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Le tecniche proiettive nella ricerca di marketing: una analisi di coerenza rispetto ai metodi classici

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di laurea Magistrale in

“Marketing e Ricerche di Mercato”

Le tecniche proiettive nella Ricerca di Marketing:

Un’analisi di coerenza rispetto ai metodi classici

RELATORE: CANDIDATA:

Prof. Alessandro Gandolfo Lisa Mori

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SOMMARIO

INTRODUZIONE ... 3

CAPITOLO 1: DESCRIZIONE DELLA RICERCA ... 5

1.1 Contesto di riferimento ... 5

1.2 Obiettivo della ricerca ... 8

1.3 Metodo di ricerca………….……….9 1.3.1 I giudici……….………..9 1.3.2 Il campione……….………9 1.3.3 Il Questionario………..……….. 10

1.4 Il processo di ricerca……….……….

13 1.4.1 Analisi di coerenza……….13

1.4.2 Analisi quantitativa del contenuto……….………..17

CAPITOLO 2: TECNICHE PROIETTIVE NELLE RICERCHE DI MARKETING…...19

2.1 Tecniche proiettive: Caratteristiche e loro impiego nelle ricerche di marketing….……..…22

2.2 Origini delle tecniche proiettive……….…...24

2.3 Design e struttura delle tecniche proiettive………...………….24

2.4 Tipologie di tecniche proiettive………...………..25

2.4.2 Tecniche di completamento……….…28

2.4.3 Tecniche di costruzione………29

2.4.4 Tecniche di scelta e ordinamento………...…29

2.4.5 Tecniche espressive………..…30

2.5 Limiti……….………

30

2.5.1 Problemi legati all’ analisi e interpretazione dei dati……….…...31

2.5.2 Problemi legati all’attendibilità e validità dei risultati ottenuti dalla ricerca.….32 2.6 Benefici delle tecniche proiettive nelle ricerche di marketing………..…………34

CAPITOLO 3: PREVISIONE DEL COMPORTAMENTO D’ACQUISTO. LA SCALA DI JUSTER...36

3.1 Dalla scala di intenzione alla scala di probabilità d’acquisto per prevedere il comportamento futuro del consumatore……….………..……….….36

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3.2 Stima della probabilità d’acquisto futura: “La Scala di Juster”……….38

3.3 La scala di Juster: Metodo di somministrazione e calcolo della probabilità d’acquisto..…..40

3.3.1 Ambiti di utilizzo……….………41

CAPITOLO 4: RISULTATI DELLA RICERCA……….…….……46

4.1 Caratteristiche del collettivo………...………...……46

4.2 Risultati Analisi quantitativa del contenuto………...………46

4.2.1 Tecnica di completamento di frase……….………....50

4.2.3 Completamento di storia e Cartoon test……….54

4.3 Risultai analisi di coerenza………..………..56

4.3.1 Fase di interpretazione………...………..……….56

4.3.3 Risultati scala d’intenzione all’acquisto…………..………...………..60

4.3.4 Risultati Giudizio di coerenza……….……….………63

CAPITOLO 5: CONSIDERAZIONI FINALI……….………68

5.1 Conclusioni……….………...……….………68

5.2 Limiti e Suggerimenti per ulteriori ricerche………..….………69

ALLEGATO 1 “IL QUESTIONARIO”………...….……...……72

ALLEGATO 2: ISTRUZIONI PER I GIUDICI………...……..73

ALLEGATO 3: SCALA PER IL GIUDIZIO DI COERENZA……….………76

ALLEGATO 4: CATEGORIE DI ASSOCIAZIONE……….……...…….78

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INTRODUZIONE

Nell’ambito delle ricerche qualitative di marketing,è presente una particolare tecnica nota per la sua natura complessa e ambigua che suscita da sempre particolare fascino e interesse nei ricercatori. Si tratta delle tecniche proiettive.

Esse rappresentano un mezzo indiretto e non palese di somministrazione dei quesiti, in grado di aiutare i ricercatori ad ottenere risultati e informazioni utili su argomenti, per i quali i soggetti possono risultare riluttanti o inabili ad esporre i propri pensieri o sensazioni tramite tecniche tradizionali (Boddy, 2005). Coinvolgono l’uso del vago, ambiguo, di stimoli destrutturati in cui i soggetti proiettano la loro personalità e le loro opinioni per dare una struttura alla situazione che viene loro presentata , facilitando l’articolazione di pensieri trattenuti, proiettandoli su “qualcun altro” o “qualcos’ altro” piuttosto che su se stessi.

Derivano dal campo della psicoanalisi e della psicologia clinica, in cui venivano utilizzate per analizzare la personalità degli individui affetti da specifiche patologie e individuare il trattamento terapeutico più adeguato ( Bellak,1992). Lo stesso Freud le utilizzava per accedere alle motivazioni e ai desideri inconsci, pensando che rappresentassero le determinanti principali del comportamento umano.

A partire dagli anni ’50 queste tecniche opportunamente adattate hanno trovato crescente applicazione nelle ricerche di marketing, in particolare in quelle rivolte allo studio del comportamento del consumatore, conosciute come “motivation research”(Donoghue,2000). La prima applicazione risale allo studio svolto da Haire nel 1950, dove furono utilizzate per investigare la percezione dei consumatori nei confronti dell’allora innovativo caffè istantaneo. Tali tecniche applicate al marketing sono molto utili a ricercatori per scoprire le motivazioni più profonde che spingono i consumatori ad effettuare ogni loro scelta di consumo, andando a toccare lo strato del loro sub-conscio, inaccessibile tramite le tecniche classiche e superando le barriere alla comunicazione riscontrabili tramite l’utilizzo di quest’ultime.

A partire dagli anni 80 però queste tecniche hanno subito un periodo di declino a causa delle critiche mosse nei loro confronti. Le critiche riguardavano l’impossibilità di produrre risultati attendibili a causa della natura complessa ed ambigua e delle numerose competenze richieste nell’interpretazione di questo tipo di dati, con il rischio collegato che i risultati rivelino più della soggettività degli interpreti che delle motivazioni dei rispondenti. Inoltre ne venne sottolineata l’incapacità di ottenere i risultati prestabiliti e di non poter riuscire a generalizzare tali risultati ad un campione più ampio. Solo recentemente queste tecniche sono state riscoperte e riutilizzate

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5 nelle ricerche di marketing data la ricchezza dei dati a cui queste possono portare, ma sono ancora molti i ricercatori che continuano a schierarsi contro di esse sottolineandone la scarsa attendibilità e validità.

Questo rappresenta l’ambito entro il quale la ricerca si svolgerà. In particolare obiettivo della ricerca sarà quello di verificare se tali critiche sono fondate, e se le tecniche sono strumenti attendibili, validi e quindi utilizzabili nelle ricerche di marketing. Per ottenere tali risposte verrà effettuata un’analisi di coerenza tra le informazioni ottenibili tramite le tecniche proiettive e quelle ottenibili dalla somministrazione di una tecnica quantitativa classica, da sempre conosciute per l’elevato rigore statistico e livello di affidabilità e validità dei risultati.

Tramite la ricerca si vuole quindi rispondere alla seguenti domande:

Esiste coerenza tra le informazioni ottenibili dalle tecniche proiettive e quelle risultanti dalle metodologie quantitative classiche?

Possono quindi le tecniche proiettive essere integrate all’interno delle ricerche di marketing, portando a risultati validi, alla pari delle metodologie classiche?

La ricerca risulta articolata nelle seguenti parti:

Il primo capitolo dedicato all’inquadramento del contesto di riferimento in cui si è svolta la ricerca a cui seguirà la descrizione degli obiettivi e delle metodologia utilizzata per svolgere tale indagine.

Il secondo capitolo è dedicato alla presentazione delle caratteristiche delle tecniche proiettive, le origini storiche, le tipologie , gli ambiti di utilizzo, i vantaggi e i limiti del loro utilizzo. Per la creazione di questa piccola “enciclopedia” sulle tecniche proiettive è stata importantissima la consultazione di numerosi articoli e casi studio presenti in bibliografia che si occupano dell’utilizzo delle tecniche proiettive nelle ricerche di marketing.

Il terzo capitolo è dedicato alla scala di propensione all’acquisto ideata da Thomas Juster. Dopo aver sottolineato le differenze con le scale d’intenzione all’acquisto, verrà analizzato il funzionamento, gli ambiti di applicazione, vantaggi e limiti, dimostrandone la superiorità nella misurazione degli atteggiamenti dei consumatori.

Il quarto capitolo dimostrerà i risultati ottenuti dalla ricerca. Tale analisi sarà suddivisa in due parti: la prima dedicata all’esposizione dei risultati dell’analisi quantitativa del contenuto; la seconda dedicata invece all’esposizione dei risultati inerenti il giudizio di coerenza con la tecnica quantitativa.

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CAPITOLO 1

DESCRIZIONE DELLA RICERCA

1.1 Contesto di riferimento

Le ricerche di marketing, prevedono l’utilizzo di differenti metodologie di ricerca in base all’informazione e all’obiettivo finale che esse si propongono di ottenere. Tali metodologie ricadono all’interno di due macrocategorie differenti rappresentate dalle ricerche quantitative e dalle ricerche qualitative.

Il metodo tradizionale e maggiormente utilizzato è rappresentato dalle ricerche quantitative. Esse hanno la finalità di descrivere e misurare in modo preciso i fenomeni di mercato fornendone una dimensione quantitativa, dando risposte a domande tipo chi, cosa, dove,

quando.(L.Molteni, G.Troilo) Vengono impiegate per effettuare previsioni accurate ed ottenere

una conoscenza approfondita a proposito delle relazioni esistenti tra fattori di mercato e comportamenti, validare la presenza di relazioni, sottoporre a test delle ipotesi, misurare atteggiamenti, ecc. Hanno uno stile rigido e utilizzano strumenti altamente strutturati quali questionari, sondaggi e osservazioni per quantificare le variazioni, prevedere relazioni causali o descrivere le caratteristiche di una popolazione. Tali ricerche si caratterizzano quindi per la rigidità delle metodologie impiegate, informazione numerica, precisione dei risultati e risultano utili per sorreggere processi decisionali di due tipi:

 Situazioni caratterizzate da elevata determinatezza e focalizzazione, delle quali interessa conoscere la rappresentazione dimensionale di aspetti specifici;

 Elementi del marketing per loro natura quantitativi e soggetti a valutazioni di natura numerica, che non avrebbe senso rappresentare attraverso parole (L.Molteni, G.Troilo). Ma spesso l’obiettivo di una ricerca può non essere quella di misurare ma di spiegare la struttura di un fenomeno di mercato (G.Marbach). In questo caso vengono utilizzate le cosiddette ricerche qualitative la cui specificità risiede proprio nel diverso obiettivo che ci si aspetta di raggiungere tramite il loro utilizzo.

Una ricerca qualitativa risulta utile, e insostituibile da altre tipologie di ricerca, ogni volta che si vuole approfondire la conoscenza di un fenomeno di mercato cogliendo la complessità di componenti e relazioni fra gli elementi che lo costituiscono ( L.Molteni, G Troilo).

Tali ricerche (G.Marbach) grazie alla duttilità e varietà degli strumenti dei quali dispone può assolvere funzioni:

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7  Propedeutiche ad un indagine quantitativa, quando si procede ad integrare le due fasi di ricerca differenti e talora complementari. Può consentire di mettere a punto tematiche utili per il questionario da utilizzare nella fase estensiva;

 Esplorative, finalizzate ad ottenere informazioni generali, non conosciute, su valori, atteggiamenti, opinioni dei consumatori nei confronti di prodotti o aspetti di mercato;  Creative se destinate a coadiuvare le imprese nell’innovazione dei prodotti, scelte di

nomi e confezionamento;

 Diagnostiche con lo scopo di approfondire la conoscenza di specifiche situazioni di mercato come ad esempio le motivazioni di un inatteso decremento della quota di mercato di un prodotto, o il mutamento dei comportamenti d’acquisto dei consumatori Risultano utili nello studio di atteggiamenti e comportamenti dei consumatori considerandone le strutture cognitive ed emozionali. Permette di studiare i processi di consumo tramite l’analisi del sistema delle interazioni che intercorrono tra componenti razionali e irrazionali; tra quanto viene dichiarato e ciò che rimane taciuto.

Oltre la specificità degli obiettivi, le tecniche qualitative sono accomunate dalle seguenti caratteristiche:

 Ridotto numero di persone le quali non costituiscono un campione in senso statistico ed

Elevata qualità dei soggetti analizzati che consentono di ottenere un’elevata ricchezza di informazioni

 Rilevante ruolo dell’intervistatore: necessità di persone competenti e con esperienza per effettuare le operazioni complesse di raccolta e interpretazione dei dati. La preparazione del ricercatore incide sensibilmente sulla qualità dei risultati

 Flessibilità: i vari strumenti utilizzati consentono una maggiore spontaneità nell’ interazione tra il ricercatore e il rispondente. Le domande sono aperte e non prevedono una formulazione dei quesiti identica per ogni rispondente. Inoltre i partecipanti saranno liberi di rispondere con le proprie parole e queste risposte tendono ad essere più complesse di un semplice "sì" o "no".

 Visione olistica dei risultati: ovvero la possibilità di ottenere una visione di sintesi del fenomeno dal punto di vista dei soggetti che si vogliono analizzare.

Esistono diverse tecniche utilizzabili all’interno delle ricerche qualitative, più o meno strutturate e dirette, quali Focus Group, Interviste in profondità, Osservazioni, Tecniche proiettive. Tutte rappresentano forme flessibili di ricerca con lo scopo comune di svelare la profondità del fenomeno indagato. Flessibilità che però varia tra di esse. Le interviste in profondità ad esempio, se semi-strutturate, prevedono la somministrazione di una traccia di intervista, un questionario, che rende quindi possibile una “quantificazione” dei risultati. Ma esistono altre

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8 tipologie di ricerca qualitativa completamente destrutturate, per le quali si richiede un complesso processo di interpretazione da parte dei ricercatori. È proprio per questo motivo che le ricerche qualitative vengono messe in discussione ed in molti ( soprattutto i sostenitori delle ricerche quantitative) dimostrano un atteggiamento di diffidenza nei loro confronti.

Le critiche che vengono fatte a queste ricerche riguardano la validità e attendibilità dei dati ottenuti da queste ricerche.

È però giusto sottolineare che le definizioni di attendibilità e validità delle metodologie utilizzate nelle ricerche quantitative non si prestano ad essere applicate all’ambito della ricerca qualitativa. Sarebbe quindi sbagliato valutare una ricerca qualitativa con criteri di ricerca quantitativa. Per questo motivo tali termini nel corso degli anni sono stati rivisti e adattati alle ricerche qualitative.

Con validità si intende verità: interpretata come il grado di accuratezza con cui un resoconto rappresenta i fenomeni sociali cui si riferisce; (Hammersley, 1990, p.57)

Attendibilità si riferisce invece al grado di coerenza con cui i casi vengono assegnati alla stessa

categoria da osservatori diversi o dallo stesso osservatore in occasioni diverse. ( Hammersley, 1992,p.67)

Sia manager che ricercatori si interrogano sulla legittimità dei risultati ottenuti da piccoli campioni. Le accuse riguardano in primo luogo la validità esterna di tali ricerche legata alla scarsa possibilità di generalizzazione dei risultati a campioni più ampi dovuto al ridotto numero di soggetti o eventi da studiare, e alla tipologia di dati raccolti. Ma l’obiettivo di queste ricerche risulta in linea con questa impossibilità, poiché rappresentato dalla necessita di

approfondimento della conoscenza, e ciò non sarebbe possibile con un campione esteso, ed anzi

risulterebbe inutile e oneroso. Ma la validità esterna non ha molto significato in queste tipologie di ricerche. È più importante la validità interna quale valutazione del grado di accuratezza della rappresentazione dei fenomeni ovvero della capacità di ottenere le informazioni richieste. Talvolta infatti viene dubitata la validità di una spiegazione perché il ricercatore si è occupato di richiamare pochi esempi efficaci senza tentare di analizzare dati ambigui o casi contrari (aneddotismo) Inoltre la prolungata immersione nel campo, porta il ricercatore a certi

preziosismi sulla validità delle sue interpretazioni relativa a quella che è diventata la “sua” tribù (D.Silverman)

Inoltre viene messa in dubbio l’attendibilità dei risultati di una ricerca qualitativa a causa della notevole componente soggettiva che caratterizza la fase di acquisizione delle informazioni e di interpretazione dei risultati, rendendo difficoltosa la replicabilità della ricerca stessa da parte di altri ricercatori, o su fenomeni differenti.

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9 I dubbi sull’attendibilità e validità della ricerca qualitativa hanno portato molti ricercatori quantitativi a sminuire il valore della ricerca qualitativa.

In particolare tale atteggiamento di diffidenza si ha nei confronti di una particolare tecnica di ricerca qualitativa, le tecniche proiettive. Queste tecniche antiche derivanti dal campo della psicologia, rappresentano un mezzo indiretto e non palese di somministrazione dei quesiti, in

grado di aiutare i ricercatori ad ottenere risultati e informazioni utili su argomenti, per i quali i soggetti possono risultare riluttanti o inabili ad esporre i propri pensieri o sensazioni tramite tecniche tradizionali (Boddy, 2005). Coinvolgono l’uso del vago, ambiguo, di stimoli

destrutturati in cui i soggetti proiettano la loro personalità e le loro opinioni per dare una struttura alla situazione che viene loro presentata. Si tratta nella maggioranza dei casi, di tecniche completamente destrutturate, che richiedono un elevato sforzo interpretativo da parte di ricercatori esperti. Dopo un periodo di fiorente successo e utilizzo di queste tecniche nelle ricerche di marketing, a partire dagli anni 80 hanno subito un graduale processo di declino, risultando sempre più discusse e accantonate nella pratica. Le critiche riguardano l’impossibilità di produrre risultati affidabili a causa della loro natura complessa ed ambigua e delle numerose competenze richieste nell’interpretazione di questo tipo di dati. Le risposte non sono semplici da codificare e necessitano di una valutazione attenta da parte di ricercatori preparati e competenti, correndo il rischio che i risultati rivelino più della soggettività degli interpreti che delle motivazioni dei rispondenti. Inoltre viene messa in discussione la validità di tali strumenti ovvero dell’incapacità a causa sempre della natura ambigua e della soggettività dell’interpretazione, di ottenere i risultati prestabiliti e di non poter riuscire a generalizzare tali risultati ad un campione più ampio. Solo recentemente queste tecniche iniziano ad essere riutilizzate nelle ricerche di marketing, ma sono molti ricercatori che continuano a rimanere scettici sul loro utilizzo e sull’affidabilità dei risultati, affermando che queste non possano essere utilizzate nel ricerche di marketing.

1.2 Obiettivo della ricerca

Alla luce di ciò nasce l’interrogativo sulla verità di tali scetticismi nei confronti delle tecniche proiettive. Tali critiche sono fondate? Sono davvero incapaci di fornire risultati validi e attendibili procurando solo una visione dell’ interprete e non del comportamento del consumatore? O invece è possibile, utilizzando approcci di ricerca oggettivi e rigorosi, garantire l’attendibilità interna di interpretazioni complesse e ottenere risultati validi alla pari dei metodi quantitativi classici? Questi interrogativi rappresentano l’obiettivo della ricerca: verificare se queste particolari tecniche qualitative, le tecniche proiettive, possono essere utilizzate nelle ricerche di marketing, se sono o meno misure attendibili e valide , oppure se le critiche di molti ricercatori siano fondate e tali ricerche debbano essere considerate incompatibili e impraticabili nell’ ambito delle ricerche di marketing e utilizzabili soltanto nel campo della psicologia.

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10 Tale risultato sarà raggiunto andando a verificare se esiste o meno coerenza tra i risultati ottenibili dalle interpretazioni di tecniche proiettive e quelli ottenibili invece da una tecnica di ricerca quantitativa. In particolare le tecniche proiettive verranno poste a confronto con una scala di intenzione all’acquisto a cinque punti, e vedremo se esiste coincidenza tra le interpretazioni dei giudici e le intenzioni auto dichiarate dai soggetti nella scala, rispondendo a questa domanda: Esiste coerenza tra le informazioni ottenibili dalle tecniche proiettive e quelle

risultanti dalle metodologie quantitative classiche?

1.3 Metodo di ricerca

La ricerca si è basata sui dati ottenuti dalla somministrazione di un questionario cartaceo ideato e somministrato dal professor Alessandro Gandolfo in tempi precedenti all’inizio della ricerca. I dati ottenuti sono stati riuniti all’interno di un database elettronico, accuratamente revisionato e integrato con i questionari raccolti in un secondo momento dalla sottoscritta. La ricerca risulta suddivisa in due parti. La prima parte dedicata al giudizio di coerenza tra tecniche quantitative e tecniche proiettive; la seconda(a completamento), di natura descrittiva, dedicata all’analisi

quantitativa dei dati ottenuti dagli esercizi di tecniche proiettive per dimostrare come operano e

i risultati che possono essere ottenuti dal loro impiego.

1.3.1 I giudici

Per dare maggior rigore alla ricerca, nella fase di interpretazione delle tecniche proiettive è stato deciso di coinvolgere il giudizio di due interpreti i quali hanno operato separatamente le loro interpretazioni seguendo delle linee guida create nella fase preliminare della ricerca. La scelta di interpretazione separata da parte di due giudici ricade nella volontà di superare i limiti principali delle tecniche proiettive, legati al rischio di soggettività nell’interpretazione dei dati qualitativi e di scarsa attendibilità dei risultati. I due giudici, seguendo delle linee guida prestabilite e approvate da entrambi, hanno svolto separatamente le loro interpretazioni e successivamente ne è stata misurata l’attendibilità tramite il calcolo del coefficiente di cograduazione di Spearman. L’obiettivo era quello di ottenere dei giudizi oggettivi e attendibili da parte dei giudici ottenendo un’interpretazione unica ed autentica dei dati di ricerca.

1.3.2 Il campione

Per la somministrazione del questionario cartaceo si è optato per un campionamento non probabilistico “di comodo” basato su criteri di convenienza temporale. I questionari, auto compilati, sono infatti stati somministrati in forma cartacea agli studenti dei corsi di “Analisi e ricerche di marketing”,e “Economia e gestione delle imprese” , tenuti dal professor Alessandro Gandolfo, presso l’Università di Pisa. Il campione, già ampio per l’oggetto di ricerca è stato successivamente ampliato dalla sottoscritta per somministrare una seconda versione della

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11 tecnica di “cartoon test”, considerata interessante dal punto di vista dei risultati, ed è stato somministrato a studenti dell’università di Pisa.1 Il collettivo risulta quindi omogeneo sia dal punto di vista del livello d’istruzione che di età.

Tengo a fare una precisazione. A essere rigorosi, il termine “campione” e il relativo processo di

creazione, “il campionamento”, non dovrebbero essere utilizzati per una ricerca qualitativa, per il semplice motivo che a giustificare la creazione di una campione è il fine ultimo del processo di ricerca, ovvero la generalizzazione dei risultati, tipico delle ricerche quantitative. È evidente quindi che un campione ha senso solo nella ricerca quantitativa, cioè nelle ricerche che si pongono l’obiettivo di pervenire a un dimensionamento, a una misura di fenomeno di mercato.(L.Molteni,G.Troilo) Tuttavia nella pratica, questo termine viene utilizzato ampiamente

nelle ricerche qualitative ma con significato diverso. Per “campionamento” nella ricerca

qualitativa si intende il processo di selezione ed eventuale composizione in gruppi dei soggetti e dei fenomeni che si intendono analizzare per pervenire alle informazioni obiettivo della ricerca, e per campione il risultato di questo processo(L.Molteni,G.Troilo). inoltre il campione è sempre

di dimensioni limitate e formato da soggetti interessanti dati gli obiettivi di ricerca. Affinché i soggetti possano essere considerati oggetti di analisi è necessario che appartengano alla

categoria oggetto di studio (L.Molteni,G.Troilo). Quindi se la ricerca aveva come unico

obiettivo quello di analizzare gli atteggiamenti verso la categoria di prodotto “gelato biologico” nel campione sarebbero stati selezionati solo soggetti consumatori di tale prodotto (users) oppure esperti del fenomeno come studiosi o opinion leader (magari un blogger di gelati artigianali). Ma dato che l’obiettivo della ricerca è quello di verificare la coerenza tra tecniche proiettive e tecniche quantitative, tale operazione di selezione dei soggetti non è stata effettuata, non sono stati distinti gli users dai non users,o gli heavy dai light users.

Nonostante ciò, per ottenere comunque dai soggetti del “collettivo” risposte utili per l’obiettivo di ricerca è stato scelto il prodotto “gelato biologico” come oggetto del questionario, considerato un prodotto comune di cui tutti risultano essere a conoscenza.

1.3.3 Il Questionario

Per la ricerca il professor Alessandro Gandolfo ha creato e somministrato agli studenti dei corsi di Marketing e ricerche di mercato un questionario cartaceo. Il questionario prevedeva l’auto compilazione da parte dei rispondenti. La scelta di auto compilazione è semplice: mettere a proprio agio i rispondenti, evitando risposte convenzionali per assecondare l’intervistatore ma al contrario garantire libertà di espressione dei propri pensieri e impressioni sul tema. Ovviamente un altro motivo è rappresentato dal contesto, quello della lezione universitaria, in cui l’intervista

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12 “face-to-face” sarebbe risultata più difficoltosa e avrebbe richiesto un dispendio di tempo maggiore.

Per l’obiettivo di ricerca l’idea era quella di scegliere un argomento/prodotto semplice, conosciuto da molti e che non creasse imbarazzo tra i rispondenti, in modo da ottenere dati utili e semplici da interpretare. A tale scopo è stato scelto il concetto di “gelato biologico”. Da una parte infatti, il gelato, considerato un prodotto semplice, conosciuto da tutti, avrebbe messo a proprio agio i rispondenti che sarebbero stati in grado di esprimere le proprie considerazioni senza pericolo di inibizione. Dall’altra parte però il concetto di“biologico” e l’apertura di una nuova gelateria in cui vengono venduti questi prodotti, dovrebbe essere in grado di suscitare pareri contrastanti da parte dei rispondenti più o meno “aperti” nei confronti di questo “concetto innovativo”.

Prima della somministrazione del questionario un introduzione orale invitava i rispondenti a compilare il questionario senza prima leggere tutte le domande e gli elementi che lo componevano. Questo serviva a far si che le risposte risultassero più spontanee possibile e non influenzate dalla conoscenza dell’oggetto del questionario. Inoltre, ogni domanda era preceduta da una breve descrizione delle istruzioni da seguire per aiutare i soggetti a completare in modo corretto l’esercizio e semplificare l’operazione.

Il questionario è composto da 6 domande: 4 esercizi di tecniche proiettive; 1 scala di intenzione all’acquisto e infine la richiesta di generalità quali “Sesso” e “Età” (vedi Allegato 1)

La tecniche proiettive

Nella prima parte del questionario sono state somministrate quattro tipologie differenti di tecniche proiettive, attraverso le quali i soggetti dovevano associare o completare stimoli incompleti collegati al concetto di “prodotto biologico” e “gelato”. Le tecniche utilizzate appartengono alle categorie di “tecniche di associazione” e “tecniche di completamento” (Tab.1). Tengo a precisare che per il processo di analisi di coerenza sono state utilizzate le trascrizioni ottenute dagli esercizi di “completamento di storia” e “cartoon test”. Le altre (associazione di parole e completamento di frase) sono state invece oggetto di analisi descrittiva e sono risultate utili per comprendere a cosa, i rispondenti associano i concetti di prodotto “biologico” e di “gelato” ottenendo così un “vocabolario del consumatore”.

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13 Tab.1: Tecniche proiettive utilizzate all’interno del questionario

ESERCIZIO DESCRIZIONE

Associazione di parole Ai rispondenti viene chiesto di completare la tabella formata da dieci termini, con la prima parola che viene loro in mente. Solo due delle associazioni sono state analizzate, “Prodotto biologico” e “Gelato”.

Completamento di frase Ai rispondenti viene chiesto di completare quattro frasi incomplete riguardanti il “gelato” con le affermazioni considerate più idonee

Completamento di storia Prevede la presentazione di una storia incompleta. Il rispondente completando la storia, e mettendosi nei pani di “Alice” o “Alessio”, esprime indirettamente il proprio interesse o meno a dirigersi a provare il gelato biologico e quindi l’interesse al concetto di gelato biologico

Cartoon test Rappresentazione grafica di un dialogo tra due persone. l’intervistato, mettendosi nei panni della persona raffigurata dovrà completare le vignette con affermazioni plausibili in quella determinata situazione.2 Fonte: Elaborazione dell’autore

Esistono due versioni della tecnica “Cartoon test”. La versione iniziale prevedeva solamente la “vignetta delle parole”, ovvero il rispondente doveva riportare nel “fumetto” ciò che il protagonista rispondeva nel dialogo con l’altro protagonista. Successivamente è stato deciso di modificare la domanda aggiungendo la “vignetta del pensiero” nelle quale il rispondente era invitato ad inserire nella vignetta, ciò che il soggetto pensava. Dalla seconda versione, come vedremo dall’analisi dei risultati, tra le due vignette emergono relazioni interessanti. Per questo motivo ci è sembrato giusto ampliare il campione inserendo questa nuova versione in grado di dare risultati interessanti. Poiché la somministrazione della seconda versione è stata effettuata in un secondo momento, il numero di casi ottenuti è inferiore rispetto alla seconda versione e può quindi rappresentare un limite alla validità dei risultati.

La tecnica quantitativa: la scala di intenzione all’acquisto

Nell’ultima domanda a conclusione del questionario è stata somministrata una scala di

intenzione all’acquisto a 5 punti, attraverso la quale ai soggetti veniva chiesto di esprimere la

propria intenzione ad acquistare il prodotto “gelato biologico” in futuro. Tradizionalmente nelle ricerche di marketing, per stimare e predire il comportamento d’acquisto futuro del consumatore vengono utilizzate delle scale di intenzione d’acquisto. Tali scale e la loro traduzione, dovrebbero fornire ai ricercatori una stima dell’effettivo comportamento di acquisto futuro dei consumatori. Tale scala rappresenta la tecnica quantitativa attraverso la quale sono state

2 Sono state somministrate due versioni di questa tecnica: la prima prevedeva soltanto la “nuvola delle parole”, la seconda prevedeva anche la nuvole del pensiero

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14 effettuate le valutazioni di coerenza con le interpretazioni dei dati ottenuti dalle tecniche proiettive.

Nel capitolo 3 verrà sottolineata la scarsa validità e affidabilità di questa scala nel predire il comportamento futuro del consumatore, elogiando invece l’utilizzo della scala di Juster considerata, per le proprie caratteristiche, uno strumento più affidabile e veritiero del comportamento futuro del consumatore

Nonostante ciò, dato lo scopo della ricerca, di verificare l’ esistenza di coerenza tra le informazioni ottenibili attraverso le tecniche proiettive e quelle quantitative è stato scelto di utilizzare la scala di intenzione all’acquisto a cinque punti, meno complessa rispetto alla scala di Juster, da somministrare più facilmente e velocemente al collettivo di riferimento.

1.4 Il processo di ricerca

1.4.1 .Analisi di coerenza

Il processo di analisi di coerenza si è svolto nelle seguenti 2 fasi:

1. Interpretazione dell’intenzione all’acquisto da parte dei due giudici ottenuta dagli esercizi proiettivi;

2. Giudizio di coerenza.

Fase 1: “Interpretazione intenzione all’acquisto”

L’obiettivo di questa prima fase era quello di esprimere un giudizio sull’intenzione all’acquisto del soggetto dall’interpretazione delle affermazioni utilizzate nel completamento degli esercizi, da porre successivamente a confronto con le affermazioni ottenute nella scala di intenzione all’acquisto a cinque punti.

Per l’analisi di coerenza con le tecniche quantitative sono state utilizzate le trascrizioni degli esercizi di “completamento di storia” e “cartoon test”.

Per ottenere un’interpretazione oggettiva e attendibile i due giudici, insieme al professor Gandolfo, hanno ideato una linea guida da seguire nella fase di interpretazione separata dell’intenzione d’acquisto. Prima del suo definitivo utilizzo questa “linea guida” è stata testata su una parte delle risposte del collettivo. Dal test era emerso che le alternative tra cui i giudici potevano scegliere non erano complete ed alcuni atteggiamenti che emergevano dall’interpretazioni non potevano essere codificate all’interno delle alternative esistenti. Per questo motivo i giudici, dopo aver sottolineato le difficoltà incontrate hanno modificato la

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15 precedente linea guida, che è così risultata completamente soddisfacente per entrambi i giudici.(vedi Allegato 2)

Per arrivare alla determinazione del giudizio finale sull’intenzione all’acquisto di ogni soggetto sono stati esaminati 3 diversi elementi:

1. Valutazione del grado di interesse del rispondente per il product concept “gelato biologico: Dopo aver letto la trascrizione, i giudici dovevano stimare il grado di interesse del rispondente per il product concept “gelato biologico”, assegnando un valore compreso tra 0 e 10 secondo la scala proposta (Allegato 2);

2. Rilevazione di eventuali perplessità o dubbi suscitati nel rispondente dal concetto di prodotto “gelato biologico”:i due giudici dovevano indicare se venivano rilevati dubbi o

perplessità circa il product concept “gelato biologico” in merito ad alcuni temi quali il gusto, il prezzo, o il concetto in generale3;

3. Rilevazione della reazione istintiva/emotiva del rispondente nei confronti del concetto:i due giudici dovevano indicare quale tipo di reazione suscitava nei rispondenti il concetto di prodotto biologico ( ostile, scettica, favorevole, entusiasta).

Per ogni valutazione la linea guida prevedeva di poter selezionare l’opzione“Non ci sono dati

utili per esprimere un giudizio”. Questa opzione veniva selezionata quando i dati era privi di

senso, incoerenti o incompatibili con l’oggetto di ricerca, e il giudice non era grado di effettuare un giudizio complessivo sull’intenzione all’acquisto.

Tenendo conto delle valutazioni effettuate in merito a questi tre elementi,ogni giudice doveva esprimere un giudizio di sintesi circa l’intenzione all’acquisto del singolo rispondente. La scala utilizzata è la seguente:

 Non lo acquisterà mai

 Probabilmente non lo acquisterà

 I dati non permettono di esprimere giudizi o valutazioni  Probabilmente lo acquisterà

 Lo acquisterà certamente

 Dati mancanti (il soggetto non ha risposto)

Per l’espressione del giudizio è stata utilizzata una scala di intenzione all’acquisto molto simile a quella somministrata nel questionario cartaceo. In questo modo,utilizzando la medesima scala, le interpretazioni possono essere poste a confronto con le affermazioni ottenute nella scala quantitativa, determinando la valutazione di coerenza esistente tra di esse.

3 Le categorie di “dubbi” sono state decise in una prima fase di analisi delle trascrizioni. Da una prima “lettura” del materiale era emerso che i soggetti nelle loro affermazioni esprimevano dubbi sulla genuinità, la qualità e il gusto del prodotto e sul maggior prezzo che poteva essere praticato per acquistare questo particolare tipo di prodotto.

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16

Attendibilità tra i giudici: “Il coefficiente di cograduazione di Spearman”

Quando la valutazione delle caratteristiche dei soggetti non è il risultato dell’autovalutazione di questi ma della valutazione esterna di due o più osservatori, occorre valutare l’attendibilità fra osservatori (inter-rater reliability), ossia la loro coerenza interna come gruppo di valutatori. (C.Chiorri)

L’attendibilità inter-osservatori è definita come:

Degree to which the ratings of different judges are proportional when expressed as deviations from their means (Tinsley & Weiss, 1975, p. 359)

Il focus è sulle posizioni relative dei soggetti nella valutazione di ogni giudice, ovvero se ogni soggetto ottiene lo stesso rango con ogni giudice, indipendentemente dal punteggio ottenuto. A seconda della scala di misura delle variabili (nominali o ordinali) esistono varie tecniche per quantificare queste caratteristiche.

Poiché le interpretazioni effettuate dai due giudici altro non sono che variabili ordinali, è stato utilizzato il coefficiente di cograduazione di Spearman fra graduatorie ma con unità alla

pari.

“Si dice indice di cograduazione ρ(rho) di Spearman tra due fenomeni rilevati almeno su scala ordinale, il coefficiente di correlazione lineare calcolato sulle rispettive graduatorie” (S.Zani,A.Cerioli).

Tale indice assume valori nell’intervallo [-1;1] e precisamente: ρ=-1 quando vi è perfetta contro graduazione fra i due fenomeni;

ρ= 0 quando non vi è né concordanza né discordanza tra le due graduatorie; ρ=+1 quando vi è perfetta cograduazione fra i due fenomeni.

Il coefficiente di Spearman ha però il difetto di dare una stima per eccesso della correlazione tra X e Y se, per almeno una variabile, si riscontrano molti ranghi uguali. Nel nostro caso è stato quindi utilizzato il coefficiente di cograduazione di Speraman fra graduatorie con unità alla pari, poiché avevamo tanti casi a cui era attribuito lo stesso valore in graduatoria. Quando in

una graduatoria vi sono unità alla pari, al loro complesso vanno attribuiti tanti posti quante sono tale unità, attribuendo ad ognuna il posto medio aritmetico dei posti da esse occupati nel complesso (G.Lefi, 1983). La formula utilizzata è la seguente

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17 :

Per semplicità, alle interpretazioni dei giudici sono stati attribuiti i seguenti valori ordinali equidistanti:

Valore ordinale Scala d’interpretazione

1 I dati non permettono di esprimere giudizio 2 Non lo acquisterà mai

3 Probabilmente non lo acquisterà 4 Probabilmente lo acquisterà 5 Lo acquisterà certamente

Nel nostro caso le due variabili (X,Y) sono rappresentate dalle interpreazioni di intenzione all’acquisto del giudice 1 (X) e giudice 2 (Y) con modalità [1;2;3;4;5]

Fase2: Giudizio di coerenza

Per l’analisi di coerenza è stata ideata una scala ad hoc tramite la quale è stato valutato il livello o meno di coerenza esistente tra le valutazioni d’intenzione all’acquisto emerse dalle tecniche proiettive e quelle dichiarate nella scala quantitativa (vedi Allegato 3).

Il giudizio di coerenza è stato svolto anche tra le interpretazioni ottenute dalle singole tecniche proiettive. Tale scelta è stata effettuata in primo luogo per verificare se il soggetto era realmente coinvolto nella compilazione del questionario o se invece non era interessato e dava “risposte a caso”,tanto passare del tempo in aula. In secondo luogo per esaminare se due tipologie di tecniche proiettive diverse possono portare alle stesse interpretazioni e dare le stesse informazioni, verificando così la validità di queste tecniche.

La griglia di giudizio utilizzata è la seguente:

Giudizio di coerenza Descrizione

Perfetta coerenza Si ha perfetta coerenza quando l’intenzione all’acquisto interpretata dalle tecniche

proiettive è confermata al 100% da quella espressa nella scala di intenzione d’acquisto. Esempio: “Lo acquisterà certamente/ lo acquisterà certamente “

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Assenza di coerenza Si ha assenza di coerenza quando l’intenzione all’acquisto interpretata dalle

tecniche proiettive non combacia in maniera assoluta con quella espressa nella scala di intenzione all’acquisto Esempio: “Lo acquisterò certamente/ non lo acquisterò mai”

Bassa coerenza Si ha bassa coerenza quando tra le due tecniche emerge incoerenza tra le intenzioni ma non assoluta. Esempio: “Non lo acquisterà mai/Probabilmente lo acquisterà”

Elevata coerenza Si ha elevata coerenza quando tra le due tecniche emerge una coerenza tra le intenzioni, ma non assoluta. Esempio: “Lo acquisterà certamente/probabilmente lo acquisterà”

1.4.2 Analisi quantitativa del contenuto

Parallelamente al giudizio di coerenza è stata effettuata un’analisi quantitativa del contenuto delle tecniche proiettive, in particolare delle tecniche di “associazione di parole” e “completamento di frase” non utilizzate nella valutazione di coerenza. Questa analisi, è stata svolta per dimostrare possibili output ottenibili dall’ impiego di questo tipo di tecniche e l’utilità che queste possono avere nelle ricerche di marketing.

L’analisi quantitativa del contenuto si pone l’obiettivo di misurare la ricorrenza di certi elementi, definiti unità di analisi, all’interno di un testo (L.Molteni,G.Troilo). Sulla base degli obiettivi di ricerca le unità di analisi possono essere rappresentate dalle singole parole, singoli temi oppure dall’intero testo. Solitamente le unità di analisi sono raggruppate in categorie (L.Molteni,G.Troilo).

Seguendo questo approccio le affermazioni fornite dal collettivo e presenti nel database elettronico sono state oggetto di successive fasi di categorizzazione. Per ottenere una categorizzazione oggettiva ed esauriente mi sono basata sul “modello di interpretazione a due

fasi” di Butler-Kisber e utilizzato da Dean nel suo studio del 2015 (vedi capitolo 2). Tale

metodo nasce con lo scopo di aiutare i ricercatori nell’analisi qualitativa del contenuto, ovvero nella fase di interpretazione dei temi affrontati durante l’intervista (L.Molteni,G.Troilo). per questo motivo il modello non è stato seguito nella sua interezza ma ha rappresentato un utile guida nel processo di codifica e categorizzazione delle unità. Le unità di analisi erano rappresentate da: “singole parole” nell’esercizio di associazione, “intere frasi” nel completamento di testo, storia e cartoon test.

Seguendo lo schema logico di questo metodo, il processo di categorizzazione è stato suddiviso in due fasi successive e collegate. Nella prima fase denominata “Fase grezza” le affermazioni raccolte tramite questionario sono state “osservate” dall’interprete che ha effettuato valutazioni e annotazioni personali, familiarizzando così con il tema di ricerca, in questo caso sul concetto di gelato biologico Al termine di questa fase è stata effettuata una prima categorizzazione di

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19 partenza basata sulla frequenza di utilizzo di determinati termini o espressioni. La frequenza per ogni categoria è stata determinata conteggiando il numero di rispondenti che avevano utilizzato quella parola o quella frase per rispondere allo stimolo.

Nella seconda fase definita “fase di raffinazione” è stata invece svolta un analisi più dettagliata delle trascrizioni. I termini appartenenti a categorie con significati simili frutto della prima categorizzazione sono state unite in macrocategorie comuni oppure riassegnate a categorie differenti (cross- checking). Questo processo “avanti e indietro” ha permesso così di rilevare le relazioni esistenti tra le diverse categorie e i temi principali.

Questo approccio è stato seguito per l’interpretazione e analisi dei dati contenuti dalle tecniche di associazione di completamento di frase, mentre per le tecniche di completamento di storia e cartoon test utilizzate nella valutazione di coerenza ci siamo limitati a verificare tramite la creazione di word clouds, il numero e le parole maggiormente utilizzate dai rispondenti per rispondere allo stimolo.

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20

CAPITOLO 2

TECNICHE PROIETTIVE NELLE RICERCHE DI MARKETING

Metodi di ricerca tradizionali di raccolta dati, solitamente, coinvolgono i rispondenti nel completare un questionario tramite una serie di domande dirette poste loro dai ricercatori. Questi metodi sono in grado di fornire informazioni limitate, senza riuscire a investigare in profondità il soggetto, le sue motivazioni e opinioni più profonde e inconsce (Catterall and Ibbotson,2000). Può succedere che, in una tipica intervista, i soggetti non sempre siano propensi a condividere i loro sentimenti più interni con i ricercatori che, dopo tutto, sono degli estranei (Donoghue, 2000). Per questo motivo i ricercatori di marketing, per investigare le motivazioni e le opinioni soggettive, che ad esempio guidano le decisioni di acquisto o fedeltà a un determinato brand o prodotto, utilizzano sempre di più tecniche di raccolta dati qualitativi e non palesi per scavare in profondità e ottenere una conoscenza più approfondita delle motivazioni dei consumatori, ottenere informazioni sul “perché” del comportamento del consumatore. E proprio in questo contesto è importante lo sviluppo e l’applicazione, a partire dagli anni 50, delle tecniche proiettive nelle ricerche di marketing, come mezzo indiretto e non palese di somministrazione dei quesiti, in grado di aiutare i ricercatori ad ottenere risultati e informazioni utili su argomenti, per i quali i soggetti possono risultare riluttanti o inabili ad esporre i propri pensieri o sensazioni tramite tecniche tradizionali (Boddy, 2005). Infatti ai soggetti intervistati vengono somministrati degli stimoli ambigui a cui possono rispondere liberamente senza che vi sia una “risposta giusta”. In questo modo, i soggetti intervistati si sentiranno liberi di esprimere le loro opinioni proiettandole su altri oggetti o persone, superando le barriere alla comunicazione tipiche delle tecniche tradizionali.

Lo scopo di questo capitolo è quello di presentare le tecniche proiettive, la loro applicazione nelle ricerche di marketing, le loro origini, le tipologie, per poi discuterne i punti di forza e di debolezza.

2.1 Tecniche proiettive: Caratteristiche e loro impiego nelle ricerche di marketing

Le tecniche proiettive nelle ricerche di marketing spesso vengono utilizzate per raccogliere informazioni relative ad argomenti che possono creare imbarazzo, per i quali gli intervistati possono risultare riluttanti o incapaci di esporre le proprie opinioni o pensieri tramite le convenzionali tecniche di raccolta dati. Risultano quindi utili, quando i partecipanti trovano difficoltà ad esprimere i propri sentimenti e i ricercatori hanno bisogno di uno strumento per accedere alla mente dei partecipanti.

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21 Una definizione di tecnica proiettiva viene data dalla AQR, “Association of qualitative practioners” (AQR,2004):

“A wide range of tasks and games in which respondents can be asked to participate during an interview or group, design to facilitate, extend or enhance the nature of the discussion. Some are known as “projective” techniques, being loosely based on approaches originally taken in a psychotherapeutic setting. These rely on the idea that someone will “project” their own (perhaps unacceptable or shameful) feeling or belief onto an imaginary other person or situation…”

Le tecniche proiettive coinvolgono l’uso del vago, ambiguo, di stimoli destrutturati in cui i soggetti proiettano la loro personalità e le loro opinioni per dare una struttura alla situazione che viene loro presentata (Donoghue,2000). Rappresentano un metodo di raccolta dati che facilita l’articolazione di pensieri repressi e trattenuti, consentendo ai partecipanti di proiettare i propri pensieri su “qualcun altro” o “qualcos’ altro” piuttosto che su se stessi. Ai partecipanti viene chiesto di rispondere a degli stimoli con la speranza che proiettino i loro pensieri e sentimenti su questi stimoli (Boddy, 2005). Gli stimoli si presentano in modo ambiguo, non ci sono risposte sbagliate o risposte giuste e questo porta il partecipante a sentirsi libero di esprimere i propri pensieri e le proprie sensazioni proiettando la propria personalità su altre persone o oggetti. Ad esempio, attraverso la tecnica “picture test”, ai rispondenti viene chiesto di costruire una storia riguardo ai soggetti rappresentati nelle immagini loro presentate. In questo modo gli intervistati, descrivendo i personaggi, proiettano le loro idee e la loro personalità su di essi. Il soggetto immedesimandosi in altre persone e riferendo le proprie sensazioni su altro ( persone, immagini, oggetti) “spersonalizza” le risposte (Kinnear e Taiylor, 1991) esprimendosi in modo sincero e spontaneo (Day, 1989) , rivelando inconsapevolmente le proprie convinzioni e aspetti legati al suo comportamento e alla sua personalità.

Queste tecniche vengono utilizzate più per “scoprire” che misurare, sensazioni, credenze, opinioni e motivazioni che i partecipanti potrebbero trovare difficili da articolare tramite le tradizionali interviste (Boddy,2005).

Le tecniche proiettive sembrano capaci di andare a toccare strati profondi e nascosti della psiche delle persone (sub-conscio) inaccessibili tramite tecniche dirette (Ramsey,2010). Infatti, molte decisioni dei soggetti non sono completamente razionali e le tecniche quantitative e qualitative tradizionali possono dare solo risultati limitati. È generalmente riconosciuto che i consumatori basano le loro decisioni di acquisto non solo su considerazioni razionali come il rapporto qualità-prezzo ad esempio, ma in larga misura anche su stime soggettive e associazioni. Sono quindi necessari degli strumenti in grado di misurare non le motivazioni razionali, ma quelle irrazionali e subconscie del comportamento dei consumatori. (Ramsey, 2010). Le tecniche

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22 proiettive, e in particolare le tecniche associative rappresentano un valido alleato per ottenere informazioni sulle percezioni soggettive di un prodotto o di un brand da parte dei consumatori, la brand image o la brand reputation (Hofstede, 2007)

Grazie alla loro versatilità possono essere utilizzate sia nelle ricerche qualitative che in quelle quantitative risultando utili in entrambe. Vengono tuttavia utilizzate più frequentemente nelle ricerche qualitative all’interno di focus group o interviste in profondità. Ad esempio può essere utilizzato per “rompere il ghiaccio” all’inizio di un focus group, mettendo a proprio agio i partecipanti. Inoltre hanno l’abilità di generare una comprensione più profonda delle percezioni ed evidenziare associazioni, opinioni e sentimenti più radicati dei partecipanti (Baines and Chansarkar, 2002; Bloor et al., 2001; Flick, 1998; Krueger, 1998; Kvale, 1996; Malhotra and Birks, 2003). Se le tecniche proiettive vengono introdotte nella fase iniziale di un gruppo di discussione, le risposte generate posso fornire idee e nuove prospettive per ulteriori discussioni (Will et.al., 1996). Tuttavia vi sono delle limitazioni, tipiche dei focus group, come ad esempio la difficoltà di controllo della discussione, o il fatto che i soggetti possono sentirsi intimiditi o dominati da altri partecipanti influenzando così le proprie risposte. Sta al moderatore, alla sua esperienza, garantire il controllo della discussione e assicurare che nessuno domini la sessione. Inoltre, un altro limite può essere rappresentato dalla limitata numerosità del campione e dalla conseguente difficoltà di generare conclusioni rappresentative dalle espressioni ottenute (Dean, 2015). Ma in realtà, secondo alcuni autori,gruppi di piccole dimensioni sono considerati più appropriati per ricerche che trattano argomenti sensibili (Bloor et al.,2001); la qualità del focus group non dipende dalla sua dimensione (Krueger, 1998). Quindi, nonostante alcune difficoltà, la combinazione delle tecniche proiettive all’interno di focus group o interviste individuali risulta molto utile. Consente di aprire e migliorare la discussione su argomenti socialmente sensibili che potrebbero imbarazzare i partecipanti e può risultare utile per superare i limiti legati a entrambe le tecniche di raccolta dati.

Il loro utilizzo nelle ricerche di marketing richiede ricercatori qualificati in grado di interpretare i risultati dei test che risultano più complessi ed ambigui delle altre tecniche qualitative. L’influenza della psicologia nelle ricerche di mercato qualitative ha portato alcuni commentatori come Colwell (1990) a discutere se, per condurre questo tipo di indagine i ricercatori debbano possedere un background accademico, come una laurea in psicologia. Molti non possiedono questo background accademico. Esterrby Smith (1991) afferma soltanto che richiedono “analisi esperte” ma non le definisce (Boddy, 2004). Ai ricercatori viene richiesto di avere un approccio amichevole, sensibile, interessato e rilassato e di essere in grado di stabilire rapporti con i soggetti. Inoltre sono richieste competenze ed esperienza per l’analisi dei risultati. Grazie alle tecniche proiettive i ricercatori riescono a superare le barriere alla comunicazione tipiche delle tecniche tradizionali (Tab.1). Nelle interviste classiche infatti, ai soggetti, sono

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23 rivolte in modo diretto domande che riguardano opinioni, convinzioni o valutazioni personali, e non sempre essi sono disposti a condividerli con l’intervistatore che, dopo tutto, è un estraneo. Inoltre, i soggetti intervistati spesso non sono consapevoli delle motivazioni, dei valori e degli atteggiamenti che influenzano l’acquisto di un prodotto o la scelta di una marca (Berkman e Gilson, 1986) e possono trovare difficoltà ad esprimere se stessi. In aggiunta, le convenzioni sociali limitano la volontà dei partecipanti a parlare dei propri sentimenti o pensieri, e i soggetti, per compiacere l’intervistatore ed evitare di apparire irrazionali, tendono ad offrire risposte socialmente accettabili (Green, 1984), nascondendo, in tutto o in parte, ciò che realmente pensano. Alcuni individui non dichiarano ciò che pensano perché temono di urtare la sensibilità dell'intervistatore con dichiarazioni ritenute troppo forti (Will et al., 1996).

Tab.1: Barriere alla comunicazione nelle tecniche tradizionali

Barriere alla comunicazione nelle tecniche di raccolta dati tradizionali Riluttanza a parlare di argomenti sensibili con l’intervistatore

Mancanza di consapevolezza delle proprie motivazioni Difficoltà ad esprimere sé stessi

Convenzioni sociali Fonte: Elaborazione dell’Autore

Attraverso le tecniche proiettive queste barriere possono essere superate. Gli intervistati sono invitati a riferire quelle che secondo loro sono le sensazioni, gli atteggiamenti e le opinioni provate da altre persone o oggetti animati. Riportando l’opinione di una terza persona o,

addirittura, di un oggetto, l'individuo proietta le proprie sensazioni su di una terza parte, le quali, una volta espresse, possono essere analizzate dai ricercatori.

2.2 Origini delle tecniche proiettive

Le tecniche proiettive derivano dal campo della psicoanalisi e della psicologia clinica, in cui venivano utilizzate per analizzare la personalità degli individui affetti da specifiche patologie e individuare il trattamento terapeutico più adeguato ( Bellak,1992). A partire dagli anni ’50 queste tecniche opportunamente adattate hanno trovato crescente applicazione nelle ricerche di marketing, in particolare in quelle rivolte allo studio del comportamento del consumatore, conosciute come “motivation research”(Donoghue,2000). Nonostante un periodo di declino in cui venne messa in discussione la loro validità e affidabilità, oggi rappresentano un utile strumento per i ricercatori da integrare nelle proprie ricerche, anche se continuano a suscitare pareri contrapposti, tra sostenitori e oppositori, a causa della loro natura complessa e ambigua.

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24 “Proiezione” come concetto ha origine dal lavoro di Freud sulla paranoia, in cui definisce il concetto di proiezione come un “meccanismo di difesa attraverso il quale le persone

attribuiscono inconsciamente i tratti negativi della propria personalità sugli altri”

(Lilienfeld,Wood & Garb 2000). Freud utilizzava le tecniche associative come strategia per accedere alle motivazioni e ai desideri inconsci pensando che rappresentassero le determinanti principali del comportamento umano. Chiedendo ai pazienti di fornire pensieri immediati riguardo a particolari stimoli, Freud fu in grado di esplorare i processi subconsci e le caratteristiche della personalità dei pazienti (Steinman, 2009).

Il lavoro di Freud fu poi ripreso da psicoanalisti e psicologi clinici che svilupparono diversi test per la valutazione della personalità come il “ Roschrasch Test” e il “TAT”, che furono poi adattati per l’applicazione in altri ambiti di ricerca come quello delle ricerche di marketing. Il test delle macchie di Roschach (Fig.1), sviluppato dallo psichiatra svizzero Hermann Roschach, consiste in una serie di immagini completamente destrutturate e ambigue, delle macchie. Queste vengono solitamente presentate una ad una ai partecipanti, a cui viene chiesto di descrivere in dettaglio quello che vedono nelle figure. Le risposte vengono poi analizzate per capire motivazioni, opinioni e caratteristiche della personalità di una persona. In psichiatria risultano utili per la valutazione della personalità. Nel campo delle ricerche di mercato non viene molto utilizzata né è stata adattata per l’utilizzo nelle ricerche di marketing. Questo perché “si assume che il test riveli strati profondi dell’inconscio dell’individuo, le forze

che causano la psicosi, pertanto sarebbe folle ritenere che le stesse forze influenzino il comportamento del consumatore”. (Kassarjian,1974).

Fig.1: Esempio test delle macchie di Roschach

Fonte: Ricerca immagini Google

Il Thematic apperception Test (TAT) fu sviluppato da Henry A.Murray nel 1930. È un metodo completamente destrutturato e non palese in cui ai partecipanti viene mostrata una sequenza di immagini ( nella versione originale 30) attentamente selezionate da riviste o altre fonti come quella. Ai partecipanti viene chiesto di costruire una storia intorno ad ogni immagine

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25 presentata, descrivendo situazione, pensieri, sensazioni e personalità dei protagonisti. Queste vengono poi analizzate per capire le motivazioni nascoste e le caratteristiche della personalità di una persona. Oggi rappresenta una delle metodologie più utilizzate nel campo delle ricerche di marketing (al contraio del Roschach Test) poiché facilmente adattabile a problemi tipici delle ricerche qualitative di marketing, in grado di fornire informazioni utili all’evidenziazione delle motivazioni nascoste che influenzano le scelte d’acquisto di un consumatore o l’immagine di un prodotto o marca.( Kassarjan, 1974; Churchill, 1991)..

La prima applicazione delle tecniche proiettive nell’ambito delle ricerche di marketing risale alla ricerca effettuata da Haire nel 1950. Haire (Anderson, 1978) condusse una ricerca di marketing negli Stati Uniti per studiare la percezione di un prodotto, tramite la creazione di due shopping list che differivano solo per un “prodotto test”( il caffè istantaneo Nescafè) , somministrate ad un campione di 100 casalinghe nell’area di Boston . Nella “Lista 1” era incluso il caffè istantaneo Nescafè, mentre nella “Lista 2” il caffè macinato Maxwell House Coffee. Entrambe le liste vennero somministrate ad un collettivo di 50 casalinghe, senza che fossero a conoscenza dell’ esistenza di un’altra lista. Invece di chiedere direttamente alle casalinghe cosa pensassero, le istruzioni richiedevano di proiettare se stesse nella situazione, di delineare la casalinga a cui apparteneva la lista scrivendo una breve descrizione delle caratteristiche e della personalità della donna che acquistava i prodotti contenuti nella lista. Haire scoprì che le donne a cui era stata somministrata la lista contenente il caffè istantaneo Nescafè descrivevano la casalinga come una cattiva moglie, spendacciona e pigra, mentre la casalinga della lista contenente il caffè macinato, veniva dipinta come una brava moglie e parsimoniosa. Le descrizioni ricalcavano l’immagine dei prodotti alimentari istantanei in quel determinato periodo storico. Infatti negli anni 50 i prodotti “ready to eat” (cibi già pronti come ad esempio i prodotti congelati) stavano facendo il loro esordio sugli scaffali delle casalinghe americane e non erano ancora largamente accettati. Nel 1968 fu effettuata una replica di questo studio e le differenze tra le due casalinghe, evidenziate nello studio del 1950, non emersero. Questo perché nel 1968 i prodotti pronti, e in particolare il caffè istantaneo, erano ormai accettati da gran parte della popolazione, la percentuale di acquisti era aumentato, e di conseguenza le acquirenti di Nescafè ricevettero una valutazione più favorevole. I risultati della ricerca del 1968 e di altre repliche sottolineavano la validità e l’affidabilità di questa tecnica, facendo si che diventasse un modello di riferimento nelle ricerche di marketing utilizzato ancora oggi.

2.3 Design e struttura delle tecniche proiettive

Le tecniche proiettive possono essere classificate come un metodo di raccolta dati indiretta e non palese. Esistono molteplici tipi di tecniche proiettive basate sulla somministrazione di uno stimolo. Gli stimoli possono essere contenuti in un intervallo che vede ad un estremo gli stimoli

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26 strutturati e all’estremo opposto gli stimoli ambigui e completamente destrutturati. Più lo stimolo è ambiguo e destrutturato più i soggetti riusciranno a proiettare le loro emozioni, motivazioni, opinioni e valori. La struttura dello stimolo determina il grado di scelta a disposizione dei soggetti. Uno stimolo troppo strutturato, ad esempio un questionario che chiede di rispondere “vero o falso”, “si o no” , lascia poca scelta. Il soggetto deve rispondere scegliendo tra delle alternative chiare e lo stimolo molto probabilmente verrà interpretato in modo simile dalla maggior parte dei rispondenti (Levy in Churcill, 1991; Graham & Lilly, 1984). Mentre gli stimoli ambigui come il Roschach test presentano un ampio range di alternative di scelta e il soggetto può scegliere “la propria interpretazione”. Solitamente nelle ricerche di marketing vengono utilizzati degli stimoli semi-ambigui che rappresentano una via di mezzo nell’intervallo considerato. Questo per permettere ai soggetti di interpretare gli stimoli in termini delle loro percezioni e con le loro parole. Lo stimolo dovrebbe offrire una direzione per evocare alcune associazioni con il concetto di interesse (Churchill, 1991; Gordon & Langmaid, 1988; Thorndike in Berkman & Gilson, 1986) .

È importante ricordare che nelle ricerche di marketing non vengono applicate direttamente le tecniche tradizionali provenienti dalla psicologia, ma vengono modificate e adattate al tipo di ricerca per ottenere informazioni sulle loro opinioni e sensazioni più profonde relative all’oggetto di ricerca.

2.4 Tipologie di tecniche proiettive

Le tecniche proiettive sono molteplici e solitamente vengono suddivise in base alla “natura delle riposte” o delle attività richieste di effettuare ai partecipanti. Questa categorizzazione però può oscurare il fatto che alcune metodologie incluse all’interno della stessa categoria risultano essenzialmente diverse, e possono invece esistere similitudini tra tecniche appartenenti a categorie differenti. Ad esempio, l’ esercizio di completamento di frasi, può assomigliare strettamente alla tecnica di associazione di parole. (Hofstede,Hoof, Walemberg, De Jong, 2007) Le cinque categorie di tecniche proiettive nelle ricerche di marketing sono:

1. Tecniche di associazione; 2. Tecniche di completamento; 3. Tecniche di scelta e ordinamento; 4. Tecniche di costruzione;

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2.4.1 Tecniche di associazione

Le tecniche di associazione possono essere definite come la pratica di connettere l’oggetto di ricerca con immagini, fotografie,parole,colori, pensieri e sensazioni ( Bond and Ramsey, 2010). Attraverso le tecniche di associazione agli intervistati viene chiesto di rispondere ad uno stimolo con la prima “cosa” che viene loro in mente. La tecnica più utilizzata nelle ricerche di marketing è rappresentata dalla tecnica di “associazione di parole”. Ai partecipanti viene chiesto di riportare rapidamente quali parole associano ad un prodotto, marca, o azienda e motivare la loro scelta. Le risposte forniscono ai ricercatori un “vocabolario dei consumatori” associato all’ oggetto di ricerca. Rappresenta uno strumento semplice, veloce e utile che consente ai ricercatori di ottenere informazioni sulle percezioni positive o negative legate all’oggetto di ricerca (Derek Bond and Elaine Ramsey). Nelle ricerche di marketing risulta utile per l’analisi della brand image, degli attributi di un prodotto, delle motivazioni che stanno dietro alle scelte di consumo di un prodotto o servizio, delle opinioni e sensazioni a proposito di nuove idee di prodotti e servizi. (Fig.2)

Fig.2: Esempio esercizio di “associazione di parole”

Fonte: Doherty, Nelson (2010)

Un'altra tecnica associativa molto utile è rappresentata dalla tecnica di personificazione. Ai partecipanti viene chiesto di immaginare un oggetto inanimato (un’azienda, un prodotto o un brand) come una persona e descrivere le caratteristiche di questa persona e la sua personalità (Boddy, 2007). Solitamente la relazione tra il soggetto e l’oggetto inanimato esiste già ed è conosciuta, e si vuole indagare e sottolineare le motivazioni della relazione.

Un esempio di tecnica di personificazione viene riportata in una ricerca condotta da Susan Doherty e Roy Nelson nel 2010 “ Using projective techiniques to tap into consumer’s feelings,

perceptions and attitudes… getting an honest opinion”. Agli intervistati veniva chiesto di

(28)

28 chiesto di rispondere a delle domande riguardo a questa “persona”. Le domande erano le seguenti (Fig.3):

Fig.3: Esempio esercizio di “personificazione”

Fonte: Doherty, Nelson (2010)

Dall’analisi delle singole risposte di ogni partecipante i ricercatori furono in grado di delineare la personalità e lo “stile di vita” di ogni supermercato, e da queste comprendere le percezioni dei soggetti relativi alle insegne citate. Ad esempio il supermercato “Tesco” fu presentato come una persona occupata, pulita, moderna,piacevole ed amichevole.(un esempio di risultati è riportato in fig.4).

Fig.4: Esempio risultati “tecnica di personificazione”

Fonte: Doherty, Nelson (2010)

Questa tecnica può essere catalogata come una tecnica proiettiva basata su metafore. Una variante di questa tecnica prevede l’ associazione dell’oggetto inanimato con ad esempio un animale o un automobile. Un esempio di associazione con animali o automobili è citato

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