UNIVERSITA’ DI PISA
Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea Magistrale in
Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie Dir.: chiar.mo prof. S. Marchetti
“Inserimento della figura
professionale del fisioterapista nel
Pronto Soccorso”
Relatrice:
Candidata:
Dott.ssa Soo-‐kyung Strambi
Paolina Guiso
INDICE
Introduzione
v
CAPITOLO I. Il Pronto Soccorso
1
1.1 Cenni storici del triage
1
1.1.1 Esperienza americana
3
1.1.2 Esperienza inglese
4
1.1.3 Modello canadese
6
1.1.4 Esperienza australiana
7
1.1.5 Esperienza tedesca
8
1.2 Che cos’è il Pronto Soccorso
9
1.3 Il triage in Italia
11
1.4 Il triage muscolo-‐scheletrico all’estero
13
1.4.1 Cos’è il triage muscolo-‐scheletrico
13
1.4.2 Effettuazione del triage muscolo-‐scheletrico 14
1.4.3 Somministrazione del triage muscolo-‐
scheletrico
15
1.4.4 Scopo del triage muscolo-‐scheletrico
16
CAPITOLO II. Il Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliero-‐
Universitaria Pisana
19
2.1 Organizzazione del Pronto Soccorso dell’Azienda
Ospedaliero-‐Universitaria Pisana
19
2.2 Il percorso “Fast Track”
20
2.3 Il percorso “See and Treat”
21
CAPITOLO III. Il fisioterapista
23
3.1 Profilo professionale in Italia
23
3.2 Profilo professionale all’estero
25
3.2.1 Australia
25
3.2.2 Regno Unito
26
3.2.3 Canada
27
3.3 Ruolo del fisioterapista nel triage muscolo-‐scheletrico 28
3.3.1 Qualità percepita dal paziente
33
CAPITOLO IV. L’esperienza nel Pronto Soccorso dell’Azienda
Ospedaliero-‐Universitaria Pisana
37
4.1 Dati sugli accessi al Pronto Soccorso dell’Azienda
Ospedaliero-‐Universitaria Pisana nel 2015
37
4.2 Analisi dei dati sugli accessi per traumi muscolo-‐
scheletrici minori nel 2015
38
4.3 Osservazione diretta e raccolta dati
40
4.4 Analisi dei dati sui tempi d’attesa
44
CAPITOLO V. Discussione
46
5.1 Proposta di un triage muscolo-‐scheletrico
46
5.2 Analisi della letteratura
47
5.3 Differenze rispetto al “See and Treat”
50
5.4 Soddisfazione del paziente e dell’équipe
52
5.5 Costi
53
5.6 Tempi di attesa
53
5.7 Identificare il ruolo del fisioterapista
54
5.8 Indagini strumentali ed eventi avversi
55
CAPITOLO VI. Conclusioni
57
Allegati
60
Allegato 1. Decreto Ministeriale n. 741/94
60
Allegato 2. Ottawa Knee Rules
64
Allegato 3. Ottawa Ankle Rules
65
Bibliografia e sitografia
66
Tabelle, grafici e figure
Tabella 1. Vantaggi del triage muscolo-‐scheletrico eseguito dal
fisioterapista.
18
Tabella 2. Colori dei Codici di Priorità.
20
Tabella 3. Casistica di 10 pazienti con trauma muscolo-‐
scheletrico minore.
42
Grafico 1. Accessi al Pronto Soccorso nel 2015.
38
Grafico 2. Traumi muscolo-‐scheletrici.
39
Grafico 3. Traumi minori agli arti inferiori (ginocchio, caviglia,
piede).
41
Grafico 4. Tempo d’attesa medio di un paziente.
45
Figura 1. Il percorso assistenziale del paziente
45
Figura 2. Punti di repere del ginocchio.
47
Figura 3. Punti di repere della caviglia e del piede.
47
Introduzione
Il Pronto Soccorso (P.S.) è un’unità operativa dell’ospedale, caratterizzata nel fare assistenza alla persona in emergenza. Questo implica che abbia spazi dedicati, con un pool di figure professionali multidisciplinari capaci di risolvere, nel minor tempo possibile, le criticità che presenta la persona. Infatti, l’accesso non avviene sulla base dell’ordine di arrivo, ma sulla gravità delle condizioni cliniche, che viene valutata da personale dedicato ed esperto. Questa organizzazione assistenziale deve garantire prestazioni con funzioni di rianimazione, osservazione e breve degenza (O.B.I.) e, contemporaneamente, deve assicurare interventi diagnostico-‐terapeutici di medicina generale, chirurgia generale, ortopedia e traumatologia, cardiologia con Unità di Terapia Intensiva Cardiologica (U.T.I.C.). Sono inoltre assicurate le prestazioni di laboratorio di analisi chimico-‐cliniche e microbiologiche, di diagnostica per immagini e trasfusionali.
Quindi il P.S. si presenta come un’aggregazione funzionale di unità operative che mantengono la propria autonomia e responsabilità clinico-‐assistenziale, ma che riconoscono la propria interdipendenza adottando un comune codice di comportamento assistenziale, al fine di assicurare, in collegamento con le strutture operanti dello stesso ospedale o sul territorio, una risposta rapida e completa.
L’importanza di ricorrere ad un efficace processo di valutazione dei pazienti deriva dal bisogno di razionalizzare ed ottimizzare l’intervento medico e di disporre di un sistema, sufficientemente flessibile, in grado di assicurare un’adeguata selezione dei pazienti in attesa, in relazione
all’urgenza dell’assistenza necessaria. Il sistema più efficace per la valutazione del paziente è stato ormai individuato nel P.S..
Ma tutt’oggi c’è ancora, in alcune realtà nazionali, l’esigenza di migliorare il servizio sanitario, pur rispettando i criteri di efficienza ed economicità. In molte aziende sanitarie, questa organizzazione ha portato ad esplorare nuove soluzioni d’impiego delle risorse umane, rispondendo alla necessità di una maggiore flessibilità dei diversi ruoli professionali.
Il Dipartimento d’Emergenza e Accettazione (D.E.A.) è tradizionalmente gestito da medici ed infermieri. In alcuni paesi, come Gran Bretagna, Australia, Canada e Stati Uniti, nel D.E.A. è stato inserito anche il fisioterapista. Quest’ultimo, nell’ambito di tale organizzazione, ha il ruolo di ridurre ad esempio i tempi di attesa della visita e della valutazione medica. Alcuni autori riportano esperienze positive riguardo alla figura professionale del fisioterapista nell’assistenza del paziente, ad esempio la soddisfazione dei pazienti, il tempo d’attesa, il tempo di permanenza, il tempo di trattamento, un minore numero di immagini radiografiche, una migliore performance nel raggiungimento dei target di efficienza. Il tutto senza incrementare il numero di eventi avversi [1-‐ 5].
Nei Paesi sopracitati il ruolo del fisioterapista ha delle competenze diverse e certamente non trascurabili, rispetto a quello italiano, a partire, ad esempio, da una maggiore autonomia. Ciò nonostante, può essere istruttivo vedere come si sono comportati gli altri sistemi sanitari di fronte a problemi come: il conflitto riguardo alla conservazione o all’espansione dei ruoli che identificano la figura del fisioterapista; i confini tra competenze mediche e non; le questioni medico-‐legali da affrontare per avviare un tale cambiamento [6].
Attualmente in Italia non risulta sia stata introdotta la presenza della figura professionale del fisioterapista in un P.S. per la gestione dei traumi minori. Qui vi si accede per situazioni di emergenza e urgenza, ma in realtà, spesso, l’afflusso maggiore è quello dei pazienti non urgenti, i quali, per la natura stessa del triage, incorrono nelle attese più lunghe.
La formazione del fisioterapista in Italia avviene con la laurea triennale che abilita alla professione. Durante la formazione universitaria triennale si svolge il tirocinio in tutti i reparti ospedalieri, tranne che nel P.S..
In questa tesi ho cercato di indagare l’utilità o meno della figura professionale del fisioterapista nel P.S. Questo mi ha portato a fare un’analisi delle varie fasi del percorso dei pazienti con trauma ortopedico non urgenti dell’arto inferiore (ginocchio, caviglia, piede), allo scopo di valutare se e dove potrebbe essere d’aiuto l’inserimento del fisioterapista.
CAPITOLO I
Il Pronto Soccorso
1.1 Cenni storici del Triage
Il triage sanitario si è sviluppato dalla necessità di determinare una priorità di cura tra i soldati feriti nei campi di battaglia. Il concetto di dare una priorità a certi feriti che più avrebbero beneficiato di un intervento tempestivo si affermò in Francia nei primi anni del XIX secolo.
La stessa parola triage deriva dal francese “trier” che significa smistare. Nel secolo successivo questa pratica fu sviluppata negli eserciti di tutto il mondo; il risultato fu che molti feriti si salvarono per interventi chirurgici tempestivi, intensivi e necessari.
Durante la prima guerra mondiale il miglior outcome dei feriti di guerra fu attribuito ad un triage appropriato.
La ricerca di letteratura ha evidenziato che il triage venne praticato per la prima volta in ambito sanitario durante le guerre napoleoniche, quando il capo chirurgo dell’ospedale da campo dell’armata francese, il barone Jean Dominique Larrey, organizzò i primi soccorsi ai soldati feriti sul campo e scelse di soccorrere per primi quelli che avevano subito lesioni meno gravi ed erano quindi più rapidamente recuperabili per la battaglia. E’ questa la prima volta nella storia che un sanitario opera delle scelte per stabilire le priorità di trattamento sulla base di criteri definiti, superando la casualità dettata dall’ordine di arrivo degli infortunati.
In seguito la pratica del triage si diffuse in ambito bellico con caratteristiche sempre più evolute e perfezionate (metodo di applicazione e sua organizzazione) e contribuì notevolmente a migliorare i sistemi di soccorso sanitario.
Successivamente ritroviamo l’applicazione del triage nella medicina delle catastrofi e nelle maxi emergenze dove, in caso di calamità occorre effettuare una rapida valutazione della situazione e una selezione dei pazienti, in modo da rendere utilizzabili le risorse disponibili nel modo più efficace possibile, stabilendo priorità di trattamento e di evacuazione.
Il concetto di TRIAGE intraospedaliero nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni ’50 e primi anni ’60. La necessità di introdurre tale sistema fu motivata dall’analisi di due situazioni che si stavano verificando nei dipartimenti di emergenza: l’aumento progressivo del numero di pazienti trattati in P.S. e contemporaneamente l’incidenza sempre più elevata di casi non urgenti.
Si iniziò a parlare, quindi, di sovraffollamento dei P.S. e nacque l’esigenza di realizzare l’attività di triage per razionalizzare i tempi di attesa in funzione delle necessità dei pazienti, superando il precedente criterio di ordine di arrivo ed evitando che persone in gravi condizioni si allontanassero senza essere visitate.
Gli statunitensi Grossman W.G.A. ed Arne J.F. (1999), descrivendo la situazione degli ospedali americani negli anni sessanta, individuarono come cause di sovraffollamento del P.S. cinque ordini di fattori: l’aumento della richiesta di cure non urgenti, l’aumento dei pazienti senza altre possibilità di accesso al sistema sanitario, l’incremento della popolazione con patologie acute o croniche con frequenti riacutizzazioni, il negativo impatto dell’ uso di droghe e l’aumento dell’
incidenza di crimini violenti e traumi, tutto ciò indusse ad attivare sistemi di triage [7].
Anche indagini più recenti hanno confermato l’esistenza del problema: lo statunitense Derlet R.W. (2000), analizzando la realtà americana alle soglie del 2000, ha individuato fra le cause di sovraffollamento dei P.S.: l’aumento del numero di accessi, la crescente complessità e gravità delle patologie dei pazienti legata all’invecchiamento, la carenza di posti letto, la valutazione ed il trattamento intensivi finalizzati alla riduzione dei ricoveri, la carenza di spazi fisici e di operatori, le difficoltà culturali e di linguaggio, la complessità del carico amministrativo, la difficoltà a predisporre un percorso di cura successivo [8]. Lo stesso studio ha evidenziato le conseguenze del sovraffollamento quali: il prolungamento delle attese e delle situazioni di disagio e di dolore, l’insoddisfazione degli utenti e degli operatori, lo scadimento della qualità delle prestazioni, l’aumento degli episodi di violenza e di problemi medico-‐legali, la chiusura temporanea ed il reindirizzo delle ambulanze ad altri P.S..
1.1.1 Esperienza americana
Il modello di triage degli Stati Uniti è stato sicuramente fra i più significativi ed ha ispirato lo sviluppo dei sistemi di triage in molte nazioni fra cui l’Italia.
A differenza di quanto ci si possa attendere, negli USA non si è diffuso e costituito un unico e standardizzato modello di triage, ma le differenti esperienze hanno contribuito a realizzare una situazione alquanto eterogenea sia nei metodi che nei sistemi di valutazione e codifica.
Una ricerca eseguita dall’Emergency Nurses Association (E.N.A.) nel 2001 ha evidenziato come nei P.S. con triage attivo, nell’89% dei casi era un infermiere ad attuare il triage, mentre negli altri le scelte erano state diverse (paramedici, medici, altri operatori); nel 12% dei Dipartimenti di Emergenza e Accettazione (D.E.A.) non era utilizzato alcun sistema di classificazione delle urgenze.
Nella stessa ricerca si è affermato che nei 2/3 dei P.S. americani è stato utilizzato un sistema a soli tre livelli di priorità (Emergenza, Urgenza, non Urgenza), mentre alcune indicazioni governative riportano come efficace il modello a quattro livelli di priorità (Emergenza, Urgenza, semi-‐Urgenza e non-‐Urgenza).
Gli obiettivi di miglioramento dell’uso del triage più significativi per il sistema americano sono quelli di:
• ridurre i tempi di attesa dei pazienti per la valutazione di triage e per
l’attesa della visita medica;
• aumentare la consistenza e l’accuratezza della categorizzazione di
triage;
• implementare sistemi di rivalutazione dei pazienti in attesa;
• definire un modello comune e adottare un sistema di codifica
uniforme in tutti i D.E.A..
•
1.1.2 Esperienza inglese
Il Triage nel Regno Unito ha avuto inizio 20 anni fa mutuando dagli USA alcuni sistemi di selezione e valutazione dei pazienti per dare priorità d'accesso agli utenti in P.S.. Tuttavia il sistema non era diffusamente applicato e la sua pratica non era uniforme; le decisioni prese in Triage variavano da un'unità operativa all'altra e da un infermiere all'altro. La
“Carta dei diritti del paziente”, pubblicata nel 1992, fra altri indicava un obiettivo particolarmente rilevante per il PS: “tutti i pazienti saranno accolti e valutati entro cinque minuti dall'arrivo”. Per mettere in pratica questa direttiva governativa, la valutazione del triage fu ridotta a una prima valutazione rapida dall'infermiere di triage, che fu etichettato "infermiere hello". Questo standard aveva poco a che fare con la qualità del servizio ma spinse molti D.E.A. a introdurre una qualche forma di valutazione rapida. Negli ultimi dieci anni tale dipartimento ha subìto un incremento del numero degli utenti e della loro gravità. Per gestire questo variato ed imprevedibile carico di lavoro fu proposto un sistema formale per la gestione dell’accettazione del paziente. Un gruppo di medici ed infermieri specializzati in emergenza hanno sviluppato un modello, chiamandolo, dalla città dove prese origine, Manchester Triage System (M.T.S.), che fu pubblicato nel 1997 e che diventò successivamente il sistema di triage adottato in tutto il Regno Unito. Tale sistema, finalizzato ad assicurare delle decisioni standardizzate e basate sulle priorità dei pazienti, attraverso un numero definito di sintomi che si possono presentare all’infermiere di Triage, si compone di diagrammi di flusso con elementi decisionali generali e specifici. Il M.T.S., oltre a elaborare il modello di triage globale per le realtà europee, offre uno standard di valutazione e di assegnazione delle priorità cliniche. Questo sistema ha permesso ai P.S. inglesi di mettere a confronto l’attività dei singoli operatori tra loro ed in rapporto agli standard previsti.
Nel Regno Unito le indicazioni normative più recenti sono arrivate fino alla determinazione dei tempi massimi per l’intero processo di permanenza in P.S., determinando forti ricadute sulle modalità organizzative e di gestione dei percorsi nei D.E.A.
1.1.3 Modello canadese
In Canada, il Triage è una parte essenziale nella valutazione del paziente in casi di emergenza.
Lo sviluppo storico del triage e della scala di gravità canadese “Canadian Triage Acuity Scale“ (C.T.A.S.) fu generata dalla necessità di migliorare e standardizzare il triage a livello nazionale. Prima di questo lavoro le scale di triage in uso non erano affidabili ed era sentito il bisogno di aumentare l’attendibilità delle scale di valutazione. Il vecchio sistema di triage non si focalizzava sul paziente ma aveva variazioni nelle definizioni e nelle applicazioni che venivano interpretate in diversi modi dagli operatori.
Nel 1995, il Gruppo Nazionale di Triage Canadese, formato da medici ed infermieri, partendo dalle scale di triage australiane, attraverso un lavoro di adattamento al contesto canadese e l’aggiunta di una scala di valutazione del dolore, ha sviluppato il C.T.A.S.. E’ una valutazione che prevede una scala a cinque livelli di priorità definiti come segue: -‐ livello 1 rianimazione -‐ livello 2 emergenza -‐ livello 3 urgenza -‐ livello 4 urgenza minore -‐ livello 5 non urgenza; per ogni livello è definito il limite di tempo massimo entro il quale il paziente deve essere visitato.
Ottenuta la validazione delle maggiori associazioni scientifiche dell’emergenza del Canada (le due associazioni, anglofona e francofona, dei medici d’emergenza e la Società Nazionale degli Infermieri di Emergenza) il C.T.A.S. fu pubblicato nel 1999 e divenne il modello di riferimento nazionale.
Nel 2001 lo stesso gruppo di lavoro ha presentato le linee-‐guida specifiche per l’età pediatrica.
La “valutazione infermieristica primaria” è il momento in cui il paziente riceve una prima valutazione e viene inviato in un’area di trattamento. I tempi previsti per l’inizio del trattamento sono: livello 1 accesso immediato, livello 2 accesso immediato dopo il livello 1, livello 3 entro 30 minuti, livello 4 entro 60 minuti e livello 5 entro 120 minuti. Il C.T.A.S. è stato oggetto di numerose verifiche e studi che riguardano l'attendibilità della scala omonima, i quali dimostrano eccellenti tassi di accordo fra medici e infermieri che la usano.
Il C.T.A.S. ha ricevuto un'estesa approvazione in tutto il Canada, è stato adottato nei dipartimenti d'emergenza di ogni provincia ed è ormai un elemento obbligatorio, previsto nei requisiti minimi dei D.E.A. canadesi. Attualmente si sta diffondendo il suo utilizzo anche tra gli operatori non infermieri delle ambulanze, è infatti allo studio l’ipotesi di adottare un unico modello di triage sia nel soccorso territoriale che nelle realtà ospedaliere.
Il C.T.A.S. è un processo dinamico che viene rivalutato ogni anno dal Gruppo Nazionale di Triage Canadese.
1.1.4 Esperienza australiana
L’Australasian Triage Scale (A.T.S.), approvata nel 1995 ed utilizzata in tutta l’Australia e la Nuova Zelanda, è caratterizzata principalmente dalla stima dell’urgenza clinica e prevede un sistema di codici su cinque livelli.
L’A.T.S. richiede che infermieri diplomati specificatamente addestrati pratichino il triage di tutti i pazienti al loro arrivo in P.S., determinando categorie di triage in modo da completare la frase: “Questo paziente deve aspettare per la valutazione e il trattamento medico non più di ....
minuti” . Per ogni categoria di triage viene indicato infatti un massimo di tempo che può trascorrere prima del trattamento: per ciascun codice è indicato anche il criterio di performance accettabile.
La valutazione richiede da due a cinque minuti; gli infermieri rilevano i segni vitali e altri dati ritenuti significativi a seconda del sintomo principale del paziente. Vengono anche fornite precise indicazioni sulle condizioni sintomatologiche più frequenti ed il relativo codice consigliato. Una valutazione accurata del sistema dimostra un alto grado di affidabilità.
1.1.5 Esperienza tedesca
Il triage infermieristico in P.S. è ancora quasi inesistente nei paesi di lingua tedesca (Germania, Austria, Svizzera).
Le motivazioni di questa situazione risiedono nel fatto che il sovraffollamento non è un problema particolarmente sentito. In queste realtà, infatti, i medici mutualisti coprono un’ampia fascia di prestazioni a livello ambulatoriale, lavorando con orari lunghi ed in studi associati. Inoltre, esiste una vasta rete di specialisti sul territorio i quali inviano i pazienti con richiesta di ricovero in ospedale solo quando ne valutano la necessità, inoltre il servizio di guardia medica è ben funzionante.
Tutta questa serie di fattori fa sì che gli accessi alle strutture di P.S. siano limitati ai soli casi urgenti e che gli accessi impropri siano numericamente molto esigui.
Nonostante tutti questi aspetti positivi che consentono ancora di evitare un aumento dei pazienti così significativo come in Italia, negli ultimi anni si sta diffondendo un malcontento, da parte sia dei pazienti sia del personale ospedaliero, riguardo a numerosi aspetti organizzativi
e gestionali. Per questo motivo in alcune realtà si comincia a sentire la necessità di un sistema di triage infermieristico.
1.2 Che cos’è il Pronto Soccorso
Il Ministero della Salute definisce il P.S. o D.E.A. il luogo in cui si svolgono attività di accettazione per i casi elettivi e programmati; per i casi che si presentano spontaneamente e non rivestono carattere di emergenza-‐urgenza; per i soggetti in condizioni di urgenza differibile; per i soggetti in condizione di urgenza indifferibile; e per i soggetti in condizione di emergenza. Presso tali servizi sono assicurati gli accertamenti diagnostici e gli eventuali interventi necessari per la soluzione del problema clinico presentato. Nei casi più complessi sono garantiti gli interventi necessari alla stabilizzazione del paziente e l'eventuale trasporto ad un ospedale in grado di fornire prestazioni specializzate, sotto il coordinamento della Centrale operativa.
Il D.E.A. rappresenta un’aggregazione funzionale di unità operative che mantengono la propria autonomia e responsabilità clinico-‐assistenziale, ma che riconoscono la propria interdipendenza adottando un comune codice di comportamento assistenziale, al fine di assicurare, in collegamento con le strutture operanti sul territorio, una risposta rapida e completa.
I D.E.A. afferiscono a due livelli di complessità, in base alle Unità Operative che li compongono: D.E.A. di I e II livello. Un ospedale, sede di D.E.A. di I Iivello garantisce, oltre alle prestazioni fornite dagli ospedali sede di P.S., anche le funzioni di osservazione e breve degenza, di rianimazione e, contemporaneamente, deve assicurare interventi diagnostico-‐terapeutici di medicina generale, chirurgia generale,
ortopedia e traumatologia, cardiologia con U.T.I.C. Sono inoltre assicurate le prestazioni di laboratorio di analisi chimico-‐cliniche e microbiologiche, di diagnostica per immagini e trasfusionali.
Un Ospedale sede di D.E.A. di II Iivello, invece, oltre alle prestazioni fornite dal D.E.A. I livello, assicura le funzioni di più alta qualificazione legate all’emergenza, tra cui Cardiochirurgia, Neurochirurgia, Terapia Intensiva Neonatale, Chirurgia Vascolare, Chirurgia Toracica, secondo le indicazioni stabilite dalla programmazione regionale.
Altre componenti di particolare qualificazione, quali le unità per Grandi Ustionati, le Unità Spinali ove rientranti nella programmazione regionale, sono collocati nei D.E.A. di II livello, garantendone in tal modo un’equilibrata distribuzione sul territorio nazionale ed una stretta interrelazione con le centrali operative delle regioni. Attualmente un tipico dipartimento d’emergenza si trova solitamente all’interno dell’ospedale, ma ha un ingresso proprio, per facilitare la rapidità d’accesso. Parte centrale del P.S. è la “Rianimazione” o il “Trauma Centre”. Qui vi accedono i pazienti in pericolo di vita, che hanno bisogno immediato di cure. In quest’area tipicamente si trovano almeno un medico e almeno due infermieri specializzati in tecniche di rianimazione. I pazienti che, invece, presentano condizioni meno gravi, non in pericolo di vita imminente, vengono reindirizzati all’area dell’ospedale più consona ai loro bisogni. Per esempio aree dedicate alla traumatologia ortopedica o ai traumi minori. Tra questi s’includono anche pazienti con fratture, lussazioni, ferite o pazienti che necessitano di sutura. Alcuni dipartimenti di P.S. hanno al loro interno anche un’area pediatrica e un’area psichiatrica. Ogni cittadino può recarsi al P.S. senza appuntamento, in qualsiasi momento. Data la natura intrinseca del P.S. per cui non c’è una pianificazione degli accessi:
spesso, soprattutto in determinate fasce orarie, si creano dei picchi di sovraffollamento che possono rallentare il percorso del paziente. In alcuni paesi, come in Italia, l’accesso al P.S. è gratuito, pertanto riceve anche afflussi di pazienti non urgenti, che non possono permettersi di accedere alle cure mediche a pagamento.
1.3 Il triage in Italia
Il triage è svolto da personale infermieristico esperto e specificatamente formato che, valutando i segni e i sintomi del paziente, calcola il Glasgow Coma Scale (G.C.S.), individua la motivazione principale che ha portato il paziente a presentarsi all’ospedale, identifica le condizioni potenzialmente pericolose per la vita ed attribuisce un codice di gravità al fine di stabilire le priorità di accesso alla visita medica. L'infermiere, presente nella zona di accoglimento del P.S., opera sotto la supervisione del medico e secondo protocolli predefiniti e approvati dal responsabile del D.E.A. In seguito alla valutazione del triage, il paziente viene inviato al reparto più idoneo, dove dovrà attendere il suo turno in base alla gravità delle sue condizioni. Altrimenti, se presenta una condizione risolvibile facilmente, viene trattato direttamente dal personale del triage.
L’applicazione del triage è motivata dall’aumento progressivo degli utenti che vi afferiscono, soprattutto di casi non urgenti. Tale metodo consente di razionalizzare i tempi di attesa in funzione delle necessità dei pazienti, utilizzando quale criterio di scelta le condizioni cliniche degli stessi e non il criterio dell’ordine di arrivo.
A livello ospedaliero, in Italia la funzione di triage è attivata nelle unità operative di P.S. ed accettazione che hanno oltre 25.000 accessi per
anno e nei presidi che, pur essendo al di sotto dei 25.000 accessi, si trovano ad operare in condizioni di flussi periodicamente elevati ed irregolari, per esempio in caso di turismo stagionale, fiere o manifestazioni.
L'attività del triage si articola in più fasi, la prima è l’accoglienza, dove il paziente viene registrato nel sistema informatico, vengono raccolti i dati e l’eventuale documentazione medica, le informazioni da parte di familiari o soccorritori e si rilevano i parametri vitali. A questo punto l’infermiere assegna un codice di gravità al paziente, in analogia con i criteri definiti dal decreto del Ministero della Sanità del 15 maggio 1992, articolati in quattro categorie ed identificati con i seguenti codici-‐ colore:
o rosso. Molto critico, pericolo di vita, priorità massima, accesso
immediato alle cure;
o giallo. Mediamente critico, presenza di rischio evolutivo, possibile
pericolo di vita;
o verde. Poco critico, assenza di rischi evolutivi, prestazioni differibili; o bianco. Non critico, pazienti non urgenti.
Durante l’attesa della visita medica le condizioni cliniche dei pazienti possono migliorare o peggiorare: è quindi parte integrante dell’intero processo di triage la rivalutazione periodica della congruità dei codici-‐ colore assegnati.
Il Ministero della Salute raccomanda che è bene utilizzare i servizi del P.S. per problemi urgenti e non risolvibili dal medico di famiglia, dal pediatra di libera scelta o dai medici della continuità assistenziale (guardia medica), poiché un corretto utilizzo delle strutture sanitarie evita disservizi per le strutture stesse e per gli altri utenti.
Molti cittadini utilizzano il P.S. come riferimento primario in caso di necessità, anche se la motivazione non è urgente, bypassando l’assistenza sanitaria territoriale. In ogni caso nei giorni festivi le figure suddette non sono operative, pertanto, tutti i cittadini che ne hanno bisogno affluiscono esclusivamente al P.S..
1.4 Il triage muscolo-‐scheletrico all’estero
1.4.1 Cos’è il triage muscolo-‐scheletrico
La valutazione delle patologie dell’apparato muscolo-‐scheletrico in letteratura prende il nome di “triage muscolo-‐scheletrico”. Sono state ideate nuove metodiche di erogazione dei servizi di cura che spesso vengono definite come “triage”. Esistono varie definizioni e descrizioni di triage muscolo-‐scheletrico, tanto che in letteratura ad oggi non è stato identificato un metodo di valutazione omogeneo e standardizzato. Infatti, recenti studi hanno evidenziato la necessità di standardizzare la definizione di triage muscolo-‐scheletrico per assicurare processi, procedure e risultati di qualità (best-‐practice) [4].
Similmente al triage infermieristico, che serve a mettere il paziente in una classifica di priorità, anche il triage muscolo-‐scheletrico serve a valutare la gravità di un paziente che si presenta, però, con una condizione che interessa esclusivamente l’apparato muscolo-‐ scheletrico. A volte, tale triage viene citato anche come triage “ortopedico”. Per chiarire il significato di questi termini è bene darne la definizione. L’Ortopedia è la branca della medicina che si occupa dei disturbi all’apparato muscolo-‐scheletrico e che si occupa di riparare le deformità di tali parti del corpo con la chirurgia. L’aggettivo muscolo-‐
scheletrico, invece, si riferisce a ciò che concerne i muscoli e lo scheletro e non implica il concetto di chirurgia o di medicina.
Il triage muscolo-‐scheletrico è stato già sperimentato e viene utilizzato da diversi anni in alcuni sistemi sanitari britannici, ma anche quelli canadesi e australiani. Tale triage è un’alternativa all’esistente servizio ospedaliero per acuti, finalizzato alla valutazione e al trattamento di patologie muscolo-‐scheletriche nell’ambito delle cure ambulatoriali (primary care). Tuttavia, è presente anche nel D.E.A..
Lo scopo del triage muscolo-‐scheletrico è di inviare il paziente nel posto giusto avendo già completato tutti i test necessari, prima di essere visitato dallo specialista più appropriato.
Nei paesi in cui il triage muscolo-‐scheletrico è già presente, la valutazione e la gestione dei pazienti avviene sempre più frequentemente nell’interfaccia tra cure primarie e secondarie ed è eseguita da team multidisciplinari che si occupano sia del triage che del trattamento [9].
Il triage è il processo tramite cui si determina il pacchetto di cura per il paziente basandosi sulla gravità e sulla natura della loro condizione allo scopo di ottimizzare la cura e utilizzare le risorse nel miglior modo possibile. L’efficacia di tali servizi innovativi è soggetto di un crescente interesse, sia in termini di qualità di erogazione dei servizi, che di appropriatezza delle visite richieste e delle soddisfazioni del paziente.
1.4.2 Effettuazione del triage muscolo-‐scheletrico
Il contesto dove più frequentemente viene adottato il triage muscolo-‐ scheletrico è l’ambulatorio, sia sul territorio che all’interno del dipartimento d’emergenza. In Gran Bretagna hanno già iniziato ad
assistere i pazienti con patologie muscolo-‐scheletriche al di fuori dal P.S. in strutture appositamente create per accogliere questa tipologia di pazienti, chiamate “Musculoskeletal Clinical Assessment Treatment Service” (M.C.A.T.S.), ovvero un servizio di valutazione clinica e trattamento immediato per problemi muscolo-‐scheletrici [9]. Questo servizio ha lo scopo di fornire al paziente un servizio di rapida valutazione clinica, per facilitare il suo accesso al trattamento, migliorare l’efficienza e ridurre l’eccesso di visite mediche specialistiche non necessarie o inappropriate.
1.4.3 Somministrazione del triage muscolo-‐scheletrico
Essendo uno strumento di valutazione di patologie muscolo-‐ scheletriche, in Gran Bretagna il triage viene utilizzato dagli ortopedici e dai fisioterapisti e talvolta anche dai Medici di Medicina Generale (“General Practitioner”), sul territorio. Alcuni studi hanno mostrato che il triage può essere somministrato anche da altre figure delle professioni sanitarie, purché siano formate adeguatamente [4]. In questo modo, soprattutto nel contesto dell’ambulatorio e del territorio, si accelerano i tempi di attesa del paziente. Infatti, in molti casi il triage muscolo-‐scheletrico viene effettuato da figure professionali non mediche, adeguatamente formate al compito, per abbreviare i tempi d’attesa del paziente e in modo tale che il medico specialista – in genere ortopedico -‐ possa dedicare più tempo ai casi più complessi. Alcuni professionisti sanitari hanno la facoltà di decidere quali pazienti mettere in lista per la chirurgia.
Hussenbux A. et al (2015), in Gran Bretagna, hanno visto che la maggioranza dei pazienti (72%-‐97%) può essere gestita interamente da
professionisti paramedici con una conseguente riduzione del 20%-‐60% delle visite specialistiche ortopediche e un significativo miglioramento dei sintomi riportati dal paziente. Le problematiche che più frequentemente vengono rinviate allo specialista per cure secondarie sono quelle di ginocchio (35%-‐56%), supportate da indagini strumentali, quali più frequentemente la radiografia (5%-‐23%) o la risonanza magnetica. E’ stato osservato che le decisioni cliniche dei fisioterapisti e la loro accuratezza nel reindirizzare il paziente al medico specialista sono comparabili ai medici nel 68%-‐96% dei casi.
1.4.4 Scopo del triage muscolo-‐scheletrico
In Australia e Gran Bretagna gli ospedali e i dipartimenti della sanità hanno iniziato a sperimentare nuovi modelli di cura per andare incontro alla crescente richiesta di servizi per pazienti con patologie muscolo-‐ scheletriche (o ortopediche) croniche. Questi modelli includono nuovi percorsi di cura che cambiano il tradizionale modello di cura. L’obiettivo comune di tali iniziative è di fornire appuntamenti con professionisti appropriati in tempi brevi, direzionare i pazienti verso il percorso di cura per loro ottimale, agevolare il flusso delle visite mediche specialistiche, minimizzando gli sprechi di tempo nelle liste d’attesa. Tuttavia le riforme del personale professionale che sono state fatte fino ad ora, sono state guidate da singoli amministratori di dipartimento o da singole aziende, per cui è comprensibile che ci siano notevoli variazioni sul metodo d’erogazione e sulla struttura utilizzata.
Morris J.H. et al (2015) hanno fatto una review per sintetizzare tutte le informazioni presenti in letteratura fino al 2014 riguardo al triage muscolo-‐scheletrico, allo scopo di fornire una base di conoscenze per le
aziende ospedaliere che volessero sperimentare innovativi percorsi di triage muscolo-‐scheletrico o revisionare i servizi già esistenti. E’ stato rilevato che il triage viene usato soprattutto per abbattere l’attesa per le visite specialistiche, tramite una sorta di processo di screening.
Lo scopo del triage è di abbattere i lunghi tempi di attesa per una visita e indirizzare i pazienti allo specialista più appropriato per la sua cura. E’ una strategia di gestione delle liste d’attesa per andare incontro alle necessità organizzative di un’azienda o per raggiungere specifici target governativi. Inoltre, è stato riportato che il triage serve a incrementare l’efficacia e la qualità del servizio (best-‐practice) [4]. Una componente fondamentale è quella di fare uno screening dei pazienti per decidere se trattarli in maniera conservativa o chirurgica. In alcuni casi il triage include la richiesta e l’interpretazione d’indagini strumentali e, talvolta anche la somministrazione di un trattamento, incluse medicazioni o infiltrazioni. Solitamente le aree dei problemi più frequenti sono: anca, spalla, ginocchio e colonna vertebrale.
Il triage, laddove è già in uso, ha dimostrato di essere un valido strumento per fornire ai pazienti un servizio efficace ed efficiente a costi ridotti e ha comprovato la sua capacità di snellire le liste d’attesa dell’Ortopedia, salvando tempo al medico e oltretutto migliorando il percorso del paziente. L’aspetto più critico e discusso, è la valutazione della capacità del fisioterapista di fornire autonomamente trattamenti, richiedere e interpretare le immagini e di conseguenza dare prescrizioni [4].
Hussenbux A. et al (2015) hanno cercato di riassumere l’evidenza presente attualmente in letteratura per fornire una guida agli amministratori delle aziende ospedaliere che volessero provare ad implementare nuovi servizi simili.
Complessivamente, l’introduzione di questo servizio (M.C.A.T.S.), nel Regno Unito, ha portato ad una riduzione degli ingressi alle cure secondarie. Il “Targeted Early Access to Musculoskeletal Services” (T.E.A.M.S.) è un processo che ha permesso l’accesso precoce e mirato ai servizi per problemi muscolo-‐scheletrici, portando ad un incremento del 116% delle visite specialistiche appropriate. Il tasso di conversione in chirurgia è rimasto uguale (37%), mentre si sono ridotte notevolmente le liste d’attesa per la chirurgia ortopedica (da 50 settimane a 5 settimane di attesa). Uno studio simile ha riportato una riduzione delle visite specialistiche ortopediche del 60% e di quelle reumatologiche del 40% [9]. Riduzione probabilmente dovuta alla maggiore educazione fornita al paziente e ad una maggiore comunicazione di soluzioni di auto-‐gestione a domicilio durante il servizio di valutazione e trattamento muscolo-‐scheletrico (Tab. 1).
Qualità della cura Miglioramento dell’outcome clinico del paziente Qualità del servizio Maggiore soddisfazione degli utenti
Efficienza Percorso assistenziale del paziente reso più scorrevole Collaborazione tra professionisti dell’Az Osp e del territorio (ASL, Centri Privati e convenzionati)
Tempi di attesa diminuiti per i pazienti con traumi muscolo-‐scheletrici
Medicina d’iniziativa Preparare il cittadino allo spostamento dal setting acuto del PS a quello ambulatoriale sul territorio (in linea con il progetto di passare dalla medicina d’attesa alla medicina di iniziativa)
Tabella 1. Vantaggi del triage muscolo-‐scheletrico eseguito dal fisioterapista.
Risultati aspettati dall’introduzione di un servizio di triage muscolo-‐scheletrico.
CAPITOLO II
Il Pronto Soccorso
dell’Azienda Ospedaliero-‐Universitaria Pisana
2.1 Organizzazione del Pronto Soccorso dell’Azienda
Ospedaliero-‐Universitaria Pisana
Il P.S. si occupa della diagnosi, del trattamento e della stabilizzazione di ogni paziente che si presenti in condizioni critiche o che manifesti condizioni cliniche tali da richiedere un trattamento d’emergenza o d’urgenza. Vengono accettati, valutati e trattati anche pazienti con problematiche inquadrabili come urgenze soggettive e con problematiche non urgenti. Queste ultime costituiscono una percentuale sempre crescente e rappresentano in ogni caso la maggioranza degli accessi. Esistono diversi percorsi per i pazienti non urgenti che si presentano in P.S. nell’Azienda Ospedaliero-‐Universitaria Pisana (A.O.U.P.), che al triage hanno ricevuto un codice colore verde, azzurro o bianco.
Attualmente sono presenti tre ambulatori attivi, dalle 9:00 alle 20:00, nei giorni feriali; di notte e nei giorni festivi ne sono aperti solo due. E’ presente una Shock Room per la gestione delle situazioni d’emergenza nelle 24 ore.
Per i codici minori è aperto un “Ambulatorio Codici Bianchi” dalle 10:00 alle 18:00, dove vengono inviati dal triage i pazienti deambulanti con problemi clinici di lieve entità.
L’accesso al P.S. può avvenire con varie modalità: con chiamata del 118, tramite la Guardia Medica, da un altro P.S., tramite il Medico curante o lo Specialista, oppure per iniziativa autonoma del paziente.
Le patologie prevalentemente trattate in P.S. nell’A.O.U.P. comprendono: malattie, lesioni accidentali, incidente stradale, intossicazione, infortunio sul lavoro, morso di animale, autolesionismo, traumatologia sportiva.
L’accesso è regolato dai Codici di Priorità assegnati dall’infermiere di P.S. (Tab. 2). In Toscana è presente un codice-‐colore in più, l’azzurro, che si colloca tra il verde e il bianco ed indica pazienti con patologia acuta, senza rischio di compromissione delle funzioni vitali e senza criticità, con “urgenza soggettiva”.
CODICE DI PRIORITA’ DESCRIZIONE
Rosso Paziente grave in imminente pericolo di vita. Giallo Paziente in potenziale pericolo di vita.
Verde Paziente con patologia acuta senza o con basso rischio di compromissione delle funzioni vitali.
Azzurro
(solo in Toscana)
Paziente con patologia acuta senza rischio di compromissione delle funzioni vitali e senza elementi di criticità.
Bianco Paziente con patologia non urgente per la quale sono normalmente previsti altri percorsi.
Tabella 2. Colori dei Codici di Priorità del triage utilizzato in Toscana e il loro
significato.
2.2 Il percorso “Fast Track”
Nell’A.O.U.P. il P.S. ha implementato il Fast Track, un percorso assistenziale preferenziale per alcuni pazienti: pediatrici, ortopedici, donne con problematiche ostetrico-‐ginecologiche e pazienti con patologie di competenza oculistica. Tale canale preferenziale permette