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L'imprenditore agricolo nelle procedure concorsuali

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE 4

CAPITOLO PRIMO LA NOZIONE DI IMPRENDITORE AGRICOLO 1. l’evoluzione dell’articolo 2135 c.c. 6 2. il D.Lgs. 228/ 2001 7

3. l’individuazione del nuovo imprenditore agricolo da parte della giurisprudenza8

4. conclusione 17

CAPITOLO SECONDO

LA NON ASSOGGETTABILITÁ ALA DISCIPLINA FALLIMENTARE

DELL’IMPRESA AGRICOLA 1. le origini dell’esclusione 17

2. l’attuale infondatezza dell’esclusione21 3. recenti interventi normativi e

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CAPITOLO TERZO

LE NUOVE FRONTIERE NEL CONCORSO: L’IMPRENDITORE AGRICOLO NEGLI ACCORDI DI

RISTRUTTURAZIONE EX ART. 182 BIS E NEGLI ACCORDI DA

SOVRAINDEBITAMENTO 1. due interventi innovativi 31 2. la legge n.98 del 2011 33

2.1 accordi di ristrutturazione dei debiti 34 2.2. la transazione fiscale 38

3. la legge numero 3 del 2012 45

3.1 l’organismo di composizione della crisi 49

3.2 il procedimento 50

3.3. l’esecuzione dell’accordo 55 4. conclusione 56

CAPITOLO QUARTO

LA LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO: LA PROCEDURA CONCORSUALE EX LEGE PER L’IMPRENDITORE

AGRICOLO

1. i casi di applicabilità della procedura 57 2. i presupposti soggettivo e oggettivo 60 3. la conclusione del procedimento di

liquidazione 67 4. l’esdebitazione 68

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CAPITOLO QUINTO

SUGGESTIONI DI DIRITTO COMPARATO

1. introduzione 72

2. l’imprenditore agricolo nel bankruptcy code statunitense 72

3. le procedure concorsuali dell’inghilterra e del galles 77 4. la legge fallimentare tedesca 83 5. l’imprenditore agricolo nel diritto

fallimentare francese 87

6. la giovane disciplina concorsuale romena 96

7. conclusioni 100

CONCLUSIONI 102

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro si pone l’obiettivo di s t u d i a r e l e m o d a l i t à d i a c c e s s o dell’imprenditore agricolo alle procedure concorsuali previste dall’ordinamento italiano, dalle quali é rimasto a lungo tempo escluso.

Al fine di perseguire tale scopo si é resa necessaria una analisi dell’evoluzione del soggetto in esame.

L’articolo 2135 c.c., negli ultimi anni, e in particolar modo con il D.Lgs. 228/ 2001 é stato oggetto di una forte opera di innovazione da parte del legislatore.

L’intervento del 2001, espressione della teoria del ciclo biologico, ha fatto sì che si possano adesso definire imprenditori agricoli molti soggetti che prima erano assai lontani dal poter ottenere tale qualifica. Questo ampliamento dell’area dell’agrarietà ha finito per sfumare le differenze tra

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imprenditore agricolo e imprenditore commerciale.

Visto tale processo evolutivo, tramite la menzione e l’analisi dei principali interventi legislativi occorsi in materia, nonché delle principali sentenze, saranno messe a fuoco l e n o v i t à c h e h a n n o c o n s e n t i t o all’imprenditore agricolo di poter usufruire di alcune procedure concorsuali.

Il corpo centrale di questo lavoro é dedicato, perciò, all’analisi del decreto legge 6 Luglio 2011 n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011 n. 111, e della L. n. 3 del 2012 come integrata dal d.l. 179/ 2012, al fine di comprendere quali sono attualmente le prospettive per l’impresa agricola in crisi. In tale sede particolare attenzione sarà dedicata al procedimento di liquidazione del patrimonio, previsto dalla L.3 del 2012, costituendo essa la prima procedura liquidatoria ex lege a cui l’imprenditore agricolo abbia mai potuto accedere in Italia, saranno in particolar modo evidenziate le similitudini di questo con il fallimento ex art. 1 s.s. l.fall.

Un ultimo capitolo, il quinto, sarà infine dedicato ad una analisi comparativistica di ordinamenti esteri, al fine di capire come altri ordinamenti abbiano regolato la crisi dell’impresa agraria.

Tale analisi prederà inizio dall’ordinamento statunitense, data la grande influenza che

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questo ha avuto sulla disciplina delle procedure dedicate al consumatore introdotte dalla L. 3/ 2012, proseguendo poi con gli ordinamenti inglese, francese, tedesco e romeno.

CAPITOLO PRIMO:

LA NOZIONE DI IMPRENDITORE AGRICOLO

1. L’evoluzione dell’articolo 2135 c.c.

Nel dettato originario dell’articolo 2135 c.c. s i t r o v a v a n o d u e c o m m i i n c u i s i distinguevano le attività agricole “principali” da quelle “connesse”. La prima categoria faceva riferimento alla coltivazione, alla silvicoltura e all’allevamento del bestiame; la seconda alla trasformazione o alienazione dei prodotti agricoli. Giurisprudenza e d o t t r i n a h a n n o a l u n g o d i b a t t u t o sull’argomento, e due posizioni antitetiche si sono delineate nel tempo.

Da una parte si aveva un’interpretazione m o l t o r e s t r i t t i v a c h e v e d e v a n e l l o sfruttamento del fondo la vera natura dell’imprenditore agricolo, ponendo in tal modo un limite ben definito all’agrarietà

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dell’impresa1. Altro orientamento, invece,

individuava nel ciclo biologico il fondamento dell’agrarietà, così da far rientrare nell’ambito del 2135 c.c. attività di coltivazione e allevamento esercitate senza

lo sfruttamento del fondo2.

Nell’attesa di una sostanziale revisione dell’istituto nel tempo sono avvenuti mutamenti legislativi: Le leggi 5.4.1985 n. 126; 5.2.1992 n. 102 e 23.8.1993 n. 349 hanno infatti ricondotto all’interno dell’ambito d i o p e r a t i v i t à d e l l ’ a r t . 2 1 3 5 c . c . rispettivamente le attività di coltivazione di funghi, l’acquacoltura e l’attività cinotecnica. Come si può vedere il legislatore ha seguito la modernizzazione del settore, che vede oggi l’attività agricola essere caratterizzata dallo sfruttamento delle moderne tecnologie più che del fondo rustico stesso.

2. Il D.lgs. 228/ 2001

Attraverso questi interventi, mirati ogni volta a particolari settori, si é arrivati alla più grande riforma dell’intero articolo 2135 c.c. che é stato riscritto dal d.lgs 228/2001 in accordo con la teoria del “ciclo biologico”.

1In tal senso si esprimeva Ferri ne “L’impresa agraria é impresa in senso tecnico?”, in Atti

del Terzo Congresso nazionale del diritto agrario, Palermo 19-23 ottobre 1952.

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Il nuovo articolo 2135 c.c. risulta adesso composto da tre commi. Mentre il primo comma riprende il contenuto della dizione originale, é nel comma secondo che troviamo il segno più forte dell’avvenuta riforma. Il nuovo secondo comma dispone adesso: “ Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco le acque dolci, slamastre o marine”.

Con il d.lgs. 228/2001 il ciclo biologico pare p o r s i a f o n d a m e n t o d e l c a r a t t e r e dell’agrarietà dell’ impresa, scalzando dopo secoli il fondo rustico dal suo ruolo centrale.

3. L’individuazione del nuovo imprenditore agricolo da parte della giurisprudenza

Giunti a questo punto, per meglio comprendere se e in quale modo tale riforma abbia cambiato il modo di intendere il carattere della agrarietà dell’impresa può essere utile riferisi all’interpretazione che é stata data dalla Corte di Cassazione al novellato articolo 2135 c.c..

A causa della non retroattività della novella introdotta dal d.lgs. 228/ 2001, si é dovuto attendere del tempo prima di poter vedere il

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nuovo art. 2135 c.c. interpretato dalla Suprema Corte.

Il nuovo testo dell’articolo individua al secondo comma, come abbiamo detto, due elementi interpretativi attorno ai quali si trova a ruotare l’intera novella: il riferimento alla cura e allo sviluppo del ciclo biologico ed il richiamo all’utilizzo ache solo potenziale del fondo.

La forza di questa nuova “via” scelta dal legislatore per individuare le attività da c o n s i d e r a r e a g r a r i e , é t a l e c h e l’impostazione seguita dalla Cassazione precedentemente alla riforma e che richiedeva la presenza in concreto dello sfruttamento del fondo rustico, verrà profondamente cambiata. Vediamo come.

La sentenza che per prima cita3 la novella

del 2135 c.c.4 si trova ad applicare

l’originale testo, affermando ancora l’importanza fondamentale dell’ager. In tale sentenza possiamo leggere le testuali parole “ Ciò che caratterizza l’attività agricola nel precedente testo, anche alla luce della disposizione contenuta nell’art. 44 della Costituzione, é che l’attività economica sia

3Questa sentenza é molto utile per capire la novellazione dell’articolo poiché, pur

conoscendo la Corte il testo riformato, i giudici si trovano ad applicare il testo

precedentemente in vigore perché la sentenza di appello che si porta alla loro attenzione fu emessa dalla Corte di appello di Venezia soltanto nel 2000

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svolta con la terra o sulla terra, e che l’organizzazione aziendale ruoti attorno al fattore produttivo terra. Solo questo dato segna il discrimine tra l’attività agricola e quella commerciale”. La Corte prosegue poi con una lettura del nuovo articolo 2135 c.c.: “ ...la modifica legislativa considera la possibilità e non più la necessità di utilizzare il fondo per il suo esercizio, relegando tale utilizzazione ad un fatto meramente potenziale. Ciò che in sostanza conta, é che il prodotto possa essere ottenuto utilizzando - in astratto - il fondo anche se - in concreto - esso venga realizzato fuori da esso, escluso, comunque, il caso in cui, neppure in linea teorica, del fondo possa farsi a meno”. Adesso quindi pare corretto affermare che il suolo possa esserci “in potenza” e che ciò basti ad affermare la agrarietà della attività svolta dall’impresa.

La sentenza n.24995 del 2010 mette in luce ancora di più il concetto di potenzialità del fondo. I giudici stavolta affermano che, senza dubbio la più grande innovazione sia stata quella del comma 2 dell’art. 2135 c.c., essendo adesso sufficiente un collegamento meramente potenziale tra produzione e utilizzazione del fondo. Questo punto é senz’altro di grande interesse poiché permette di superare quel concetto di agrarietà che per moltissimo tempo é stato concepito come indissolubilmente legato al

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fondo, al terreno. Le parole della Corte: “...Tale modifica deve essere infatti interpretata come espressione dell’intento del legislatore di superare una nozione f o n d i a r i a d e l l ’ a g r i c o l t u r a , b a s a t a esclusivamente sulla centralità dell’elemento territoriale, e di sostituira quindi con una più dinamica ed in linea con la diversa realtà tecnico-economica in cui assumano valore prevalente quelle strutture produttive che si possano avvalere della terra come uno strumento di supporto”. Si noti in questo caso come si parla della terra come di “strumento di supporto” anziche di “strumento di produzione”, segno questo di un evidente cambio di visione in seno alla Suprema Corte.

C i ò c h e p r e m e s o t t o l i n e a r e , o l t r e all’importante superamento della centralità dell’ager, é che i giudici in questa sentenza escludono la possibilità di riferirsi a parametri quantitativi per poter giudicare della natura dell’impresa. Nella massima ufficiale si può leggere, infatti: “ Ne consegue che ai fini dell’assoggettamento a procedura concorsuale […] l’accertamento della qualità di impresa commerciale non può essere tratto esclusivamente da parametri di natura quantitativa, non più compatibili con la nuova formulazione della norma”. Pare corretto quindi affermare che, se nelle precedenti interpretazioni veniva

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fatto uso di parametri quantitativi, essi erano giustificati solamente dal criterio della normalità delle attività connesse che le imprese agricole andavano a svolgere. Questa sentenza, che può senz’altro essere c o n s i d e r a t a f o n d a m e n t a l e p e r l a comprensione del nuovo 2135 c.c., non riesce a fugare i dubbi degli interpreti sulla attuale nozione di agrarietà.

Molte attività rimangono in penombra, non avendo ancora capito in che categorie possano rientrare. Si pensi infatti a quelle attività che, pur avendo ad oggetto la cura del ciclo biologico o parte di esso, siano destinate al perseguimento di attività sportive, come ad esempio l’allevamento di

cavalli da corsa5. Fu stabilito che nel caso di

allevamento di cavalli da corsa, dato lo scopo agonistico dell’attività, dovesse essere esclusa l’agrarietà dell’attività di

impresa6. La legislazione invece ha fatto il

suo corso prendendo posizioni differenti, l’articolo 9 del d.lgs. 30 aprile 1998 n.173 ha qualificato imprenditori agricoli gli allevtori di equini di qualsiasi razza in connessione con l’azienda agricola. Dal 1998 quindi non si sarebbe più dovuto considerare la finalità

5Goldoni in “ Commento all’art.9 del d.lgs. 173 del 1998” in Rivista di diritto agrario, 1998,

I, P.491

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( come fecero le Sez. Unite della cassazione nel 1993 ), ma la connessione o meno con l’azienda agricola. La sentenza del 1993, tuttavia, continua a far testo poiché nel 2011 fu richiamata in una decisione che escludeva l’agrarietà di un allevamento di

cavalli da polo7 che ne richiamava le

motivazioni.

Nei casi appena esaminati appare con evidenza che come criterio il criterio limite, anche nel 2011, é stato considerato l’uso potenziale del fondo. Quindi, nei casi in cui l’attività possa prescindere dall’uso del

fondo, si é al di fuori dell’attività agricola8.

A questo si arriva tramite i due criteri di cui al secondo comma dell’articolo 2135 c.c., essendo l’utilizzo anche potenziale del fondo rustico, la condicio sine qua perché un’attività di impresa possa dirsi agricola. Nel 2001 il legislatore parla di attività “ c o n n e s s e ” , c i o é q u e l l e a t t i v i t à d a considerarsi agricole ( benché non propriamente tali ) a condizione di essere svolte in connessione con le attività agricole “principali”. Prima del 2001 si distinguevano le attività tipiche da quelle atipiche. Il nuovo articolo ha introdotto alcune modifiche di sostanza circa la ratio di individuazione delle

7 Ordinanza n.15333 del 2011

8Irene Canfora, L’impresa agricola nell’interpretazione della giurisprudenza di cassazione

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attività agricole per connessione. Non si fa più riferimento alla normalità e ciò induce a considerare agricole tutte le attività esercitate in costanza di oggettiva connessione con un’attività che sia agricola ex se. Ci sono attività connesse “nominate” poiché presenti al comma terzo dell’articolo 2135 c.c.. Si prendono in considerazione le attività che riguardano i prodotti ottenuti dai p r o c e s s i p r o d u t t i v i : m a n i p o l a z i o n e , c o n s e r v a z i o n e , t r a s f o r m a z i o n e , commercializzazione e valorizzazione di quei beni finali ottenuti dalla coltivazione o allevamento. In tale comma si fa riferimento anche alle attività che risultano connesse all’utilizzazione della struttura aziendale e ciò che sia consono a fornire beni o servizi sul mercato. La parte finale del terzo comma richiama poi le “attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come intese dalla legge”. Si fa qui riferimento a una vasta gamma di attività che spazia dalle visite

guidate alle attività agrituristiche9.

In questo ultimo caso non c’è stata novità poiché già dal 1985 l’attività agrituristica era

classificata come agricola10.

9Attualmente il riferimento normativo per l’attività di agriturismo é costituito dalla legge

quadro 20.2.2006, n.96

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Avendo trattato delle attività connesse, é interessante notare come queste sono concepite in giurisprudenza, in particolare da quella amministrativa.

Nel 2010 il Consiglio di Stato si trovò a dover deliberare su di un ricorso proposto contro il

TAR sez. Puglia1112. I ricorrenti chiedevano

che fosse dichiarata la non legittimità del permesso accordato alla collocazione di un impianto di produzione di olii vegetali estratti

dalla sansa13 all’interno del parco del

Negramaro, quindi in una zona agricola. Il CdS mette qui in evidenza il criterio di connessione soggettiva e della connessione oggettiva, riferendosi riguardo a quest’ultimo al concetto di prevalenza. Si applica così il 2135 c.c. nella sua nuova formulazione, r i c h i a m a n d o p e r ò a n c h e l ’ i n d i r i z z o giurisprudenziale tipico della vecchia formulazione. La sentenza fa infatti riferimento al criterio della normalità delle attività connesse, si legge infatti: “...in assenza del quale non rientra nell’esercizio normale dell’agricultura…”

Così facendo la Corte opta per la non agrarietà dell’attività svolta dalla società. Tuttavia alla base della sentenza sta la verifica del fatto che si tratta di attività

11 Tar Puglia Lecce 25.2.2009, n.338

12 Consiglio di Stato 16.2.2010, n.885

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industriale di secondo livello: infatti si utilizzano residui provenienti da oleifici vicini, il che impedisce che si abbia diretta derivazione del materiale lavorato dalla produzione agricola. Si esamina quindi la attività sotto la luce del criterio della connessione, escludendo che si abbia agrarietà in quanto il prodotto lavorato proviene per intero da produttori terzi.

C i r c a l a c o m p l e s s i t à o r g a n i z z a t i v a dell’azienda, con il d.lgs. 29 marzo 2004, n. 9 9 f u c r e a t o u n n u o v o s o g g e t t o : l’imprenditore agricolo professionale. Molto interessante, ai fini di questa analisi, é l’articolo 3 del decreto in esame che recita: “ Le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono c o n s i d e r a t e i m p r e n d i t o r i a g r i c o l i profesisonali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 c . c . d e l c o d i c e c i v i l e … ” . M o l t o semplicemente, senza necessità di ulteriori

interpretazioni14, si può capire come anche

le società esercitate in forma commerciale possano essere in realtà agricole.

L a q u e s t i o n e d e l l ’ i d e n t i fi c a z i o n e dell’imprenditore agricolo é giunta fino in Corte Costituzionale. La Suprema Corte,

14 Nella massima della sentenza del Tribunale di Mantova del 30.08.2007, che applicava

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chiamata dal Tribunale di Torre Annunziata a decidere circa la legittimità dell’articolo 1 L.F. in relazione all’art. 3 della Costituzione, emana la sentenza numero 104 del 2012. Al punto 3.2 del considerato in diritto della sentenza si trova che “...trascura però il rimettente di dare conto dell’avvenuta v e r i fi c a d e l l a s o s t a n z i a l e c o n g r u i t à dell’attività effettivamente svolta dall’impresa fallenda rispetto ai predetti dati formali”. I giudici della Corte Costituzionale, in questo caso, dichiarano insufficiente l’evidenza dell’iscrizione in camera di commercio della società fallenda, la Cera fish s.r.l,. e l’oggetto sociale della stessa. Non basta quindi per la Corte Costituzionale il dato formale, essendo necessaria una concreta verifica, per individuare un’impresa come agricola.

A questo punto dell’analisi si può notare come sia stata ampliata l’area della agrarietà, tramite il concetto di potenzialità d e l f o n d o i n t r o d o t t o d a l l a n u o v a formulazione dell’articolo 2135 c.c. Questo ampliamento ha fatto sì che l’imprenditore agricolo mutasse la sua forma, tuttavia a questo mutamento non pare essere seguito un mutamento dello statuto dello stesso di pari entità.

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Adesso i confini tra imprenditore agricolo e

imprenditore commerciali sono molto labili15,

tanto che Tribunale di Torre annunziata si vide dichiarare inammissibile la questione di legittimità perché “viziata da una fragilità

argomentativa”16, avendo posto a sostegno

della agrarietà della società fallenda soltanto al iscrizione alla camera di commercio.

Questo ampliamento dei “confini soggettivi”, assieme alla mutata natura del fallimento avvenuta nel 2006 e 2007, pone non pochi dubbi riguardo l’esclusione dell’impresa agricola dalle procedure concorsuali.

La Corte di Cassazione, nella già citata sentenza 24995 del 2010 afferma proprio che l’ampiezza raggiunta dalla categoria “impresa agricola” solleva incertezze circa la non assoggettabilità al fallimento delle attività che vi rientrano.

15 si pensi alla legge 11 maggio 1990, n. 108 che regola i licenziamenti individuali nel

settore agricolo in maniera analoga a quanto avviene per gli altri settori

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CAPITOLO SECONDO:

LA NON ASSOGGETTABILITA’ ALLA DISCIPLINA FALLIMENTARE

DELL’IMPRESA AGRICOLA

1. Le origini dell’esclusione

Al fine di svolgere una completa analisi circa le cause della non assoggettabilità dell’impresa agricola al fallimento e l’evoluzione della disciplina, sarà svolta una panoramica storica dalle origini della disciplina concorsuale fino ai giorni nostri, ponendo in evidenza le ragioni che di volta in volta hanno portato all’esclusione dell’impresa agricola dal fallimento.

La disciplina fallimentare, nell’ordinamento italiano, vede la luce con l’emanazione del Regio Decreto n. 267 del 1942, contenente la prima versione della Legge Fallimentare resa finalmente autonoma dal codice del

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commercio. Allora l’istituto del fallimento aveva carattere totalmente differente da quello che presenta attualmente. La stesura Regio Decreto n. 267 risentì enormemente della visione autarchica dell’economia dell’epoca e dell’ordinamento corporativo in cui doveva andare ad emanare i suoi effetti. L’imprenditore insolvente era visto come un pericolo per l’economia nazionale e pertanto era ritenuto colpevole di un illecito: il fallimento.

Il diritto fallimentare era perciò concepito come un ramo del diritto amministrativo poiché si credeva che lo Stato dovesse avere il potere di sopprimere in maniera del tutto autoritaria l’impresa in crisi.

Detto ciò non deve stupire che il diritto fallimentare fosse una disciplina prettamente sanzionatoria.

In primis era l’impresa a subire l’enorme potere che il decreto conferiva allo Stato, essa infatti veniva soppressa ex autoritate. Circa gli effetti personali che il fallimento e m a n a v a n e i c o n f r o n t i d e i s i n g o l i imprenditori l’articolo 50 prevedeva l’iscrizione degli imprenditori falliti nel “pubblico registro dei falliti”, il che comportava che egli fosse “soggetto alle incapacità stabilite dalla legge”.

L’imprenditore subiva effetti personali pesantissimi come l’obbligo di residenza, l’impedimento allo svolgimento di alcune

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professioni ( come l’avvocatura ad esempio ), e si perdevano addiruttura i diritti elettorali attivi e passivi.

Per quanto concerne l’imprenditore agricolo, esso era escluso dal fallimento. La sua esenzione era ricavabile a contrario dalla lettera dell’articolo 1 del Regio Decreto, che al termine “imprenditore” affiancava prontamente l’aggettivo “commerciale”. La ratio di tale esclusione la si ritrova nella considerazione del doppio rischio, ovvero

quello naturale e quello economico17, poiché

come visto nel capitolo precedente, fino al 2001 l’impresa agricola era connotata dallo s f r u t t a m e n t o d e l f o n d o e p e r t a n t o l’imprenditore stesso veniva ad essere soggetto a cause oggettive che potevano portarlo ad una situazione di insolvenza indipendentemente dalle sue capacità imprenditoriali. Anche la tradizione ebbe un ruolo fondamentale nel far sì che l’impresa agricola fosse esclusa dal novero di cui all’art 1 L.F, tale disposizione infatti si poneva in continuità con il codice di commercio francese e costituiva un trattamento di favore ( viste le conseguenze del fallimento all’epoca ) conseguito in forza della posizione politico-soiale di influenza delle classi fondiarie.

17 Ragusa Maggiore, L’impresa agricola e i suoi aspetti di diritto commerciale e

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2. L’attuale infondatezza dell’esclusione

Nel tempo, a causa dei cambiamenti politici ed economici che hanno interessato il nostro paese nel corso degli anni, la disciplina fallimentare é mutata. In particolare é andata incontro ad esigenze economiche tali che adesso si può senz’altro dire che l’aspetto che più traspare dalla novellata legge fallimentare é quello privatistico.

Innanzitutto é bene sottolineare che la legge fallimentare é sempre in vigore, essa costituisce la base su cui i successivi interventi legislativi hanno operato per novellazione, senza mai abrogarla.

Le riforme in materia fallimentare ebbero inzio nel 2005.

La legge n.80 del 200518, al comma quinto

del primo articolo, delegava il governo ad adottare entro centottanta giorni uno o più decreti legislativi recanti la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali di cui al R.D. n.267 del 1942.

La legge stabiliva altresì dei criteri direttivi, di cui al comma sei dell’articolo primo della detta legge. Tra i criteri direttivi, e cioé tra gli obiettivi che il legislatore cercava di porre al governo, troviamo l’abolizione delle conseguenze personali e l’introduzione della

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esdebitazione, nonché l’abolizione della amministrazione controllata. Con tale delega senz’altro il legislatore ha inteso introdurre una disciplina concorsuale con procedure più semplici, per sopperire sia al bisogno di tutela dei creditori sia alla necessità di consevazione dell’impresa.

Il governo, nell’esercizio del potere concessogli, produce la prima riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali: il decreto legislativo 9 gennaio 2006, n.5.

Per quanto concerne l’ambito soggettivo, l’articolo 1 L.F. é stato novellato dall’articolo 1 del d.lgs. 5/ 2006, che lo sostituisce per intero. L’ampliamento dei soggetti esonerati richiesto dall’art. 1 comma 6 lett. a della Legge delega, é stato inteso in senso quantitativo e non qualitativo. In tal modo rimangono esclusi dall’assoggettabilità alle procedure concorsuali gli imprenditori agricoli e i piccoli imprenditori.

Durante i lavori di preparazione della riforma, tuttavia, emersero dei dubbi circa l’opportunità del principio di specialità che escludeva l’impresa agricola dal poter approfittare delle procedure concorsuali. N e l l a r e l a z i o n e d e l l a c o m m i s s i o n e Trevisanato si legge che “ alcune esenzioni non appiono più giustificabili, come quella realativa all’imprenditore agricolo […] ogni imprenditore, piccolo o grande che sia,

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esercente un’impresa commerciale o agricola deve poter contare sulla protezione derivante dall’apertura di una procedura che gli consenta di offrire ai creditori una soluzione alla crisi più favorevole della liquidazione concorsuale.

Il presupposto soggettivo vede, pertanto, a m p l i a t o l ’ a m b i t o d e i s o g g e t t i tradizionalmente destinatari delle procedure concorsuali: non soltanto l’imprenditore commerciale, ma anche l’imprenditore agricolo, il cui statuto non si differenzia s o s t a n z i a l m e n t e p i ù d a q u e l l o

dell’imprenditore commerciale”19.

Queste parole esprimono la perplessità di chi, avendo ben compreso il cambiamento avvenuto nella realtà economica agricola e nella ratio del fallimento, non trova giustificazione alla perdurante esclusione dell’impresa agricola dall’accesso alle procedure concorsuali. Infatti, mentre in un primo momento l’esenzione dalle procedure concorsuali di questa categoria di imprese soggette ad un rischio oggettivo di grande portata trovava fondamento nel carattere sanzionatorio del fallimento, adesso che il carattere del fallimento é mutato la ratio di tale esclusione pare essere venuta a mancare. Le recenti riforme, come si é visto nel capitolo precedente, hanno di fatto eroso

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i confini dell’agrarietà come essa era definita nel codice del 1942.

In virtù del mutato carattere del fallimento sono introdotti nuovi strumenti, ai quali gli imprenditori possono fare ricorso. Adesso a fi a n c o d e g l i s t r u m e n t i p r e t t a m e n t e pubblicistici si trovano dei mezzi negoziali di risoluzione della crisi. Si hanno i piani di risanamento certificati, atti unilaterali che necessitano della certificazione di uno specialista; accordi di ristrutturazione dei d e b i t i e x a r t . 1 8 2 b i s L . F . I q u a l i costituiscono una procedura autonoma e soprattutto rapida mediante un rito breve e i concordati di tipo preventivo e fallimentare a contenuto libero, con l'unico limite costituito dalla concreta possibilità per l'imprenditore di onorarlo.

Con le riforme del 2006 e del 2007 si adotta, come modello processuale per il fallimento, il modello camerale. Questo, tuttavia, non richiamando gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, viene a delinearsi sempre più come un rito a cognizione piena tanto da poterlo definire un "rito camerale ibrido".

Come si è avuto modo di vedere, con il d.lgs. 169 del 2007 non è stata introdotta nessuna novità per l'imprenditore agricolo che, nonostante abbia visto mutato il suo statuto, si vede sempre escluso in negativo dall'accesso alle procedure concorsuali.

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3 . R e c e n t i i n t e r v e n t i n o r m a t i v i e giurisprudenziali

Una prima novità arriva nel 2011 con le "disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria" contenute nel decreto legge 6 Luglio 2011 n. 98 convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111, in cui all’art. 23, comma 43, c.d. “manovra correttiva”, ha stabilito che: “in attesa di una revisione complessiva della disciplina dell’imprenditore agricolo in crisi e del coordinamento delle disposizioni in materia, la possibilità per questi di accedere alle procedure di cui agli artt. 182 bis e 182 ter del Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267”.

Nel testo non si prevedono dettagli, ma ci si limita ad includere le imprese agricole nel n o v e r o d e i s o g g e t t i a m m e s s i a l l'esperimento delle procedure degli accordi di ristrutturazione e della transazione fiscale. Questa è, tuttavia, una previsione a carattere provvisorio. Si legge infatti nel testo che si attende una complessiva riforma sebbene essa venga qui solamente auspicata, non annunciata, inoltre non si danno chiarimenti tecnici in merito all'applicazione della

transazione fiscale20.

20 a. La malfa " la transazione fiscale dell'impresa agricola" da "il fallimento" 2/2013 p 137

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Si ha così una prima apertura, per l'impresa agricola, la quale può adesso esperire le procedure di cui agli artt. 182 bis e ter L.F. Ad ogni modo, l'articolo 1 della legge fallimentare rimane intatto e l'auspicata riforma sembra non avvenire, rimanendo così il fallimento appannaggio esclusivo degli imprenditori commerciali che rientrino nei requisiti da esso richiesti.

Un cambiamento importante é infine giunto con la L 27 gennaio 2012, n.3 recante “disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché composizione delle crisi

da sovraindebitamento”21, modificato con

decreto legge 18 ottobre 2012, n.179 convertito con L. 17 dicembre 2012, n.221 recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”. Questa legge ha introdotto un nuovo tipo di concordato volto a porre rimedio alle sempre più diffuse situazioni di indebitamento in cui si trovano le famiglie e le imprese di piccole dimensioni. L’esclusione ex articolo 1 L.F. dalla disciplina concorsuale comporta, infatti, l’assoggettabilità dei debitori alle azioni esecutive individuali. Nel 2012 il legislatore decide quindi di andare in aiuto dei soggetti che non possono fallire, offrendo loro la possibilità di proporre ai creditori un piano di ristrutturazione dei

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debiti che porti alla esdebitazione del soggetto in crisi senza che questo debba affrontare lunghe e costose procedure esecutive individuali. Il sovraindebitamento é inteso come una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni e il patrimonio liquidabile, traducibile in una incapacità del debitore di adempiere regolarmente alle proprie obbligazoni. Il procedimento in questione si sviluppa sotto il controllo dell’autorità giudiziaria, alla quale spetterà l’omologazione dell’accordo che parte debitoria e creditoria avranno raggiunto. Circa i presupposti per l’ammissibilità, il comma 2-bis dell’articolo 7 stabilisce che “...l’imprenditore agricolo in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori un accordo di composizione della crisi…”. L’assoggettabilità dell’imprenditore agricolo alla disciplina degli accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento é stata recentemente ribadita dalla circolare della

Agenzia delle Entrate n.19/E del 201522.

Come si può vedere, concludendo l’analisi riguardante evoluzione della disciplina contentuta all’art. 1 L.F. in relazione all’imprenditore agricolo esso non ha mutato il suo contenuto, continuando a non nominarlo. La legislazione complementare,

22 “Crisi da sovraindebitamento: i presupposti di accesso alla proedura” di Federico

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tuttavia, ha di fatto positivamente collocato l’impresa agricola nella zona di non fallibilità. Non può, giunti a questo punto, non essere richiamata la vicenda che portò alla Sentenza n.104 del 2012 della Corte Costituzionale.

Con ordinanza depositata il 20 gennaio 2011 il tribunale di Torre Annunziata aveva sollevato questione di legittimità dell’articolo 1 L.F. in riferimento all’articolo 3 della Costituzione nella parte in cui esclude che possano fallire l’imprenditore agricolo e quelli ad esso equiparati.

Nel caso di specie la Cera fish s.r.l si era vista presentare a suo danno istanza di fallimento da parte dell’Amministrazione provinciale di Napoli.

La sussistenza di un credito superiore agli euro 30.000,00 e la mancata azione istruttoria della società debitrice, sulla quale incombeva l’onere di dimostrare di non possedere i requisiti di cui all’art. 1, comma 2 L.F, in aggiunta a diversi elementi che consentivano di desumere l’insolvenza della

Cera fish s.r.l.23, parevano non porre limiti

alla declaratoria di fallimento.

La società si era difesa deducendo la sua natura di impresa ittica, e come tale equiparata a quella agricola e pertanto non

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suscettibile di sentenza declaratoria di fallimento.

In tal caso si portano come dati significativi l’iscrizione presso la Camera di commercio di Napoli in qualità di impresa agricola e l’oggetto sociale.

Il remittente, a questo punto, sostiene che l’articolo 1 della Legge Fallimentare si ponga i n c o n t r a s t o c o n l ’ a r t i c o l o 3 d e l l a Costituzione permettendo di trattare in modo diverso situazioni soltanto apparentemente, e non realmente, differenti; rileva inoltre che l e c o n s i d e r a z i o n i c h e u n t e m p o giustificavano l’esclusione dell’impresa agricola dai soggetti ammessi al fallimento sono venuti a mancare a causa dello sviluppo tecnologico del settore e del sempre più frequente ricorso al credito da parte di tali imprese.

Il tribunale di Torre Annunziata conclude o s s e r v a n d o c h e , e s s e n d o a v v e n u t a l’equiparazione ex art. 2, comma 5 del d.lgs. 18 maggio 2001 n. 226, non rileva che la società si imprenditore ittico e non agricolo. La Suprema Corte giudica la quesitone inammissibile poiché “l’affermata esclusione

operata dal giudice remittente24 […] appare

viziata da da una fragilità argomentativa tale da impedire che la stessa possa dirsi meritevole di quella valutazione…”

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Benché si risolva in una dichiarazione di i n a m m i s s i b i l i t à q u e s t a s e n t e n z a é fondamentale. Innanzitutto perché la Corte Costituzionale non rigetta la questione, lasciando aperta la porta ad una futura remissione, inoltre il caso di specie mostra come la non fallibilità dell’impresa agricola sia avvertita come incongruente al sistema da parte dei giudici.

CAPITOLO TERZO:

LE NUOVE FRONTIERE NEL CONCORSO: L’IMPRENDITORE AGRICOLO NEGLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI, NELLA TRANSAZIONE FISCALE E

NEGLI ACCORDI DA SOVRAINDEBITAMENTO

1. Due interventi innovativi

Come si é avuto modo di vedere nei capitoli precedenti l’imprenditore agricolo rimane ad oggi escluso dal fallimento. Ad esso tuttavia sono state aperte, nel tempo, le porte ad altre procedure concorsuali.

Dopo le prime riforme del diritto fallimentare, infatti, sono arrivati con il tempo, due interventi fondamentali che hanno portato al cambiamento più grande mai avutosi nella disciplina della crisi dell’imprenditore agricolo.

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Il primo é il D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertita con legge 15 Luglio 2011, n.111, relativo a “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”, all’articolo 23 comma 43 che “in attesa di una revisione c o m p l e s s i v a d e l l a d i s c i p l i n a dell’imprenditore agricolo in crisi e del coordinamento delle disposizioni in materia, gli imprenditori agricoli in stato di crisi o di i n s o l v e n z a p o s s o n o a c c e d e r e a l l e procedure di cui agli articoli bis e 182-ter del R.D. 16 marzo 1942, n.267 come modificato da ultimo dall’articolo 32, commi 5 e 6, del decreto legge 29 novembre 2008, n.185, convertito con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n.2”. Il secondo fondamentale cambiamento si é avuto con la legge numero 3 del 2012 “ disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di c o m p o s i z i o n e d e l l e c r i s i d a sovraindebitamento”.

A tal proposito é interessante notare come una disciplina analoga a quella di cui alla L. 2012 n.3 fosse prevista nel d.l. 22 dicembre 2011, n.212 (“disposizioni urgenti in materia d i c o m p o s i z i o n e d e l l a c r i s i d a sovraindebitamento e disciplina del processo civile”).

Quest’ultimo, proveniente da iniziativa più recente rispetto alla L. numero 3 del 2012, ha visto soppressa l’intera parte in esso dedicata alla composizione della crisi da

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sovraindebitamento. I motivi di tale soppressione sono da ricercarsi nel fatto che la quasi totalità dei parlamentari ritenne inadeguato l’uso della decretazione d’urgenza con consegnuente soppressione temporale per l’esame della camera.

Queste novita sono state certamente favorite dalle crisi economiche che hanno avuto pesanti ripercussioni sulle categorie di debitori più “deboli”, cui si cerca in questo modo di dare strumenti adeguati.

2. La legge n. 98 del 2011

Il D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito con legge 15 Luglio 2011, n.111, può essere senza dubbio visto come norma ad hoc e temporanea. Essa infatti é destinata ad operare “in attesa di una revisione c o m p l e s s i v a d e l l a d i s c i p l i n a dell’imprenditore agricolo in crisi” e non va a m o d i fi c a r e l ’ a r t i c o l o 1 d e l l a L e g g e Fallimentare. Inoltre essa precede soltanto di poco ( sei mesi circa ) la legge numero 3 del 2012 la quale va a disciplinare la procedura per i debitori non soggetti all’art. 1 L.Fall.

Il legislatore, in queste occasione si é mantenuto fedele alla tradizione, non facendo ricorso alle norme sul fallimento e sul concordato preventivo, che rimangono p r e r o g a t i v e p r o p r i e d e l l e i m p r e s e

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commerciali fallibili. Tuttavia, anche gli accordi di ristrutturazione e la transazione fiscale fino ad ora erano riservati agli imprenditori fallibili, si può dire quindi che si é avuta una vera e propria rottura rispetto a l l a p r e c e d e n t e i m p o s t a z i o n e giurisprudenziale.

In questo caso pare evidente come sia prevalsa la volontà di preservare l’attività produttiva rispetto alla par codicio creditorum, alla quale si deroga mediante l’applicazione della transazione dei debiti fiscali.

Questo intervento si pone lo scopo di ampliare i confini del criterio soggettivo delle procedure concorsuali, in virtù della mutata considerazione ( e sorte ) che spetta al soggetto fallibile dopo gli interventi del 2005-2006.

2.1 accordi di ristrutturazione dei debiti

Per quanto concerne l’imprenditore agricolo, la legge del 2011 prescrive che per accedere agli accordi di ristrutturazione egli debba trovarsi in stato di crisi o insolvenza, il p r e s u p p o s t o o g g e t t i v o é d u n q u e i l medesimo di cui all’art. 182-bis.

La lettera della disposizione menziona esplicitamente “imprenditore agricolo in crisi”, talchè nessuna specificazione di sorta sembra poter essere giustificabile. La norma

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sarà quindi da applicarsi agli imprenditori agricoli, identificabili secondo il disposto dell’articolo 2135 c.c., senza distinzione tra imprenditori di grandi o piccole dimensioni o ancora tra imprese organizzate su base sociale o individuale.

Secondo quanto disposto dall’articolo 182-bis l’imprenditore che versi in stato di crisi può, mediante il deposito della domanda di

c u i a l l ’ a r t . 1 6 1 l . f a l l25, c h i e d e r e

l ’ o m o l o g a z i o n e d i u n a c c o r d o d i ristrutturazione dei debiti. Questo accordo deve essere statao stipulato con i creditori i quali rappresentino almeno il sessanta percento dei crediti. Assieme al detto accordo deve essere depositata una relazione redatta da un professionista sulla idoneità dell’accordo a garantire il pagamento dei creditori con i quali non si é trattato.

25 La documentazione richiesta dall’articolo 161 comma 2, rubricato “domanda di

concordato”, é la seguente:

- una relazione aggiornata sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa

- uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicaizone dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione

- l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietò o in possesso del debitore

- il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili - un piano contenente la descrizione analitiva delle modalità e dei tempi di adempimento

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L’accordo in questione verrà pubblicato poi nel registro delle imprese e da quel momento i creditori avranno un termine di trenta giorni per proporre opposizione. Sempre dalla data della pubblicazione, per sessanta giorni, non potranno essere perpetrate azioni cautelari o esecutive da parte di creditori aventi titolo o causa del loro credito anteriore alla pubblicazione. Solo una volta che si saranno decise le eventuali opposizioni si potrà procedere, in tribunale, con l’omologazione che avverrà in camera di consiglio.

Un importante cambiamento, a tutela del debitore, si é avuto con il d.l. 31 maggio 2010 numero 78 recante “misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, convertito nella l.

30 luglio 2010 n.12226. Tale legge,

all’articolo 48, dispone che l’imprenditore possa chiedere il divieto di azioni cautelari o esecutive sin dal momento in cui le trattative sono in corso, mediante il deposito della documentazione di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 161 l.fall. e di una proposta di accordo avente valore di autocertificazione che attesti che le trattative sono in corso e che i creditori coinvolti sono rappresentativi di almento il sessanta percento dei crediti. Tale richiesta deve essere corredata della

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dichiarazione di un professionista circa l’idoneità della proposta ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei alla medesima.

Il tribunale presso il quale l’istanza é stata depositata emetterà una istanza di sospensione, da pubblicarsi nel registro delle imprese, che produrrà l’effetto del divieto di inzio o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari, si avrà inoltre il divieto, dalla pubblicazione, di acquistare titoli di prelazione non concordati.

Tratto essenziale del procedimento di cui all’art. 182-bis l.fall. é proprio la natura negoziale, la quale permette al debitore di prescindere dalla par condicio creditorum con la precisazione, però, che i creditori estranei all’accordo non subiscono gli effetti dello stesso.

Con la riforma del 2011 si é concesso, anche all’imprenditore agricolo, la possibilità di sfruttare un procedimento bifasico, prima negoziale e poi giudiziale, che tuttavia vede il proprio baricentro spostato decisamente sul carattere negoziale. Infatti, se da una parte é corretto affermare la doppia natura del concordato preventivo date le sue due fasi di sviluppo, si dovrà convenire nell’affermare che mentre la fase giudiziale ha lo scopo di fondare il corpus dell’accordo ( e pertanto la futura sorte dell’impresa e dell’imprenditore ), la fase giudiziale ha una

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funzione di controllo volta a verificare la rappresentanza del sessanta percento dei crediti e l’idoneità dell’accordo a soddisfare i creditori estranei allo stesso, verifica questa che viene fatta sulla base della relazione dell’esperto e della documentazione depositata dall’imprenditore.

2.2 La transazione fiscale

Il D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertita con legge 15 Luglio 2011, n.111, relativo a “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”, all’articolo 23 comma 43 rende accessibile all’imprenditore agricolo anche la transazione fiscale, procedimento di cui all’art. 182-ter L.fall.

L’istituto della transazione fiscale é conosciuto nel nostro ordinamento sin dal 2002, quando per la prima volta il d.l. 138 consentì alle amministrazioni finanziarie di proporre la transazione dei tributi. All’epoca, tuttavia, si consentiva di ricorrere alla transazione fiscale soltanto qualora essa avesse portato a maggiore proficuità rispetto alla procedura di riscossione coattiva.

Nel 2006, il d.lgs. 9 gennaio numero 5, all’art. 146 ha introdotto all’interno della Legge Fallimentare l’articolo 182-ter. Il d.lgs. del 12 settembre 2007, n.169 ha poi modificato tale strumento rendendolo fruibile

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anche da chi avesse proceduto con accordi di ristrutturazione dei debiti.

Il mutamento nel tempo della disciplina della transazione fiscale si può dire che abbia seguito la medesima ratio che ha guidato il cambiamento del fallimento.

Si veda, su tutti, il fatto che la legittimazione attiva, é propria dell’imprenditore e non più

della amministrazione27.

Tale procedura consente quindi oggi all’imprenditore, mediante lo svolgimento di una transazione tra impresa e ente fiscale, di poter onorare in maniera ridotta oppure rateizzata i propri oneri nei confronti degli enti tributari, non rilevando la natura del credito sia esso privilegiato o chirografario. In tal modo l’imprenditore avrà maggiori possibilità di riuscire a conservare l’impresa e i posti di lavoro.

L’imprenditore agricolo che intendesse proporre transazione fiscale dovrebbe farlo tramite il meccanismo previsto all’articolo 6 dell’art. 182-ter l.fall., attraverso la procedura per l’accordo di ristrutturazione dei debiti. L’istanza sarà da depositarsi presso il tribunale competente, nonché presso i competenti uffici dell’agenzia delle entrate e a g e n t e . L ’ i s t a n z a d o v r à e s s e r e accompagnata dalla dcumentazione di cui

27La Malfa, La transazione fiscale ex art. 182-ter legge fallimentare, dubbi sulla natura

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a l l ’ a r t . 1 6 1 l . f a l l . n o n c h é d a u n a dichiarazione sostitutiva di atto notorio del debitore o del legale rappresentante, in cui si dichiari la veridicità e completezza della documentazione presentata.

L’Ufficio finanziario potrà poi chiedere che vengano modificati i termini temporali o quantitativi fino anche a richiedere che vengano poste garanzie per tutelarsi in caso di insolvenza del debitore.

Entro trenta giorni dovrà pervenire l’accettazione dela domanda, questa sarà data con atto del Direttore dell’Ufficio, oppure con atto dell’agente di riscossione, questo a seconda che si tratti di crediti né iscritti ruolo né consegnati all’agente oppure, viceversa, che siano stati iscritti a r u o l o e c o n s e g n a t i a l l ’ a g e n t e . L a precisazione in questo caso, che valga sia l’una sia l’altra sottoscrizione porta a credere che l’amministrazione valga tanto quanto gli altri creditori e che, pertanto, il credito fiscale concorra alla formazione della parcentuale minima del sessanta per cento r i c h i e s t a a i fi n i d e l l ’ o m o l o g a z i o n e

dell’accordo28.

Perticolare di non poco conto, per l’imprenditore agricolo che può avvalersi soltanto degli accordi di ristrutturazione dei

28 Prete, La gestione della crisi dell’impresa agricola nei recenti tumultuosi interventi

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debiti, é che la transazione fiscale conclusa all’interno di accordi ex 182-bis l.fall. può essere revocata automaticamente in caso di ritardo nei pagamenti superiori ai novanta giorni.

Con il d.l. 29 novembre 2008, n.185 converito dalla l. 28 gennaio 2009 n.2, e il d.l. 31 maggio 2010 n.78 convertito in l 30 luglio 2010 n.122 si é avuta l’esclusione esplicita della transazione fiscale dell’Iva e delle ritenute operate e non versate, pertanto in merito a tali tributi potrà essere proposto un pagamento dilazionato senza che possa operarsi falcidia, esclusi sono altresì i tributi locali e i tributi costituenti risorse proprie dell’Unione Europea. Conseguentemente all’esclusione dell’Iva e delle ritenute potranno essere inclusi all’interno delle richieste di transazione fiscale i tributi amministrati dalle Agenzie fiscali e i rispettivi interessi, indennità di mora e sanzioni amministrative; oltre a questi anche i contributi amministrati dagli Enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.

Per quanto concerne il rapporto tra la transazione fiscale e gli istituti entro i quali va solitamente proposta ci si é chiesti, se per proporla, l’azienda agricola debba farlo contestualmente al concordato preventivo o all’accordo di ristrutturazione, come fanno le

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imprese commerciali, oppure no29. La

dottrina ha, infatti, sempre considerato possibile la proposizione della transazione fiscale solo all’interno delle procedure del concordato preventivo o degli accordi di

ristrutturazione dei debiti30. Il motivo per cui

si riteneva improponibile autonomamente era che in tal caso si avrebbe avuto una violazione della par condicio creditorum. A questo punto é opportuno ricordare come nello stesso 2011 ( prima del D.L. numero 9 8 ) d u e s e n t e n z e d e l l a C o r t e d i Cassazione, la numero 22932 e la numero 22931 avevano aperto alla transazione fiscale autonoma, riconducendola però sempre al rango di procedimento subalterno del concordato preventivo.

Con il D.L. numero 98 del 2011, tuttavia, pare si possa parlare di transazione fiscale proponibile in via autonoma da parte dell’imprenditore agricolo. A favore dell’autonomia depongono sia la lettera della norma che si esprime chiaramente usando

la congiunzione “e” 31 , sia la ratio del

decreto legislativo stesso.

29La Malfa “La transazione fiscale dell’impresa agricola” in “Il fallimento” 2/ 2013

30Ad esempio la Corte di Appello di Roma nel 2010 ha negato che potesse essere

proposta transazione fiscale al di fuori di una proposta di concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione

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Ecco che si può affermare che, dopo il 2011, é consentito all’imprenditore agricolo procedere con la transazione fiscale per due vie diverse: in via autonoma oppure in maniera incidentale con la presentazione di un accordo di ristrutturazione.

O v v i a m e n t e n o n s a r à c o n s e n t i t o all’imprenditore agricolo l’esperimento di proposta di concordato preventivo ex art. 160 s.s. L.F.

Si devono adesso individuare quelli che sono i requisiti oggettivi, la cui presenza consente all’imprenditore agricolo di proporre domanda di transazione fiscale. Nel 2008 l’Agenzia delle Entrate con una

circolare32 aveva sottolineato come fossero

da tenere presenti, nel valutare le proposte, la difesa dell’occupazione e la possibilità per l’impresa di continuare la attività.

L’anno successivo l’articolo 4, lettera “e”, del Decreto Ministeriale 4 agosto 2009 prevede che la transazione fiscale sia proponibile se, come risultato della stessa, si prospetti la continuità dell’impresa e la conservazione dell’occupazione dei dipendenti della stessa.

Si può capire, tramite gli esempi appena fatti, quale sia la ratio dell’istituto qui in esame: il risanamento dell’impresa.

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Pertanto si può affermare che, benché non sia esplicitamente richiamato dall’articolo 182-ter L.F., il risanamento aziendale sia il presupposto implicito della transazione fiscale agraria.

Per quanto concerne il procedimento, invece, la norma rimanda direttamente all’articolo 182-ter della Legge Fallimentare. Il problema sorge dal momento che, benché si consenta una transazione fiscale autonoma per l’impresa agricola, essa manca di autonomia procedimentale. La transazione fiscale si inserisce, infatti, nei procedimenti durante i quali viene esperita: c o n c o r d a t o p r e v e n t i v o , a c c o r d i d i ristrutturazione dei debiti e transazione contributiva.

L’omologazione funge da controllo di legittimità, necessario per il perfezionamento della stessa, ad ogni modo la transazione agraria rimane struttralmente bilaterale, risolvendosi nel rapporto tra debitore e creditore. Tale bilateralità la rende simile agli accordi di ristrutturazione dei debiti, la cui struttura può essere vista come bilaterale laddove si risolve nel consenso tra debitore e creditore. Non si deve dimenticare, inoltre che ex lege l’imprenditore agricolo non può accedere al concordato preventivo e che lo schema della transazione contributiva potrà essere messo in pratica soltanto in caso di debito di natura previdenziale.

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La transazione fiscale agricola sarà quindi da operarsi mediante la struttura offerta dagli accordi di ristrutturazione dei debiti. L’imprenditore che intendesse procedere con transazione fiscale dovrà in primis proporre domanda di transazione agli uffici

interessati33, in tal modo si avvia la

decorrenza del termine di trenta giorni entro il quale l’amministrazione potrà esprimere il s u o c o n s e n s o . A v u t o i l c o n s e n s o dell’amministrazione si potrà procedere per l’omologazione che avrà l’effetto di bloccare i l r a p p o r t o d e b i t o r i o e c h i u d e r e i l contenzioso.

3. La Legge numero 3 del 2012

In rapida successione con la riforma della Legge del 2011 , il legislatore ha licenziato un altro testo che ha contribuito ad innovare non poco lo statuto dell’imprenditore agricolo in crisi.

La legge numero 3 del 2012, entrata in vigore il 29 febbraio dello stesso anno, si pone l’obiettivo di offrire ai debitori, ai quali é negato l’accesso alle procedure concorsuali dai limiti dell’articolo 1 L.fall., stumenti

33Unitamente alla stessa dovranno essere depositati: copia delle dichiarazioni fiscali,

elenco dei creditori, dichiarazioni integrative, relazione patrimoniale economica e

finanziaria dell’impresa, stato estimativo delle attività, dichiarazione di esistenza di diritti reali o personal sui beni di proprietà o in possesso, stima di valore dei beni

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alternativi all’esecuzione individuale. Quanto detto lo si evince dall’articolo 6 e dall’articolo 7 il quale precisa che la proposta potrà essere fatta soltanto da coloro che non siano assoggettabili ad altre procedure concorsuali.

La legge reca testualmente “ Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di c o m p o s i z o n e d e l l a c r i s i d a sovraindebitamento”, essendo quindi espressamente volta ad evitare il ricorso al mercato dell’usura. Una legge in tal senso era stata fortemente raccomandata dalla Banca Mondiale e norme simili nello scopo e nella ratio erano già presenti in altri paesi occidentali ( primo su tutti gli Stati Uniti d’America con il Bankruptcy Code ).

Nel corso del 2012 il legislatore ha intergrato la disciplina della norma contenuta nella legge appena emanata, con il d.l. 179/ 2012, il quale ha introdotto tre procedure distinte, ossia il piano del consumatore, l’accordo del debitore e la liquidazione dei beni. Come si intende dai nomi delle stesse, le prime due saranno simili al concordato, mentre la terza avrà maggiori affinità con il fallimento.

È bene chiarire da subito che, per espressa disposizione normativa, dell’articolo 7 comma 2-bis e dell’articolo 6, come risultanti dalla novella apportata dal D.L. n.179 del 2012, l’imprenditore agricolo potrà accedere

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alla procedura per proporre au creditori un accordo di composizione della crisi.

Il piano si chiama appunto “piano del consumatore” e l’imprenditore agricolo non

potrà dunque accedervi34.

L ’ a r t i c o l o 8 , r u b r i c a t o “ c o n t e n u t o dell’accordo o del piano del consumatore” lascia intendere quanto siano fluidi i confini tra le due procedure.

A dire il vero il piano del consumatore é soggetto a disciplina del tutto analoga a quella dell’accordo, questo lo dice l’articolo 7, al primo comma il quale dispone che il debitore ha sia il diritto a proporre un accordo ai creditore che si basi su di un piano.

La proposta, ai sensi dell’articolo 8, dovrà avere ad oggetto un piano di ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti. All’ interno dell’accordo si dovrà prevedere il regolare pagamento dei crediti impignorabili ai sensi dell’articolo 535 c.p.c. e cioé i crediti alimentari, i sussidi di maternità o malattia, somme dovute da privati relativi a rapporti di lavoro o di impiego e quelli aventi ad oggetto sussidi di sostentamento. Le scadenze e le modalità di pagamento

34Per completezza, qualora l’imprenditore agricolo assumesse obbligazoni

esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale da lui svolta rientrerebbe nella fattispecie di cui all’articolo 6, comma 2 lett. b della L. 3/ 2012, avendo così la possibilità di produrre un piano del consumatore.

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dovranno essere indicate come anche le eventuali garanzie rilasciate e l’indicazione delle modalità per la liquidazione dei beni. Il debitore potrà infatti scegliere se affidare il patrimonio ad un gestore per la liquidazione, il gestore dovrà essere in possesso dei requisiti richiesti per la qualifica a curatore

fallimentare35 e sarà nominato dal giudice.

Il proponente dovrà altresì indicare una esatta riscostruzione della sua posizione fiscale indicando, ove presenti, enventuali contenziosi pendenti al momeno della proposizione dell’accordo.

All’interno di questa particole ed innovativa procedura si trova, per il debitore, la possibilità di proporre ai propri creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca un termine dilatorio della durata massima di un anno, tale termine inizierà a decorrere dall’omologazione, a meno che durante il decorrere del termine non sia disposta la liquidazione dei beni o dei diritti sui quali la causa di prelazione insiste.

35 I requisiti in questione sono elencati all’articolo 28 L.fall, rubricato “requisiti per la

nomina a curatore” come riformata dal D.Lgs 12 settembre 2007, n.169. Secondo la lettera dell’articolo possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti, studi professionali associati e s.t.p i cui soci siano avvocati, commercialisti, ragionieri o ragionieri commercialisti.

Possono altresì essere nominati curatori coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in s.p.a. purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.

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L’articolo 11, comma 2 della l. 3/ 2012 parla dei crediti tributari, i quali potranno essere inseriti all’interno dell’accordo ma, in rispetto a quanto previsto dalla disciplina della transazione fiscale in merito ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione Europea, l’Iva e le ritenute operate e non versate potrà essere richiesta solamente una dilazione del pagamento.

3.1 L’Organismo di composizione della crisi

Prima di esaminare gli aspetti inerenti ai vari atti da svolgersi ai fini di una corretta perpetrazione della procedura in esame, occorre porre l’attenzione sull’organismo fondamentale, senza il quale non sarebbe possibile procedere: l’organismo di

composizione della crisi36.

Questo organismo é essenziale per il r a g g i u n g i m e n t o d e l l ’ a c c o r d o e d é disciplinato in dall’articolo 15 della l. 3/2012. L’OCC é presente sin dai primi momenti di avvio della procedura, infatti l’articolo 7 dice che”[…] l’accordo può essere proposto con l’ausilio dell’OCC […]” che in questa fase assumera le vesti di professionista attestatore, cioé di soggetto esterno e non di C o m m i s s a r i o G i u d i z i a l e . S o l o

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successivamente all’accordo, infatti, l’OCC

attesta la fattibilità della proposta37.

In caso in cui venga raggiunto un accordo sarà poi compito dell’OCC inviare a tutti i Creditori una relazione su consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale

minima del sessanta percento38.

Al fine poi di poter essere nominato OCC un soggetto deve poi essere in possesso dei

requisiti di cui all’art. 28 L.Fall39.

Nella fase pre udienza, il giudice del tribunale presso cui é stato depositato l’accordo, emana un decreto il quale stabilisce una forma idonea di pubblicità della proposta e del decreto e stabilisce la pubblicazione nel registro delle imprese, qualora il debitore eserciti attività d’impresa. Le suddette attivtà saranno a carico dell’OCC, così come la trascrizione del decreto in caso di cessione o affidamento a terzi di beni mobili registrati o immobili.

3.2 Il procedimento

Analizzando la procedura come si conviene, e cioé in termini di consecutio degli atti e dei

37si nota, in questo caso, un evidente parallelismo con quanto prescritto dall’art. 172 L.

Fall.

38 Si trova qui, ancora una volta, una similitudine con quelli che sono gli oneri prescritti

per il Commissario Giudiziale dall’articolo 180 L.Fall.

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procedimenti possiamo trovare una prima fase volta ad avviare la procedura, una fase g i u d i z i a l e e l a f a s e d i e s c u z i o n e dell’accordo.

La prima fase é regolata dall’articolo 10 della legge, e vede il debitore depositare la proposta di accordo presso il tribunale del luogo in cui si trova la sua residenza o la s e d e p r i n c i p a l e . L a p r o p o s t a s a r à depositata assieme all’elenco di tutti i creditori, indicando le somme dovute; l’elenco dei beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, con le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre; l’attestazione sulla fattibilità del piano e l’elenco delle spese necessarie al sostentamento del debitore e della sua famiglia.

L’imprenditore agricolo, svolgendo attività di impresa, dovrà depositare le scritture contabili degli ultimi tre esercizi con allegata una dichiarazione che attesti la conformità all’originale.

L’OCC dovrà depositare tale proposta anche all’agente della riscossione e agli uffici fiscali. In caso di incompletezza il giudice potrà concedere un termine non superiore a quindici giorni, tale termine é da intendersi essere perentorio.

Circa gli effetti del deposito della proposta é da sottolinearsi che essa sospende il corso degli interessi convenzionali o legali, a meno

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che i credi non siano garantiti da pegno, ipoteca o privilegio.

Il procedimento che si va così ad instaurare é un procedimento di fronte al giudice monocratico, regolato dagli artt. 737 ss. c.p.c.

S e i l g i u d i c e r i t i e n e l a p r o p o s t a soddisfacente i requisiti di cui agli articoli 7, 8 e 9 fissa un’udienza. Ai creditori sarnno così comunicate la proposta e la data dell’udienza.

Nel caso dell’imprenditore agricolo, idonea pubblicità sarà pubblicata nel registro delle imprese.

Nel disporre l’udienza il giudice altresì dispone che non potranno essere iniziare o proseguite azioni esecutive individuali, né d i s p o s t i s e q u e s t r i c o n s e r v a t i v i , n é tantomeno essere aquistati diritti di rpelazione sul patrimonio del debitore, q u e s t o fi n c h é i l p r o v v e d i m e n t o d i omologazione diventerà definitivo.

Tale sospensione non tange i detentori di crediti impignorabili.

Il debitore non potrà eseguire atti di straordinaria amministrazione senza il consenso del giudice, pena l’inefficacia degli stessi ai creditori anteriori al momento in cui é stata eseguita la pubblicità.

Compito del giudice, sarà altresì controllare che la proposta non contenga iniziative o atti in frode ai creditori, nel qual caso disporrà la

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