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Neurocisticercosi in eta' pediatrica

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Direttore Prof. Giulio Guido

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CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

“Profilo diagnostico del bambino

con epilessia da Neurocisticerosi”

RELATORE

Chiar.mo Prof. Fabrizio Bruschi

__________________________________

CANDIDATO

Sig.na Laura Tallini

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Indice

1 Introduzione 3

2 La neurocisticercosi 4

3 Epidemiologia della neurocisticercosi 7

4 Biologia della Taenia solium 11

5 Clinica, diagnosi e terapia 17

5.1 Manifestazione cliniche della neurocisticercosi . . . 17 5.2 Epilettogenesi . . . 19 5.3 Diagnosi e terapia . . . 22

6 Neurocisticercosi in età pediatrica 30

6.1 Confronto tra la neurocisticercosi in pazienti adulti e pediatrici . . . 37

7 Casi clinici esemplificativi 41

8 Conclusioni 52

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1 | Introduzione

Questo studio, attraverso fonti e ricerche ambiamente documentate, vuole porre l’atten-zione sulla ricomparsa della neurocisticercosi, la cui presenza sembrava oramai eradicata soprattutto nei paesi maggiormente industrializzati.

Attraverso l’excursus storico ed i rilevamenti epidemiologici, in questa ricerca si pone l’accento sulle difficoltà di riconoscimento della malattia, specie in età pediatrica. Viene, pertato, elaborato un percorso articolato in tre tappe con l’intenzione di raccogliere e per-fezionare le conoscenze sull’argomento.

Il primo aspetto preso in considerazione è stato quello di documentare l’incidenza epide-miologica della malattia che non riguarda più solo le zone endemiche.

La seconda riflessione vuole avvalorare la necessità, ma anche la complessità di una iden-tificazione precoce della neurocisticercosi in età pediatrica.

Infine, la tesi si concentra sulla metodologia adatta a creare un profilo pediatrico specifico tale da consentire facilitàre la diagnosi differenziale di neurocisticercosi.

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2 | La neurocisticercosi

La neurocisticercosi rappresenta la più frequente malattia parassitaria del sistema nervoso centrale ed è la conseguenza dell’infezione sostenuta dallo stadio larvare di Taenia so-lium. Questa si verifica quando l’uomo diventa accidentalmente l’ospite intermedio del suddetto parassita ingerendone le uova.

La NCC è una delle parassitosi più antiche e, sebbene non vi siano prove dirette, si sup-pone che abbia avuto origine diverse migliaia di anni fa, probabilmente in Africa, quando gli ominidi si cibavano prevalentemente dei resti delle prede lasciati dai carnivori [1]. L’infezione riuscì a perpetuarsi a causa delle condizioni di vita insalubri e delle pratiche di cannibalismo e si stabilizzò nella forma attuale con all’allevamento del maiale, avvenuto nel Sud-est asiatico circa 40.000 anni fa.

Successivamente, i fenomeni migratori consentirono la sua diffusione nelle restanti parti dell’Asia, poi in Europa e, a partire dal 1492, anche nel Nuovo Mondo [1].

Le prime fonti storiche attestanti la presenza della malattia nel bacino del Mediterraneo risalgono al IV secolo a.C. e si ritrovano nel libro "Epidemie" di Ippocrate, nella comme-dia "I cavalieri" di Aristofane e nell’opera "Storia degli animali" di Aristotele. Ippocrate è il primo a documentare un caso di cisticercosi umana mentre Aristofane ed Aristote-le descrivono l’infezione nei suini e sottilineano l’importanza dell’ispezione della lingua dell’animale per il suo riconoscimento.

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Una seconda testimonianza risale al tardo periodo Tolemaico (II-I secolo a.C.) e riguarda la mummia di una ragazza nel cui stomaco era presente una lesione cistica, visibile ad occhio nudo, che ulteriori esami diagnosticavano come cisticercosi porcina (Fig. 2.1).

Figura 2.1:Cisti al microscopio con la parete (in nero) e il cisticerco (struttura ovalare in alto) [2].

Questa lesione rappresenta il più antico riscontro della parassitosi ed attesta con certezza il consumo di carne suina nell’Egitto ellenistico che, sino a quel momento, era rienuto piuttosto improbabile [2].

A dispetto delle numerose fonti storiche, il mondo classico non riuscì ad individuare la vera eziologia della malattia che rimanse misconosciuta fino XVII secolo.

Nel 1650, il medico romano Panarolo osservò nel corpo calloso di un prete epilettico delle vescicole ripiene di liquido chiaro, rotondeggianti e biancastreche relazionò con la ma-lattia di base del curato. Con molta probabilità, questo fu il primo caso riportato di NCC in quanto la descrizione fornita di tali lesioni è del tutto compatibile con la morfologià dei cisticerchidi Taenia solium.

Nel 1683 Tyson illustrò l’anatomia della Taenia solium mentre, nel 1687, Malpighi dimo-strò la natura parassitaria delle vescicole di Panarolo identificando al loro interno la testa del parassita [1].

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Tuttavia, questa scoperta, per quanto significativa, non ebbe ripercussioni né dal punto di vista socio-sanitario né in ambito accademico. In effetti, soltanto nel XIX secolo si eb-be un rinnovato interesse verso questa condizione che portò finalmente alla comprensione della storia naturale della malattia.

Nel 1853, con l’intento di far luce sullo sviluppo della parassitosi porcina, van Beneden iniziò a nutrire alcuni maiali con uova di Tenia solium mentre il gruppo di controllo ve-niva alimentato normalmente. Successivamente, potè osservare la comparsa di cisticerchi nelle carni di quei maiali nutriti con cibo contaminato e ciò gli permise di affermare che:

• Le uova svolgevano un ruolo attivo nella genesi della parassitosi;

• Tenie e cisticerchi erano due diversi stadi maturativi dello stesso parassita.

Due anni dopo, nel 1853, Küchenmeister fu il primo ad ipotizzare un’associazione tra la cisticercosi porcina e quella umana e dimostrò la fondatezza della sua ipotesi quando vide tenie adulte nell’intestino di alcuni condannati a morte a cui aveva dato precedentemente della carne suina infetta [1].

La comprensione del ciclo biologico del parassita e delle modalità di trasmissione del-l’infezione permisero di attuare misure di prevenzione che ridussero l’incidenza della malattia in Europa e USA. Per esempio, si migliorarono i sistemi fognari e si introdussero una serie di norme sanitarie, atte a regolamentare l’allevamento e la vendita dei prodot-ti porcini, che vietavano espressamente sia l’uprodot-tilizzo di escremenprodot-ti come ferprodot-tilizzanprodot-ti o mangimi sia il commercio di carne suina infetta. Inoltre, furono avviate campagne di educazione sanitaria del consumatore in cui veniva consigliato di evitare la consumazione di carni suine poco cotte e di lavare accuratamente frutta e verdura.

Sfortunatamente, le misure preventive, complici anche le tradizioni alimentari locali, non furono ugualmente efficaci in altre aree del mondo in cui la malattia rimase endemica e costituisce tutt’oggi un importante problema di salute pubblica.

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3 | Epidemiologia della neurocisticercosi

La neurocisticercosi è una tra le principali cause di epilessia secondaria [3] nonché una patologia neurologica abbastanza comune soprattutto in America Latina, in India, in Cina, nel Sud-Est asiatico e nell’Africa subsahariana. In realtà, negli ultimi decenni, questa di-stinzione è andata progressivamente sfumandosi poichè si è avuta una ripresa di malattia in quei Paesi in cui in passato era stata eradicata con successo. Infatti, alcuni studi hanno rilevato la presenza di neurocisticercosi in almeno 17 paesi europei con una maggiore in-cidenza in Spagna e Portogallo [4].

Nelle maggior parte delle situazioni, si tratta di casi importati osservati per lo più in immi-grati che hanno contratto la parassitosi nel loro paese di orgine; più raramente in individui che hanno a lungo soggiornato in aree endemiche.

Questo nuovo contesto epidemiologico si evince bene dalla figura sottostante (Fig. 3.1).

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In Italia, un rapporto dell’ISS rileva che, nel periodo 2009-2013, la fascia di età maggior-mente colpita è quella dei bambini tra 5-14 anni, seguita dagli adulti tra 25-44 anni [5]. Inoltre, si ha una media di circa 136 ricoveri/anno e un’incidenza che varia da 1.79 a 2.70 ricoveri/milione con con un’ampia variabilità nella distribuzione tra le varie regioni [5].

Figura 3.2:Incidenza media dei casi di teniasi/cisticercosi nelle province italiane nel periodo 2009-2013.

In particolare, la NCC costituisce un problema emergente nel Golfo Persico, per la pre-senza di lavoratori del Sud-Est asiatico, e in USA e Spagna, meta dei flussi migratori dall’America Latina.

In USA, uno studio effettuato dal “The Emergency and IDNET study group” su una rete di 11 dipartimenti di emergenza ha analizzato 1801 pazienti che, tra il 1996 e

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il 1998, accedevano al pronto soccorso per convulsioni.

Di questi, 38 (il 2.1% del totale) si diagnosticarono come NCC e, di questi, 29 erano immigrati ispanici. Inoltre, lo studio evidenziava come la maggior parte di questi casi si riscontrasse negli stati sud-occidentali lungo la frontiera messicana [6]. In Spagna, a Murcia, un analogo studio retrospettivo svolto da un ospedale di III li-vello identificò, lavorando su un periodo compreso tra il 1997 e il 2005, 23 pazienti con segni di focalità neurologica o convulsioni da NCC, di cui 20 erano ispanici residenti da circa 3 anni in Spagna.

In più, lo studio segnalava un aumento della patologia nella Comunidad de Murcia, soprattutto nel 2005, dovuto al contestuale incremento della popolazione immigran-te nella Comunidad [7].

Tuttavia, in questi Paesi esiste anche una quota di infezioni autoctone acquisite localmen-te che sono direttamenlocalmen-te collegabili alla presenza di portatori di Taenia solium.

I portatori sono soggetti affetti da teniasi asintomatica, ovvero albergano il verme adulto nel proprio intestino senza sviluppare i sintomi della neurocisticercosi, e rappresentano una sorgente potenziale di infezione in quanto quotidianamente eliminano con le feci di-verse centinaia di uova del parassita.

Quando un soggetto vive a stretto contatto con un portatore asintomatico ha un maggior rischio di contrarre la NCC poiché, in tali condizioni, la malattia si trasmette direttamente da uomo a uomo per via oro-fecale, generalmente tramite la manipolazione, in modo non igienico, degli alimenti da parte del portatore.

Infatti, per esempio, se questi dimentica di lavarsi le mani dopo essere andato in bagno, le uova possono contaminare le sue mani e da qui diffondersi ad eventuali alimenti [8]. Vista la necessità di uno stretto contatto con il portatore affinché si trasmetta la parassito-si, è logico che la maggior parte dei casi autoctoni avvenga in ambito domestico dove vi sono familiari o personale originari o di recente ritorno da un paese endemico.

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Tra i paesi tradizionalmente non endemici, i casi autoctoni rappresentano soltanto il 5% di tutte le diagnosi [8] ma assumuno una certa rilevanza se si verificano in comunità teorica-mente libere dal parassita come ebrei e musulmani che, per i divieti religiosi, non allevano suini. Infatti, furono registrati casi di neurocisticercosi, nel 1995, tra gli ebrei ortodossi di New York [9] e, nel 2010, in Qatar [10].

Le successive analisi dimostrarono, in entrambe le comunità, che i pazienti avevano con-tratto la malattia dai propri collaboratori domestici stranieri che erano risultati portatori del parassita.

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4 | Biologia della Taenia solium

Taenia soliumè un parassita plantelminta appartenente alla classe Cestoda ed ha un ciclo biologico articolato che richiede due ospiti per il completamento: il maiale e l’uomo. Entrambi possono comportarsi da ospiti intermedi del parassita mentre soltanto l’uomo è anche il definitivo quando alberga la forma adulta e ne consente la riproduzione sessuata.

Il parassita adulto vive nell’intestino tenue dell’uomo ed ha la forma di un verme na-striforme in cui si riconoscono la testa o scolice, il collo ed un corpo piatto ed allungato. Lo scolice ancora il parassita alla parete intestinale dell’ospite grazie ad un dispositivo formato da quattro ventose e di un doppia corona di ganci (Fig. 4.1).

Il corpo può arrivare a diversi metri di lunghezza ed è segmentato in diverse centinaia di proglottidicon differente stadio maturativo, che aumenta allontanandosi dal collo. Le proglottidi nelle parte terminale del corpo sono completamente differenziate e possie-dono organi sessuali ermafroditi in grado di generare fino a 50.000-60.000 uova.

Figura 4.1: Scolice con le 4 ventose e la doppia corona di ganci [3].

Figura 4.2: Proglottide gravida con ramificazioni uterine ben visibili [1].

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Una volta gravide, si distaccano spontanemente dal resto del corpo e vengono espulse con le feci all’esterno dove rilasciano uova ancora immature.L’immaturità conferisce loro una maggiore resistenza ambientale e consente loro di sopravvivere per lunghi periodi in condizioni climatiche avverse.

Si presentano come strutture rotondeggianti di 20-40 micron e sono costituite da vari in-volucri fondamentali per la protezione e vitalità della oncosfera, detta anche embrione esecantoperché dotata di 3 coppie di ganci.

L’involucro più esterno è detto capsula mentre quello più interno prende il nome di em-brioforoed è posto a stretto contato con l’embrione esecanto.

Figura 4.3:Sezione trasversale di un uovo di Taenia so-liumosservato al microscopio elettronico in cui è ben vi-sibile l’oncosfera interna (onc) circodata dall’embrioforo (emb) che conferisce l’aspetto striato caratteristico [1].

Nei luoghi in cui la rete fognaria è carente, gli escrementi infetti possono contaminare il suolo circostante oppure essere utilizzati per l’alimentazione dei maiali che si conver-tono così in ospiti intermedi. Infatti, le uova ingerite si attivano al contatto con gli enzimi digestivi dell’ospite, perdono i loro involucri di rivestimento e liberano l’oncosfera. Le oncosfere attraversano la parete intestinale e migrano nei tessuti del maiale dove si trasformano in larve, denominate cisticerchi.

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espongo-no il proto-scoliche, si agganciaespongo-no alla parete intestinale iniziando un nuovo ciclo vitale. L’uomo si trasforma così nell’ospite finale del parassita e diventa portatore della teniasi.

Figura 4.4:Ciclo vitale della Taenia solium.

Eventualmente, l’uomo può convertirsi in ospite intermedio della Taenia solium quan-do ingerisce accidentalemente le uova del parassita e, in tali condizioni, si sviluppa la cisticercosi umana. Le forme principali di contagio umano includono:

• Ingestione di alimenti contaminati da feci umane infette, come accade nei Paesi ad alta endemia dove è comune la defecazione all’aria aperta;

• Trasmissione oro-fecale in ambiente domenstico tra un soggetto sano ed un porta-tore di Taenia solium, come accade spesso nei Paesi a bassa endemia.

Eccezionalmente, l’uomo può diventare ospite intermedio per autoinfestazione esterna a seguito di coprofagia oppure per la presenza di movimenti antiperistaltici che fanno

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schiudere le uova nello stomaco, sebbene quest’ultima sia considerata da molti studiosi abbastanza improbabile [3].

Nell’uomo, i cisticerchi si annidano nei muscoli striati, nell’occhio, nel cuore e nel SNC. I cisticerchi cerebrali nella forma cellulosa sono delle vescicole sferico-ovalari, traslucide e ripiene di liquido chiaro che presentano al suo interno un piccolo scolice invaginato. Al contrario, la forma racemosa appare come grande vescicola multilobulata, con un aspetto simile al grappolo d’uva, e al suo interno non è possibile vedere lo scolice a causa di un processo di degenerazione idropica provocato dall’ingresso continuo di liquor nella vescicola [1].

Le due forme possono coesistere nello stesso paziente e sono stati descritti casi intermedi in cui il parassita conserva lo scolice ma presenta diverse membrane proliferanti [1] [3].

Figura 4.5: Forma cellulosa con scolice [3].

Figura 4.6: Forma racemosa di cisticerco [1].

L’aspetto macroscopico dei cisticerchi varia con la loro localizzazione nel neuro-asse. Le forme cellulose sono lesioni uniche in genere inferiori a 1cm e si osservano principal-mente nelle aree riccaprincipal-mente vascolarizzate come la corteccia e nei gangli basali.

Invece, le forme racemose raggiungono i 50mm e si posizionano nello spazio sub-aracnoideo o nelle cisterne della base o a livello della convessità.

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Le forme miste sono generalmente cisti singole e tendono ad aderire all’epindima o a gal-leggiare nella cavità del IV ventricolo [3].

Una volta entrato nel SNC, il cisticerco si trova nello stadio vescicolare, in forma ra-cemosa o cellulosa, e può rimanere quiescente per diversi anni attraverso una serie di meccanismi molecolari che gli consento di evitare la risposta immunitaria dell’ospite.

Figura 4.7:Cisticerco in stadio vescicolare [1].

Tuttavia, se la reazione immunitaria si attiva, i cisticerchi vanno incrontro a un progressi-vo processo degeneratiprogressi-vo composto da 3 fasi: colloidale, granulare e calcifica.

Nello stadio colloidale, il cisticerco è adeso alle leptomeningi, il contenuto diventa gela-tinoso e, a livello miscroscopico, si osserva l’infiltrazione infiamamtoria granulomatosa della membrana.

La risposta flogistica penetra nella vescicola uccidendo il parassita ed è costituita da lin-fociti, eosinofili e plasmacellule a cui si associa gliosi astrocitaria ed edema perilesionale. La flogosi è particolarmente evidente a livello dei cisticerchi localizzati nello spazio sub-aracnoideo e determina la comparsa di meningite basale cisticercosica con un denso es-sudato costituito cellule infiamamtorie, membrane parassitarie ialinizzate e collagene [1] [3]. L’essudato irrigidisce le leptomeningi e può determinare compressione dei nervi cranici, occlusione dei forami di Luschka e Magendie con conseguente idrocefalia ed ir-ritazione delle arteriole con vasculite obliterante.

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Figura 4.8:Stadio colloidale con infiltrato e ialinizzazione della membrana parassitaria [1].

Questo non accade con cisticerchi in forma racemosa perché, pur localizzandosi nella stessa sede, non sono adesi alle meningi ma fluttuano nel liquor [1].

Superata la fase maggiormente sintomatica della malattia, il parassita oramai morto passa nello stadio granulare in cui la ciste si riduce di dimensioni e collassa a causa dell’impor-tante fibrosi perilesionale.

Figura 4.9:Stadio granulare con infiltrato neutrofilo e distruzione del cisticerco (freccia) [1].

Nello stadio finale, invece, si ha la formazione di un nodulo calcifico di dimensioni molto ridotte circondato da gliosi astrocitaria e scarsa reazione infiammatoria.

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5 | Clinica, diagnosi e terapia

5.1

Manifestazione cliniche della neurocisticercosi

La neurocisticercosi è una malattia pleomorfica in quanto le manifestazioni cliniche di-pendono da diversi fattori legati sia al parassita (numero, localizzazione e grado di attività biologica) sia all’ospite (intensità della risposta immunitaria, età e comorbidità).

A seconda dello stadio biologico del parassita [11], si distingue una fase di malattia: • Attiva in cui il parassita è ancora vitale (stadio colloidale);

• Inattiva in cui il parassita è morto (stadi granulare e calcifico) e si manifestano gli esiti e le sequele della prima fase.

In base alla localizzazione dei cisticerco, la fase attiva di malattia può presentare 3 quadri: • Parenchimatoso;

• Liquorare;

• Midollare con deficit sensitivo-motori o mielite trasversa.

La forma parenchimatosa è dovuta alla presenza di cisticerchi a livello della corteccia emisferica o dei gangli basali, più raramente nella sostanza bianca sottocorticale.

È più frequente nei bambini e tende a manifestarsi principalmente con crisi epilettiche o encefalite cisticercotica.

In un soggetto maggiore di 25 anni, invece, la comparsa improvvisa di convulsioni o epi-lessia a esordio tardivo, spesso associato alla presenza di fattori di rischio per la malattia,

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è altamente suggestivo di neurocisticercosi [3].

Questa forma, eccetto l’encefalite cisticercotica, ha una buona prognosi in quanto la flo-gosi rimane localizzata e determina rapidamente la scomparsa del parassita [1].

La forma liquorale è causata dalla disseminazione del parassita nel LCR che, proba-bilmente, avviene attraverso le discontinuità della barriera emato-encefalica presenti nei plessi coroidei. Una volta nel liquor, il parassita può restare confinato nel sistema ventri-colare o migrare nello spazio sub-aracnoideo.

La localizzazione nel sistema ventricolare può interessare qualsiasi cavità, ma più frequentemente avviene nel IV ventricolo. I cisticerchi sono adesi all’ependima e ciò provoca un’infiamamzione localizzata, definita ependimite granulare, che si estrinseca clinicamente con idrocefalia e segni di ipertensione endocranica.

Nella maggior parte dei casi, l’ipertensione endocranica segue un decorso lenta-mente progressivo ed intermittente in quanto può interrompersi a causa di sincopi secondarie al movimenti della testa (sindrome di Bruns) [3].

La localizzazione nello spazio sub-aracnoideo è la presentazione più frequente del-la neurocisticercosi nell’adulto sintomatico, per contro è inusuale in età pediatrica. Il parassita può posizionarsi nelle cisterne della base oppure nei solchi della con-vessità cerebrale dando luogo a due quadri distinti. Infatti, mentre la presenza di cisticerchi nei solchi è simile forma parenchimatosa, la localizzazione nelle cisterne basali si associa ad un quadro severo caratterizzato da idrocefalo ostruttivo, iperten-sione endocranica ed alterazioni della coscienza.

In questo contesto, si hanno multipli cisticerchi racemosi ed imponente risposta infiammatoria con conseguente aracnoidite fibrotica e produzione di un essudato denso che può determinare anche compressione dei nervi cranici.

Inoltre, le cellule infiammatorie presenti nell’essudato possono danneggiare la pa-rete delle piccole arteriole determinando un quadro di vasculite obliterante con

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necrosi fibrinoide e, conseguentemente, ictus lacunari.

5.2

Epilettogenesi

Le crisi epilettiche si osservano in oltre l’80% dei casi sintomatici di neurocisticercosi e usualmente rappresentano la prima causa di manifestazione della forma parenchimale della malattia, specialmente nei bambini [12].

Ció rende la neurocisticercosi una delle principali cause a livello mondiale di epilessia acquisita, soprattutto in molti paesi in via di sviluppo ad alta endemia.

Tuttavia, spesso non è possibile distinguere chiaramente se le crisi convulsive sono epi-sodi reattivi all’insulto infiammatorio oppure se appartengono ad una forma di epilessia. Le due condizioni, infatti, non sono sovrapponibili in quanto le crisi reative sono fenomeni transitori legati ad eventi che irritano i tessuti nervosi mentre l’epilessia è una condizione cronica caraterrizzata da episodi ricorrenti di crisi convulsive.

Inoltre, dal punto di vista clinico, non vi sono particolari differenze tra le crisi secondarie a neurocisticercosi ed epilessia in termini di tipologia della crisi, durata, stato post-critico o alterazioni dell’EEG [13].

Inizialmente, si era pensato che le crisi in corso di neurocisticercosi fossero dovute preva-lentemente alla degenerazione del parassita a causa della intensa reazione infiammatoria. Tuttavia, la neurocisticercosi può provocare crisi in diverse modalità, tutte più o meno correlate all’infiamamzione [14].

Per esempio, le crisi possono verificarsi nelle fasi precoci della malattia a causa del-l’effetto compressivo sul parenchima circostante da parte di cisti vescicolari di grandi dimensioni oppure nelle fasi tardive per gliosi astrocitaria o calcificazioni diffuse. La gliosi astrocitaria è epilettogena poiché, essendo un’area cicatriziale, altera la normale conduzione degli impulsi nervosi mentre le calcificazioni possono determinarle:

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• Alterando la normale propagazione del segnale elettrico, come per la gliosi;

• Rilasciando sporadicamente antigeni parassitari che provocano la comparsa di ede-ma perilesionale ed infiamede-mazione ricorrenti [15].

Inoltre, non è raro che i pazienti con neurocisticercosi mostrino una scarsa correlazione tra la localizzazione del parassita e la semeiotica della crisi o i riscontri all’EEG.

Questo ha ovviamente sollevato dei dubbi circa la reale connessione tra neurocisticercosi ed crisi epilettica che, invece, è ampiamente sostenuta dall’elevata incidenza di epilessia nelle aree ad alta endemia per la neurcocisticecosi [12].

Per tale motivo, si è indagata la presenza di lesioni che potessero spiegare tale feno-meno ed, effettivamente, si è vista una maggiore associazione della neurocisticercosi con la sclerosi ippocampale e la epilessia del lobo temporale mesiale (MTLE).

La sclerosi ippocampale si associa alla MTLE ed è una condizione neurologica cara-terizzata da grave perdita di neuroni e gliosi a carico di una sezione specifica del lobo temporale, conosciuta con il nome di ippocampo.

Figura 5.1:Sclerosi ippocampale destra (freccia) con dilatazione del ventricolo sottostante.

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pre-senza di cisticerchi calcifici circondati da un’intensa reazione infiammatoria e, per tale motivo, si è ipotizzato che questa reazione immunitaria possa essere patogenitica nei casi di disturbi epilettici ippocampali tardivi [12].

Anche la chirugia ha indirettamente contribuito all’associazione tra neurocisticercosi e sclerosi ippocampale in quanto la resezione chirurgica del cisticerco si è dimostrata utile per il miglioramento del quadro clinico del paziente.

In realtà, la questione è ancora controversa e sono necessari ulteriori studi per conferma-re la conferma-relazione causale tra neurocisticercosi e sclerosi ippocampale e, conseguentemente, con la MTLE. Nel caso tale associazione fosse confermata, la neurocisticercosi si confi-gurerebbe un potenziale modello per la comprensione dell’epilettogenesi ippocampale e non solo [12] [15].

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5.3

Diagnosi e terapia

Normalmente le manifestazioni della neurocisticercosi hanno un decorso progressivo il che rende la diagnosi differenziale con neoplasie o altri processi intracranici complessa. A ciò si deve aggiungere il quadro pleomorfo della malattia per cui non è pensabile dia-gnosticare tale condizione esclusivamente sulla base della clinica per quanto una buona anamnesi fornirebbe sicuramente un valido sospetto [16].

Pertanto, è necessario ricorrere all’analisi del liquor e alle prove prove immunologiche. Tuttavia, l’esame del liquido è aspecifico, con iperproteinemia, lieve ipoglicorrachia, pleiocitosi con aumento degli eosinofili, ma in altri casi può essere del tutto normale.

Le prove immunologiche sono finalizzate alla ricerca di anticorpi anticisticerco presenti nel sangue o nel liquor mediante ELISA, fissazione del complemento o immunoblot. Nelle aree geografiche con scarse possibilità economiche, la diagnosi è posta sulla clinica e sulla positività dell’ELISA ma, in realtà, tale procedimento non è del tutto corretto. Infatti, l’ELISA è ottima in caso di interessamento meningeo, per contro è poco sensibile nelle forme parenchimatose, specie se calcifiche.

Per tali motivi, si impone l’uso di tecniche di neurodiagnostica, come TC e/o RM. Entrambe consentono di visualizzare le lesioni, ma non sono del tutto sovrapponibili. Infatti, la RM offre una migliore visione delle fossa cranica posteriore, dei ventricoli e precisa la localizzazione sub-aracnoidea o paranchimatosa delle cisti nella convessità. Non espone a radiazioni ed è più sensibile per la diagnosi dei cisticerchi vescicolosi o colloidali.

Viceversa, la TC ha maggiore sensibilità per le calcificazioni ed è, pertanto, l’esame di elezione per il riscontro di cisti granulari o nodulari, anche di piccole dimensioni.

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di calcificazioni, si preferisce la TC quale strumento d’elezione per lo studio del paziente con sospetto di malattia mentre la RM si riserva per i casi con TC normale o non diagno-stica oppure all’ambito pediatrico per ragioni di radioprotezione.

I quadri radiologici TC o RM variano in relazione allo stadio del parassita.

Inizialmente, nello stadio vescicolare, si osserva una cisti ben definita e non cap-tante il contrasto che risulta ipodensa alla TC ed ipointensa in RM-T1 (nera). Invece, le cisti dotate di scolice prendono il nome di "dot-sign cysts" in quanto lo scolice appare come un puntino bianco in TC e in RM-T1 (bianco) (Fig. 5.1 e 5.2). In seguito, nello stadio colloidale, la flogosi causa ispessimento parietale ed edema perilesionale che appare ipointenso in RM-T1 e ipodenso in TC (grigio).

Inoltre, c’è captazione del contrasto attorno alla lesione con un enhancement ad anello (bianco) (Fig. 5.3 e 5.4). In caso di encefalite, si osserva un marcato edema generalizzato con rimpicciolimento dei ventricoli e captazioni puntiformi diffuse del contrasto nel parenchima.

Proseguendo l’evoluzione, la lesione regredisce, la parete cistica progressivamente s’ispessisce e la componente edematosa si riassorbe. Quando si giunge allo stadio granulare alla TC si apprezza solo l’enhancement (Fig. 5.5).

Infine, nello stadio calcifico, resta solo un nodulo completamente mineralizzato che appare alla TC come un puntino iperdenso privo di captazione (bianco).

Non raramente, in uno stesso paziente si osservano lesioni in stadi differenti. Oltre alle cisti, TC e RM possono mostrare anche eventuali segni associati come idrocefa-lo con distorsione del sitema ventricolare, anomala captazione del contrasto a livelidrocefa-lo delle meningi basali ed infarti cerebrali.

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Figura 5.2: TC con diffuse cisti paren-chimatose in fase vescicolare, alcune con scolice visibile [3].

Figura 5.3:RM-T1 con cisti parenchima-tose in fase vescicolare (frecce rosse) di cui una con scolice (freccia bianca) [1].

Figura 5.4:TC con "dot-sign cyst" paren-chimatosa in fase colloidale con marcato enhancement anulare [17].

Figura 5.5: RM-T1 di una cisti (a de-stra nell’immagine) con enhancement ed edema (alone grigiastro) [17].

(25)

Figura 5.6:TC con multiple cisti parenchiamali in stadio granulare con lieve enhancement ed edema [17].

Figura 5.7: TC mostrante dilatazione dei ventricoli laterali (frecce rosse in alto) e del III ventricolo [1].

Figura 5.8: Capzione a livello pontino in RM-T1 (frecce rosse) e cisti che coprime il corpo calloso (freccia bianca) [1].

Nonostante le tecniche di neuroimaging siano sempre più accurate, la diagnosi di neu-rocisticercosi resta comunque impegnativa. Infatti, mentre la presenza di "dot-sign cysts" è quasi patognomonica della malattia, per contro le lesioni colloidali sono aspecifiche. Il pattern di enhancement contrastografico ad anello si può riscontrare, difatti, anche in ascessi cerebrali, tubercolomi, altre infezioni parassitarie e metastasi cerebrali.

(26)

Il primo set fu proposto, nel 1996, da O. H. Del Brutto ed aveva l’obiettivo di agevolare il diagnostico della cisticercosi umana, tanto sistemica quanto cerebrale.

Questi criteri furono revisionati nel 2001 e si dimostrarono utili nella diagnosi di neuro-cisticercosi, indipendentemente dal grado di incidenza della malattia, con una sensibilità del 93.6% ed una specificità dell’81.1% [18].

Recentemente, nel 2016, questi criteri sono stati nuovamente aggiornati per essere: • Specifici per la neurocisticercosi;

• Applicabili a livello internazionale indipendetemente dalle variabili locali. I nuovi criteri sono evidenziati nella tabella sottostante (Tabella 4.1).

CRITERI DIAGNOSTICI NEUROCISTICERCOSI

ASSOLUTI CLINICO-EPIDEMIOLOGICI RADIOLOGICI

MAGGIORI MAGGIORI

Visualizzazione di un Positività dei test immunologici; Lesione cistica senza scolice o con enhancement; cisticerco sub-retinico; Cisticercosi sistemica; Cisti multilobulata nello spazio sub-aracnoideo;

Contatto con portatori. Calcificazioni parenchimali.

Riscontro istologico MINORI CONFERMATIVI

del parassita; Manifestazioni cliniche suggesti-ve di neurocisticercosi;

Risoluzione della cisti con terapia anti-elmintica; Risoluzione spontanea di lesioni enhancement; Visione all’imaging Individuo originario di un paese Migrazione della cisti ventricolare.

dello scolice endemico. MINORI

Idrocefalo ostruttivo o enhancement meningeo.

Tabella 5.1: Criteri diagnostici proposti da Del Brutto, revisionati ed aggiornati nel 2016 [18]. La diagnosi è certa quando è presente un criterio maggiore oppure in caso di:

(27)

• Due criteri radiologici, uno maggiore ed uno confermativo, uniti a qualsiasi criterio clinico-epidemiologico;

• Un criterio radiologico maggiore con due criteri clicnico-epidemiologici (di cui uno maggiore) associati all’esclusione di altre patologie con imaging similare.

Invece, la diagnosi è solo probabile in caso di:

• Un criterio radiologico maggiore e due criteri clinico-epidemiologici;

• Un criterio radiologico minore ed almeno uno clinico-epidemiologico maggiore.

A causa del pleomorfismo clinico della neurocisticercosi, non è possibile un unico sche-ma di trattamento valido per ogni caso, sche-ma la terapia deve essere pianificata in base alle caratteristiche della patologia.

Il trattamento farmacologico si compone di anti-elmintici, anti-epilettici e corticosteroidi.

Gli anti-elmintici utilizzati sono Praziquantel 50 mg/kg/die per 15 giorni o Albendazo-lo 15 mg/kg/die per 15 giorni e si sono dimostrati in grado di diminuire il numero dei cistierchi e di migliorare il quadro clinico dei pazienti [19].

L’Albendazolo si è dimostrato superiore al Praziquantel in diversi studi farmacologici comparativi [20] in termini non solo di cisti parenchimatose distrutte ma anche di effica-cia sulle cisti aracnoidee [21].

Altro potenziale utilizzo di questi farmaci è il loro uso nella diagnosi della malattia in presenza di lesioni anulari uniche. Come detto precedentemente, queste lesioni non sono specifiche della neurocisticercosi per cui, nei casi dubbi, può essere opportuno iniziare un ciclo antiparassitario e rivalutare il paziente in un secondo momento. La risposta positi-via, intesa come riduzione o scomparsa della ciste, costituisce uno dei criteri diagnostici. Le controindicazioni al loro utilizzo si hanno in caso di:

(28)

• Encefalite, poiché la distruzione della ciste operata dal farmaco aumenta la reazione infiammatoria esacerbando l’edema cerebrale e l’ipertensione endocranica.

Gli anti-epilettici, come carbamazepina e acido valproico, sono indicati nel controllo delle crisi convulsive. Tuttavia, i pazienti con cisti vescicolari devono ricevere la terapia anti-epilettica solo a seguito del trattamento anti-elmintico per ottenere un miglior controllo della sintomatologia, come dimostrato da uno studio su 203 pazienti con epilessia secon-daria a neurocisticercosi [19] [22].

I corticosteroidi sono potenti immunosopressori e vengono impiegati in associazione all’albendazolo per diminuire:

• La flogosi dovuta alla morte farmaco-indotta del parassita; • Il rischio di ictus nei pazienti con vasculite cisticercosa;

• Il rischio di idrocefalia nei pazienti con cisti a livello liquorale.

L’associazione di corticosteroidi ad alte dose, generalmente desametasone, e mannitolo è il trattamento elettivo dell’edema celebrare in corso di encefalite.

I pazienti con idrocefalia ostruttiva secondaria ad aracnoidite o cisti ventricolari possono beneficiare anche di un trattamento neurochirurgico che consiste nell’exeresi della ciste o nell’apposizione di un drenaggio ventricolare.

(29)
(30)

6 | Neurocisticercosi in età pediatrica

Nonostante sia la malattia parassitaria più frequente del sistema nervoso centrale, con un’incidenza stimata di 50 milioni di persone affette [23], la neurocisticercosi pediatrica resta ancora una condizione abbastanza misconosciuta e poco rappresentata nella lette-ratura medica giacchè soltanto il 2-3% dei lavori si centrano sull’argomento, come S. Antoniuk et al. sottolineano all’inizio della loro relazione [24] .

La prevalenza globale della malattia nella popolazione pediatrica non è nota perchè spes-so non viene riportata agli organismi di controllo, non essendoci obbligo di notifica. Inoltre, la maggior parte degli studi condotti riguarda campioni di piccole dimensioni, prevalentemente in forma di casi clinici, da cui non è possibile ricavare una stima reale. Tuttavia, una recente revisione sistematica evidenzia come la proporzione di neurocisti-cercosi tra i bambini con convulsioni sia simile a quella degli adulti [25].

Ciò contrasta con l’opinione comune di ritenere tale malattia tipica degli adulti e sug-gerisce che tale situazione non sia infrequente nei bambini, come, per altro, aveva già segnalato anche O. H. Del Brutto nel 1997 [26].

La neurocisticercosi pediatrica condivide la stessa eziopatogenesi della forma adulta e la fonte di infezione è usualmente un portatore asintomatico del parassita che vive a stret-to contatstret-to con il bambino. Pertanstret-to, di fronte a un caso di neurocisticercosi pediatrica, sarebbe opportuno esaminare gli adulti presenti nell’intorno familiare [26].

(31)

Non si sono osservate significative differenze di incidenza tra i due sessi, sebbene in al-cuni studi si evidenzi una lieve predominanza nel sesso femminile [24].

Secondo Sotelo [11] e Carpi [27], la neurocisticercosi pediatrica viene classificata in: • Attiva con cisticerci vitali in fase vescicolare (NA);

• Transizionale con cisticerci colloido-granulari in processo degenerativo (NT); • Inattiva o calcificata con cisticerchi oramai non più vitali (NI);

• Encefalite cisticercotica, una NT diffusa.

Rispetto alla forma dell’adulto, la neurocisticercosi pediatrica presenta delle caratteristi-che peculiari dal punto di vista tanto anatomo-patologico quanto clinico.

L’anatomia patologica della malattia nel bambino è studiata grazie alla neuroradiologia ed si caratterizza, nelle maggior parte dei casi, da neurocisticercosi parenchimatosa, come confermano due studi sull’argomento.

Il primo fu condotto da Antoniuk et al. ed era un’analisi retrospetiva di 112 casi ossevarti in Brasile tra il 1978 e il 1999. In questo caso, si riscontrò la forma parenchimatosa in tutti i bambini del campione [24]. Il secondo, invece, fu condotto da Del Brutto et al. ed era un lavoro retrospettivo di 54 casi osservati tra il 1991 e il 1997 in Ecuador. In questa casisitca, la condizione venne ritrovata in ben 52 casi(pari al 96%) [26].

La lesione più frequentemente associata alla neurocisticercosi parenchimatosa è la pre-senza di una cisti unica in fase colloidale o calcifica, situata prefernzialmente a livello della corteccia emisferica. Tale quadro anatomo-patologico trova riscontro nello studio di Del Brutto et al. in cui si aveva la presenza di una cisti unica in 26 pazienti (46.3% del totale) di cui 20 in fase colloidale (77%) [26].

(32)

Figura 6.1:Aspetto di un cisticerco parenchimatoso alla TC. Ciste in fase colloidale con captazione ad anello del contrasto ed edema perilesionale associata ad un quadro di encefalite acuta [26].

Tuttavia, sono stati descritti casi con cisti multiple miste o, più frequentemente, calci-fiche come si evince sempre dallo studio i Del Brutto et al. in cui si aveva la presenza di cisti multiple in 7 pazienti (19%) e calcificazioni diffuse in 19 (35.2%) [26].

Le percentuali sono simili nello studio di Antoniuk et al. dove le cisti colloidali rappre-sentano il 36.6% (41 casi) mentre le calcificazioni il 38.4% (43 casi) [24].

Un altro possibile quadro anatomo-patologico è l’encefalite cisticercotica che si sviluppa in caso di lesioni multiple diffuse a causa dell’importante risposta immunitaria.

L’encefalite cisticercotica è, in effetti, una complicanza non trascurabile nei bambini (21% dei casi) [28] e, secondo alcuni studi, è la seconda presentazione clinica della forma pa-renchimatosa [16].

Per contro, è estremamente raro il riscontro nei bambini di neurocisticercosi extra-parenchimale con multipli cisticerchi racemosi situati a livello liquorale, tanto nel IV ventricolo quanto nelle cisterne della base [29]. Infatti, sono tipiche della neurocisticercosi dell’adulto.

La più frequente localizzazione parenchimale del cisticerco, fa si che il sintomo cardi-ne della cardi-neurocisticercosi pediatrica sia la crisi convulsiva che può essere osservata fino

(33)

nel 94% dei casi [16].

Nello studio di Del Brutto et. al. la crisi convulsiva si era manifestata in 48 pazienti (88.9%) di cui 27 in forma generalizzata e 20 come crisi parziale semplice [26].

Viceversa, nello studio di Antoniuk et. al., la crisi si presentò in 102 casi di cui l’87% erano crisi di inizio parziale [24].

L’encefalite cisticercosa determina diffuso edema cerebrale ed ipertensione endocrani-ca e si manifesta con febbre, cefalea, vomito, papilledema, crisi convulsive, alterazioni del comportamento ed della coscienza associati o meno a segni di irritazione meningea. Fu osservata in ben 25 casi dello studio di Antoniuk et. al., soprattutto bambine [24].

L’ipertensione endocranica nei bambini, come detto, è quasi sempre la conseguenza del-l’encefalite cisticercotica. Tuttavia, nel 5-10% dei casi, può essere la conseguenza di un idrocefalo ostruttivo secondario alla localizzazione nel liquor del parassita, sia essa a li-vello del IV ventricolo o nelle cisterne della base [16].

Nel secondo caso, il quadro clinico è caratterizzato da aracnoidite basale e si manifesta con segni di irritazione meningea ed aumento della pressione intracranica per ostruzione del flusso liquorale secondario all’edema ed all’infiammaizione.

Per fortuna, l’ipertensione endocranica su base ostruttiva è estremamente rara in età pe-diatrica mentre rappresenta la manifestazione più frequente nell’adulto [16].

Altre manifestazione, come cefalea (19%), defict neurologici focali (13%) e alterazioni del comportamento (3.5%), possono essere presenti ma sono tipiche della neurocisticer-cosi degli adulti [30].

(34)

CORRELAZIONE TRA GLI ASPETTI AN A T OMO-P A T OLOGICI E I Q U ADRI NEUR O-RADIOLOGICI LOCALIZZAZIONE ST ADIO EV OLUTIV O AL TERAZIONI SNC NEUR OIMA GING SINT OMI P ar enchima Ciste v escicolar e Liquido traslucido Nessuna Lesione cistica ipodensa Cef alea, crisi e scolice inte gro ben delimitata epilettiche Ciste colloidale P arete ispessita Intensa flogosi Edema ed enhancement ed encef alite e scolice de generato perilesionale ad anello in caso di Ciste calcifica Nodulo mineralizzato Gliosi reatti v a Lesione iperdensa Crisi epilettica pri v a di scolice perilesionale e gliosi cisti dif fuse Liquorale Cister ne basali Ciste racemosa Aracnoidite focale Lesione multilob ulate gig ante e v asculite ed inf arti cerebrali Meningismo, se gni di Aracnoidite diffusa Membrane parassitarie Idrocef alo ed Idrocef alo con anomala ipertensione endocranica ialinizzate essudato fibroso captazione meningea intrappolamento dei IV v entricolo Ciste v escicolare Ostruzione del flusso Idrocef alo ostrutti v o nervi cranici del liquor asimmetrico Ependima Ciste v escicolare Ependimite Idrocef alo con captazione ependimale T abella 6.1: Criteri diagnostici proposti da Del Brutto, re visionati ed aggiornati nel 2016 [18].

(35)

.

L’algoritomo diagnostico della neurocisticercosi pediatrica si avvale di analisi del liquor, test immunologici e neruo-radiologia.

Come già visto negli adulti, i primi due presidi diagnostici sono scarsamente sensibili e la bassa sensibilità si accentua nei bambini [24].

A questo proposito, è interessante uno studio condotto in India su un totale di 61 soggetti pediatrici con crisi epilettiche afebbrili dovuti a neurocisticercosi che furono tutti sotto-posti a ELISA [31].

La positività sierologia si aveva in 23 casi (37.7%) di cui la maggior parte presentava crisi generalizzate (52.17%), seguite dalle parziali complesse (26.08%) e semplici (21.73%). Si è riscontrata una associazione statisticamente significativa tra la positività ELISA e la presenza di multiple cisti e ciò può essere dovuto ad un maggiore rilascio di antigeni che si traduce in una più forte risposta anticorpale da parte dell’ospite infetto [31].

Figura 6.2:Distribuzione dei sintomi nei pazienti con ELISA positivo e il resto del campione [31].

Per tale motivo, la diagnosi viene posta prevalentemente con l’ausilio della neuroradiolo-gia e, in particolar modo, con la TC. Ciò è legato al fatto che, come detto precedentemente, le lesioni sono molto frequentemente calcifiche e questo pone una grande limitazione al-l’utilizzo della RM che, invece, si dovrebbe preferire per ragioni radioprotezionistiche.

(36)

Nei bambini, il trattamento d’elezione è il controllo della sintomatologia convulsiva at-traverso gli anti-epilettici mentre, a differenza di quanto succede negli adulti, si ricore alla terapia anti-elmintica soltano in casi selezionati, quali presenza di cisticerchi vitali o encefalite cisticercotica, in questo caso solo dopo somministrazone di corticosteroidi. Questa impostazione è dettata da un lato dalla maggiore incidenza nei bambini di gravi effetti avversi legati alla terapia con cisticidi [24] e, dall’altro, alle caratteristiche biologi-che della malattia. Infatti, nella maggior parte dei casi, le cisti sono già calcifibiologi-che, quindi non vitali, e tendono a scomparire spontaneamente [32].

Pertanto, al contrario degli adulti, la neurocisticercosi pediatrica ha un’evoluzione per lo più benigna, con risoluzione delle lesioni in oltre l’85% dei casi [30]. Le sequele sono rare e derivano nella quasi totalità dei casi da gravi encefaliti cisticercotiche [24].

(37)

6.1

Confronto tra la neurocisticercosi in pazienti adulti e

pediatrici

Queste differenze tra la neurocisticercosi pediatrica e dell’adulto sono state esaustivamen-te esposesaustivamen-te in vari studi di cui, in questo lavoro, ne riportiamo due in particolare perchè, a mio giudizio, estrinsecano meglio le caratteristiche peculiari di entrambe le forme. Inol-tre, questi articoli mostrano un’ampia casistica rilevata però in due contesti epidemiolo-gici diversi: uno proviene da un’area geografica ad alta endemia mentre l’altro si riferisce ad una zona a bassa incidenza.

Il primo studio comparativo è stato eseguito in Messico nel 2006 da parte dell’equipe coordinata da Brenda Sáenz e si intitola "Neurcocysticercosis: clinical, radiological and inflammatory differences between children and adults"[29].

Gli autori analizzarono le cartelle cliniche di diversi pazienti provenienti tre importanti ospedali di Città del Messico e selezionarono quelli in cui la diagnosi era stata posta in accordo con i criteri di Del Brutto e in cui non era stata effettuata una terapia specifica prima della diagnosi strumentale.

In questo modo, trovarono un totale di 206 pazienti di cui 114 adulti (58 donne e 56 uo-mini di età compresa tra i 15 e i 64 anni) e 92 pediatrici (52 bambine e 40 bambini di età compresa tra 11 mesi e 14 anni).

I casi pediatrici furono analizzati in maniera retrospettiva (1993-2003) a causa della bassa prevalenza della malattia nell’infanzia mentre quelli adulti furono inseriti in modo pro-spettivo (dal 2003).

Divisero i pazienti in 4 gruppi sulla base della sintomatologia (cefalea, deficit focale, con-vulsioni e ipertensione endocranica) e, successivamente, compararono la loro frequenza nei due gruppi ottenendo i risultati mostrati nella figura sottostante (Fig. 6.3).

(38)

Figura 6.3:Confronto dei risultati tra i due gruppi con riportate le varie frequenze tra parentesi [29].

Come si può osservare dalla figura, i bambini accusarono prevalentemente convulsioni (80.4%) mentre gli adulti manifestarono soprattutto cefalea (35.1%) ed ipertensione en-docranica, intesa come congiunto di cefalea, papilledema, nausea e vomito, (27.2%). I deficit focali erano poco rappresentati in ambedue i gruppi (19 vs 12).

Dal punto di vista anatomo-patologico, nei bambini si riscontrava più facilmente un unica lesione (58.7%) di tipo colloidale (40.2%) o calcifica (38%) localizzata a livello parenchi-matoso (97.8%). Al contrario, negli adulti si osservavano più comunemente cisti multiple (74.6%) di tipo prevalentemente misto (50.9%) situate a livello parenchimatoso (50.9%) o nelle cisterne della base (50.9%).

Queste differenze anatomo-patologiche si riscontrarono anche alle neuroimmagini.

Nonostante il problema metodologico legato alla formazione del campione, si ritenne-ro validi i risultati ed si ipotizzó, come possibile causa di tali differenze, una più efficiente

(39)

risposta immunitaria in età pediatrica dovuta forse alla più favorevole localizzazione del parassita o a fattori intrinseci dell’ospite.

Il secondo studio è un lavoro retrospettivo del 2016 frutto della collaborazione tra l’U-niversità di Firenze, il "Sacro Cuore Don Calabria " (Veneto) e l’Ul’U-niversità di Barcellona e si intitola "Profile of adult and pediatric neurocysitcercosis cases observed in five sou-thern European centers" [33].

Si esaminarono 81 casi osservati tra il 1980 e il 2013 nei vari centri sopra elencati di cui 39 con diagnosi certa, 31 probabili e 11 altamente sospetti ma che non soddisfacevano tutti i criteri diagnostici di Del Brutto. Dei pazienti individuati, 60 erano adulti (23 uomi-ni e 37 donne tra 15 e 81 anuomi-ni) e 21 bambiuomi-ni (10 maschi e 11 femmine tra 1 e 15 anuomi-ni). La maggior parte (66) non era di origine europea ma proveniva dall’America Latina (46.3%), dall’Asia (27.5%) o dall’Africa (8.8%) mentre i restanti 14 casi erano europei. Tra questi, una metà era dovuta ai viaggi nelle aree endemiche,l’altra era stata acquisita localmente, principalmente in Spagna (6 casi su 7).

Gli adulti mostravano una più alta incidenza di cefalea, ipertensione endocranica, defi-cit neurologici e recidiva delle convulsioni dopo sospensione della terapia. Per contro, nei bambini si riscontravano più frequentemente cisti colloidali e crisi convulsive.

Gli autori sottilinearono, nelle loro conclusioni, le caratteristiche epidemiologiche dei pazienti affetti e la difficoltà diagnostica evidenziando come ben 11 casi non venivano in-quadrati dai criteri di Del Brutto e di questi il 5.5% era stata sottoposta ad esami invasivi. Inoltre, riconoscevano la poca esperienza dei medici europei nella gestione della malattia e suggerivano la necessità di un maggior confronto internazionale sul tema.

(40)

Da questi due lavori si possono trarre due importanti considerazioni.

La prima riguarda le differenti presentazioni cliniche della malattia nell’adulto e nel bam-bino che andrebbero maggiormente approfondite per meglio comprenderne i meccanismi fisio-patologici che sono alla base di tale diversità.

A questo proposito, gli autori suppongono l’esistenza di fattori dell’ospite età-correlati che caratterizzano ed orientano l’evoluzione della malattia verso una delle due forme. Tra questi fattori, sembra giocare un ruolo di primo piano la reattività del sistema immu-nitario nei confronti del parassita che, nei bambini, appare aumentata.

Questo determina da un lato una più efficace e rapida eradicazione del cisticerco ma dal-l’altro una più frequente comparsa dei sintomi.

La seconda riflessione, a cui si giunge leggendo questi studi, è che gli aspetti clinici ri-portati precedentemente si mostrano simili in aree geografiche completamente diverse tra loro. Ciò che, tuttavia, traspare è un approccio differente alla patologia che, soprattutto in Europa, appare ancora deficitario e tendente a sottostimare la reale portata della malattia. Infatti, nel lavoro si invita a riflette sulla necessità di prendere in considerazione anche la neurocisticercosi nel diagnostico differenziale dell’epilessia.

Per questo motivo, a conclusione, si auspica una sempre più ampia collaborazione tra gli istituti sanitari tale da consentire un ampio scambio di conoscenze che permettano di avere ampio consenso sulle procedure diagnostiche e un’adeguata preparazione per le decisioni terapeutiche a favore del paziente.

(41)

7 | Casi clinici esemplificativi

CASO CLINICO 1 - "An uncommon cause of seizures in children living in developed countries: neurocysticercosis -a case report" [34].

Un bambino di 6 anni nato e vissuto in Camerun per 4 anni è stato ricoverato per una crisi convulsiva, di oltre 30min, non responsiva a Diazepam 0.5 mg/Kg e.r.

La mattina di insorgenza della crisi, i familiari riferiscono che, al risveglio, il paziente ini-ziava un quadro con disartria, deviazione destra della bocca seguita da deviazione destra della testa e dello sguardo, emiclonie destre e perdita di coscienza.

Il paziente vive in Italia da due anni soltanto e non ha familiarità per epilessia o cefalea ma, all’età di 1 anno aveva avuto una crisi febbrile isolata.

All’ingresso in PS, il paziente si presentava afrebbrile, incosciente, tachicardico e ta-chipnoico. La testa era deviata a destra e si osservava ipertonia con iperestensione del braccio destro e flessione di quello sinistro.

Il tracciato EEG mostrava una attività mono-polimorfica lenta sulle derivazioni centrali e sinistre che, invece, era assente nell’area destra e suggeriva una sofferenza cerebrale focale post-comiziale.

Il paziente veniva ricoverato in UTI e trattato con successo con fenobarbital 5mg/kg ev. Gli esami evidenziavano eosinofilia (720 cells/microL), elevazione delle IgE (217 UI/ml) e positività sierologica agli antigeni di cisticerco.

(42)

La RM mostrava due lesioni cistiche localizzate nel nucleo lenticolare destro ed una nel lobo fronto-parietale sinitro. Nelle 36h successive, l’EEG dimostrò il miglioramento della condizione celebrale con scomparsa dell’asimmetrica attività lenta.

Figura 7.1: RM prima del trattamento specifico in cui si osserva edema vasogenico nel lobo fronto-parietale sinistro (immagine sinistra) ed una cisti con enhancement anulare (immagine destra) [34].

Pertanto,fu fatta diagnosi di neurocisticercosi e si iniziò terapia con albendazolo orale (15mg/kg/die per 2) e desametasone (2mg/die) per otto giorni.

Al controllo semestrale, i livelli di eosinofili e di IgE si erano normalizzati e la RM mo-strava la calcificazione delle precedenti lesioni.

Figura 7.2:RM dopo trattamento in cui si osserva scomparsa dell’edema e lesioni calcificate [34]

(43)

Questo caso clinico si può definire "tipico" in quanto rappresenta bene le caratteristi-che della forma parenchimatosa della neurocisticercosi. Infatti, come mostra bene la RM, le uniche lesioni sono localizzate a livello corticale e dei nuclei della base come avviene tipicamente in queste forme. Inoltre, la sintomatologia associata era congruente con l’i-potesi diagnostica suggerita.

CASO CLINICO 2 e 3 - "Neurocisticercosis pediátrica: a propósito de dos casos" [35].

Una bambina di 8 anni nata in Colombia accede al P.S. a seguito di crisi epilettica. Lo stesso giorno del ricovero ebbe un’episodio di perdita di coscienza con caduta al ca-duta a terra e movimenti tonico-clonici. Subito dopo manifestò cefalea intensa, vomito e sonnolenza che scomparvero nell’arco di un paio d’ore.

In anamnesi, si riferivano sporadici episodi di cefalea intensa fronto-temporale bilaterale, senza aurea, che si presentavano circa due volte al mese e recedevano spontaneamente. L’esame obiettivo neurologico e gli esami del sangue erano normali.

La TC (Fig. 7.2, a e b) mostrava una lesione ipodensa fronto-parietale destra che deter-minava il collasso del ventricolo laterale destro.

Alla RM (Fig. 7.2, c e d), si confermava la piccola lesione frontale e si evidenziavano edema perilesione ed un nodulo intracistico.

L’EEG mostrava sofferenza neuronale diffusa, acuita nella regione con la lesione. Inizialmente, si sospettò un glioma di basso grado e, pertanto, si decise di operare. Durante l’intervento, si ritrovò un solco elevato e duro alla palpazione che, una volta se-zionato, rivelò una lesione rotondeggiante di consistenza dura e con calcificazioni che si asportò in blocco.

Lo studio istologico sul pezzo operatorio dimostrò la natura parassitaria della lesione. Per tale motivo, si decise di somministrarle praziquantel per due settimane.

(44)

Figura 7.3:TC con constrasto che mostra lesione eterogenea frontale destra (immagini a e b). La stessa in RM (immagini c e d) [35]

.

Un bambino di quasi 6 anni, nativo di Capo Verde, giunge al pronto soccorso presentando crisi focali, insorte nella stessa giornata, con perdita di funzionalità del braccio sinistro seguita da clonie di 30-60s di durata senza perdita di coscienza.

Il quadro clinico scomparve spontaneamente con recupero totale.

L’esame obiettivo neurologico era normale così come gli esami ematochimici.

Si eseguì una TC cranio che mostrava una lesione espansiva nel lobo frontale destro con piccole calcificazioni ed erosione dell’osso soprastante. Alla RM (Fig. 7.3) si confermò lesione frontale destra, ipointensa e circondata da un alone ipertenso in T1, e si apprezzò edema perilesionale ipointenso in T2.

L’EEG mostrava attività focale parossistica associata a movimenti mioclonici del braccio sinistro e leggera torsione della testa che regredirono spontaneamente.

(45)

Fu posta diagnosi di astrocitoma di basso grado e si operò il paziente.

L’analisi istologica del pezzo operatorio, invece, fece diagnosi di neurocisticercosi. Per tale motivo, si somministrò albendazolo 200mg/12h per 15 giorni.

Figura 7.4:RM nelle vvarie sequenze che mostra il cisticerco frontale [35]

.

Questi due quadri sono emblematici della difficile diagnosi differenziale tra altre patolo-gie neurologiche, ad esempio gli astrocitomi, e la neurocisticercosi attiva.

Infatti, entrambe le condizioni tendono a mostrare all’imaging deireperti molto simili. Di conseguenza, gli autori furono fuorviati e, pertanto, sottoposero i due pazienti a un tratta-mento non necessario.

(46)

CLINICO 4 - "Convulsión focal en paciente de 8 años" [36].

Una bambina di 8 anni mostra un quadro di crisi parziali in forma di movimenti tonico-clonico al braccio e gamba sinistri, con versione oculo-cefalica ipsilaterale e generalizza-zione secondaria con perdita di coscienza e cefalea temporale destra post-critica.

All’esame obiettivo si rilevano GCS 14 e decadimento generale.

Si esegue TC cranico che rileva una lesione cistica ipodensa parieto-temporale destra con un piccolo nodulo all’interno ed edema vasogenico perilesionale.

Inoltre, si osservano altre due lesioni similari a livello frontale sinistro e parietale destro. Interrogando la madre, si viene a conoscenza di una precedente diagnosi di neurocisticer-cosi in una parente risalente a 10 anni prima.

Ciò fa indirizzare verso un trattamento medico con desametasone per ridurre l’edema vasogenico ed antiepilettici per controllare le crisi. Successivamente, si aggiunge prazi-quantel (50 mg/kg/día) per 15 giorni.

Figura 7.5:TC con lesione nodulare ipodensa parieto-temporale destra [36]

(47)

CASO CLINICO 5 - "Hidrocefalia en un niño como manifestación de neurocisticercosis. Reporte de un caso y revisión de tema" [37].

Si tratta di un bambino di 5 anni che presenta da 24 ore cefalea intensa di inizio im-provviso associata a vomito e fotofobia in assenza di febbre e convulsioni.

In ospedale presenta deterioramento progressivo della coscienza, pertanto viene eseguita una TC cranio che mostra idrocefalia bilaterale con dilatazione importante e simmetrica dei ventricoli laterali senza evidenza di sanguinamenti o infarti.

Si realizza una puntura lombare per lo studio del liquor che risulta negativo per infezioni batteriche. Viene apposta una derivazione ventricolo-peritoneale in urgenza per ridurre al pressione intracranica e viene eseguita una RM con gadolinio per dirimere l’eziologia dell’idrocefalo.

Figura 7.6: RM con cerchiato il complesso di microcisti [37]

La RM riscontra la presenza di un conglomerato di microcisti nel III ventricolo, a stret-to contatstret-to con la parte posteromediale del talamo. Le lesioni appaiono isointense con il liquor e presentano captazione ad anello del mezzo di contrasto. Tali lesioni vengono giudicate compatibili con neurocisticercosi, motivo per cui si inizia la somministrazione

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di albendazolo 22 mg/k/die per 14 giorni assistendo ad un graduale miglioramento.

Questo esempio mostra sia una situazione clinica sia un approccio diagnostico differente dai casi precedentemente trattati. Infatti, ci troviamo di fronte ad una localizzazione ex-traparenchimale che si osserva con minor frequenza nei pazienti pediatrici.

Va sottolineato, inoltre, la rapidità della diagnosi poiché, essendosi il caso verificato in un contesto endemico, c’erano sin da subito i presupposti per riconoscere la malattia.

Questi cinque campioni sono l’espressione di un diverso approccio diagnostico al pa-ziente pediatrico che si presenta al pronto soccorso con crisi epilettica.

Se in alcuni casi, come ad esempio il primo, l’anamnesi raccoglie subito dei dati "tipici", è più agevole orientare il sospetto diagnostico ed i successivi esami clinico-strumentali che implementano la certezza diagnostica.

Viceversa, come nei casi 2 e 3, l’eccessiva fiducia verso la neuro-radiologia può disco-stare il medico dal reale quadro clinico a lui presente. Infatti, fuoriviati dalle immagini, non hanno indagato la storia clnica del bambino e non hanno approfondito con ulteriori accertamenti ma sono si subito indirizzati ad una rimozione chirurgica. Alla luce di tutti gli studi recenti, la chirurgia, ormai, deve essere considerata una "extrema ratio" in quanto la patologia risponde bene alle terapie mediche.

Il quarto caso, anche se sembra un pò ripetitivo, mostra la giusta predisposizione medica ad affrontare un bambino con crisi convulsive.

Di fronte alle immagini TC, dove si prospettavano vari scenari, il clinico è andato alla ricerca di altri fattori dirimenti che lo indirizzassero verso una più congrua diagnosi. La conoscenza che il paziente veniva da aree endemiche e le infomazioni fornite dai fa-miliari hanno permesso il giusto trattamento permettendo la risoluzione del quadro. In definitiva, si può affermare che è sempre bene, in questa patologia, avere un atteggia-mento che miri ad una diagnosi individuale che deve essere sì suffragata da prove ma che non trascuri la storia del paziente, compresi il suo habitat geografico e familiare.

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CASO CLINICO ADULTO - "Cisticercosi cerebrale: rassegna e descrizione di un caso clinico" [38].

La paziente, nigeriana trentanovenne, residente a Bologna da alcuni anni, nel novembre 1997 fu colpita da contrazioni tonico-cloniche (3 episodi) e venne ricoverata nel P.S. di un nosocomio fiorentino. All’ingresso, veniva osservata morsicatura della lingua asociata a sensorio torpido e successivo lento recupero e veniva eseguito un’EEG che dimostrava un tracciato nei limiti della norma.

Fu eseguita una T.C. con m.d.c. che mise in evidenza:

• Un nodulo ipodenso a livello dei nuclei della base di destra con piccola iperdensità periferica;

• Accumulo di m.d.c. e una lesione ipodensa nel contesto del lobo frontale destro; • Un nodulo di maggiori dimensioni con un cercine di mdc prossimo a quella dei

nuclei della base.

Non si apprezzavano edema perilesionale né dislocazioni della linea mediana.

Sulla scorta di tale referto (che poneva dubbi diagnostici di toxoplasmosi cerebrale) fu eseguito un test HIV che risultò negativo.

Fu iniziata immediatamente terapia anti-toxoplasma (Daraprim e Adiazine) associata a terapia antiepilettica (Fenobarbital).

In data 25/11/97 pervenne l’informazione che era risultato positivo il test Western-blot per ricerca di anticorpi anti-cisticerco (Fig. 7.7) .

Sulla scorta di tale dato si iniziò terapia con albendazolo, a dosaggi di 15 mg/kg/die (in 2 somministrazioni), associato a desametazone (8 mg/die).

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Figura 7.7: Esame western-blot con le 5 bande specifiche per la diagnosi di cisticercosi. La paziente, nei mesi successivi, fu seguita sempre in Day Hospital e, nel gennaio del 1998, fu chiesta una TC cerebrale di controllo (Fig. 7.8).

Qeusta dimostrò, in corrispondenza della regione insulare profonda destra, un’area a for-ma allungata delle dimensioni di circa 7 mm, caratterizzata da una porzione centrale ipo-densa e cercine periferico iperdenso. Il sistema ventricolare non si era modificato e gli spazi sottoaracnoidei della base e della convessità avevano aspetto normale.

Figura 7.8: TC di controllo che evidenzia in regione insulare una lesione ovalare cercinata con porzione centrale ipodensa.

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Nell’aprile del 1998 la paziente fu dimessa dal D.H. raccomandandole di proseguire la terapia anticomiziale per altri 6 mesi e una RM di controllo al termine del semestre. Della paziente in seguito se ne sono perse le tracce nonostante una ricerca attiva effettuata anche nell’ottobre del 2002.

Ho voluto riportare questo episodio, che non riguarda strettamente la mia indagine e do-po già aver tratto alcune conclusioni, perchè ritengo sia comunque utile per alcuni spunti riflessivi.

La prima considerazione è prettamente clinica e mostra l’elemento in comune tra i casi pediatrici e quelli degli adulti cioè le convulsioni; ciò evidenzia che nella sintomatologia le crisi comiziali sono i fattori più frequenti in assoluto.

La seconda valutazione, invece, vuole riconsiderare l’aspetto epidemiologico.

Come sostenevano gli autori dell’articolo la presenza dei flussi migratori, così come la mobilità di milioni di cittadini, stanno determinando un ritorno di patologie infettive che si pensava eradicate.

Di conseguenza, ritrovandosi quadri patologi abbastanza rari ed una casistica di riferimen-to ancora scarsa, sarebbe utile valutare anche un’eventuale diagnosi di tipo tropicalistico. Va sottolineato, inoltre, che la precarietà delle condizioni di vita di molte di queste per-sone non permette né una corretta e completa registrazione di dati anamnestici né una significativa raccolta degli aspetti epidemiologici.

In conclusione, quindi, le patologie di importazione si stanno rivelando molto complesse sia per quando riguarda l’osservazione del fenomeno sia per quanto riguarda la sommini-strazione del trattamento.

In tutti i casi, comunque, sarebbe sempre bene cercare di garantire uno standard terapeu-tico accettabile anche per coloro che sono soltanto di passaggio.

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8 | Conclusioni

La neurocisticercosi umana rappresenta un "incidente" nel normale ciclo biologico della Tenia solium[39]. Frequentemente, soprattutto in età pediatrica, il decorso della patologia ha un andamento benigno principalmente quando le cisti sono singole o poco numerose oppure quando il bambino viene sottratto alla continua riesposizione [39].

Infatti, di solito, le cisti tendono spontaneamente a risolversi dando sintomatolagia solo nella fase di degenerazione del parassitain in virtù della reazione infammatoria oppure quando la localizzazione interferisce con la circolazione del liquido cefalorachidiano.

Nonostante la neurocisticercosi sia la più frequente malattia parassitaria del sistema ner-voso centrale, purtroppo le scarse conoscenze conducono ad errori diagnostici e, quindi, al tardivo riconoscimento della patologia.

Per una corretta valutazione della malattia andrebbe in primis formulata una buona anam-nesi volta ad identificare il rischio epidemiologico del paziente.

In particolare, andrebbe indagata la provenienza geografica dello stesso, soprattutto se straniero, eventuali soggiorni all’esterno e la presenza di altre persone nell’intorno fami-liare che hanno avuto contatti o vengono da aree endemiche.

Ovviamente, in anamnesi vanno altresì riportate eventuali comorbidità ed ogni altra in-formazione utile sulla storia medica del paziente.

Ogni qual volta si riscontrino tali caratteristiche, sarebbe bene valutare i connotati dei disturbi neurologici riferiti dal paziente per esempio, comparsa improvvisa di crisi

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epi-lettiche, cefalea persistente o ricorrente non associata ad un evento stressogeno esterno, presenza di improvvisi deficit sensitivo-motori.

Il ritrovamento predominante di crisi epilettiche nell’infanzia o di recente insorgenza in un adulto è fortemente indicativo, se non patognomonico, di neurocisticercosi.

Inoltre, l’eventuale presenza di altri sintomi, tra cui cefalea "sin causa", idrocefalo o me-ningismo, possono orientare con maggior sicurezza verso la diagnosi di neurocisticercosi.

Una volta raccolta l’anamnesi, bisognerebbe procedere ad un’esaustiva esplorazione cli-nica del paziente sia per comprendere la tipologia della crisi epilettica sia per cercare segni della malattia a livello sistemico come la presenza di cisticerchi sub-retinici oppure calcificazioni nei tessuti molli.

In base alle informazioni ricavate da anamnesi ed esame obiettivo, si deve essere in grado di formulare un sospetto clinico per orientare l’eventuale diagnosi.

In primisi, si dovrebbe eseguire la titolazione sierica o liquorale degli anticorpi anti-cisticerco e l’esame chimico-biologico del liquor alla ricerca di eosinofilia.

Tuttavia, come già detto nella relazione, gli esami fino ad ora citati hanno una scarsa sen-sibilità o possono essere del tutto negativi, soprattutto nei pazienti pediatrici.

Pertanto, la diagnosi deve essere necessariamente confermata da un’indagine di neurora-diologia che deve essere validata attraverso l’applicazione dei criteri di Del Brutto.

Se la diagnosi è corretta, il trattemento farmacologico è efficace e dovrebbe essere preso in considerazione come primo approccio terapeutico.

Tuttavia, va sottolineato che i pazienti con neurocisticercosi, autocnoni o di passaggio, possono rimanere asintomatici per mesi o anni, pertanto, spesso, molte diagnosi vengono effettuate accidentalmente non lasciando tracce indelebili nella letteratura medica. Questi casi asintomatici, soprattutto in aree non endemiche, possono costribuire al pool delle diagnosi di risontro occasionale della malattia.

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Alla luce di quanto detto, ritengo necessaria una riflessione sull’estensione della neu-rocisticercosi in aree endemiche e non.

Purtroppo, i dati epidemiologici tendono a modificarsi con i cambiamenti geo-politici che stanno sovvertendo delle certezze statistiche già conclamate.

I centri di salute pubblica, in genere, dovrebbero valutare l’utilizzo di banche dati inter-nazionali che tengano conto dei flussi di popolazione della quale non è del tutta nota la storia medica precedente.

oprattutto nel sud Europa, in Italia particolarmente, vista la crescenza presenza di popola-zione pediatrica proveniente da paesi endemici risulterebbe conveniente una preparapopola-zione, anche in emergenza, di malattie tropicali neglette.

Ogni qual volta ci si trovi davanti ad una diagnosi di parassitosi, sarebbe bene registrarla in modo tale da fornire un’esperienza di base del fenomeno sia per riferimenti diagnostici sia per dati epidemiologici.

Inoltre, tornerebbe conveniente a tutti un più ampio e proficuo scambio di conoscenze che permettano di avere una letteratura medica di riferimento per il personale sanitario e non. Infine, tutti coloro che si occupano di salute pubblica e prevenzione delle malattie dovreb-bero essere preparati ad un eventuale "incontro" con la neurocisticercosi.

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