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Sviluppo di nuovi modelli continui per la descrizione di ambienti dielettrici compositi Development of new continuum models for the description of composite environments

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Academic year: 2021

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(1)

Universit`

a di Pisa

Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale

Corso di Laurea Magistrale in Chimica

Curriculum Chimico Fisico

Sviluppo di nuovi modelli

continui per la descrizione di

ambienti dielettrici compositi

Relatori:

Dr. Filippo Lipparini

Prof.ssa Benedetta Mennucci

Controrelatore:

Prof. Francesco Pineider

Candidato:

Michele Nottoli

(2)
(3)

Indice

1 Introduzione 4

2 I modelli continui polarizzabili 7

2.1 La formulazione ASC . . . 9

2.2 Tecniche di risoluzione . . . 10

3 Il problema elettrostatico 12 3.1 Il formalismo matematico . . . 12

3.2 Operatori integrali di Calder´on . . . 15

3.3 DPCM . . . 16

3.4 IEFPCM . . . 18

3.5 COSMO . . . 19

3.6 Trattamento di dielettrici compositi . . . 20

4 Metodi di risoluzione delle equazioni integrali 23 4.1 ddCOSMO . . . 24 4.1.1 Localizzazione . . . 25 4.1.2 Discretizzazione . . . 28 4.1.3 Elementi di matrice . . . 30 4.1.4 Calcolo dell’energia . . . 32 4.2 ddPCM . . . 34 4.2.1 Localizzazione . . . 34 4.2.2 Discretizzazione . . . 35 4.2.3 Elementi di matrice . . . 36 4.3 DPCM . . . 38 4.3.1 Localizzazione . . . 38 4.3.2 Discretizzazione . . . 38 4.3.3 Elementi di matrice . . . 39 4.3.4 Calcolo dell’energia . . . 42

5 Accoppiamento con il problema elettronico 44 5.1 Stato fondamentale . . . 44

(4)

5.1.2 L’accoppiamento con il solvente continuo . . . 46

5.2 Stati eccitati . . . 49

5.2.1 L’evoluzione temporale del sistema imperturbato . . . 50

5.2.2 La risposta lineare . . . 51

5.2.3 Gli elementi di matrice al primo ordine . . . 53

5.2.4 Le equazioni di Casida . . . 55

6 Implementazione e risultati 59 6.1 Implementazione . . . 60

6.1.1 Inizializzazione . . . 60

6.1.2 Accoppiamento al metodo SCF . . . 61

6.1.3 Contributi alla risposta . . . 63

6.2 Benchmark sullo stato fondamentale . . . 64

6.3 Stati eccitati di un sistema multicromoforico . . . 69

7 Sistemi contenenti nanoparticelle metalliche 71 7.1 La costante dielettrica dei metalli . . . 72

7.1.1 Il modello di Drude . . . 72

7.1.2 Le correzioni per la dimensione finita delle nanoparticelle . . . 74

7.2 Tempi di vita degli stati eccitati e fluorescenza . . . 75

7.2.1 Canale dissipativo . . . 76

7.2.2 Il dipolo indotto . . . 80

7.3 Implementazione . . . 80

7.3.1 Calcolo dell’energia DPCM . . . 81

7.3.2 Costanti cinetiche radiative e non radiative . . . 82

7.4 Validazione del metodo . . . 84

7.4.1 Effetto della costante dielettrica del metallo . . . 85

7.4.2 Effetto della distanza . . . 87

7.5 Tempi di vita della lissamina . . . 91

7.5.1 Dettagli computazionali . . . 91

7.5.2 Risultati . . . 93

8 Conclusioni 96 Appendice A 99 A.1 Regola di commutazione degli operatori di Calder´on . . . 99

(5)

A.3 Armoniche sferiche . . . 102 A.4 TD-HF . . . 104

(6)

Capitolo 1

Introduzione

Inizialmente le descrizioni quantomeccaniche in ambito chimico sono state applicate allo studio di molecole isolate, quindi a una condizione diversa dalla fase condensa-ta che caratterizza la quasi tocondensa-talit`a dei fenomeni chimici di interesse. In realt`a, le propriet`a delle molecole in fase condensata possono differire notevolmente rispetto a quelle del sistema isolato. Per avere un’idea di quanto l’ambiente possa modifi-care propriet`a e processi molecolari basti pensare agli effetti della solvatazione. Il solvente infatti non solo pu`o modificare la geometria della molecola e/o variare il peso relativo delle varie forme conformazionali, ma modifica anche la densit`a elet-tronica con conseguenze sulle propriet`a molecolari e sulla stessa reattivit`a chimica. L’effetto dell’ambiente pu`o essere ancora pi`u complesso di quello esercitato da un solvente omogeneo; ad esempio, una matrice proteica pu`o modificare la reattivit`a e le propriet`a spettroscopiche di una molecola in essa contenuta attraverso intera-zioni specifiche, ovvero interaintera-zioni non necessariamente covalenti che coinvolgono specifici atomi o gruppi di atomi della matrice proteica. Andando ancora oltre nella complessit`a dell’ambiente, considerando casi in cui una molecola si trova immersa in un ambiente composito, allora le propriet`a diventano pi`u difficili da prevedere. Per esempio, quando una molecola solvatata si trova nelle vicinanze di nanoparti-celle metalliche, le sue propriet`a di risposta a campi elettromagnetici (osservabili con tecniche spettroscopiche) possono essere enormemente modificate. In particola-ri condizioni, tale modifica `e un incremento di ordini di grandezza del loro segnale spettroscopico: questo `e esattamente quello che viene sfruttato nelle spettroscopie ”surface enhanced” (SE), come ad esempio il SERS (surface enhanced raman scat-tering),1 il SEF (surface enhanced flourescence)2 e il SEIRA (surface enhancement infra-red absorption).3

In linea di principio, lo studio teorico di molecole in fase condensata potrebbe essere effettuato estendendo semplicemente i metodi quantistici all’intero sistema, tuttavia il grande numero di atomi coinvolti comporta un costo computazionale trop-po elevato che rende inapplicabile questo approccio diretto. Inoltre, al crescere dei gradi di libert`a del sistema le configurazioni accessibili crescono esponenzialmen-te; per questo motivo qualsiasi studio di sistemi estesi richiede un’attenta analisi statistica per determinare le configurazioni che contribuiscono maggiormente alle

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propriet`a osservate.

In molti casi per`o, l’intuito chimico suggerisce che le propriet`a e i fenomeni di interesse siano limitati a una regione circoscritta dell’intero sistema, che quindi `e pi`u interessante dell’ambiente circostante; questa regione pu`o essere la molecola sol-vatata, o il sito attivo di una proteina. Questa caratteristica comune pu`o essere sfruttata per sviluppare una strategia computazionale in grado di superare le li-mitazioni dei metodi quantistici. L’idea `e quella di descrivere regioni diverse con accuratezze diverse secondo un approccio di tipo multiscala. La regione interessante viene descritta a un livello adeguato per determinarne le propriet`a richieste, solita-mente con un metodo quantistico, mentre il resto del sistema viene descritto con un modello meno accurato ma computazionalmente meno costoso perch´e derivato da modelli non quantistici (cio`e classici).

I metodi multiscala sono noti da molti anni ed hanno ormai ottenuto un ricono-scimento tale da meritare il Nobel per la chimica conferito nel 2013 a Karplus, Levitt e Warshel. In questa categoria di metodi, possono essere individuati vari approcci che si differenziano per la descrizione dell’ambiente; due dei pi`u importanti sono i metodi ibridi quantistici/meccanica molecolare (QM/MM)4 e i modelli continui. A differenza dei primi, gli approcci continui abbandonano la descrizione atomistica dell’ambiente per sostituirla con un mezzo continuo e polarizzabile. In questo mo-do riescono a risolvere sia il problema del costo computazionale, sia la complessit`a dovuta ai gradi di libert`a dell’ambiente. Tra le varie formulazioni proposte in lette-ratura `e qui importante citare il modello nato a Pisa all’inizio degli anni ’805 per lo studio di molecole in soluzione e noto come Polarizable Continuum Model (PCM).

In generale, per`o, i modelli continui non sono limitati allo studio della solvata-zione, ma possono essere applicati in tutti i tipi di sistemi per cui il passaggio al continuo non elimina informazioni strutturali importanti, come ad esempio le na-noparticelle metalliche usate nelle spettroscopie SE (Fig. 1.1). Sebbene i modelli continui siano decisamente pi`u semplici e computazionalmente pi`u efficienti dei me-todi QM/MM, non sempre possono essere usati. In particolare quando l’ambiente presenta interazioni specifiche con la regione d’interesse (ad esempio in matrici pro-teiche), il passaggio al continuo comporta una significativa perdita di informazione e per questo i metodi QM/MM sono preferibili.

La grande quantit`a di risultati ottenuti ad oggi con approcci multiscala ha defi-nitivamente confermato la loro validit`a, ma la loro applicazione allo studio di sistemi sempre pi`u grandi e complessi `e ancora una sfida aperta che richiede metodi sempre pi`u efficienti.

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Figura 1.1: Molecola di lissamina coordinata a una nanoparticella metallica in ambiente acquoso.

Il presente lavoro di tesi si colloca esattamente in quest’ottica della ricerca di algoritmi migliori per l’applicazione di modelli continui polarizzabili a sistemi di complessit`a crescente, e in particolare della loro estensione alla descrizione di sistemi compositi. La prima parte della tesi (capitoli 2 e 3) introduce la teoria dei modelli continui con una dettagliata discussione del problema elettrostatico e delle equazioni integrali ad esso associate. Il capitolo 4 mostra la teoria e le equazioni di lavoro dei metodi che usano la domain decomposition, e in particolare definisce il nuovo metodo per la descrizione dei sistemi compositi. Nel capitolo successivo viene affrontato l’accoppiamento di questi modelli con una descrizione quantistica. Il capitolo 6 descrive l’implementazione all’interno di un codice di calcolo (Gaussian) del metodo sviluppato per solventi semplici e mostra alcuni applicazioni. Infine, il capitolo 7 `e interamente dedicato ai sistemi contenenti nanoparticelle metalliche: vengono descritti i principali effetti dovuti al metallo, viene presentata l’implementazione del nuovo metodo e vengono presentate alcune applicazioni.

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Capitolo 2

I modelli continui polarizzabili

I modelli continui polarizzabili (PCM)6,7,8 descrivono il fenomeno della solvatazione a un livello multiscala: il soluto viene descritto con un metodo quantistico, l’effetto del solvente viene introdotto a livello classico. Dato che il solvente non viene descrit-to in dettaglio ma ne viene descritdescrit-to solamente l’effetdescrit-to, i PCM vengono classificati come modelli focalizzati.

La solvatazione `e processo termodinamico che concettualmente pu`o essere diviso in due passaggi: la formazione della cavit`a che conterr`a il soluto all’interno del solvente e il trasporto della molecola di soluto all’interno della cavit`a. L’energia sar`a quindi la somma di un termine di cavitazione — dovuto alla tensione superficiale del solvente — e di un termine di interazione soluto–solvente. L’interazione a sua volta pu`o essere riscritta come somma di un termine elettrostatico e un termine dispersivo-repulsivo (interazioni Van der Waals).

I PCM nascono per calcolare il contributo elettrostatico, che solitamente `e il pi`u importante; per calcolarlo si assume che:

• il solvente possa essere descritto come un mezzo continuo, omogeneo e pola-rizzabile.

• il solvente possa essere descritto unicamente attraverso la regione da esso occupata e la sua costante dielettrica macroscopica s.

• la molecola di soluto sia contenuta all’interno della cavit`a (in cui  = 1) del solvente.

• la densit`a di carica del soluto(ρ) sia interamente contenuta nella cavit`a e possa polarizzare il mezzo continuo circostante.

Nell’impostazione del problema sono necessarie tre informazioni: la densit`a di carica della molecola (comprendente nuclei ed elettroni), la costante dielettrica del solvente e la cavit`a all’interno della quale il solvente non pu`o accedere.

Descrivere il solvente attraverso la sua costante dielettrica macroscopica compor-ta un grande vancompor-taggio: quest’ultima `e una propriet`a media che tiene conto di tutti i gradi di libert`a del solvente e per questo motivo non `e necessario il campionamento

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statistico delle configurazioni accessibili al solvente. Al contrario, una descrizione atomistica, come ad esempio il metodo QM/MM, necessita tale campionamento.

La cavit`a invece non `e una grandezza con un significato fisico, al contrario `e il confine che artificialmente separa la regione occupata dalla molecola di soluto dalla regione occupata dal solvente. In letteratura, esistono diverse definizioni di cavit`a,9 nel lavoro qui svolto si `e scelto di lavorare con cavit`a composte unicamente da sfere intersecate (Fig. 2.1). Le sfere sono generalmente centrate sugli atomi e il loro raggio `e proporzionale al raggio di Van der Waals dell’atomo su cui sono centrate.

Figura 2.1: La figura mostra la cavit`a Van der Waals per la molecola di cantaxantina.

Il problema elettrostatico `e risolto quando `e noto il potenziale elettrico (V ) che soddisfa l’equazione di Poisson:

− ∇ · ((r) ∇ V (r)) = 4πρ(r) (2.1) dove  `e la funzione dielettrica e vale 1 all’interno della cavit`a e s all’esterno.

Il potenziale elettrico V pu`o essere scritto come la somma di un termine dovuto alla densit`a di carica molecolare Φ e di un termine dovuto alla risposta del dielettrico

W .

V (r) = Φ(r) + W (r) (2.2) L’introduzione del potenziale di reazione W permette di calcolare il contributo elettrostatico all’energia di solvatazione come interazione tra ρ e W , quindi come integrale sul volume della cavit`a (Ω).

E = 1 2 Z Ω ρ(r)W (r)d3r (2.3) Il fattore 1

2 tiene conto del fatto che met`a dell’energia viene spesa per polarizzare il solvente.

(11)

In sistemi particolarmente semplici e simmetrici, partendo da considerazioni di elettrostatica `e possibile ottenere espressioni analitiche per il potenziale di reazione: questo `e il caso dei modelli di Born e di Onsager.10,11 Il primo permette di trovare il potenziale di reazione per una carica puntiforme posta al centro di una cavit`a sferica in un dielettrico, il secondo descrive una situazione analoga ma con un dipolo situato al posto della carica. Storicamente questi modelli sono stati usati per stimare le energie di solvatazione di ioni e semplici molecole, tuttavia il loro limite principale `e la scarsa generalit`a: la maggior parte delle molecole ha una forma complessa che richiede la risoluzione numerica dell’equazione di Poisson.

2.1

La formulazione ASC

Nell’ambito della chimica computazionale `e conveniente riformulare il problema elet-trostatico in termini di una carica superficiale apparente (ASC). Questa `e definita come la carica che si forma all’interfaccia tra due dielettrici diversi ed `e proporzionale alla differenza delle polarizzazioni dei due mezzi.

σ = −(P1− P2) · n12

dove σ `e l’ASC, P `e la polarizzazione e n12`e la normale alla superficie. Considerando che all’interno della cavit`a Pi = 0 e all’esterno Pe = −−1Ee, si ottiene:

σ =  − 1

(E · n)e =

 − 1

4π (E · n)i La densit`a di carica superficiale ha due importanti propriet`a:

• genera formalmente il potenziale di reazione.

W (r) = Z Γ σ(s) |r − s|d 2 s

• fornisce una via alternativa all’equazione 2.3 per il calcolo dell’energia. Questa viene calcolata come l’interazione tra la densit`a di carica σ e il potenziale della molecola Φ, il dominio di integrazione `e la superficie della cavit`a Γ.

E = 1

2

Z

Γ

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Senza entrare nei dettagli (che sono argomento del capitolo seguente), il campo elettrico che induce la densit`a σ `e la somma di un termine dovuto alla molecola

Emol e di un termine dovuto alla stessa densit`a Easc. Questo secondo termine `e un funzionale (integrale) di σ, perci`o conoscendo l’espressione del funzionale, si ottiene un’equazione integrale in σ:

σ =  − 1

4π [(Emol· n)i+ (Easc[σ] · n)i]

L’energia di interazione pu`o quindi essere calcolata tramite due vie alternative: la prima richiede la conoscenza di W che pu`o essere trovato tramite la risoluzione diretta dell’equazione di Poisson, la seconda di σ che pu`o essere ottenuta dalla risoluzione dell’equazione integrale. In particolare l’equazione integrale ha come dominio la superficie della cavit`a Γ, mentre l’equazione di Poisson tutto lo spazio R3.

Nel caso in cui la densit`a ρ sia descritta quantisticamente, il calcolo delle pro-priet`a elettrostatiche della molecola (Φ, Emol) `e un’operazione dispendiosa dal punto di vista computazionale; l’approccio ASC si rivela vantaggioso perch´e permette di ridurre il numero di punti in cui `e necessario calcolare tali quantit`a.

2.2

Tecniche di risoluzione

La risoluzione dell’equazione integrale pu`o essere fatta con tecniche numeriche di-verse; le pi`u rilevanti per la chimica computazionale sono il metodo degli elementi superficiali (BEM) e la pi`u recente tecnica domain decomposition (dd).

Le varie implementazioni BEM trasformano la superficie continua della cavit`a in una ”mesh” discreta che viene usata per definire delle basi di funzioni. Le basi di funzioni sono poi usate per rappresentare la densit`a di carica apparente e le propriet`a elettrostatiche della molecola come vettori, e gli operatori integrali come matrici. L’equazione integrale viene cos`ı trasformata in un sistema lineare che pu`o essere risolto per inversione di matrice o tramite metodi iterativi. Le funzioni di base possono essere funzioni costanti a tratti,5,12 oppure gaussiane sferiche.13,14,15

Nel 2013, Canc`es et al.16 hanno applicato la tecnica domain decomposition17 al problema PCM ottenendo un metodo completamente nuovo e pi`u efficiente dei precedenti. L’idea seguita `e quella di dividere il dominio (la cavit`a) in un insieme di sottodomini (le sfere costituenti la cavit`a) in cui la risoluzione del problema `e pi`u semplice. In questo modo si passa da un’equazione integrale globale ad un sistema di

(13)

equazioni integrali localizzate e accoppiate tra loro; queste sono poi rappresentate su una base di armoniche sferiche (Sezione A.3) e trasformate in sistemi lineari accoppiati.

(14)

Capitolo 3

Il problema elettrostatico

Questo capitolo tratter`a dettagliatamente la ricerca della soluzione del problema elettrostatico nella formulazione ASC. Nella prima parte verr`a introdotto il forma-lismo matematico necessario,18 mentre nella parte successiva verranno discussi tre modelli polarizzabili specifici che portano a delle equazioni integrali diverse.

Il primo modello trattato, il dielectric polarizable continuum model (DPCM),5 permette di trovare l’equazione integrale per l’ASC partendo da considerazioni di elettrostatica. Il secondo modello trattato, l’integral equation formalism polarizable continuum model (IEFPCM),19,20`e una riformulazione matematica del modello pre-cedente. L’IEFPCM `e il modello pi`u generale: pu`o trattare solventi isotropi, solventi anisotropi e soluzioni ioniche e ammette come casi particolari gli altri PCM; inoltre, `e pi`u performante dal punto di vista computazionale. L’ultimo modello trattato, il conductor-like screening model (COSMO),21 pu`o essere visto come un’appros-simazione dei modelli precedenti dove il problema elettrostatico viene semplifica-to trattando il solvente come se fosse un condutsemplifica-tore. Questa approssimazione `e particolarmente valida per grandi costanti dielettriche.

Infine, l’ultima parte del capitolo mostrer`a come sia possibile estendere i modelli PCM in modo da trattare ambienti dielettrici compositi. Questa estensione `e ne-cessaria per poter descrivere sistemi in cui sono presenti sia molecole solvatate che nanoparticelle metalliche solvatate.

3.1

Il formalismo matematico

Il problema elettrostatico `e definito dall’equazione di Poisson: ∇ ·((r) ∇ V (r)) = −4πρ(r) r ∈ R3

L’effetto del solvente si manifesta attraverso la funzione dielettrica , che `e costante in tutto lo spazio eccetto che all’interfaccia, dove presenta una discontinuit`a.

(r) = 1 r ∈ Ω

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Come anticipato, si assume che la densit`a di carica molecolare ρ sia interamen-te coninteramen-tenuta nella cavit`a Ω; per linearit`a, si pu`o scrivere l’equazione di Poisson separatamente per l’interno della cavit`a e per l’esterno, ottendo:

∇2V (r) = −4πρ(r) r ∈ Ω ∇2V (r) = 0

r ∈ R3\ Ω lim

r→∞V (r) = 0

Il potenziale totale V viene scritto come somma del termine molecolare Φ e del termine di reazione W (V = Φ + W ), che descrive la presenza del dielettrico. Per il termine molecolare vale:

∇2Φ(r) = −4πρ(r) r ∈ Ω

∇2Φ(r) = 0

r ∈ R3\ Ω lim

r→∞Φ(r) = 0

e quindi, per linearit`a:

∇2W (r) = 0 r ∈ Ω ∇2W (r) = 0

r ∈ R3\ Ω lim

r→∞W (r) = 0

Il potenziale di reazione W e la sua derivata normale ∂nW , possono presentare

delle discontinuit`a finite in Γ, queste sono caratterizzate tramite il salto [ ], ovvero la differenza tra il valore all’interno di Γ e quello all’esterno.

[W ] (r) = Wi(r) − We(r)

[∂nW ] (r) = ∂nWi(r) − ∂nWe(r)

Il potenziale di reazione W `e soluzione all’equazione di Laplace in tutto R3 eccet-to Γ, perci`o all’interno della cavit`a e all’esterno deve essere una funzione armonica. Una funzione armonica ha la propriet`a che, noti i valori su un contorno chiuso, `e possibile determinarne i valori all’interno. Di conseguenza, una volta specificate le condizioni al contorno e le condizioni di interfaccia `e possibile determinare il valo-re del potenziale di valo-reazione in qualunque punto di R3. Le condizioni al contorno possono essere fornite nella forma di Dirichlet (`e noto W al contorno), nella forma

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di Von Neumann (`e nota la derivata normale ∂nW al contorno) oppure in un misto

delle due. Questo permette di riscrivere W tramite una rappresentazione integrale. 4πW (r) = Z Γ 1 |r − s|[∂nW ] (s) d 2s −Z Γ ∂n 1 |r − s| [W ] (s)d 2s r /∈ Γ Sulla superficie Γ il potenziale di reazione non `e ben definito quindi la rappresenta-zione integrale non vale, tuttavia `e possibile scrivere la seguente identit`a.

2π(Wi(s) + We(s)) = Z Γ 1 |s − s0|[∂nW ] (s 0) d2s − Z Γ ∂n 1 |s − s0|[W ] (s 0 )d2s0 s ∈ Γ

I salti [W ] e [∂nW ] acquisiscono un significato fisico: all’interno degli integrali si

comportano come se fossero rispettivamente una densit`a di carica superficiale σ e una densit`a di dipoli superficiale p.

σ = [∂nW ]

p = [W ]

All’interfaccia tra dielettrici diversi, incontrata nei metodi PCM, non si forma mai un doppio strato di cariche, perci`o si possono semplificare le due equazioni scritte ponendo p = 0. W (r) = Z Γ 1 |r − s|σ(s) d 2s r /∈ Γ 1 2(Wi(s) + We(s)) = Z Γ 1 |s − s0|σ(s 0) d2s s ∈ Γ

Derivando l’identit`a precedente rispetto alla normale alla superficie in s, si ot-tiene l’ultima identit`a considerata, che sar`a necessaria per sviluppare le equazioni DPCM. 1 2(∂nWi(s) + ∂nWe(s)) = Z Γ ∂n 1 |s − s0|σ(s 0 ) d2s

(17)

3.2

Operatori integrali di Calder´

on

Come si pu`o notare, sono presenti alcune operazioni integrali ricorrenti, per trattarle in una forma pi`u compatta si introducono gli operatori integrali di Calder´on: S, D e D∗.

• L’operatore S o di single layer restituisce il potenziale in s prodotto da una densit`a di carica superficiale σ.

(Sσ)(s) = Z Γ 1 |s − s0|σ(s 0 ) d2s0

• L’operatore D o di double layer restituisce il potenziale in s prodotto da un doppio strato di cariche. Il doppio strato di cariche pu`o essere assimilato a un singolo strato di dipoli con densit`a p.

(Dp)(s) = Z Γ ∂n0 1 |s − s0|p(s 0 ) d2s0

• L’operatore Drestituisce il campo elettrico normale alla superficie in s pro-dotto dal singolo strato di cariche σ.

(Dσ)(s) = Z Γ ∂n 1 |s − s0|σ(s 0 ) d2s0 = = Z Γ ∇s 1 |s − s0|nsσ(s 0) d2 s0 = = Z Γ (s − s0)ns |s − s0|3 σ(s 0 ) d2s0

Dato che gli operatori saranno usati estensivamente nel resto della tesi `e oppor-tuno soffermarsi su alcune loro propriet`a.

• S `e autoaggiunto per ogni r ∈ R3. • D e D

sono uno l’aggiunto dell’altro per ogni r ∈ R3. • vale la regola di commutazione SD= DS (Eq. A.2).

• l’effetto degli operatori S e D pu`o essere facilmente valutato in qualsiasi punto

(18)

necessariamente essere su una superficie (perch´e `e il campo elettrico normale ad essa), quindi pu`o essere valutato in r /∈ Γ a patto che il punto r appartenga ad un’altra superficie Γ0. Nel testo gli operatori integrali valutati in punti al di fuori del loro dominio di integrazione verranno indicati con ˜S, ˜D e ˜D∗. La rappresentazione integrale e le due identit`a possono essere riscritte con l’au-silio degli operatori integrali e usando la definizioni di densit`a di carica superficiale

σ, anche in questo caso sono scritte assumendo che non vi sia uno strato di dipoli p = 0. W (r) = (Sσ)(r) r /∈ Γ (3.1) 1 2(Wi(s) + We(s)) = (Sσ)(s) s ∈ Γ (3.2) 1 2(∂nWi(s) + ∂nWe(s)) = (Dσ)(s) s ∈ Γ (3.3)

3.3

DPCM

Il dielectric polarizable continuum model (DPCM),22 proposto nel 1981,5 `e stato il primo PCM ad essere sviluppato.

ρm

ε=1 ε=εs

Ω Γ

Figura 3.1: Schematizzazione del problema DPCM: `e raffigurata la cavit`a molecolare Ω, la sua superficie Γ, la densit`a di carica molecolare ρ e le costanti dielettriche dei mezzi.

La trattazione riportata segue l’approccio formale proposto da Canc`es18. Dal-l’elettrostatica `e noto che, all’interfaccia tra due dielettrici diversi:

(19)

• la componente normale all’interfaccia dello spostamento dielettrico (D = E) `

e continua.

Dato che sia V che il potenziale molecolare Φ sono continui all’interfaccia, si ricava per linearit`a che anche W `e continuo. La continuit`a di W esclude la presenza di un doppio strato di carica all’interfaccia.

Vi = Ve      Φi = Φe Wi = We

La componente normale del campo elettrico En `e per definizione meno la

deri-vata normale del potenziale. Perci`o, per la componente normale dello spostamento dielettrico si pu`o scrivere:

Dn = − ∂nV e quindi: ∂nVi = s∂nVe ∂ni+ Wi) = s∂ne+ We) Considerando che ∂nΦi = ∂nΦe = ∂nΦ: ∂nWe− s∂nWe= −(1 − s)∂nΦ ∂nWe− s∂nWe= −(1 − s)∂nΦ

Il membro a sinistra pu`o essere riscritto usando l’identit`a 3.3 (∂nWi+∂nWe= 2Dσ)

e la definizione di carica superficiale all’interfaccia (4πσ = [∂nW ]).

Dσ + 2πσ − sDσ + s2πσ = −(1 − s)∂nΦ

2π(1 + s)σ + (1 − s)Dσ = −(1 − s)∂nΦ

Se 1 − s6= 0 si pu`o dividere l’equazione per questo termine.  2π1 + s 1 − s + D∗  σ = −∂nΦ

(20)

forma che si trova in letteratura.  2πs+ 1 s− 1 − D∗  σ = ∂nΦ (3.4)

Dove ∂nΦ corrisponde a meno il campo elettrico normale alla superficie −En.

3.4

IEFPCM

L’integral equations formalism polarizable continuum model (IEFPCM) `e una rifor-mulazione matematica dei modelli PCM precedenti. Proposto nel 1997 da Canc`es e Mennucci,19,20 l’IEFPCM utilizza la teoria delle funzioni di Green per trattare una gran variet`a di ambienti elettrostatici: pu`o trattare solventi isotropi, solventi anisotropi — come cristalli liquidi o matrici cristalline — e soluzioni ioniche. Nel caso di solventi isotropi, l’IEFPCM comprende come casi particolari il DPCM e il COSMO (spiegato nella sezione seguente).

La forma completa dell’equazione IEFPCM `e piuttosto articolata e va oltre la teoria necessaria per comprendere il lavoro svolto, perci`o `e riportata in appendice (Eq. A.3). Tuttavia, il caso particolare per un solvente isotropo pu`o anche essere ottenuto a partire dall’equazione DPCM. Per farlo `e necessaria la seguente identit`a (mappa da condizioni di Dirichlet a condizioni di Von Neumann):

1

2− D



Φ = −S∂nΦ (3.5)

Se si moltiplica l’equazione DPCM a destra e a sinistra per l’operatore S, si ottiene:

S  2πs+ 1 s− 1 − D∗  σ = S∂nΦ

Applicando la regola di commutazione SD= DS nel membro a sinistra e l’identit`a appena definita nel membro a destra, si ottiene l’equazione integrale IEFPCM per solventi isotropi.  2πs+ 1 s− 1 − D  Sσ = −(2π − D)Φ

In questo lavoro si `e usata una notazione pi`u compatta che raccoglie i termini (2πc() − D) in un operatore R. Il termine (2π − D) viene indicato con R∞ poich´e

(21)

corrisponde formalmente a R per  → ∞.

RSσ = −R∞Φ (3.6)

Questa forma dell’equazione, che ha il potenziale elettrico molecolare come ter-mine noto, comporta numerosi vantaggi. Il primo vantaggio `e direttamente legato al termine noto: il calcolo del potenziale molecolare anzich´e del campo elettrico nor-male `e computazionalmente meno impegnativo, questo diventa ancora pi`u critico quando `e necessario fare le derivate di potenziale e campo elettrico. Gli altri due vantaggi sono pi`u sottili e legati alla forma generale dell’equazione: come sar`a visto nel capitolo seguente questa equazione si presta a un metodo di risoluzione parti-colarmente efficiente (ddPCM); inoltre `e stato dimostrato che il modello IEFPCM `e meno sensibile all’errore dovuto alla carica sfuggita,23 cio`e all’errore fatto quando la densit`a ρ si estende al di fuori della cavit`a facendo in parte cadere le assunzioni iniziali dei modelli continui.

3.5

COSMO

Il conductor-like screening model (COSMO), originariamente sviluppato da Klamt e Sch¨u¨urmann,21,24 `e concettualmente il pi`u semplice dei PCM. In questo modello la costante dielettrica del solvente viene considerata infinita, di fatto trattando il solvente come se fosse un conduttore. In elettrostatica, la propriet`a dei conduttori `e quella di annullare il campo elettrico al loro interno, quindi di rendere il potenziale costante. Nel caso in cui il conduttore sia messo a terra, il potenziale al suo interno `e nullo.

ρm

ε=1 ε=∞

Ω Γ

Figura 3.2: Schematizzazione del problema COSMO: `e raffigurata la cavit`a molecolare Ω, la sua superficie Γ, la densit`a di carica molecolare ρ e le costanti dielettriche dei mezzi.

Di conseguenza, il potenziale di reazione W cancella il potenziale molecolare Φ al di fuori della cavit`a. A differenza che nei modelli dielettrici, il problema pu`o quindi

(22)

essere formulato completamente all’interno della cavit`a, imponendo le condizioni al contorno sulla superficie Γ.

∇2Φ(r) = −4πρ(r) r ∈ Ω

∇2W (r) = 0 r ∈ Ω

W (s) = −Φ(s) r ∈ Γ

Il potenziale di reazione `e continuo in Γ, mentre la sua derivata normale presenta una discontinuit`a. La rappresentazione integrale 3.1 prende la forma:

W (r) = ( ˜Sσ)(r)

Considerando l’identit`a 3.2, si pu`o sostituire l’incognita W con il potenziale mole-colare (che `e noto), scrivendo di fatto l’equazione integrale COSMO.

(Sσ)(s) = −Φ(s) s ∈ Γ (3.7)

Per tenere in considerazione la natura dielettrica del solvente, l’energia elettro-statica di solvatazione viene corretta con un fattore empirico

¯

E = s− 1 s+ k

E (3.8)

In letteratura sono presenti due opzioni per la costante empirica k: k = 0.5 come proposto nell’articolo originale e k = 0 come si ricava dall’applicazione del teorema di Gauss al problema COSMO. Nel lavoro svolto `e stata adottata la seconda scelta. Sebbene il COSMO sia una versione semplificata degli altri modelli, `e partico-larmente importante per questo lavoro di tesi poich´e si presta molto bene ad essere risolto con la tecnica domain decomposition.

3.6

Trattamento di dielettrici compositi

In questa sezione sar`a derivata l’equazione integrale DPCM per il sistema compo-sito pi`u semplice possibile: ovvero un sistema composto da una cavit`a molecolare ( = 1), da una regione delimitata dotata di costante dielettrica  = 2 e dal resto dell’ambiente ( = 1). Il sistema `e schematizzato in figura 3.3.

La trattazione fatta per arrivare all’equazione integrale DPCM si pu`o facilmente riadattare per questo tipo di sistema. In particolare occorre distinguere i due tipi di

(23)

ρm ε=1 ε=ε1 Ω1 Γ1 ε=ε2 Γ2 Ω2

Figura 3.3: Sistema costituito da una molecola inclusa in un ambiente con due regioni a costanti dielettriche diverse.

interfaccia, quella tra Ω1 e l’ambiente esterno e quella tra Ω2 e l’ambiente esterno; il salto della costante dielettrica `e diverso alle due interfacce. Dalle condizioni di continuit`a alle due interfacce (Dni = Dne) si ottiene

         ∂nVi(r) = 1∂nVe(r) r ∈ Γ1 2∂nVi(r) = 1∂nVe(r) r ∈ Γ2

Le due espressioni possono essere raccolte in una sola introducendo le funzioni dielettriche interna ed esterna (i e e), definite come segue:

i(r) =    1 r ∈ Γ1 2 r ∈ Γ2 e(r) =    1 r ∈ Γ1 1 r ∈ Γ2 (3.9)

Omettendo per semplicit`a la variabile r, si ottiene:

i∂nVi = e∂nVe

Il potenziale `e quindi scritto come somma del termine molecolare e del termine di reazione.

i∂ni+ Wi) = e∂ne+ We)

(24)

Usando l’identit`a 3.3 e la definizione di carica superficiale si ottiene:

iDσ + i2πσ − eDσ + e2πσ = −(i − e)∂nΦ

2π(i+ e)σ + (i− e)Dσ = −(i − e)∂nΦ

Se l’interfaccia `e tra due mezzi con costante dielettrica diversa, i− e 6= 0 e si pu`o

dividere per questo termine:

 2πe+ i e− i − D∗  σ = ∂nΦ (3.10)

Questa equazione presenta una differenza sostanziale rispetto all’equazione DPCM per una singola interfaccia, il termine 2πe+i

e−i non `e pi`u un multiplo dell’operatore

identit`a, ma `e una funzione della posizione.

Durante il lavoro svolto non si `e riusciti a ottenere un’equazione integrale con il potenziale molecolare Φ al termine noto. In altre parole non `e possibile ottenere una forma “IEFPCM” dell’equazione (in analogia con l’eq. 3.6). Il problema riscontrato deriva dal fatto che il salto non `e costante sulla superficie complessiva, e quindi il termine contenente le costanti dielettriche non commuta pi`u con l’operatore S.

S2πe+ i e− i

6= 2πe+ i

e− i

S

Un sistema contenente una nanoparticella metallica pu`o essere ricondotto a un sistema di questo tipo in cui Ω1 `e la cavit`a molecolare, Ω2 `e la nanoparticella me-tallica mentre il resto dello spazio `e occupato dal solvente. La costante dielettrica delle nanoparticelle metalliche dipende dal problema considerato: nel caso di un problema di tipo statico il metallo si comporta da conduttore e m = ∞; nel caso

di un problema dinamico (con campi elettrici oscillanti) la costante dielettrica del metallo `e finita e solitamente complessa.

(25)

Capitolo 4

Metodi di risoluzione delle equazioni

integrali

Le equazioni integrali che definiscono i vari modelli continui non ammettono in generale soluzioni analitiche, con l’eccezione dei sistemi pi`u semplici e simmetrici. Di conseguenza, una loro applicazione pratica richiede l’implementazione di una strategia di risoluzione numerica. La tecnica pi`u comunemente impiegata si basa sull’approssimazione di Galerkin, che verr`a illustrata nel resto di questa sezione. In particolare, verr`a mostrato come discretizzare le equazioni integrali, ottenendo un sistema lineare di dimensione finita, e quindi trattabile. La strategia adottata consiste nell’espandere la soluzione in una base troncata dello spazio vettoriale dove questa `e definita. Nel resto del capitolo verranno mostrate le strategie di risoluzione per i modelli COSMO, IEFPCM e DPCM.

Si prenda come esempio una generica equazione lineare in cui compare un ope-ratore ˆO, una funzione incognita f e una funzione nota g.

ˆ

Of = g

Le due funzioni f e g appartengono a uno spazio vettoriale V . Data una base ortonormale di questo spazio {φj} , `e possibile riscrivere le due funzioni f e g come

combinazione lineare delle funzioni di base pesate per gli opportuni coefficienti fj

e gj. Non potendo gestire una base infinita, le due espansioni vengono troncate al

grado N . f = N X j=1 fjφj g = N X j=1 gjφj

L’equazione riscritta prende la forma: ˆ OX j fjφi = X j gjφj X j fjOφˆ j = X j gjφj

(26)

A questo punto si moltiplicano entrambi i lati per una delle funzioni di base φi e si

integra sul dominio.

X j fjhφi| ˆO |φji = X j gjhφi|φji

Dato che le funzioni di base sono ortonormali il termine a destra si semplifica.

X

j

fjhφi| ˆO |φji = gi

I due passaggi visti, moltiplicare per φi e integrare, possono essere ripetuti per ogni

funzione di base, perci`o quello che si ottiene effettivamente `e un sistema di equazioni.

X

j

fjhφi| ˆO |φji = gi ∀i

Noti i termini hφi| ˆO |φji (l’effetto dell’operatore sulle funzioni di base), `e

pos-sibile riscrivere il sistema di equazioni come un sistema lineare. La funzione nota

g `e rappresentata da un vettore di elementi gi, mentre la funzione incognita f `e

rappresentata da un vettore di elementi incogniti fi e l’operatore `e rapppresentato

da una matrice di elementi Oij = hφi| ˆO |φji. X

j

Oijfj = gi ∀i

Of = g

A questo punto la soluzione f pu`o essere trovata invertendo la matrice O o con metodi iterativi.

f = O−1g

4.1

ddCOSMO

L’algoritmo “domain decomposition” COSMO (ddCOSMO) `e un metodo di risolu-zione del problema COSMO che sfrutta la tecnica della domain decomposition di Schwartz per trovare la soluzione a un costo computazionale molto basso.16,25,26

L’idea del metodo di Schwarz `e che quando la maggiore difficolt`a relativa alla soluzione di un problema `e dovuta alla complessit`a del dominio, ma non all’equazione

(27)

equazioni accoppiate. L’idea chiave `e cercare di scomporre il dominio di partenza in un’unione di sottodomini semplici che si intersecano fra di loro: se questo `e possibile, il metodo di Schwarz si rivela una strategia di grande efficacia. Il problema COSMO soddisfa questi requisiti: l’equazione da risolvere, l’equazione di Laplace, `e un’equazione semplice mentre il dominio `e complesso, ma composto dall’unione di sottodomini sferici. Applicando la domain decomposition a COSMO si ottiene `e un sistema di equazioni differenziali semplici, ma accoppiate tra loro (Eq. 4.2). Queste equazioni differenziali possono essere a loro volta trasformate in equazioni integrali come fatto per il modello originale, e discretizzate in un sistema lineare (Eq. 4.3). La soluzione di questo sistema lineare permette di ricostruire il potenziale di reazione in tutta la cavit`a: quest’ultimo pu`o quindi essere usato per il calcolo dell’energia (Eq. 4.7).

4.1.1 Localizzazione

La domain decomposition consiste nel dividere il dominio (la cavit`a Ω) in sottodomi-ni in cui risolvere l’equazione di Laplace per trovare W `e pi`u semplice. I sottodomini devono per`o essere sovrapposti tra loro affinch´e il metodo funzioni. La scelta natu-rale per la cavit`a in questione `e quella di suddividerla nelle sfere che la compongono (Ωi).

Ω =[

i

i

Ogni sfera Ωi sar`a caratterizzata da una sua superficie Γi, questa superficie potr`a

essere esposta al solvente Γexti o potr`a essere immersa dentro altre sfere Γinti .

Il potenziale di reazione all’interno di una singola sfera deve soddisfare tre propriet`a:

• deve essere armonico.

• deve soddisfare le condizioni al contorno del problema globale: Wi = −Φ per

x ∈ Γ.

• deve essere consistente tra una sfera e l’altra. Cio`e nelle regioni di sovrappo-sizione W deve essere lo stesso per ogni sfera coinvolta.

Queste propriet`a corrispondono al richiedere che il potenziale di reazione locale

(28)

gi.

∇2W

i(r) = 0 r ∈ Ωi

Wi(x) = gi(x) x ∈ Γi

(4.1)

Le condizioni al contorno g sono determinate come segue. Sulla superficie della sfera

i esposta al solvente (Γext

i ) valgono le condizioni del problema originale Wi = −Φ,

mentre sulla superficie della sfera i intersecata con altre sfere (Γint

i ) Wi`e uguale alla

media dei Wj delle altre sfere coinvolte.

gi(x) =      −Φ(x) x ∈ Γext i

media dei Wj delle sfere intersecate x ∈ Γinti

Considerando la singola sfera i si nota come il problema `e un COSMO locale. Per poter scrivere l’equazione integrale COSMO si recuperano le due rappresentazioni integrali per le funzioni armoniche 3.1 e 3.2.

˜

Siσi(r) = Wi(r) r ∈ Ωi

Siσi(x) = Wi(x) = gi(x) x ∈ Γi

dove σi `e formalmente la densit`a di carica superficiale che genera Wi. Tuttavia σi

`e soltanto un artificio matematico: nel caso di pi`u sfere intersecate non `e in alcun modo legata alla densit`a di carica σ dei metodi PCM.

Per dare un’idea pratica del processo si consideri la figura 4.1.

Ω1 Ω2 Ω3 ω12=0 ω13=0 ω12=1 ω13=0 ω12=0.5 ω13=0.5 ω12=0 ω13=1 Ω1

Figura 4.1: Esempio di cavit`a molecolare che mostra la decomposizione in sfere Ωi. A

destra `e mostrata solo la sfera Ω1 con specificati i valori delle funzioni peso ω1j nei vari

(29)

Le condizioni al contorno per la sfera 1 prendono la forma: g1(x) =      −Φ(x) x ∈ Γext 1 Pvicini j ω1j(x) Wj(x) x ∈ Γint1

Dove ω1j(x) sono dei pesi introdotti in modo che la funzione g1(x) risulti sempre essere la media dei potenziali delle sfere che contengono il punto x. Le due possibilit`a possono essere raggruppate in un’unica espressione, che per una generica sfera i `e data da gi(x) = −  1 − vicini X j ωij(x)  Φ(x) + vicini X j ωij(x)Wj(x)

Il potenziale di reazione Wj pu`o essere trovato dalle σj tramite gli opportuni

ope-ratori ˜Sj (che integrano sulla superficie della sfera j). Per compattezza `e stata

introdotta una funzione caratteristica Ui(x) =  1 −Pvicini j ωij(x)  : gi(x) = −Ui(x)Φ(x) + vicini X j ωij(x)( ˜Sjσj)(x) In conclusione, si ottiene ∀i (Siσi)(x) = −Ui(x)Φ(x) + vicini X j ωij(x)( ˜Sjσj)(x) (4.2)

L’equazione integrale precendente `e la forma locale del problema COSMO. Si nota immediatamente il vantaggio del metodo ddCOSMO: la somma dei termini di accoppiamento tra sfere diverse corre soltanto sui vicini. Dato che i vicini sono in numero limitato, `e possibile una risoluzione con un costo computazionale che scala linearmente con la dimensione del sistema. Per fare questo, per`o, `e necessario usare un metodo iterativo. Il sistema di equazioni integrali, all’iterazione n, prende la forma: ∀i (Siσ (n) i )(x) = −Ui(x)Φ(x) + vicini X j ωij(x)( ˜Sjσ (n−1) j )(x)

(30)

4.1.2 Discretizzazione

Il passaggio successivo, come anticipato, `e trasformare il sistema di equazioni inte-grali in un sistema lineare opportuno. Considerato che il dominio dell’equazione `e sferico, `e opportuno lavorare con una base di funzioni costituita da armoniche sferi-che. Questa scelta permette inoltre di utilizzare il teorema addizione delle armoniche sferiche (Eq. A.5) per semplificare gli integrali coinvolti.

Per iniziare `e necessario valutare i termini che compaiono nell’equazione inte-grale. Si parte dal termine diagonale nelle sfere (Siσi)(x). Per semplicit`a si valuta

l’integrale ponendo l’origine nel centro della sfera i.

(Siσi)(x) = Z Γi σi(y) |x − y|d 2 y

Si usa il teorema di addizione delle armoniche sferiche per scrivere il denominatore come serie. (Siσi)(x) = X lm 2l + 1 1 ri Z Γi σi(y)Ylm x |x| ! Ylm y |y| ! d2y

La densit`a σi viene espansa come una serie di armoniche sferiche troncata al grado

N , dove xi `e il centro della sfera i e ri `e il suo raggio:

riσi(x) = N X l0=0 l X m=−l [Xi]m 0 l0 Yl0m0 x − xi |x − xi| !

L’espansione viene inserita nel termine precedente (dato che l’origine del sistema di riferimento `e nel centro della sfera i, xi = 0).

(Siσi)(x) = X l0m0 X lm 2l + 1 1 r2 i [Xi]m 0 l0 Z Γi Yl0m0 y |y| ! Ylm x |x| ! Ylm y |y| ! d2y

L’ortonormalit`a delle armoniche sferiche permette di trovare la soluzione all’integrale su Γi. Dato che le armoniche sferiche sono normalizzate sulla sfera unitaria (di

superficie 4π) mentre la superficie della sfera i vale 4πr2

(31)

cancella con quello al denominatore. (Siσi)(x) = X l0m0 X lm 2l0+ 1[Xi] m0 l0 ri2 r2 i Yl0m0 x |x| ! δll0δmm0 = = X l0m0 2l0+ 1[Xi] m0 l0 Yl0m0 x |x| !

L’altro termine da valutare `e quello fuori diagonale nelle sfere ( ˜Sjσj)(x) dove

x ∈ Γi. In questo caso il sistema di riferimento `e sempre nel centro della sfera i, in

modo da ottenere un’espressione direttamente confrontabile alla precedente. ( ˜Sjσj)(x) = Z Γj σj(y) |x − y|d 2y

Anche in questo caso si applica il teorema di addizione delle armoniche sferiche, ottenendo per`o un risultato diverso perch´e x non giace su Γj, ma all’interno.

( ˜Sjσj)(x) = X lm 2l + 1 |x|l rjl+1 Z Γj σj(y)Ylm x − xj |x − xj| ! Ylm y − yj |y − yj| ! d2y

Si utilizza di nuovo l’espansione della densit`a e si semplifica l’integrale per l’ortogo-nalit`a delle armoniche sferiche diverse.

( ˜Sjσj)(x) = X lm X l0m0 2l + 1 |x − xj|l rjl+2 [Xj] m0 l0 × × Z Γj Yl0m0 y − yj |y − yj| ! Ylm x − xj |x − xj| ! Ylm y − yj |y − yj| ! d2y = =X l0m0 2l + 1 |x − xj| rj !l [Xj]m 0 l0 Yl0m0 x − xj |x − xj| !

(32)

Le due espressioni trovate sono inserite nell’equazione integrale 4.2. (Siσi)(x) − vicini X j ωij(x)( ˜Sjσj)(x) = −Ui(x)Φ(x) X l0m0 2l0+ 1[Xi] m0 l0 Yl0m0 x |x| ! + − vicini X j ωij(x) X l0m0 2l + 1 |x − xj| rj !l [Xj]m 0 l0 Yl0m0 x − xj |x − xj| ! = −Ui(x)Φ(x)

L’espressione viene moltiplicata per una funzione di prova Ylm e integrata sulla

su-perficie Γi. Conviene anche dividere entrambi i membri per r2i in modo da cancellare

i contribuiti di questo tipo che provengono dagli integrali.

X l0m0 2l0+ 1[Xi] m0 l0 1 r2 i hYlm|Yl0m0i + − 1 r2 i vicini X j X l0m0 2l + 1[Xj] m0 l0 hYlmij(x) |x − xj| rj !l Yl0m0i = − 1 r2 i hYlm|UiΦi

A questo punto il problema `e stato effettivamente trasformato in un sistema lineare.

LX = −Φ (4.3)

4.1.3 Elementi di matrice

Va fatta un’ultima precisazione su come si calcolano gli elementi della matrice L e quelli del vettore noto Φ.

I termine diagonali nelle sfere [Lii]mm

0

ll0 si semplificano per via dell’integrale

hYlm|Yl0m0i. [Lii]mm 0 ll0 = 2l0+ 1δll0δmm0

Quindi il blocco diagonale nelle sfere `e a sua volta diagonale negli indici l e m. Il termine fuori diagonale `e un po’ pi`u complicato: l’integrale coinvolto non `e analitico e va calcolato per via numerica. In questo caso `e particolarmente conve-niente usare la quadratura di Lebedev. L’integrale `e sostituito da una somma su dei punti sn i cui valori sono pesati per dei coefficienti wn. Dato che la quadratura `e

(33)

gi`a pensata per la sfera unitaria si cancella il termine r2 i presente al denominatore. [Lij]mm 0 ll0 = − X n wn 2l + 1ωij(xi+ risn) |xi+ risn− xj| rj !l × × Ylm(sn) Yl0m0 xi+ risn− xj |xi+ risn− xj| ! = = −X n wn 2l + 1ωij(xi+ risn)(t ij n) lY lm(sn) Yl0m0  sijn

dove sono state introdotte due variabili derivate, uno scalare tijn e un versore sijn.

tijn = |xi+ risn− xj|

rj

sijn = xi+ risn− xj |xi+ risn− xj|

(4.4)

I blocchi Lij sono non nulli solo per sfere intersecate tra loro, quindi globalmente la

matrice L `e sparsa (Fig. 4.2).

0 100 200 300 400 500 600 0 100 200 300 400 500 600 'matrix.dat' matrix

Figura 4.2: Matrice dei contatti tra le sfere costituenti la cavit`a della crambina. Ciascun contatto corrisponde a un blocco Lij non nullo.

Anche gli elementi del vettore Φ sono integrali non analitici che richiedono la quadratura di Lebedev.

i]ml = X

n

(34)

4.1.4 Calcolo dell’energia

Una volta risolto il sistema lineare, e quindi noto X, si pu`o trovare il potenziale di reazione all’interno delle singole sfere usando la rappresentazione integrale 3.1. L’energia viene calcolata come l’interazione tra il potenziale di reazione e la densit`a di carica presente all’interno di ogni sfera, si noti che `e gi`a stato introdotto il fattore di scalatura f () per recuperare il comportamento dielettrico del solvente (Eq. 3.8).

E = 1 2f () Z Ω ρ(r)W (r)d3r = = 1 2f () Z Ω ρnuc.(r)W (r)d3r + 1 2f () Z Ω ρele.(r)W (r)d3r

Il primo integrale ha una soluzione analitica poich´e la carica dei nuclei `e pun-tiforme. Il potenziale di reazione pu`o poi essere scritto usando la rappresentazione integrale W = Sσ. Z Ω ρnuc.(r)W (r)d3r = nuclei X a ZaW (ra) = =√π sfere X i Zi[Xi]00

dove si `e passati da una somma sui nuclei a una pi`u generale somma sulle sfere costituenti la cavit`a; Zi `e la carica al centro della sfera i-esima, che `e nulla se la

sfera non `e centrata su un nucleo.

Il secondo integrale, per una densit`a quantistica, va calcolato per via numerica. In questo caso l’integrale `e di volume e richiede l’utilizzo delle griglie di Becke (le stesse usate nella teoria del DFT).27 La griglia associa ad ogni sfera (o atomo) i un insieme di punti xi

n e di pesi τni. I pesi sono determinati in modo da non contare

pi`u volte le regioni di intersezione tra pi`u sfere.

Z Ω ρele.(r)W (r)d3r = X i X n τniρ(xin)Wi(xin) = =X i X n τniρ(xin)( ˜Siσi)(xin)

Il termine ( ˜Siσi) viene valutato usando il teorema di addizione delle armoniche

sferiche. L’espressione `e diversa a seconda se il punto di Becke `e interno alla cavit`a oppure `e esterno. L’espressione per i punti esterni non `e esatta, tuttavia `e una buona approssimazione resa migliore dal fatto che i punti esterni sono pochi rispetto

(35)

a quelli interni. Per semplicit`a si pone l’origine nel centro della sfera i (xi = 0). Punto interno: ( ˜Siσi)(xin) = X l0m0 [Xi]m 0 l0 1 ri Z Γi 1 |x − y|Yl0m0 y |y| ! d2y = =X lm X l0m0 2l + 1[Xi] m0 l0 |x| ril+2 Z Γi Ylm y |y| ! Ylm x |x| ! Yl0m0 y |y| ! d2y = =X lm 2l + 1[Xi] m l |x| rl i Ylm x |x| ! Punto esterno: ( ˜Siσi)(xin) = X l0m0 [Xi]m 0 l0 1 ri Z Γi 1 |x − y|Yl0m0 y |y| ! d2y = =X lm X l0m0 2l + 1[Xi] m0 l0 rl−1i |x|l+1 Z Γi Ylm y |y| ! × × Ylm x |x| ! Yl0m0 y |y| ! d2y = =X lm 2l + 1[Xi] m l rl+1i |x|l+1Ylm x |x| !

Le due espressioni vengono inserite nella formula dell’energia usando un generico

fni(l) per indicare il termine che differisce tra punto interno ed esterno.

E = 1 2f ()πX i Zi[Xi]00+ 1 2f () X i X n τniρ(xin)X lm 2l + 1[Xi] m l f i n(l)Ylm xi n |xi n| !

Se si definisce un vettore Ψ che raccoglie i vari termini presenti:

i]ml = √ πZiδl0δm0+ 2l + 1 X n τniρ(xin)fni(l)Ylm xin |xi n| ! (4.6)

(36)

prodotto scalare tra il vettore X e il vettore Ψ. E = 1 2f () X i X lm [Xi]mli]ml = = 1 2f ()X TΨ (4.7)

4.2

ddPCM

Il ddPCM `e un algoritmo che sfrutta la domain decomposition per trovare una soluzione all’equazione IEFPCM.28,29 Riprendendo l’equazione IEFPCM (Eq. 3.6) si nota che questa pu`o essere scomposta in due equazioni integrali.

RSσ = −R∞Φ      RΦ = R∞Φ Sσ = −Φ

Si nota come l’equazione Sσ = −Φ `e un problema di tipo COSMO con un

potenziale modificato Φ al posto del potenziale molecolare. Per questo passaggio

non `e necessario introdurre niente di nuovo dato che pu`o essere risolto con il metodo ddCOSMO; l’unico accorgimento sar`a quello di non scalare l’energia ddCOSMO per il termine che dipende da  (Eq. 3.8). Il problema nuovo `e calcolare il potenziale modificato a partire dal potenziale molecolare.

Per risolvere l’equazione integrale RΦ = R∞Φ si segue la stessa strada del

ddCOSMO. Si localizza l’equazione su sottodomini sferici (Eq. 4.8) e si discretizza usando una base di armoniche sferiche (Eq. 4.9).

4.2.1 Localizzazione

Per la localizzazione si introducono le funzioni caratteristiche della superficie Γexti , ovvero Ui(x) =      1 x ∈ Γexti 0 x ∈ Γin i

(37)

L’equazione integrale RΦ = R∞Φ viene scritta estesa e moltiplicata a sinistra per

Ui.

2πUi(x)c()Φ(x) − Ui(x)(DΦ)(x) = 2πUi(x)Φ(x) − Ui(x)(DΦ)(x)

x ∈ Γi

I termini UiΦ e UiΦ vengono sostituiti con le loro controparti localizzate Φi e Φi.

2πc()Φi(x) − Ui(x)(DΦ)(x) = 2πΦi(x) − Ui(x)(DΦ)(x)

x ∈ Γi

Per la linearit`a dell’operatore D si pu`o scomporre il suo effetto in contributi di sfera.

2πc()Φi(x) − Ui(x)(DiΦi)(x) − Ui(x) sfere X j ( ˜DjΦj)(x) = = 2πΦi(x) − Ui(x)(DiΦi)(x) − Ui(x) sfere X j ( ˜DjΦj)(x) x ∈ Γi (4.8)

L’equazione integrale ottenuta `e la versione localizzata del problema IEFPCM. In questo caso, a differenza dell’equazione ddCOSMO (Eq. 4.2), la somma corre su tutte le sfere, quindi usando un metodo iterativo, il costo computazionale scala quadraticamente con la dimensione del sistema. L’equazione `e non banale solo nei punti esposti al solvente (x ∈ Γext

i ), nei punti interni si riduce all’identit`a 0 = 0.

4.2.2 Discretizzazione

Si usa la base di armoniche sferiche per trasformare la forma locale del problema in un sistema lineare. Si moltiplica a sinistra l’equazione 4.8 per l’armonica sferica

Ylm e si integra sulla superficie sferica Γi. Per semplificare i passaggi successivi `e

opportuno dividere entrambi i lati dell’equazione per il termine r2

i. 2πc()1 r2 i hYlmii − 1 r2 i hYlm|UiDiΦii − sfere X j6=i 1 r2 i hYlm|UiD˜jΦji = = 2π 1 r2 i hYlmii − 1 r2 i hYlm|UiDiΦii − sfere X j6=i 1 r2 i hYlm|UiD˜jΦji

(38)

Il potenziale molecolare Φ e il potenziale Φsono scritti come una serie di armoniche

sferiche troncata al grado N .

Φi(x) = N X l0=0 l0 X m0=−l0 [Φi]m 0 l0 Yl0m0 x − xi |x − xi| ! Φi(x) = N X l0=0 l0 X m0=−l0 [Φi]ml00Yl0m0 x − xi |x − xi| !

Le due espansioni sono quindi introdotte nell’equazione integrale.

X l0m0 1 r2 ii]ml00(2πc() hYlm|Yl0m0i − hYlm|UiDiYl0m0i) − sfere X j6=i X l0m0 1 r2 ij]ml00× × hYlm|UiD˜jYl0m0i = =X l0m0 1 r2 ii]m 0 l0 (2π hYlm|Yl0m0i − hYlm|UiDiYl0m0i) − sfere X j6=i X l0m0 1 r2 ij]m 0 l0 hYlm|UiD˜jYl0m0i

Si `e ottenuto un sistema lineare che pu`o essere riscritto introducendo i vettori Φ,

Φ e le matrici R e R∞.

RΦ = R∞Φ (4.9)

4.2.3 Elementi di matrice

Le matrici R possono essere scritte come la somma di una identit`a moltiplicata per una costante e una matrice D.

R= 2πc()I − D

R= 2πI − D

Gli elementi della matrice D si ricavano a partire dalle espressioni precedenti. Per l’elemento diagonale nelle sfere si sfrutta il fatto che le armoniche sferiche sono autofunzioni dell’operatore D con autovalore −2l+1 .

[Dii]mm 0 ll0 = 1 r2 i hYlm|UiDiYl0m0i = = − 2l0+ 1 1 r2 i hYlm|UiYl0m0i

Nel caso di una sfera isolata (non intersecata ad altre) Ui `e una costante e quindi

(39)

caso il blocco diagonale nelle sfere Rii `e a sua volta diagonale negli indici. Nel

caso generale di sfere intersecate tra loro, Ui non `e una costante e l’integrale sulla

superficie Γi non `e analitico. Il suo valore viene calcolato attraverso la quadratura di

Lebedev. Dato che la griglia di Lebedev `e definita per la sfera unitaria `e necessario un cambio di variabile che cancella il termine r2

i al denominatore. [Dii]mm 0 ll0 = X n wnUi(xi+ risn)Ylm(sn)Yl0m0(sn)

Per l’elemento fuori diagonale la situazione `e pi`u complicata, va valutato il ter-mine ˜DjΦj nei punti x ∈ Γexti (sempre esterni alla sfera j). Per valutarlo si sfrutta

l’estensione armonica: noto DjYl0m0 sulla superficie Γj si pu`o trovare il suo valore in

qualsiasi punto x ∈ R3. ( ˜DjYl0m0)(x) = 4πl0 2l0+ 1 rj |x − xj| !l0+1 Yl0m0 x − xj |x − xj| !

Tornano all’elemento di matrice, si ottiene: [Dij]mm 0 ll0 = 1 r2 i hYlm|UiD˜jYl0m0i = = 1 r2 i Z Γi Ylm x − xi |x − xi| ! Ui(x) 2l0+ 1 rj |x − xj| !l0+1 Yl0m0 x − xj |x − xj| ! d2x

Dato che anche questo integrale non `e analitico si ricorre nuovamente alla quadratura di Lebedev. [Dij]mm 0 ll0 = X n wnYlm(sn) Ui(xi+ risn) 4πl0 2l0 + 1× × rj |xi+ risn− xj| !l0+1 Yl0m0 xi+ risn− xj |xi+ risn− xj| ! = =X n wnYlm(sn) Ui(xi+ risn) 4πl0 2l0 + 1  tijn−l 0−1 Yl0m0  sijn

Dove sono state introdotte le variabili derivate sij

n e tijn gi`a viste per il metodo

(40)

4.3

DPCM

Durante questo lavoro `e stata sviluppata una nuova discretizzazione per l’equazione DPCM che segue il paradigma di domain decomposition gi`a usato per le altre due discretizzazioni. La strada seguita `e la medesima, l’equazione integrale DPCM (Eq. 3.4) viene prima localizzata sulla superficie di sfere (Eq. 4.10) e poi viene proiettata sulla base di armoniche sferiche (Eq. 4.11).

4.3.1 Localizzazione

Per la localizzazione si recuperano le funzioni caratteristiche definite per il metodo ddPCM. Ui(x) =      1 x ∈ Γexti 0 x ∈ Γin i

L’equazione DPCM `e moltiplicata a sinistra per la funzione caratteristica della sfera

i–esima.

2πc()Ui(x)σ(x) − Ui(x)(Dσ)(x) = Ui(x)∂nΦ(x)

x ∈ Γi

Si sostituiscono i termini Uiσ e Ui∂nΦ con le funzioni localizzate σi e ∂nΦi; inoltre

l’effetto dell’operatore D∗ si scrive come una somma di contributi di sfera.

2πc()σi(x) − Ui(x)(Diσi)(x) − sfere X j6=i Ui(x)( ˜Djσj)(x) = ∂nΦi(x) x ∈ Γi (4.10) 4.3.2 Discretizzazione

L’equazione viene moltiplicata a sinistra per l’armonica sferica di prova Ylm e poi

integrata sulla superficie Γi. Anche in questo caso si divide per ri2 a destra e sinistra.

2πc()1 r2 i hYlm|σii − 1 r2 i hYlm|UiDσii − sfere X j6=i 1 r2 i hYm l |UiD˜jσji = 1 r2 i hYlm|∂nΦii

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