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Ermafrodito tra mito e realtà. Studio della figura dell'ermafrodito in ambito sociale, culturale e artistico con approfondimento iconografico

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Academic year: 2021

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Introduzione

Questa tesi di ricerca è legata da un unico filo rosso: la figura dell’ermafrodito.

Nei tre capitoli che seguono verrà affrontato il tema da molteplici punti di vista, in quanto, nel corso dei secoli, la percezione e il modo di rappresentare questa figura perde la sua valenza fantastica, mostruosa e mitologica per diventare una creatura reale da inserire e accogliere nella società.

L’Ermafrodito (con la lettera maiuscola), la divinità della fertilità, figlio di Ermes e Afrodite, diventa ermafrodito: una condizione fisica, un’anomalia. Essere ermafrodito era accettato dalle società arcaiche solo nelle divinità come Bacco, Agdistis, Ermafrodito oppure Ardhanarishvara (divinità ottenuta dalla fusione di Siva e Parvati), non nei comuni mortali.1

Nel corso della storia il modo in cui verrà percepito chi è affetto da ermafroditismo varierà: si oscillerà tra visioni negative e visioni positive, ma nella maggior parte dei casi si avrà un giudizio negativo. I bambini che nascevano con i segni dei doppi genitali erano visti, fin dall’epoca classica, come un abominio della natura, come un messaggio della collera degli dei, un mostro da sopprimere o da allontanare dalla città.2 Nel medioevo questa concezione non si perde, in quanto il

carattere mostruoso e orrorifico che permeava queste creature le avvicinava ai mostri chimerici che appartenevano all’immaginario popolare.3

Sarà solo dal Cinquecento che il fenomeno verrà accolto dalla società colta e dotta, che inizia ad analizzare a livello clinico questi casi, non più sporadici e provenienti da paesi lontani, ma sempre più presenti nella società dell’Europa rinascimentale.4 Gli studi più seri e specialistici di medici e chirurghi porteranno

così a cancellare quella che era stata una lunga tradizione di mistici, teologi, alchimisti, ciarlatani e teratologi interessati solo al dato fantastico e mostruoso.5

L’iconografia dell’ermafrodito quindi varia nel tempo in base a come esso viene percepito dalla società. Nell’antica Grecia Ermafrodito veniva rappresentato com’era stato descritto dalle Metamorfosi di Ovidio: un giovane ragazzo, non ancora adolescente, dai tratti delicati e dalle membra e i fianchi ben torniti, che

1 M. Eliade, Mefistofele e l’androgine, Ed. Mediterranee, Roma, 1965 2 L. Brisson, Le sexe incertain, Les belles lettres, Parigi, 1997 3 L. Daston, K. Park, Le meraviglie del mondo, Carocci, Roma, 2000

4 K. P. Long, Hermaphrodites in Renaissance Europe, Ashgate, Aldershot, 2006

5P. Scorani, Aldrovandi e la teratologia, in Animali e creature mostruose a cura di B. Antonino,

Federico Motta Editore, Roma, 2004

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presentava già una certa indeterminatezza, in quanto aveva in sé le caratteristiche sia del padre che della madre. A seguito della fusione con la ninfa Salmace, innamorata del giovane, esso si trasforma in un ibrido metà uomo e metà donna, dando origine al mito degli esseri bisessuati. Il giovane Ermafrodito, così, unitosi con la fanciulla, viene rappresentato nella parte inferiore come un uomo dal membro virile, mentre nella parte superiore come una fanciulla dai lunghi capelli, raccolti oppure che le cadono sul seno prosperoso.6 Questa può essere vista come

una rappresentazione più delicata e armoniosa rispetto alle immagini che verranno divulgate in epoche successive.

Dal Quattrocento l’ermafrodito non è più rappresentato come la divinità da cui prende il nome, ma come un mostro a due teste, con molteplici gambe e braccia e il segno dei doppi genitali. Questa immagine deve le sue origini non al mito narrato nelle Metamorfosi, ma al mito di Aristofane, scritto nel Simposio di Platone dove vengono raccontate le origini dell’uomo: una creatura sovrumana doppia, con quattro gambe, quattro braccia, due teste e doppi genitali; l’uomo così descritto nella sua interezza e perfezione venne poi tagliato a metà per volere di Zeus.7

L’immagine di questo essere mostruoso rispecchia le fantasie, ma anche la realtà, in quanto sono attestate, da descrizioni e disegni a stampa realizzate da medici, nascite prodigiose di creature con particolari malformazioni, tra le quali si annovera anche la bisessualità.8

La società non accoglierà mai questi uomini considerati diversi, si cercherà quindi di inserirli in una categoria a loro propria più facilmente accettabile: l’ermafrodito diventa androgino. L’androginia (e la ginandria) caratterizza quegli uomini e quelle donne che presentano tratti o troppo effeminati nei maschi o troppo virili delle femmine; scompare la componente bisessuale.

Anche nei dipinti di fine Settecento e inizio Ottocento, che prediligono tematiche mitologiche e si rifanno all’arte degli antichi, Ermafrodito non viene rappresentato con i canoni classici che lo distinguono. Il giovane è sempre raffigurato prima della trasformazione/fusione con la ninfa Salmace, ma presenta lo stesso una fisionomia e un portamento effeminato.

6 P. Ovidio Nasone, Metamorfosi IV, ed. cons. a cura di L. Galasso, G. Paduano, A. Perutelli, Torino,

Einaudi, 2000

7 Platone, Simposio, ed. cons. a cura di A. Taglia, Laterza, Bari, 1996

8 C. Gemma, De naturae divinis characterismis, Antverpiae : ex Officina Christophori Plantini, 1575

A. Paré, Mostri e Prodigi, Salerno Editrice, Roma, 1573

P. Boaistuau, Histoires prodigieuses, Fleuron, Paris-Geneve, 1560

U. Aldrovandi, Mostrorum Historia cum paralipomenis historiae omnium animalum, Bonona, 1696

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Nei dipinti, nelle sculture e nelle stampe di epoca neoclassica i soggetti prediletti sono giovani fanciulli che non hanno ancora raggiunto la pubertà e che quindi mantengono una struttura fisica ben tornita e i lineamenti morbidi, sinuosi, privi dei segni dell’età più matura.9 Secondo l’idea winckelmanniana che la

perfezione sta nei canoni di bellezza e grazia degli Antichi, tutti gli artisti si rifanno a un modello classico. I temi prediletti sono quelli di giovani come Antinoo, Bacco, Ganimede, Giacinto, Endimione ed Ermafrodito: tutti fanciulli nel fiore degli anni che appaiono effeminati nei modi, nelle posture e nella fisionomia.

L’effeminatezza è data da una crisi della mascolinità che colpisce gli anni a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo e che determina un cambiamento del gusto artistico. Al nudo eroico accademico degli eroi di Jacques-Louis David si prediligono figure alongée, sdraiate languidamente e caratterizzate da una linea ondulata, che rende i corpi fluidi e morbidi.10 Un esempio è Il sonno di Endimione

di Anne-Louis Girodet-Trioson (Parigi, 1791) che assurge a modello per ogni rappresentazione di nudo integrale.

L’obiettivo non era più la copia dal vero dei modelli dell’accademia, ma ricercare la bellezza, la grazia e il sublime rifacendosi all’antichità. Guardare all’antico per trovare il bello ideale. Per Winckelmann esso si trovava proprio in queste figure ambigue, né uomo, né donna ma entrambi. Non stiamo parlando di vero ermafroditismo, in quanto in queste figure non vi è veramente la natura di entrambi i sessi ma si tratta di immagini che trascendono il reale, per esistere in una dimensione idealizzata, estetizzata.11

Questa ricerca porta quindi a sottolineare come la tradizione iconografica dell’ermafrodito non sia lineare. L’esplosione dell’interesse per questo tema mitologico, che ha i suoi maggiori esempi nella statuaria di epoca classica, è assente per tutto il medioevo. Sarà solo con le stampe cinquecentesche e seicentesche dei trattati teratologici e medici che si ripresenterà l’ermafrodito, figura ormai stravolta dai pregiudizi e dalle superstizioni causate dalla paura che instilla questa creatura considerata mostruosa. La riabilitazione della figura dell’ermafrodito, androginizzato, si avrà in epoca neoclassica quando, a seguito dell’inizio degli scavi di Pompei ed Ercolano, pittori e scultori entrano in contatto con la produzione artistica ellenistica. Gli artisti si immergono in un passato pieno di sogni e di

9 A. Solomon-Godeau, Male Trouble. A crisis in representation, Oxford, 1993 10 M. Fend, Les limites de la masculinité, La Découverte, Berlin, 2003

11 J. J. Winckelmann, Storia dell’arte nell’antichità, Editore Boringhieri, Torino, 1961

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illusioni, sperano in un’utopia di perfezione, un’utopia incarnata dall’ermafrodito: un esempio di equilibrio perfetto, ma irraggiungibile ai comuni mortali. Per questo motivo l’ermafrodito incarna i desideri e le speranze di tutto il genere umano, illudendolo; la presa di coscienza della realtà e dell’impossibilità di raggiungere questa perfezione e questo equilibrio porteranno alla vera disillusione.12

12 C. Savettieri, Ingannare la morte. Anne-Louis Girodet e l’illusione dell’arte, Aesthetica Preprint,

Palermo, 2005

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