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Presentazione del volume "Le professioni intellettuali tra diritto e innovazione"

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Academic year: 2021

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PRESENTAZIONE DEL VOLUME

All’interno di questo secondo volume della collana Costruire il lavoro viene affrontato un tema, quello delle professioni intellettuali, che riveste un grande interesse all’interno delle strategie di orientamento in uscita promosse dall’Ateneo fiorentino. I dati forniti dal consorzio AlmaLaurea ci dicono, infatti, che è in costante crescita il numero dei laureati che a distanza di uno, tre, cinque anni dal conseguimento del titolo svolgono un’attività di tipo autonomo. Se questo continua a essere particolarmente vero per chi proviene da percorsi che guardano “vocazionalmente” alla libera professione – come giurisprudenza, economia, psicologia, medicina – la platea di coloro che intraprendono questa strada si va aprendo anche agli altri settori disciplinari (lettere, scienze politiche e sociali, scienza della formazione, scienze naturali). È d’altronde noto come il campo delle professioni abbia subito, negli anni, un notevole sviluppo, accelerato dalla crescente terziarizzazione del mercato, dal deterioramento del lavoro salariato e dalla crescente inefficacia dei tradizionali canali di mobilità sociale.

Si viene a creare, così, una crescente moltiplicazione dei profili lavorativi intellettuali collegata tanto al processo di differenziazione sociale e di divisione del lavoro, tipici del capitalismo contemporaneo, che alle trasformazioni dei regimi di accumulazione. Una pluralità di soggetti decisamente più ampia di quanti non rientrino nel campo istituzionale delle professioni regolamentate si considerano oggi professionisti e agiscono come tali. Il concetto di professione acquisirebbe, dunque, sempre più un contenuto sostanziale, rischiando di far perdere terreno alla funzione regolativa svolta dalle professioni in quanto istituzioni sociali.

Le forze all'opera sarebbero duplici e per certi versi opposte: da un lato si assiste ad un mutamento delle professioni intese come gruppi occupazionali esclusivi, che applicano una conoscenza astratta a casi particolari, che sono dotati di specifici sistemi di istruzione e formazione, nonché di codici etici e di comportamento, propri; dall'altro sarebbe in atto una crescente tendenza alla professionalizzazione, vale a dire allo sviluppo di sistemi di conoscenza riconosciuti e in cerca di autorizzazione per lo svolgimento in esclusiva, o con un ragionevole grado di protezione, di una vasta gamma di attività conoscitive nel campo dei servizi alle imprese ed ai privati.

Nella prospettiva di mutamento appena richiamata, è possibile individuare tre diverse tendenze che si intrecciano secondo configurazioni variabili.

La prima ha a che fare con una spinta alla professionalizzazione che si rileva in concomitanza con la crescita esponenziale di nuove occupazioni terziarie professionali e manageriali ad alta intensità di conoscenza formalizzata che richiedono riconoscimento e tutela; la seconda è una tendenza alla professionalizzazione intesa come una deistituzionalizzazione delle professioni tradizionali e ordinate che passa attraverso la perdita -o l'indeb-oliment-o - di prer-ogative quali il m-on-op-oli-o della c-on-oscenza, il prestigi-o s-ociale

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anche a causa di un allargamento della base professionale e della precarizzazione dei rapporti di lavoro; la terza, infine, è una tendenza difensiva volta alla ri-professionalizzazione che consiste nell'avvio di un nuovo ciclo di chiusura e regolazione dei confini della professione, di controllo del numero dei professionisti, di eliminazione della concorrenza interna, di ripresa del controllo culturale nel campo professionale.

Queste tendenze vengono recepite ed al contempo prendono vita all'interno di un apparato di norme.

Il tema al centro di questo volume è proprio quello del mutamento normativo che ha interessato, innovandolo, il mondo delle professioni così dette liberali ma anche quello delle modalità attraverso le quali i soggetti che sono protagonisti di tali mutamenti si trovano a mettere in pratica tali norme nell'esercizio concreto della professione.

In particolare, attraverso l’attività di ricerca, condotta grazie ai rapporti stabiliti tra l’Università di Firenze e alcuni Ordini professionali, si è perseguito l’obiettivo di promuovere una riflessione intorno ai recenti interventi del legislatore sulle forme giuridiche che regolano lo svolgimento dell’attività professionale; sui profili comparatistici delle tipologie e delle procedure di legittimazione all’esercizio della professione intellettuale; sull’analisi dei bisogni d’innovazione da parte degli studi e degli ordini professionali.

La recente normativa si muove, infatti, nella prospettiva di favorire l’iniziativa dei professionisti e delle relative organizzazioni per la realizzazione di interessi di natura generale e collettiva, come la garanzia della qualità della prestazione e la tutela dell’affidamento della clientela e nell’ottica di valorizzare la funzione economica e sociale della professione quale risorsa prioritaria del settore dell’economia della conoscenza. Tuttavia, la riforma è ancora in essere e permangono molte incertezze sulla disciplina che concretamente verrà adottata con riferimento alle singole professioni e, quindi, su come in effetti rimarranno condizionati gli statuti delle diverse figure professionali. Tra il fervente dibattito politico che si è sviluppato negli ultimi anni che sembra talvolta mettere addirittura in discussione la sopravvivenza stessa degli ordini professionali, la riforma indotta dal d.l. 138/2011 (convertito in legge 148/2011), che ha ricevuto attuazione con il d.P.R. n. 137 del 7 agosto 2012, tende a operare una “rivisitazione” di buona parte delle “professioni regolamentate”, vale a dire di quelle professioni che sono esercitabili esclusivamente a seguito dell’iscrizione ad un ordine professionale o ad un collegio, cioè ad organi che accertino preventivamente il possesso di particolari qualifiche o professionalità da parte di chi intende iscriversi a quel dato ordine (art. 1, d.P.R. 137/2012).

La normativa italiana dà seguito a tutta una serie di interventi comunitari che si muovono nella direzione di promuovere la concorrenza e la libera prestazione dei servizi professionali all’interno dell’Unione europea, nella consapevolezza che la prospettiva delle libera competizione all’interno del mercato unico rappresenti una sfida utile a misurarsi nella più ampia dimensione della competizione globale e che − riguardando tutte le attività di rilievo economico − non possa non coinvolgere anche le libere professioni, le quali rivestono un ruolo crescente in relazione alla competitività delle imprese riguardo sia alla possibilità dei singoli di accedere ai servizi sia all’economia nel suo complesso.

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sulle direttive europee che sono intervenute in materia, delle tipologie e procedure di legittimazione all’esercizio della professione intellettuale. Quest’ultimo riferimento corre alle direttive, recepite in Italia mediante leggi ordinarie, sulla libera prestazione dei servizi (direttiva 77/249/CEE), sul diritto di stabilimento degli avvocati (direttiva 98/5/CE) e sul riconoscimento delle qualifiche professionali (direttiva 2005/36/CE), sui servizi (direttiva 2006/123/CE).

In particolare, la direttiva c.d. “servizi” 2006/123/CE è una delle misure più rilevanti per la crescita economica e occupazionale e lo sviluppo della competitività dell’Unione europea; attraverso il superamento degli ostacoli di natura giuridica che si frappongono alla libertà di stabilimento dei prestatori e alla libera circolazione dei servizi negli Stati membri, essa contribuisce al processo di liberalizzazione e semplificazione del mercato dei servizi, in linea con le previsioni della Strategia di Lisbona. L’attuazione della direttiva è avvenuta in due fasi prima con il decreto legislativo 59/2010, successivamente con il decreto legislativo 147/2012.

Seguendo questo percorso, il principio cardine su cui si basa il d.P.R. n. 137/2012 è quello della libera concorrenza, per assicurare la quale si garantisce il libero accesso ed esercizio dell’attività professionale, senza limitazioni alle iscrizioni agli albi professionali (con numeri chiusi su basi territoriali o mediante limitazioni di carattere discriminatorio legate alla nazionalità del professionista o alla sede legale della società professionale), se non fondate sul riconoscimento di particolari titoli qualificanti, come il superamento di un esame di Stato, o su specifici motivi di interesse generale.

Tuttavia, appare subito evidente come la portata innovativa del decreto possa concretamente riconoscersi una volta che sia stata adottata la regolamentazione di attuazione per le singole professioni.

Partendo da queste premesse, gli aspetti cui la ricerca raccolta in questo volume ha inteso principalmente rivolgere l’attenzione hanno riguardato:

- l’analisi della transizione ambivalente, che contiene insieme processi di arricchimento e di impoverimento professionale di chiusura difensiva e di apertura all'innovazione, che si configura nel contesto del mutamento delle professioni; e del fatto che la disciplina di fonte regolamentare sia suscettibile di avere dei risvolti pratici di non poco rilievo su chi intenda accedere alle professioni regolamentate e su coloro che esercitano la professione.

In questo senso il saggio di Viciani partendo da un’analisi in generale dell’espressione professioni intellettuali si occupa proprio di indagare sulla natura delle professioni intellettuali stesse, nel tentativo di rinvenirne gli elementi peculiari che le distinguono dalle occupazioni, e sul ruolo delle associazioni professionali, per verificarne la tenuta alla luce della riforma e le potenziali esplicazioni, anche grazie all’intervento normativo, nella direzione dell’innovazione, soprattutto in tema di formazione del professionista.

-la compatibilità della riforma in corso con i principi comunitari e, in particolare, con le direttive europee che sono intervenute in materia, mediante anche la comparazione con altri ordinamenti giuridici.

In questo contesto il contributo di Lo Schiavo ha inteso esaminare le regole applicabili alle professioni intellettuali in Europa insieme alla normativa dell’Unione in materia di

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professioni intellettuali e valutare la recente giurisprudenza della Corte di Giustizia applicabile ad esse, anche in prospettiva di una maggiore liberalizzazione delle professioni e di un’ulteriore armonizzazione in Europa.

L’indagine, prendendo le mosse dall’assunto che la regolamentazione professionale si deve confrontare con il rispetto delle regole del Trattato sulla libera circolazione dei servizi e sulla libertà di stabilimento, ha portato alla considerazione finale che le organizzazioni e le associazioni professionali devono rispettare il divieto di discriminazione e il divieto di adottare misure che possano ostacolare l’accesso o l’esercizio di un’attività di un soggetto proveniente da un altro Stato Membro.

- le modalità con cui i principi “codificati” dal d.P.R. n. 137/2012 verranno attuati, con specifico approfondimento per le figure professionali che assommano competenze giuridiche, e la verifica di come le nuove regole possano facilitare o comunque incidere sull’accesso all’attività professionale e al tempo stesso l’effettiva idoneità delle nuove regole a garantire una migliore qualità del servizio svolto dai professionisti, a garanzia dei cittadini.

Il saggio di Degl’Innocenti si preoccupa proprio di evidenziare come la nuova disciplina rappresenti un altro passo in avanti compiuto dal legislatore nel cercare di adeguare gli ordinamenti professionali ai canoni della concorrenza, senza nulla concedere ad una logica prettamente mercantile dei servizi professionali, come è reso evidente dalla valorizzazione della qualità e della specialità dell’attività professionale. Con particolare riferimento al consulente del lavoro, su cui lo studio dirige l’attenzione, la direzione verso cui questo professionista dovrebbe orientarsi pare, dunque, quella di accrescere la preparazione personale e la qualità della prestazione offerta, ma anche di sviluppare le proprie competenze, nel senso di “caratterizzarle”. Ne deriva, in una prospettiva futura, l’opportunità per i consulenti del lavoro, che vantano una formazione mista, di tipo giuridico-economico, e quindi sommano in sé più competenze, di puntare sulla specializzazione e sulla valorizzazione delle proprie specifiche competenze e delle proprie abilità personali.

Una particolare attenzione all'interno del volume viene dedicata - con i saggi di Vigoriti che affronta il tema in una prospettiva giuridica e di Bellini e Tonarelli che si soffermano, invece sulle diverse logiche che porterebbero il dominus a giustificare la scelta di non retribuire i tirocinanti - ad una riflessione intorno ai meccanismi che regolano l'ingresso con specifico riferimento al praticantato legale. Il percorso di formazione che regola l'accesso alla professione sarebbe la manifestazione prima di un'azione organizzata dei gruppi professionali alla ricerca di un riconoscimento pubblico. Le conoscenze diventano quindi, in questa prospettiva, una base cognitiva sulla quale attivare processi di chiusura e di controllo del mercato da parte di gruppi che cercano di conservare un controllo esclusivo sulle risorse impedendo agli altri di accedervi.

È proprio nell'ambito di questa tendenza che potrebbe essere interpretata la crescente richiesta di specializzazione da parte delle istituzioni professionali. Se da un lato questa può essere vista come una modalità per meglio tutelare, nell'ambito di una offerta crescente e diversificata, gli interessi generali del cliente, dall'altro può apparire come una richiesta

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fondata su rapporti di potere e interessi di gruppo.

Ai fini dall'analisi, diventa, dunque poco rilevante cercare di individuare fattori oggettivi e neutri in grado di definire in modo incontestabile cosa sia una professione A fare la differenza è, invece, il riconoscimento pubblico dell'Autorità Statale, ovvero i vincoli posti dal mercato a favore dei gruppi che hanno intrapreso intenzionalmente e in modo organizzato la via della professionalizzazione. In questa prospettiva occorre focalizzare sempre più lo sguardo sulle strategie dei soggetti collettivi, cioè delle professioni stesse in quanto gruppi sociali organizzati.

In questa prospettiva l'azione dei gruppi professionali sarebbe organizzata al fine di influenzare a proprio favore i processi decisionali e ottenere dallo Stato protezione e tutela. È questa la chiave, mutuata da un certo approccio critico allo studio delle professioni, che viene utilizzata nel saggio di Tonarelli per ricostruire ed interpretare il processo di sociogenesi che ha portato alla definizione normativa della figura del mediatore civile e commerciale e delle sue prerogative all'interno del processo.

Tornando alle rilevazioni condotte da AlmaLaurea sui laureati, dai dati emerge, accanto alla ricordata propensione al lavoro autonomo, anche una crescente distanza tra ciò che si fa una volta sul mercato del lavoro e quanto si cerca appena terminato il corso di studi. Non solo aspirazioni e opportunità coincidono meno che in passato, ma se prima capitava più spesso di trovare insoddisfatte le aspettative di chi mirava alla libera professione, oggi, al contrario, troviamo più liberi professionisti di quanti non fossero coloro che, nella stessa leva di laureati, dichiaravano di ambire a tale occupazione. In altre parole, più di prima ci si troverebbe - per opportunità o per mancanza di alternative - avviati sulla strada della libera professione pur non avendolo realmente desiderato. D’altro canto, l’assenza di elevate barriere all’ingresso come, per esempio, il numero programmato o i sistemi di selezione efficaci per i corsi universitari che danno accesso alla professione, sono fattori che contribuiscono a determinare sia un eccesso di offerta di lavoro, che continua nondimeno a essere alimentato da una rappresentazione sociale delle professioni liberali legata a un’idea di successo e status elevato, fortemente radicata nel senso comune, per certi versi stereotipica, come tipicamente avviene nel caso dell’avvocato.

Tutto ciò rischia di creare una forte differenziazione delle situazioni occupazionali cui è collegata una crescente stratificazione interna al mondo delle professioni: si afferma, ad esempio, un problema nuovo e precedentemente impensabile che riguarda la potenziale vulnerabilità economica e sociale dei professionisti. In particolare, molti studi hanno rilevato l'emergere di una polarizzazione socio-professionale tra professionisti affermati e un precariato cognitivo che combina una forte esposizione al ciclo della domanda, redditi quasi sempre contenuti, assenza di protezione in caso di disoccupazione. Gli uni e gli altri si percepiscono come liberi professionisti e talvolta sono iscritti allo stesso Ordine; le loro affinità si limitano, tuttavia, a questo.

Le conseguenze dei mutamenti in atto non sono, tuttavia, per forza negative. Percorsi di innovazione si aprono, a partire dagli spazi aperti dalle norme, per quanto riguarda le modalità di praticare la professione e le configurazioni che possono acquisire le relazioni tra professionisti. Sempre più, in futuro, si affermerà la necessità di studiare questa diversa

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fenomenologia assunta dalle professioni - tradizionalmente studiate in modo separato - in modo integrato e trasversale poiché le trasformazioni di lungo periodo che vengono a determinarsi all’interno dell’attuale modello di accumulazione - che possiamo definire al contempo new economy, terziarizzazione, post fordismo, economia della conoscenza, globalizzazione - producano processi di convergenza tra professioni “vecchie” e “nuove” che vanno nella direzione della formazione di un bacino di lavoro della conoscenza caratterizzato da forti convergenze.

Certo, i mutamenti evidenziati comportano, inevitabilmente, riflessi profondi sulla domanda di rappresentanza e di tutela rivolta agli Ordini professionali ma chiamano in causa anche il sistema formativo e universitario in relazione alla sua capacità di orientare i percorsi di studio e di accompagnare i laureati nella ricerca del lavoro. Sarebbe sterile limitarsi a demonizzare la funzione “rifugio” che sembra, almeno in parte, svolgere oggi la libera professione per le leve dei più giovani. Si tratta, casomai, di mettere in campo strumenti capaci di accompagnare verso questo segmento del mercato chi, meno sorretto dalla vocazione o meno dotato di risorse economiche e relazionali, potrebbe sperimentare una maggiore vulnerabilità all’interno del percorso di accesso e consolidamento nella libera professione.

Gli strumenti da mettere in campo sono sicuramente molteplici e, in effetti, una parte significativa dei servizi offerti dall’Ateneo all'interno del sistema di orientamento in uscita e Job placement ci sembra che vada in questa direzione. Le professioni intellettuali fra diritto e innovazione esce all’interno della collana Costruire il lavoro proprio con l’obiettivo di promuovere la riflessione dentro e fuori dal mondo universitario favorendo il processo di orientamento dei laureati nel mercato delle libere professioni. In tale prospettiva, la ricerca alla base del volume- (significativamente promossa in collaborazione con alcuni Ordini professionali) ha voluto studiare oltre ad un modello innovativo di organizzazione professionale, per individuarne la forma giuridica più idonea a raggiungere risultati di efficienza a livello di integrazione tra conoscenza e lavoro, anche i seguiti della nuova regolamentazione sugli sviluppi occupazionali, soprattutto con riferimento a coloro che si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro.

I risultati di questo studio dovranno costituire elementi di supporto anche per l’avanzamento e lo sviluppo del progetto Job in Lab dell’Ateneo di Firenze.

Il progetto Job in Lab promuove, infatti, in varie aree economiche l’avvio di processi d’innovazione e unione, tramite l’impegno congiunto e integrato delle organizzazioni che a livello territoriale sono attive sui versanti delle attività produttive del lavoro e della formazione universitaria così da facilitare, l’occupazione dei giovani laureati, il trasferimento di metodi efficienti d’integrazione fra conoscenza e lavoro; il trasferimento delle competenze di natura scientifica dei giovani al sistema imprenditoriale; l’avvio di processi di innovazione, internazionalizzazione, aggregazione, autogestione della crisi nei sistemi imprenditoriali; la nascita di nuove figure professionali che siano adeguate alle esigenze dei sistemi imprenditoriali.

Il volume che qui viene presentato si propone di fornire una lettura complessa e articolata dei mutamenti recenti che hanno interessato il mondo delle professioni - ed in modo

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specifico alcune di esse - grazie all’integrazione di due diversi approcci disciplinari: quello giuridico e quello sociologico. Nello specifico, il libro presenta i risultati di lavori di ricerca condotti in modo autonomo da ricercatori ed assegnisti dell’Università di Firenze, afferenti sia al Dipartimento di Scienze Giuridiche - Simona Viciani Francesca Degl’Innocenti, Gianni Lo Schiavo, Luigi Vigoriti che hanno lavorato sotto la responsabilità scientifica di Giuseppe Conte - che a quello di Scienze Politiche e Sociali – Annalisa Tonarelli e Andrea Bellini che hanno collaborato a un progetto coordinato da Franca Alacevich.

Annalisa Tonarelli, Simona Viciani

Ringraziamenti

Si desidera rivolgere un sentito ringraziamento a Paola Lucarelli, responsabile di questa collana, che nella sua veste di Delegata del Rettore per OJP ha seguito con attenta sollecitudine tutte le fasi del volume, rendendo il suo esperto contributo essenziale alla realizzazione del volume.

Si ringrazia, in modo particolarmente sentito, l’Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro e l’Ordine degli Avvocati di Firenze, che seguendo con impegno e sempre da vicino lo sviluppo della ricerca, hanno dimostrato grande sensibilità per questi temi.

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