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VALUTAZIONE DEL RILASCIO DI SOLFURO DI IDROGENO DA PARTE DI H2S-DONOR DI NUOVA SINTESI CON METODICA AMPEROMETRICA SU MODELLO ''CELL-FREE'' E CON METODICA SPETTROFLUORIMETRICA SU MODELLO ''CELL-BASED''

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

Tesi di laurea

VALUTAZIONE DEL RILASCIO DI SOLFURO DI IDROGENO DA PARTE DI

H2S-DONOR DI NUOVA SINTESI CON METODICA AMPEROMETRICA SU

MODELLO ‘’CELL-FREE’’ E CON METODICA SPETTROFLUORIMETRICA SU MODELLO ‘’CELL-BASED’’

Relatori:

Prof. Vincenzo Calderone Prof.ssa Roberta Fruttero Correlatore:

Dott.ssa Valentina Citi

Candidato: Tommaso Bandinelli

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INDICE

1. INTRODUZIONE ... 1

1.1 Proprietà chimiche e biosintesi di H2S ... 6

1.2 Catabolismo di H2S ... 13

1.3 Determinazione di H2S ... 15

1.3.1 Analisi Spettrofotometrica ... 15

1.3.2 Analisi amperometrica ... 17

1.4 Meccanismi dell’azione biologica di H2S ... 18

1.5 Ruolo di H2S a livello cardiovascolare ... 24

1.5.1 H2S e ipertensione ... 26

1.6 H2S-donors ... 28

1.6.1 Farmaci ibridi ... 35

1.7 Scopo della tesi ... 42

2. MATERIALI E METODI ... 44

2.1 Determinazione amperometrica di H2S ... 44

2.1.1 Strumentazione per visualizzare il rilascio di solfuri ... 44

2.1.2 Composti e sostanze ... 46

2.1.3 Protocollo sperimentale per la determinazione del rilascio di H2S da parte di H2S-donors ... 48

2.1.3.1 Preparazione tampone fosfato... 48

2.1.3.2 Standard ... 48

2.1.3.3 Rilascio di H2S da parte di H2S-donor ... 49

2.1.4 Analisi dei dati ... 49

2.2 Determinazione spettrofluorimetrica di H2S ... 51

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2.2.1.1 Colture cellulari ... 51

2.2.1.2 Mezzo di coltura ... 52

2.2.1.3 Sostanze e soluzione tampone utilizzate durante i protocolli sperimentali ... 53

2.2.1.4 Soluzioni delle sostanze utilizzate ... 54

2.2.2 Protocollo sperimentale ... 54

2.2.2.1 Scongelamento ... 55

2.2.2.2 Preparazione della gelatina ... 56

2.2.2.3 Piastratura ... 56

2.2.2.4 Esperimento ... 59

2.2.2.5 Analisi dei dati ... 63

3. RISULTATI E DISCUSSIONE ... 64

3.1 Metodica amperometrica ... 64

3.2 Metodica spettrofluorimetrica ... 74

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1. INTRODUZIONE

La segnalazione cellulare è un complesso sistema che regola numerose attività cellulari e molecolari all’interno del nostro organismo permettendo lo scambio di informazioni tra due o più cellule in risposta a segnali specifici (Krauss, 2014), mediando risposte adattative tramite segnali elettrici o mediatori chimici come ormoni e trasmettitori (García-Mata e Lamattina, 2013). Da tempo sono stati individuati diversi mediatori con diversi gradi di attività, emivita e potenza come per esempio proteine, lipidi, peptidi, ammine biogene e amminoacidi. Più di recente, è emersa una nuova classe di mediatori biologicamente importanti: i ‘’gas trasmettitori’’(Kolluru et al., 2017; Mustafa et al., 2009). I gas trasmettitori sono molecole endogene di natura gassosa coinvolti sia nella regolazione di molteplici funzioni fisiologiche sia in diverse condizioni patologiche nei tessuti dei mammiferi. I gas trasmettitori sono biosintetizzati e metabolizzati da specifici enzimi ma i loro effetti non dipendono da specifici recettori di membrana (Wang, 2002; Wang, 2003; Wang 2014) in quanto diffondono nelle cellule adiacenti per interagire con molteplici target (Mustafa et al., 2009). I gas trasmettitori svolgono , a concentrazioni fisiologiche, diverse funzioni che regolano vari sistemi del nostro organismo fra cui quello vascolare, respiratorio, immunitario etc. mentre, a concentrazioni superiori rispetto a quelle fisiologiche, mostrano potenziale tossicità. Inoltre i gas trasmettitori hanno un’elevata solubilità lipidica e, di conseguenza, attraversano le membrane cellulari senza aver bisogno di meccanismi di trasporto attivo (Yang et al., 2016; Kasparek et al., 2008). La famiglia dei gas trasmettitori continua ad espandersi e ora include l’ossido nitrico (NO), il monossido di carbonio (CO), il solfuro di idrogeno (H2S) e forse altre

diverse molecole appartenenti alla vasta categoria delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) (Leffler et al., 2006). Per parecchi decenni queste tre molecole

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gassose NO, CO e H2S sono state considerate esclusivamente come inquinanti

ambientali ed estremamente tossiche per i sistemi biologici. Solo recentemente alcuni studi hanno dimostrato che i gas trasmettitori hanno un ruolo fondamentale nella regolazione delle risposte molecolari: l’NO e il CO sono stati i primi due gas trasmettitori ad essere identificati rispettivamente nel 1987 e a metà degli anni ’90, mentre studi ancora più recenti hanno riconosciuto l’H2S

come terzo gas trasmettitore presente a livello endogeno (Kolluru et al., 2017; Wang, 2010; Wang, 2002).

L’ossido nitrico (NO) è un gas incolore caratterizzato da un elettrone spaiato che lo rende altamente reattivo e in grado di reagire facilmente con ossigeno e acqua trasformandosi rispettivamente in diossido di azoto e acido nitrico (HNO2). NO è

coinvolto in molti eventi fisiologici (Stamler et al., 1992): la trasmissione mediata da NO è importante nella percezione del dolore (Aley et al., 1998), nella regolazione nel controllo del sonno (Kapas et al., 1994), nella vasodilatazione (Furchgott e Jothianandan, 1991), nella produzione di muco (Brown et al., 1993), nella contrazione muscolare e nel rilasciamento degli sfinteri (Hirsch et al., 1998), nella regolazione dell’erezione (Burnett et al., 1992) e nel corretto funzionamento del sistema immunitario (Bogdan, 2001). La sintesi di NO avviene attraverso due vie fisiologiche: una di tipo enzimatico e una di tipo non-enzimatico. La prima è catalizzata dalla NO sintasi (NOS) che, attraverso una serie di reazione di ossidoriduzione e in presenza di ossigeno e NADPH, produce NO a partire da arginina che viene trasformata in citrullina ( Wu e Morris, 1998; Moncada e Higgs, 1993). Esistono tre isoforme di NO sintasi. Quella endoteliale (eNOS), maggiormente espressa in cellule endoteliali, ha lo scopo di mantenere i vasi sanguigni dilatati e controllare la pressione sanguigna, e dispone di numerosi altri effetti vasoprotettivi e anti-aterosclerotici. Quella di tipo neuronale (nNOS), costitutivamente espressa in neuroni centrali e periferici, conferisce plasticità sinaptica nel sistema nervoso centrale (SNC). Infine la NOS di tipo inducibile (iNOS) può essere espressa in molti tipi di cellule in risposta a lipopolisaccaridi, citochine, o altri agenti e genera grandi quantità di NO che hanno effetti

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citostatici sui patogeni bersaglio (Förstermann e Sessa, 2012). La produzione di tipo non enzimatico di NO invece ha come substrati principali nitrati e nitriti i quali possono essere ridotti in vivo a NO e altri ossidi di azoto bioattivi (Bescós et al., 2012).

Il monossido di carbonio (CO) è un gas inodore e incolore che condivide proprietà simili all’NO in termini di dimensione e struttura molecolare (Hartsfield, 2002). Tuttavia CO è un gas stabile e non un radicale libero e pertanto non subisce le varie reazioni di ossidoriduzione caratteristiche del NO (Durante e Schafer, 1998). Il monossido di carbonio ad alte concentrazioni è tossico sia per l’uomo che per gli animali in quanto si lega rapidamente con l’emoglobina portando alla formazione di carbossiemoglobina (COHb): infatti l’affinità dell’emoglobina per CO è 210 volte maggiore rispetto a quella per l’ossigeno e di conseguenza CO rimpiazza l’ossigeno nell’emoglobina portando ad una riduzione della capacità del sangue di trasportare l’ossigeno, causando ipossia tissutale. Con il 50% dell'emoglobina umana occupata da CO, possono verificarsi convulsioni e coma, talvolta con conseguenze fatali (Heinemann et al., 2014; Prockop e Chichkova, 2007). CO viene prodotto grazie all’azione dell’ eme ossigenasi (HO) che catabolizza l’eme in CO, ioni ferrosi (Fe2+) e nel pigmento

biliare biliverdina che viene poi successivamente ridotta in bilirubina da parte della biliverdina reduttasi. L’enzima HO esiste in tre isoforme: HO-1, HO-2 e HO-3. HO-1 (forma indotta) è presente a bassi livelli in condizioni fisiologiche, ma è indotto da numerosi fattori come lo stress ossidativo, infiammazione, NO e ipossia; HO-2 (forma costitutiva) è un enzima costitutivo coinvolto nella produzione basale di CO nei sistemi cardiovascolare e nervoso; HO-3 è espresso ubiquitariamente, ma possiede una bassa attività catalitica (Kolluru et al., 2017; Bełtowski et al., 2004). A concentrazioni fisiologiche, il CO può avere ruoli endogeni come molecola di trasduzione del segnale nella regolazione della funzione neurale, vascolare e dell'omeostasi cellulare: infatti è stato dimostrato che CO è coinvolto in una varietà di processi biologici fondamentali tra cui la regolazione del tono vascolare (Durante et al., 2006), l’infiammazione (Otterbein

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et al., 2000), la neurotrasmissione (Verma et al., 1993), la proliferazione cellulare (Morita et al., 1997), la morte cellulare programmata (Brouard et al., 2000), la biogenesi mitocondriale (Suliman et al., 2007) e l’autofagia (Lee et al., 2001). Queste diverse azioni del CO sono state attribuite principalmente alla regolazione di alcune vie di segnalazione come

a) La stimolazione della guanilato ciclasi solubile (sGC) con conseguente aumento della concentrazione di cGMP (guanosina monofosfato ciclica) nei tessuti bersaglio;

b) L’apertura dei canali BKCa (canali del potassio calcio-dipendenti ad alta

conduttanza) che porta ad una iperpolarizzazione con la conseguente

chiusura dei canali del Ca2+ voltaggio dipendenti riducendo la

concentrazione di Ca2+ intracellulare e portando a rilassamento vascolare;

c) L’attivazione delle proteine chinasi attivate da mitogeni (MAPK) e della proteina chinasi B (Akt) (Untereiner et al., 2012; Bełtowski et al., 2004).

Il solfuro di idrogeno (H2S) è un gas incolore, infiammabile che emana un

caratteristico odore di uova marce e che permea liberamente attraverso le membrane, ma in misura minore rispetto a NO e CO in quanto questi ultimi sono dotati di maggiori proprietà lipofile (Wang, 2012). H2S è stato considerato per

anni come un gas tossico: la sua tossicità è dovuta all’inibizione della citocromo c ossidasi che catalizza l'ossidazione del citocromo c il quale rappresenta l'accettore terminale della catena di trasporto di elettroni nei mitocondri. Di conseguenza alte concentrazioni di H2S possono promuovere effetti potenzialmente letali

attraverso la compromissione della respirazione mitocondriale e possono essere coinvolte in altre condizioni patologiche come infiammazione, sepsi e ictus (Roth et al., 1995; Mancardi et al., 2009; Łowicka e Bełtowski, 2007). Negli ultimi anni, numerosi studi hanno dimostrato che H2S è un mediatore endogeno coinvolto

nella regolazione di diverse funzioni biologiche tra cui la neuromodulazione, regolazione del tono vascolare, citoprotezione, anti-infiammazione, angiogenesi e

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5

produzione di ATP (Fiorucci et al., 2006; Calderone et al., 2016; Kimura, 2014). Negli ultimi anni questi gas trasmettitori e i loro ruoli fisiopatologici e farmacologici sono stati oggetto di ricerca di numerosi studiosi. Questa attività di ricerca ha messo in evidenza l’importanza biologica di tali gas in molti sistemi biologici portando all’individuazione di nuovi farmaci (Moore et al., 2003; Olson e Donald, 2009). Infatti, alcune molecole in grado di rilasciare NO, nate da studi sui ruoli e i meccanismi d’azione fisiologici del NO, sono state proposte come nuovi strumenti farmacoterapeutici. (Martelli et al., 2006; Martelli et al., 2009). Al contrario, CO sembra avere poche possibilità per uno sviluppo farmacologico a causa della sua alta tossicità e scarsa maneggevolezza. Per quanto riguarda, invece, H2S, diversi studi hanno dimostrato come questa molecola potesse

essere un candidato interessante per la ricerca farmacologica e farmaceutica in quanto, oltre a possedere gli stessi benefici di NO a livello cardiovascolare, non provoca la formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) che rappresentano la maggiore causa di tossicità dell’NO, ma anzi agisce contro di esse come ‘’scavenger’’ (Whiteman et al., 2004; Whiteman et al., 2005).

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1.1 Proprietà chimiche e biosintesi di H

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S

Il solfuro di idrogeno è un gas che possiede una struttura molecolare molto simile a quella dell’acqua (Figura 1) fatta eccezione per l’atomo di zolfo che è meno elettronegativo rispetto a quello di ossigeno. Per questo H2S ha una

polarità minore rispetto a quella dell’acqua ed è caratterizzato da forze intermolecolari più deboli e punti di fusione ed ebollizione più bassi (Caliendo et al., 2010).

Figura 1. Somiglianza nella struttura molecolare tra l’acqua e il solfuro di idrogeno (Caliendo et

al., 2010).

H2S è un acido debole diprotico che, in soluzione acquosa, si dissocia per dare H+

e l’anione idrosolfuro HS- il quale, a sua volta, può dissociarsi in H+ e anione

solfuro (S2-) secondo la seguente reazione:

Il valore della pKa di H2S a 25°C è di 6,98 mentre alla temperatura di 37°C è di

6,76. Secondo l’equazione di Henderson-Hasselbach, a temperatura e pH fisiologici, coesistono sia l’H2S che HS- in rapporto 1:5. Alla temperatura di 25°C,

H

2

S

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invece, circa il 40% del solfuro totale esiste come acido indissociato (Figura 2). Quindi, a condizioni fisiologiche, viste le considerevoli quantità di H2S e di HS-,

entrambe queste specie contribuiscono direttamente all’azione biologica del solfuro di idrogeno. Al contrario, i livelli della specie anionica S2- sono

trascurabili poiché una dissociazione apprezzabile di HS- richiederebbe un valore

di pH più alcalino rispetto a quello fisiologico (Dorman et al., 2002; Dombkowski et al., 2004; Hughes et al., 2009).

Figura 2. Dissociazione pH-dipendente di H2S in soluzione acquosa (Hughes et al., 2009).

H2S è una molecola gassosa altamente lipofila che attraversa liberamente le

membrane biologiche di tutti i tipi di cellule ed è proprio questa proprietà che conferisce ad H2S un potenziale biologico molto alto (Li e Moore, 2008).

La produzione endogena di H2S nei mammiferi può avvenire sia attraverso una

via enzimatica che una non enzimatica di minore importanza. Per quanto riguarda la via non enzimatica, questa prevede la riduzione dello zolfo elementare a H2S utilizzando come substrato due molecole di glucosio il quale

viene trasformato in acido lattico, secondo la seguente reazione: 2C6H12O6 + 6S0 + 3H2O 3C3H6O3 + 6H2S + 3H2O

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Oltre al glucosio, anche altri substrati contribuiscono alla produzione endogena

di H2S come per esempio NADH (nicotinammide adenina dinucleotide),

NADPH (nicotinammide adenina dinucleotide fosfato) e GSH (glutatione ridotto): è stato infatti dimostrato che questi substrati stimolano la biosintesi del gas in lisati cellulari di eritrociti umani; probabilmente, il glutatione è il maggiore responsabile della produzione di tale gas mentre il NADPH riduce il glutatione ossidato (GSSG) in modo da poterlo riutilizzare (Wang, 2002; Searcy e Lee, 1998). La maggior parte della sintesi endogena di H2S nei mammiferi sembra essere

dovuta alla via enzimatica la quale vede come unico substrato la L-cisteina. Tale processo è catalizzato da due enzimi piridossal-5-fosfato (Vit.B6) dipendenti: la cistationina β-sintasi (CBS) e la cistationina γ-liasi (CSE) (Chen et al., 2004). Oltre a questi, H2S può anche essere sintetizzato dall’enzima 3-mercaptopiruvato

solfotransferasi (3-MST) che agisce in combinazione con la cisteina amminotransferasi (CAT) in presenza di α-chetoglutarato (α-KG) (Wu et al., 2015). La localizzazione di CBS, CSE e 3MST non è omogenea (Kamoun, 2004): CBS è infatti altamente espresso nel sistema nervoso centrale (SNC) e generalmente assente nel tessuto vascolare (Ishii et al., 2004; Robert et al., 2003). Al contrario, la CSE è considerata la principale fonte di H2S nel sistema

cardiovascolare (Ishi et al., 2004). Originariamente si pensava che la CSE fosse espressa a livello delle cellule muscolari lisce vascolari, ma non delle cellule endoteliali (Zhao et al., 2003). Recenti studi immunoistochimici hanno però dimostrato che la CSE è prevalentemente localizzato a livello dell’endotelio, mentre sembra essere poco espressa nelle cellule della muscolatura liscia (Yang et al., 2003). La 3-MST, invece, è principalmente localizzato nei mitocondri (Whiteman et al., 2011). Quindi questi enzimi (Figura 3) lavorano collettivamente regolando con precisione i livelli di H2S nei tessuti (Zhao et al., 2014).

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Figura 3. Strutture dei tre principali enzimi che generano solfuro di idrogeno (Wang, 2012).

La produzione di H2S nei tessuti avviene attraverso quattro percorsi biosintetici

differenti, ciascuno dei quali richiede l’intervento di specifici catalizzatori biologici:

1. Nella prima via biosintetica (Figura 4) CBS idrolizza la L-cisteina (utilizzando come cofattore la vitamina B6) portando alla formazione di quantità equimolari di L-serina e di H2S (Porter et al., 1974).

Figura 4. Biosintesi di H2S : via enzimatica che coinvolge la CBS

2. Nella seconda via (Figura 5) due molecole di L-cisteina reagiscono per dare un dimero di L-Cistina che, attraverso una reazione catalizzata dalla CSE (anch’essa utilizza vitamina B6 come cofattore), viene scisso in piruvato, tiocisteina e NH3. La tiocisteina, a sua volta, può subire due

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diverse reazioni: una di natura non enzimatica dove si genera L-cisteina e H2S (Cavallini et al., 1962) ed una di natura enzimatica catalizzata

nuovamente dalla CSE in presenza di un composto tiolico (come cisteina o glutatione) con la formazione di H2S e CysS-R (Stipanuk e Beck, 1982;

Yamanishi e Tuboi, 1981).

Figura 5. Biosintesi di H2S : via enzimatica che coinvolge la CSE

3.

La terza via (Figura 6) implica la partecipazione dell'enzima cisteina aminotransferasi (CAT) che catalizza la reazione fra la L-Cisteina e l’α-chetoglutarato portando alla formazione di 3-mercaptopiruvato e L-glutammato. Il 3-mercaptopiruvato può essere a sua volta desolforato dalla 3-mercaptopiruvatosulfotransferasi (3-MST) dando piruvato e H2S

(Kuo et al., 1983; Shibuya et al., 2009). Inoltre, quando sono disponibili ioni solfito SO32-, CAT può convertire il 3-mercaptopiruvato in piruvato e

tiosolfato (S2O32-), il quale, può a sua volta andare a reagire con il

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glutatione ossidato (GSSG).

Figura 6. Biosintesi di H2S : via enzimatica che coinvolge la CAT e la 3-MST

4.

Infine, nella quarta via enzimatica (Figura 7) la L-Cisteina e il solfito vengono convertiti in L-Cisteato e H2S per mezzo dell’enzima cisteina

liasi (Li et al., 2009a).

Figura 7. Biosintesi di H2S : via enzimatica che coinvolge la cisteina liasi

L’attività degli enzimi CSE e CBS, e, di conseguenza anche la biosintesi di H2S,

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livello cerebrale l’attività della CBS è strettamente regolata dalla concentrazione di ioni Ca2+ e dalla calmodulina e pertanto la produzione di H2S CBS-dipendente

risulterà maggiore in presenza di fattori che portano ad un incremento dei livelli di calcio intracellulare come agonisti glutammatergici che attivano i recettori

NMDA (N-metil-D-aspartato) e AMPA

(α-ammino-3-idrossi-5-metil-4-isoxazolone propionato) ((Dominy e Stipanuk, 2004). Al contrario, l’NO inattiva la CBS (Eto e Kimura, 2002; Eto et al., 2002). Per quanto riguarda invece la produzione di H2S mediata da CSE, se si considera il sistema cardiovascolare,

questa risulta aumentata dai donatori di NO (NO-donors) mediante meccanismo cGMP dipendente. Infatti è stato visto in vivo che la somministrazione di inibitori della NO-sintasi comporta la riduzione della produzione di H2S (Zhao et al.,

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1.2 Catabolismo di H

2

S

Per quanto riguarda le vie cataboliche del solfuro di idrogeno, è importante ricordare che questa molecola è una specie riducente e dunque viene facilmente consumata da una grande varietà di agenti ossidanti circolanti (Whiteman et al., 2004; Whiteman et al., 2005; Chang et al., 2008; Geng et al., 2004a). Oltre a questa via catabolica, esistono anche altre vie che portano alla degradazione di questo gas. La più importante avviene a livello mitocondriale dove il solfuro viene ossidato a tiosolfato (S2O32-) mediante una reazione non enzimatica associata al

trasporto di elettroni nella respirazione mitocondriale. A questo punto, per opera dell’enzima rodanasi ed in presenza di ioni cianuro, il tiosolfato, precedentemente formato, viene biotrasformato in solfito (SO32-) il quale, a sua

volta, viene ossidato dall’enzima solfito ossidasi (SO) a solfato inorganico (SO42-)

(Figura 8) (Goubern et al., 2007; Hildebrandt e Grieshaber, 2008). Nonostante il solfato inorganico sia il prodotto finale più stabile del catabolismo di H2S, non

può essere considerato un indicatore valido per una stima quantitativa della concentrazione di solfuro di idrogeno nel sangue in quanto gli stessi ioni solfato possono derivare anche da altri processi come per esempio l’ossidazione sia della cisteina, ad opera della cisteina diossigenasi, sia di solfiti di diversa origine (Li et al., 2009).

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Una seconda via catabolica (Figura 9) prevede il legame del solfuro di idrogeno alla metaemoglobina circolante per formare la sulfoemoglobina la quale può essere utilizzata come biomarker della concentrazione plasmatica di H2S

(Kurzban et al., 1999).

Figura 9. Catabolismo di H2S nel sangue

Esiste un’ ulteriore via (Figura 10) esclusivamente a livello del citosol coinvolgendo, però, una piccola quantità di H2S. Questa via è rappresentata dalla

metilazione di H2S da parte dell’enzima tiolo S-metiltransferasi (TSMT) con

conseguente formazione di metantiolo (CH3-SH) che, a sua volta, reagisce con il

medesimo enzima per dare dimetilsolfuro (CH3-S-CH3) (Furne et al., 2001).

Figura 10. Catabolismo di H2S nel citosol

Infine sono stati scoperti altri processi di ossidazione del solfuro di idrogeno di minore rilevanza nei neutrofili attivati, in cui si ha la conversione dell’H2S a

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1.3 Determinazione di H

2

S

La misurazione accurata delle concentrazioni di H2S libero e delle varie specie in

cui può esistere fornisce informazioni fondamentali per comprendere il ruolo fisiopatologico del solfuro di idrogeno aprendo la strada a approcci terapeutici innovativi. Pertanto gli studi su H2S hanno permesso lo sviluppo di metodi

sensibili e selettivi per determinare la sua concentrazione nei campioni biologici. Tuttavia, la misurazione quantitativa assoluta del solfuro di idrogeno in molteplici campioni biologici è resa difficile dalla natura stessa di H2S: infatti,

oltre che essere un gas volatile, H2S è una molecola che viene facilmente ossidata

e reagisce con numerose molecole tra cui radicale superossido, perossido di idrogeno e perossinitrito (Kolluru et al., 2011; Shen et al., 2011; Tan et al., 2017). Negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi metodi per la rilevazione di H2S e

la quantificazione di solfuri in campioni biologici. Oltre alle classiche metodiche

utilizzate (HPLC, gas-massa), sono stati sviluppati anche metodi

spettrofotometrici e amperometrici per la determinazione di H2S (Hughes et al.,

2009).

1.3.1 Analisi Spettrofotometrica

Il primo e più diffuso saggio colorimetrico è quello del ‘’blu di metilene’’ che sfrutta la reazione tra il solfuro e la N,N-dimetil-p-fenilendiammina in presenza di un agente ossidante Fe3+, in acido cloridrico concentrato con una stechiometria 1:2 per formare blu di metilene ( Figura 11) (Lawrence et al., 2000). La formazione del blu di metilene è largamente utilizzata per la determinazione del solfuro in campioni biologici come il plasma ma, nonostante questo, tale metodo non è privo di limiti e difetti. Infatti, oltre all’estrema tossicità e

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all’instabilità chimica della N,N-dimetil-p-fenilendiammina, presenta diversi problemi intrinseci: uno su tutti è quello dovuto agli spettri di assorbimento delle soluzioni acquose di blu di metilene che non obbediscono alla legge di Lambert e Beer in quanto non c’è una corrispondenza lineare tra il valore di assorbanza e l’effettiva concentrazione di blu di metilene, il quale tende a formare dimeri e trimeri, soprattutto a concentrazioni più elevate (Hughes et al, 2009; Zhao e Malinowski, 1999). Un altro problema di questo metodo (e di tutti gli altri metodi che si basano sul rilevamento colorimetrico) è l’interferenza di altri cromofori nel campione (Nagy et al., 2014).

Figura 11. Rilevazione di H2S mediante formazione di blu di metilene

Nonostante l’ampia applicazione di questo metodo, esiste anche un altro test colorimetrico strettamente associato ad esso che presenta alcuni miglioramenti. Questo comporta la formazione del blu di etilene a partire dal H2S e da

N,N-dietil-p-fenilendiammina (al posto del suo derivato metilico precedentemente utilizzato). Questo reagente è molto meno tossico e più stabile all’ossidazione. Il blu di etilene ha anche una tendenza più bassa a formare dimeri e trimeri (Kirsten, 1978).

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1.3.2 Analisi amperometrica

La necessità di misurare la concentrazione di H2S ha portato negli ultimi anni allo

sviluppo di metodi elettrochimici. Il metodo elettrochimico mostra alcuni vantaggi rispetto al metodo colorimetrico in quanto permette la misurazione di H2S in tempo reale grazie all’elevata sensibilità, all’alta selettività, al tempo di

risposta veloce e al fatto che non richiedono ulteriori reagenti chimici (Xu et al., 2016). A differenza del metodo colorimetrico sopra citato, i metodi elettrochimici permettono di misurare in tempo reale la liberazione di H2S fornendo

informazioni sulla cinetica del suo rilascio in funzione del tempo. In questo tipo di determinazione amperometrica è presente un sensore elettrochimico compatibile attorno al quale è posta una membrana selettiva attraverso cui diffonde la specie reattiva in esame che viene ossidata dall’elettrodo. Questo causa la produzione di una quantità di corrente elettrica proporzionale alla concentrazione di analita presente nel campione. Esistono in commercio specifici elettrodi capaci di registrare piccole variazioni di solfuri anche a concentrazioni molto basse, come 10-15 mol/L, lavorando a pH acidi e neutri (in particolare a pH

7.4). Oltre a questi vantaggi, tale metodo può presentare anche alcune limitazioni:

• Gli elettrodi utilizzati richiedono un lungo periodo di stabilizzazione, soprattutto quando devono registrare piccole concentrazioni di solfuri. • La probabile precipitazione di solfuri sulla superficie dell’elettrodo che

potrebbe causare un calo della sensibilità e, di conseguenza, errori nelle letture

• L'elettrodo deve essere condizionato prima dell'uso.

Un altro importante approccio è quello polarografico. Si tratta di un rilevamento che coinvolge un catodo e un anodo. Questo elettrodo già utilizzato per altri

(22)

18

scopi è stato recentemente applicato nella misurazione dei livelli di produzione e consumo di solfuri nei tessuti dei mammiferi (Doeller et al., 2005; Scary e Peterson, 2004; Hughes et al., 2009).

1.4 Meccanismi dell’azione biologica di H

2

S

E' stato ormai ampiamente dimostrato in molti studi che alte concentrazioni di H2S (circa 50 µM) provocano un’inibizione non competitiva del complesso IV (o

citocromo-c ossidasi) della catena respiratoria mitocondriale (Nicholls e Kim, 1982; Volkel e Grieshaber, 1996). Studi più recenti, invece, hanno mostrato che concentrazioni inferiori di H2S (minori di 20 µM) si comportano da donatori di

elettroni alla catena di trasporto a livello dell’ubichinone stimolando in questo modo la fosforilazione ossidativa ed aumentando la sintesi di ATP (Goubern et al., 2007) (Figura 12).

Figura 12. Catena di trasporto degli elettroni: concentrazioni di H2S > 50 µM causano un’

inibizione del complesso IV della catena; concentrazioni di H2S <20µM stimolano la fosforilazione ossidativa agendo sull’ubiquinone (Pun et al., 2010).

Questa duplice azione di H2S suggerisce l’esistenza di un livello soglia del gas, in

(23)

19

possono portare a morte cellulare (Pun et al., 2010).

Il solfuro di idrogeno agisce mediante differenti meccanismi tra i quali se ne identificano alcuni non specifici mentre altri sono legati all’interazione con determinati target. Tra i meccanismi non specifici possiamo trovare l’interazione diretta con i sistemi redox. Infatti, in qualità di potente agente riducente, il solfuro di idrogeno reagisce con almeno quattro differenti specie reattive: anione superossido (O2-) (Mitsuhashi et al., 2005), perossinitrito (ONOO-) (Whiteman et

al., 2004), perossido di idrogeno (H2O2) (Geng et al., 2004b) e anione ipoclorito

(ClO-) (Whiteman et al., 2005). Le ROS (Reactive Oxygen Species) sono dannose

per la cellula e la loro neutralizzazione da parte del solfuro di idrogeno fornisce la protezione di lipidi e proteine dai gravi danni provocati da tali molecole. Altri meccanismi non specifici citoprotettivi di H2S si possono identificare nella

riduzione dell’espressione della 3-caspasi, nella prevenzione della diminuzione di glutatione (GSH) e della caduta del potenziale di membrana mitocondriale nei cardiomioblasti di ratto (Chen et al., 2010).

Insieme a questi meccanismi d’azione non specifici, il solfuro di idrogeno interagisce anche con specifici e precisi bersagli molecolari. In particolare l’azione di H2S è mediata dall’attivazione di canali al potassio ATP-dipendenti (KATP)

provocando iperpolarizzazione delle membrane cellulari (Zhao et al., 2001). Effetti caratteristici di H2S possono essere mimati anche da altri attivatori del

canale KATP, come pinacidil e diazossido, e aboliti da bloccanti, come la

glibenclamide. I canali KATP sono espressi ubiquitariamente e il loro ruolo è

particolarmente importante nella regolazione delle funzioni biologiche in diversi tessuti e sistemi come le cellule pancreatiche, i neuroni, le cellule del muscolo miocardico, scheletrico e liscio. L’attivazione dei canali KATP è legata allo stato

metabolico della cellula: le concentrazioni intracellulari di ATP e di ADP sono i fattori chiave per determinare l’attivazione o l’inibizione del canale. In particolare, quando la cellula si trova in condizioni soddisfacenti di fosforilazione ossidativa, gli alti livelli di ATP che si formano vanno ad inibire l’attività del canale KATP; al contrario, in condizioni in cui il metabolismo

(24)

20

energetico è ridotto, la maggiore concentrazione di ADP e la diminuzione del rapporto ATP/ADP provocano l’attivazione del canale con conseguente fuoriuscita degli ioni K+ e iperpolarizzazione della membrana. Questo

meccanismo di attivazione – inattivazione dipendente dal metabolismo, rende il canale KATP un fattore chiave per la regolazione di molte funzioni biologiche

quali: la secrezione di insulina, l’attività cardiaca, il tono muscolare e il rilascio di trasmettitori (Nichols, 2006). I canali KATP (Figura 13) hanno una struttura

etero-ottamerica, composta da due tipi di subunità proteiche transmembrana:

• Kir : sono le proteine che formano i pori e appartengono alla famiglia dei

canali del potassio a corrente invertita;

• SUR : sono delle proteine regolatrici le quali sono dei sensori per il bilancio ATP/ADP e appartengono alla famiglia delle ABC-protein.

In particolare Il canale KATP è formato da quattro subunità Kir, appartenenti alla

sottofamiglia 6 (Kir6), ciascuna delle quali è associata ad una subunità SUR (Miki e Seino, 2005; Bryan et al., 2004). Nella struttura del canale sono coinvolti due sottotipi di proteine Kir6, ovvero Kir6.1 e Kir6.2, e tre sottotipi delle SUR, ovvero SUR1 e le varianti di spilicing SUR2A e SUR2B (Inagaki et al, 1995; Matsuo et al,

2005).

I canali KATP nei differenti tessuti sono costituiti da differenti combinazioni delle

subunità Kir e SUR, spiegando la specificità tissutale di ciascun canale. Per esempio, le cellule β del pancreas sono costituite da canali KATP formati dalle

subunità SUR1 e Kir6.2 mentre la muscolatura liscia vascolare esprime canali KATP

(25)

21

Figura 13. Struttura molecolare del canale KATP (A) Rappresentazione schematica della topologia

transmembrana di una singola SURx (sinistra) o Kir6.x (destra); (B) Rappresentazione schematica del complesso del canale KATP visto in sezione trasversale; (C) Modello di come SUR1

e Kir6.2 potrebbero assemblarsi per formare il canale KATP.

Il canale KATP presenta un elevato livello di complessità strutturale, in quanto

comprende 96 domini transmembrana e 12 siti di legame nucleotidico. Diverse classi di farmaci (o molecole endogene), che agiscono come attivatori KATP o

bloccanti KATP, esercitano i loro effetti attraverso interazioni molecolari con

differenti siti di azione. Sebbene l’interazione molecolare tra H2S e i canali KATP

sia ancora poco compresa, studi recenti hanno dimostrato che è necessaria la coespressione delle sub unità Kir6.1 e SUR1, affinché la molecola gassosa esplichi

i suoi effetti. Risulta inefficace invece, quando è espressa solamente la subunità Kir6.1, suggerendo che il sito di interazione si trova nella subunità SUR (Jiang et al, 2010).

(26)

22

Oltre che ai canali KATP il solfuro di idrogeno esplica i propri effetti anche

attraverso il canale KCa, calcio-attivato. Infatti è stato dimostrato, attraverso studi

su colon di ratto, che sia la glibenclamide (bloccante dei KATP), sia il

tetrafenilammonio (attivatore dei KCa), se applicati dal lato sieroso, aboliscono la

secrezione di ioni cloruro stimolata da H2S che quindi agisce sui canali presenti

sia sul lato apicale sia su quello basale (Henning e Diener, 2009). I canali KCa si

possono classificare in tre sottoclassi a seconda della conduttanza:

• SK : a bassa conduttanza, 2-25 pS

• IK : a conduttanza intermedia, 25-100 pS

• BK : ad alta conduttanza, 100-300 pS

Di questi, i BK (Figura 14) sono quelli più studiati e più promettenti grazie alla loro influenza sul potenziale di membrana dovuta appunto alla loro alta conduttanza. I canali BK si distinguono da tutti gli altri canali al potassio per la loro elevata sensibilità sia alla concentrazione intracellulare di Ca2+ sia al

voltaggio: infatti sia l’incremento della concentrazione intracellulare di calcio, sia la depolarizzazione di membrana promuovono l’attivazione dei canali (Hoorigan e Aldrich, 2002). Il voltaggio e i livelli di Ca2+ non sono gli unici meccanismi

coinvolti nell’apertura dei canali BK: altri stimoli possono essere rappresentati da due gastrasmettitori NO e CO (Bolotina et al., 1994; Wang e Wu, 1997). Inoltre questi canali hanno un ruolo biologico molto importante perché sono coinvolti in una serie di funzioni fisiologiche come il controllo del tono vascolare (Eichhorn e Dobrev, 2007), la secrezione ormonale (Brunton et al., 2007; Wang et al., 1992), il rilascio di trasmettitori e l’attività elettrica delle cellule (Calderone 2009; Salkoff et al. 2006).

(27)

23

Figura 14. Struttura molecolare del canale BK e la sua caratteristica conformazione composta da

due subunità (alfa e beta) (Petkov, 2014).

Inoltre è stato dimostrato il coinvolgimento di un altro tipo di canali, i canali del potassio voltaggio-dipedenti (KV) (Figura 15). Questi canali sono sensibili al

voltaggio di membrana e sono suddivisi in 9 sottofamiglie (KV1-KV9) suddivise a

loro volta in ulteriori sottotipi, con caratteristiche strutturali simili (Chandy e Gutman, 1995). I canali voltaggio dipendenti sono formati da subunità α, che possono associarsi con un numero di differenti tipi di subunità β. Quattro subunità si associano per formare il poro del canale per il potassio, ogni subunità è formata da sei segmenti transmembrana (S1-S6), altamente conservati con residui ammino-terminale (N-terminale) e carbossi-terminale (C-terminale) di lunghezza variabile. Il segmento S4 è coinvolto nell’attivazione voltaggio-dipendente. Delle sue sottofamiglie, la KV7 (in particolare il sottotipo KV7.4)

sembra essere il target principale per l’azione di H2S. Per dimostrare il

coinvolgimento di questi canali, infatti, sono stati fatti degli studi che hanno evidenziato l’inibizione, da parte di tetraetilammonio (TEA), bloccante dei canali Kv, degli effetti vaso-rilascianti mediati da NaHS su anelli isolati di aorta di ratto, precontratti con KCl 25mM. Studi più specifici, effettuati mediante l’utilizzo di XE-991, bloccante selettivo dei canali Kv7, hanno mostrato un evidente antagonismo nei confronti dell’azione iperpolarizzante e vasorilasciante di NaHS, suggerendo un maggior contributo di questa sottofamiglia (Martelli et al., 2013a).

(28)

24

Figura 15. Rappresentazione planare della subunità α del canale KV (a) e della sua interazione

con altre subunità α (b) e le subunità β attraverso il dominio N-terminale T1 (Makino et al., 2011).

1.5 Ruolo di H

2

S a livello cardiovascolare

H2S agisce come gas trasmettitore in modo diffuso, influenzando quasi tutte le

funzioni biologiche (Wang, 2012); in particolare, questo gas trasmettitore è un regolatore fondamentale dell’omeostasi nel sistema cardiovascolare (Bucci e Cirino, 2011; Li et al., 2009). Le maggiori conoscenze in merito agli effetti di H2S a

livello cardiovascolare, hanno permesso di considerare questo mediatore gassoso come il “nuovo NO”, in quanto ne condivide quasi tutti gli effetti benefici, senza dare origine a metaboliti tossici (Lefer, 2007). Studi recenti hanno dimostrato però che il suo ruolo risulta particolarmente importante e critico quando il controllo mediato da NO è compromesso (ad esempio in caso di disfunzione endoteliale). H2S causa una risposta rilasciante a livello della muscolatura liscia

vascolare. Questa azione è stata osservata sia nei vasi di grande calibro, come l’aorta e la vena porta (Hosoki R et al., 1997), che sui vasi che regolano le resistenze vascolari e di conseguenza la pressione sanguigna (Cheng et al., 2004). Gli effetti vasomotori di H2S vengono mimati dalla L-cisteina. Il PAG (o

propargilglicina), un inibitore di CSE, blocca gli effetti della L-cisteina dimostrando, pertanto, che quest’ultima sostanza agisce da fonte di H2S (Yang et

(29)

25

canali KATP delle cellule muscolari lisce vascolari (Zhao et al., 2001). Più

recentemente, è stato dimostrato che H2S attiva anche i canali KV7 promuovendo

iperpolarizzazione della membrana di cellule di muscolatura liscia vascolare e provocando vasorilasciamento in esperimenti su aorta di ratto (Schleifenbaum et al., 2010; Martelli et al., 2013). Numerosi fattori influenzano l’attività vasorilasciante di H2S: in particolare è stato dimostrato che, somministrando

inibitori della NO-sintasi o rimuovendo l’endotelio, si riduce l’effetto rilasciante indotto da H2S: questo dunque suggerisce che NO apporti un parziale contributo

all’effetto mediato da H2S (Zhao e Wang, 2002; Zhao et al., 2003). Esperimenti dai

risultati conflittuali hanno suggerito un cross-talk tra questi due importanti mediatori sia positivo che negativo. Se da un lato è emerso che composti donatori di NO esogeni promuovono la generazione di H2S da parte dell’enzima CSE in

maniera cGMP-dipendente (Zhao et al., 2003), dall’altro, invece, è stato riscontrato che H2S agisce come scavenger di NO, sia a livelli fisiologici (Ali et al.,

2006), sia in stati infiammatori in cui l’ossido d’azoto è presente in eccesso (Whiteman et al., 2006).

Insieme all’effetto vasorilasciante, H2S è coinvolto nella regolazione del sistema

cardiovascolare influendo anche sull’inibizione dell’aggregazione piastrinica indotta da ADP, collagene, epinefrina, acido arachidonico e trombina. Questo effetto non sembra essere correlato alla generazione di cGMP/cAMP, al rilascio di NO né all’apertura dei canali del potassio (Zagli et al., 2007).

H2S attenua il rimodellamento vascolare in modelli sperimentali di ipertensione

sopprimendo la proliferazione delle cellule muscolari lisce indotta da endotelina nell’aorta di ratto attraverso la via delle MAPK (proteine chinasi attivate da mitogeno) inibendo in questo modo la progressione delle lesioni aterosclerotiche (Yan et al., 2004; Zhong et al., 2003; Du et al., 2004).

H2S influenza anche il processo infiammatorio vascolare che svolge un

importante ruolo nella destabilizzazione e nella rottura delle placche aterosclerotche. Tuttavia esistono delle controversie su tale meccanismo: H2S

(30)

26

liscia vascolare (Jeong et al., 2006) ma uno antinfiammatorio sui macrofagi (Oh et al., 2006). Inoltre, prove recenti hanno mostrato un'interazione diretta tra H2S e

prostaglandine vasoattive derivanti dalle cicloossigenasi nel regolamento del tono vascolare (Koenitzer et al., 2007).

Nel cuore, H2S agisce endogenamente come un importante regolatore della

funzione fisiologica del miocardio. In particolare, H2S mostra un effetto inotropo

negativo svolgendo un ruolo di cardioprotezione dal danno da

ischemia/riperfusione. Questi effetti sono in gran parte mediati dall'attivazione del canale KATP (Yamanishi e Tuboi, 1981). La biosintesi endogena di H2S è

significativamente ridotta nell'ambito della cardiomiopatia associata a fattori di rischio, come l'iperomocisteinemia o il trattamento con adriamicina, suggerendo, ulteriormente, un ruolo protettivo di questo gas trasmettitore sulla funzione cardiaca (Kuo et al., 1983; Shibuya et al., 2009).

1.5.1 H

2

S e ipertensione

L'ipertensione è una delle malattie cardiovascolari più diffuse caratterizzata da una vasocostrizione anomala e da un rimodellamento della struttura vascolare (Safar et al., 1998). E’ stato dimostrato che i gas trasmettitori, tra cui NO e CO, svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione dell’omeostasi vascolare. Visto che H2S è stato recentemente classificato come nuovo gas trasmettitore, ci

si è chiesti se la produzione di H2S possa essere implicata nella patogenesi

dell’ipertensione. In accordo con i suoi effetti vascolari, la carenza di H2S

endogeno è coinvolta nella patogenesi dell'ipertensione. Infatti, l'espressione, e di conseguenza l’attività, della CSE è più bassa nei ratti spontaneamente ipertesi (SHR) rispetto ai ratti normotesi. Inoltre, la somministrazione cronica di NaHS ha un effetto ipotensivo in ratti SHR, ma non nei ratti normotesi (Yan et al., 2004). La somministrazione di inibitori della CSE riduce la concentrazione plasmatica di H2S ed aumenta la pressione sanguigna nei ratti normotesi, ma non negli SHR,

(31)

27

indicando che H2S è coinvolto nella regolazione del tono vascolare in condizioni

basali e che la produzione di H2S è ridotta nell'ipertensione (Zhong et al., 2003).

Un altro studio ha dimostrato il coinvolgimento di H2S nell’ipertensione in ratti

ipertesi a seguito della somministrazione cronica di L-NAME, inibitore della NOS. In questi ratti è stata constatata una disfunzione della sintesi e del pathway dell’H2S a causa dell’inibizione dell’espressione del gene codificante della CSE.

La somministrazione di NaHS ha portato ad una significativa diminuzione della pressione sistolica e una minore ipertrofia cardiaca. Inoltre, la somministrazione cronica di NaHS riduce notevolmente l’inibizione della sintesi di H2S e

dell’attività di CSE nei ratti in cui è stata indotta ipertensione attraverso L-NAME. Questo dimostra che la sintesi ed il pathway dell’H2S sono fortemente

coinvolti nella regolazione della pressione sanguigna e che H2S esogeno previene

lo sviluppo delle alterazioni indotte da L-NAME (Zhong et al, 2003). Diversi studi poi hanno dimostrato che H2S può svolgere ruoli importanti nella

patogenesi e nello sviluppo dell'ipertensione negli esseri umani. Nei pazienti con ipertensione di grado 2 e 3, la concentrazione plasmatica di H2S è risultata

inferiore rispetto ai soggetti con pressione sanguigna normale (Sun et al., 2007). In pazienti con ipertensione portale, si è visto che i livelli endogeni di H2S sono

(32)

28

1.6 H

2

S-donors

Sulla base delle attuali conoscenze sulle azioni patofisiologiche dell'H2S

endogeno in molti sistemi, con particolare riguardo al sistema cardiovascolare, la modulazione farmacologica di un importante mediatore gassoso di questo tipo sta diventando un campo di ricerca promettente nella scoperta di farmaci. Infatti composti, che si comportano come fonti di H2S esogeno, sono considerati

strumenti potenti per studi di base e agenti farmacoterapeutici innovativi per una varietà di malattie cardiovascolari. Naturalmente, la somministrazione di H2S

gassoso è fortemente limitata da un difficile controllo posologico e dal conseguente rischio di sovradosaggio. Al contrario, l'utilizzo di agenti in grado di garantire un migliore controllo del rilascio di H2S può rappresentare una

strategia più comoda e più sicura. A causa delle proprietà chimico-fisiche di H2S,

lo ione HS- è la specie prevalente a pH e temperatura fisiologici con un rapporto

di circa 4:1 rispetto alla specie indissociata (Reiffenstein et al., 1992). I sali di HS- e

di S2- possono pertanto essere considerati come agenti in grado di generare H2S in

soluzione acquosa in seguito a protonazione. NaHS rappresenta il prototipo di questi agenti; infatti è un rapido donatore di H2S ed è ampiamente utilizzato per

scopi sperimentali. Tuttavia, questo sale non è utilizzabile per uso clinico, in quanto il rilascio rapido di H2S può causare effetti negativi, come l'abbassamento

acuto ed eccessivo della pressione sanguigna. Altri sali, come il solfuro di calcio, sono stati proposti come possibile alternativa a NaHS (Li et al., 2009) anche se la velocità e il meccanismo di rilascio di H2S dai due sali inorganici sono

paragonabili. Gli H2S-donors ideali per l'utilizzo in terapia dovrebbero liberare

questo gas con un lento rilascio (Caliendo et al., 2010). Questa caratteristica farmacologica sembra essere esibita da alcuni derivati naturali tipicamente presenti in diverse specie della famiglia delle Alliaceae. Infatti, gli effetti benefici dell'aglio (Allium sativum L.) sulle funzioni cardiovascolari sono stati riconosciuti da molto tempo. Sebbene i meccanismi di azione e le sostanze attive non siano state inizialmente identificate, il consumo alimentare di aglio è stato associato ad

(33)

29

una significativa diminuzione di importanti fattori di rischio di eventi cardiovascolari, quali lo stress ossidativo, l'ipertensione, l’ipercolesterolemia, l'iperaggregazione piastrinica, ecc. (Banerjee e Maulik, 2002). Attualmente, le proprietà biofarmacologiche dell’H2S spiegano gli effetti positivi cardiocircolatori

promossi dall’aglio e dai composti organo-solforici, abbondanti nella famiglia delle Alliaceae, che agiscono come H2S-donors (Figura 16).

Figura 16. Composti contenuti nell'aglio in grado di rilasciare solfuro di idrogeno

Uno dei costituenti dell’aglio è l’alliina, un amminoacido solforato che è convertito in diallil-tiosolfato (noto anche come allicina) dalla alliinasi. A sua volta l’allicina si decompone in composti-organo solforati più stabili come diallilsolfuro e polisolfuri diallilici (diallil disolfuro e trisolfuro) (Figura 16) (Amagase, 2006). Il diallil disolfuro, DADS, e trisolfuro, DATS, sono veri e propri H2S-donors e rilasciano H2S lentamente, grazie all’intervento di tioli endogeni,

primo fra tutti il glutatione ridotto (GSH) (Benavides et al, 2007), il quale, attraverso un tipico scambio tiolo/disolfuro, può interagire con polisolfuri organici (Figura 17). Molto probabilmente la presenza di sostituenti allilici agevola reazioni GSH dipendenti, portando al rilascio di H2S. Il GSH agisce come

un sostituente nucleofilico sul carbonio in α al polisolfuro diallilico producendo allil-S-glutatione e allil pertiolo (Figura 17; B). L’allil pertiolo può essere

(34)

30

sottoposto a diversi percorsi chimici (Munchberg et al., 2007; Steudel e Albertsen, 1992; Chatterji e Gates, 2003; Rohwerder e Sand, 2003): una reazione di scambio tiolo/disolfuro con GSH, con la formazione di diallil glutatione disolfuro e H2S

(Figura 17, C) e una sostituzione nucleofila al carbonio in α con GSH, formando allil-S-glutatione e H2S2 (Figura 17, D) che, a sua volta, reagisce con GSH per

produrre GSSH e H2S (Figura 17, E). Inoltre anche l’allil glutatione disolfuro può

subire una sostituzione nucleofila al carbonio in α con GSH (Figura 17, F) portando alla formazione di allil-S-glutatione e GSSH. Quest’ultimo, attraverso una reazione di scambio tiolo/disolfuro con GSH, viene convertito in GSSG e H2S.

(35)

31

In accordo con questo complesso meccanismo di rilascio di H2S, altri solfuri

analoghi come il solfuro di allile, l’allil metil solfuro (AMS, che non presenta la porzione polisolfuro) o il disolfuro di dipropile (che è un polisolfuro, ma non presenta alcun gruppo di attivazione per una sostituzione nucleofilica al carbonio), non possono rilasciare H2S in presenza di GSH. Inoltre è evidente che

questo meccanismo di rilascio di H2S da polisolfuri diallilici sopra descritto

necessiti della presenza di adeguate quantità di GSH ridotto. Esso dunque necessita di un efficiente percorso metabolico in grado di assicurare livelli sufficienti di tale sostanza. In accordo con le loro caratteristiche di rilascio e con le proprietà farmacologiche di H2S, sia il disolfuro che il trisolfuro di diallile

(entrambi somministrati a concentrazione di 100 mM) hanno provocato un significativo effetto vasorilasciante endotelio-indipendente (Benavides et al., 2007). Oltre ai suddetti polisolfuri organici di origine naturale, che possono rappresentare modelli utili per la progettazione di nuovi composti sintetici dotati di buone proprietà di rilascio di H2S, sono diventate oggetto di studio alcune

molecole di sintesi. Tra queste vi è GYY4137, ditiofosfino derivato della morfolina (Figura 18).

Figura 18. Struttura di GYY4137

Questo composto si comporta come un lento donatore di H2S, in grado di

rilasciare questo gas spontaneamente in soluzione acquosa a livelli fisiologici di pH e di temperatura. In particolare, in un tampone fosfato a pH 7.4 e 37°C, l'incubazione di GYY4137 ha prodotto un rilascio lento e costante di H2S con un

(36)

32

picco massimo dopo 10-15 min e un lungo plateau. Il rilascio di H2S da GYY4137

è influenzato dal pH e dalla temperatura: risulta infatti aumentato dalla diminuzione di pH e dall’aumento della temperatura (Li et al., 2008). Tuttavia, il rilascio di H2S da GYY4137, sempre a pH 7.4, risulta notevolmente aumentato

dalla presenza di tioli organici come la L-cisteina (Martelli et al., 2013b). Per quanto riguarda gli effetti farmacodinamici di GYY4137, questa molecola induce un rilassamento quasi totale della muscolatura liscia vascolare in anelli di aorta di ratto precontratti con fenilefrina. I bloccanti del canale KATP, come la

glibenclamide, antagonizzano gli effetti di GYY4137. Quando somministrato per via endovenosa, GYY4137 si è visto che è in grado di provocare una lenta diminuzione della pressione sistolica (di circa 30-40mmHg) in ratti spontaneamente ipertesi (SHRs) mentre gli effetti nei ratti normotesi sono irrilevanti (Li et al., 2008). Ulteriori studi effettuati su modelli sperimentali di shock endotossico hanno dimostrato che GYY4137 può promuovere effetti antiinfiammatori. In particolare, la somministrazione di questo composto in ratti pretrattati con LPS (lipopolisaccaride) ha limitato la risposta ipotensiva indotta da questa tossina e ha ridotto i livelli circolanti di citochine pro-infiammatorie (TNFα, IL-1β, e IL-6), l’espressione della iNOS e della COX-2 (Li et al., 2009b). Recenti studi sperimentali con GYY4137 hanno anche fornito alcune spiegazioni utili sul ruolo controverso di H2S e H2S-donors nell'infiammazione: infatti, la

somministrazione di alte concentrazioni di NaHS è seguita da un aumento della produzione di mediatori proinfiammatori quali NO, TNFα, IL-1β e IL-6 in macrofagi murini. Al contrario, il GYY4137 ha causato una significativa diminuzione di questi mediatori e un aumento concomitante di prodotti antiinfiammatori, come l’interleuchina IL-10. Questi importanti dati sperimentali suggeriscono che gli effetti antiinfiammatori possono dipendere anche dalla cinetica di rilascio di H2S, indicando un profilo più favorevole per i donatori lenti

di H2S (Whiteman et al., 2010).

Oltre a GYY4137, in alcuni protocolli sperimentali è stato utilizzato come H2

(37)

33

19).

Figura 19. Struttura chimica del reagente di Lawesson

Come donatore di H2S, il reagente di Lawesson ha mostrato alcune attività

correlate con H2S, come l’azione antiinfiammatoria (Spiller et al., 2010; Wallace et

al., 2009). Infatti questo composto, ampiamente usato nella chimica organica per le reazioni di tionazione dei gruppi carbonilici, ha mostrato effetti positivi sulla guarigione delle ulcere gastriche indotte dall'acido acetico in ratti (Wallace et al., 2007a) e di proteggere la mucosa gastrica del ratto dal danno causato da etanolo, con un meccanismo strettamente correlato all'attivazione dei canali KATP

(Medeiros et al., 2009).

Altre molecole che sono conosciute come H2S-donors sono i ditioltioni e le

tioamidi. Queste specie chimiche sono state ampiamente utilizzate per la sintesi di farmaci multifunzionali (Martelli et al., 2012a) ma raramente come soli H2

S-donors. Per esempio, la 4-idrossi-benzotioamide (4-HBTA) (Figura 20), a volte utilizzata per la costruzione di molecole ibride, presenta un lento e costante rilascio di H2S in soluzione acquosa (a pH 7.4), ma la formazione di solfuro di

idrogeno è aumentata in presenza di tioli organici. Modificazioni strutturali di questa tioamide, come l’inserimento di piccoli sostituenti sull’anello benzenico, o la sostituzione dello stesso anello con un eterociclo, consentono di ottenere una serie di composti diversi tra loro in termini di rilascio di H2S; infatti, alcuni

composti hanno prodotto deboli H2S-donors mentre altri presentavano quantità

(38)

34

(Martelli et al., 2013b). 4-HBTA, in accordo con le sue proprietà di rilascio di H2S,

ha promosso effetti vasorilascianti su anelli di aorta di ratto isolati causando anche l’iperpolarizzazione delle cellule della muscolatura liscia umana concentrazione dipendente in accordo con gli effetti di H2S sui canali al potassio

vascolari.

Figura 20. Struttura molecolare 4-HBTA

I ditioltioni, invece, sono una classe di composti solforati ciclici sintetici, con caratteristiche pseudo aromatiche (Landis, 1965) di cui sono note le proprietà chemioprotettive che sono legate alle loro capacità di aumentare i livelli epatici di glutatione e le attività degli enzimi glutatione-reduttasi, glutatione-S-transferasi e NADPH-chinone reduttasi e di inibire la topoisomerasi II, un enzima coinvolto nella replicazione del DNA, fondamentale per evitare i superavvolgimenti della doppia elica del DNA (Cho et al., 2000; Benson et al., 1979; De Long et al., 1986). I ditioltioni (DTT) sono noti per rilasciare H2S in soluzioni acquose. Sebbene il

meccanismo dettagliato non sia ancora chiaro, è stato dimostrato che i DTTs si decompongono nel corrispondente 1,2-ditiolo-3-one dopo riscaldamento a 120°C in un sistema tampone fosfato/DMSO. Questa osservazione implica che l'idrolisi potrebbe essere il meccanismo della generazione di H2S da DTTs (Figura 21)

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35 Figura 21. Meccanismo di sintesi di H2S da DTTs

1.6.1 Farmaci ibridi

E’ noto che nel trattamento di malattie complesse è spesso necessario agire contemporaneamente su differenti e complementari bersagli farmacologici. Da un lato, questo problema può essere risolto con l’uso di cocktail farmacologici, somministrando più farmaci che possiedono diversi meccanismi d’azione. Dall’altro, è stato osservato che la presenza di un meccanismo ‘’sporco’’ di certi farmaci può portare ad un miglioramento della loro efficacia terapeutica grazie alla loro scarsa specificità ("dirty drug"). Quindi queste considerazioni hanno spostato il paradigma della scoperta di nuovi farmaci verso nuovi scenari: la regola aurea ‘’un farmaco – un target’’ sta lasciando spazio ad un nuovo approccio multi target andando a ‘’sporcare’’ l’azione di una singola molecola (Frantz, 2005). Di conseguenza, negli ultimi anni si è registrato un aumento di numerosi esempi di ‘’dirty drugs’’ ovvero singole molecole che presentano molteplici bersagli molecolari. Rispetto alle terapie con più farmaci, l'uso di un solo farmaco capace di agire attraverso diversi meccanismi d’azione presenta numerosi vantaggi, quali una più facile previsione della farmacocinetica e una migliore compliance da parte del paziente (Morphy et al., 2004). L’omeostasi del sistema cardiovascolare, e in particolare la regolazione della funzione emodinamica, sono assicurati da diversi percorsi complessi. Pertanto, non sorprende che il campo della farmacologia cardiovascolare sia stato (ed è ancora) considerato come un campo ideale per la scoperta e progettazione di farmaci

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multi target. Questa ricerca ha prodotto numerose molecole interessanti che agiscono contemporaneamente su due o più target (recettori e/o enzimi) che sono coinvolti nel controllo della funzione cardiocircolatoria come per esempio l’enzima convertitore dell’angiotensina, i recettori per l’angiotensina II AT1, il recettore Mas per l’angiotensina (1-7), l’endopeptidasi neutra, l’enzima di conversione dell'endotelina ecc. (Balsamo et al., 2008; Calderone, 2008). Visto il ruolo fondamentale dell’ossido di azoto nella maggior parte degli aspetti inerenti la regolazione del sistema cardiovascolare, una delle strategie più vantaggiose nel campo degli ibridi farmacodinamici è stato lo sviluppo di farmaci ibridi NO-donor, i quali sono stati ottenuti attraverso la coniugazione di strutture rilascianti NO a farmaci già noti (attivi sia sul sistema cardiovascolare che non) (Martelli et al., 2006; Martelli et al., 2009) con l’obiettivo o di ridurre gli eventuali effetti avversi o di migliorare l’impatto terapeutico. Poichè H2S è stato considerato, per

vari aspetti, come il nuovo NO (Sanderson, 2009) e avendo questi due mediatori gassosi una varietà di effetti in comune come per esempio la vasodilatazione, attività antipiastrinica e cardioprotezione, sono stati sviluppati (e sono attualmente in fase di progettazione) numerosi H2S ibridi.

I farmaci antiinfiammatori non steroidei (NSAIDs) sono una delle classi di farmaci più utilizzate. H2S può essere utile per ridurre la gastrolesività causata

dagli NSAIDs e per ridurre lo stress ossidativo spesso associato all’infiammazione. Pertanto, sono stati progettati e sintetizzati numerosi NSAIDs rilascianti H2S, attraverso la coniugazione di NSAIDs conosciuti con ditioltione

(DTT) (Figura 22) (Wallace, 2007). ACS14 è un derivato dell’aspirina che rilascia H2S ed è ottenuto per coniugazione di DTT con l’acido acetilsalicilico (Figura 22).

La somministrazione orale di ACS14 ha prodotto una significativa riduzione dei metaboliti derivanti dall’attività della COX nel plasma in maniera simile a quanto osservato per una dose equimolare di aspirina. Inoltre, ACS14 ha ridotto le concentrazioni plasmatiche degli indicatori dello stress ossativo, come 8-isoprostano, e ha incrementato i livelli di GSH nel sangue, nel cuore e nei vasi. E’ stato dimostrato che gli effetti sopra elencati dipendono unicamente dal DTT,

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cioè dalla moiety in grado di donare H2S. Rispetto all’aspirina, il derivato ACS14

è dotato di un profilo migliore per quanto riguarda la sicurezza gastrica . La valutazione del profilo farmacocinetico di questo derivato mostra, dopo somministrazione endovenosa, una rapida deacetilazione. Il derivato è idrolizzato a DTT e acido salicilico (Sparatore et al., 2009). Quando somministrato per via endovenosa ai ratti, ACS14 ha prodotto un marcato ma transitorio aumento della concentrazione plasmatica di H2S con un picco dopo cinque

minuti e un rapido ritorno ai livelli basali dopo circa due ore.

Figura 22. Struttura molecolare del DTT e sua coniugazione con Aspirina

Sono stati descritti anche H2S ibridi di naprossene. Tra questi troviamo ATB-345 e

ATB-346 che sono stati sintetizzati attraverso la coniugazione del farmaco principale con DTT e 4-HBTA, rispettivamente (Figura 23). Come il naprossene, gli ibridi NSAIDs hanno mostrato effetti antiinfiammatori, ma in questi ultimi il profilo di sicurezza gastrico è stato notevolmente migliorato (Wallace et al., 2010). ATB-346 è stato ammesso alla sperimentazione clinica di Fase 1 la quale ha dimostrato che questo farmaco ibrido è sicuro e non produce eventi avversi

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gravi. Inoltre, la somministrazione di ATB-346 a soggetti umani ha portato ad un prolungamento delle concentrazioni terapeutiche di naprossene nel sangue.

Figura 23. Coniugazione del naprossene con DTT (in alto) e con 4-HBTA (in basso).

E’ stato sintetizzato anche un H2S-ibrido del diclofenac (Figura 24) che, rispetto al

diclofenac non ibrido, ha mostrato un migliore effetto antiinfiammatorio, minori effetti gastrolesivi ed inoltre non influisce sui valori di ematocrito (Wallace et al., 2007b).

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39 Figura 24. Coniugazione del diclofenac con DTT

L’H2S-diclofenac, insieme all’H2S-ibrido del NSAID Sulindac (ottenuto con la

coniugazione dei farmaci di base con DTT, Figura 25), hanno mostrato interessanti effetti antiangiogenici (Isenberg et al., 2007) dovuti alla loro capacità di aumentare la fosforilazione delle proteine da shock termico (Hsp27), importante step nella segnalazione intracellulare nel processo antiangiogenico (Keezer et al., 2003; Bix et al., 2004). Questi effetti non sono presenti nei farmaci principali non derivatizzati. L’attività antiangiogenica sembra essere dovuta al DTT.

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Figura 25. Coniugazione dell’Acido Valproico (in alto) e del Sulindac (in basso) con DTT.

Come sopra riportato, H2S svolge un ruolo fondamentale nella regolazione della

funzione cardiovascolare. Quindi non sorprende che molti farmaci H2S-ibridi

attivi sul sistema cardiovascolare siano progettati al fine di migliorare l'efficacia dei farmaci originali non ibridi (Martelli et al., 2012b). La classe di farmaci che agisce sul sistema renina-angiotensina è una tra le più utilizzate per la terapia farmacologica dell’ipertensione. Per questo motivo sono stati progettati numerosi H2S-donors appartenenti a questa classe, tra cui alcuni sartani (antagonisti del

recettore AT1 per l'angiotensina II) che sono stati coniugati con DTT (Sparatore et al., 2008) (Figura 26). In questi ibridi, gli effetti antiipertensivi dovuti all'antagonismo del recettore di AT1 (effetto primario) sono rinforzati dalla presenza di ulteriori proprietà cardiovascolari benefiche correlate al rilascio di

H2S come per esempio un effetto diretto vasorilasciante, un’attività

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1.7 Scopo della tesi

Il solfuro di idrogeno (H2S), molecola gassosa nota fino a poco tempo fa solo

come agente tossico, è ormai un noto gas trasmettitore endogeno che a concentrazioni fisiologiche, gioca un ruolo fondamentale in vari processi biologici in numerosi distretti dell’organismo. In particolare è coinvolto nella regolazione del sistema cardiovascolare mostrando gli stessi effetti benefici di NO. Un’alterazione della biosintesi di H2S o una diminuzione della sua

concentrazione endogena, influiscono sulla patogenesi dell’ipertensione e possono causare varie complicazioni a livello cardiovascolare. Per cui la somministrazione esogena di H2S può essere considerata una strategia efficace

per il trattamento di tali patologie, rendendo necessaria l’individuazione di nuovi composti in grado di rilasciare H2S in maniera lenta e controllata. In questi

ultimi anni la ricerca farmacologica si è concentrata sulla ricerca di molecole capaci di rilasciare questo gas in maniera costante in modo da poter controllare la posologia e l'eventuale raggiungimento di concentrazioni tossiche per l'organismo. Tra queste possiamo trovare sia farmaci ibridi che rilasciano H2S con

un meccanismo d’azione secondario ma anche veri e propri H2S-donors.

In questo lavoro di tesi è stato valutato, tramite analisi amperometrica, il rilascio di H2S da parte di ditioltioni, tritiocarbonati, disolfuri e N-mercapto derivati,

sintetizzati dal Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco dell’Università di Torino, in ambiente privo di substrati biologici, ma aggiungendo cisteina in modo da mimare la presenza di tioli endogeni. Si è poi ritenuto interessante verificare il mantenimento del profilo di H2S-donor all’interno delle cellule senza

l’aggiunta di tioli esogeni di quei composti che hanno mostrato tramite determinazioni amperometriche la migliore cinetica di rilascio. Infatti, in questo caso, la molecola per poter generare H2S deve necessariamente andare a cercarsi i

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all’ambiente extracellulare. Ciò viene eseguito mediante tecniche di elettrofisiologia indiretta con l’ausilio di sonde fluorimetriche (sonda WSP-1) che riflettono la quantità di solfuro di idrogeno realmente rilasciata, in quanto la sonda reagisce con il solfuro di idrogeno determinando un incremento della fluorescenza basale. A tale proposito, considerando il fatto che H2S possiede

un’azione diretta a livello della muscolatura liscia vascolare, sono stati effettuati esperimenti fluorimetrici per la determinazione del rilascio di H2S sulle cellule di

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