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Trattamento del dotto di Botallo nei neonati pretermine: valutazione dell'efficacia e della sicurezza del Paracetamolo rispetto all'Ibuprofene.

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Come posso io non celebrarti vita..oh vita!

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Riassunto:

Premessa. Il dotto di Botallo pervio (PDA) è un difetto cardiaco congenito,

caratterizzato da una persistenza del dotto arterioso che durante la vita fetale connette l’arteria polmonare e l’aorta discendente. E’ una complicanza frequente nel neonato prematuro, con frequenza inversamente proporzionale all’età gestazionale. La sua presenza condiziona l’equilibrio emodinamico del neonato e predispone allo sviluppo di complicanze a breve e a lungo termine come: peggioramento della sindrome da distress respiratorio nel neonato (RDS), emorragia polmonare, assistenza ventilatoria

prolungata, displasia bronchiolo-alveolare (BPD), emorragia intraventricolare (IVH), riduzione della funzione renale, enterocolite necrotizzante (NEC), leucomalacia periventricolare (PVL) e aumento della mortalità.

Nonostante la conoscenza di questa patologia sia diffusa e documentata da un’ampia letteratura, il trattamento attualmente non è standardizzato. La principale modalità di trattamento è rappresentata dalla terapia medica e i farmaci di prima scelta sono i FANS (farmaci anti-infiammatori non steroidei), in particolare l’ibuprofene. Quest’ultimo pur avendo un’efficacia elevata nell’indurre la chiusura del dotto, si associa anche ad importanti effetti collaterali, quali compromissione della funzione renale (documentata da contrazione della diuresi e aumento del livello di creatinina) e piastrinopenia con conseguente aumento del rischio emorragico. Proprio i possibili effetti collaterali della terapia con FANS hanno incoraggiato la ricerca di farmaci alternativi per il trattamento del PDA. Il paracetamolo, introdotto nella pratica clinica dal 2011 come farmaco di seconda scelta, è utilizzato per promuovere la chiusura del dotto di Botallo anche in neonati altamente prematuri.

Lo scopo di questa tesi è valutare l’efficacia e la sicurezza del paracetamolo nel trattamento del PDA emodinamicamente significativo in neonati pretermine, rispetto all’ibuprofene.

Obiettivi.

Obiettivo primario. Valutare l’efficacia e la sicurezza del paracetamolo rispetto all’ibuprofene nel determinare la chiusura del dotto di Botallo in neonati pretermine. L’efficacia dei due farmaci è stata valutata in relazione al comportamento del dotto: chiusura o riduzione del diametro. E’ stata valutata, inoltre, la necessità di procedere a legatura chirurgica del dotto, in caso di fallimento della terapia medica.

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3

Nell’ambito della sicurezza sono stati analizzati i principali effetti collaterali di entrambi i farmaci; per l’ibuprofene: ipercreatininemia (creatinina >1.8 mg/dl) e piastrinopenia (<100.000/mm3), mentre per il paracetamolo: aumento dei livelli di transaminasi AST e ALT (>50 U/L).

Obiettivo secondario. Valutare le principali complicanze del PDA.

Per quanto riguarda le complicanze a breve termine: BPD, ROP, PVL, NEC, sanguinamento gastrointestinale, emorragia polmonare e sepsi (documentata da

aumento degli indici di flogosi quali PCR e PCT o da positività delle colture batteriche). Per la valutazione degli outcomes a medio termine sono stati presi in esame l’ossigeno-dipendenza a 28 giorni di vita e la valutazione della motricità spontanea a 3 mesi di età corretta.

Metodo.

È stata effettuata un’analisi retrospettiva delle cartelle cliniche dei neonati con età gestazionale ≤ 32 settimane, con diagnosi ecografica di PDA

emodinamicamente significativo, nel periodo compreso tra il primo gennaio 2015 e il 30 giugno 2017, nati nel reparto di Neonatologia dell’ospedale Santa Chiara di Pisa. Sono stati inseriti nello studio 42 neonati sottoposti a terapia medica per la chiusura del dotto, con ibuprofene come farmaco di prima scelta, o con paracetamolo in presenza di controindicazioni all’utilizzo dei FANS.

La chiusura del dotto è stata documentata con ecocardiografia eseguita al termine della terapia farmacologica.

Risultati.

L’analisi dei dati, per quanto riguarda la valutazione dell’efficacia del trattamento farmacologico, non ha evidenziato una differenza statisticamente significativa tra i due farmaci presi in esame, tuttavia il successo farmacologico è maggiore nel gruppo di neonati trattati con ibuprofene (14/25). Il ricorso alla legatura chirurgica è risultato sovrapponibile in entrambi i gruppi ed è avvenuto ad una media di 18 giorni di vita. Andando a valutare l’efficacia della terapia in funzione dell’età

gestazionale non è stata evidenziata una associazione statistica tra la somministrazione di uno dei due farmaci e la chiusura del dotto.

Per quanto riguarda il profilo di sicurezza è stato registrato un solo caso di aumento della creatinina in seguito alla somministrazione di ibuprofene; non sono stati registrati, invece, effetti collaterali in seguito alla somministrazione di paracetamolo.

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4

infezioni, sanguinamenti gastrointestinali, emorragie polmonari e ossigeno-dipendenza) non si modificano in relazione al tipo di farmaco utilizzato (ibuprofene o paracetamolo). Infine l’incidenza di alcune complicanze legate al PDA, è stata valutata in relazione alla risposta al trattamento ed è emerso che i neonati con chiusura definitiva del dotto presentano un outcome respiratorio e neurologico migliore rispetto a quelli che non rispondono alla terapia o presentano soltanto una riduzione del diametro del dotto.

Conclusioni.

In base ai risultati di questo studio, seppur condotto su un numero esiguo di neonati, il paracetamolo risulta un farmaco utile nell’indurre la chiusura del dotto di Botallo nel neonato prematuro, in quanto efficace e privo di effetti collaterali. L’analisi statistica non ha rilevato differenze significative in termini di efficacia e di sicurezza tra l’ibuprofene e il paracetamolo.

Inoltre emerge che anche gli outcomes, valutati a breve e medio termine, non vengono modificati dal tipo di farmaco utilizzato (ibuprofene o paracetamolo).

Si conclude perciò che serviranno trials condotti su grandi numeri per definire più chiaramente l’efficacia e la sicurezza del paracetamolo, così da poterlo eventualmente introdurre nella pratica clinica come farmaco di prima scelta per la terapia del PDA. Studi di follow-up saranno utili anche per valutare gli effetti a lungo termine del farmaco, in neonati altamente pretermine.

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5

Indice:

Pag.

1. Introduzione………...7

1.1. La circolazione fetale………...8

1.2. Il neonato pretermine……….10

2. Pervietà del dotto arterioso di Botallo (PDA)………...13

2.1. Epidemiologia………13

2.2. Anomalie associate……….14

2.3. Fisiopatologia………15

2.4. Classificazione morfologica del PDA………17

2.5. Eziologia……….18

2.6. Manifestazioni cliniche e Diagnosi di PDA………...18

2.6.1. Valutazione ecocardiografica………..20

2.6.1.1. Pervietà del dotto arterioso di Botallo……….21

2.6.1.2. Dimensione del dotto………21

2.6.1.3. Direzione dello shunt………...22

2.6.1.4. Il dotto è emodinamicamente significativo?...23

2.7. Complicanze………...26

2.8. Trattamento………27

2.8.1. Profilassi………...29

2.8.2. Terapia medica……….29

2.8.2.1. Ruolo del BNP………..33

2.8.2.2. Ruolo della Troponina cardiaca T………...34

2.8.2.3. Indometacina………34

2.8.2.4. Ibuprofene………35

2.8.2.5. Paracetamolo………...38

2.8.3. Terapia chirurgica………....42

2.9. Cambiamenti nella diagnosi e nel trattamento del PDA………43

3. Obiettivi della tesi………....45

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6 5. Risultati……….50 6. Discussione………...56 7. Conclusioni………...59 Bibliografia………...60 Ringraziamenti

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7

Definizione:

Il dotto di Botallo pervio (PDA) è un difetto cardiaco congenito, caratterizzato da una persistenza del dotto arterioso che durante la vita fetale connette l’arteria polmonare e l’aorta discendente permettendo al sangue non ossigenato di bypassare i polmoni per poi ritornare verso la placenta1.

La pervietà del dotto di Botallo rappresenta una complicanza frequente nel neonato prematuro con una frequenza inversamente proporzionale all’età gestazionale2.

1.

Introduzione:

Il dotto arterioso si distacca dall’arteria polmonare principale in corrispondenza della sua giunzione con l’arteria polmonare sinistra e si continua posteriormente per raggiungere l’aorta discendente, circa 5-10 mm distalmente all’origine dell’arteria succlavia sinistra (Fig.1).

Fig. 1 – Durante la vita fetale e nei neonati con PDA, il dotto arterioso di Botallo collega il circolo polmonare e la circolazione sistemica tramite una connessione diretta tra l’arteria polmonare e l’aorta.

Nella vita fetale il dotto arterioso unisce il circolo polmonare con il circolo sistemico tramite una connessione diretta tra l’arteria polmonare e l’aorta.

Il suo compito è di deviare più del 55% dell’output cardiaco del ventricolo destro dal circolo polmonare (ad alta resistenza) verso il circolo placentare.

Dotto arterioso di Botallo

Ramo sinistro

dell’arteria polmonare Arco aortico

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8

La sua pervietà durante la vita fetale è garantita dalla ridotta pressione parziale di ossigeno (PO2), dalla produzione locale di prostaglandine e dal rilascio di ossido nitrico

(NO)3.

La fisiologica chiusura del dotto di Botallo dopo la nascita, nel neonato prematuro spesso non avviene o si verifica in maniera ritardata; la sua persistenza condiziona quindi l’equilibrio emodinamico del neonato predisponendo allo sviluppo di

complicanze a breve e a lungo termine anche se ad oggi non vi è una provata casualità tra mortalità, morbidità neonatale e PDA.

Esiste un’estrema variabilità nella gestione del PDA; attualmente l’approccio più comune è limitare il trattamento (farmacologico o chirurgico) a neonati con instabilità emodinamica e ad alto rischio di sviluppare le complicanze a breve e lungo termine legate al dotto stesso.

1.1.

La circolazione fetale:

Durante la vita fetale lo scambio di gas e metaboliti viene garantito dalla placenta, che tuttavia non è un organo efficiente nello scambio gassoso come invece lo sono i polmoni; infatti la pressione parziale di ossigeno (PO2) nella vena ombelicale è pari a

30-35 mmHg.

Del resto, il feto necessita di sangue meno ossigenato rispetto a quello utilizzato nella vita extrauterina.

La circolazione fetale, è caratterizzata da due circuiti che lavorano in parallelo anziché in serie come avviene nell’adulto; questa tipologia di circolazione è garantita da tre strutture: il dotto venoso di Aranzio, il forame ovale e il dotto arterioso di Botallo. Circa il 50% del sangue presente nella vena ombelicale viene indirizzato nella circolazione epatica, mentre la restante parte si immette nella vena cava inferiore attraverso il dotto venoso di Aranzio, dove si mescola in parte con il sangue

parzialmente ossigenato proveniente dalle porzioni inferiori del corpo, raggiungendo una PO2 di 26-28 mmHg.

Questo sangue parzialmente ossigenato entra poi nell’atrio destro dove viene diretto attraverso la valvola di Eustachio (un lembo di tessuto posto alla giunzione tra vena cava inferiore e atrio destro), in atrio sinistro attraverso il forame ovale.

Il sangue che passa nell’atrio sinistro rappresenta la fonte maggiore del flusso ematico del ventricolo sinistro, dato che l’apporto di sangue dalle vene polmonari è minimo.

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9

In seguito, il sangue dal ventricolo sinistro viene spinto in aorta ascendente e va a sopperire al fabbisogno energetico della parte superiore del corpo e dell’encefalo. Il sangue povero di O2 (PO2 12-14 mmHg) derivante dalla porzione superiore del corpo

tramite la vena cava superiore, giunto in atrio destro, si indirizza prevalentemente verso il ventricolo destro e da lì in arteria polmonare.

Poiché il circolo arterioso polmonare è ad alta resistenza, solamente il 5% dell’output ventricolare destro raggiunge i polmoni. La maggior parte di esso infatti bypassa il distretto polmonare e attraverso il dotto di Botallo si riversa nell’aorta discendente per perfondere le porzioni inferiori del corpo fetale (Fig.2).

(10)

10

La gittata cardiaca totale del feto è di circa 450 mL/Kg/min.

Approssimativamente il 65% del flusso sanguigno dell’aorta discendente torna alla placenta, mentre il rimanente 35% è deputato alla perfusione degli organi e dei tessuti del feto.

Nel feto umano, poichè una larga percentuale di flusso sanguigno è diretto al cervello, la gittata del ventricolo destro è circa 1.3 volte superiore a quella del ventricolo sinistro. Pertanto durante la vita fetale, il ventricolo destro non solo pompa contro la pressione arteriosa sistemica, ma compie anche un maggior lavoro volumetrico rispetto al ventricolo sinistro.

Cambiamenti della circolazione dopo la nascita

Alla nascita si verificano alcuni importanti cambiamenti che determinano il passaggio ad una circolazione in serie, di tipo adulto.

In primo luogo, si verifica un rapido aumento delle resistenze vascolari periferiche, dovuto al clampaggio del cordone ombelicale e alla rimozione della placenta (circolo a bassa resistenza) e alla chiusura del dotto venoso.

In secondo luogo, l’espansione polmonare conseguente ai primi atti respiratori,

determina una riduzione delle resistenze vascolari polmonari con successivo incremento del flusso ematico polmonare. Inoltre si verifica la chiusura meccanica, passiva del forame ovale dovuta alla differenza di pressione che si instaura tra l’atrio destro e sinistro. La pressione nei due atri, infatti, si inverte per l’incremento del ritorno venoso polmonare all’atrio sinistro e per la riduzione del ritorno venoso all’atrio destro dopo la chiusura del dotto venoso. Infine inizia il processo di chiusura del dotto arterioso di Botallo.

Tutto il sangue che viene espulso dal ventricolo destro entra ora interamente nella circolazione polmonare e, poiché la resistenza vascolare polmonare è inferiore a quella sistemica, lo shunt destro-sinistro a livello del dotto di Botallo si inverte diventando sinistro-destro4.

1.2.

Il neonato pretermine:

Definizione di prematurità e classificazione dei neonati pretermine:

La prematurità, definita dell’OMS come la nascita prima della 37esima settimana di gestazione a partire dalla comparsa dell’ultimo ciclo mestruale, rappresenta il principale

(11)

11 fattore di morbilità e morbidità nei neonati.

L’OMS ha proposto di classificare la prematurità attraverso due criteri: l’età gestazionale (EG) e il peso alla nascita (PN).

Quest’ultimo è stato per molto tempo il criterio principale di valutazione del neonato pretermine ed in base ad esso è possibile distinguere le seguenti categorie:

• Low Birth Weight (LBW): neonati con peso alla nascita compreso tra 1501 e 2500g.

• Very Low Birth Weight (VLBW): neonati con peso alla nascita compreso tra 1001 e 1500g.

• Extremely Low Birth Weight (ELBW): neonati con peso alla nascita inferiore a 1000g.

Si deve sottolineare, però, che non tutti i prematuri presentano un basso peso alla nascita.

Inoltre il peso alla nascita può essere ridotto, ma comunque adeguato all’età

gestazionale. Pertanto è opportuno mettere a confronto il peso alla nascita con l’età gestazionale, e su questa base è possibile classificare i neonati in:

• Appropriate for Gestational Age (AGA): il cui peso è adeguato per l’età gestazionale ed è compreso tra il 10° e il 90° centile.

• Small for Gestational Age (SGA): il cui peso è ridotto per l’età gestazionale ed è inferiore al 10° centile.

• Large for Gestational Age (LGA): il cui peso è elevato per l’età gestazionale ed è superiore al 90° centile.

Se invece consideriamo la sola età gestazionale, per classificare i neonati pretermine, possiamo distinguerli in:

• Estremamente pretermine: età gestazionale < 27esima settimana • Gravemente pretermine: età gestazionale < 32esima settimana

• Moderatamente pretermine: età gestazionale > 32esima settimana; nell’ambito di quest’ultima categoria si possono ulteriormente riconoscere il neonato:

▪ Early Preterm: nato tra la 32esima e la 33esima settimana di gestazione più 6 giorni.

(12)

12

▪ Late Preterm: nato tra la 34esima e la 36esima settimana di gestazione più 6 giorni.

Quando parliamo, invece, di ritardo di crescita intrauterina – Intrauterine Growth Retardation (IUGR) – facciamo riferimento ad una condizione in cui il feto non riesce a raggiungere il suo potenziale di crescita geneticamente determinato.

Si dovrebbe riservare il termine IUGR soltanto ai casi in cui si osserva un’alterata crescita, avvenuta e rilevata durante la gravidanza.

I termini IUGR e SGA sono sicuramente correlati, ma non devono essere utilizzati come sinonimi. Infatti un neonato può aver avuto un ritardo di crescita intrauterino, ma può allo stesso tempo non essere abbastanza piccolo per poter essere classificato come SGA. D’altro canto, non tutti gli SGA hanno un peso ridotto per la loro età gestazionale a causa di un processo intrauterino che ne ha rallentato la crescita.

Si deve pertanto intendere affetto da IUGR anche un feto che non riesce a raggiungere il suo potenziale genetico di crescita pur presentando un peso adeguato, cioè compreso tra il 10° e il 90° centile5.

(13)

13

2.

Pervietà del dotto arterioso di Botallo

2.1.

Epidemiologia e fattori di rischio:

Si ritiene che i neonati pretermine rappresentino il 6-12% di tutti i neonati e siano la popolazione più trattata nelle unità di terapia intensiva neonatale.

Tra le complicanze tipiche osservate nei neonati prematuri, la pervietà del dotto di Botallo è frequente; fa parte dei 10 più comuni difetti cardiaci congeniti nei bambini6. La sua incidenza è inversamente proporzionale sia all’età gestazionale, sia al peso alla nascita, con una percentuale del:

• 20% nei neonati nati alla 32esima settimana

• 80-90% nei neonati con peso estremamente ridotto alla nascita (VLBW) e con età gestazionale < 26 settimane7

Il PDA ha una maggior prevalenza nel sesso femminile.

La chiusura spontanea del dotto di Botallo avviene frequentemente nei neonati a

termine senza difetti cardiaci, mentre nei neonati pretermine la chiusura spontanea è più rara.

E’ stato stimato che la chiusura spontanea del dotto si verifica in più del 70% dei prematuri con peso >1000g alla nascita e in quelli di età compresa tra le 26 e le 29 settimane di età gestazionale che non presentano distress respiratorio8.

Il 40-60% dei prematuri < 26 settimane non risponde alla terapia farmacologica e il 20-30% dei neonati con peso alla nascita < 1000g (ELBW) necessita di chiusura

chirurgica9.

Il principale fattore di rischio per lo sviluppo del PDA è quindi la prematurità: tanto più è bassa l’età gestazionale, tanto più frequente è l’incidenza di PDA.

Un rischio aggiuntivo è rappresentato dalla restrizione di crescita intrauterina (IUGR). Un’altra patologia frequentemente associata alla ritardata chiusura del dotto sembra essere la malattia delle membrane ialine o la sindrome da distress respiratorio (RDS). Anche la somministrazione di alcuni farmaci, sia in epoca prenatale che postnatale, sembra svolgere un ruolo importante nella mancata chiusura del dotto arterioso. Gli steroidi ridurrebbero l’incidenza di PDA, mentre la somministrazione di farmaci tocolitici e anti-infiammatori non steroidei (FANS) sembrerebbe associata ad una minor reattività post-natale del dotto. L’ibuprofene e l’indometacina hanno un effetto

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14

vasocostrittivo sulla circolazione polmonare fetale e sul dotto, inducendo modificazioni persistenti a carico della parete dei vasi.

Allo stesso modo il solfato di magnesio, somministrato come prevenzione delle convulsioni nell’eclampsia, si associa ad un maggior rischio di PDA e minor risposta alla terapia farmacologica.

Tra i farmaci utilizzati comunemente in epoca post-natale è stata posta una certa attenzione all’azione della caffeina, farmaco comunemente utilizzato per limitare il rischio di apnee, che sembrerebbe ridurre la necessità di trattamento del dotto. I diuretici come la furosemide, favorendo il rilascio di prostaglandina E2, sembrerebbero aumentare il rischio di PDA.

La sepsi perinatale aumenta notevolmente l’incidenza del PDA e il rischio di una riapertura del dotto dopo chiusura spontanea o farmacologica e ne limita la risposta farmacologica stessa10.

Allo stesso modo un basso numero di piastrine può impedire la formazione del trombo occludente il lume del dotto e di conseguenza compromettere il processo di

rimodellamento luminale11.

Uno studio12 mostra l’associazione tra la corioamniosite materna e il rischio di

sviluppare PDA nella prole; è stato riportato, infatti, come la corioamniosite rappresenti un fattore di rischio per un PDA meno suscettibile alla terapia medica con inibitori delle cicloossigenasi.

L’infezione, infatti, favorisce la produzione di ossido nitrico sintasi inducibile (iNOS) e COX2 determinando così un’aumentata produzione di prostaglandine con azione vasodilatatoria; dunque un neonato che nasce da madre con corioamniosite può presentare un dotto persistentemente pervio a causa dell’aumento di ossido nitrico e prostaglandine in circolo.

2.2.

Anomalie associate:

La pervietà del dotto di Botallo, oltre che come difetto cardiaco isolato, può essere presente in associazione ad altre cardiopatie congenite quali:

• Difetto del setto interatriale • Difetto del setto atrioventricolare • Difetto del setto interventricolare • Coartazione aortica

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15 • Tetralogia di Fallot

• Trasposizione dei grandi vasi • Difetti cardiaci dotto-dipendenti:

➢ Cuore sinistro ipoplasico ➢ Interruzione dell’arco aortico

➢ Atresia polmonare con o senza difetto del setto interventricolare

2.3.

Fisiopatologia:

Il dotto arterioso di Botallo va incontro ad una chiusura funzionale già poche ore dopo la nascita e ad una chiusura definitiva (anatomica) entro 2-3 settimane dalla nascita, per il costituirsi del ligamento arterioso.

I meccanismi fisiologici implicati nella chiusura funzionale del dotto sono rappresentati da:

• Contrazione delle cellule muscolari lisce presenti nella tunica media, entro 48-96 ore dalla nascita, nel neonato a termine.

• Riduzione delle resistenze vascolari polmonari, grazie all’espansione polmonare. • Aumento della pressione parziale di ossigeno (pO2).

• Riduzione dei livelli di prostaglandine E (PGE2).

Questi ultimi due fattori sembrano giocare un ruolo fondamentale nel processo di chiusura. L’ossigeno agirebbe su canali del potassio ossigeno-sensibili presenti nelle cellule muscolari lisce del dotto, inducendone la contrazione muscolare, mentre le prostaglandine E avrebbero un effetto vasodilatante sul dotto stesso.

Dopo un’iniziale costrizione delle cellule duttali si susseguono una serie di cambiamenti istologici che portano all’obliterazione definitiva del dotto, con formazione del

ligamento arterioso.

I meccanismi implicati nella chiusura strutturale sono: • Ipossia della tunica media

• Riduzione delle cellule muscolari lisce

• Proliferazione delle cellule endoteliali, stimolata dal rilascio del fattore indotto dall’ipossia (HIF1α)

(16)

16

Dopo la nascita si osserva una brusca caduta dei livelli ematici di prostaglandine E, a seguito della rimozione della placenta, fonte considerevole di PGE2, e a causa del loro

maggior catabolismo a livello polmonare. Questi fattori associati ad un progressivo aumento della pO2, responsabile della contrazione delle cellule muscolari lisce del

dotto, indurrebbero quindi la chiusura del dotto stesso.

La contrazione muscolare con il tempo provocherebbe una sofferenza ischemica delle cellule più interne, che faciliterebbe l’innesco del processo infiammatorio locale che porterebbe alla trasformazione del dotto in un ligamento13,14.

Con la chiusura del dotto il sangue in uscita dal ventricolo destro non viene più deviato a livello dell’aorta discendente, ma viene indirizzato verso il circolo polmonare, in seguito alla caduta delle resistenze vascolari.

L’aumento del ritorno venoso dai polmoni, a sua volta, determina un aumento della pressione all’interno dell’atrio sinistro e quindi la chiusura dell’altro shunt destro-sinistro presente durante la vita fetale tramite il forame ovale, in corrispondenza del setto interatriale.

Nei neonati prematuri il normale processo di chiusura del dotto è spesso ritardato o interrotto, essenzialmente per due motivi:

1. La struttura duttale non è ancora del tutto formata: si rileva una certa scarsità di fibre muscolari, per cui la risposta vasocostrittrice all’aumento della pO2 risulta

incompleta.

2. Sono presenti livelli aumentati di prostaglandine E circolanti, sia per aumentata produzione polmonare in corso di distress respiratorio, sia per diminuita

degradazione.

Inoltre, nel neonato prematuro, la sensibilità all’azione delle prostaglandine circolanti rimane elevata in maniera direttamente proporzionale all’età gestazionale15.

Nel neonato pretermine, infine, anche quando la costrizione duttale avviene

regolarmente, si può verificare la successiva riapertura del dotto, legata al mancato raggiungimento di livelli sufficienti di ipossia con conseguente comparsa della sintomatologia correlata.

(17)

17 2.4.

Classificazione morfologia del PDA:

Le diverse varianti morfologiche del PDA sono state classificate secondo i criteri angiografici di Krichenko.

La classificazione angiografica è lo strumento corrente per determinare se il dotto può essere chiuso per via transcatetere (Fig. 3).

• Tipo A o Conico: ampolla aortica ben definita e restringimento in vicinanza della porzione terminale dell’arteria polmonare.

• Tipo B o Window: dotto ampio e corto che non permette di distinguere la fine dell’arteria polmonare e l’aorta.

• Tipo C o Tubulare: lungo dotto tubulare senza stenosi • Tipo D o Complesso: multiple stenosi e restringimenti

• Tipo E o Allungato: stenosi lontana dal margine anteriore della trachea

Fig. 3 (a–e) – Illustrazione delle varianti morfologiche del PDA secondo la classificazione di Krichenko. A - Conico E - Allungato D - Complesso C - Tubulare B - Window WwWhinW hindow

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18 2.5.

Eziologia:

Una delle ipotesi alla base del PDA è la parziale sostituzione delle cellule muscolari lisce presenti nella tunica media del dotto, con collagene e fibre elastiche.

La causa prevalente di PDA, come già detto, è la nascita prematura.

Nonostante non ci sia evidenza di cause genetiche collegate al PDA, ci sono delle anomalie che vengono associate a questo difetto di chiusura del dotto:

• Trisomia 21

• 4p syndrome, anche conosciuta come Wolf–Hirschhorn syndrome (WHS), Pitt-Rogers-Danks syndrome (PRDS), o Pitt syndrome: è una malattia dello sviluppo caratterizzata da segni craniofacciali caratteristici, ritardo della crescita pre-natale e post-pre-natale, deficit cognitivo, grave ritardo dello sviluppo psicomotorio, convulsioni e ipotonia.

• Sindrome di Carpenter: caratterizzata da acrocefalia, facies caratteristica, brachidattilia e sindattilia alle mani, polidattilia preassiale e sindattilia delle dita dei piedi. Possono essere presenti cardiopatie congenite, ernia ombelicale, persistenza prolungata della dentizione primaria e ipodontia. Nei pazienti più grandi sono stati descritti obesità, ritardo mentale e ipogonadismo.

• Sindrome di Holt-Oram: è la forma più comune della sindrome cuore-mano; è caratterizzata da anomalie scheletriche agli arti superiori e cardiopatie lievi-gravi.

• Incontinentia pigmenti: è una rara displasia ectodermica multisistemica

dominante legata all'X. Di solito letale nei maschi, esordisce in epoca neonatale nelle femmine con rash bolloso associato a linee di Blaschko (BL), seguito da placche verrucose che evolvono in disegni iperpigmentati a spirale. Si osservano anomalie dei denti, alopecia, distrofia ungueale. Di rado interessa la retina e il sistema nervoso centrale (SNC).

• Sindrome di Char: caratterizzata dall'associazione tra pervietà del dotto arterioso pervio (PDA), dismorfismi facciali e anomalie delle mani.

2.6.

Manifestazioni cliniche e Diagnosi di PDA:

Il dotto di Botallo pervio, se di piccole dimensioni, può essere del tutto asintomatico; in questo caso spesso non produce alcun soffio cardiaco e nemmeno disfunzioni

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19 cardiovascolari.

Se di dimensioni moderate/ampie è responsabile di un soffio cardiaco: tipicamente il soffio è sistolico o sisto-diastolico, udibile in corrispondenza del margine sternale superiore.

Un PDA emodinamicamente significativo è frequentemente associato ad altre manifestazioni cliniche, come:

✓ Iperattività precordiale ✓ Polsi periferici scoccanti ✓ Tachicardia

✓ Epatomegalia

✓ Peggioramento della sindrome da distress respiratorio

L’iperafflusso polmonare a sua volta determina rapidamente affaticabilità, dispnea, fino a un quadro conclamato di scompenso cardiaco.

Anche le infezioni polmonari ricorrenti sono associate alla presenza di PDA. Spesso i segni legati alla presenza di PDA compaiono solo tardivamente, quando le pressioni polmonari si riducono, quindi devono essere considerati segni di sospetto di pervietà del dotto di Botallo: tachipnea, ossigeno-dipendenza con difficoltà alla sospensione dell’assistenza respiratoria e ipotensione persistente.

I segni radiografici legati alla presenza di dotto di Botallo si evidenziano solo se questo è di ampie dimensioni e sono:

• cardiomegalia e aumento delle dimensioni dell’arteria polmonare • aumento delle dimensioni dell’atrio e del ventricolo sinistro

Inoltre all’ECG si possono osservare segni di ipertrofia ventricolare sinistra.

Per valutare l’impatto emodinamico del PDA si utilizza uno score: il clinical cardiovascular distress (CVD) score16 (Fig.4) che analizza 5 variabili:

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20 1. Frequenza cardiaca

2. Polsi periferici

3. Pulsazione precordiale 4. Durata del soffio

5. Rapporto cardio-toracico valutato tramite l’RX torace Uno score >3 è sinonimo di PDA emodinamicamente significativo.

Come precedentemente anticipato, i segni e i sintomi clinici sopra descritti non sono abbastanza specifici e sensibili per fare diagnosi di PDA; solo con l’ecocardiografia è possibile fare diagnosi di certezza.

2.6.1

Valutazione ecocardiografica:

Il neonato prematuro, dopo la nascita, deve essere sempre sottoposto ad un

ecocardiogramma completo per: escludere difetti cardiaci strutturali congeniti, misurare la funzione di entrambi i ventricoli e valutare i differenti aspetti della transizione tra la circolazione fetale e adulta.

La valutazione ecocardiografica di un neonato prematuro risulta spesso complicata dalle piccole dimensioni e dalla difficoltà di ottenere un’adeguata finestra acustica, in

particolare se il neonato è in ventilazione meccanica e presenta una sottostante patologia polmonare.

Valutazione del PDA:

Lo studio ecocardiografico del cuore e dei grossi vasi rappresenta dunque il gold standard per diagnosticare la presenza del dotto, definire le sue caratteristiche e monitorare la sua evoluzione nel tempo17.

La valutazione ecocardiografica nei neonati è indispensabile per definire o meno la presenza del dotto, il suo diametro, la direzione dello shunt intraduttale e la

(21)

21

significatività emodinamica. Attraverso un esame ecografico approfondito è possibile distinguere i dotti emodinamicamente significativi, che necessiteranno di uno stretto follow-up e di eventuale terapia, da quelli non significativi.

2.6.1.1.

Pervietà del dotto arterioso di Botallo:

Le proiezioni ecocardiografiche migliori per valutare la presenza del dotto sono la parasternale in asse corto (SAX), e la soprasternale.

Con la SAX il dotto arterioso di Botallo è visualizzato alla base del cuore, muovendo la sonda leggermente in avanti verso l’arteria polmonare.

Un piccolo dotto può non essere facilmente individuato con le immagini 2D, per questo sono utili il Doppler pulsatile e il color Doppler.

Il Doppler pulsato, quando il dotto è chiuso, mostra all’interno dell’arteria polmonare un flusso lento e laminare, mentre quando il dotto è pervio mostra un flusso sistolico e diastolico turbolento.

Per quanto riguarda la finestra soprasternale, la sonda deve essere posta sagittalmente sulla linea mediana per visualizzare l’arteria polmonare a sinistra e l’aorta discendente a destra dell’immagine. Il dotto si visualizza tra queste due grandi arterie.

E’ inoltre possibile visualizzare il PDA in asse lungo parasternale (LAX) muovendo la sonda dalla LAX anteriormente verso l’arteria polmonare.

Anche attraverso la finestra sottocostale è possibile individuare il PDA.

2.6.1.2.

Dimensione del dotto – diametro interno:

La finestra ecografica più adatta per misurare la dimensione del dotto è a livello della linea parasternale sinistra, in asse corto (SAX) chiamata “ductal view”.

Il dotto arterioso è localizzato a sinistra rispetto al ramo sinistro dell’arteria polmonare. Il diametro del dotto può essere misurato a livello del punto di calibro minore, prima che sfoci all’interno dell’arteria polmonare stessa.

Non è indicato utilizzare il color Doppler perché potrebbe determinare una sovrastima delle dimensioni del dotto stesso.

Il dotto è considerato:

• Piccolo: se ha un diametro < 1.5 mm

• Moderato: se ha un diametro compreso tra 1.5 mm e 2 mm • Grande: se ha un diametro > 2 mm

(22)

22 2.6.1.3.

Direzione dello shunt:

Lo shunt attraverso il PDA può essere: • Destro – sinistro

• Bidirezionale

• Sinistro – destro, prevalentemente

Per documentare la sua presenza e la tipologia è necessario l’utilizzo del color Doppler. In presenza di uno shunt destro-sinistro con il color Doppler sarà evidenziato un flusso diretto dall’arteria polmonare verso l’aorta discendente (Fig.5).

Quando le resistenze polmonari si riducono, lo shunt diventa bidirezionale con un flusso/onda che nel grafico appare al di sopra della linea di base durante la sistole e un’onda al di sotto della linea di base durante la diastole (Fig.6).

Le velocità sono di solito ridotte ed indicano la presenza di un’uguale pressione sia nell’arteria polmonare, sia nell’aorta.

Il color Doppler mostra l’alternanza di un segnale rosso e blu.

Quando le resistenze polmonari si riducono ulteriormente, lo shunt diventa sinistro-destro e appare rosso al color Doppler.

E’ possibile dimostrare la direzione dello shunt anche attraverso il color Doppler M-Mode.

Fig. 5 – Shunt destro-sinistro attraverso il dotto arterioso pervio (PDA)

(A) Short axis view; il flusso al color Doppler appare blu durante la sistole e la diastole (B) il flusso tramite il PDA è al di sotto della linea di base durante la sistole e

(C) il flusso attraverso il PDA è al di sotto della linea di base sia durante la sistole che

la diastole in caso di “shunt destro-sinistro puro”

MPA, arteria polmonare; RPA, ramo destro dell’arteria polmonare; LPA, ramo

(23)

23

Fig. 6 – Shunt bidirezionale attraverso il dotto arterioso pervio (PDA) Finestra acustica soprasternale

(A) shunt bidirezionale,

(B) shunt bidirezionale con predominanza sinistra-destra, (C) Shunt sinistro-destro al color Doppler

(D) Shunt sinistro-destro al Doppler M-Mode

2.6.1.4.

Il dotto è emodinamicamente significativo?

In condizioni di normalità il rapporto tra il flusso nella circolazione polmonare e nella circolazione sistemica (Qp:Qs) è pari a 1.

L’output del ventricolo destro rispecchia il circolo sistemico, mentre l’output del ventricolo sinistro riflette la circolazione polmonare.

Lo shunt attraverso il forame ovale influenza l’output del ventricolo destro, mentre lo shunt attraverso il dotto arterioso pervio influenza l’output del ventricolo sinistro. In caso di PDA emodinamicamente significativo, il flusso a livello del circolo

(24)

24

polmoni. Contemporaneamente il flusso sistemico si riduce, quindi il rapporto Qp:Qs tende ad aumentare.

I principali criteri ecografici riportati in letteratura, utilizzati per definire l’importanza emodinamica del PDA, comprendono:

▪ Aumento delle dimensioni dell’atrio sinistro, con un rapporto tra atrio sinistro e radice aortica (LA/Ao) ≥1.5

▪ Flusso assente o retrogrado in diastole a livello dell’aorta discendente ▪ Flusso assente o retrogrado in diastole nell’arteria mesenterica superiore e/o

nell’arteria cerebrale anteriore

▪ Un diametro moderato o grande ≥ 1.5 mm a livello del punto più ristretto del PDA

▪ Pattern pulsatile

Il rapporto tra atrio sinistro e valvola aortica (LA/Ao) si misura a livello della finestra ecografica in asse lungo parasternale (LAX) utilizzando il Doppler M-Mode.

Viene condotta una sezione dell’atrio sinistro in corrispondenza del piano della valvola aortica e la sonda viene posizionata perpendicolarmente ad essa.

La dimensione della radice aortica viene valutata appena prima della apertura della valvola, alla fine della diastole, mentre la dimensione dell’atrio sinistro viene valutata nel momento in cui raggiunge il massimo volume, durante la sistole.

Il rapporto LA/Ao non deve superare il valore di 1.5; un rapporto LA/Ao >1.5 è suggestivo di dilatazione atriale sinistra.

Un ulteriore segno di PDA emodinamicamente significativo è rappresentato da un assente o retrogrado flusso a livello dell’aorta discendente.

Per visualizzare questo segno occorre posizionare la sonda in corrispondenza dell’aorta discendente distalmente rispetto allo sbocco del dotto utilizzando il Doppler pulsatile. In una condizione fisiologica il flusso è anterogrado durante la sistole e la diastole, con un’onda, nel grafico, localizzata al di sotto della linea di base.

In presenza di un PDA emodinamicamente significativo, il flusso diastolico è assente, e se il rapporto Qp:Qs continua ad aumentare, il flusso diventerà retrogrado per tutta la durata della diastole, manifestandosi nel grafico al di sopra della linea di base.

(25)

25 del PDA.

Nello stesso modo il flusso viene misurato a livello dell’arteria mesenterica superiore e dell’aorta addominale.

Nel caso di un PDA emodinamicamente significativo il flusso diastolico può essere assente o retrogrado, compromettendo la perfusione del piccolo intestino.

E’ importante valutare anche il pattern del flusso attraverso il dotto di Botallo. Su18 ha dimostrato che possono essere identificati quattro diversi pattern di shunt nel PDA:

1. Pattern da ipertensione polmonare: shunt bidirezionale, destro-sinistro nella protosistole e sinistro-destro durante la diastole. È indice di elevate resistenze polmonari ed è comune nel neonato nelle prime 12 ore di vita.

2. Growing pattern: shunt bidirezionale con progressiva riduzione della

componente destra-sinistra e incremento della componente sinistra-destra. Indica un crescente flusso sinistro-destro attraverso un dotto ampio, accompagnato dalla caduta delle resistenze polmonari.

3. Pattern pulsatile: shunt sinistro-destro con un picco di velocità di circa 1.5 m/s; è tipico dei dotti di grosse dimensioni.

4. Closing pattern: shunt sinistro-destro molto simile al pattern pulsatile, con il quale si differenzia per la mancanza di pulsatilità, il flusso infatti è costante durante tutto il ciclo cardiaco, raggiungendo una velocità di circa 2 m/s.

L’osservazione Doppler consente di identificare quei pattern – growing e pulsatile – che corrispondono ad una maggior probabilità di sviluppare un dotto emodinamicamente significativo.

E’ anche possibile misurare il rapporto tra la velocità di picco diastolica e sistolica: • Se la velocità di picco diastolica è > 50% rispetto alla velocità di picco sistolica  il

pattern del PDA è restrittivo.

• Se la velocità di picco diastolica è < 50% rispetto alla velocità di picco sistolica  il pattern del PDA è pulsatile e testimonia un PDA emodinamicamente significativo. Ricapitolando, i criteri ecocardiografici di significatività emodinamica del PDA sono:

(26)

26

✓ Flusso turbolento e ad alta velocità, in diastole, al Doppler a livello dell’arteria polmonare.

Una velocità di 0.2 m/s nell’arteria polmonare sinistra rappresenta un ottimo cut-off per identificare PDA significativi.

✓ Diametro del dotto > 1.5mm.

✓ Flusso assente o reflusso durante la diastole a livello dell’aorta discendente o dell’arteria mesenterica.

Nella tabella sono evidenziati alcuni parametri, con i relativi valori soglia, che consentono di predire la significatività dal punto di vista emodinamico, del dotto arterioso. Piccolo shunt sin-dx Moderato shunt sin-dx Grave shunt sin-dx Diametro del dotto < 1.5 mm 1.5 – 2.0 mm > 2 mm Rapporto LA:Ao < 1.4 1.4 – 1.6 > 1.6 Flusso diastolico in aorta discendente Prevalentemente anterogrado, talvolta assente Assente o moderatamente inverso (<30% del flusso in avanti) Inverso (>30% del flusso in avanti) Picco di flusso diastolico in arteria polmonare sinistra < 30 cm/s 30 – 50 cm/s > 50 cm/s 2.7.

Complicanze:

Le eventuali complicanze legate alla presenza del dotto si verificano quando lo shunt sinistro-destro è ampio con conseguente ipoperfusione sistemica e iperafflusso polmonare.

Gli effetti sistemici possono coinvolgere diversi organi e tessuti, i più colpiti sono: l’encefalo, l’intestino e il rene.

A livello cerebrale la presenza di un PDA emodinamicamente significativo può indurre un’emorragia cerebrale, solitamente intraventricolare (IVH), come conseguenza delle

(27)

27

ampie variazioni pressorie che si creano a livello della circolazione cerebrale. Infatti, mentre in sistole è presente un iperafflusso, durante la diastole si osserva una riduzione del flusso anterogrado, fino ad avere un flusso diastolico assente o retrogrado.

Questi sbalzi pressori possono essere responsabili di emorragie a livello della zona germinativa.

Oltre a complicanze di tipo emorragico, il PDA può determinare anche un’ipoperfusione cronica dell’encefalo.

Anche l’apparato gastrointestinale è tra gli organi che più risente dell’ipoperfusione legata alla presenza del dotto, che a questo livello può determinare ischemia fino ad ottenere un quadro di enterocolite necrotizzante (NEC).

A livello renale, gli effetti di un’ipoperfusione si traducono in oliguria, fino ad un quadro di insufficienza renale.

Infine la compromissione vascolare che si verifica a livello retinico predispone allo sviluppo di retinopatia del pretermine (ROP) che rappresenta un’importante causa di cecità.

Le complicanze che si verificano a livello polmonare sono, invece, conseguenti all’iperafflusso di sangue, con sviluppo di edema ed emorragia polmonare19, legata

all’elevata permeabilità capillare tipica del prematuro.

Lo sviluppo di broncodisplasia polmonare (BPD) rappresenta la complicanza a lungo termine dell’iperafflusso polmonare ed è dovuta all’arresto della crescita alveolare e alla ridotta ramificazione dell’albero bronchiale, i quali si associano ad una minore

superficie di scambio20.

2.8.

Trattamento:

Sono state proposte molteplici terapie per promuovere la chiusura del dotto di Botallo, ma rimane comunque elevata la controversia riguardo il trattamento più adeguato. La problematica è stata espressa per la prima volta da Clyman19, il quale ha affermato che “c’è molta incertezza sulla necessità di chiudere il PDA durante il periodo

neonatale, sia a causa dell’alta probabilità di chiusura spontanea del dotto, sia per l’assenza di trials randomizzati mirati a valutare il rapporto rischi / benefici della chiusura stessa”. A questo si aggiunge il fatto che sia la terapia medica che la terapia chirurgica possono esporre il neonato ad un alterato sviluppo neurologico.

(28)

28

Inoltre la legatura chirurgica del dotto è associata ad un aumento del rischio di sviluppo di patologia polmonare cronica.21

Attualmente il trattamento del neonato con PDA22 (Fig.7) si avvale in primis di un approccio conservativo che prevede l’applicazione della sola terapia di supporto senza ricorrere alla somministrazione di farmaci o alla terapia chirurgica. Tale approccio prevede:

✓ Restrizione idrica con liquidi mantenuti tra 110 – 130 mL/Kg/die al fine di limitare il rischio di edema polmonare e BPD.

✓ Aumento della pressione positiva di fine espirazione (PEEP) nei neonati con assistenza respiratoria, in modo da ridurre lo shunt sinistro-destro attraverso il dotto e di conseguenza l’iperafflusso polmonare.

✓ Somministrazione di ossigeno, tramite l’aumento della FiO2.

✓ Correzione di una eventuale anemia, mantenendo l’ematocrito tra il 35-45% con lo scopo di aumentare le resistenze vascolari polmonari e di conseguenza ridurre lo shunt sinistro-destro.

L’approccio conservativo si basa sul principio per cui il numero dei dotti che si chiudono spontaneamente è molto alto, mentre il ricorso a terapia farmacologica o chirurgica espone il neonato ad effetti collaterali potenzialmente pericolosi.

Ad oggi questo approccio viene riservato ai neonati che non mostrano dipendenza dalla ventilazione meccanica e che sono emodinamicamente stabili.

La terapia farmacologica si avvale di farmaci utili per il trattamento dello scompenso cardiaco, come i diuretici e di farmaci che inducono la chiusura del dotto quali i FANS – farmaci anti-infiammatori non steroidei e, in alternativa il paracetamolo.

In caso di fallimento della terapia farmacologica si ricorre alla terapia chirurgica.

L’approccio chirurgico deve essere il più possibile evitato a causa della frequente associazione con severe complicanze.

(29)

29

Fig. 7 – Attuali possibilità terapeutiche per il trattamento del dotto arterioso pervio (PDA).

2.8.1

Profilassi

Tra i vari schemi terapeutici sperimentati negli anni per la cura dei neonati affetti da PDA, è stato preso in considerazione anche l’utilizzo profilattico dei FANS.

Quest’ultimo prevede la somministrazione del farmaco 12 ore dopo la nascita con l’obiettivo di ridurre l’incidenza del PDA, migliorare l’instabilità emodinamica e ridurre la gravità dell’IVH22.

Alcuni studi23-26 evidenziano come la profilassi endovenosa con indometacina abbia chiari benefici a breve termine, compresa una minore incidenza di emorragia

intraventricolare grave, senza però una riduzione significativa della mortalità e della morbilità e degli outcomes a lungo termine, compresi gli effetti sullo sviluppo neurologico.

Risultati analoghi sono stati ottenuti anche in trials basati sull’utilizzo profilattico dell’ibuprofene.

Ad oggi è opinione comune che la scelta di una profilassi farmacologica non sia vantaggiosa27,28, considerando che un numero elevato di neonati, il quale non svilupperebbe la malattia sarebbe invece esposto agli effetti collaterali della terapia stessa.

2.8.2.

Terapia medica:

(30)

30

steroidei (FANS): l’ibuprofene, maggiormente impiegato in Europa e Asia e

l’indometacina, più usata nel Nord America e il paracetamolo proposto negli ultimi anni come farmaco alternativo ai primi due22.

Questi farmaci sono in grado di ridurre la concentrazione plasmatica di prostaglandine agendo direttamente sul sistema enzimatico chiamato prostaglandina-H2 sintetasi (PGHS), composto da due subunità: la ciclo-ossigenasi (COX) e la perossidasi (POX).

L’indometacina e l’ibuprofene sono COX-inibitori29.

Questi farmaci promuovono la contrazione e l’eventuale chiusura del dotto inibendo la sintesi e il rilascio di prostaglandine, responsabili del mantenimento della pervietà del dotto durante la vita fetale.

L’elevata efficacia dei COX-inibitori è però gravata da importanti effetti collaterali, legati all’effetto vasocostrittivo che non si esercita soltanto sul dotto, ma anche sulle arterie che garantiscono la perfusione di cuore, cervello, reni e intestino.

La somministrazione di questi farmaci può, infatti essere causa di complicanze

ischemiche, anche gravi, come la perforazione intestinale, soprattutto se somministrati in concomitanza con steroidi.

I FANS costituiscono un gruppo eterogeneo di farmaci utilizzati principalmente per il trattamento dell’infiammazione, del dolore e della febbre. Nonostante la sostanziale differenza nella loro struttura chimica, tutti questi farmaci presentano un comune meccanismo d’azione che consiste nell’inibizione degli enzimi responsabili della sintesi dei prostanoidi, le ciclo-ossigenasi (COX).

Gli effetti terapeutici dei FANS sono legati all’inibizione delle COX e quindi al blocco della sintesi delle prostaglandine.

I prostanoidi vengono formati grazie all’azione dell’enzima ciclo-ossigenasi 1 e 2 (COX 1 e 2):

• COX1 – è costitutivamente espressa in numerose cellule ed è responsabile di molte azioni svolte dai prostanoidi.

• COX2 – è espressa costitutivamente in un ridotto numero di tessuti.

La reazione catalizzata dalle COX provoca l’ossigenazione dell’acido arachidonico, contenuto a livello delle membrane cellulari, così da generare la prostaglandina G2 (PGG2), la quale successivamente viene trasformata in PGH2 tramite l’azione di una

(31)

31

perossidasi. Questo intermedio reattivo viene rapidamente trasformato in differenti prostaglandine, prostacicline e trombossani tramite l’azione di specifici enzimi (Fig.8).

Fig. 8 – Cascata dell’acido arachidonico e sintesi delle prostaglandine.

Il principale fattore limitante la reazione è la disponibilità di acido arachidonico; la sua quantità limitata è responsabile del ridotto tasso di formazione basale dei prostanoidi. Al contrario, questa via sintetica è particolarmente stimolata quando la Fosfolipasi A2 è attivata, con conseguente aumento del rilascio di acido arachidonico da parte dei

fosfolipidi di membrana.

L’inibizione della cascata dell’acido arachidonico da parte dei FANS è responsabile non solo dei loro effetti terapeutici, ma anche dei loro effetti collaterali come tossicità renale e gastro-intestinale, dato che i prostanoidi agiscono da regolatori fisiologici dei

meccanismi protettivi della mucosa gastro-intestinale e inoltre regolano l’omeostasi renale.

(32)

32

La prostaglandina sintetasi (PGH sintasi) è provvista di due componenti: una ciclo-ossigenasi (COX 1 o 2) e una perossidasi (POX), le quali agiscono su due distinti siti attivi presenti sulla stessa proteina con differenti effetti catalitici.

La ciclo-ossigenasi catalizza l’inizio della sintesi dei prostanoidi a partire dall’acido arachidonico, mentre la perossidasi catalizza la trasformazione tra prostaglandina PGG2

e PGH2.

L’ibuprofene causa una inibizione competitiva, rapida e reversibile di COX.

È un inibitore non selettivo delle COX, in altre parole inibisce entrambe le isoforme. L’effetto farmacologico deriva prevalentemente dall’inibizione della COX2, mentre l’inibizione della COX1 è la principale responsabile degli effetti indesiderati a carico del tratto gastrointestinale.

L’indometacina, invece, esercita una inibizione tempo-dipendente e funzionalmente irreversibile di COX.

La terapia medica standard per indurre la chiusura del PDA, utilizza sia l’indometacina, sia l’ibuprofene. Entrambi inducono la chiusura del dotto arterioso nel 70-80% dei casi. Allo stesso tempo questi farmaci causano importanti effetti collaterali che interessano il tratto gastro-intestinale, riducono la funzione renale e l’aggregazione piastrinica,

esponendo il neonato al rischio di una perforazione intestinale, insufficienza renale acuta e sanguinamenti.

Sebbene l’ibuprofene sembri essere il farmaco di scelta per indurre la chiusura farmacologica del PDA ,visto che presenta minori effetti collaterali rispetto all’indometacina, esso non ha le caratteristiche del farmaco ideale a causa del suo subottimale profilo di sicurezza e del tasso di fallimento nella chiusura del dotto pari al 30%.

Per limitare il più possibile gli effetti collaterali e la necessità di ricorrere alla legatura chirurgica del dotto si è ricercato un altro farmaco altrettanto efficace e più sicuro. Recentemente è stata documentata in neonati fortemente prematuri, a seguito della somministrazione di paracetamolo, la chiusura del dotto senza l’insorgenza di effetti collaterali30.

(33)

33

2.8.2.1.

Ruolo del BNP – peptide natriuretico di tipo B

Il peptide natriuretico di tipo B (BNP) e il frammento N-terminale del BNP (NT-proBNP) sono sintetizzati e rilasciati nella circolazione dai miocardiociti ventricolari in risposta ad un sovraccarico pressorio, espansione di volume e un aumento dello stress a carico delle pareti del miocardio.

All’interno dei miociti il precursore pro-BNP viene convertito nella forma biologicamente attiva, il BNP ed in un frammento inattivo, l’NT-proBNP. Il BNP aumenta il rilasciamento cardiaco e regola la risposta all’aumento acuto e improvviso del volume ventricolare opponendosi alla vasocostrizione, alla ritenzione di sodio e all’effetto antidiuretico dovuto all’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone.

Il BNP e l’NT-proBNP plasmatici sono eliminati dal rene e quindi i loro livelli aumentano nei pazienti con insufficienza renale.

Il BNP e l’NT-proBNP sono dei marker ben provati di scompenso cardiaco sia negli adulti, che nei bambini.

Molti kit sono disponibili in commercio per la misurazione di BNP e NT-proBNP i cui livelli variano significativamente in funzione dell’età cronologica, dell’età gestazionale, della presenza di PDA e della funzione renale.

I risultati di alcuni studi22,31 mostrano che in neonati pretermine dopo le prime 48 ore di vita, la concentrazione di entrambi i biomarker, BNP e NT-proBNP ,aumenta a seguito dello sviluppo di un PDA emodinamicamente significativo e si riduce in seguito alla chiusura del dotto stesso.

Il primo studio che si è occupato di valutare il ruolo del BNP e soprattutto del NT-proBNP nell’ambito del PDA è stato quello condotto da Hammerman32 ed ha fornito

dati “pilota” i quali mostrano che i livelli di NT-proBNP generalmente si riducono in associazione alla chiusura del dotto, ma allo stesso tempo lo studio individua un gruppo di neonati in cui questo non accade.

Una recente indagine condotta da Kulkarni33 propone la valutazione dei livelli circolanti di peptide natriuretico di tipo B (BNP) o del frammento N-terminale del BNP (NT-proBNP) come strumento utile nella diagnosi e nella gestione del PDA

(34)

34 emodinamicamente significativo.

I risultati dello studio mostrano un’ampia variabilità nell’accuratezza diagnostica dei due indici, BNP e NTproBNP, nell’ambito della diagnosi di PDA emodinamicamente significativo. L’eterogeneità nei risultati può essere ricondotta sia alle caratteristiche del campione, sia alle caratteristiche del paziente (età gestazionale e cronologica).

Un altro studio valuta l’utilità di misure ripetute dei livelli di BNP al fine di definire il successo terapeutico, in quanto i livelli plasmatici di BNP si riducono rapidamente in neonati in cui si assiste ad una risposta farmacologica precoce con successiva chiusura del dotto.

Shin34 ipotizza dunque che i valori di BNP possano essere di aiuto per stabilire la durata

del trattamento, permettendo l’interruzione della terapia nei casi in cui questi diminuiscano rapidamente.

In tal senso un approccio più individualizzato con minor dosi di farmaco, offrirebbe l’indubbio vantaggio di garantire la chiusura del dotto esponendo il neonato ad un minor rischio di effetti collaterali legati ai farmaci utilizzati.

Nonostante i numerosi studi, la specificità dei livelli circolanti di BNP rimane ridotta e ciò ne limita l’utilizzo clinico.

2.8.2.2.

Ruolo della Troponina cardiaca T (cTNT)

Anche la concentrazione ematica di troponina cardiaca T ha mostrato una buona correlazione con la presenza del dotto. Sembra che il suo livello ematico aumenti in conseguenza del danno miocardico, determinato dalla persistenza del dotto stesso. La sua valutazione si è dimostrata utile anche per il monitoraggio della risposta farmacologica35.

2.8.2.3.

Indometacina

L’indometacina è stata introdotta come farmaco per la chiusura del dotto arterioso di Botallo negli anni ’70, da Heymann36 e fino al 2004 era l’unico FANS approvato per il

trattamento del PDA.

I tassi di chiusura del PDA nei neonati ELBW sono più bassi se comparati con quelli dei neonati VLBW.

(35)

35

dose: 0.1mg/Kg in infusione continua), con diverse tempistiche di trattamento (precoce vs tardivo, breve vs prolungato).

La percentuale di successo dell’indometacina dopo il primo ciclo terapeutico va dal 48% al 98.5% in relazione alla dose, alla durata e alla modalità di somministrazione e dal 40% al 50% dopo un secondo ciclo.

L’efficacia terapeutica si riduce con l’abbassarsi dell’età gestazionale e con l’aumentare dell’età postnatale37.

Le modalità di somministrazione testate per questo farmaco sono: la via orale, rettale, endovenosa ed endoarteriosa, ma la via endovenosa è quella più utilizzata e prevede la somministrazione di 3 dosi da 0.1-0.2 mg/Kg.

Sebbene l’indometacina sia stata per molti anni il farmaco di scelta per il trattamento del PDA, i suoi possibili effetti collaterali a breve e a lungo termine, la rendono poco maneggevole.

Gli effetti collaterali acuti più importanti sono legati alla riduzione del flusso ematico cerebrale, mesenterico e renale, dovuta alla vasocostrizione periferica e all’alterazione della funzione piastrinica. Poiché già il PDA determina alterazione del flusso ematico cerebrale, un’ulteriore riduzione della perfusione causata dall’indometacina può esporre il neonato a emorragia cerebrale.

2.8.2.4.

Ibuprofene

Parallelamente all’introduzione e all’utilizzo dell’indometacina nel trattamento del PDA, molti studi si sono susseguiti per cercare di trovare altri inibitori delle ciclo-ossigenasi che potessero essere più maneggevoli e che fossero gravati da minori effetti collaterali.

L’ibuprofene è apparso essere un farmaco con uguale efficacia nell’indurre la chiusura del PDA, ma con minori effetti collaterali rispetto all’indometacina dimostrandosi efficace nella chiusura del dotto arterioso con minori effetti negativi a carico della circolazione cerebrale, mesenterica o renale.

Per questo negli USA l’ibuprofene è stato approvato nell’Aprile 2006 come trattamento medico per indurre la chiusura del PDA in neonati pretermine al di sotto di 32 settimane e aventi un peso compreso tra 500 e 1500g.

(36)

36

efficacia38 a fronte però di una maggior incidenza di emorragie gastro-intestinali22.

Il dosaggio segue uno schema ben preciso: il ciclo terapeutico ha una durata di 3 giorni ▪ Primo giorno: 10 mg/Kg/die

▪ Secondo e terzo giorno: 5 mg/Kg/die

In caso di mancata chiusura, a seguito del primo ciclo di trattamento, è possibile procedere con un ulteriore ciclo di terapia.

Un articolo che mostra l’efficacia dell’ibuprofene, somministrato per os, nella chiusura del PDA è quello pubblicato da Olgun39.

In questo studio la prima dose di ibuprofene (10 mg/Kg) è stata somministrata tramite sondino naso-gastrico; successivamente sono state somministrate due dosi ulteriori pari a 5 mg/Kg/die ogni 24h.

I neonati sono stati valutati tramite ecografia 24 ore dopo la somministrazione dell’ultima dose di farmaco.

In caso di persistenza di PDA emodinamicamente significativo, nonostante il primo ciclo di trattamento, un secondo oppure se necessario, un terzo ciclo potevano essere effettuati.

Nello studio di Olgun il tasso di chiusura successivo alla somministrazione di ibuprofene è pari al 71% dopo il primo ciclo di trattamento, al 40% dopo il secondo ciclo e al 35% dopo il terzo ciclo.

Questi dati mostrano, quindi, che il tasso di chiusura del PDA aumenta con l’aumentare dei cicli di trattamento, ma allo stesso tempo evidenziano come il terzo ciclo di

ibuprofene non aumenta in maniera significativa il tasso di chiusura del dotto. Per questo motivo attualmente l’atteggiamento più comune nelle terapie intensive è limitarsi all’esecuzione di due soli cicli di terapia.

I più frequenti effetti collaterali in seguito alla somministrazione di ibuprofene sono: • Piastrinopenia

• Oliguria

• Aumento dei livelli di creatinina • Insufficienza renale acuta

(37)

37 • Riduzione dell’escrezione urinaria di sodio

• Riduzione della concentrazione plasmatica di sodio

Generalmente le complicanze non sono gravi, piuttosto sono temporanee, infatti tutte vanno incontro a risoluzione completa a seguito della sospensione del farmaco40.

L’ibuprofene condivide con l’indometacina il meccanismo d’azione ed entrambi i farmaci hanno una pari efficacia per quanto riguarda il tasso di chiusura del PDA (successo nel 70-85% dei casi).

L’ibuprofene però ha un minor effetto vasocostrittore e questo fa si che eserciti un minor impatto sulla funzionalità renale41.

Questa differenza può essere in parte ricondotta ad un effetto preferenziale

dell’indometacina sulla COX1 piuttosto che sulla COX2, ma anche ad altri meccanismi non perfettamente conosciuti.

Inoltre l’ibuprofene rispetto all’indometacina riduce il rischio di NEC.

Le controindicazioni42 alla somministrazione di FANS sono:

• Emorragia cerebrale in atto o recente (<48h) – evidenza ecocardiografica di IVH di 3° o 4° grado

• Piastrinopenia (< 100.000/mm3)

• Diatesi emorragica (INR > 1.5 e/o ematuria, sangue nelle feci, secrezioni tracheali o nel punto di somministrazione)

• Sepsi

• NEC e perforazione intestinale • Emorragia polmonare

• Danno epatico con severa iperbilirubinemia • Compromissione della funzione renale:

o Ipercreatininemia (>1.8 mg/dl) o Oliguria (<0.5 mL/Kg/h) • Iperpotassemia (>7 mEq/L)

• Ipersodiemia (>150 mEq/L) o Iposodiemia (<120 mEq/L) • Allergia

(38)

38 2.8.2.5.

Paracetamolo:

In presenza di PDA emodinamicamente significativo e di controindicazioni all’uso dei FANS l’unica soluzione terapeutica possibile, fino a poco tempo fa, era rappresentata dalla legatura chirurgica, con tutti i rischi legati all’intervento stesso.

Il paracetamolo è un analgesico, antipiretico derivato dell’acetanilide con minime proprietà anti-infiammatorie e viene utilizzato comunemente come analgesico in tutte le fasce d’età43.

Anche il paracetamolo riduce l’attività dell’enzima adibito alla sintesi delle

prostaglandine (PGHS), sfruttando però un meccanismo differente rispetto ai FANS; in particolare agisce sulla perossidasi (POX).

La perossidasi è attivata ad una concentrazione di perossidi 10 volte inferiore rispetto alla ciclo-ossigenasi; l’inibizione mediata dal paracetamolo, quindi, è facilitata dalla riduzione locale dei perossidi, proprio come accade nell’ipossia.

Queste differenze rispetto alle COX permettono che l’inibizione della perossidasi sia particolarmente efficace nelle condizioni in cui le ciclo-ossigenasi sono invece meno attive e questo rende il paracetamolo particolarmente adatto per il trattamento del dotto nelle condizioni che si vengono tipicamente a creare in presenza di PDA.

Lo schema terapeutico comunemente utilizzato si basa sulla somministrazione per via orale o endovenosa di 15 mg/Kg/dose ogni 6 ore. La durata della terapia non è

precisata; comunemente varia da un minimo di tre ad un massimo di sette giorni44.

Sono stati descritti alcuni effetti collaterali a carico della funzione epatica a seguito di somministrazione ev di paracetamolo, quali aumento transitorio degli enzimi epatici o episodi di più importante tossicità epatica.

In seguito alla somministrazione di dosi elevate di paracetamolo, la via di solfatazione e di glucoronidazione presenti a livello epatico, risultano saturate con conseguente

produzione di una quantità eccessiva di NAPQI che va a consumare le riserve di glutatione, risultando tossico.

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L’efficacia del paracetamolo nel trattamento del PDA nei neonati pretermine è stata messa in evidenza in molteplici studi clinici.

Il primo articolo che ha ipotizzato la possibilità di utilizzare il paracetamolo nell’ambito del trattamento del PDA è stato quello di Hammerman45 nel 2011.

In questo studio sono stati trattati 5 neonati pretermine con età gestazionale compresa tra 26 e 32 settimane, con diagnosi di dotto di Botallo pervio ed emodinamicamente significativo dopo fallimento della terapia farmacologica oppure in presenza di controindicazioni all’utilizzo di FANS.

Questi neonati sono stati trattati con paracetamolo somministrato per via orale alla dose di 15 mg/Kg/6h.

La chiusura del dotto si è verificata in tutti i pazienti entro 48 ore dalla

somministrazione della terapia e non è stato osservato nessun effetto collaterale. Lo studio, quindi, propone il paracetamolo come farmaco sicuro ed efficace nel promuovere la chiusura del dotto di Botallo in neonati prematuri.

Risultati analoghi sono stati ottenuti anche da altri studi.

Dash46 dimostra come il paracetamolo somministrato per via endovenosa sia sicuro, ma non superiore all’indometacina nel promuovere la chiusura del dotto di Botallo.

Dallo studio inoltre, non emerge nessuna differenza significativa riguardo la frequenza di alcuni effetti collaterali quali: sanguinamento gastrointestinale, enterocolite

necrotizzante, retinopatia del pretermine, emorragia intraventricolare cerebrale e BPD. Lo studio di Bagheri47 non dimostra nessuna differenza significativa tra il trattamento del PDA effettuato tramite la somministrazione orale di paracetamolo e di ibuprofene. Inoltre evidenzia chiaramente che entrambi i farmaci, ibuprofene e paracetamolo, sono ben tollerati e sicuri e non mostrano una significativa differenza riguardo agli effetti collaterali. La maggior sicurezza del paracetamolo, però fa si che venga raccomandato come farmaco di prima scelta.

L’efficacia dell’ibuprofene e del paracetamolo è stata ulteriormente confrontata in due trials clinici.

Il trial condotto da Oncel48 compara l’efficacia e la sicurezza del paracetamolo

somministrato per via orale con l’ibuprofene anch’esso somministrato per os, in 90 neonati pretermine con età gestazionale ≤ 30 settimane.

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gruppo dell’ibuprofene vs 72.5% nel gruppo del paracetamolo.

Il secondo trial è stato effettuato da Dang49 e confronta l’efficacia del paracetamolo somministrato per via orale con l’ibuprofene in 160 neonati pretermine con PDA. La chiusura del dotto è avvenuta nell’81.2% di neonati trattati con paracetamolo e nel 78.8% di neonati appartenenti al gruppo dell’ibuprofene.

I risultati mostrano quindi, che non c’è una differenza significativa in termini di efficacia tra paracetamolo e ibuprofene.

Il confronto tra il profilo di sicurezza dei due farmaci risulta sovrapponibile; viene riportato soltanto un minor rischio di iperbilirubinemia e sanguinamento

gastrointestinale con il paracetamolo.

Dunque il paracetamolo può essere proposto come farmaco di prima scelta per il trattamento del PDA nei neonati pretermine.

Un altro studio significativo è quello di Yang50.

Lo scopo di quest’ultimo è valutare i cambiamenti dei livelli di prostaglandina E2

nell’urina di neonati prematuri con dotto di Botallo pervio emodinamicamente

significativo e sintomatico, trattati con ibuprofene e paracetamolo somministrati per via orale.

Il trattamento con ibuprofene o paracetamolo determina una significativa riduzione dei livelli di PGE2 nel plasma e nell’urina, rispetto ai livelli precedenti al trattamento.

Inoltre i livelli plasmatici ed urinari di PGE2 risultano significativamente più bassi nel

gruppo trattato con paracetamolo rispetto al gruppo dei neonati trattati con ibuprofene. Il tasso di chiusura del dotto risulta simile nei due gruppi.

Per quanto riguarda gli effetti collaterali l’incidenza di oliguria è minore nei neonati trattati con paracetamolo rispetto a quelli trattati con ibuprofene, anche se nello studio in esame questa differenza non risulta statisticamente significativa, mentre l’incidenza di NEC, sanguinamento gastrointestinale, IVH e BPD risulta simile nei due gruppi. Anche il livello di piastrine, di creatinina e delle transaminasi non mostrano una significativa differenza tra il gruppo del paracetamolo e dell’ibuprofene.

Anche El-Mashad51 ha evidenziato come il paracetamolo sia efficace quanto

l’indometacina e l’ibuprofene nell’indurre la chiusura del PDA nei neonati prematuri, presentando minori effetti collaterali quali: compromissione della funzione renale, piastrinopenia e sanguinamento gastrointestinale.

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