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Studio genetico di una famiglia con 2 casi di Tumore Midollare della Tiroide in assenza di mutazione germinale di RET mediante tecnica di Exome Sequencing

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Studio genetico di una famiglia con 2 casi di tumore midollare

della tiroide in assenza di mutazione germinale di RET mediante

tecnica di Exome Sequencing

Riassunto

Background

Il tumore midollare della tiroide (MTC), per quanto sia un tumore raro, sta assumendo sempre maggiore importanza clinica, poiché ha presentato negli anni un costante aumento della sua incidenza. Nonostante gli sforzi e i nuovi approcci terapeutici, la mortalità dell’MTC rimane ancora un grave problema clinico, poichè permane elevata a 10 anni, maggiore rispetto a quella dell’istotipo di tumore tiroideo più diffuso (tumore papillare della tiroide). L’unico fattore di rischio ad oggi noto per l’MTC è rappresentato dalle mutazioni del gene RET che è riconosciuto in modo unanime come gene driver del 98% dei casi di MTC familiari e circa del 50% dei casi sporadici. Questa forte esigenza clinica non soddisfatta ha indotto maggiori studi sulla ricerca dei geni driver dei casi familiari e sporadici orfani di mutazioni driver al fine di offrire nuove risorse terapeutiche.

Obiettivi

Scopo di questa tesi è stato quello di identificare l’alterazione genetica driver in una famiglia con carcinoma midollare familiare della tiroide che non presenta alcuna mutazione germinale di RET.

Materiali e metodi

La famiglia studiata era composta da due fratelli affetti dal tumore midollare della tiroide e 18 soggetti non affetti. L’analisi è stata eseguita con tecniche di sequenziamento avanzate (NGS) ed in particolare abbiamo eseguito l’Exome Sequencing (WES) dei due soggetti affetti e due familiari di primo grado non affetti da carcinoma midollare al momento della presente tesi. In base ad una serie di ipotesi di possibile trasmissione genetica e in base alla funzione biologica dei geni identificati, sono state identificate alcune mutazioni di maggior interesse. Le mutazioni risultate di interesse sono state quindi validate mediante analisi di sequenza secondo metodo Sanger nei 4 soggetti e successivamente sono state anche cercate in 16 membri della famiglia apparentemente liberi da malattia.

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2 Risultati

La sequenza dell’esoma (WES) ha portato all’identificazione di 27016 varianti nei 4 soggetti studiati. Al fine di identificare un’alterazione genica rilevante per questa famiglia abbiamo ipotizzato una trasmissione monogenica classica/ad alleli multipli e all’interno di questa tre potenziali modalità di trasmissione del fenotipo: autosomica dominante, autosomica recessiva e X-linked. Sulla base di queste tre ipotesi, abbiamo ristretto l’iniziale rosa di 27016 mutazioni ad una rosa 870 mutazioni per l’ipotesi autosomica dominante, 294 per l’ipotesi autosomica recessiva e 330 per l’ipotesi X-linked. Abbiamo quindi focalizzato la nostra attenzione su mutazioni missense, frameshift e non-frameshift, restringendo ulteriormente la lista delle mutazioni di interesse a 44 mutazioni per l’ipotesi autosomica dominante, 1 per l’ipotesi autosomica recessiva e 2 per l’ipotesi X-linked, per un totale di 47 mutazioni di interesse. A seguito di stime dell’impatto di ciascuna mutazione e della funzione biologica di ciascun gene, sono state identificate 13 mutazioni di maggior interesse a carico di ADGRV1, AFTPH, ANKRD26, BCR, BMP2, CRIM1, CYP2C9, LRP1, PRSS36 (due a suo carico), RFX7, SPTBN1 e USP34. Queste mutazioni sono state validate nei 4 soggetti sottoposti a WES e ricercate negli altri 16 membri della famiglia. A seguito di questo, RFX7 si è rilevato un probabile falso positivo del WES. Le mutazioni di AFTPH, BCR, SPTBN1 e USP34 sono state riscontrate rispettivamente in 6, 9, 7 e 9 membri non affetti. Le mutazioni a carico di ADRGV1, ANKRD26 e LRP1 sono state riscontrate rispettivamente in 3, in 3 e in 5 membri non affetti della famiglia oltre ai due affetti. Le due mutazioni a carico di PRSS36 hanno sempre segregato insieme e sono state riscontrate in 5 membri non affetti. Il gene BMP2, gene della superfamiglia del TGF beta, presenta la stessa mutazione dei due affetti in solo due familiari mentre la mutazione di CRIM1 è stata riscontrata in 4 membri apparentemente liberi da malattia, oltre ai due affetti. Le mutazioni a carico di BMP2, di CRIM1, antagonista funzionale di BMP2, e di STPBN1, regolatore della via del TGF beta, sono presenti in un solo membro non affetto della famiglia. Infine, solo un membro della famiglia presenta la mutazione germinale di CYP2C9 ed, ad oggi, non è affetto dalla malattia.

Conclusioni

Attualmente abbiamo identificato 47 potenziali geni driver del tumore midollare della tiroide. Attualmente, nessuna delle 13 mutazioni di maggior interesse studiate è presente esclusivamente negli affetti, sebbene le mutazioni del complesso genico BMP2-CRIM1-SPTBN1 e del gene CYP2C9 siano presenti, ciascuno di essi, in un solo membro della famiglia attualmente non affetto ma che proprio per questa peculiarità dovrà essere attentamente controllato nel tempo.

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Introduzione

Il tumore midollare della tiroide: clinica e patogenesi

Il carcinoma midollare della tiroide rappresenta circa il 5% di tutti i tumori tiroidei1 e in Italia

la sua incidenza è stata stimata dello 0.22 su 100000 casi anno (www.rarecarenet.eu). Viene quindi considerato un tumore raro.

Esso origina dalle cellule parafollicolari C dalla tiroide, che classicamente vengono considerate originanti dalla cresta neurale, per quanto nuove ricerche mettono in dubbio questa origine2.

La storia del tumore midollare della tiroide inizia nel 1906, quando Jacquet descrisse un tumore tiroideo con amiloide3, anche se la precisa descrizione istologica e il nome di

carcinoma midollare della tiroide fu assegnato più di 50 anni dopo da Hazard4 mentre

l’origine proveniente dalle C fu descritta da Williams5.

Dal punto di vista clinico, questo tumore esordisce come un nodulo tiroideo, potenzialmente palpabile, e con possibili linfonodi metastatici palpabili6. Sfortunatamente,

il 70% dei pazienti con nodulo tiroideo palpabile ha metastasi linfonodali cervicali e il 10% metastasi a distanza7. I sintomi possono essere correlati all’invasione locale, come

disfonia, dispnea e disfagia, a causa di infiltrazione del nervo laringeo ricorrente, compressione tracheale ed esofagea, rispettivamente, o ai siti metastatici8. Il tumore

midollare della tiroide è in grado di produrre metastasi a livello dei linfonodali cervicali, la cui frequenza aumenta all’aumentare del diametro del tumore primitivo (si osservano nel 90% dei casi quando il diametro del tumore primitivo sia superiore ai 4 cm8), a livello di

fegato, polmone, ossa e meno frequentemente encefalo e tessuti molli6. Oltre alla

sintomatologia da invasione locale o metastatica, i sintomi possono essere correlati anche alla secrezione ormonale da parte del tumore e tra questi si annoverano diarrea secretoria, flushing e più raramente sindrome di Cushing6. L’MTC secerne infatti

principalmente calcitonina e CEA (carcinoembryonic antigen) oltre a somatostatina, proopiomelanocortina, peptide intestinale vasoattivo (VIP), peptide rilasciante gastrina (GRP), neurotensina, prostaglandine, chinine, serotonina e istamina8. Nello specifico la

calcitonina assume un importante ruolo nella diagnosi e nel follow up sia basalmente che sotto stimolo con Calcio (nel passato pentagastrina). Altri pazienti possono essere asintomatici anche in presenza di metastasi, le quali vengono scoperte a seguito di tecniche di imaging o sospettate a seguito di elevati livelli sierici di calcitonina e CEA (o in caso di livelli eccessivamente bassi a causa di “hook effect”)9. Per quanto riguarda il

trattamento iniziale esso prevede nella maggior parte dei casi la tiroidectomia totale con dissezione dei linfonodi del compartimento centrale10. La recidiva dopo l’intervento si

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osserva soprattutto a livello linfonodale mentre è più rara a livello del letto tiroideo o dei tessuti molli6. In caso di persistenza o recidiva di malattia le opzioni terapeutiche variano

in funzione dello stato di malattia e dell’obbiettivo del trattamento. Per la malattia locale si ricorre alla chirurgia o alla radioterapia a fasci esterni mentre nel caso di metastasi uniche o in caso di malattia oligometastatica si può ricorrere a terapie mini-invasive percutanee variabili in funzione della sede di malattia:

- radiofrequenza, laser, crioterapia, vertebroplastica o embolizzazione selettiva per le metastasi ossee;

- terapie termiche, laser o fotodinamiche per metastasi polmonari o alle vie aeree; - chemioembolizzazione, iniezione percutanea di etanolo, radiofrequenza per

metastasi epatiche).

In caso di malattia sistemica si possono utilizzare farmaci anti-angiogenici come Vandetanib e Cabozantinib, entrambi approvati dall’ AIFA, o in seconda linea, qualora sia presente progressione clinica di malattia resistente agli agenti anti-angiogenici, la chemioterapia10.

Oltre allo stato di malattia, la gestione clinica è influenzata anche dal fatto se il tumore sia una forma sporadica o familiare. Attualmente la forma sporadica costituisce circa il 75% dei casi e si osserva soprattutto nell’adulto, diversamente dalla forma familiare (25%) che si osserva massimamente nel bambino e nell’adolescente11. La forma sporadica insorge

solitamente tra la quarta e la sesta decade di vita8 e la sua prognosi varia principalmente

in base all’età e allo stadio nel momento della diagnosi, entrambi fattori prognostici rilevati da analisi multivariate12,13. Per esempio, lo stadio modifica la sopravvivenza a 10 anni:

stadio 1, 2, 3 e 4 hanno sopravvivenza a 10 anni del 100%, 93%, 71% e 21%, rispettivamente13 e negli ultimi anni non si è assistito ad un miglioramento della

sopravvivenza14,15.

Nella forma familiare l’incidenza del tumore non varia in base al sesso, alla zona geografica o etnica ed è stata descritta solo una predisposizione genetica12. Le nuove

linee guida sulla gestione clinica del tumore midollare della tiroide9 classificano due forme

principali di forme familiari: la Multiple Endocrine Neoplasia 2A, MEN2A, (95%) e la Multiple Endocrine Neoplasia 2B, MEN2B, (5%). All’interno della MEN2A si individua uno spettro di condizioni cliniche che possono essere sintetizzate in 4 sottotipi principali: MEN2A classica, MEN2A con CLA (cutaneous lichen amyloidosis), MEN2A con HD (Hirschsprung Disease) e FMTC (forma familiare di MTC). Nello specifico gli autori della linea guida enfatizzano il fatto che FMTC non debba essere considerata un’entità a sé

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stante ma piuttosto una variante della MEN2A, in cui il carcinoma midollare della tiroide rappresenta l’unico elemento di espressione.

Nella MEN2A classica virtualmente tutti i pazienti sviluppano MTC, mentre una minor percentuale sviluppa feocromocitoma (PHEO) e iperparatiroidismo primitivo (HPTH). I PHEOs sono solitamente benigni, bilaterali, multicentrici ma confinati alla ghiandola surrenale16. Nel passato prima dell’utilizzo dello screening genetico, il PHEO

rappresentava la causa di morte principale in questi tipi di pazienti, più del MTC stesso17 .

Il HPTH è solitamente moderato e associato a pochi sintomi9. La forma MEN2A con CLA

è caratterizzata proprio dalla presenza di quest’ultima. CLA è una lesione cutanea nella maggior parte dei casi presente sul dorso a livello della regione scapolare tra i dermatomeri T2 e T6. Insorge nel giovane e può anticipare temporalmente lo sviluppo del MTC. Dal punto di vista sintomatologico, essa è caratterizzata da un prurito fotosensibile, che aumenta con lo stress. A seguito del grattamento, subentrano delle lesioni iperpigmentate. In questa forma PHEOs e HPTH avvengono con la stessa frequenza rispetto alla forma precedente9. Il morbo di Hirschsprung caratterizza un’altra forma di

MEN2A; questa malattia è un disordine della motilità intestinale congenito causato dalla presenza di un segmento aganglionico, che solitamente inizia dal colon retto e coinvolge prossimalmente un segmento variabile di apparato gastrointestinale. È caratterizzato clinicamente da segni di ostruzione intestinale18. FMTC è invece una forma di MTC

familiare dove non si ha lo sviluppo di PHEO, HPTH o delle precedenti caratteristiche cliniche.

La MEN2B induce una forma di MTC ad insorgenza più precoce, solitamente nell’infanzia, e con maggior aggressività, rappresentata, ad esempio, da una precoce metastatizzazione linfonodale. Sono stati descritti anche alcuni casi con insorgenza posticipata ai 20-30 anni. La MEN2B nel 75% dei casi si sviluppa a seguito di mutazioni de novo mentre nel 25% dei casi è ereditata. Dal punto di vista clinico, oltre alla presenza di MTC, si osservano alterazioni oftalmologiche come incapacità di piangere nell’infanzia, moderata ptosi, malformazioni scheletriche come habitus marfanoide, pectum escavatum e scoliosi, diffuse ganglioneuromatosi per il tratto aerodigestivo, causanti episodi di stipsi alternati ad episodi diarroici (talvolta necessitanti di intervento chirurgico per ostruzione19),

neurinomi mucosi e PHEOs9.

Come già detto precedentemente, la forma familiare è indipendente dal sesso, da variazioni geografiche o etniche ed è determinata solo da una predisposizione genetica12,

data fondamentalmente dal protooncogene RET20 (Rearranged during transfection).

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del tumore midollare della tiroide che del tumore papillare, i quali tumori, come abbiamo esposto precedentemente, forse non derivano da cellule con origini embriologiche così lontane come ritenuto in passato2. Nonostante questo, la natura delle mutazioni che

coinvolgono RET nei due tipi tumorali sono differenti: nel PTC il gene RET è coinvolto frequentemente in riarrangiamenti cromosomici (RET/PTC)21 mentre nel MTC subisce

solitamente mutazioni puntiformi o piccole delezioni somatiche o germinali20. Il gene RET

esprime una proteina recettoriale 1TMS (1 transmembrane segment), che ha un’estremità N-terminale extracellulare, che presenta motivi cadherin-like, ed una estremità C-terminale con attività tirosina chinasica. La parte extracellulare, mediante l’intervento di alcuni corecettori (GFRalpha), lega un ligando della famiglia dei GDNF (glial cell-line derived neurotrophic factor). A seguito di questo legame avviene la dimerizzazione del recettore e l’auto/transfosforilazione dei residui della parte intracellulare. Ne consegue, mediante proteine adattatrici, l’attivazione di diverse vie di trasduzione intracellulare del segnale quali MAPK (mitogen-activated kinase), PI3K (phosphoinositide 3-kinase) e la proteina chinasi B. Si può pertanto intuire che le mutazioni a carico della componente extracellulare inducono una dimerizzazione del recettore legando-indipendente, che induce a sua volta la fosforilazione della parte intracellulare, mentre quelle a carico della componente intracellulare inducono più direttamente l’attivazione della parte intracellulare20. È stato descritto da più autori il ruolo prognostico negativo della presenza

della mutazione di RET in MTC20 e le ultime linee guida9 hanno classificato il rischio di

sviluppare un MTC ad alta aggressività sulla base della mutazione di RET: la mutazione C634F/G/R/S/W/Y viene indicata ad alto rischio così come la mutazione A883F mentre la mutazione M918T viene descritta ad altissimo rischio; le altre mutazioni finora correlate allo sviluppo del MTC vengono classificate come a rischio moderato. L’assenza della necessaria dimerizzazione nel caso della proteina ret, che ha subito la mutazione M918T, può spiegare l’elevata aggressività del MTC, che ne risulta20. Inoltre, è possibile correlare

il fenotipo con il tipo di mutazione a carico della proteina RET:

- MEN2A classica: mutazioni a carico degli esoni 609, 611, 618, 620 e 634;

- MEN2A con CLA: mutazioni a carico degli esoni 634 (quasi esclusivamente) e 804;

- MEN2A con HD : mutazioni a carico degli esoni 609, 611, 618 e 620; - MEN2B: mutazioni a carico degli esoni 918 (quasi esclusivamente) e 8839.

Le mutazioni finora elencate sono mutazioni singole capaci in eterozigosi di indurre la formazione del MTC. Sono presenti due eccezioni a questa asserzione:

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- Esistono mutazioni di RET in tandem: Glu805Lys, Tyr806Cys e Ser904Phe in cis-configurazione con Val804Met. Il fenotipo risultante dalla mutazione in tandem 804-904 e 804-805 è una MEN2B con esordio nella terza decade9;

- Esiste una mutazione di RET (Ala883Thr) che esprime il fenotipo solo se presente su entrambi gli alleli e in questo caso induce solo MTC. È stato ipotizzato che il potere trasformante di questa mutazione sia cosí basso da essere necessario che sia presente su entrambi gli alleli per indurre l’oncogenesi22.

Inoltre, per quanto le mutazioni di RET più diffuse siano missense o piccole delezioni/inserzioni, sono state descritte anche alterazioni del numero di copie del gene RET, a seguito di amplificazioni del gene o aneuploidie del cromosoma 10, nel 27.7% dei casi di MTC mediante fluorescence in situ hybridization e real-time quantitative PCR. Queste alterazioni erano osservate maggiormente in MTC con altre mutazioni di RET e in casi con pessima prognosi23 .

La mutazione del gene RET non è solo presente nei casi familiari di MTC ma è stata descritta anche nei casi sporadici20, in cui è stata correlata ad un’aumentata probabilità di

morte a seguito della neoplasia24,25,26. Se nei casi familiari la mutazione maggiormente

descritta è a carico del codone 634, nei casi somatici, dove la mutazione è a carico principalmente delle cellule tumorali, la mutazione più frequente è a carico del codone 91820.

Lo studio del ruolo del gene RET sia nei casi sporadici che nei casi familiari ha portato l’attenzione anche su quali siano gli effetti che una data mutazione di RET possa provocare nell’espressione di alcune proteine target dei farmaci anti-angiogenici Tyrosine Kynase Inhibitors (TKIs), che, come detto precedentemente, sono utilizzati nei casi di MTC con malattia metastatica. Nello specifico è stato osservato che RET634 rispetto sia a RET918 che ai casi con RET wild type (wt) induca un aumento dell’espressione di VEGFR3 (Vascular Epithelialial Growth Factor Receptor). Al contrario accade per VEGFR1 che è espresso in quantità minore in RET634 rispetto a RET918 e a RETwt. L’espressione di PDGFRB (Platelet-Derived Growth Factor Receptor B) è stata riscontrata maggiore in entrambe le mutazioni di RET rispetto al RETwt27. Questo rappresenta un

esempio di quanto siano profonde le modifiche biologiche indotte dalla mutazione di RET. Nonostante lo studio della correlazione di RET con i casi familiari e sporadici abbia portato a grandi sviluppi sulla comprensione del ruolo di questa proteina nello sviluppo del MTC, rimangono ancora degli aspetti oscuri. Per quanto uno studio recente correli la dimensione del tumore con la presenza della mutazione M918T, osservando che i tumori con diametro inferiore ai 2 cm abbiano una prevalenza nettamente inferiore di questa

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mutazione rispetto a quelli con diametro superiore ai 2 cm28, non è possibile dire se la

mutazione di RET agisca da sola come evento precoce, oppure se agisca tardivamente dopo l’intervento di altri geni mutati oppure se la mutazione M918T induca un forte aumento della velocità di crescita cellulare che faciliti la diagnosi di tumori di dimensioni maggiori9. Sulla base di questo è necessario andare ad analizzare altri geni implicati

nell’oncogenesi di questo tipo di tumore. Negli ultimi anni lo studio dei casi di MTC con RETwt ha portato alla luce il ruolo del protooncogene RAS29 ed una recente ricerca ha

evidenziato il ruolo predisponente allo sviluppo di MTC delle mutazioni a carico di ESR230

(estrogen receptor 2).

La famiglia del protoncongene RAS è costituita da 3 geni ubiquitariamente espressi: HRAS, KRAS e NRAS. Questi esprimono 4 proteine di ~21 KDa differenti ma omologhe: HRAS, KRAS4A, KRAS4B (sono varianti di splicing di KRAS) e NRAS. Dal punto di vista funzionale, le proteine della famiglia ras si comportano come proteine G solubili che trasmettono il segnale dai recettori posti sulla membrana cellulare verso gli effettori delle vie del segnale intracellulare e la loro attività è regolata dal legame con il GTP o con il GDP, il quale è a sua volta regolato mediante una GAPs (GTPase-activating proteins), che facilita l’idrolisi del GTP, e una GEFs (guanine nucleotide exchange factors), che facilita lo scambio tra GDP e GTP. Le proteine della famiglia ras regolano la proliferazione, la motilità, l’apoptosi, il metabolismo cellulare, la neoangiogenesi e la risposta immune31, che sono tutte “hallmarks” importanti in una cellula neoplastica32.

Posto che l’attività biologica di una proteina ras sia maggiore quando lega il GTP rispetto a quando lega il GDP, le mutazioni somatiche che avvengono a carico dei codoni 12, 13 e 61 aumentano la sua capacità di legare il GTP, inibendone l’idrolisi (codone 61) o alterando il legame GAPs-RAS (codoni 12 e 13), aumentando cosí l’attività degli effettori a valle della via del segnale31. Le mutazioni a carico di RAS sono state osservate sia in

PTC21 che in MTC29,33. Se nel PTC il ruolo delle mutazioni delle proteine ras è

maggiormente descritto al punto di poter parlare di tumori papillari della tiroide BRAFV600E-like e RAS-like21, il ruolo nel MTC presenta ancora degli aspetti non del tutto

chiariti. Dal 1989 sono stati pubblicati articoli sul ruolo di RAS nel tumore midollare della tiroide con notevole variabilità tra le caratteristiche degli studi per quanto riguarda la numerosità dei campioni e il metodo utilizzato. A seguito di questa elevata variabilità, sommata all’impatto della variabilità geografica, le mutazioni somatiche di RAS nei casi di MTC RET negativi variano tra lo 0% e il 43.3%20, anche se una recente metaanalisi33

stima una prevalenza di 12.9% nei MTC somatici, indipendentemente dalla presenza della mutazione di RET. Inoltre, la prevalenza delle mutazioni di HRAS è stata stimata di 8.1%, di KRAS di 6.5% e di NRAS dello 0.5%33, diversamente da ciò che avviene nei tumori

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derivanti dalle cellule follicolari dove le mutazioni somatiche di NRAS sono più frequenti (15.7% FTC, 15.4% ATC e 4.2% PTC)29. Tra i casi RET negativi, uno studio recente stima

le mutazioni a carico di HRAS del 12.1%, KRAS del 3.7% e NRAS del 1.8% e identifica come mutazione più frequente è HRASQ61R (4.7% dei casi RET negativi)33.

Nel tumore midollare della tiroide le mutazioni di RET e di RAS vengono descritte come mutalmente esclusive29, in quanto in letteratura è stato descritto solo un caso di

copresenza di mutazione somatica di RAS e RET34. Mentre per RET è già presente una

valutazione prognostica abbastanza condivisa9, più studi33,34 hanno cercato di stabilire il

ruolo prognostico della mutazione di RAS nel MTC. Nello specifico lo studio di Moura et al34 ha messo in evidenza che i tumori RAS positivi abbiano caratteristiche cliniche

intermedie tra i tumori RET918 e RET883 e i tumori con mutazione di RET a rischio moderato. Lo studio di Ciampi et al33 ha descritto in modo statisticamente significativo che

i pazienti con tumore portatore della mutazione di RAS abbiano un outcome clinico migliore di quelli con mutazione di RET somatica (quindi RET918 in gran parte) e allo stesso tempo ha evidenziato, senza raggiungere la significatività statistica, che pazienti con tumori RAS positivi abbiano un outcome clinico lievemente migliore di quelli con tumori RAS e RET negativi.

Come già accennato precedentemente, uno studio30 pubblicato nel 2016 ha portato alla

luce il ruolo di ESR2 in una famiglia con un paziente con MTC e tre casi di iperplasia delle cellule C (CCH). Questi pazienti condividevano una mutazione germinale frameshift a carico del gene ESR2 causante una sovraespressione della proteina ret ed una predisposizione allo sviluppo di MTC/CCH. Nello specifico, mediante tecnica di Exome Sequencing e sequenziamento convenzionale mediante Sanger, gli autori dello studio hanno individuato questa mutazione presente solo nei pazienti con MTC e CCH e hanno osservato che questa mutazione induce un alterato rapporto tra ERalpha e ERbeta, suo inibitore; ERalpha è cosí libero di legare i motivi ERE (oestrogen-responsive elements) del gene RET, inducendone l’espressione. Sulla base di questi risultati gli autori hanno ricercato mutazioni a carico del gene ESR anche in altri pazienti con tumori della tiroide ed hanno riscontrato una mutazione missense (V128L) anche in due casi di MTC RET negativi e in due casi di PTC.

Oltre a ESR2, molti altri sono stati i geni studiati nel MTC (CDKN2C, CDKN1B, VHL, c-myc, N-c-myc, c-erbB, EGFR, JAK2, AKT, PI3K, PIK3CA, BRAF e TERT)29 con limitato

successo, in quanto questi sono stati osservati mutati solo in alcuni casi indice. È interessante notare che anche mutazioni a carico di oncosoppressori classici come TP53 e pRB sono altamente rare o assenti35. Uno studio recente35 ha analizzato tutta la parte

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codificante del genoma di 17 casi di MTC sporadici e di questi il 90% delle mutazioni erano a carico di RET, HRAS e KRAS in modo mutualmente esclusivo. Lo studio ha inoltre identificato un basso numero di mutazioni somatiche per tumore (17,9) rispetto ad altri tumori solidi, aspetto comune al PTC21, e poche altre mutazioni, nessuna di queste

ricorrente in modo significativo tra i vari casi di MTC.

Di conseguenza oltre alla presenza di mutazioni driver di RET e RAS, sono stati descritti pochi altri casi di potenziali gene driver mutati. Se per i casi familiari di MTC le mutazioni del gene RET costituiscono più del 98% dei casi20, per i casi sporadici le mutazioni di RET

costituiscono circa il 41% (dati COSMIC, catalogue of somatic mutations in cancer). Nei casi di MTC sporadici RET negativi, le mutazioni di RAS, come già detto, sono presenti tra lo 0 il 43.3% dei casi. Fatta eccezione per alcuni casi di mutazioni che sembrano essere più private che diffuse (vedi caso ESR2), rimane una grande fetta di tumori in cui non è stato identificato il gene driver mutato. Gli ultimi studi21,30,35 hanno messo in

evidenza la necessità di ampliare le analisi genetiche del tumore della tiroide a gran parte del genoma abbandonando parzialmente le tecniche di sequenziamento canonico che, a seguito di alcune modifiche, perdurano da più di 40 anni. Infatti, gli studi suddetti sono basati sull’utilizzo di tecniche di Next Generation Sequencing per il sequenziamento del genoma dei tumori tiroidei.

Next Generation Sequencing: origini e sviluppi

Dopo poco più di vent’anni dalla scoperta della struttura e dalla postulazione del ruolo biologico dell’acido desossiribonucleico (DNA) ad opera di Watson e Crick36, Sanger e

Gilbert proposero due tecniche di sequenziamento del DNA. Per quanto la proposta di sequenziamento mediante interruzione di catena di Sanger del 197537 fu parzialmente

messa da parte a seguito del metodo con radio-marcatori di Gilbert del 197738,

successivamente, a seguito delle migliorie apportate alla metodologia, la tecnica di Sanger ebbe un importante successo. Rispetto alla tecnica di Gilbert infatti vantava una metodologia più semplice e non utilizzava radio marcatori, mantenendo un’ottima accuratezza. Nel 1987 la Applied Biosystems mediante l’utilizzo di elettroforesi in capillare aumentò notevolmente la velocità di sequenziamento della tecnica Sanger passando a 500kb sequenziate al giorno e dal 1995 la macchina AB 3730xl della suddetta ditta è capace di sequenziare 2.88 Mb, con la lettura di un trascritto di lunghezza massima 900 pb. La tecnica di Sanger così modificata è diventata l’architrave metodologico del Genome Project, che, stimolando una forte concorrenza tra gruppo pubblico39,40 e

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sequenziamento. Questo sforzo ha portato allo sviluppo delle tecniche di Next Generation Sequencing (NGS).

È possibile classificare le tecniche di NGS mediante due criteri principali, secondo: - La metodologia: array-based o solution-based42;

- Le generazioni: prima, seconda e terza43.

Sia la metodologia array che quella solution-based fanno uso di adattatori biotinilati. Nel primo caso questi sono aderenti ai pozzetti di un microarray mentre nel secondo caso essi vengono fatti incubare con il DNA in esame e vengono selezionati successivamente mediante biglie magnetiche di streptovidina. Per quanto in una prima fase il sistema per array ha avuto successo, successivamente la tecnica solution-based è diventata prevalente perché ha bisogno di una minor quantità di DNA42. Attualmente la metodologia

array-based può essere preferita in caso di sequenze povere in GC42.

La prima macchina NGS fu messa nel mercato da Applied Biosystems con il nome di Applied Biosystems Prism 3730 e si basava sulla stessa metodologia ideata da Sanger nel 1975. Le macchine della generazione successiva hanno rappresentato una svolta, in quanto utilizzano il sequenziamento in parallelo di più sequenze, con una diminuzione della complessità tecnica e dei costi per sequenza, abbandonando la metodologia di Sanger. Allo stesso tempo queste nuove macchine, a seguito della necessità di diminuire la lunghezza dei costrutti di DNA sequenziati, richiedono il bisogno di sistemi informatici di riassemblaggio delle sequenze e portano a problematiche caratteristiche di questa tecnologia, come la difficoltà di lettura di sequenze 3’ UTR o di segmenti ricchi in GC o dati da sequenze ripetute43. Di questa tecnologia fanno parte tre macchine principali,

Roche 454 system, AB Solid system e Illumina system44, che hanno rappresentato un

cardine nella ricerca di mutazioni missense, non-sense, a carico dei siti di splicing, inserzioni e delezioni di pochi nucleotidi. Infine, negli ultimi anni si stanno sviluppando macchine di terza generazione, di cui Pacbio e Nanopore sono degli esempi, che presentano due differenze principali con le macchine della generazione precedente: non hanno necessità di reazioni di amplificazione di presequenziamento con vantaggi di accuratezza della lettura della sequenza e vantaggi in costi e tempi ed effettuano una lettura della sequenza in Real Time durante la reazione enzimatica caratteristica della macchina, che sia fluorescente (Pacbio) o elettrica (Nanopore)44.

Della seconda generazione Illumina System presenta dei vantaggi interessanti rispetto alle altre due macchine. Essa infatti condivide con le altre la necessità di poter leggere solo delle sequenze di lunghezza inferiore rispetto a Sanger AB 3730xl, però ha la capacità di poter leggere molte più sequenze rispetto alle concorrenti, mantenendo un alto

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livello di accuratezza, con una forte diminuzione di costi per milione di base (0,07$ versus 10$ e 0,13$ di 454 Roche system e AB Solid system, rispettivamente)44. Diversamente da

454 Roche System, che utilizza tecnica sequenziamento pirosequencing, e AB Solid System, che utilizza tecnica di sequenziamento di ligation e coding di due basi, Illumina System utilizza sequenziamento mediante sintesi con nucleotidi con marcatori fluorescenti. Al netto del fatto che la sovrapposizione parziale degli spettri dei quattro colori usati per i quattro nucleotidi possa provocare una diminuzione dell’accuratezza della metodica rispetto alle altre, essa non risente in maniera notevole di questo aspetto (accuratezza 98% di Illumina System vs 99,9% e 99,94% di 454 Roche System e AB Solid System, rispettivamente).44

Le macchine NGS possono essere utilizzate con l’intento di sequenziare l’intero genoma (Whole Genome Sequencing, WGS) oppure solo le parti esoniche (Whole Exome Sequencing, WES) con una parte variabile anche di sequenze introniche e le regioni 3’ UTR e 5’ UTR. Per quanto lo studio delle parti introniche e regolatorie stia rappresentando un punto di estremo interesse per la comunità scientifica45,46,47, bisogna altresì ricordare

che le sequenze non esoniche sono estremamente meno conservate rispetto alle sequenze esoniche e che ciò rappresenta un problema per la comprensione del ruolo funzionale della mutazione in esame42, nel caso in cui il numero dei campioni in esame

sia ristretto. Questo elemento inevitabilmente porta ad una maggior difficoltà di analisi statistica del risultato. Inoltre, il costo per il salvataggio ed il mantenimento nel tempo delle informazioni di un’analisi di tutto il genoma è estremamente superiore rispetto all’Exome Sequencing42. Oltre al WGS e WES, altri autori48 hanno utilizzato le macchine NGS per

ricercare le mutazioni di un pannello di geni di interesse nei campioni in analisi. In questo modo è possibile ricercare in un unico momento più mutazioni a carico di più geni, con notevole risparmio di risorse rispetto al sequenziamento classico.

A seguito della notevole diffusione dell’utilizzo di Exome Sequencing, descritto sopra, è stato necessario produrre degli scores capaci di poter stimare l’impatto di una data mutazione sulla funzionalità della proteina espressa a partire dal gene mutato. Nel corso del tempo si sono succeduti una serie di scores che, usando metodi statistici o modelli concettuali diversi, predicono l’impatto delle mutazioni, in special modo quelle missense. Gli scores SIFT e PolyPhen basano le proprie predizioni sullo stesso concetto: quanto nel corso dell’evoluzione quel sito di mutazione sia più o meno frequentemente variato e quanto quella data mutazione sia frequente49,50. Ne consegue che tanto maggiore è il

numero di casi in cui quel sito è risultato mutato e tanto maggiore quella data mutazione è frequente, tanto minore sarà la sua patogenicità. La differenza tra i due scores è l’utilizzo di due modelli statistici diversi49,50. Il PolyPhen2 (2010) rappresenta un miglioramento

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13

della prima versione di PolyPhen e il sottotipo HVAR è consigliato dagli autori dello score, nel caso in cui si ricerchi una mutazione di un gene che possa indurre un effetto drastico sulla sua funzionalità50. Un altro score ampiamente utilizzato è il PROVEAN, che utilizza

lo stesso modello concettuale di SIFT e PolyPhen 2 ma, adoperando un modello statistico diverso, può essere utilizzato anche nelle stime dell’impatto di mutazioni come inserzioni, delezioni e piccole sostituzioni multiple50. Il FATHMM è uno score che è stato costruito da

Shihab et al. 51 affinché fosse specifico per l’ambito, in cui viene utilizzato e nel caso in

studio abbiamo adoperato il suo sottotipo cancro specifico. Un altro score interessante è il CADD score, che dal 201452 sta rivestendo un ruolo importante, in quanto, utilizzando

modelli statistici che coinvolgono più fattori degli scores precedenti, è in grado stimare l’impatto di una mutazione in modo più globale rispetto agli altri. Il CADD score classifica le mutazioni secondo un grado di “deleteriousness”, che a sua volta ben correla con l’alterazione della funzione molecolare e con la patogenicità, provocate dalla mutazione stessa. Diversamente dagli altri, non ha un comportamento dicotomico ma tanto esso è elevato, tanto maggiore è il grado di “deleteriousness” di quella mutazione. Questo permette di poter mettere a confronto il peso di mutazioni differenti ed anche di geni differenti, come nello studio in oggetto. Poiché il CADD score non ha un comportamento dicotomico, gli autori di questo score pongono a 15 di “deleteriousness” il valore soglia al di sotto del quale la mutazione non ha impatto previsto come deleterio.

Valutazione genetica di trasmissione di una malattia

Le malattie genetiche sono molto più comuni di quello che si possa pensare, in quanto la loro frequenza è stimata di 670 casi su 100053. Le malattie genetiche che vengono

riscontrate nella pratica clinica ne rappresentano soltanto la punta dell’iceberg ed il contributo genetico per il loro sviluppo è molto variabile.

Dinnanzi, infatti, ad una potenziale rosa di mutazioni genetiche, i modelli interpretativi dell’architettura genica, che possano spiegare un fenotipo, possono essere molteplici47. In

primis una malattia può essere ad esclusiva componente genetica, ambientale o multifattoriale. A sua volta, all’interno della componente genetica si può ipotizzare un modello monogenico classico/ad alleli multipli o poligenico. Le caratteristiche di questi modelli interpretativi sono sintetizzati nella tabella 1.

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Architettura Descrizione Esempio

Malattia esclusivamente a componente genetica

Monogenica classica

Trasmissione descritta da Mendel. Una mutazione a carico di un gene induce la

malattia.

Fenilchetonuria47

Monogenica ad alleli multipli

Più mutazioni a carico dello stesso gene inducono la

malattia

Menina - MEN154

Poligenica

Più mutazioni a carico di più geni contribuiscono con impatto

variabile all’induzione della malattia

Fibrosi Cistica55

Malattia esclusivamente a componente ambientale

Malattia che è indotta esclusivamente da fattori

ambientali

Malattia traumatica79

Malattia multifattoriale

Malattia che è indotta sia da fattori genetici che da fattori

ambientali

Asma53

Tabella 1. Sintesi delle caratteristiche fondamentali delle principali architetture genetiche delle malattie

Inoltre, nel modello monogenico classico ad alleli multipli le principali trasmissioni possibili sono: autosomica dominante (AD), autosomica recessiva (AR) e X-linked (le caratteristiche di ciascuna trasmissione sono sintetizzate nella tabella 2).

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Trasmissione Caratteristiche del genotipo

inducente il fenotipo [WHO] Esempio

Autosomica Dominante

È sufficiente che la mutazione sia presente in uno dei due alleli per

indurre il fenotipo

Mutazione RET634 - MEN2A9

Autosomica Recessiva

È necessario che la mutazione (o le mutazioni) sia presente in entrambi

gli alleli per indurre il fenotipo

Mutazione Menina - MEN154

X-linked Dominante

È sufficiente che la mutazione sia presente in uno dei due cromosomi X nella donna (in uno nell’uomo) per

indurre il fenotipo

Rachitismo Vitamina D resistente53

X-linked Recessiva

È necessario che la mutazione (o le mutazioni) sia presente in entrambi i

cromosomi X nella donna e nell’unico nell’uomo per indurre il

fenotipo

Deficit di Glucosio 6 Fosfato Deidrogenasi53

Tabella 2. Caratteristiche principali delle trasmissioni Autosomica Dominante, Autosomica Recessiva, X-linked Dominante, X-linked Recessiva

Obiettivi

Il tumore midollare della tiroide, seppure sia un tumore raro, sta assumendo sempre maggiore importanza in clinica, in quanto ha avuto negli anni un aumento della sua incidenza, causante effetti sulla popolazione e sul paziente, e, nonostante gli sforzi e i nuovi approcci terapeutici, non c’è stato nessun miglioramento della mortalità, che permane elevata a 10 anni e permane maggiore dell’istotipo di tumore tiroideo più diffuso (PTC). Questa forte esigenza clinica ha indotto maggiori studi sulla ricerca dei geni driver dell’oncogenesi di questo tumore per offrire nuove risorse terapeutiche. Nonostante questi, non siamo a conoscenza del gene driver di una grande parte dei tumori sporadici. Per andare a fare luce su questa “dark matter”, abbiamo deciso di studiare una famiglia con due casi di tumori midollari della tiroide che non presentano una mutazione germinale di RET, mediante l’uso di Whole Exome Sequencing.

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Metodi

Pazienti arruolati nello studio

Nel presente studio, a seguito di adeguato consenso informato, sono stati arruolati 2 pazienti affetti da MTC e 18 familiari attualmente non affetti da MTC, come sintetizzato dall’albero genealogico della figura seguente.

Figura 1. Albero genealogico di tutta la famiglia in studio. I casi di MTC sono individuati dal pallino nero, i familiari di cui è stato effettuato l’Exome Sequencing dal quadratino rosso, i familiari di cui è stato effettuato lo screening mediante tecnica Sanger delle mutazioni di interesse dal quadratino verde, i familiari deceduti dalla sbarra trasversale.

Nella tabella seguente sono elencati i dati anagrafici dei pazienti arruolati nello studio: Numero della generazione Numero all’interno della generazione Anno di nascita Sesso I 1 1924 Femminile II 1 1953 Maschile II 3 1961 Maschile II 5 1953 Femminile III 1 1980 Femminile III 2 1985 Femminile III 3 1998 Femminile III 4 1995 Maschile II 7 1935 Femminile II 8 1940 Maschile II 9 1944 Maschile II 11 1941 Maschile II 12 1944 Maschile II 13 1951 Maschile II 16 1949 Maschile II 19 1932 Maschile II 20 1933 Maschile II 21 1935 Maschile II 22 1940 Femminile II 24 1951 Femminile

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Estrazione del DNA da sangue

Sono stati raccolti campioni ematici dai 20 soggetti in studio mediante prelievo venoso e sono stati conservati a -20 gradi Celsius fino ad estrazione del DNA. Essa è stata fatta mediante Maxwell® 16 LEV Blood DNA Kit Purification Kit.

Una volta tenuti a temperatura ambiente per almeno 5 minuti, i campioni venivano mescolati al fine di rendere omogenea la soluzione. A 300 uL di sangue di ciascun campione venivano poi aggiunti 30uL di Proteinasi K e 300 uL di buffer di lisi. Dopo adeguato mescolamento mediante vortex e veloce centrifugazione del campione, seguiva incubazione per almeno 20’ a 56 gradi Celsius.

A termine dell’incubazione, venivano sistemati le cartucce e i martelli nella macchina 16 LEV Blood DNA, poste le eppendorlf di eluizione con 30-50 uL di H2O RNAasi free e posti

i campioni, in accordo con il protocollo. A seguito, veniva avviata la reazione di estrazione. A sua conclusione, i campioni di DNA purificato si trovavano nelle eppendorlf di eluizione e venivano conservati a -20 gradi Celsius fino a suo utilizzo successivo.

Estrazione del DNA da paraffinato

I campioni di tessuto sono stati trattati secondo protocolli dell’unità di Anatomia Patologica. Il materiale di un vetrino, che un anatomo patologo esperto ha refertato come tumore midollare della tiroide, è stato grattato mediante l’uso di un bisturi e posto in un’eppendorlf. Al suo interno si aggiungevano 20uL di proteinasi K e 180uL di incubation buffer e il campione veniva incubato overnight a 70 gradi Celsius. A termine dell’incubazione, si aggiungevano due volumi di buffer di lisi. Successivamente, sono state seguite le indicazioni descritte precedentemente per l’estrazione del DNA da sangue.

Tecnica di sequenziamento dell’Esoma

Il sequenziamento dell’Esoma dei campioni è stato fatto presso un centro esterno che ha seguito il seguente protocollo.

Il DNA genomico è stato estratto da sangue con la metodologia suddetta e le librerie sono state preparate utilizzando Agilent SureSelect V6+UTR kit (Agilent), in accordo con le istruzioni della ditta. Le librerie sono state poi caricate in Paired Ends v3 flow cells su Illumina cBot con sonde di 75 pb su HiSeq 2000 usando SBS Kit v3 chemistry (Illumina). La qualità delle librerie a termine dell’amplificazione è stata misuranta usando DNA 1000 chips con BioAnalyzer 2100 (Agilent) e Qubit fluorimetric quantitation usando Qubit

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dsDNA BR Assay Kits (Invitrogen). Questo approccio ha permesso di raggiungere una copertura media di 80x per più di 91 Mb delle regioni genomiche sequenziate, con più del 97% delle regione coperte. L’analisi dei dati è stata fatta mediante una pipeline analisi realizzato su Orione. In breve, le sequenze lette sono state allineate al genoma umano (hg19) con Burrows-Wheeler Aligner (BWA v.0.7.5a) usando le impostazioni di base. Le mappe iniziali sono state processate usando GATK framework (v.2.8.1), in accordo con le raccomandazioni di Best Practices. I siti mutati sono stati identificati mediante GATK Unified Genotyper module e sono stati classificati come conosciuti o sconosciuti secondo dbSNP146 e annotate usando KGGSeq. Le informazioni includono le posizioni in UCSC, RefGene, GENCODE, e ENSEMBL transcripts, annotazioni OMIM and ClinVar, frequenze alleliche di dbSNP, ESP6500 (release SI-V2), 1000 Genomes Project (release 05/2013), e ExAC, predizioni funzionali delle modifiche aminoacidiche sono state fatte secondo più modelli (SIFT, PolyPhen2 HVAR, PROVEAN, FATHMM, CADD phred-like score) recuperate da dbNSFP v.2.9 (database of human nonsynonymous SNPs and their functional predictions). Le mutazioni sono state poi filtrate sulla base della qualità della mutazione e del genotipo e sulla base di una MAF < 0.01 in accordo con i database (dbSNP138, dbSNP141, 1000 Genomes, ESP6500, ExAC).

Analisi dell’impatto delle mutazioni

L’analisi dell’impatto delle singole mutazioni è stato effettuato mediante SIFT, PolyPhen2, PROVEAN, FATHMM, CADD phred-like score. Nello specifico è stata effettuata:

- Una valutazione globale degli scores SIFT, PolyPhen2 HVAR, PROVEAN, FATHMM

- La valutazione del CADD score

Per la valutazione globale degli scores di predittività, poiché questi scores, ad eccezione di PolyPhen2, hanno un comportamento dicotomico per la stima del comportamento biologico della mutazione (neutrale o che danneggi la funzione proteica), al fine di poter disegnare un grafico di questi scores per ogni singolo gene, è stato assegnato arbitrariamente il valore 0 se sia stato previsto un comportamento neutrale, 1 se alterante la funzione della proteina. Diversamente dagli altri tre, lo score Polyphen2 stima tre possibili comportamenti: benigno, possibilmente deleterio e probabilmente deleterio, a cui sono stati assegnati i valori 0, 0.5 e 1, rispettivamente. L’assegnazione di ciascun valore ad ogni score è sintetizzata nella tabella 4.

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Score Predizione Valore arbitrario

assegnato SIFT Neutrale 0 Deleterio 1 Polyphen2 HVAR Neutrale 0 Possibilmente Deleterio 0.5 Probabilmente Deleterio 1 PROVEAN Neutrale 0 Deleterio 1 FATHMM Neutrale 0 Deleterio 1

Tabella 4. Sintesi dei valori attribuiti alla stima di ogni singolo score

Bisogna rimarcare che, come ricordato dagli autori di SIFT49, gli scores possono essere

utilizzati soltanto per dare delle indicazioni generali del comportamento delle mutazioni ma non devono andarsi a sostituire agli esperimenti in laboratorio. Tenendo ben in mente questo concetto, abbiamo deciso di utilizzare questi scores solo al fine di formare un ordine di priorità delle mutazioni da andare a vagliare in tutti i membri non affetti della famiglia. Inoltre, per rafforzare il significato di questi scores nell’ambito del tumore midollare della tiroide, sono stati stimati SIFT, PolyPhen HVAR, PROVEAN e FATHMM anche per le mutazioni RET M918T, C634Y e HRAS Q61R, come controlli positivi. Sono stati scelti questi, in quanto RETM918T è la mutazione più frequente nei casi sporadici, RET C634Y nei casi familiari20 e HRAS Q61R è la mutazione non RET più frequente33

Analisi delle mutazioni di interesse nei campioni di DNA estratti da sangue

Le analisi delle mutazioni dei geni di interesse sono state effettuate a partire dai campioni di DNA estratti da sangue mediante il protocollo suddetto. Dopo adeguato scongelamento dei campioni, abbiamo eseguito polymerase chain reaction (PCR) con l’utilizzo di 10 uL di Ready Mix PCR Kit KAPA 2G Fast HS della ditta KAPA Biosystems, 0.5 uL di primer Forward, 0.5 uL di primer Reverse, 8 uL di H2O Rnasi free e 1uL di campione di DNA.

Abbiamo utilizzato la temperature di 60 gradi Celsius come temperatura di annealing. Successivamente abbiamo verificato l’esito della PCR mediante elettroforesi su gel con adeguato ladder e controllo negativo. Abbiamo utilizzato il kit peqGOLD Cycle-Pure Kit per la purificazione della PCR. Successivamente per la reazione di sequenza abbiamo utilizzato 1uL di amplificato di PCR, 2 uL di BigDye™ Terminator v1.1 & v3.1 5X Sequencing Buffer, 1 uL di BigDye® Terminator v1.1/ Sequencing Standard Kit

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20

310/377/3130 and 3100 Series Systems, 1uL di Primer Forward e 4 uL di H2O Rnasi free.

I primers forward sono stati utilizzati per sequenziare tutti i campioni. Laddove necessario, sono stati utilizzati anche i primers reverse. A termine della reazione di sequenza abbiamo purificato mediante l’uso di Sephadex. Ottenuti i purificati della reazione di sequenza, sono stati caricati su piastra 96 well con Template Suppression Reagent (TSR), denaturati a 95 gradi Celsius per 5’ e successivamente caricati su AB 3730xl. I primers utilizzati per la PCR e la reazione di sequenza sono descritti nella tabella 5:

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21 Nome del gene Esone mutato (numero di esoni totali)

Descrizione mutazione Sequenza Primers

ADGRV1 NM_032119: esone 18 (esoni 90) A1113D F: ACCTTCAGTGAGGAAATTCTTGC R: ACCACTCATTCAGACTGCCA ANKRD26 NM_001256053: esone 22 (esoni 34) L843S F: AACCAACATACAAAGCGGCA R: ACCCTCCATTCCTTCATTCAGA AFTPH NM_017657: esone 2 (esoni 9) D377G F: AACAAGGCCTTCCAACACTG R: ACTGGCAGAGCCAAAGTCAC BCR NM_021574: esone 1 (esoni 22) R308C F: ACAACCTGATCGACGCCAAT R: ATCGTTGGGCCAGATCTGC BMP2 NM_001200: esone 3 (esoni 3) E123G F: ATCAAATCCCACGATGAGGTTT R: GGGGTGACATCAAAACTTTCCC CRIM1 NM_016441: esone 2 (esoni 17) I145L F: CGCGAACAGGCCTTTGAATG R: AGGCTTACGACTGGATGGTT CYP2C9 NM_000771: esone 6 (esoni 9) I284T F: TGGGCAAGTTGGTCTACAGC R: GGAGGACACTAGCAACACCT ESR2 NM_001291712: esone 2 (esoni 14) V128L F: TCCTTTCCCTTTTATGCTCTGT R: TCTGCCAAGTCATCTCTGCA NM_001291712: esone 4 (esoni 14) Gly318Ala fs*22 F: CCCCACAGGCTCCAGAAAAT R: CTAGGCACAGCTCATGGACC LRP1 LRP1:NM_002332: esone 88 (esoni 89) D4491H F: TACTCCTGCCTTTCCCCAG R: GTTCAGGTAGGGCTCAGGAG PRSS36 NM_001258291 esone 7 (esoni 14) R272H F: CTGACCCCTTGACATGCAGT R: ATCTCAGGCTGTAGGGAGGG NM_001258291 esone 8 (esoni 14) V353A

RET Vedi Elisei ed al.J. Clin. Endocrinol. Metab. 89, 5823–5827 (2004)22

RFX7 NM_022841: esone 8 (esoni 9) P345A F: TCCAGCGGACTAGGCAATTG R: CTGTTGTTCCTGTAGCACTGC SPTBN1 NM_178313: esone 15 (esoni 31) E1092K F: GGAGGAGATGAAGACCACCC R: GTTCCATCCAGTGTCCAGGG USP34 NM_014709: esone 30 (esoni 80) A1410V F: TGTGTGCTTACGATGTGAAGAA R:TCACCCATTATTCACCCTCACT

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Gli alberi genealogici sono stati effettuati mediante Progeny, i grafici mediante Prism 6 e i gene networks mediante STRING (https://string-db.org/).

Risultati

1) Analisi delle mutazioni germinali dei geni RET e ESR2

La famiglia in studio presenta due fratelli affetti dal tumore midollare della tiroide, come illustrato nella figura 1. Il paziente II1 giunge alla nostra attenzione nel 2007, dopo che era stata già effettuata tiroidectomia con svuotamento del compartimento linfonodale centrale presso altro centro. Agli esami del sangue di quell’anno si osserva Calcitonina basale molto elevata e allo studio ecografico si evidenziano sospette linfoadenopatie multiple localizzate a livello laterocervicale e sopraclaveare, bilateralmente. L’anno seguente avviene l’exitus del paziente.

Come in ogni caso di tumore midollare della tiroide che giunge presso il nostro centro, il paziente è stato sottoposto a screening di RET mediante tecnica di sequenziamento Sanger, come descritto nei metodi, ricercando mutazioni germinali del gene RET a carico degli esoni 5, 8, 10, 11, 13, 14, 15 e 16, che nel paziente II1 risultano negative. Sulla base dell’aggressività del tumore del paziente, si decide di verificare la presenza di mutazioni somatiche del gene RET, mediante tecnica di sequenziamento Sanger da DNA estratto dal paraffinato del tumore primitivo, come descritto nei metodi. In base alla sensibilità della tecnica usata, sono assenti mutazioni somatiche del gene RET.

Nonostante la negatività delle analisi genetiche, si decide di visitare anche il fratello II3 e la sorella II5. L’esame ecografico del paziente II3 mette in evidenza un nodulo sospetto. A seguito di ulteriori indagini cliniche si pone sospetto di MTC anche nel soggetto II3. Nel 2010 si effettua tiroidectomia con svuotamento del compartimento centrale ed un esperto anatomopatologo pone diagnosi di MTC, classificando il tumore come T1bN0M0, stadio I. Diversamente da quello che avviene dal fratello, a sei mesi dall’intervento II3 è dichiarato guarito in quanto ha esame obiettivo negativo, calcitonina basale e sotto stimolo negative (verrà ripetuta anche successivamente, rimanendo negativa) ed ecografia negativa. Attualmente il paziente II3 permane in remissione di malattia in quanto mantiene esame obiettivo negativo ed ha calcitonina basale e sotto stimolo indosabile ed ecografia negativa.

Anche in questo caso, si effettua la ricerca di mutazioni germinali e somatiche del gene RET. Non si riscontrano mutazioni germinali ma si riscontra la mutazione somatica

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eterozigote M918T dell’esone 16 del gene RET a partire dal paraffinato del campione del tumore primitivo.

Sulla base della presenza del tumore midollare della tiroide anche nell’altro fratello e del sospetto di una componente genetica predisponente allo sviluppo del MTC, abbiamo deciso di continuare i controlli nella sorella II5 e di allargare la valutazione clinica anche ai figli e alla madre dei pazienti affetti da MTC (il padre I2 è morto per altra causa prima di questo studio). Inoltre decidiamo di approfondire lo studio genetico di questi due pazienti al fine di identificare un potenziale elemento genetico causante lo sviluppo di MTC o predisponente allo formazione di questa malattia.

Per quanto riguarda lo screening clinico dei figli (III1, III2, III3, III4), della sorella (II5) e della madre (I1) dei pazienti affetti, esso risultò nel 2010 negativo per MTC ed attualmente è ancora negativo. Tenendo conto dell’età della madre nel 2010 (86 anni), sulla base della negatività dell’ecografia e della calcitonina basale, si decide di non continuarne lo screening. L’andamento di questo screening è riassunto nella tabella 6.

Membro della famiglia Anno di nascita MTC Ultima CT basale Ultima CT sotto stimolo Ecografia del collo I 1 1924 No 2010 negativa - 2010 Negativa II 5 1953 No 2017 negativa 2010 negativa 2017 Negativa III 1 1980 No 2017 negativa 2017 negativa 2017 Negativa III 2 1985 No 2017 negativa 2012 negativo Nodulo paraistmico 5x8x10 stabile dal 2010 III 3 1998 No 2017 negativa 2017 negativa 2017 Negativa III 4 1995 No 2017 negativa 2017 negativa 2017 Negativa

Tabella 6. Tabella che sintetizza l'andamento dello screening clinico nei pazienti non affetti

Nell’approfondire l’aspetto genetico di questi due pazienti, si parte discutendo il ruolo della mutazione RET. Sulla base del fatto che l’analisi genetica del gene RET non possa spiegare entrambi i casi di MTC di questa famiglia, si ricerca in entrambi i pazienti una mutazione germinale di ESR2, che è stato descritto nella patogenesi di questo tumore da uno studio precedente56. Anche la ricerca delle mutazioni germinali di ESR2 ha dato esito

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24

Paziente

Mutazione a carico di RET

Mutazioni a

carico di ESR2

Germinale

Somatica

Germinale

II 1

Assente Assente Assente

II 3

Assente Eterozigosi di RET

M918T Assente

Tabella 7. Sintesi delle mutazioni ricercate nei campioni ematici e tumorali mediante tecnica Sanger

In sintesi, si ipotizza la presenza di un fattore genetico inducente una predisposizione allo sviluppo del tumore midollare della tiroide o causante il suo sviluppo in questa famiglia, in assenza di mutazioni germinali dei geni descritti in letteratura come predisponenti o causativi questo tumore.

2) Il Whole Exome Sequencing identifica una rosa di potenziali geni driver

Come si è concluso nel paragrafo precedente, non è stata individuata nessuna mutazione germinale a carico dei geni classicamente descritti nella patogenesi del MTC, che possa spiegare la predisposizione allo sviluppo di questo tumore nella famiglia dello studio. Quindi, abbiamo deciso di ampliare la ricerca al fine di trovare un nuovo gene driver. Secondo Vogelstein56, un gene può essere definito driver quando, a seguito di una

mutazione driver o un’espressione aberrante (Epi-Driver gene), produce un vantaggio selettivo di crescita alla cellula in modo diretto o indiretto. Altresì bisogna escludere le mutazioni Passenger che non inducono né in modo diretto né indiretto un vantaggio selettivo di crescita alla cellula, dove queste avvengono56.

Sulla base di questo, si decide di approfondire lo studio genetico di questi due pazienti con MTC mediante tecnica Exome Sequencing Illumina, come descritto nel paragrafo dei metodi. Inoltre, in aggiunta all’analisi dei campioni di DNA prelevati da sangue dei pazienti II1 e II3, abbiamo deciso di analizzare anche i campioni di DNA prelevati dai familiari I1 e II5 che non presentavano e non presentano tutt’ora il tumore midollare della tiroide (vedi tabella 6).

Tenuto conto delle considerazioni fatte nell’introduzione circa l’utilizzo dell’Exome Sequencing in confronto al Genome Sequencing, preferiamo applicare l’uso della prima tecnica in questo caso. Posto che la tecnica di NGS utilizzata abbia la maggior specificità verso mutazioni di tipo missense, non-sense, a carico dei siti di splicing, inserzioni e delezioni di pochi nucleotidi43, abbiamo deciso di focalizzare l’attenzione in special modo

verso queste mutazioni presso la parte esonica e in misura minore verso quelle presso la piccola parte intronica, analizzata dal pannello utilizzato.

L’Exome Sequencing ha individuato 27016 mutazioni con MAF (Minor Allele Frequency) <0.01, distribuite nei quattro campioni (figura 2). È doveroso sottolineare che la frequenza

(25)

25 di ciascuna mutazione potrebbe essere maggiore della MAF nella zona geografica di origine di questa famiglia.

Come si evince dalla figura 2, la gran parte delle mutazioni osservate sono a carico della parte intronica (57% delle 27016 mutazioni totali) e della sequenza 3’ UTR (23,8% delle 27016 mutazioni totali) a ragion del fatto che le sequenze non esoniche sono meno conservate delle regioni esoniche45.

In sintesi, abbiamo utilizzato l’Exome Sequencing in due membri della famiglia affetti e due non affetti ed abbiamo ottenuto 27016 mutazioni distribuite nei 4 pazienti.

3) La formulazione e l’analisi delle tre ipotesi AD, AR e X-linked porta alla selezione di mutazioni di interesse

Come descritto nel paragrafo precedente, abbiamo fatto eseguire presso altro centro l’Exome Sequencing del DNA dei membri della famiglia I1, II1, II3 e II5 e abbiamo osservato la presenza di 27016 mutazioni. Al fine di individuare il fattore genetico in grado di conferire la predisposizione alla malattia o di causarne il suo sviluppo, abbiamo applicato una serie di filtri che ci consentissero di operare una scelta. In particolare, abbiamo ipotizzato un modello monogenico classico/ad alleli multipli. Sulla base di questo abbiamo formulato tre ipotesi di trasmissione: Autosomico Dominante (AD), Autosomico Recessivo (AR) e X-linked.

A partire delle caratteristiche di trasmissione di ciascuna ipotesi abbiamo imposto che: - Nell’ipotesi AD: la mutazione del gene in esame deve essere presente nei pazienti

affetti ed assente nei pazienti non affetti. Ovviamente sulla base del fatto che I1 sia la madre di entrambi gli affetti, la mutazione non può essere presente in omozigosi negli affetti, dove sarà forzatamente eterozigote. Questa ipotesi è valida nel momento in cui la penetranza in esame sia uguale ad 1, qualora ciò non sia vero, allora sarebbero possibili casi di eterozigosi anche nei non affetti e sarebbe

Figura 2. Grafico a torta della prevalenza delle

mutazioni individuate mediante Exome Sequencing con MAF<0.01 nei quattro campioni selezionati con descrizione del tipo di mutazioni individuate.

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necessario riformulare l’ipotesi. Qualora infatti fosse presente una penetranza inferiore ad 1, si ricadrebbe in un modello poligenico o multifattoriale;

- Nell’ipotesi AR: la mutazione del gene in esame deve essere presente in omozigosi negli affetti e presente in eterozigosi o assente nei non affetti. Nello specifico, tenendo nuovamente conto del fatto che I1 sia la madre degli affetti, la mutazione deve essere presente in eterozigosi in I1. In un primo momento, si tende a non considerare la possibilità che ad una prima mutazione germinale si aggiunga una seconda mutazione somatica nei pazienti affetti che possa indurre l’emizigosi del gene o che possa alterare la funzione anche dell’allele wild type; - Nell’ipotesi X-linked: la mutazione del gene in esame deve essere presente sul

cromosoma X. A sua volta possiamo ipotizzare due possibili trasmissioni:

o X-linked recessivo: la mutazione non deve essere presente in omozigosi nelle non affette. Tenendo conto dell’albero genealogico, la mutazione deve essere presente in I1 in eterozigosi e può essere presente anche in II5 in eterozigosi;

o X-linked dominante: la mutazione deve essere de novo in entrambi i fratelli in quanto altrimenti sarebbe presente in I1, che non è affetta. Anche in questo caso si esclude la possibilità che la penetranza sia diversa da 1. Per necessità, si escludono da questa analisi casi, in cui ci possa essere una peculiare retromutazione precoce nell’embriogenesi nelle non affette.

Con il fine di andare a validare tutte le mutazioni considerate interessanti di tutte e tre le ipotesi mediante tecnica Sanger sugli altri membri non affetti della famiglia, consultabili nella figura 1, si stabilisce un ordine di priorità di validazione delle ipotesi. Tenuto conto del fatto che le mutazioni selezionate hanno tutte una MAF < 0.01, affinché l’ipotesi AR si verifichi, i membri I1 e I2 devono avere la mutazione in eterozigosi, probabilità che può essere stimata circa uguale a MAF2. Di conseguenza l’ipotesi AD risulta più probabile in

quanto la mutazione in eterozigosi deve essere presente solo in I2. Questo ovviamente non implica che possa essere scartata l’ipotesi AR, ma impone un ordine di priorità diverso tra le due ipotesi. Abbiamo perciò deciso di validare prima l’ipotesi AD rispetto a quella AR.

Inoltre, dal punto di vista biologico, queste tre ipotesi portano con sé diverse idee di oncogenesi del potenziale gene driver. Infatti, il pattern di ereditabilità AD prelude ad un comportamento come oncogene del gene mutato simile, ad esempio, alla mutazione germinale di RET634, mentre quello AR prelude ad un comportamento come oncosoppressore, come nel caso della mutazione del gene della Menina54. L’ipotesi

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X-27

linked può preludere a sua volta sia ad un comportamento come oncogene sia come oncosoppressore sulla base che questa sia dominante o recessiva, rispettivamente. A seguito della formulazione delle ipotesi AD, AR e X-linked nel modo descritto in precedenza, si identificano 870 mutazioni per l’ipotesi AD, 294 mutazioni per l’ipotesi AR e 330 per l’ipotesi X-linked (Figure 3, 8 e 10, rispettivamente).

3a) Ipotesi AD

All’interno dell’ipotesi AD, come già detto, sono state riscontrate 870 mutazioni, la cui natura è riportata nella figura 3. Al fine di poter identificare le mutazioni di maggior interesse, abbiamo utilizzato una serie di filtri, riassunti nella flow chart della figura 4.

Figura 3. A) Grafico a torta della prevalenza delle mutazioni individuate mediante Exome Sequencing con MAF<0.01 appartenenti all’ipotesi AD con descrizione del tipo di mutazioni individuate; B) Grafico a torta raffigurante la classificazione su base funzionale delle mutazioni riscontrate nell’ipotesi AD

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Figura 4. Flow chart del sistema dei filtri utilizzato per identificare le mutazioni di maggior interesse. In grassetto sono evidenziate i geni presentanti le mutazioni di maggior interesse

Come si può vedere dalla figura 3, le mutazioni introniche (56,4% delle 870 mutazioni totali dell’ipotesi AD) e le mutazioni a carico delle sequenze 3’ UTR (24,1% delle 870 mutazioni totali dell’ipotesi AD) sono le più frequenti. Sulla base delle considerazioni che verranno maggiormente ampliate nella discussione, abbiamo deciso di focalizzare la nostra ricerca sulle mutazioni missense. Viene così filtrata una lista di 44 mutazioni (tabella 8), che rappresentano solo il 5,06% delle mutazioni totali dell’ipotesi AD. Allo stesso tempo non abbiamo considerato rilevanti le mutazioni frameshift e le mutazioni non frameshift.

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