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Paesaggi e spiriti di confine

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GIULIO CAPRIN

* #

PAESÀGGI E SPIRITI

FRATELLI TREVES- EDITORI - M IL A N O

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PAESAGGI E SPIRITI DI CONFINE.

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GIULIO CAPRIN

PAESAGGI E SPIRITI

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DI CONFINE^

SISTEMA BIBLIOTECARIO DI ATENEO- SALERNO

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PROPRIETÀ LETTERARIA ED ARTISTICA.

I d iritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesi, compresi la Svezia, la Norvegia e l'Olanda.

Copyright by Fratelli T r e y e s , 1915.

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IRREDENTISM I.

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E venuto il giorno d ie finalm ente si può dire a p e rta — dovunque a d a sco ltare sieno Ita lia n i — la p aro la v ie ta ta : irredentism o.

E ra fino a ieri parola a n tiq u a ta e sospetta. Le parole non valgono per il loro significato e ti­ mologico ma p e r le im m agini a b itu a li che de­ stano in chi le pronuncia e in chi le ascolta. Fino a ieri p er oneste orecchie ita lia n e «irre­ dentism o » era p aro la che destava nello stesso tem po sospetto e compassione. Compassione più che a ltro fra i saggi che si danno l'a ria di com­ prender bene t u tt a la re a ltà riducendola a quel­ la poca che cade sotto la d ire tta esperienza della loro m odesta saggezza e non sempre m odesta ignoranza. Per costoro l ’irredentism o e ra una va­ rie tà superstite di un m orto rom anticism o po­ litico che doveva essere inum ato tr a gli arcaism i sentim entali, specialm ente d a quando la T rip li­ co A lleanza — un fa tto questo, m ica un se n ti­ m ento — aveva avvezzato la nuova I ta lia a l to ­ nico sapore di una Realpolitik d’im itazione bis- m arckiana.

0 non era sta to proprio Tirredentism o — de­ bolezza e red itaria del giovane S tato — una delle

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m a la ttie croniche italian e che, m inacciando di divenir a c u ta — t r a il 1878 e il 1882 — aveva d e­ ciso i governanti di a llo ra a provare il rim edio eroico dell’allean za con gli S ta ti c e n tra li ger­ m anici? £ vero che nemmeno il rigoroso m edi­ cam ento austro-germ anico aveva guarito a d un tra tto l’a n tic a debolezza ita lia n a : m a l ’infezio­ ne irre d e n tista un po’ per vo lta si e ra r id o tta di estensione ; si lim itav a ormai a qualche m a­ nifestazione epiderm ica sulle m em bra meno im ­ p o rta n ti dell’ organism o italiano. Si ripetevano ostin atam en te codeste |m anifestazioni, m a aveva­ no p erduto ogni virulenza: a ferm arle subito b a­ sta v a il cerotto di pochi q u estu rin i e la salsa- p a rig lia m orale della p ub b lica disapprovazione. D isapprovavano tu tt i gli in te llig e n ti di t u tt i i p a rtiti.

M ancavano veram ente fra le intelligenze d isap­ provanti quelle dei p o e ti: i quali — proprio Ì più p o eti e i più puri — dal Carducci al P a ­ scoli, a l D’Annunzio, erano, quando volevan r i ­ m ar della politica, irre d en tisti tenaci. F issazio­ ne innocua di sognatori irresponsabili. N eppure nella repubblica di P latone i poeti sono ch ia ­ m a ti a d assum ere una resp o n sab ilità politica. Caso m ai i filosofi. E i nuovi filosofi d ella nuo­ va Ita lia — s ia riconosciuto loro q u e st’ onore — sono s ta ti in p o litic a m olte cose: m agari un po’ socialisti, m agari im perialisti, pia irre d e n ti­ sti no. Gli ultim i sono s ta ti volentieri p

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ragima-IRREDENTISMI 5

tis ti: e il pragm atism o è una buona teo ria che com bina con tu tte le re a ltà politiche, anche con le peggiori, perchè in sostanza dice: — P iglia il mondo come viene; tu filosoficam ente dim o­ strerai che, se è venuto m ale come è venuto, non poteva venir diverso....

O ttim a argom entazione anche p er dim ostrare che l’irredentism o, rid o tto a d essere il p assatem ­ po delle m inoranze, non poteva essere preso sul serio. Oramai non faceva proprio più p au ra : nem ­ meno m eritav a di essere curato come una m ala t­ tia cronica: non erano, caso mai, che i p o stu ­ mi di u na in a la ttia segreta, ben v in ta fo rtu n a ­ tam ente.

Eppure, non ostante q u esta persuasione di in ­ nocuità, quando p er caso la p aro la irredentism o risonava, eccitava anco ra nei buoni p a trio ti della saggezza rasseg n ata come u na reazione di di­ spetto. Non che le dessero im portanza; m a era una p aro la d ella piazza che poteva significare ancora una cosa cara a lla piazza; conservava per tradizione una certa risonanza sovversiva che aggiungeva u na disarm onia di più a lla m o lte­ plice cacofonia dei sovversismi italian i. In d isp e t­ tiv a quasi quanto i sovversivismi sociali .c sin­ dacali, benché non im plicasse nessuno dei pe­ ricoli m in acciati d a questi, anzi li deviasse: in ­ dispettiva, quantunque effimera-, perchè tu rb a ­ va il quieto vivere in tem azionale di cui il me­ dio cittad ino italian o è tenero anche più che

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del quieto vivere nazionale. Fiù ancora in d isp e t­ tiv a perchè, volere o non volere, l’irredentism o no bilitava le sue ;manifestazioni piazzatole con una specie di o s tin a ta n o b iltà p a trio ttic a . L ’ir­ redentism o e ra il p a trio ttism o dei sovversivi, quando i sovversivi volevano darsi l'a ria di es­ sere p a trio ti. I l p a trio ttism o dei non sovversivi se ne sentiva p artico larm en te offeso, come ogni ortodossia religiosa si sente più offesa dai sci­ sm atici che adorano Dio in un a ltro modo che dagli a te i che rinunciano volentieri a q u a lu n ­ que dio.

Così t r a gli Ita lia n i che tenevano a d essere buoni Ita lia n i e c itta d in i intellig en ti, anche qu an ­ do i fa tti — legnate stud entesche italo-germ a- niche a Innsbruck o a Vienna., lo tte d ’ita lia n i e Slavi a Trieste, bandi di regnicoli d a q u alu n ­ que p a rte del T rentino e d ella Venezia Giulia — li costringevano a riconoscere che la q u estio­ ne di o tto cen tom ila ita lia n i soggetti a l dom inio au striaco era una questione viva, era ta c ita m e n ­ te convenuto che la questione dolorosa e inso­ lubile non fosse alm eno desig n ata con la vecchia p aro la ro m an tica e antidiplom atica.. Perchè gli Ita lia n i non a n a lfab e ti p iù o meno sono t u tt i tem peram enti d ip lo m atici; forse perchè si diven­ t a p er forza d iplo m atici quando il destino ci tiene in condizioni di non p o ter dire t u t t a la verità.

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per-IRREDENTISMI 7

fino il deputato di Trieste, Salvatore Barzilai, h a saputo p er tre n t’aun i sostenere proprio le r a ­ gioni più serie dell’ irredentism o, insegnando, qualche volta anche a i m in istri degli esteri, la più efficace eleganza di un’o rato ria m irabilm ente diplom atica, senza lasciarsi sfuggire una volta sola la p aro la per ta c ito accordo pro scritta.

Ma nelle discussioni delle riviste e dei gior­ nali, dove, perchè l’opinione pubblica ricordasse alm eno qualche cosa, bisognava d ir tu tto , la p a ­ rola rito rn av a ancora, unica indispensabile, a l­ meno fra quegli s c ritto ri che, dopo aver riferito, m editato e discusso, non sapevano sfuggire al- rim p erativ o logico che dopo la narrazione e l'a r­ gom entazione esige la conclusione. È vero che alcuni, più riguardosi, evitavano di concludere; po sitivisti rassegnati, non osavano correggere il fatto, in questo caso veram ente brutale, con la proposta anche ideale d eirunico rim edio: rim e­ dio troppo am aro perchè il pacifico popolo i ta ­ liano si disponesse u na volta o l'a ltra a d ingo­ iarlo. Meglio p a re r sconclusionati che sovvertito- ri idei buon ordine internazionale, cioè irreden tisti.

A ltri, meno inconcludenti, si a ttaccav an o a lla logica sofistica dei « distinguo ». Io stesso rico r­ do di aver a v u ta sei an n i fa una polem ica con un egregio studioso di questioni internazionali, il quale pretendeva che oram ai p er le provincie irredente, per il Trentino e la Venezia Giulia., un buon Italian o dovesse ridurre tu tto il problem a

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e le sue soluzioni a un irredentism o sì m a di col­ tu ra. E p er arrivarci a q u e sta soluzione — che avrebbe dovuto assicurare a quei n o stri conna­ zionali una sopportabile v ita ita lia n a in A u stria — dom andava che l’I ta lia si stringesse sem pre più a lla G erm ania e a g li elem enti tedeschi del­ l’A ustria, i q u ali avrebbero così favorito volen­ tie ri g li ita lia n i di Trento e di T rieste non più sospetti, di in fe d e ltà a ll’A u stria e a lla Germ ania...

Il m io oppositore aveva il to rto di preferire la T riplice a lla r e a ltà ; m a aveva anche ragione quando am m ettev a che l’irredentism o tre n tin o e triestin o fosse anche un irredentism o di c o ltu ­ ra. E avevano ragione anche tu tti g li a ltr i che — a seconda dei casi — specificavano e a tte n u a ­ vano Tirredentism o p olitico in un irredentism o economico — evidente p er il Trentino, d im ostra­ bile anche p er Trieste — oppure in un irre d e n ti­ smo m orale, un irredentism o in te lle ttu a le . Am ­ m ettendo e distinguendo fra q u e sti irred entism i apolitici, forse credevano di eludere quello p o ­ litico, di cui non si potev a parlare, e invece lo com pletavano.

Così e ra : le condizioni p olitiche im poste dal destino, d a ll’A u stria — e perciò dal Germane- simo — a quelle due provincie ostinatam ente i t a ­ liane, hanno tenu to t u tt i coloro che vi sono n a ti o vi sono a n d a ti a dim orare in uno speciale s ta ­ to di incom piutezza: uno sta to che im pedisce la loro u m an ità — qualunque cosa faccia, senta, o

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pensi — di svolgersi liberam ente secondo i suoi im pulsi naturali. Privi di tu tte le lib ertà umane, che non sieno quelle elem entari del cibarsi c del riprodursi, costoro non possono dirsi clic schiavi: dunque irredenti. Il loro irredentism o, qualunque form a assum a, è l’im peto incoercibile dello sp irito prigioniero clic si consum a nella sforzo p er rom pere la sua prigione. L’A u stria ha im posto loro una v ita contro natu ra, per lo m e­ no sotto la loro vera n a tu ra ; li h a ten u ti in. uno sta to d ’imperfezione che potrebbe p aragonarsi a quello di crisalidi im pedite di uscire dal loro involucro cieco, di librarsi finalm ente nella libe­ ra luce dell’a ria : a ria e luce per loro si è chia­ m a ta Italia.

. *

L’irredentism o così deve essere studiato, giu­ dicato, san ato : come un fenomeno più vario c complesso che il semplicism o comune non pensi. Secondo il semplicismo — che pure è necessario quando d alla m editazione si vuol passare a l f a t ­ to — si t r a t t a di aggregare allo S tato italian o due provincie italian e che eventi storici sfavo­ revoli hanno im pedito di aggregarsi a ll’ Italia, quando la te rz a I ta lia si è fo rm a ta secondo la legge fata le del d iritto storico e nazionale. P er convincere gli Ita lia n i che questi c non a ltri

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so-10 IKBEDENTISMI

no i term in i precisi del fatto , b a sta la d im o stra­ zione do cu m en tata che codeste provincie sono entro i confini geografici d ’Ita lia , che, non o stan ­ te le direzioni divergenti di alcuni m om enti s to ­ rici, coloro che oggi vi sono nativi, p er lingua, civ iltà sono a t t r a t t i verso Roma, e non verso Vien­ na o Berlino o m ag ari Pietrogrado, e che, aven­ do coscienza del loro destino, hanno sofferto, com battuto, sperato nel nome d ell’Ita lia .

La dim ostrazione è s ta ta f a t t a e rip e tu ta . An­ che prim a che scoppiasse la guerra europea, che a ll’I ta lia ha sùbito precisato il suo com pito euro­ peo nei nomi di T rento e di Trieste, come p er una prem onizione m isterio sa la questione irre d en ta — fosse pure spoglia del suo ep iteto pericoloso -—- era s ta ta illu m in a ta n ella sua essenza d a pu b ­ b lic isti a tte n ti e coscienziosi. Il grido di dolore e d ’irritazione, che quegli ita lia n i avevano soffo­ cato p er lunghi decenni di lo tte in solitudine, arriv ava alP Italia. Il confine chiuso d a lla m ale­ volenza a u s tria c a a lle a ta a ll’indifferenza ita lia n a era rotto, se non per i governanti, per T opinione p u b b lica che in un regim e libero deve p reparare razione del governo in te rp re te ed esecutore della sua coscienza.

Si sapeva finalm ente e si doveva credere — poiché neppure gli increduli si vergognano di credere alle sta tistic h e — che il T rentino e la Venezia G iulia erano effettivam ente provincie i ta ­ liane e che la loro ita lia n ità , ribellandosi a

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ser-IRREDENTISMI 1 1

vire l’A u stria nei suoi in te n ti a n tiita lia n i, a n tili­ berali, a n tila tin i, era so tto p o sta a una le n ta de­ naturazione sistcm atica'm e n tc o p erata dal gover­ no austriaco con elem enti germ anici c con ele­ m enti slavi. E si capiva a poco a poco che, r i­ fiutandosi l’A u stria — e la G erm ania — a risp e t­ ta re il d iritto nazionale di quelle regioni, l ’I t a ­ lia, anche rinunciando ai benefici m ateriali che il possesso di esse le avrebbe consentiti, di gior­ no in giorno era dim in u ita di territo rio lin g u isti­ co, d ’influenza civile, di sicurezza. E si capiva anche che codesta alterazione progressiva d i un territo rio ita lia n o era in un’u ltim a an a lisi una m anifestazione del pericolo incom bente su t u tt a l’E u ropa occidentale e m eridionale : il pericolo germ anico; poiché l’A u stria non e ra che l’in te r­ posta persona m ediante la quale il Germanesimo si proponeva di «riorganizzare» secondo la sua orgogliosa illusione di razza e le tta i popoli che hanno la d isgrazia di esserle vicini. Così l’irreden­ tism o, non più questione p artico lare italo -au stria- ca, s’inquadrava- nella questione europea del ger­ m anesimo in lo tta contro la la tin ità e contro lo slaviSmo. L’irredentism o degli Ita lia n i in A ustria s’imponeva come problem a politico generale a n ­ che prim a che la guerra generale ne proponesse l’unica soluzione possibile.

Questo era noto e va rip e tu to oggi solo perchè la m em oria degli uomini è labile e là m in a i ta ­ lian a è sempre d isposta a scansare le

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responsa-1 2 IRREDENTISMI

b ilità trag ich e del destino volgendo gli occhi d a l­ l’a ltr a parte. Ma anche p e r coloro che g ià h a n ­ no a c c e tta to serenam ente il dovere inevitabile, che si p reparano a dare a lla p a tria tu tto ciò che devono, l ’irredentism o h a ancora da rivelare q u a l­ che suo segreto, h a d a m ostrare qualche suo a t ­ teggiam ento in teressan te e commovente.

A ppunto perchè è irredentism o um ano oltre che p o litico : è il torm ento com plicato e so ttile a cui può essere sottoposto un gruppo um ano quando viva fuori del suo mezzo n aturale. È il torm ento che soffre la m a te ria um ana — e lo spirito — contesi fra una legge di a d a tta m e n to e una leg­ g e , più p ro fo n d a, di reazione a ll’ a d a tta m e n to : è un processo continuo di denaturazione e di p u ­ rificazioni che si com penetrano e si confondono, b traged ia, se è tra g ic a la situazione dello sp i­ rito che si a g ita t r a forze divergenti e soffre di non p o ter equilib rarsi n e lla p ro p ria unità.

Q uesta situazione tra g ic a è anche in quelli dei T rentini o Istria n i o Goriziani che possono non aver visto, come gli irre d en tisti propriam ente d e t­ ti, come l’u n ità necessaria a lla loro v ita sia p ri­ m a, di tu tto q u ella p o litic a neH’u n ità to ta le d ella nazione. Sono irre d en ti anche coloro che ieri non osavano dirsi irre d en tisti : sono irreden ti anche gli Slavi e i Tedeschi che, venuti a dim orare n el­ l’a lto Adige o n ella V enezia G iulia hanno com ­ b a ttu to , in nome dell’A ustria, rirred en tism o i ta ­ liano. M odificati d all’am biente italian o, in cui

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IRREDENTISMI 1 3

erano p e n e trati conquistatori, finivano ancli’essi col perdere l’u n ità nazionale della loro stirpe o ri­ ginaria. Sentivano e n tra re n ella loro an im a prim i­ tiv a una seconda anim a, quella dei loro nemici po litici: ogni lo tta è anche un modo di comunio­ ne. Dopo dieci an n i da d ie dim oravano a Trieste o a Trento, o anche a Pola, erano u n ità nazionali in taccate per lo meno n ella lingua, poi nel co­ stum e, spesso nel carattere. Non erano più tu tti tedeschi o tu tt i slavi, anche se si dichiaravano ta li nelle elezioni e m agari nelle delazioni. On­ de di confluenza, non sapevano più a quale cor­ rente appartenessero; erano nel punto m orto in cui le energie contrarie si eliminano, non sono più energie.

Ma a llo stesso modo, pur troppo, anche gli I ta ­ liani, gli indigeni, pativano in taccam en ti e dena­ turazioni. L a loro coscienza ap ertam en te ita lia n a p ro testav a contro il fa tto austriaco della vita loro im posta. Ma la re a ltà um ana è anche nei fa tti che sfuggono a lla coscienza. P er lo meno non t u t t i hanno ta n ta luce d a averne illu m in ata la coscienza. Poteva avvenire che anche uomini d ich iaratisi anim osam ente ita lia n i soggiacessero, senza accorgersi, a influenze non italian e : quan­ do il fatto è un errore, anche la v erità del sen­ tim ento ne è contam inata. L’ita lia n ità anche nei più puri Ita lia n i non era pane, ima inquietudine, dubbio di non essere ab b astan za italiana, so­ spetto, incertezza p er sè e per gli a ltri. C’era,

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anche negli sp iriti m igliori, un torm ento di con­ tra rie tà oscure d ie dim inuiva una p a rte del loro vigor vitale. Perciò a T rieste, a Gorizia, a F iu ­ me, ta n to più quan to più lo n tan a dal cuore di Roma, la v ita ita lia n a a m m in istra ta d a ll’A u stria era scontentezza, am arezza, consumo a vuoto di energia : n evrasten ia m orale effetto d i c a ttiv a nutrizione politica.

Codeste belle provincie hanno sofferto d i una m a la ttia che a lungo andare u ccide; peggio che uccidere diventa un morbo costitu zio n ale: la m a­ la ttia del confine. Dove il confine politico co r­ risponde a l confine nazionale e civile, il passag ­ gio d a una sfera di vita a ll’a ltr a non è penoso perchè è rapido e to tale. C’è chi non può re si­ stere da u na p a rte ; passa d a ll’a ltr a ed è a suo posto. Ma il confine d ’Ita lia , d ella n o stra nazio­ ne, d ella n o stra civ iltà e del nostro tem peram en­ to, non è, a d oriente, q u ella rete di fil di ferro che dal ’66 in poi h a ingabbiato in A u stria una p a rte dell’I ta lia veneta. E alle Alpi Giulie. L ’Au­ s tria h a fa tto tu tto quello che h a p o tu to per t r a s ­ p o rta re effettiv am ente sè stessa e i suoi Slavi a m m aestrati a fare gli au stria c i sino a l confine politico. Non vi è riu s c ita ; m a è riu sc ita a m an ­ tenere t u t t a la forza contesa in quello sta to m or­ bido che è la m a la ttia di confine: chi vive n ella Venezia G iulia è co stretto a vivere in una s itu a ­ zione a ssu rd a : deve essere ciò che non può e non può essere ciò che vuole. In tu tti, anche in

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loro che non sono ita lia n i per la ragione elem en­ ta re elei sangue e d ella consuetudine antica, c’è, più o meno complessa, una d u p lic ità di vita. T u tti soffrono, anche coloro che non se ne rendono con­ to, della loro posizione fondam entalm ente dram ­ m atic a : ognuno h a in sè stesso il suo antagonista. Ognuno a sp ira dolorosam ente a qualche cosa di com pleto e di certo che saldi u na buona volta la sua v ita scissa. A ccanto a ll’Italian o che a sp i­ ra a ll’I ta lia che esiste, lo Slavo a v rà a sp irato ad una Slavia che non esiste an co ra: l’uno e l’a ltro irredenti anche p rim a di essere irredentisti. Ma anche la m inoranza slava — m inoranza di n u ­ mero, più m inoranza di valori civili — si agg re­ gherà facilm ente a lla nazione liberatrice, perchè la p rim a n ecessità d ella loro v ita è la libera­ zione.

Italia, p er t u tt i gli irred en ti d ella Venezia Giu­ lia, forse anche più che per i Trentini, significa libertà. Pensate a l p alp ito divino che la parola lib e rtà h a p o tu to sollevare nei cuori umani. La sto ria m orale dell’uomo su lla terra, è la storia dei suoi sforzi verso la libertà. E una sto ria in ­ d efinita perchè ogni liberazione ne p rep a ra una m aggiore : il « liberato mondo » di Shelley è il te r ­ m ine ultim o a cui tende lo sp irito um ano nel viaggio doloroso e gaudioso a ttrav e rso il suo de­ stino. Noi sappiam o che la lib e rtà a sso lu ta del­ l’individuo è un term ine ideale: come certe g ran ­ dezze m atem atiche a cui ci si avvicina

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ta,mente senza rag giu n gerle: m a ci si avvicina, e non è v ita dove non ci sia la p o ssib ilità di av- vicinarvisi sem pre più.

In questo svolgim ento d ella n a tu ra rimana, la liberazione p o litic a e nazionale è un m om ento es­ senziale; senza lib e rtà p o litic a e nazionale la vi­ ta si a rre s ta ; si rip ete in una form a di a u to m a ­ tism o d ie um ilia e nega qualunque d ig n ità um a­ na. Negli irre d en ti d ella Venezia Giulia, l ’I ta lia h a p o tu to ispirare ta n ta passione perchè l’I ta lia è una delle nazioni occidentali che hanno nella lib e rtà il d iritto divino a lla loro esistenza. Per t.utlte le prom esse che la lib e rtà offre ai cuori um a­ ni a sp e tta n ti, codesti Ita lia n i hanno p referito l’I ­ ta lia a ll’A ustria, anche quando l ’I ta lia pareva de­ bole e l’A ustria parev a fo rte ; per il fascino che una civ iltà lib era irra d ia anche tr a i suoi n e­ mici, uomini di sangue non ita lia n o m a viventi sul confine d ella n o s tra p a tr ia h anno rifiu ta to le prom esse di a ltre c iv iltà meno libere ed h a n ­ no scelto di essere con noi; più che con noi, di essere noi. L ’I ta lia è in v o cata redentrice oggi — in questo terrib ile nodo della sto ria — perchè è l’I ta lia : una nazione, uno Stato, una forza che h a il d iritto di redim ere a ltri perchè la su a n a ­ tu ra è libertà.

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PAESAGGI DI CONFINE.

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Il Friuli austriaco. - La vai d'Isonzo.

Dio stesso — deve aver sc ritto qualche rom an­ tico — lia segnato con i m o n ti e con i fium i i confini tra i popoli. L’idea seducente m a in esat­ ta è p a ssa ta nella geografia elem entare, dove s’in ­ segna in genere che l’I ta lia h a i suoi confini s e t­ ten trio n ali alle Alpi. E ci sono delle persone istru ite che sono rim aste a q u e sta geografia ele­ m en tare; e ci sono rim aste sod isfatte anche se hanno viaggiato, perchè per uscire d ’I ta lia e ffe t­ tivam ente hanno dovuto passare dei tunnels. An­ dando a Vienna, veram ente, a Pontebba, il tu n ­ nel non lo hanno trovato, m a per lo 'meno un pon­ te sì; e se a l di q u a del ponte c’è Pontebba, d a l­ l’a ltr a c’è Pontafel, e con i doganieri e i control­ lori del treno cam bia anche la faccia e la p arola del paese quanto b a sta per convincersi che i confini non sono poi una p u ra astrazione p o liti­ ca. In quel punto il confine orientale — che è quello della cui naturalezza si è più conteso nei

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2 0 IL F R IU L I AUSTRIACO. - LA VAL D’iSONZQ

secoli t r a le genti ita lic h e e le loro vicine — lia un’a ria n a tu ra le che non contraddice troppo a l concetto elem entare e approssim ativo che è nelle cognizioni geografiche di m olti italian i, a n ­ che ab b a sta n za istru iti.

Ma app en a scesi un po’ so tto la Pontebba, l’e­ sperienza locale ci costringe a rettificare. P arlo in ta n to re ttific a di cognizioni. E la re ttific a non è dovunque facilissim a: se tr a il confine di fa tto e quello n a tu ra le — ci si rito rn a sempre, anche a non volerlo, dal f a tto casuale a lla n a ­ tu ra costante — ci sono qui delle zone d ’incer­ tezza, la colpa, bisogna riconoscerlo, è anche della n atu ra, che su codesto fianco d’I ta lia h a posto le cose in m odo d a g iu stificare m olte incertezze : colpa delle Alpi che, nel chiudere il loro cerchio orientale, non sono discese a l m are con una sola giogaia im pervia ed indiscutibile. Ci sono la r­ ghe ap ertu re, da codesta parte, a cui si a rriv a insensibilm ente, senza dover fare di q uelle dure ascensioni che n e lla sto ria hanno levato il re ­ spiro anche ai popoli più espansivi e più curio­ si di vedere che cosa ci fosse d a ll’a ltro la to del muro. G rande flusso e riflusso di popoli e di do­ m inazioni oltre il m uro orientale d ’Ita lia . E fo r­ se, anche se il m uro fosse sta to più robusto, il flusso e il riflusso sarebbero s ta ti poco m inori, da che q uelli che abitav an o a l di là si sono a c ­ corti che a l di q u a c ’era q u e ira ttra e n tissim o elem ento che è il mare.

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IL FR IU L I AUSTRIACO. - LA VAL d’iSONZO 2 1

Il confine d ’oriente non lia servito con i suoi elem enti n a tu ra li d a confine effettivo se non quando, a l di qua, le genti ita lia n e sono s ta te unite in un solido organismo. Il buon esempio è un esempio romano. Furono i Romani, non ostan­ te la p rete sa loro ripugnanza p er l’a lta m o n ta­ gna — infcimes frtgoribus Alpes — che videro su­ bito come p er fa r prosperare il loro opulento em ­ porio ad riatico — A quileia ro m an a in te g ra Ve­ nezia e Trieste non an co ra esisten ti — A quileia era indispensabile tenere i passi delle Alpi Giu­ lie e lT stria che ne è difesa. E le tra c cio del

valium, che co n tinua il m uro delle Giulie lungo

i dossi calcarei del Carso, si ritrovano nei p un ti più natu ralm en te a tt i a d una sicura difesa, ol­ tre la selva di Piro, alle Arae postumiae (Adcl- sberg, la P ostoina degli sloveni), sino a ll’Albio e giù verso il Quarnero sino a Fium e. L a F iu ­ m ara, che h a dato il nome a lla c ittà , oggi porto annesso a lla lo n ta n a U ngheria, è l ’u ltim a acqua alp in a che scende nell’A driatico a d Oriente, nel Quarnero.

*

S toria a n tic a e geografica discutibile secondo che la si stu d ia con anim o cisalpino o tra n s a l­ pino. Ma la sto ria non sem bra più ta n to a n tic a e la geografia ap p are discutibile solo in m inimi

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2 2 IL F R IU L I AUSTRIACO. - LA VAL DÌSONZO

p artico lari quando non si voglia sempre chiudere gli occhi su un a ltro elem ento reale e decisivo in q uestioni di q u e sta n a tu ra : l’etnografia.

Lasciando le decisioni ai com petenti — di e t­ nografia n a tu ra lm e n te — qui m i lim ito a q u a l­ che ricordo locale e a qualche im pressione di p ae­ saggio. Perchè i paesaggi di q u ella regione h a n ­ no nelle linee e nelPespressione un c a ra tte re t u t ­ to loro che non si d im en tica: come non si dim en­ ticano certi volti um ani a tto n iti, dagli occhi in ­ certi che sem brano dom andare a noi il loro de­ stino.

N ulla di sostanzialm ente nuovo — cioè, ci so­ no le uniform i nuove a lla stazione e, nei treni, delle leggi piu p ratica m en te severe contro il

Freie Spucken, a le tte ra il « libero sp utare », dei

viaggiatori — per chi e n tra nella Venezia G iulia da ’Cormons p er G orizia o da Cervignano per Mon- falcone. L a p ianu ra ario sa del F riu li co n tin u a con il suo anello sc in tilla n te di nevi lontane : c o n ti­ nuano le « rogge » t r a i cam pi g rassi e le p ra te ­ rie dolci, e nelle «rogge» diguazzano le a n a tre e le m assaie prosperose le richiam ano con le c a ­ denze sonore dell’unico d iale tto friulano. C onti­ nua « la p a tria del Friuli», come la chiam arono i Veneziani che vi ebbero i loro feudatari.

L a co n tin u ità delle cose è ta n to p e rfe tta che il confine per dividerla in due in qualche pu nto pare che ab b ia voluto ridere di sè stesso. In alto c’è la lin ea del J u d ri — un to rre n te che scende

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FR IU L I AUSTRIACO. - LA VAL D ISONZO 2 3

non dalle Alpi Giulie m a dia un loro co ntrafforte parallelo — m a poi, in pianura-, presto anche il Ju d ri è abbandonato, e la rete m eta llic a — eco­ nomica- 'm uraglia d ella Cina t r a gli s ta ti m oder­ ni — prosegue secondo i capricci di chi sa quale catasto di mezzo secolo fa. A Privano, t r a P a l­ manova e Visco, preoccupato di seguire una cer­ ta direzione, il confine ta g lia una casa colonica dalla sua sta lla vicina. E le vacche che hanno dorm ito nel regno d’I ta lia vanno a d abbeverarsi nell’impero austriaco. Poco Piale, in fin de’ conti, sono sempre placide vaccine friulane.

E i loro p ro prietari? ^Placidi agricoltori, an- cli’essi si contentano di essere friulani. In t u tt a la bassa — la p a rte p ian a del F riu li austriaco fino alle foci dell’Isonzo — vivevano sino a ieri in una m odesta coscienza locale che le a u to rità si guardano bene daH’eccitare : anzi una pretesa disform ità etn ica di t u t t i i F riu la n i dagli a ltri Veneti serviva a comprimere le possibili d ilatazio ­ ni. Perchè la coscienza si desti, bisogna che arrivi lo Slavo o il Tedesco : m a gli Sloveni, p er quanto favoriti dal Governo, non si sono ancora in filtra ti nella bassa; e i Tedeschi si sono a c c e n tra ti a G ra­ do, sulla laguna — dal Po allTsonzo la costa è t u tt a a lagune — a farvi una loro c itta d in a di bagnature, una specie di Lido au striaco dietro cui i ruderi rom ani e i cam panili cristian i di Aqui- leia creano un’illusione e s te tic a di analogie ve­ neziane. A Monfalcone invece l’A ustria h a

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im-2 4 IL FR IU L I AUSTRIACO. - LA VAL D’iSONZO

p ia n ta to un grande cantiere. Il borgo, di a sp etto più p a lu stre che m arittim o , è diven tato una pic­ cola città-o fficin a in cui il nucleo friulano della popolazione si è sciolto n ell’am biguo cosm opoli­ tism o di tu tte le creazioni dello S tato a u s tria ­ co : gli operai sono friu lan i m a anche trie stin i, m a anche, e sempre più, slavi e tedeschi dell’Au­ s tria e dell’Im pero; e c’erano anche ingegneri in ­ glesi una v o lta ; da un pezzo non ci sono p iù ope­ rai del Regno.

S trane queste creazioni dell’A u stria sovrappo­ ste a l luogo dove sono im pian tate, estran ee quasi ; congegnate in modo che l'indole 'locale non ne tra g g a vantaggio, con zone di attrazio n e che sa l­ tan o i vicini p er arriv are ai lontani. Così, non ostan te il grande cantiere d i M ontaleone aggiun­ to alle ricchezze agricole d ella bassa friulana., i contadini hanno dovuto com inciare a d em igrare.

Em igrando d a ll’a g ric o ltu ra a ll’indu stria, i F r iu ­ lani parrebbero n atu ralm en te a tt r a t ti a Trieste, che d a Monfalcone, lungo il mare, non d ista n ep­ pure tre n ta chilom etri. T rieste in fa tti cercava di chiam arli a sè, come cercava di trasfo rm are in operai di grande c ittà ita lia n a dell’A u stria i T ren­ tini. E tu tta v ia i F riu lani, come i T rentini, con­ tribuiscono anche a lla em igrazione tran so cea­ nica.

Le cose sono sta te f a tte in modo, che T rieste crescendo rim anesse il più possibile iso la ta dal contado italian o più vicino. Non c’è an co ra

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lun-IL FRIULI AUSTRIACO. - LA VAL D’iSONZO 2 5

go la costa d a Monfalcone a Trieste una stra d a comoda e continua. E il F riu li è rim asto, risp e t­ to a lla grande Trieste, quello che era quando T rie­ ste era più piccola d i Gorizia. Gorizia la cap itale della provincia — la contea principesca di Go­ rizia e G radisca — è effettivam ente ancora la c ittà di q u esta popolazione agricola. E quelli tra i F riu la n i che si perm ettono di avere un altro centro fuori della Provincia si sentono forse più vicini a Udine che a Trieste.

*

L a d ire ttiv a del F riu li au striaco è dunque se­ g n ata dalla linea dellTsonzo. Ma a l nord di Go­ rizia p u r troppo l’Isonzo non è più friulano. L’a l ­ ta valle è orm ai slovena; c’era qualche nucleo d’ita lia n i nei paesi dell’a lta v a lla ta che hanno ancora, accanto a l nome slavo, un nome ita lia ­ no — Canale, Tolmino, C aporetto, Plezzo — ; og­ gi non credo che esistano più. E non p er uno spe­ ciale potere assorbente degli Sloveni — che in condizioni norm ali si sono sempre facilm ente ita ­ lianizzati inurbandosi — m a perchè proprio l ’a lta valle dellTsonzo è divenuta il corridoio di sboc­ co verso il m are di t u tt e le v a rie tà di Slavi e d’a ltre genti deH’interno, d a una decina d ’anni, da quando vi scende la im p o rtan tissim a linea

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2 6 IL FR IU L I AUSTRIACO. - LA VAL d’iSOA'ZO

tra n sa lp in a o dei Tauri. Prim a, dal passo del P redii scendevano gli a b ita n ti dell’a lta Sava ; ora la ferrovia, stra te g ic a e politica, a ttr a e i Carin- tia n i e t u t t i gli A ustriaci dell’A u stria alpina. L ’interno è in d o tto a prem ere sul mare.

Eppure l’a lta valle d ell’Isonzo è anco ra t u t t a dentro il confine n atu rale dell’Ita lia , quando l ’I ­ ta lia sia com presa nella sua to ta lità . In ta l caso i radi a b ita to ri della valle, lunga ed angusta, e n ­ tro cui scorre il verde fium e alpino, non sono più che un’isola etnica, come i Tedeschi sopra Tontebba, come gli stessi Sloveni che nel m edio­ evo arrivarono, proprio d a q u e sti m onti, sino a Cividale e vivono a n c o ra so tto la band iera di una p a tria più g ran d e: gli Slavi ita lia n i del N atiso- ne. Non sono nè serbi, nè croati, m a so ltan to slo­ veni, del ram o m inore e meno p recisato nazional­ m ente che sia t r a gli Slavi d ell’A ustria.

Sull’a lto Isonzo q u esti Sloveni vivono dei loro cam p etti stra p p a ti a i pendii rocciosi, dei loro m ulini tra i noci. Se il tip o delle costruzioni, la vegetazione, il tono dei colori e delle luci hanno un significato, è im possibile non sen tire anche quassù il nostro clim a storico. Bisogna essercisi a ffacciati su q u esta valle venendo d a ll’a ltr a p arte, risalendo d a lla W ochein — dove nasce uno dei ram i della Sava — p er av er sen tito la gio ia della p a tria vicina. Pensate — m o d estia a p a rte — a l P e tra rca sul m onte Gebenna. O anche, per chi non osi un po’ di alpinism o, b asta esserci

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sboc-IL FR IU L I AUSTRIACO. - LA VAL d’iSONZO 2 7

cati dal tunn el di Feistrifez. L a prim a stazione si chiam a ancora Podbrdo. Ma l’a lito del m are e delle pianure italian e a rriv a sin qui anche nel cuor deH’inverno, quando a l di là dei m onti si è lasciato lo squallore della neve sotto la neb­ bia, quel senso di cim itero che stringe l’anim a nell’ inverno m orto della C arintia. E i monti, ■aspri blocchi calcarei, le m ète n a tu ra li di questa ultim a Italia, hanno pur con i nomi sloveni i loro nomi ita lia n i più antich i. E q u esti nomi ita ­ liani sono fam igliari alle c ittà italiane d ell’I t a ­ lia a u stria c a : l’alpinism o, passione presaga a i po­ poli di confine, lì h a rich iam ati t u tt i in v ita ; dal Canino che è sul confine politico, lungo l’arco che cinge l’Isonzo e la B acia — uno dei suoi ram i — al Bombone, al M an gart — è nome friulano — al Monte Solcato, il Tricorno, al Monte Bieco, al Monte Nero. Le escursioni che i Goriziani, i Trie­ stini e gli Istria n i vi fanno d’estate e d’inverno dànno una viva illusione di rico n qu ista in nome della storia. E nei giocondi bivacchi t r a i pini neri e gli abeti, anche lassù suona il d ialetto ve­ neto dei p iani e delle m arine. D alla p u n ta del Tricorno t u tt a la Venezia Giulia, il grande seno dell’Adria, T I s tria e le sue isole, si svelano nel­ l’azzurro diffuso come la regione dom inata dalla vedetta del suo dominio.

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II.

Trieste e il suo Carso.

A M onfalcone, anche chi d ella Venezia G iulia non vada cercando che le m arine si accorge che il paesaggio m u ta : d a lla p ian u ra che sente la lag u n a ai terrazzi che sentono l'Alpe. P e r l ’a lt i ­ tudine che cresce a grado il m utam ento p o tre b ­ be passare inosservato, se le m ediocri a ltu re che ci vengono incontro non fossero così petrose. Non occorre essere geologi p er sentirne la durezza calcarea. È una nuova te r r a : u n a te rra senza te r ­ r a ; è sp arito Yhumus e ogni vegetazione cam pe­ stre. Il suolo m ostra la sua ossatura, p rim o rd ia­ le: aspro e ronchioso sale verso Pinterno in linee m onotone di deserto. E il Carso che com incia: il prim o declivio dell’a ltip ia n o grigio e secco che form a la base della penisola istria n a d a T rieste a Pium e. Uniform e e nello stesso tem po scon­ volto, con i suoi m acigni stram bi, con le sue fo r­ re che bevono le acque, non sarebbe che un’enor­ me cava di p ietre — la così d e tta p ie tra dT stria,

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TRIESTE E IL SUO CARSO 2 9

quasi un m arm o — se q u a e là non fosse sta to rim boscato di selve di pin astri. M a per la scar­ sezza degli a b ita n ti — radi villaggi che confon­ dono il loro grigio squallido nello squallore dei macigni — è rim asto quasi un deserto.

Dal fianco sinistro dell’Isonzo vi si ascende per un lento piano in clin ato ; invece d a lla p a rte del m are discende ripido p er uno scalino improvviso. È un tag lio n etto — « crepa m agna» ebbe nome un punto della costiera, nel trecen to — e l ’orlo del taglio si solleva quanto più si avanza d a Monfalcone verso Trieste. D alla p arete uniforme non scendono to rre n ti: invece il sasso poroso a s ­ sorbe le acque dell’altip ian o , le filtr a e le r i­ versa nel m are p er invisibili polle sottom arine. Così a ll’A urisina — nome romano che gli Sloveni hanno corrotto in N abresina — si sono trov ate le acque dolci lungo il m are e se ne è fa tto l ’ac- quedotto che d isseta Trieste.

Ma p rim a dell’Aurisina, queste acque, discese per vie invisibili, presentano un regim e anche più singolare. Avendo trovato, fra la parete roc­ ciosa e il m are, un breve ripiano, si sono ferm a­ te in un impluvio va,sto, profondo, perenne, che sfocia in un corso d’acqua, breve m a largo coinè un grande fiume. È il Ti,mavo di V irgilio: il fiu ­ me che una leggenda classica pretende sia un ra ­ mo deviato dal.... Danubio.

Non lo è, p er Tottim a ragione che i fium i a n ­ che i più cospicui non hanno l’ab itu d in e di

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risali-3 0 TRIESTE E IL SUO CARSO

re le m ontagne, e tr a la valle del più vicino a f ­ fluente del D anubio e il lim a v o si eleva proprio l’acrocoro alp estre del Carso : ma la leggenda d ’im possibile id ro g rafia pare sim boleggi incon­ sapevolm ente l a tend en za dei popoli danubiani a deviare da q uesta parte, verso l’Adriatico. R eal­ m ente i l Timavo — il bel fiume dalle acque sem ­ pre gelide e pure — non è che la continuazione di un fium e nato d a uno degli ultim i gioghi delle Giulie, d a ll’Albio, e che scorre per un tr a tto d a l­ l’Alto Carso fra i ruderi di castelli abban do nati — il Timavo superiore, che gli Sloveni chiam ano Recca. Recca vuol dire sem plicem ente fium e: gli Sloveni non sono m olto inventivi n ella loro to ­ ponom astica. A San Canziano il Timavo superio­ re p re c ip ita hi u n a foiba — fovea la tin a — una specie di cratere ; p e n e tra in una g ro tta e vi si sperde p er m eandri m isteriosi che non si posso­ no com pletam ente esplorare. U na sparizione con­ sim ile fa un a ltro fium e carsico, la P iu ca; la fa anche un fium e istrian o n ella foiba più celebre della regione, q u ella di Pisino. Ma in un modo o in un a ltro tu tte queste acque r ilu tta n ti a ll’i ­ dro g rafia norm ale defluiscono nell’Adria fico. Così anche la regione d a cui hanno origine si dim ostra n atu ralm en te inclusa in quell’arco m ontano che le Giulie spingono sino al Quarnero.

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TRIESTE E IL SUO CARSO 31

*

A T rieste dunque si a rriv a sfilando sotto il gradino ab rup to del Carso. C ostiera così rip id a clie non lascia spazio a lla form azione di paesi litoranei. Dopo Duino e il suo castello, che dal m are dominò per più secoli il minore feudalesi­ mo dei m anieri m ontani del Carso, la costa è d i­ sab itata fino alle im m ediate vicinanze di T rie­ ste. I rad i villaggi — S a n ta Croce, Prosecco — m ostrano appena le cime dei loro cam panili su l­ l’orlo dell’altipiano. Le stazioncine davanti a cui il treno p assa per scendere a Trieste possono por­ tare anche dei nomi di am bigua ita lia n ità : non sono che nomi ed esercizi di toponom astica, go­ vernativa. Il territo rio storicam ente ed am m ini­ strativ am en te triestin o com incia a S istian a —

Sìxtilianum — una cav ità boscosa n ella roccia;

le ville della breve riviera c itta d in a cominciano al di là di M iramar, a Grigliano e a Bàrcola. E qui soltan to si può rip arlare di costa a b ita ta , dove Doperà delTuomo h a rivestito d i giardini e di boschetti la roccia: vigne t r a i massi, ulivi al sole, càrpini negli angoli d’om bra: fino a ll’or­ lo degli u ltim i scogli, freschi ta p p e ti d’erba che la prim avera fiorisce di violette e di prìm ole co­ me in m ontagna. La flora m arittim a sale fin

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do-3 2 TRIESTE E IL SUO CARSO

ve può verso il m onte a d in co n trarv i la flora a l­ pin a clie scende : a trecen to m etri d i altezza so­ p ra T rieste si colgono le genziane. Così, come nel suo clim a fisico, nel destino storico di T rie­ ste si sono sem pre sco n trate le corren ti più con­ trarie. L a sua ita lia n ità , venuta lungo il m are e a lim e n ta ta dal piare, è s ta ta m in a c cia ta nei secoli dalle stirp i a n n id ate alle sue spalle, den­ tro e oltre i m onti. E quando su lla c ittà hanno dom inato le signorie dell'interno, sem pre h a n ­ no cercato di rom pere la co n tin u ità n a tu ra le fra Trieste e il resto d ’Ita lia . T ortezza di confine, bisognava iso larla: la posizione geografica della c ittà si p resta v a aH’isolam ento.

Così T rieste è oggi una grande c ittà ita lia n a quasi senza territorio. F ra la c ittà e la sua cam ­ p ag n a vi è uno stacco che sorprende gli s tra n ie ­ ri. A ltrove la c ittà riassum e la sua cam pagna; ne tra e l’alim ento quotidiano e il sangue rinn o­ vatore : ne è il resu lta to complessivo ed espres­ sivo. Trieste si so ttrae a q ueste leggi, come una c ittà coloniale. Em porio [marittimo, si n u tre di d errate che le vengono d’oltre mare. E anche di uom ini s i accresce a ttra e n d o li un po’ d a ogni p a r ­ te. Il territo rio im m ediatam ente vicino vi e n tra p er poco. Se si è m a n te n u ta ita lia n a anche n el­ l’accrescim ento strao rd in ario dell’ultim o cinquan­ tennio — perfino l’ultim o censim ento austriaco, del 1910, sopra una popolazione effettiv a d i due- centoventim ila a b ita n ti riesce a contarne meno

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TRIESTE E IL SUO CARSO 33

di un terzo fra tedeschi, sloveni e serbo-croati — non è certo m erito di una riserva ita lia n a che abbia nelle sue campagne. Ma non è nemmeno effetto di questo suo territo rio disforme se lo slaviSmo cittad ino negli ultim i decemii è cresciu­ to in proporzione m aggiore dell’elem ento italiano. Gli im m igrati dell’intem o, che p er le sta tistic h e austriache contano come indigeni m entre i tre n ­ tam ila ita lia n i del Regno restano perpetuam ente stranieri, sono gente venuta di lontano : dalla Carinola, d alla C arintia, sin d alla Boem ia e d alla Polonia. R una colonizzazione a rtificia le avvia­ ta dal governo a denaturare la c ittà e la forza d’assorbim ento pro p ria del sangue e della civil­ tà italiana. Il territo rio vicino — il suo Carso — c’e n tra per poco. Perchè se questo territo rio carsico nelle carte dim ostrative può ap parire co­ lorito di un colore uniform em ente sloveno, in realtà è un territo rio sem idisabitato. T u tto il d i­ stretto politico di Cesiano (Sesana) che, p u r fa ­ cendo p a rte d ella C ontea di Gorizia, s ta alle sp al­ le di Trieste fra l’orlo dell'altip ian o e i valichi delle Giulie, non è a b ita to che d a tre n ta m ila ab ita n ti: quasi t u tt i sloveni, m a assai più sassi che Sloveni.

E p er quanto la p o litic a a u stria c a si sia sem ­ pre appog g iata ai contadini del territo rio contro la città, non è riu sc ita a d im pedire che, le n ta ­ mente, Trieste in g ra n d ita m odificasse via via il carattere delle sue vicinanze p er q uanto

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34 TRIESTE E IL SUO CARSO

vie. Opicina è oram ai un sobborgo di T rieste ; C attin ara, Basovizza, Lipizza sono d iv en tate le economiche villeggiature d e lla piccola borghesia trie stin a .

Belle villeggiature che, vicinissim e a lla costa, offrono già un’illusione di paesaggio alpino. Qui il Carso è sta to largam ente rim b o scato: l’uni- form e p e tra ia è v a ria ta di m acchie cupe e di radu re verdi. Dalle boscose bandite signorili i caprioli tra n q u illi si affacciano a d occhieggiare sulle strad e m aestre. I n fondo, a sinistra, sul cielo tra sp a re n te p u rificato d a lla bora, ria p p a ­ iono i p è ttin i bianchi e azzurri delle g rand i Giu­ lie. P iù vicina una b a rriera minore, m a continua : i dossi orizzontali che s’interrom pono nel p ro fi­ lo deciso di M onte Be. Qui è il lim ite e il var­ co della n o stra regione.

L im ite e varco romano. Dove le Giulie div al­ lano e si confondono n e ll’uniform e a ltip ia n o del Carso, i Rom ani videro agevolm ente la lin ea n a ­ tu ra le del displuvio e del confine; ta n to più so­ lidam ente imunibile quan to più facile ne è l ’a c ­ cesso d a lla v a lla ta opposta d ella Lubiana. Ve­ nendo d a ll’a lto Goriziano, essi non ebbero che d a afforzare i due lunghi dossi che scendono dalle G iulie p ropriam ente dette, due a ltip ia n i boscosi sovrapposti a l m inore a ltip ian o sassoso: la selva di T arnova e la selva di Piro. Il Vipacco — il F rigido dei Rom ani — che defluisce a l nord nell’Isonzo ne rim ane incluso. Così, risalendo il

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TRIESTE E IL SUO CARSO 35

Vipacco, anche più ta rd i i P a tria rc h i di A quileia ebbero giurisdizione sopra i castelli che lungo il fium e e sui gioghi la te ra li si appollaiarono quassù, nel medioevo e nel rinascim ento.

Rinascim ento selvatico di selvatici feudatari, tan to che a volte lo stesso capitano im periale di Trieste dovette co m b atterli per liberare le strade taglieggiate. Ma p iù tardi, quando q u al­ che a lito di gentilezza ita lia n a potè p enetrare fino a questi recessi, i castelli del Yipacco, co­ me quelli del Timavo, passarono in m ani meno feroci : e li tennero anche nobili di p a trizia to italiano, i Porcia, i R abatta, i Coronini. A Vi- pacco il palazzo dei L an tieri — Carlo Goldoni ne ricord a la grassa o sp ita lità — ripete in te r ­ ritorio oggi carniolino la tip ic a a rc h ite ttu ra del seicento italiano di provincia. E anche il dom i­ nio veneto, n ella sua espansione non anco ra fer­ m ata dalla lega europea di Cam bray, vi fece delle punte. Nel 1508 i veneziani tennero A delberga che è sul passo più avanzato verso la Carniola, e nello stesso tem po occuparono, a l di là della selva di Tarnova, Id ria e furono i prim i a sfru t­ tarn e le ricche m iniere di m ercurio.

Del resto, geograficam ente, anche la valle del- lTdria, affluente dellTsonzo, e ancora n ella re ­ gione : e i suoi estrem i lim iti m ontuosi si ria l­ lacciano a lla selva di Puro p er il Javom ik. Non dovrebbe suonar nuovo in le tte ra tu ra ita lia n a il Javornik. D ante pare lo conoscesse: è il suo

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Tarn-36 TRIESTE E IL SUO CARSO

bernic, un m onte tu tto d ’un blocco che ric h ia ­ m ava a lla sua fa n ta sia il sim ile m acigno della P a n ia: e l’uno e l’a ltro cadendo di schianto sulla g h iacciaia di Cocito, q u esta

non avria pur dell’orlo fatto cric.

*

Sotto il M onte Re — caro ai T riestin i p e r la sua selva profonda e p er la sua ricca flo ra 'alpi­ na — p assa la s tra d a più agevole che d a lla valle della Sava conduce a ll’A driatico. Quando il cen­ tro se tte n trio n a le dell’A dria e ra Aquileia, A ttila non ebbe che d a seguir la valle del Yipaeco e pun tare o ltre l’Isonzo: ora che il posto di A qui­ leia è ten u to d a Trieste, la s tra d a è anche più comoda. Si ta g lia il tavoliere del Carso, duro ma breve, e T rieste è ai n o stri piedi. Ci passa, n a ­ turalm ente, anche la lin ea ferroviaria di V ien­ na, l’unica che legasse l ’A u stria a l suo lito rale prim a che fosse a p e rta la tra n sa lp in a delle a lte Giulie.

E inolto p rim a che le ferrovie li aiutassero, gli eserciti dei popoli invasori affluirono a lla p o rta a p e rta su ll’Ita lia . Anche se avessero tro v a ti p ro n ­ ti i difensori, il terreno si offriva a i larghi av ­ volgim enti di una b a tta g lia : le conche delle do­ line, le a s p e rità sassose del pianoro erano tr in ­ cee n a tu ra li ai com battenti. Così nel 394 d. Cr.

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TRIESTE E IL SUO CASSO 3 7

sul Frigido com battè A rbogaste con Teodosio che gli veniva incontro da C ostantinopoli; e vinse Teodosio perchè, in quel mese di settem bre, sof­ fiava la bora alle spalle dell’assalitore e negli occhi dell’assalito.

E fu l'u ltim a difesa. Poi i b arbari non sco n tra­ rono più Romani lungo il vallo romano, a Nau- porto e alle Arae postumiae. Anche il mons regis, a cui secondo la tradizione si affacciò Alboino, è più probabilm ente il Monte Re del Carso che il Kónigsberg del Predii, insuperabile a d un eser­ cito, e da cui dell’Ita lia so tto sta n te non si vede gran cosa. E giù i Longobardi dove erano p a s­ sati i Gepidi e gli O strogoti; e poi gli Slavi die­ tro i Longobardi, e finalm ente — p er rim aner sempre nel tnedioevo lontano — anche gli Un- gheri.

A proposito dei q u ali P ier Francesco Giambul- lari nel m illecinquecento scrisse: «allo entrare del mese di aprile, uscirono in su lla campagna^ con un esercito innum erabile, per la so lita s tra ­ da de’ barbari, cioè p er la via del F rigoli — del F riu li, q u e sta — porta nocevolissima lasciata

aperta dalla natura per gastigare le colpe d’Italia.... d.1)

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III.

Istria di San Marco.

Trieste in Istria . E uno degli errori correnti nella geografia p iu tto sto im m aginaria che si a t ­ tribu isce volontieri in qualche p a rte d ’I ta lia a lla Venezia Giulia. Ma è un errore ragionevole che corregge una v e rità assurda.. La verità assu rd a ed a u s tria c a è che T rieste am m in istrativ am ente non h a n u lla a che fare con T lstria contigua. T rieste da sola è u n a specie di città-provincia. E T lstria, che n ella grande c ittà ita lia n a dovreb­ be avere il suo centro naturale, è u n a provincia che cerca il suo capoluogo. A tte n ti a non p ren ­ dere C ap o distria per quello che esprim e il no­ me e p er quello che fu nei m olti secoli di dom i­ nio veneto ! P er un pezzo la D ieta Istria n a e il C ap itanato d istre ttu a le del m archesato d ’I s tria — è il tito lo ufficiale d ella provincia — ebbero sede a Parenzo: nel 1897 furono tra s p o rta ti a Pola. L’intenzione del tra sp o rto non h a bisogno di essere ch iarita.

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T u tto ciò non riesce a im pedire, natu ralm en ­ te, che p er gli Istria n i ita lia n i la c ittà , il centro effettivo a cui confluisce il loro pensiero e la loro azione sia T rieste. Non riesce nemmeno a impedire che il candido osservatore di paesaggi geografici si sen ta già in I s tr ia quando è ancora a Trieste. L ’I s tria è un’appendice che contin u a il paesaggio alpestre e collinoso delle Giulie e del Carso : l’altip ian o carsico si addolcisce av an­ zando nel m are ; le sue forme si fanno più ele­ ganti, la sua te r r a più ricca, il suo clim a più dolce. La co sta istria n a si muove in una serie di sporgenze scogliose e di rie n tra tu re sabbio­ se, che chiam ano valloni. Il prim o vallone del- l’Istria, quello di Zaule, è già in p a rte occupato dal nuovo po rto trie stin o di S an t’Andrea.

Ma nel pensiero au striaco codesta co n tin u ità reale di forme, di popolazione, di lingua, non conta nulla. E bene che T rieste non si senta troppo a tta c c a ta a llT s tria : H s tria , che è a u ­ stria c a d a poco più di cen t’anni, con i suoi p re­ cedenti politicam ente, oltre che linguisticam ente, veneti, potrebbe acuire n ella c ittà — porto del- lTmpero — certe illusioni d a cui dovrebbe inve­ ce essere presto g u a rita : m edicina slava e go­ vernativa. I Veneziani ebbero il confine della lo­ ro provincia un poco più in là di Trieste, a d un to rren te di poche acque m a di bel nome — la R osandra — : a Trieste invece il dominio vene­ to non fece che brevi apparizioni — spiegate

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anche dal fa tto che a llo ra a T rieste non c’era nu lla che m eritasse di essere dom inato — : l’Au­ stria, rispettosa, d e lla cronaca più che della storia, h a ris p e tta to volen tieri tu tt i i confini in tern i che la aiu tavan o a tener se p ara ti i suoi su d d iti diver­ sam ente fedeli. E ne è ris u lta to qualche cosa: che gli aggruppam enti, per qu anto illogici e a rtifi­ ciali, hanno form ato n ella stessa n azio n alità dei nuclei d’in teressi d istin ti, hanno alim e n ta to per quanto era possibile i partico larism i locali, h a n ­ no offuscato, alm eno nei ceti inferiori, la co­ scienza dei g ran d i in teressi com uni; certo h a n ­ no reso più difficile l’azione comune di resisten ­ za. Così per forza i T riestini si sono a b itu a ti a considerarsi d istin ti dai fra te lli confin anti is tria ­ ni, a non essere in Istria, m entre — se la geo­ g rafia non è un’opinione, se la .lingua noni' è una illusione — lo sono già, come afferm a quel tale ragionevole errore che corregge un’assu rd a verità.

P er avere delle in teressan ti im pressioni di p ae­ saggio istriano, bisognerebbe raccogliere quelle di qualche buon Viennese che, per la prim a vol­ t a in v ita sua, sia venuto in I s tr ia — bagnante a Forforose o m agari im periai regio im piegato a Pola — a fare il Viennese in mare. Non sono certo im pressioni di paesaggio au striaco che

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muovono il suo sentim ento d ella n a tu ra e, se ce n’ha, dell’arte. Anche a Trieste — p er quanto la c ittà m oderna non gli possa offrire che a rc h i­ te ttu re genericam ente e internazionalm ente m o­ derne — quello che lo a ttra e e che gli piace è la no ta straniera, p er lui, della c ittà : la n o ta ita lia n a che m ette di buon umore l’uomo ger­ manico, il colore m editerraneo che m ette in vi­ sibilio il cuore continentale. Se non a ltro è l'o­ ste ria ita lia n a di T rieste che rim ane indim en­ ticabile a ll’onesto cuore viennese ; il quale, in fondo a lla sua sincerità, non è pun to d’accordo con coloro che vorrebbero m ettere in dubbio l ’i ­ ta lia n ità di T rieste; sarebbe disperato il gior­ no che sulle rive dell’A dria non trovasse più il suo caro pittoresco italiano. G rato a l gover­ no austriaco che glie lo offre in casa sua, a p o rta ta di m ano e di borsa, forse si im m agina che sia p a rtico la r c u ra del Governo m an ten er­ glielo così, come piace a lui. Peccato che il buon borghese di Vienna conti, nelle direttive dell’Im- pero, quasi a ltre tta n to poco quanto il popolano triestin o che risponde alle am abili interrogazio­ ni tedesche dell’ospite forestiero con i m o tti ir ­ riverenti, m a p er fo rtu n a non compresi, del suo d ialetto paesano !

Se poi il forestiero viennese s’im barca su uno dei vaporetti che corrono tu tto il giorno — cor­ revano: oggi il golfo è fermo tr a l’an sia e la m inaccia — fra Trieste, Capodistria, Pirano,

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lora la sua gioia d ’essere in I ta lia gli tra s p a ri­ sce d a t u t t a la persona, come fiam m a d a ll’ala- bastro. Si sente a V enezia — anche lu i — senza aver bisogno di arriv are a Venezia: nel suo m o­ desto cuore di pacifico borghese si rinnova a n ­ cora una v olta il gusto violento della conquista. E non si esclude che il piacere di posseder già ta n to di Venezia non stim oli nelle late b re secre­ to della sua cupidigia la volontà di possederla tu tta . Oram ai è difficile a ttrib u ire ai m olteplici am ori della razza germ anica l'innocenza di un platonism o contem plativo.

E una colpa se, a sua volta., in I s tria un i t a ­ liano, — razza p oliticam en te p lato n icissim a — non se n ta che d ella n o sta lg ia vana? L a ten e ­ rezza e s te tic a che proviam o p er le nostre c ittà m o rte si fa quasi sgom ento dinanzi a queste c ittà che non sono nostre. N ell’u n ità della p a ­ tr ia viva le c ittà m orte sono isole di riposo, non c im ite ri; m a queste, solitarie, fuori del confine, abbandonate, si tem e che veram ente debbano es­ sere i cim iteri di un popolo. Bisognerebbe che il nostro estetism o fosse ben crudele, perchè a n ­ che nei borghi istria n i si com piacesse del deca­ dim ento che p à tin a di verde le vecchie case, che leviga gli in ta g li delle mensole, che cancella gli stonimi, che soffoca i ricordi!

In v erità non decade l’I s tr ia d i San Marco. C ontinua la v ita provinciale che h a sempre vis­ suto sotto la protezione dell’Evangelista..

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plice vita m a da g entildonna: piccole c ittà m u­ rate, ciascuna rac c o lta nelle sue m odeste am ­ bizioni, m a ciascuna anche con qualche segno di bellezza e di nobiltà. E i più cospicui di que­ sti segni sono più an tich i d ella più a n tic a Vene­ zia: l’are n a rom ana di Pota., la basilica eufra- siana di Parenzo. Sul terreno archeologico, di cui a Nesazio si può studiare la im ponente ric ­ chezza, i resti del bizantinism o si svolgono n a­ turalm en te nelle forme più tip iche deH’a rc h ite t- tu ra sacra, civile e m ilitare veneziana ; con i palazzi gentilizi di un seicento m oderatam ente barocco si compie tu tto il ciclo dell’a rte c o stru t­ tiv a italian a, come in poche a ltre regioni d’I ­ talia, nella « Is tria d i San Marco».

A d ir I s tria di San Marco non le si dà so lta n ­ to una denominazione sentim entale. È una re a l­ tà passata, che il presente non h a annullata., nem ­ meno in coloro che per a n n u lla rla hanno fa tto sforzi incredibili. T ra gli stessi Slavi che si so­ no in filtra ti d a irin te rn o verso le coste, alle volte si sente discutere: slavi tu tt i e due, m a l’uno si afferm a «'marcolino» — d i San Marco — e l’a ltro « dell’Im perio ». Il che storicam ente è e s a t­ tissimo. Sloveni si sono in filtra ti fin dal m edio­ evo nell’ Is tria in te rn a e la contea feudale che

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ebbe centro a Pisino non fu certo baluardo alle loro infiltrazio n i; m a a ltr i Slavi inorlacchi — serbo-croati — furono im p o rta ti come coloni da Venezia ste ssa : e questi Serbo-Croati, lav oratori della gleba accanto alle c it tà italiane, furono fedeli a lla dom inante del mare. Povera- gente sel­ v a tic a che Venezia condusse p e r p rim a a l v esti­ bolo della, civiltà. E dovrebbero q u e sti colonizzati riuscire a d im porre il loro tipo nazionale ai co­ lonizzatori ?

Im possibile p rim a di tu tto a loro stessi. In t u tt a l’I s tr ia di San Marco, d a lla Rosandra, per t u t t i i borghi che ingem m ano la fertile costa, da C apodistria, a Pirano, a Parenzo, a Rovigno, a Pola e, oltre il Prom ontore, su p er il Quarnero fino a lla p u n ta che si chiam a an co ra del Pax te-

cum, e n ella zona in te rn a che occupa t u t t a Pi-

s tria m eridionale e risale a nord fino a Buje e M ontana, le condizioni sociali sono su p er giù anco ra quelle dei secoli veneziani. L a civiltà, la co ltu ra racco lte nelle c ittà e nelle borgate : civ iltà ita lia n a ; nelle cam pagne, gli Slavi con i loro d iale tti, non an co ra con una loro civiltà. Ma come non ab itan o le c ittà , così non possiedo­ no nemmeno la cam pagna più fertile.

F e rtili sono quelle che costeggiano il mare. Qui i vigneti prosperosi, gli ulivi, una vegetazione da collina m arch ig ian a; nei p u n ti più rip a ra ti i giardini e i lau reti, come in Riviera. Sono le ricchezze per cui la provincia istria n a si

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renzia dal restan te della regione g iulia di suolo magro. Ma effettivam ente re sta una provincia m arin ara: la n a tu ra la h a t u t t a incisa di golfi che sono rade, di estu ari che sono porti. Nelson disse che T lstria è t u t t a q u a n ta un porto.

E Venezia ebbe t u t t a l’I s tr ia perchè ne tenne tu tti i porti. E anche deH’interno si giovò per scopi m arin ari: il cam panile di Buje, a lto nel- rintern o, servì da faro ; la grande selva di Mon­ tan a d ette il rovere e la quercia alle galee degli arsenali.

L’Istria è an cora una provincia a u stria c a t u t ­ ta italian a, perchè g li Ita lia n i ne tengono t u t ­ te le c ittà costiere, m arinai, pescatori ; ed è per via di m are più che p er via di te r r a che le c ittà comunicano fra di loro, si orientano tu tte verso Trieste che non si vuole sia la loro capitale.

L a capitale, è bene ricordarselo, è ancora a Lola.

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IV .

Il Q uarnero.

Subito dopo Pota, doppiato il Prom ontore — un grande faro sopra uno scoglio : di n otte, q u an ­ do si com incia a scorgerlo a l largo, d à l'illusione del lum e acceso su lla soglia di c a sa — com incia il Quarnero. Ci se ne accorge anche dorm endo: non c’è bonaccia in A driatico che in Quarnero non diventi un po’ d i dondolìo; e le conseguen­ ze del dondolìo diventano facilm ente le estrem e quando b a tte lo scirocco. C om incia il Quarnero, m a non finisce l’Istria.

P er l’am m inistrazione a u s tria c a fanno p a rte del- l’I s tr ia anche le tre più gran di isole del Q uar­ nero : Veglia, Cherso, Lussin. U na le ttu r a su­ perficiale della c a rta dei luoghi potrebbe invitarci a d ar to rto anche a questo aggruppam ento a u ­ striaco : in f a tti come Veglia, che in un pun to a d e ­ risce quasi a lla co sta cro ata, anche Cherso e Lussin possono sem brare avam posti n a tu ra li della Croazia sul m are. M a invece qui l’A ustria h a

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