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Ruolo dell'esercizio fisico nelle forme secondarie progressive della sclerosi multipla

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Direttore: Prof. Corrado Blandizzi

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE E TECNICHE DELLE

ATTIVITA’ MOTORIE PREVENTIVE E ADATTATE

Presidente: Prof. Fabio Galetta

Ruolo dell’eseRcizio fisico nelle foRme

Progressive secondarie della sclerosi multipla

RELATORE Prof. Gabriele Siciliano

CANDIDATO Ludmila Danu

Anno accademico 2016/2017

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3 INDICE Riassunto 4 La Sclerosi Multipla Definizione Epidemiologia Eziologia 6 Patogenesi I sintomi 11 Decorso clinico 14 Diagnosi della SM

Terapia della sclerosi multipla progressiva secondaria 29

Scopo della tesi 33 Valutazione motoria nella SM

I contenuti della ginnastica nella disabilità

Possibilità di un trattamento basato sull’esercizio fisico 35

Ruolo dell’esercizio fisico nelle forme secondariamente progressive 40 La mia esperienza di TIROCINIO 42

Discussione e conclusioni

Bibliografia 50

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Riassunto

La sclerosi multipla (SM), o sclerosi a placche, è una malattia grave del sistema

nervoso centrale, con esordio nell’età giovane-adulta e decorso variabile e spesso

progressivamente invalidante.

La SM è caratterizzata da fenomeni di demielinizzazione a carattere infiammatorio

disseminati nella sostanza bianca del sistema nervoso centrale (encefalo e midollo

spinale). E’ una malattia che colpisce selettivamente il rivestimento delle fibre

nervose (mielina) e le fibre stesse (assoni) nel sistema nervoso centrale, con

conseguente alterazione della capacità dei nervi di condurre impulsi elettrici da e

per il cervello.

La SM colpisce le cellule nervose rendendo difficile la comunicazione tra cervello e

midollo spinale. Le cellule nervose trasmettono i segnali elettrici, definiti potenziale

d’ azione, attraverso lunghe fibre chiamate assoni, i quali sono ricoperti da una

sostanza isolante: la guaina mielinica.

La sclerosi multipla è una patologia che si manifesta in modo diverso in ogni

individuo. La malattia può rimanere clinicamente silente e non essere diagnosticata

per anni. Vi sono persone che, dopo la diagnosi, possono rimanere per anni senza

recidive, quindi senza progressione della disabilità, mentre altre possono

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Definizione della SM

La Sclerosi Multipla (SM) è una malattia infiammatoria cronica demielinizzante del sistema nervoso centrale (SNC), a patogenesi autoimmune, caratterizzata da placche sclerotiche disseminate nella sostanza bianca dell’encefalo e midollo spinale, e da variabilità dei sintomi. La SM è la più comune malattia neurologica invalidante nei giovani adulti in Europa occidentale e in America del Nord. (Murray, 2006) La SM è

stata descritta per la prima volta da Jean-Martin Charcot nel 1868. (Clanet M, giugno 2008)

Epidemiologia della SM

Nel mondo si contano 2.5 milioni di individui affetti da SM; la prevalenza varia da meno di 5/100000 nelle aree a basso rischio (la maggior parte dell’Africa e dell’Asia orientale) a più di 100/100000 nelle aree ad alto rischio (Europa Settentrionale e

Centrale, Nord America, Australia sud-orientale) (Kurtzke, 2013). Per frequenza è la

prima malattia neurologica di tipo infiammatorio cronico. La SM può esordire a qualunque età della vita, ma la fascia d’ età più colpita è compresa tra 30 e 50 anni, e le donne risultano affette in numero doppio o triplo rispetto agli uomini. Il rapporto

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tra l’incidenza femminile e quella maschile di SM è aumentato rispetto al valore stimato 1.4 nel 1955 a 2.3 nel 2000. (Alonso A.2008).

Eziologia

Le cause della SM sono ancora in parte sconosciute, tuttavia le evidenze scientifiche indicano che la malattia origina da una combinazione di fattori ambientali e fattori genetici.

La distribuzione della malattia non è uniforme: è più diffusa nelle zone lontane dall’ Equatore a clima temperato, in particolare Nord Europa, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Australia di Sud. La prevalenza della malattia infatti sembra avere una progressiva riduzione con l’avvicinarsi all’Equatore. È molto rara fra gli asiatici. Nella mappa mondiale di prevalenza della SM, sembra essere una malattia più dei climi temperati che di quelli tropicali. In Italia la prevalenza della SM varia da 80 a più di 120 casi/100.000 abitanti, con la Sardegna che, insieme alla Scozia e ad alcune province scandinave, rappresentano le aree europee a più alta incidenza (Pugliatti, 2001).

I fattori ambientali (Milo and Kahana, 2010) chiamati in causa sono l’esposizione al virus di Epstein-Barr durante l’infanzia, la ridotta esposizione alla luce e alle radiazioni ultraviolette, il deficit di vitamina D, il fumo di sigaretta e, più recentemente, si è ipotizzato il ruolo di una dieta ricca di sodio come induttore delle cellule Th 17 (Kleinewietfeld, 2013). La SM ha una ricorrenza familiare del 20%, con

una riduzione del rischio dal 3% nei parenti di primo grado (fratelli 5%, genitori 2%, figli 2%) all’1% nei parenti di secondo e terzo grado (Robertson, 1996).

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La sclerosi multipla non è una malattia ereditaria. Il contributo dei geni alla malattia è parziale (intorno al 20%), capace solo di aumentare le probabilità di contrarre la malattia. In un parente di primo grado di un paziente con SM, il rischio assoluto di SM è di circa il 5% che è 20-40 volte quello della popolazione generale. Gli studi hanno mostrato una prevalenza superiore di SM nei gemelli monozigoti (31%) rispetto ai gemelli eterozigoti (5%) (Willer, 2003).

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Patogenesi

Sclerosi Multipla: immunopatogenesi. (Holmøy T., Acta Neurol Scand 2007).

Il meccanismo fisiopatologico più caratteristico della SM è la demielinizzazione, riconducibile a un danno delle cellule gliali che producono la mielina. (Fujinami, 1985).

E’ stata dimostrata l’ipotesi che la SM sia una malattia a patogenesi autoimmune, mediata da cellule T. In soggetti geneticamente predisposti, fattori ambientali trigger provocano l’attivazione, a livello periferico, di cellule T autoreattive, specifiche per la mielina.

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Sono state riscontrate nel sangue periferico e nel liquor di pazienti con SM, cellule T autoreattive specifiche per la mielina ma anche in controlli sani, nei primi però si tratta di cellule più attivate lasciando spazio all’ipotesi che alla base della SM, più che una aumentata produzione di cellule T autoreattive, ci sia una compromissione dei meccanismi di immunoregolazione o di tolleranza immunitaria. Le cellule T helper 1 (Th 1) producono citochine pro-infiammatorie (IFN-gamma, IL-2, IL-15, TNF-alfa) con conseguente liberazione di ossido nitrico ed altre molecole effettrici che generalmente offrono protezione contro i patogeni; le cellule T helper 2 (Th 2), al contrario, secernono citochine anti-infiammatorie (IL-4, IL-5, IL-6, IL-13).

Altro sottotipo sono le cellule Th 17 che sintetizzano citochine pro-infiammatorie (IL-17, IL-22, , IL-21, TNF-alfa), in particolare l’IL-17 è stata riscontrata nel liquor, nel sangue e nel parenchima cerebrale di pazienti con SM; recettori per IL-17 sono stati riscontrati nelle placche acute e croniche da SM, inoltre, la presenza di cellule Th17 è stata osservata nel liquor di pazienti con SM, a livelli significativamente più alti durante fasi di riesacerbazione clinica piuttosto che in fase di remissione della malattia. Ciò fa supporre che queste cellule abbiano un ruolo centrale nella patogenesi della SM (Tzartos, 2008; V. Brucklacher-Waldert, 2009). Un altro sottogruppo di cellule T CD4+ implicato nella patogenesi della SM è costituito dalle cellule T regolatorie (CD4+CD25+ Treg) che sopprimono la risposta immunitaria dannosa verso antigeni esogeni ed autoantigeni regolando il numero e la funzione delle cellule T autoreattive. Il numero di cellule Treg tra pazienti con SM e controlli pare sia lo stesso, diversi studi hanno dimostrato però come nei pazienti con SM le

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cellule Treg sono meno efficienti nel sopprimere l’attivazione delle cellule T mielino-specifiche (Haas, 2005).

I linfociti T CD8+ o citotossici i quali possono danneggiare le cellule gliali con conseguente esposizione assonale, possono attaccare direttamente il neurone, promuovono la permeabilità vascolare e, inoltre, attraverso la secrezione di perforine, possono inattivare le cellule T CD4+ (Kasper, 2010).

Un ruolo importante nella patogenesi della SM hanno anche i linfociti B che divenuti plasmacellule, producono anticorpi (come prova la presenza di bande oligoclonali nel liquor) con i quali partecipano alla demielinizzazione danneggiando gli oligodendrociti con o senza complemento.

In sintesi, i linfociti Th1 e Th17 attivano i macrofagi e la microglia e provocano demielinizzazione e danno assonale attraverso la liberazione di citochine, mediatori solubili, specie reattive dell’ossigeno (ROS), radicale nitrossido (RNS), e glutammato. Le cellule B, invece, si trasformano in plasmacellule e producono anticorpi che provocano demielinizzazione per fagocitosi o attivazione del complemento. Le cellule presenti nel SNC, oligodendrociti, astrociti e neuroni, in condizioni infiammatorie, esprimono molecole MHC classe I divenendo così potenziali bersagli per i linfociti T CD8+ citotossici (Saxena, 2011).

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I sintomi

La malattia può manifestarsi con una vastissima gamma di sintomi neurologici e può progredire fino ad esitare in disabilità fisica e cognitiva. (Weinshenker BG, 1994). In

seguito ai danni subiti dalla mielina, gli stimoli nervosi non riescono a raggiungere il loro ’’bersaglio’’ nel modo corretto e questo danneggia le diverse funzioni dell’organismo regolate dal SNC, vale a dire il movimento, le sensibilità (tattile, termica, dolorifica, etc.), la vista, l’equilibrio, la coordinazione. (F. Lublin, 2008).

Il quadro clinico che ne consegue è caratterizzato da sintomi multiformi, variamente associati tra loro, che si susseguono e si sommano nel tempo. In particolare si verificano deficit motori (facile affaticamento, paralisi di uno o più arti associata

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spesso ad un aumento del tono muscolare dell’arto compromesso, disturbi della coordinazione), ma anche sensitivi (sensazione di anestesia, formicolio), dell’equilibrio, della vista (annebbiamento, visione doppia), della parola e delle funzioni sfinteriche, soprattutto di quella vescicale. (Loeb- Favale, 2003).

I sintomi della sclerosi multipla solitamente appaiono in episodici periodi di peggioramento acuto (chiamati ricadute, esacerbazioni, attacchi o "flare-up"), in un peggioramento graduale e progressivo della funzione neurologica o in una combinazione di entrambi. (Lublin, 1996). Le ricadute della sclerosi multipla sono spesso imprevedibili, e si verificano senza preavviso e senza evidenti fattori di promozione, con un tasso di frequenza raramente superiore a un episodio e mezzo all'anno. (Composton A, 2008). Alcuni attacchi, tuttavia, sono preceduti da inneschi comuni. Le recidive sono più frequenti durante la primavera e l'estate. (Tataru N, 2006).

Una delle modalità d' esordio della malattia può essere la diminuzione di forza ad un arto, oppure la comparsa di formicolii, vertigini o anche sbandamenti nel camminare; molto frequente è la perdita della vista da un occhio, grave ma di solito reversibile. Studi eseguiti in Scandinavia e in Australia hanno unanimemente indicato che più di 60% degli adulti con neurite ottica svilupperà in seguito la SM. (Nikoskelainen E, 1974).

La sintomatologia può maturare nel tempo: possono scomparire sintomi precedenti e comparirne di nuovi, coinvolgendo regioni del SNC differenti.

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Sintomi e segni possono indicare la progressione di una lesione, ma devono essere tenuti in considerazione nella valutazione del decorso clinico e degli effetti della terapia (Poser, 1980).

Tutti questi fattori clinici sono particolarmente caratteristici, anche se non specifici,

della sclerosi multipla: il segno di Uhthoff, un aggravamento dei sintomi esistenti a

causa di una esposizione a temperature ambientali più elevate del solito e il segno di

Lhermitte, una sensazione di scossa elettrica che percorre la colonna vertebrale e gli

arti inferiori in seguito a flessione o, più raramente, in estensione del collo.

(Composton A. 2008).

La scala clinica più utilizzata dai neurologi, per indicare la progressione della

disabilità e la gravità dei sintomi è la Expanded Disability Status Scale o EDSS,

proposta nel 1983 dal neurologo statunitense John Kurtzke. (Kurtzke 1983). La scala di stato di disabilità estesa (EDSS) è un metodo per quantificare la disabilità nella SM e monitorare le variazioni del livello di disabilità nel tempo.

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La scala più utilizzata è la Fatigue Severity Scale. (Arch Neurol. 2004).

Decorso clinico

L’ opinione comune che considera la sclerosi multipla come una malattia che colpisce persone giovani in un periodo nel quale esse godono di ottima salute, non è corretta. Spesso l’anamnesi rivela che l’affaticamento, la mancanza di energia, la perdita di peso e indistinti dolori muscolari e articolari erano presenti da diversi settimane o da mesi prima dell’insorgenza della sintomatologia neurologica. Non è considerato molto frequente un esordio acuto, quasi apoplettico della sintomatologia neurologica. Diversi fattori sembrano capaci di predire una prognosi peggiore o un decorso più aggressivo della malattia (Bergamaschi, 2007): età all’esordio maggiore di 40 anni, sesso maschile, origini etniche (asiatici, afro-americani), presentazione iniziale con sintomi motori, cerebellari o sfinterici o polifocale, incompleto recupero dopo

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l’attacco iniziale, attacchi frequenti durante il primo anno di malattia, breve intervallo tra i primi due attacchi, rapida progressione della disabilità durante il primo anno, progressione della disabilità sin dall’esordio, compromissione cognitiva all’esordio, presenza di OCBs nel liquor, importante carico lesionale o presenza di lesioni captanti mdc alla RMN eseguita all’esordio della malattia.

Dopo aver analizzato le modalità di insorgenza della malattia in 219 pazienti, McAlpine et al. Trovarono che nel 20% circa dei casi i sintomi di tipo neurologico si erano interamente sviluppati nel giro di pochi minuti, mentre in una percentuale simile di casi ciò si era verificato nell’arco di poche ore. Nel 30% circa dei casi i sintomi avevano invece avuto un’evoluzione più lenta, della durata di un giorno o di alcuni giorni; in un altro 20% l’evoluzione era stata ancora più graduale, essendosi protratta per diversi settimane o anche per alcuni mesi. Nel rimanenti 10% dei casi esaminati i sintomi avevano avuto un esordio subdolo e una progressione costante durante molti mesi e anche per anni.

Tutte le regioni del SNC che contengono mielina possono essere colpite dal processo demielinizzante: se viene colpito il cervello si avrà prevalentemente un’alterazione del tono muscolare (sindrome piramidale/extrapiramidale), con presenza in entrambe di spasticità:

Se viene interessato il cervelletto si avrà una sintomatologia con prevalenza di disturbi cerebellari: i disturbi dell’equilibrio interessano sia il tronco che gli arti inferiori e si identificano in dismetrie, instabilità ed andatura atasso-spastica. La

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fatica è una delle più importanti cause di disabilità nella SM (Freal, 1984), e purtroppo non causa anomalie obiettive ed evidenti. La fatica ha diverse possibili cause:
“Fatica da handicap”, dovuta all’aumento degli sforzi necessari per eseguire

attività di routine;


“Fatica della funzione motoria” con azioni ripetitive o con aumento della

temperatura corporea, che riflette il fatto che la conduzione nervosa nelle fibre demielinizzante è sensibile all’esaurimento, al blocco velocità – dipendente e al blocco di conduzione con aumento della temperatura e “fatica sistemica” descritta come cronica mancanza di energia, stanchezza o malessere generale.
 Gli effetti della

demielinizzazione si ripercuotono sulla propagazione dell’impulso nervoso, generando una diminuzione della velocità dello stesso, producendo quel senso di stanchezza riscontrabile nella prevalenza dei pazienti. L’eziologia di questo sintomo è

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17 Si possono distinguere almeno quattro forme cliniche di malattia (Lublin and Reingold, 1996)

1. Recidivante - remittente (SM-RR): rappresenta l’80-85% delle diagnosi iniziali di SM ed è caratterizzata dalla comparsa di segni o sintomi neurologici nuovi o ricorrenti con successivo parziale o completo recupero ed assenza di progressione della malattia tra una ricaduta e l’altra.

2. Primariamente progressiva (SM-PP). Caratterizzata da un peggioramento delle funzioni neurologiche fin dalla comparsa dei primi sintomi, in assenza di vere e proprie ricadute o remissioni, con l’accumulo di deficit e disabilità. Si verifica in circa il 10-15% dei casi

3. Progressiva-Recidivante (SM-PR): progressiva dall’esordio con chiare ricadute di malattia, con o senza completo recupero.

4. Secondariamente progressiva (SM-SP): E’ caratterizzata dalla progressione graduale della disabilità con e senza ricadute. Riguarda quelle forme recidivanti –

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intermittenti che hanno perso il caratteristico andamento intermittente, dopo un variabile periodo dall’esordio (5-20 anni), nella prevalenza dei casi il decorso diventa progressivo con o senza sovrapposte ricadute. Circa l’80% dei pazienti presenta il quadro clinico della Recidivante –Remittente che più tardi si trasformerà in quello della Secondaria Progressiva soprattutto se l’esordio è in età giovanile.

Lo sviluppo di un andamento progressivo è di gran lunga l’evento più deleterio nel caso di un paziente SM. Essa si verifica in circa 90% delle forme recidivanti di pazienti remittenti da 20-25 anni dall’ esordio. La transizione clinica a SM-SP è fenotipicamente distintivo e pazienti e medici riconoscono che si è verificato un cambiamento fondamentale in grado di risposta alle terapie anti-infiammatorie. (Trojano, 2003)

Il corso di SM può essere considerato come l’espressione di due fenomeni clinici recidive di sintomi acute neurologici, che terminano con una remissione parziale o completa, e la progressione, che si riferisce ai segni stabili e irreversibile peggioramento dei sintomi e oltre > 6 mesi. Questa analisi porta nell’ equazione l’interazione tra due attività biologiche: infiammazione e degenerazione. C’è una forte evidenza che le recidive sono principalmente l’espressione di infiammazione acuta, focale, diffusi e ricorrenti che si verificano all’ interno del SNC (Youl, 1991). Per ogni episodio clinico, v’è una media di 10 nove lesioni MRI (McDonald, 1994). Si può dire che la SM non dorme mai e che le recidive sono quindi una diretta, ma anche un “filtrato” espressione clinica di infiammazione. C’ è anche una crescente evidenza della patologia (Evandelou, 2000) e le tecniche di MR (Losseff, 1996) che

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la progressione e l’accumulo di disabilità in correlazione con i primi, diffusa, perdita assonale cronica e progressiva, che è la caratteristica del processo neurodegenerativo nella SM.

Per 85% dei pazienti, le recidive sono l’esclusiva espressione clinica della SM durante i primi anni della malattia e questo definisce la fase recidivante-remittente. In una proporzione di questi pazienti che aumenta con la durata della malattia, il corso della SM trasformabile in fase progressiva secondaria. Il 15% dei pazienti, la fase progressiva è privo di una fase dirimessa precedente. Recidive sono presente durante il primario o della fase secondaria progressiva della malattia in - 40% dei pazienti (Confavreux, 2000). A seguito di un sondaggio internazionale di medici coinvolti con la SM, il consenso attuale è quello di prendere in considerazione quattro categorie distinte (Lublino, 1996). Il corso complessivo della SM è quindi classificato come “recidivante-remittente” quando alle esposizioni della malattia si uniscono ricadute e remissioni; “secondaria progressiva” quando una fase iniziale dirimessa è seguita da una fase progressiva, sia sovrapposta con ricadute o no; “primaria progressiva” quando la malattia inizia con una fase progressiva e non sopraviene ricaduta su progressione; “recidivante progressiva “ quando è presente dall’ inizio della malattia e sovrapposta con ricadute in fase progressiva. Alcuni autori considerano anche una categoria di “sclerosi multipla di transizione” per rappresentare i casi con una ricaduta che si verifica isolata ad un certo punto, prima o dopo l’insorgenza di progressione della malattia (Filippi, 1995). Alcune regole possono essere trattate

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dall’analisi statiche della storia naturale della SM, per capire a fondo il concetto unificante della malattia come la rivalutazione della classificazione. (Lublino, 1996). La SM può seguire molto diversi modelli di evoluzione e tassi variabili di accumulo di disabilità. Sono state valutate le caratteristiche demografiche e cliniche in 1844 pazienti con SM, che secondo la classificazione di Lublin e Reingold (1996) in 1066 (58%) si presentava recidivante-remittente (RR), in 496 (27%) secondaria

progressiva (SP), in 109 (6%) progressiva recidivante (PR)e in 173 (9%) primaria progressiva(PP) di SM.

SM-RR e casi di SM-SP condiviso stessa età di esordio della malattia (mediana =28.7 vs 29,5 anni; p=0,21), i sintomi iniziali della fase RR, il grado di recupero dal primo episodio neurologico e di tempo dal primo al il secondo episodio. La durata della malattia era due volte più lunghe in SP rispetto ai casi RR (media+/-SD=17,6+/-9,6 contro 8,7 + /- 8,6 anni; p<0,001).

RP e casi PP erano essenzialmente simili nelle loro caratteristiche cliniche. In pazienti con un decorso progressivo, e età media di esordio della fase progressiva è stata simile nei casi che erano progressivi dall’ inizio (39,1 vs 40,1 anni; p= 0,47). La proporzione dei casi con ricadute sovrapposte durante la progressione è stata di circa il 40% in entrambe le categorie. Infine, i 1562 pazienti con un ciclo iniziale esacerbando-remittente e 282 pazienti con un ciclo iniziale progressiva della malattia erano sostanzialmente simili per quanto riguarda l’andamento temporale di accumulo disabilità da assegnazione di punti di riferimento di disabilità. Questi dati osservazionali suggeriscono che il fenotipo clinico e il decorso della SM sono l’età

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dipendente. Dirimessa malattia può essere considerata come la SM in cui il tempo è trascorso insufficiente per la conversione di progressione secondaria; forme progressive secondarie come la SM-RR che ha “invecchiato”; e progressivo da casi insorgenza SM “amputati” dal solito precedente fase dirimessa.

Dalle posizioni cliniche e statistiche, SM potrebbe essere considerato come una malattia con diversi fenotipi clinici piuttosto che un’entità che comprende varie malattie distinte la posizione di complessità anziché eterogeneità. (Storia naturale SM 2006).

Predire l’esito clinico è uno dei maggiori e più interessante problemi in pazienti con SM. Se l’andamento globale della disabilità (Kurtzke, 1983) è stato ampiamente studiato, tanto meno si conosce la progressione della disabilità durante la fase secondaria progressiva della malattia. La fase secondaria progressiva della SM e il più spesso associato con lo sviluppo di disabilità grave e irreversibile. La SM-SP è stato definito da Lublin e Reingold come ’’corso dirimessa iniziale seguita da progressione, con o senza remissioni occasionali e plateau’’. Possono anche verificarsi recidive durante questa fase progressiva. Tuttavia, nella pratica quotidiana, è spesso difficile determinare l’inizio della frase progressiva, in particolare nei casi con insorgenza recidivante – remittente. Inoltre, la data di inizio della fase progressiva secondaria è definita retrospettivamente, come un periodo di 6 o 12 mesi di progressione richiesto per definizione. La fase secondaria progressiva della SM è più spesso associato con lo sviluppo di disabilità grave e irreversibile. La frequenza

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di conversione di una forma progressiva secondaria dipende dalla durata del follow-up della coorte. Questa è stato chiaramente dimostrato da Weinshenker nel 1989. Ci sono due principali studi sui fattori clinici che predicono l’evoluzione dall’ inizio recidivante-remittente fino alla fase secondaria progressiva. Trojano ed Riise hanno scoperto che alla più giovane età di esordio è stato associato ad un tempo più lungo per la progressione. Un recupero completo dopo la prima ricaduta e sintomi visibile sono stati anche associati ad una prognosi migliore. E’ stato il contrario per il sistema piramidale e segni cerebellari. Questi effetto di sintomi non è stato confermato da Trojano. Non c’era differenza tra maschi e femmine in queste due serie.

Forme più rare di SM, sono le seguenti:

-forma benigna (circa 10%), caratterizzata da pochi episodi acuti, di scarsa intensità, a cui segue un recupero completo delle funzioni. In questi soggetti l’esame neurologico è normale o alterato in misura minima. In alcuni casi può evolvere in una forma progressiva;

-malattia di Schindler, tipica dei bambini, caratterizzata da lesioni ampie e confluenti

della sostanza bianca (Capello and Mancardi, 2004);

-forma asintomatica o ‘’clinicamente silente’’ raggruppa quelle persone che non

hanno mai avuto nel corso della loro vita sintomi della malattia e la cui diagnosi viene fatta dopo la morte.

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Diagnosi della SM

La diagnosi di SM è principalmente clinica, fondata sulla dimostrazione di segni e sintomi attribuibili a lesioni della sostanza bianca disseminate nello spazio e nel tempo, insieme all’esclusione di altre condizioni che possano simulare una SM. Il ruolo della Risonanza magnetica (RMN) è fondamentale; le lesioni alla RMN sono iperintense nelle immagini pesate in T2 e in T1, di forma ovoidale, di piccole dimensioni (3-4 mm, ma anche placche giganti) situate principalmente nella sostanza bianca periventricolare ma anche in fossa cranica posteriore, nel midollo spinale e in sede corticale e sottocorticale. Hanno di solito un asse maggiore perpendicolare ai ventricoli, coinvolgono il corpo calloso e le fibre a U, e possono captare il mezzo di contrasto (MDC) nella fase di attività della malattia per danno della barriera emato - encefalica (BEE). (Ceccarelli, 2012).

La sindrome clinicamente isolata (CIS) rappresenta il primo episodio clinico durante il quale il paziente ha segni e sintomi suggestivi di una malattia infiammatoria demielinizzante del SNC, con rapida progressione da 24 ore a 2-3 settimane in assenza di febbre, di infezioni e di aspetti clinici di encefalopatia (Miller, 2008). Per quanto riguarda la RMN, il rischio aumenta con l’aumentare del numero delle lesioni ed è più alto in caso di interessamento della fossa cranica posteriore. Sulla base degli studi a lungo termine, si può concludere che il rischio di conversione a SM Per la conversione di una CIS, i principali fattori di rischio a SM sono rappresentati dalla RMN (il 50-70% degli adulti con CIS hanno multiple lesioni asintomatiche

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della sostanza bianca encefaliche, iperintense in T2, suggestive di demielinizzazione) e dalla presenza di bande oligoclonali nel liquore del 60-80% se ci sono lesioni alla RMN e del 20% se non ci sono altre lesioni oltre a quella sintomatica (Fisniku, 2008;); di recente anche il riscontro RMN di atrofia della sostanza bianca e grigia è risultato un importante fattore predittivo di conversione a SM (Calabrese, 2011). Meno importante, sembra essere Il ruolo del liquor, in particolare la presenza di bande oligoclonali (OCBs) sembra essere un fattore predittivo significativo solo nei casi di RMN negativa o con poche lesioni. (Tintoré, 2008).

Circa in un terzo di tutti i pazienti affetti da SM, e in modo particolare in quelli che hanno avuto un esordio acuto o un successivo episodio de esacerbazione della malattia, può essere presente un grado lieve o comunque moderato di pleiocitosi mononucleate. In alcuni gravi processi demielinizzanti a carico del tronco, la conta totale delle cellule può dare valori che raggiungono o superano i 100 e raramente anche i 1000 elementi per mm³; in questi casi vi è un elevata percentuale di leucociti polimorfonucleati. Questi pleiocitosi costituiscono di fatto l’unico metro per la valutazione dell’attività della malattia. Altri esami di laboratorio (fatta eccezione per la proteina basica della mielina) non riflettono l’andamento della malattia.

Nel 40% dei pazienti, il contenuto totale di proteine del liquor risulta essere aumentato (100 mg per 100 ml). Decisamente più importante è l’aumento della percentuale di gammaglobuline (essenzialmente IgG), che in questi casi rappresentano più del 12-13% delle proteine totali; questo aumento si verifica nei due terzi circa dei pazienti. E’ stato dimostrato che le gammaglobuline nel liquor dei

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pazienti affetti da SM vengono sintetizzate a livello del SNC (Tourtellotte, 1983) e che esse migrano dopo elettroforesi in gel di agarosio come popolazioni discrete anormali, le cosiddette bande oligoclonali IgG (Johnson, 1977).

L’indice delle IgG e il test per le bande oligoclonali IgG sono esami clinici di laboratorio facilmente realizzabili che, eseguiti parallelamente, riveleranno la presenza di anomalia nella composizione del liquor nel 90% circa dei casi di SM. La dimostrazione delle bande oligoclonali nel liquor e non nel sangue può essere di particolare aiuto nella diagnosi delle forme precoci i atipiche di SM. La presenza di questi bande in un primo attacco della malattia permette di prevedere una SM ad andamento cronico recidivante, in accordo con Moulin e con altri autori. (Moulin D, 1983).

Attraverso l’impego di un saggio radioimmunologico molto sensibile, è stato possibile dimostrare che il liquor, durante le fasi di peggioramento della SM, contiene livelli elevati di proteina basica della mielina; questi livelli sono più bassi nelle forme di SM a progressione lenta mentre sono pressoché normali durante i periodi in cui si verifica un miglioramento della malattia (Cohen, 2002); purtroppo la sua esecuzione non è semplice ed esso viene fatto in pochi laboratori.

Se vengono presi in considerazione il numero delle cellule mononucleate, le proteine totali, il dosaggio delle gammaglobuline e la presenza di bande oligoclonali, sarà possibile rilevare la presenza di qualche anormalità pressoché in tutti pazienti affetti da SM. Attualmente il dosaggio delle gammaglobuline e la ricerca delle bande

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oligoclonali nel liquor sono gli unici esami di laboratorio relativi alla SM, realmente attendibili.

Anche la TAC può essere utile nella ricerca di lesioni cerebrali asintomatiche che ancora si trovano ai primi stadi d’evoluzione e aumenta la possibilità di evidenziare lesioni durante gli episodi di esacerbazione della malattia (Sears, 1982). In alcuni casi solo la RM potrà rilevare la presenza di alcuni lesioni che non era stato possibile osservare con una TAC con contrasto.

Risonanza Magnetica Nucleare (MRI):

La scansione MRI è un test diagnostico più recente, che può chiaramente mostrare la dimensione, la quantità, e la distribuzione delle lesioni e assieme alle altre evidenze di sostegno ottenute dall’anamnesi e dall’esame neurologico, costituisce un indicatore molto significativo nella conferma della diagnosi.

Negli ultimi anni sono stati compiuti notevoli progressi nell’ambito delle conoscenze sulla SM ed un ruolo fondamentale è stato svolto dalla risonanza magnetica (RM). Essa attualmente è determinante non soltanto nel processo diagnostico, ma anche nella previsione del decorso della malattia, e nel monitoraggio terapeutico e nella valutazione degli effetti delle terapie.

Il primo tentativo di standardizzare dei criteri diagnostici per la SM, è stato effettuato introducendo i concetti fondamentali di disseminazione nello spazio (DIS) e nel tempo (DIT), definendo il concetto di recidiva (evento clinico della durata di almeno 24 ore, ad almeno 30 giorni di distanza da un altro episodio clinico) e di “no better explanation”. Nel 1983, dopo i criteri diagnostici di Schumacher del 1965, seguirono

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i criteri di Poser che introdusse gli esami elettrofisiologici (potenziali evocati) e l’esame liquorale per documentare un danno asintomatico del SNC. La necessità di una diagnosi precoce e il ruolo fondamentale ricoperto dalla RM portarono alla formulazione dei criteri diagnostici di McDonald nel 2001. In seguito sono state pubblicate le revisioni del 2005 e del 2010. A gennaio 2016 sono state pubblicate le nuove linee guida proposte dal MAGNIMS ( European collaborative research network for MRI in multiple sclerosis), i cui punti fondamentali sono i seguenti: dovrebbero contribuire a definire la disseminazione nello spazio almeno tre lesioni periventricolari (una singola lesione non è sufficientemente specifica), la presenza di lesioni del nervo ottico e di lesioni corticali/juxtacorticali (non solo queste ultime), inoltre, per definire la disseminazione nello spazio e nel tempo non dovrebbe essere fatta alcuna distinzione tra lesioni RMN sintomatiche o asintomatiche. La RMN completa del midollo è raccomandata per definire la disseminazione nello spazio, mentre il ruolo ricoperto nel definire la disseminazione nel tempo è più limitato. In presenza di aspetti clinici, radiologici o laboratoristico/strumentali atipici, bisogna mettere in discussione la diagnosi ed escludere altre malattie demielinizzanti del SNC, malattie infettive, reumatologiche, vascolari, metaboliche, carenziali, genetiche etc.

La SM è essenzialmente una diagnosi clinica e sono necessari diversi test e varie procedure, includenti le seguenti indagini cliniche:

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Terapia della sclerosi multipla progressiva secondaria

Nonostante i progressi compiuti dal punto di vista terapeutico, oggi non esistono ancora terapie definitive che eliminino completamente la malattia. Sono disponibili diversi trattamenti con lo scopo di allevare l’incidenza e la severità degli attacchi nelle maggior parte dei casi. Tuttavia, i farmaci oggi impiegati sono in grado di influenzare positivamente il decorso della malattia e di ridurre l’attività, ma ancora non rappresentano una soluzione definitiva al problema. Gli obiettivi primari della terapia sono quelli di impedire nuovi attacchi e di prevenire le disabilità.

Attualmente la SM è una malattia incurabile e il suo trattamento farmacologico si basa su tre categorie: un numero crescente di farmaci che modificano la malattia (DMD) specificamente progettati per SM, corticosteroidi per complicazioni acute e vari farmaci per il controllo sintomatico. DMD riduce i tassi di recidiva e l’onere della lesione, anche se ci sono meno prove che siano efficaci nel prevenire la progressione della disabilità. (Mendes, 2011). Le immunoterapie possono essere

distinte in due grandi categorie:

1.Immunosoppressive:

Alla prima categoria appartengono farmaci o procedure che, in maniera aspecifica, sopprimono o riducono globalmente tutte le risposte immunitarie. Gli immunosoppressori possono essere somministrati per prevenire le ricadute di malattia

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attraverso una riduzione globale dell’attività delle cellule del sistema immunitario. Per alleviare i sintomi come spasticità, fatica, disfunzioni vescicali, sono disponibile terapie cosiddette sintomatiche.

2.Immunomodulanti:

Alla seconda appartengono agenti con effetti specifici (soppressori o stimolanti) su determinati gradini della cascata immunitaria ritenuta responsabile della patogenesi della malattia.

Al momento dell’attacco acuto della malattia vengono usati gli steroidi (cortisonici) per il loro effetto antinfiammatorio e di soppressione del sistema immunitario; questi, impiegati ad alto dosaggio e per brevi periodi, riducono, la gravità della ricaduta e limitano il danno alla mielina.

I farmaci attualmente a disposizione sono in grado di influenzare positivamente il decorso della malattia e di ridurre l’attività, ma ancora non rappresentano una soluzione definitiva al problema. Gli obiettivi primari della terapia sono di impedire nuovi attacchi e di prevenire le disabilità.

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Nome Nome commerciale

Interferone beta-1a Avonex®, Rebif® Interferone beta-1b Betaferon®, Extavia® Glatiramer acetato Copaxone®

Natalizumab Tysabri® Fingolimod Gilenya® Mitoxantrone Ralenova® Teriflunomide Aubagio® Peginterferone Plegridy® Dimetilfumarato Tecfidera® Alemtuzumab Lemtrada®

Tutti i farmaci sopra elencati, anche se con meccanismi diversi, risultano essere utili nel ridurre il numero di attacchi nella sclerosi multipla recidivante-remittente (SMRR) anche se con efficacia farmacologica diversa, inoltre gli studi sui loro effetti a lungo termine sono ancora limitati. (Comi G, 2009); (Composton A, 2008).

Nella letteratura scientifica emerge l’efficacia dell’esercizio fisico (Patti F, 2002) nel trattamento della sclerosi multipla e l’iniziale evidenza della riduzione del sintomo fatica ad esso associato. 


E’ doveroso sottolineare i limiti di questi studi, come brevità del periodo di

trattamento
, scarsa specificità e molteplicità degli interventi riabilitativi proposti. Va

ricordato inoltre che le Linee Guida sulla Riabilitazione della Sclerosi Multipla, raccomandano che la terapia Riabilitativa in questa patologia deve essere di tipo

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Pertanto, strategie terapeutiche per la gestione del simpatico, che comprendono le tecniche non farmaceutiche con fini di riabilitazione, svolgono un ruolo importante. Ci sono prove sistematiche di riesame che suggeriscono che la terapia di esercizio è un trattamento efficace per la SM. (Rietberg; 2005). In particolare miglioramento

della forza muscolare e della forma fisica, dell’equilibrio, della qualità della vita e della depressione, oltre ad effetti positivi sulla fatica (Sa. 2013). Questi risultati, tuttavia, sono limitati principalmente a pazienti con MS e disabilità lieve-moderata e nella maggior parte degli studi inclusi nelle revisioni sono utilizzati principalmente interventi strutturati, supervisionati e professionali.

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SCOPO DELLA TESI

Analizzare le metodiche di valutazione motoria e aspetti

dell’intervento adattativo motorio nel trattamento delle forme

secondarie progressive della SM.

Di riportare i risultati osservati durante il Tirocinio per l’effetto

dell’utilizzo di un protocollo di esercizio fisico su una casistica di

soggetti affetti da SM.

Valutazione motoria nella SM

L’ esame morfologico e funzionale: Per stabilire una corretta stesura di un protocollo

motorio, a fronte della diagnosi funzionale e del parere del personale medico e dei famigliari e non ultimo del soggetto stesso che comunque è fondamentale consultare, dobbiamo prima procedere ad effettuare un esame morfologico e funzionale del soggetto che intendiamo trattare, in particolare è importante ricercare i parametri valutativi elencati sotto:

Contratture muscolari. E’ una complicanza diffusa nella SM che si può manifestare

sia come compenso dovuto all’ ipostenia- ipotonia sia come conseguenza all’ipertonia. Inoltre le contratture possono derivare da vere e proprie patologie del rachide.

Problemi respiratori. Insufficienza dell’attacco inspiratorio dovuta a una

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I contenuti della ginnastica nella disabilità

Un piano di lavoro generico, specificando le indicazioni per le varie disabilità:

Studio capacità motorie residue, si parte da quello che il soggetto è in grado di fare. Applicazione sistematica schemi motori di base, faremo eseguire le varie andature come striscio, carponi, rotolamenti ecc.

Esercizi di mobilizzazione e allungamento attivi/passivi, per tutte le articolazioni ma in particolare per le articolazioni di anca-ginocchia-caviglia-dita dei piedi, ovvero per quelle articolazioni che più frequentemente tendono ad irrigidirsi o, come nel caso di soggetti in carrozzina, non vengono mai usate.

GRI, ginnastica respiratoria intrinseca, tutti gli esercizi del soffiare con il naso e la bocca, apnee inspiratoria ed espiratoria, respirazione a tempi controllati (es. inspirare per due secondi ed espirare in quattro).

Studio rilassamento volontario, iniziando dal rilassamento segmentario di un arto, secondo le tecniche del training autogeno. E’ comunque estremamente difficile ottenere un buon grado di rilassamento in soggetti diversamente abili.

I principali esercizi da utilizzare nell’ambito della deficit psicomotori, questi esercizi sono rivelati i più efficaci e completi sia come stimolazione neuromotoria che organica e funzionale:

Esercizi di stretching per il rispristino dell’arco di movimento

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Esercizi di propriocettiva e di Core stability per il recupero dell’equilibrio statico e dinamico, per un maggior controllo dell’esecuzione del gesto tecnico sport-specifico. L’obiettivo principale della ginnastica nella disabilità è di mantenere, consolidare e migliorare lo stato di una buona salute. I professionisti del settore

sanitario dovrebbero utilizzare le attività prioritarie da parte delle persone con

SM nella comunità e sostenere l’esercizio fisico e l’attività fisica nella popolazione.

Possibilità di un trattamento basato sull’esercizio fisico

Il programma di allenamento quotidiano debba contenere:

Ginnastica dolce

Attività fisica in acqua (piscina) e a secco (palestra) Rilassamento psico-fisico

L’ apprendimento delle tecniche di esercizio fisico (attività fisica, conoscenza della

malattia, approcci di tipo cognitivo- comportamentale, ecc.) possono indure nei

soggetti un cambiamento positivo nell’ affrontare la malattia, migliorando sia la

percezione dei sintomi sia la capacità di gestire la malattia e la terapia in

collaborazione con lo specialista.

Programma di attività fisica per i soggetti con SM 1.Esercizi di respirazione diaframmatica (o addominale).

Collocare volontariamente il respiro a livello dell’addome, consentendo al diaframma la massima libertà di movimento. L’inspirazione e breve e naturale, l’espirazione è

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lenta e prolungata. Svotare completamenti i polmoni e far uscire più aria di quanto ne sia entrata. Ad ogni inspiro gonfiate la pancia in direzione del soffitto, ad ogni espiro sgonfiate la pancia.

2. Respirazione toracica.

Appoggiare le mani lateralmente alle coste, appena sotto il petto, e provate ad inibire il movimento dell’addome. Provare di sentire ora il movimento e la direzione che il respiro dà al vostro torace; si muove in due direzioni: ad ogni inspiro si apre lateralmente e si soleva verso l’alto; si chiude si abbassa e scende verso l’addome ad ogni espiro.

3. Respirazione combinata. (Addominale / toracica) (3’)

4. Trasverso del bacino.

Posizione di partenza: supini, braccia lungo fianchi, gambe appoggiate su trapezio.

5. Retroversione del bacino

Esecuzione: riprendere contatto con la respirazione addominale e accompagnare il movimento del respiro con quello del bacino: durante l’inspirazione, il bacino si trova nella sua posizione neutra e tutto è rilassato; durante l’espirazione, facendo aderire bene il dorso al tappeto, cercare di spingere il coccige verso l’alto far leva solo su bacino che si troverà in questo modo a stretto contatto con il solo. Il bacino si arrotola cosi verso lo sterno, la pancia rientra e la zona lombare si appiattisce al tappeto. (5’).

6. Il “ponte”

Posizione di partenza: supini, piedi in appoggio con una palla tra ginocchia. Esecuzione: ad ogni inspirazione, staccare il bacino dal suolo, prima il sacro poi la zona lombare sino al dorso, schiacciare la palla con li ginocchia; durante l’espiro le vertebre più alte iniziano scendere, appoggiare prima le vertebre dorsali, poi il bacino sino al sacro che tocca il suolo. (2x 10)

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7.Ginochia al petto dinamico

Posizione di partenza: supini, braccia lungo il corpo, gambe in appoggio . Prendere contatto col respiro addominale.

Esecuzione: all’espiro piegare il ginochio destro aiutandoci con le mani avecinarlo al petto; al inspiro riappoggiare delicatamente la gamba. Stessa cosa con la gamba sinistra. ( 5’’x10 ).

8.Mantice

Esecuzione: dalla posizione supina, piegare una alla volta le gambe, e portare le ginochia al petto, prendendoli con le mani; riprendere contatto con la respirazione addominale. Ad ogni espiro avvicinare sempre i ginochia al petto; ad ogni inspiro allontanare un po’.

9. Estenssione della gamba

Posizione di partenza: supini, portare la gamba destra al petto prendendola con le mani.

Esecuzione: durante l’espiro la gamba sale verso il soffito, durante l’inspiro la gamba scende per forza di gravità. Ripetere dall’alto latto. Eseguire 5 ripetizioni da 10’’.

10. Allungamento dei muscoli posteriori della gamba (con elastico)

Esecuzione: eseguire l’esercizio precedente aiutandoci con l’utilizzo di un elastico., facendolo passare sotto la pianta del piede e afferandolo con entrambi le mani. (5 ripetizioni da 10’’)

11. Estensione delle braccia ( con due braccia )

Posizione di partenza: zona lombare ben appogiata, braccia lungo il corpo, le gambe appogiati su trapezzio .

Esecuzione: portare ad ogni inspiro le braccia verso l’alto.Alternare il ritmo delle braccia e del respiro in modo che quando le mani toccano il tapetto il respiro è finito. ( 3’)

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Posizione di partenza: sul fianco, tratto cervicale ben allineato con il resto della colona, braccia aperte in linea con le spale e palmi delle mani a contato, ginocchia flesse a formare un angolo di 90 gradi.

Esecuzione: all’inspiro sollevare il braccio sinistro verso l’alto , cosi da espandere bene i polmoni e seguire con lo sguardo la traiettoria da esso compiuta; al espiro lasciate ridiscendere il braccio , mentre il capo tora alla sua posizione iniziale. Ripetere dall’ alto latto, (10 ripetezioni di ogni latto).

13. Esercizi di mobilizzazione del cingolo scapolo-umerale Pivot scapolare avanti / dietro le spalle

Posizione di partenza: posizione seduta, le mani a livello degli inguini, non irrigidire la colona.

Esecuzione: all’inspiro portare le spalle indietro, all’espiro in avanti. (3x15).

14. Riprogrammazione fase del passo (Parallele)

15. Propriocettiva statica/dinamica su piano instabile: in appoggio occhi apertti e chiusi. (20’’ a posizione )

L’ attività motoria adattata per i soggetti con SM in piscina

L’idrokinesiterapia è una metodica riabilitativa che si avvale dell’acqua come supporto fondamentale per la rieducazione del soggetto o come prevenzione. Avvalendosi di ausili quali tavolette, ciambelle e tubi galleggianti, il specialista crea un programma riabilitativo personalizzato, finalizzato al rinforzo muscolare, al miglioramento della sintomatologia dolorosa, dell’equilibrio e

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della propriocezione consentendo di raggiungere un adeguato recupero funzionale.

Caratteristiche della vasca rieducativa: La piscina ha 4 livelli di acqua:

Vasca profonda 220cm; Vasca media 100cm; Vasca bassa 80cm; Vasca fredda 50cm;

Temperatura invernale dell’acqua nella piscina è di: 33° - 34°C Temperatura estiva è di: 31° - 32°C

Temperatura riadattata al soggetto con SM: Temperatura estiva---32,5°C

Temperatura invernale ---- --30,5°C

Acqua media

Recupero fase del passo con ausilio e passamano Recupero fase del passo con ostacolo

Mobilità arti inferiori da seduti

Acqua profonda

Adduttori /abduttori a gamba tesa Flesso / Estensione gamba tesa

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Simulazione del movimento della bicicletta

Acqua bassa + fredda

Camminata nel percorso vascolare con doppio appoggio con finalità di ricercare equilibrio disturbato dalle turbolenze deli getti e di andare incontro alla variazione di temperatura per la termosensibilità del soggetto.

Nuoto o esercizio in acqua: costituisce un buon allenamento cardiovascolare, in quanto l’acqua riduce notevolmente il sovraffaticamento delle articolazioni e riduce

la rigidità, diminuendo la percezione del dolore.

Ruolo dell’esercizio fisico nelle forme secondariamente progressive

Per quanto lo sport non possa frenare l'avanzamento della SM, diversi studi clinici su grande scala hanno dimostrato che esercizi fisici regolari possono avere effetti positivi sulle limitazioni fisiche legate alla malattia. Nella maggioranza dei pazienti che per settimane o mesi hanno fatto esercizio fisico sotto la guida di personale specializzato è stato rilevato un netto miglioramento della mobilità, della resistenza e della coordinazione. Sono stati riscontrati effetti positivi anche sulla depressione e sulla stanchezza. Inoltre, specialmente gli sport di gruppo favoriscono i contatti

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sociali, un altro fattore che migliora l'umore. Ma anche la vita di tutti i giorni ci offre numerose possibilità per fare movimento: percorrere brevi tragitti a piedi o in bicicletta, salire le scale per uno o due piani, scendere dall'autobus una fermata prima e poi proseguire a piedi, parcheggiare l'auto un po' più lontano da dove si deve andare. Sicuramente ognuno potrà trovare tantissimi altri modi per soddisfare il suo bisogno di muoversi.

Storicamente, agli individui affetti di SM veniva sconsigliata la partecipazione all’attività fisica a causa di un peggioramento dei sintomi. Oggi, sotto la direzione di

un specialista, la partecipazione ad attività fisica può essere considerata sicura e utile. La ricerca medica ha sostenuto il ruolo riabilitativo dell’attività fisica nel migliorare la forza muscolare, la mobilità, lo stato psichico e la funzionalità intestinale, condizionando l qualità di vita in generale.

L'equazione FITT (frequenza di esercizio, l'intensità di esercizio, tipo di esercizio e tempo di esercizio) viene in genere utilizzata per prescriverli. (Susan O'Sullivan, 2007). A seconda della persona, le attività possono comprendere esercizi di resistenza (Dalgas, 2009) camminate e nuoto, ed esercizi di yoga, tai chi e altri (URL consultato l'11 maggio 2011). La pianificazione di un adeguato esercizio fisico deve essere attentamente effettuata per ogni paziente, in modo da tenere conto di tutte le controindicazioni e precauzioni. (Susan O'Sullivan, 2007). Vi sono alcune evidenze che le misure di raffreddamento sono efficaci nel consentire una maggiore intensità nell'esercizio fisico. (Davis, 2010).

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Il ruolo dell’esercizio e dell’attività fisica è stato ritenuto vantaggioso nella gestione delle disabilità causate dalla SM. Nonostante i benefici noti, molte persone con SM sono inattive.

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La mia esperienza di Tirocinio

Ho trascorso il mio periodo di tirocinio formativo presso il Centro di riabilitazione KINETIC Center Srl a Pisa, dove ho assistito e partecipato alle attività svolte in palestra e piscina. La struttura, nell’ambito di competenza, esegue prestazioni di recupero e riabilitazione funzionale: Kinesiterapia. Con esercitazioni di rieducazione neuromotoria, rieducazione propriocettiva, facilitazioni neuromuscolari, effettuati manualmente o con l’ausilio di piccoli attrezzi o macchine (bike, tapis-roulant,

macchinari isotonici) si mira al recupero funzionale di muscoli o segmenti corporei colpiti, al rafforzamento di quelli rimasti integri e al recupero delle capacità aerobiche.

Riabilitazione dell’autonomia: vanno sfruttate le possibilità motorie e cognitive

recuperate e studiare l’eventuale applicazione di ausili tecnologici e di modifiche ambientali per evitare o ridurre le necessità di assistenza e mirare al reinserimento scolastico o lavorativo.

La sclerosi multipla è la sindrome che, se trattata con costanza e per un lungo periodo in uno stadio non avanzato della malattia, conduce ad un recupero funzionale talvolta sorprendente e può consentire una vita piena e ricca alla persona.

Durante il Tirocinio ho fatto un analisi su un gruppo di soggetti con diversi forme progressive della SM che frequentavano il centro riabilitativo “Kinetic”.

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Ognuno di questi soggetti presentava una storia diversa della malattia per cui anche il programma di attività motoria è stato adattato in base alle loro esigenze personali.

SOGGETTO A: femmina, età 16 anni (utilizza la sedia a rotelle), con deficit di autonomia posturale con scoliosi grave, cifosi dorsale, deficit respiratorio. Arrivata al centro nel 2015, è stata sottoposta ad un programma di attività motoria adattata in piscina per tre volte la settimana: bike per 5 min., abduzioni e adduzioni con gambe estese in vasca alta, sforbiciata a gambe estese con esercizi di respirazione. Al suo arrivo il grado di disabilità in base alla Scala EDSS era di 7,5. Ad oggi frequenta ancora la palestra e riesce a camminare per circa 10 metri.

SOGGETTO B: femmina,32 anni, con patologia ancora da definire con SM in fase iniziale. Presenta ipotonia diffusa e facile affaticamento. Arrivata nel febbraio 2016 con sospensione dell’attività per maternità. Entrata con grado di disabilità di 4,5 (EDSS) e uscita con il grado di 3. Da rilevare che, durante la sospensione dovuta alla gravidanza, le sue condizioni erano regredite.

SOGGETTO C: femmina, 39 anni non deambula da circa 20 anni. Presenta ipotrofia generale ed iperlassità generale. Sottoposta anche lei ad un programma di attività motoria adattato che consiste in estensioni e flessioni lombari, bike, adduttori ed abduttori, e sforbiciata in acqua alta. Entrata con grado 8 di disabilità, uscita con grado 7,5 dopo una frequenza di 2 anni con 3 volte la settimana di piscina alternata a palestra.

SOGGETTO D: femmina, 40 anni, utilizza la sedia a rotelle con esiti da idrocefalo e SMSP, rigidità articolare, ipertonia, tremori, termosensibilità, deficit di equilibrio nella deambulazione. Entrata nel 2013 con un grado di disabilitò di 7, ad oggi, con tre sedute la settimana di criosauna e pressoterapia, presenta un livello di disabilità 6. Esercita soltanto attività in acqua poiché l'attività in palestra non dava risultati.

SOGGETTO E: femmina, 50 anni, presenta disarmonia posturale associata a deficit del passo in assenza di tutore.SMSP. Entrata nel marzo 2017 e frequenta fino ad oggi.

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Frequenta la piscina per due volte la settimana ed ha conseguito notevoli miglioramenti nella deambulazione e nell'equilibrio. Presentava una disabilità di 5, ad oggi è a 3,5

SOGGETTO F: femmina, 56 anni. SMPP, presentava ipomobilità ed ipotonia associata a dolori generali. Ha svolto attività tre volte la settimana per soli tre mesi, e, non riscontrando risultati, ha abbandonato la terapia. Entrata con grado di EDSS 4 ed uscita con 2.

SOGGETTO G: femmina, 69 anni, con deficit di deambulazione e di passo, difficoltà di mantenere la postura eretta. Idrofobica. Entrata nel settembre 2016, svolge alternativamente due mesi di piscina e uno di palestra. Si sono notati miglioramenti nella deambulazione e nell’equilibrio. In palestra effettua esercizi di stretching, di coordinazione ed allungamento delle catene muscolari.

SOGGETTO H: maschio, 70 anni, utilizza la sedia a rotelle, SM indotta da tumore cerebrale, con Ipertono dei bicipiti femorali e perdita di stazione eretta e di capacità di deambulazione. Ha iniziato l'attività nel 2014 e frequenta la palestra per sole due volte l'anno, per il resto si sottopone a terapia domiciliare. Al momento si nota una stabilizzazione della malattia

SOGGETTO I: femmina, 83 anni, deambula con ausilio, presenta SMSP. Ha iniziato nel 2015 ed ha terminato dopo un anno. Frequentava palestra e piscina alternati per due volte la settimana. Entrata con un grado di disabilità 8 ed uscita con grado 7.

SOGGETTO L: femmina, 54 anni, affetta da SMPS da otto anni, frequenta il centro in due periodi dell'anno per due volte la settimana. Ha difficolta di deambulazione e si avvale dell'aiuto di un tutore a molle. Entrata con una scala di disabilità e di EDSS di 5 e uscita con 8,5 presentando una notevole regressione.

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produce risultati notevoli nei soggetti portatori di SM. I nostri 10 soggetti hanno dimostrato ampiamente una notevole rispondenza verso un esercizio costante.

Gli esercizi proposti sono generalmente gli stessi, ma comunque sono stati adattati per ogni soggetto in base alle loro disabilità fisiche.

Nella tabella allegata è stata prodotta una sintesi sulla situazione in entrata ed in uscita dei soggetti presi in esame, del loro indice di disabilità, per avere un quadro sintetico di quelli che possono essere i risultati prodotti da un'attività mirata (i livelli normalmente scelti sulla scala di stato di disabilità di Kurtzke, 1983).

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Pazienti A B C D E F G H I J

Sesso F F F F F F F F M F

Età 16 32 39 40 50 54 54 69 70 83

Frequenza 3/set 2/set 3/set 3/set 3/set 2/set 2/set 2/set 2/set 2/set Inizio perc 9/15 2/15 1/15 4/13 5/15 12/15 4/11 9/15 11/14 2/15 Fine perc Oggi 3/16 5/16 oggi 8/16 oggi oggi Oggi 11/15 12/15 EDSS ini 7.5 4,5 8 7 4 3.5 4 7 8.5 8 EDSS fin 6.5 3 7.5 6 2 1 5.5 6.5 7 6.5 Conclusione migl migl migl migl migl migl peg migl migl migl

CONCLUSIONE:

Attività Motoria in acqua e a secco per il soggetto con SM, adattata e combinata, per una durata di almeno 3 mesi, con cadenza di 2/3 sedute settimanali ad oggi hanno evidenziato risultati positivi in termini di ergonomia nella vita quotidiana, spesso correlato ad una stabilizzazione della patologia riferita dal medico neurologo di riferimento del soggetto.

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DISCUSSIONI E CONCLUSIONI

Diversi studi hanno ormai dimostrato che i trattamenti incentrati su forme di esercizio motorio e cognitivo producono significativi miglioramenti di variabili come autosufficienza, equilibrio, faticabilità, depressione e qualità di vita, anche se non producono variazioni significative su classici indicatori di malattia (segni neurologici, lesioni radiologicamente evidenti del cervello o del midollo spinale, potenziali elettrici nervosi). Infatti l’esercizio consente sia un recupero intrinseco

(miglioramento delle funzioni lese come forza e coordinazione), sia un recupero

adattativo. Questo ultimo altro non è se non l’apprendimento di movimenti diversi da

quelli fisiologici ma che riescono ad ottenere i risultati funzionali voluti: per esempio il cammino con appoggi o tutori. Nel caso di patologie come la SM, l’attività fisica deve essere adattata a questa specifica condizione di salute, da qui l’importanza dell’Attività Fisica Adattata (AFA) e quindi dei laureati in scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate, che risulta di fondamentale importanza proprio per evitare che l’attività fisica svolta dalle persone non tenga conto delle loro patologie.

La strada è tracciata nelle due direzioni: la prima, per bloccare il progredire della malattia a qualunque stadio di evoluzione sia arrivata, la seconda per ricuperare il danno e riprendere la funzione. Ma il cammino da percorrere in entrambe le direzioni è ancora lungo…

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L'attività fisica può essere considerata come "ogni movimento corporeo prodotto da muscoli scheletrici che comporta una spesa energetica " e includerebbe attività correlate di tipo domestico, professionale e sportivo. L'esercizio fisico, invece, è definito come "un sottoinsieme di attività fisica che è pianificata, strutturata e ripetitiva " e mira a migliorare o mantenere la forma fisica (Caspersen, 1985).

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.), il Ministero della salute, il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) e importanti ricercatori scientifici sostengono ormai da tempo l’importanza dell’attività sportiva nel miglioramento dello stato di salute psico-fisico della popolazione. L’esercizio fisico rappresenta un vero e proprio “farmaco efficace”, non solo nella prevenzione, ma anche nella cura di numerose patologie.

Se ne sente parlare almeno dal 2005 quando nascevano i primi corsi per operatori di Medical Fitness (senza entrare in polemica su scuole, terminologie e metodiche) che si rivolgevano ai laureati in scienze motorie per dare loro una specializzazione nella prevenzione e cura delle patologie metaboliche attraverso il movimento e l’esercizio fisico. Oggi qualcosa è cambiato: finalmente tutti, o quasi, riconoscono quanto sia fondamentale questo potente “farmaco” naturale ma c’è ancora qualcosa che ne impedisce la divulgazione in larga scala. Le istituzioni ed i media ora fanno informazione, sono nati alcuni centri specialistici ed altri hanno inserito in modo strutturato questo servizio.

L’importanza delle palestre FITNESS non si basa, in questi casi, solamente nello

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svolta in gruppo. Non trovandosi più solamente con persone che vivono le stesse problematiche di salute, i soggetti con SM possono “dimenticare la loro malattia

recuperando così almeno una parte della sofferenza psicologica. I centri specializzati molto spesso sono difficili da raggiungere e richiedono spese

elevate, non sempre sostenibili.

Le “semplice” palestre possono comunque offrire servizi meno costosi ma nello

stesso tempo danno ugualmente la possibilità proficua socializzazione che, nel caso della depressione spesso presente in questo tipo di soggetto, può diventare un’eccellente terapia di supporto.

Durante il primo anno del mio Tirocinio, svolto in una palestra Fitness, ho potuto constatare quanto sia preminente la necessità di far vivere i soggetti con queste problematiche in un ambiente più ristretto e quindi più familiare.

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BIBLIOGRAFIA

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