cinquant’anni a un incremento

esponenziale dell’estrazione di materiali lapidei. Se prima l’escavazione era circoscritta ai tradizionali siti

storici (Monselice, Este, Montemerlo), allora dilagava in tutta l’area euganea in modo disordinato,

irrazionale e selvaggio, distruggendo la bellezza del paesaggio.

Tale denuncia, se non ebbe una giusta eco nell’opinione pubblica, colpì sicuramente Ugo Ojetti, il

direttore di “Dedalo” (coll. 9.32.49) ma trascorsero quasi 35 anni prima che si varasse il provvedimento

che regolamentò l’escavazione sui colli, la legge Romanato-Fracanzani del 1971.

Nel 1941 vide la luce anche una guida particolare su Arquà con il titolo

Arquà e il Petrarca. Piccola guida

illustrata per il forestiere”, ultimo lavoro edito di pregio.

Negli anni Quaranta Callegari preparò un saggio, rimasto inedito, su

Le officine di ceramica a Este nel

Settecento, dove cercava di ricostruire la stagione d’oro della ceramica estense (coll. 4.1, 4.2).

(18)

- 18 -

Nel 1944 presenziò, come custode della casa del Poeta e come autorità del luogo, all’apertura della

tomba del Petrarca.

Alla fine della guerra conservò il posto di direttore del Museo Atestino e quello di direttore del Museo

di Torcello e riprese a collaborare con i giornali.

Uno dei suoi ultimi articoli fu quello dedicato alla

Rinascita di Abano, che uscì sul “Gazzettino Sera” del

17/18 settembre 1947 (coll. 11.44).

Gli ultimi anni di vita di Adolfo Callegari furono di delusione e amarezza in quanto, nonostante i meriti

scientifici e la dedizione espletata nel suo lavoro, dopo oltre vent’anni di servizio era destinato a

permanere ancora come un “avventizio”.

La sera del 5 giugno 1948 si spense nella sua casa di Arquà.

Erede di tutti i suoi beni fu Mario Tasinato, conduttore agricolo dei suoi campi, che da molti anni

Callegari aveva preso sotto la sua protezione come figlio, con il vincolo che la casa fosse lasciata in

usufrutto alla fedele governante Rosa finchè fosse rimasta in vita.

Gli oggetti d’arte, i quadri e la biblioteca andarono venduti o dispersi nei mesi e negli anni successivi.

Per delineare nelle sue linee essenziali il profilo biografico di Adolfo Callegari, fondamentale per contestualizzare e com-prendere i documenti:

VIRGINIA BARADEL, Adolfo Callegari (1882-1948). Da Ca’ Pesaro ai colli Euganei, Saonara, Il Prato, 2008; ANNA MARIA CHIECO BIANCHI E ANGELA RUTA SERAFINI, 1902-2002 Il Museo di Este: passato e futuro, Treviso, Canova, 2002, pp. 67-72; ANNA MARIA CHIECO BIANCHI, Il Museo Nazionale Atestino: dalla nascita al 1965, Estratto «Archeologia Veneta», VI (1983), Padova, Antoniana Spa, 1984, pp.204-205; ANNA MARIA CHIECO BIANCHI, Museo Nazionale Atestino Este, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1992; BRUNO BRUNELLI BONETTI, Discorso commemorativo in memoria del dott. Adolfo Callegari tenuto presso il Museo Nazionale Atestino il 5 giugno 1949, a cura del Comune di Este e del Museo Nazionale Atestino, Padova, 1962; SILVIA RODELLA, Adolfo Callegari (1883-1948), in 4° Settembre Euganeo, Este nel passato e nel presente, catalogo della mostra (Este, settembre 1948), a cura del Club Ignoranti, Padova 1948, pp. 28-32; ANNA MARIA CHIECO BIANCHI, Il Museo Nazionale Atestino, Padova, Grafiche Muzzio, 1985; FRANCESCO SELMIN, Storia di Este, Padova, Il Poligrafo, 1991, pp. 116, 126, 134, 153, 159, 168, 220, 227; FRANCO TAGLIAPIETRA, Esposizione d’Arte Excelsior Palace Hotel giugno 1914 Lido-Venezia, Venezia, La Toletta, 2014; FRANCESCO SELMIN, Adolfo Callegari. La scoperta dei Colli Euga-nei, a cura di, Sommacampagna (VR), Cierre edizioni, 2017.

(19)

- 19 -

La parte di archivio conservata nella Biblioteca Civica di Este

Nella Biblioteca civica di Este sono conservati alcuni fondi documentali, tra cui quello di Adolfo

Callegari, personaggio illustre del primo Novecento ad Este e provincia, un intellettuale poliedrico nel

quale la passione per la pittura si sposò con l’amore per l’archeologia e la storia dell’arte.

La scelta di occuparsi di questo fondo è stata dettata dalla volontà di riscoprire questo studioso che fu

un vero protagonista della storia euganea tra le due guerre, sia per l'amore e la conoscenza dei Colli sia

per l’impegno per la salvaguardia e la valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio naturale.

L’archivio conservato presso la Biblioteca, che rappresenta solo una parte della documentazione

prodotta dal Callegari durante la sua vita, è stato acquisito dall'Amministrazione Comunale, con

Delibera della Giunta Municipale n. 221 del 3 ottobre 1949.

Dopo la sua morte, avvenuta il cinque giugno 1948, la cospicua biblioteca, che comprendeva tra l’altro

numerose opere che riguardavano in modo particolare la storia di Este, il suo Museo Archeologico e

varie località che con Este avevano rapporti storici e culturali, era passata in eredità al Sig. Marco

Tasinato e alla Sig.ra Rosa Barina.

Poiché gli eredi intendevano procedere alla vendita di tutta la biblioteca al miglior offerente, il Comune

di Este cercò di assicurarsi le opere di interesse locale acquistando una parte dei libri ai quali furono

aggiunti duecento fascicoli, estratti e pubblicazioni speciali pure di notevolissimo interesse per la storia

patria.

Nel tempo buona parte dei libri è stata restaurata e catalogata dalla Biblioteca e inserita nell’OPAC

padovano, mentre la documentazione è rimasta condizionata in faldoni, solo in minima parte suddivisi

per argomento.

Una parte consistente dell’archivio è formata da fotografie che raccontano la vita lavorativa, personale e

artistica del Callegari; riguardano infatti i ritrovamenti archeologici, il Museo Atestino, le sue opere

personali, la sua attività di ispettore onorario dei monumenti, i ricordi e l’attività politica.

Nella parte di archivio acquisito sono anche presenti numerosi fascicoli facenti parte della biblioteca di

Francesco Franceschetti, stimato studioso, amico del Callegari.

Si tratta in gran parte di fascicoli relativi a studi e ricerche su alcune Chiese di Este e dintorni, sulle

famiglie nobili estensi, su artisti ed opere d’arte.

Per tale motivo l’archivio acquisito è stato denominato fin dall’inizio “Fondo Franceschetti-Callegari”.

Una spiegazione di tale mescolanza ci può venire dalla corrispondenza Franceschetti/Callegari, dalla

quale si può desumere che alla sua morte il Franceschetti abbia lasciato al Callegari parte della sua

biblioteca in segno di riconoscenza per l’aiuto personale ed economico ricevuto negli ultimi anni di vita.

Purtroppo non si è potuto procedere all’inventariazione del fondo come inizialmente acquisito in

quanto una gran parte dell’archivio Franceschetti è stata oggetto di una catalogazione da parte del

personale della Biblioteca Civica nel corso degli anni Ottanta del Novecento.

(20)

- 20 -

Solo una minima parte, in gran parte manoscritti relativi a studi e ricerche, è rimasta da inventariare e

sarà oggetto di un successivo intervento.

Criteri di riordino dell’archivio e di redazione dell’inventario

Il primo approccio è stato quello di documentarsi sul soggetto e sulla sua vita professionale acquisendo

notizie e dati da alcune pubblicazioni (citate nella biografia).

In secondo luogo, non essendo presente un elenco di consistenza, si è cominciato innanzitutto con una

ricognizione preliminare del materiale per avere per avere un’idea generale del contenuto del fondo ed

essere in grado di ricostruire una sorta di struttura dell’archivio che permettesse di individuare i legami

fra le carte.

In questa fase si è potuto constatare, tranne in pochi casi, l’assoluta assenza di una qualsiasi divisione

per tipologia dei documenti che si trovavano frammentati in più cartelle.

Successivamente si è proceduto all’inventariazione analitica delle carte e al riordino sotto la guida di

Giorgetta Bonfiglio-Dosio; la documentazione è stata organizzata in dodici serie: 1. «Documenti

personali e familiari», a sua volta articolata in quattro sottoserie (famiglia Callegari, Nomina a ispettore

onorario, eventi e personaggi del periodo fascista, ricordi personali), 2. «Attività lavorativa», a sua volta

articolata in tre sottoserie (attività istituzionale, onoranze Alfonsi-Prosdocimi, ritrovamento cippo

romano), 3. «Ricerche e carteggio su Arquà», a sua volta articolata in due sottoserie (Arquà Petrarca e

casa del poeta F. Petrarca, foto di Arquà Petrarca), 4. Ceramica a Este, 5. «Mostra del giardino italiano»,

a sua volta articolata in quattro sottoserie (pubblicazione, censimento giardini storici, organizzazione

mostra, oggetti concessi in prestito), 6. «Ricerche su ville venete e colli euganei», 7. «Studi e scoperte

archeologiche», 8. «Stravaganze», 9. «Corrispondenza», a sua volta articolata in quarantuno sottoserie

(suddivise per corrispondenti), 10. «Pubblicazioni», 11. «Giornali e riviste», 12. «Fotografie e

riproduzioni», a sua volta articolata in 8 sottoserie (reperti archeologici, luoghi e opere, dipinti, opere

artistiche di Callegari, stampe e riproduzioni, esposizione distrettuale

d’industria-commercio-agricoltura-arte, cartoline postali, foto e stampe non classificabili).

Nella redazione dell’inventario, tenendo conto degli elementi descrittori essenziali definiti dagli standard

internazionali, sono stati indicati per ciascuna unità archivistica:

- Il numero identificativo dell’unità di descrizione

- Il titolo

indicato tra virgolette basse se originario o testuale, senza virgolette se critico. Ove necessario il titolo è

stato accompagnato anche da ulteriori commenti per una migliore comprensione del contenuto

dell’unità descritta.

(21)

- 21 -

Che nel caso in cui non fosse espressa e sia stata ricostruita è indicata tra parentesi quadre.

- La descrizione fisica del pezzo

Fondamentale per la tutela dell’archivio ma anche significativa per comprendere le modalità di azione del

soggetto produttore; per ciascuna unità è stato riportato il numero delle carte e eventualmente

informazioni sullo stato di conservazione.

- Il numero del contenitore dentro il quale è conservato il materiale.

Quanto al grado di analiticità, la descrizione è stata fatta in maggior parte a livello di singoli documenti.

Per quanto riguarda le fotografie si è provveduto alla catalogazione e descrizione di quelle contenenti gli

elementi essenziali per una individuazione certa mentre sono state raccolte in un’unica sottoserie quelle

mancanti di qualsiasi dato identificativo.

Dalle carte del Callegari è emersa una caratteristica propria degli archivi di persona, cioè l’eterogeneità

delle tipologie documentarie, varie per natura, contenuto, supporto.

L’archivio infatti si compone non solo di documenti ma anche di ritagli di giornali, disegni, fotografie,

quaderni, pubblicazioni, formati e raccolti nel corso della vita dal soggetto produttore e che ne

riflettono l’attività e gli interessi.

Si è proceduto infine a redigere l’indice dei nomi evidenziando, nelle avvertenze che lo precedono, il

metodo utilizzato nella redazione.

(22)

- 22 -

Elenco di abbreviazioni, sigle e segni convenzionali usati nell’inventario

(….)

lacuna nel documento

***

dato mancante

[ ]

integrazioni dell’autrice dell’inventario

« »

citazioni testuali

a.

Anno

ago.

Agosto

apr.

Aprile

avv.

Avvocato

b.

Busta

b/n

bianco e nero

c.

Carta

card.

Cardinale

cav.

Cavaliere

cc.

Carte

datt.

Dattiloscritto

dic.

Dicembre

div.

Divisione

dss

dattiloscritti/e

dx

Destro

fasc.

Fascicolo

feb.

Febbraio

gen.

Gennaio

giu.

Giugno

lug.

Luglio

mag.

Maggio

mar.

Marzo

mm

Millimetri

mons.

Monsignore

ms

Manoscritto

mss

Manoscritti

n.

Numero

n.i.

non identificato/a

nov.

Novembre

o.d.g.

ordine del giorno

ogg.

Oggetto

ott.

Ottobre

p.

Pagina

pagg.

Pagine

prof.

Professore

r

Recto

r.

regio/a

s.d.

senza data

s.l.

senza luogo

sen.

Senatore

set.

Settembre

sottofasc.

Sottofascicoli

tav.

Tavola

tavv.

Tavole

v

Verso

VS

Vecchia segnatura

(23)

- 23 -

INVENTARIO

1

Documenti personali e familiari

b. contenente i seguenti fascicoli:

1.1 Famiglia Callegari

1.1.1 Adolfo Callegari, a nome del padre Giuseppe defunto, effettua un formale passaggio di consegne a Giovanni Selvatico Estense di quanto di competenza riguardo l’amministrazione del patrimonio di cui si occupava il padre: 1911 dic. 27

Verbale redatto nello Studio di Giovanni Selvatico Estense a Padova, c. sciolta ms

1.1.2 Lettera di Giuseppe Garibaldi a Angelo Callegari: 1861 ott. 3

c. sciolta ms

1.2 Nomina a Ispettore onorario

1.2.1 Prot. 11362 del Ministero dell’istruzione, Direzione generale delle antichità e belle arti di Roma a Callegari; ogg.: «Nomina ad ispettore onorario dei monumenti ecc.»: 1920 set. 29

c. sciolta datt.

1.2.2 Cartolina postale del Museo Atestino a Callegari; 1920 ott. 3

1.2.3 Prot. 1176 della r. Prefettura di Padova a Callegari; ogg.: «Nomina ad ispettore onorario dei monumenti»: 1920 ott. 12

c. sciolta datt.

1.2.4 Copia lettera delle rr. Gallerie di Venezia, Gino Fogolari, a M. Ongaro, in merito al conferimento dell’incarico di Ispettore a Callegari: 1922 mar. 21

c. sciolta datt.

1.2.5 Copia lettera del Sopraintendente ai Monumenti di Venezia, M. Ongaro, a ***in merito al conferimento dell’incarico di Ispettore a Callegari: 1922 mar. 23

c. sciolta datt.

1.2.6 Lettera del Sottosegretario di Stato per le Belli Arti, Giovanni Calò, all’On.le Umberto Merlin in merito al conferimento dell’incarico di Ispettore a Callegari: 1922 apr. 18

c. sciolta datt.

1.2.7 Prot. 11362 del Ministero dell’Istruzione, Direzione Generale delle antichità e belle arti di Roma a Callegari; ogg.: «Nomina ad ispettore onorario dei monumenti ecc.»: 1922 apr. 21

c. sciolta datt.

1.2.8 Prot. 112 della r. Prefettura di Padova a Callegari; ogg.: «Nomina ad ispettore onorario dei monumenti e scavi»: 1924 gen. 23

c. sciolta datt.

1.2.9 Prot. 277 della r. Sopraintendenza ai musei e scavi archeologici del Veneto al Ministero dell’Istruzione Pubblica di Roma; ogg.: «Servizio straordinario in qualità di Ispettore di ruolo prestato dal dr. Callegari per più di due anni»: 1924 giu. 7

c. sciolta ms

1.3 Eventi e personaggi del periodo fascista

1.3.1 Este, Fascio Giovanile

Foto b/n mm 175x240

1.3.2 Este, Casa del Fascio

Foto b/n mm 235x175

1.3.3 Prot. 187 del Partito Nazionale Fascista, Fascio di Este, a Callegari su nomina a membro del Direttorio per l’anno X: 1932 dic. 24

(24)

- 24 -

1.3.4 Callegari e Cencio Pertile alla Mostra Industriale Agricola e dell’Artigianato dei colli Euganei, Este: 1935

Foto b/n mm 85x135

1.3.5 Invito a Callegari della Federazione dei Fasci di Combattimento di Padova: 1938 set. 24

Grande adunata in Prato della Valle

1.3.6 Visita a Este del ministro dell’Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai: 1939

3 foto b/n mm180x235

1.3.7 Inaugurazione Mostra d’Arte O.N.D., Este. Casa del Fascio: maggio 1939

Foto b/n mm180x235

1.3.8 Este, Il ministro Guarneri parla agli operai dell’Utita prima di partire: 1939 giu. 24

Foto b/n mm 160x240

1.3.9 Visita del r. Prefetto a Este, 11 gennaio 1940

Album in pelle nera mm 260x360 contenente 43 foto b/n

1.4 Ricordi personali

1.4.1 Ricordi di Chioggia: s.d.

Album in velluto rosso mm 265x375 contenente 20 foto b/n Sul r stemmi di Este e Chioggia dipinti da A. Naccari

1.4.2 Notizie storiche su Este e dintorni: s.d.

Contiene quaderno ms con schizzi e cc. sciolte dss e mss

1.4.3 Taccuino di viaggio: 1903

Con disegni e appunti

1.4.4 Callegari nel cortile della sua casa di Padova: 1904 ago. **

Foto b/n mm 140x90

1.4.5 Guido Cadorin, Ritratto di Callegari, Venezia: 1910

mm 310x210

1.4.6 Coppia di amici tedeschi ospiti nella casa di Arquà: 1919

Foto b/n mm 111x85

1.4.7 Carlo Serafini: 1922 mag. 1°

Foto b/n mm 165x220 con dedica a Callegari

1.4.8 Mario Tasinato: 1924

Foto b/n mm 165x115

1.4.9 Arquà Petrarca, donne in costume: 1925 giu. 25

2 foto b/n mm 210x290, Fotografia Atestina G. Polacco, Este

1.4.10 Callegari sulla scalinata della casa di Arquà: 1926 giu. **

Foto b/n mm 135x85

1.4.11 Callegari, Presidente dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia di Este: 1936

Foto b/n mm 120x170

1.4.12 Autunno 1938, donne

Foto b/n mm 95x145

1.4.13 Facciate e particolari: 1939

Quaderno con disegni e appunti

1.4.14 Giulana Tasinato: 1939 apr. 8

Foto b/n mm 140x90

1.4.15 Callegari a Firenze in occasione del V Maggio Musicale Fiorentino: 1939 mag. 29

Cartolina postale inviata da Iolanda de Blasi

1.4.16 Toti Dal Monte: *** ago. 27

Foto b/n mm 165x220 con dedica a Callegari; errata annotazione posteriore in pennarello nero «1955»

2 Attività lavorativa

b. contenente i seguenti fascicoli:

2.1 Attività istituzionale

2.1.1. Lettera del Museo Nazionale Atestino a *** per dono di iscrizioni romane; s.d.

c. sciolta ms

2.1.2 Elenco edifici notificati di Belluno: s.d.

(25)

- 25 -

2.1.3 Prot. 1387 della r. Soprintendenza ai Monumenti di Venezia; ogg.: «Documenti ispettorati ed elenco edifici monumentali del distretto»: 1920 ott. 18

c. sciolta datt.

2.1.4 Prot. 2424 della r. Sopraintendenza Musei e Gallerie di Venezia, Gino Fogolari, a Callegari; ogg.: «Catalogo delle opere d’arte»: [1921] giu. 29

c. sciolta datt.

2.1.5 Prot. 104 del Museo Nazionale Atestino a Callegari; ogg.: «Dono di iscrizioni romane»: 1921 lug. 27

c. sciolta ms

2.1.6 Minuta prot. 32 al r. Soprintendente ai Monumenti di Venezia, M. Ongaro; ogg.: «Elenco monumenti della provincia di Padova: Padova città»: 1923 lug. 27

c. sciolta ms

2.1.7 Prot. 193 della r. Sopraintendenza all’arte medioevale e moderna di Venezia a Callegari; ogg.: «Padova – Commissione conservatrice monumenti»: 1925 feb. 3

c. sciolta datt.

2.1.8 Prot. 152 della r. Prefettura di Padova a Callegari; ogg.: « Commissione conservatrice dei monumenti»: 1925 feb. 5

c. sciolta datt.

2.1.9 Lettera di Gino Fogolari, soprintendente all’arte medioevale e moderna di Venezia, a Callegari su processo contro l’antiquario Zammatto e Donà dalle Rose: 1932 giu.13

c. sciolta datt.

2.1.10 Lettera di Gino Fogolari, soprintendente all’arte medioevale e moderna di Venezia, a Callegari su processo contro l’antiquario Zammatto e Donà dalle Rose: 1932 giu. 24

c. sciolta datt.

2.1.11 Lettera di Gino Fogolari, soprintendente all’arte medioevale e moderna di Venezia, a Callegari per perizia bronzi: 1932 lug. 16

c. sciolta datt.

2.1.12 Lettera di Gino Fogolari, soprintendente all’arte medioevale e moderna di Venezia, a Callegari per perizia bronzi: 1932 lug. 20

c. sciolta datt.

2.1.13 Lettera di Gino Fogolari, soprintendente all’arte medioevale e moderna di Venezia, a Callegari per perizia bronzi: 1932 ago. 5

c. sciolta datt.

2.1.14 Prot. 599 della Soprintendenza all’arte medioevale e moderna di Venezia, Gino Fogolari, a Callegari: 1932 ago. 8

c. sciolta datt.

2.1.15 Lettera di Gino Fogolari, soprintendente all’arte medioevale e moderna di Venezia, a Callegari: 1932 ago. 31

c. sciolta datt.

2.1.16 Prot. 777 della Soprintendenza all’arte medioevale e moderna di Venezia a Callegari: ogg.: «Perizia bronzi ecc. Donà dalle Rose»: 1932 ott. 27

c. sciolta datt.

2.1.17 Prot. 797 della Soprintendenza all’arte medioevale e moderna di Venezia a Callegari: ogg.: «Perizia di oggetti d’arte ordinata dal Tribunale C.P. di Padova il 29 aprile 1932»: 1932 nov. 2

c. sciolta datt.

2.1.18 Telegramma di Gino Fogolari, soprintendente all’arte medioevale e moderna di Venezia, a Callegari su convegno per perizia bronzi: 1932 nov. 5

c. sciolta ms

2.1.19 Lettera di Gino Fogolari, soprintendente all’arte medioevale e moderna di Venezia, a Callegari: 1932 nov. 9

c. sciolta datt.

2.1.20 Lettera di Gino Fogolari, soprintendente all’arte medioevale e moderna di Venezia, a Callegari: 1933 set. 1

c. sciolta datt.

2.2 Onoranze Alfonsi - Prosdocimi

2.2.1 Lettera di Ugo Campagnolo, Direzione del Museo Nazionale Atestino: 1922 gen. 26

c. sciolta ms

2.2.2 Prot. 147 della r. Sopraintendenza per i musei e gli scavi archeologici del Veneto di Padova; ogg.: «Onoranze Alfonsi – Prosdocimi, al Museo Naz. Atestino»: 1922 mar. 10

c. sciolta datt.

2.2.3 Cartolina postale di F. Franceschetti a Callegari: 1922 mar. 11

(26)

- 26 -

«Onoranze Alfonsi – Prosdocimi, al Museo Naz. Atestino»: 1922 mar. 17

c. sciolta ms

2.2.5 Prot. 170 della r. Sopraintendenza per i musei e gli scavi archeologici del Veneto di Padova; ogg.: «Onoranze Alfonso-Alfonsi Prosdocimi al Museo di Este»: 1922 mar. 19

c. sciolta datt.

2.2.6 Prot. 15 della Direzione del Museo Nazionale Atestino; ogg.: «Cenni del compianto Sig. Alfonsi Alfonso»: 1922 mar. 23

c. sciolta ms

2.2.7 Cartolina postale di A. Minto in merito alle onoranze Alfonsi – Prosdocimi: 1922 mar. 24 2.2.8 Lettera di Carlo Anti a Callegari in merito alle onoranze Alfonsi – Prosdocimi: 1922 mar. 26

c. sciolta datt.

2.2.9 Lettera delle rr. Gallerie di Venezia, a Callegari: 1922 mar. 28

c. sciolta ms

2.2.10 Lettera delle rr. Gallerie di Venezia, a Callegari: 1922 mar. 29

c. sciolta ms

2.2.11 Lettera della r. Sopraintendenza per i musei e gli scavi archeologici del Veneto al prof. Anti: 1922 mar. 29

c. sciolta datt.

2.2.12 Minuta di [Callegari] a *** sull’epigrafe di A. Prosdocimi: 1922 mar. 30

c. sciolta ms

2.2.13 Lettera di Carlo Anti a [Callegari]: 1922 apr. 7

c. sciolta datt.

2.2.14 Lettera delle rr. Gallerie di Venezia, a Callegari: 1922 apr. 13

c. sciolta ms

2.2.15 Lettera di Ugo Fiocco a Callegari: 1922 apr. 14

c. sciolta ms

2.2.16 Prot. 225 della r. Sopraintendenza ai musei e scavi archeologici del Veneto; ogg.: «Onoranze ad A. Prosdocimi e ad A. Alfonsi – Concorso della Sopraintendenza»: 1922 apr. 18

c. sciolta ms

2.3 Ritrovamento cippo romano

2.3.1 Minuta prot. 1 a M. Ongaro, soprintendente ai monumenti e scavi di Venezia; ogg.: «Cippo di confine tra Patavini e Atestini»: 1922 gen. 8

c. sciolta ms, disegno del cippo con iscrizione e misure

2.3.2 Disposizione di Adolfo Callegari, r. Ispettore onorario, in merito al ritrovamento del cippo: 1922 gen. 8

c. sciolta ms

2.3.3 Lettera ditta Toninello Antonio di Galzignano a Callegari sul trasporto del cippo: 1921 gen. 9

c. sciolta ms, probabile errore nella data [1922]

2.3.4 Lettera di A. Alfonsi, r. Museo Atestino di Este, a [Callegari]: 1922 gen. 10

c. sciolta ms

2.3.5 Prot. 11 di Gino Fogolari, r. Sopraintendenza per i musei e gli scavi archeologici del Veneto; ogg.: «Galzignano – Cippi di confine tra Patavini e Atestini»: 1922 gen. 10

c. sciolta datt.

2.3.6 Lettera di A. Alfonsi, r. Museo Atestino di Este a [Callegari]: 1922 gen. 20

c. sciolta ms

2.3.7 Prot. 44 di Gino Fogolari, r. Sopraintendenza per i musei e gli scavi archeologici del Veneto, al Direttore del Museo Nazionale Atestino; ogg.: «Cippo romano di confine tra Padova e Este»: 1922 gen. 23

c. sciolta ms

2.3.8. Minuta di [Callegari] a ***; ogg.: «Cippo romano di confine tra Padova e Este»: 1922 gen. 28

c. sciolta ms

2.3.9 Prot. 67 di Gino Fogolari, r. Sopraintendenza per i musei e gli scavi archeologici del Veneto, a Callegari; ogg.: «Cippo romano scoperto a Galzignano»: 1922 feb. 1°

c. sciolta ms

2.3.10 Lettera Toninello Antonio di Galzignano a Callegari: 1922 feb. [8]

c. sciolta ms

2.3.11 Prot. 103 di Gino Fogolari, r. Sopraintendenza per i musei e gli scavi archeologici del Veneto, a Callegari; ogg.: «Cippo di Galzignano»: 1922 feb. 20

c. sciolta datt.

2.3.12 Lettera della r. Sopraintendenza per i musei e gli scavi archeologici del Veneto a Callegari: 1922 mar. 6

c. sciolta ms

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