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Perfenazina, amitriptilina e perfenazina-amitriptilina: Ruolo nella pratica clinica [Perphenazine, amitriptyline and perphenazine-amitriptyline: Role in clinical practice]

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Perfenazina, amitriptilina e perfenazina-amitriptilina:

ruolo nella pratica clinica

Perphenazine, amitriptyline and perphenazine-amitriptyline: role in clinical practice

A. Fagiolini, A. Cuomo

Università di Siena, Dipartimento di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Sezione Psichiatria

Correspondence

A. Fagiolini, Department of Mental Health, University of Siena, AOUS, USL7, viale Bracci 1, 53100 Siena, Italy • E-mail: andreafagiolini@gmail.com Summary

Typical antipsychotics, also called conventional antipsychotics, first-generation antipsychotics or major tranquilizers, and tricy-clic antidepressants, are drugs developed since 1950 and still used in the treatment of many psychiatric disorders, despite sev-eral compounds that were developed later, with the intention of improving their therapeutic response and tolerability. Although the efficacy, tolerability, value and usefulness of the new

com-pounds are undeniable, none of these is so effective and toler-ated to make us consider the older generation drugs as always and completely overtaken. This paper evaluates and reviews the pharmacological and clinical properties of perphenazine, ami-triptyline and the association of these two medications.

Key words

Perphenazine • Amitriptyline • Perphenazine-amitriptyline

Introduzione

Il trattamento farmacologico della psicosi e della de-pressione è iniziato negli anni ’50, con la scoperta del-le fenotiazine (come la perfenazina), degli inibitori deldel-le monoaminossidasi e degli antidepressivi triciclici (come l’amitriptilina). Diversi farmaci sono stati sviluppati suc-cessivamente, con l’intento di migliorare la risposta tera-peutica e la tollerabilità, ma, nonostante l’indubbio valore di tali nuovi composti, nessuno di questi è risultato tanto efficace e tollerato da far considerare completamente sor-passati i farmaci di più vecchia generazione, che a buon diritto sono ancora compresi nel nostro armamentario te-rapeutico. In questo articolo, verranno valutate e descritte le proprietà farmacodinamiche, l’efficacia clinica e la tol-lerabilità della perfenazina, dell’amitriptilina e dell’asso-ciazione dei due farmaci.

Perfenazina

Negli ultimi decenni la principale categoria di composti utilizzati nel trattamento delle psicosi è stata quella dei farmaci antipsicotici: attualmente esistono oltre 70 mo-lecole che hanno come meccanismo comune la capaci-tà di bloccare i recettori D2 della dopamina e sono state classificate in due gruppi: i farmaci antipsicotici di prima generazione (come perfenazina, clorpromazina, alope-ridolo, ecc.), chiamati anche tipici, e gli antipsicotici di seconda generazione o atipici (come aripiprazolo,

ase-napina, clozapina, olanzapina, quetiapina, paliperido-ne, risperidone e ziprasidone). Come accennato sopra, gli antipsicotici tipici di prima generazione, sono stati introdotti in terapia negli anni ‘50; gli antipsicotici ati-pici di seconda generazione sono invece stati introdotti a partire dagli anni ‘90 (con l’eccezione della clozapi-na, prima introdotta, poi ritirata dal commercio e poi di nuovo introdotta), nel tentativo non solo di aumentarne l’efficacia, ma anche di ridurre gli effetti collaterali, in particolare le manifestazioni extrapiramidali, propri del-le model-lecodel-le di prima generazione 1 2. Tuttavia, effetti

col-laterali come l’aumento di peso e altri disturbi metaboli-ci assometaboli-ciati con l’uso dei nuovi antipsicotimetaboli-ci hanno finito con il porre in dubbio il fatto che questi farmaci siano più sicuri sempre e comunque rispetto ai loro predeces-sori. Queste preoccupazioni sono state accresciute dai dati epidemiologici relativi ai pazienti affetti da schizo-frenia, che indipendentemente dal trattamento tendono ad avere un’aspettativa di vita ridotta rispetto alla popo-lazione generale e a presentare una maggiore incidenza di malattie cardiovascolari, infettive e respiratorie 3. Al

fine di valutare l’efficacia relativa e la sicurezza degli antipsicotici di seconda generazione, negli anni scorsi è stato effettuato negli Stati Uniti un trial multicentrico (Clinical Antipsychotic Trials for Intervention Effective-ness, CATIE), che li ha confrontati con un antipsicotico tipico, la perfenazina 2. In questo studio, la perfenazina

ha dimostrato un livello di efficacia simile a quello degli antipsicotici di seconda generazione, con un’incidenza

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è propria soltanto della perfenazina nell’ambito degli antipsicotici di prima generazione, è particolarmente importante: essa determina infatti una ridotta incidenza di effetti collaterali extra-piramidali e un rilevante effet-to antipsicotico/antimaniacale, oltre a non indurre un peggioramento delle funzioni cognitive e dell’umore (Tab.  II). Queste caratteristiche la rendono più simile a un antipsicotico di seconda generazione che a uno di pri-ma generazione. Inoltre la notevole affinità per i recettori istaminergici H1 ne spiega l’azione sedativa (e, almeno in parte, ansiolitica), che può risultare ideale nei quadri clinici che presentano agitazione psicomotoria, aggres-sività, insonnia. Infine, la scarsa attività adrenolitica e anticolinergica è alla base degli scarsi effetti collaterali cardiovascolari e anticolinergici. In effetti, studi clinici dimostrano che la perfenazina, rispetto ad altri antipsi-cotici di prima generazione come l’aloperidolo 12, tende

ad avere una minore incidenza di effetti extrapiramidali (per il bilanciamento del rapporto anti-D2/anti-5-HT2A) e di effetti anticolinergici, avendo uno spettro recettoriale simile a quello del risperidone 13. In un recente studio 14,

l’incidenza di effetti extrapiramidali dovuti a perfenazina era infatti simile a quella di alcuni antipsicotici di secon-da generazione (olanzapina, quetiapina, risperidone e ziprasidone).

Efficacia clinica

L’efficacia clinica della perfenazina nel trattamento del-la schizofrenia è stata dimostrata in numerosi studi: in una Cochrane review 15 sono stati presi in

considerazio-ne 25 studi clinici, che comprendevano circa 2500 pa-zienti; in 6 perfenazina è stata confrontata con placebo e in 20 con altri antipsicotici. I risultati di questa meta-analisi hanno dimostrato che la perfenazina ha un ef-fetto terapeutico maggiore rispetto al placebo e simile a quello di altri farmaci antipsicotici nel trattamento della schizofrenia. Risultati simili, come è detto, sono stati evidenziati nello studio CATIE 2. Questo effetto vale per

tutto lo spettro delle manifestazioni della schizofrenia, compresi i comportamenti violenti, in cui anzi la per-fenazina ha dimostrato di avere una maggiore efficacia rispetto alla quetiapina 16. In effetti, avendo proprietà

sedative e ansiolitiche, la perfenazina può essere parti-colarmente utile nei pazienti psicotici agitati e disforici. Anche dal punto di vista dei sintomi depressivi che si manifestano nella schizofrenia cronica, la perfenazina, a differenza dell’aloperidolo 17, ha dimostrato

un’effi-cacia comparabile con quella degli antipsicotici di se-conda generazione (olanzapina, quetiapina, risperidone e ziprasidone), come evidenziato dalle variazioni del punteggio della scala CDSS (Calgary Depression Scale

for Schizophrenia) 18.

di effetti extrapiramidali non superiore a essi. è oppor-tuno tuttavia ricordare che lo studio CATIE ha escluso i pazienti con discinesia tardiva dall’assegnazione al gruppo trattato con perfenazina, con potenziale esclu-sione indiretta dei pazienti a maggior rischio per altri effetti extrapiramidali. è comunque anche opportuno notare che altri studi hanno dimostrato che l’incidenza di effetti collaterali extrapiramidali nei pazienti trattati con perfenazina è simile a quella osservata nei pazienti trattati con risperidone 4-6.

In un’analisi sui pazienti che hanno interrotto perfena-zina nello studio CATIE, e sono stati assegnati a un al-tro farmaco a causa di effetti collaterali extrapiramidali, Stroup et al. hanno osservato che questi soggetti tolle-ravano olanzapina e quetiapina meglio del risperidone, suggerendo dunque l’esistenza di un sottogruppo di pa-zienti particolarmente sensibili agli effetti collaterali ex-trapiramidali, che tollerano meglio farmaci come olanza-pina e quetiaolanza-pina e peggio farmaci come perfenazina e risperidone 7.

Infine, è utile notare che gli Autori dello studio CATIE riconoscono che la perfenazina è uno degli antipsicotici tipici con minori rischi di effetti extrapiramidali ma, allo stesso tempo, specificano che i risultati relativi alla perfe-nazina non possono essere applicati ad altri antipsicotici tipici, come ad esempio l’aloperidolo 7.

Meccanismo d’azione

Il meccanismo d’azione della perfenazina è simile a quel-lo degli altri antipsicotici e consiste nel bquel-locco del recet-tore D2 della dopamina a livello cerebrale, in particolare nella corteccia temporale e striatale e nell’ipotalamo, come è stato dimostrato anche con studi PET (Positron Emission Tomography) e SPECT (Single Photon Emission

Computed Tomography) 8 9. Tali studi hanno evidenziato

come una soglia di occupazione dei recettori D2 com-presa tra il 65 e l’80% sembri rappresentare la finestra terapeutica atta a minimizzare il rischio di insorgenza di effetti extrapiramidali per gli antipsicotici di prima ge-nerazione. L’importanza dei meccanismi dopaminergici nella psicosi e dell’effetto antidopaminergico degli an-tipsicotici è stata ampiamente dimostrata (Fig. 1) 10.

Tut-tavia, va ricordato che ogni farmaco ha un suo specifico profilo recettoriale, che lo caratterizza e ha importanti conseguenze non solo per la sua efficacia antipsicotica (Tab. I) 11, ma anche per gli effetti collaterali 11: la

perfe-nazina, oltre a un’elevata affinità per i recettori D2, ha un profilo peculiare nell’ambito degli antipsicotici tipici, in quanto ha affinità per quelli serotoninergici 5-HT2A, alfa1-adrenergici e H1-istaminergici, mentre ha bassissi-ma affinità per quelli serotoninergici 5-HT1A e 5-HT2C, alfa2-adrenergici e anticolinergici sia centrali (M1) che periferici (M2-4) 7. L’affinità per i recettori 5-HT2A, che

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mente significativa per olanzapina rispetto a perfenazina e risperidone nel sesso maschile. In effetti, l’Associazione Americana di Psichiatria e quella di Diabetologia racco-mandano ai clinici di essere attenti nell’uso di farmaci con potenziali implicazioni metaboliche, specialmente con olanzapina e clozapina, e di monitorare tutti i criteri della sindrome metabolica: circonferenza addominale, livelli sierici di colesterolo HDL e trigliceridi in tutti i pa-zienti in trattamento con antipsicotici atipici. Per quanto riguarda il rischio cardiovascolare, è noto che vi sono antipsicotici che sono stati riconosciuti dalle Autorità re-golatorie come capaci di aumentare il rischio di Torsione di punta, in particolare aloperidolo e clorpromazina 22. A

questo proposito il Pharmacovigilance Working Party (un organo tecnico dell’EMEA) ha emanato un atto regolato-rio che è stato recepito a livello italiano attraverso una determinazione che prescrive l’esecuzione di indagini cardiologiche nei pazienti che devono essere sottoposti a trattamento con aloperidolo.

Rapporto costo-efficacia

A causa del costo notevolmente inferiore della perfenazi-na rispetto agli antipsicotici di seconda generazione, gli studi che hanno preso in considerazione il rapporto costo/ efficacia hanno dimostrato la superiorità della perfenazi-na: ad esempio, in uno studio 23 condotto su quasi 1500

Tollerabilità

Per quanto riguarda gli effetti collaterali, oltre a quelli di tipo extrapiramidale cui si è già accennato, per i quali non è stata dimostrata una maggiore incidenza rispetto al trattamento con antipsicotici di seconda generazione 2,

perfenazina possiede bassa attività anticolinergica 19 e

un profilo metabolico migliore di quello di molti antip-sicotici di seconda generazione: in uno studio 20 che ha

preso in considerazione le manifestazioni della sindrome metabolica, che come è noto, è legata a un’aumentata incidenza di diabete mellito, dislipidemia, ipertensione, con aumentato rischio di cardiopatia ischemica, perfena-zina ha ridotto la circonferenza della vita, un importante indice di obesità addominale e rischio cardiovascolare, al contrario degli antipsicotici di seconda generazione, tra i quali soprattutto olanzapina e quetiapina, ma anche risperidone, con variazioni significativamente differenti e più sfavorevoli rispetto a perfenazina. L’uso di perfenazi-na era associato anche a uperfenazi-na riduzione dei valori di pres-sione arteriosa, sia sistolica che diastolica, probabilmen-te come effetto del blocco dei recettori alfa1-adrenergici. In un altro studio prospettico randomizzato 21, che ha

stimato il rischio di sviluppare cardiopatia ischemica a 10 anni, perfenazina, risperidone e ziprasidone sono ri-sultati associati a una riduzione del rischio, a differenza di olanzapina e quetiapina; tale differenza era statistica-FIgura 1.

Rappresentazione diagrammatica dell’ipotesi che lega la dopamina alla psicosi e agli antipsicotici (da Kapur et al., 2005) 10.

Diagrammatic representation of the hypothesis that dopamine binds to psychosis and antipsychotics (from Kapur et al., 2005) 10.

Predisposizione genetica/ambientale

Disregolazione della trasmissione dopaminergica

e del rilascio di dopamina

Aberrante interpretazione delle nuove informazioni e anomala attribuzione

di importanza a stimoli esterni e a rappresentazioni interne I deliri rappresentano uno schema

cognitivo che il paziente sviluppa per concettualizzare le esperienze anomale Quando queste irregolari percezioni

alterano il comportamento o causano stress, catalizzano l’attenzione Gli antipsicotici bloccano

la dopamina e modulano l’attribuzione di rilevanza ai sintomi

Gli antipsicotici possono anche ridurre l’intensità motivazionale

degli eventi normali

Il paziente cessa la terapia Si verifica una ricaduta

La diminuzione della rilevanza permette la risoluzione

del sintomo attraverso processi di “estinzione

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pazienti affetti da schizofrenia, la perfenazina è risultata almeno altrettanto efficace, in termini sia di qualità di vita (esaminata tramite punteggio QUALY, quality-adjusted life year) che di risposta clinica (Positive and Negative Syndrome Scale, PANSS), ma con un costo medio inferiore del 20-30% rispetto a quello di olanzapina, quetiapina, risperidone e ziprasidone.

Amitriptilina

Gli antidepressivi triciclici sono da tempo con-siderati come farmaci di seconda scelta nel trat-tamento della depressione, soprattutto a causa dei loro effetti collaterali dovuti alla capacità di bloccare i recettori H1 istaminergici, colinergici muscarinici e alfa 1 adrenergici, nonché all’a-zione chinidino-simile di stabilizzaall’a-zione delle membrane. Sebbene ben pochi Autori e Clinici suggeriscano l’opportunità di preferire un trici-clico (TCA) a un farmaco di nuova generazione, è possibile che gli svantaggi dei TCA in compa-razione ai nuovi farmaci disponibili siano stati nel tempo esagerati 24 ed è osservazione

comu-ne che ancora oggi esista un buon numero di pazienti per i quali il rapporto rischi/benefici dei TCA rimane favorevole, purché la cura venga adeguatamente personalizzata, anche tenendo conto delle differenze tra un TCA e l’altro di cui ai paragrafi seguenti.

Meccanismo d’azione

L’amitriptilina è un farmaco antidepressivo trici-clico che agisce principalmente come inibitore della ricaptazione della serotonina-norepinefri-na, con forti effetti sul trasportatore della norepi-nefrina ed effetti moderati sul trasportatore della serotonina. Ha un effetto trascurabile sul tra-sportatore della dopamina, circa 1.000 volte più debole rispetto a quello della serotonina 25  26.

Inoltre l’amitriptilina funziona come un anta-gonista ai recettori 5-HT2A, 5-HT2C, 5-HT6, 5-HT7, recettore adrenergico-α1, H1, mAch e come recettore σ1 agonista 26-32. Il farmaco

fun-ziona inoltre come modulatore allosterico nega-tivo per il recettore NMDA, nello stesso sito di legame della fenciclidina 33.

Recentemente, è stato dimostrato che l’amitrip-tilina agisce come un agonista dei recettori TrkA e TrkB e che promuove la eterodimerizzazione di queste proteine in assenza del NGF, con una potente attività neurotrofica sia in vivo che in vitro nei modelli murini 34.

L’amitriptilina è assorbita bene per via orale, si Tabella I. Profilo di legame recettoriale, espresso come affinità recettoriale (Ki), dei farmaci antipsicotici (da Correll, 2010, mod.)

11

.

Profile of receptor binding, expressed as

receptor affinity (Ki) of antipsychotic drugs (from Correll, 2010, modified)

11.

Classe di farmaci

a

ntipsicotici di seconda generazione

a ntipsicotici di prima generazione r ecettore a MI ar I a Se C lO Il O O la Pal I r IS Q ue Ser ZIP H al MO l Per

Profili farmacodinamici: affinità di legame recettoriale (Ki) D2

1,3 c 0,66 b,c 8,9 c 210 3,3 20 2,8 3,77 770 2,7 2,6 2,6 120 1,4 c 5-HT 1A > 10.000 d 5,5 b,c 8,6 c 160 33 610 480 190 300 2.200 1,9 b,c 1,800 3,797 c 421 5-HT 2A 2.000 d 8,7 c 10,15 c 2,59 0.2 1,5 1,2 0,15 31 0,14 0,12 61 5.000 5 c 5-HT 2c > 10.000 d 22 c 10,46 c 4,8 14 4,1 48 32 3.500 6,0 0,9 4,700 >10.000 c 132 c α1 7.100 d 26 c 8,9 c 6,8 0.31 44 10 2,7 8,1 3,9 2,6 17 2.500 625 10 α2 1.600 d 74 b 9,5 c 158 3 280 80 8 80 190 154 600 500 H1 > 10.000 e 30 c 9,0 c 3,1 12,3 0,08 3,4 5.2 19 440 4,6 260 >10.000 c 8 M1 N/A 6.780 c 5,09 c 1,4 c 4.898 c 2,5 c > 10.000 c > 10.000 c 120 c 5.000 300 c > 10.000 c >10.000 1.500 M2 N/A 3.510 c 4,5 c 204 c 3.311 c 622 c > 10.000 c > 10.000 c 630 c N/A > 3.000 c > 10.000 c N/A N/A M3 N/A 4.680 c 4,67 c 109 c > 10.000 c 126 c > 10.000 c > 10.000 c 1.320 c 2.692 c > 1.300 c > 10.000 c > 10.000 c 1.848 c M 4 N/A 1.520 c 5,09 c 27 c 8.318 c 350 c > 10.000 c > 10.000 c 660 c N/A > 1.600 c > 10.000 c N/A N/A AMI: amisulpride; ARI: aripiprazolo; ASE: asenapina; CLO: clozapina; ILO: iloperidone; OLA: olanzapina; PALI: paliperidone; QUE: quetiapina; SER: sertindolo; ZIP: ziprasidone; HAL:

aloperidolo; MOL: molindone; PER: perfenazina a I dati sono rappresentati come costante di equilibrio (Ki) (nM), cioè quantità nanomolare di antipsicotico necessaria a

bloccare il 50% dei recettori in vitro. Perciò un numero inferiore

denota una maggiore affinità di legame recettoriale;

b Agonismo parziale; c Dati ottenuti da recettori cerebrali umani clonati; d Dati provenienti dal ratto; e Dati provenienti dalla cavia.

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con ritardo psicomotorio, per quanto riguarda gli effetti antistaminici), è dunque opportuno privilegiare i tricilici a più basse proprietà anti colinergiche o sedative, come la nortriptilina o la desipramina, o meglio ancora un far-maco di nuova generazione. Tuttavia, esistono pazienti per i quali gli effetti antimuscarinici sono ben tollerati ed esistono inoltre pazienti (ad esempio quelli che assumo-no un antipsicotico a rischio di sintomi extrapiramidali) per i quali l’attività anticolinergica centrale può portare dei benefici, mitigando gli effetti extrapiramidali. Analo-gamente, gli effetti sedativi possono essere utili in alcuni pazienti con insonnia, agitazione o ansia. L’amitriptilina è comunque controindicata nei pazienti con glaucoma, ipertrofia prostatica, stenosi pilorica e altre affezioni ste-nosanti dell’apparato gastro-enterico e genito-urinario, soprattutto a causa della sua attività anticolinergica. è inoltre controindicata nelle malattie epatiche, insuffi-cienza cardiaca, disturbi del ritmo e della conduzione miocardica e nel periodo di recupero post-infartuale. Poiché amitriptilina può causare ipotensione ortostatica, variazioni della glicemia, turbe dell’emopoiesi, del fega-to e del rene, è raccomandabile eseguire periodici con-trolli della pressione arteriosa, della glicemia, della crasi ematica e della funzionalità epatica e renale con specia-le riguardo agli ipertesi, ai diabetici, ai nefropatici e nei soggetti con affezioni, in atto o pregresse, dell’apparato emopoietico. In caso di comparsa di febbre, angina e altri sintomi influenzali è necessario un controllo della crasi ematica onde escludere la presenza di agranulocitosi che occasionalmente è stata segnalata durante la terapia con antidepressivi triciclici 34.

associazione perfenazina-amitriptilina

L’associazione perfenazina-amitriptilina consente di combinare gli effetti antipsicotici, sedativi e ansiolitici della perfenazina con l’attività antidepressiva di ami-triptilina ed è utilizzata sia nel trattamento dei pazien-ti affetpazien-ti da psicosi con depressione sia, modificando il lega in alta percentuale alle proteine del plasma e

subi-sce l’azione degli enzimi microsomiali P450 del fegato. Sono stati identificati otto metaboliti, tra i quali la nortrip-tilina è terapeuticamente attiva. L’emivita media di una dose singola è di 16 ore 35.

Efficacia clinica

L’efficacia di amitriptilina è stata dimostrata in svariati trial clinici, nei quali il farmaco è risultato superiore al placebo e almeno equivalente ad altri antidepressivi 36-39.

Le indicazioni di amitriptilina includono: depressione endogena, fase depressiva della psicosi maniaco-de-pressiva, depressione reattiva, depressione mascherata, depressione neurotica, depressione in corso di psicosi schizofreniche, depressioni involutive, depressioni gra-vi in corso di malattie neurologiche o di altre affezioni organiche, trattamento profilattico dell’emicrania e delle cefalee croniche o ricorrenti.

Tollerabilità

Esistono differenze di tollerabilità ed efficacia su sintomi specifici tra un TCA e l’altro. Ad esempio, la nortriptilina (amina secondaria) è un farmaco con un ampio margine tra gli effetti desiderati, gli effetti collaterali e la tossici-tà, che agisce soprattutto sulla ricaptazione della nora-drenalina. La clomipramina (amina terziaria) inibisce invece sia la ricaptazione di serotonina che di noradre-nalina ed è ad esempio particolarmente efficace nel di-sturbo ossessivo compulsivo, sebbene comporti di solito un maggior numero di effetti collaterali della nortripti-lina. L’amitriptilina è tra i TCA con maggiori evidenze di efficacia antidepressiva, per quanto queste non siano necessariamente superiori a quelle del suo metabolita nortriptilina. In effetti, la nortriptilina ha un decimo degli effetti antimuscarinici dell’amitriptilina e un quindicesi-mo degli effetti sedativi 39. In pazienti per i quali tali

ef-fetti siano particolarmente dannosi (ad esempio, soggetti con ipertrofia prostatica o glaucoma ad angolo chiuso, per quanto riguarda gli effetti anticolinergici, o soggetti

Tabella II.

Profilo di legame recettoriale della perfenazina e correlazione con gli effetti clinici. Receptor binding profile of perphenazine and

correlation with the clinical effects.

Recettori dopaminergici D2 (+++) Blocco significativo, con attività antidelirante e antiallucinatoria. Effetto

antip-sicotico e antimaniacale

Recettori serotoninergici 5HT2A (++) Blocco significativo, con ridotta incidenza di effetti collaterali extra-piramidali.

Mancato peggioramento funzioni cognitive e tono dell’umore

Recettori antiistaminergici H1 (++) Blocco significativo, con azione sedativa (ideale nei quadri clinici che

presen-tano agitazione psicomotoria, aggressività, insonnia) Recettori alfa2-adrenergici (-) e colinergici

cen-trali (M1) e periferici (M2-M4) (-)

Scarsa attività di blocco per questi recettori: ridotti effetti collaterali cardiova-scolari e anticolinergici

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La combinazione di perfenazina 2 mg + amitriptilina 10 mg (Mutabon mite) è indicata per: disturbi mentali, sia reattivi sia endogeni, in cui la semplice ansia è asso-ciata con sintomi relativamente scarsi o lievi di depres-sione; grave insonnia associata ad ansia e depressione. Di solito è sufficiente una compressa di Mutabon mite 1-3 volte al giorno. Questa combinazione può essere utile nei pazienti con sindromi ansiose e depressive più moderate, che richiedano dosaggi inferiori di perfena-zina e amitriptilina. La combinazione di perfenaperfena-zina 2  mg  +  amitriptilina 25 mg (Mutabon antidepressivo) è indicata per: disturbi mentali, sia reattivi sia endoge-ni, caratterizzati dalla coesistenza di ansia, tensione e agitazione con depressione; disturbi emotivi caratteriz-zati da depressione e ansia dovuti o associati a malat-tie organiche o funzionali, forme psicosomatiche, ecc.; sintomi depressivi; grave insonnia associata ad ansia e depressione. Di solito è sufficiente una compressa 3-4 volte al giorno. Occorre tenere presente che l’azione tranquillante si manifesta più rapidamente (2 o 3 giorni) di quella antidepressiva (1 settimana o più); pertanto i sintomi di tensione e di ansietà scompaiono assai prima della sintomatologia depressiva. Questa combinazione può essere utile nei pazienti con predominanti sintomi depressivi, pure in presenza di ansia.

La combinazione di perfenazina 4 mg+amitriptilina 25  mg (Mutabon forte), è indicata per disturbi mentali, sia reattivi sia endogeni, caratterizzati dalla coesistenza di ansia, tensione e agitazione con depressione, disturbi psiconeurotici e psicosomatici, sindrome da menopausa, depressione e ansia associate con malattie organiche, al-coolismo acuto e cronico, sindrome depressiva e mania-co-depressiva, reazioni schizofreniche, psicosi involuti-ve, deviazioni sessuali, problemi del comportamento as-sociati a deficienza mentale, grave insonnia associata ad ansia e depressione. Di solito è sufficiente una compressa di Mutabon forte 3-4 volte al giorno. Alcuni pazienti, do-po un trattamento iniziale con questo farmaco do-possono migliorare sufficientemente da richiedere un quantitativo di perfenazina inferiore ai 4 mg presenti in ogni com-pressa di Mutabon forte; in tali casi si potrà continuare la terapia con Mutabon antidepressivo che contiene solo 2 mg di perfenazina. A volte può invece essere necessario aggiungere a Mutabon forte un ulteriore quantitativo di perfenazina. Si tratta dei casi in cui l’ansia, la psicosi e l’agitazione sono particolarmente severi e rappresentano il disturbo primario, per cui è desiderabile un maggior ef-fetto antipsicotico e sedativo. Questa combinazione può dunque essere utile nei pazienti psicotici con coesistenza di severa ansia e depressione.

Conflitto di interessi

Il prof. Fagiolini è stato un consulente e/o un relatore e/o ha par-tecipato a simposi sponsorizzati da, e/o ha ricevuto finanziamen-dosaggio dei due farmaci, in varie malattie

caratterizza-te dalla coesiscaratterizza-tenza di ansia, agitazione e depressione. L’amitriptilina è il più utilizzato tra gli antidepressivi tri-ciclici e, dopo più di 50 anni dalla sua introduzione in commercio, è ancora utilizzata come uno dei farmaci di riferimento nei trial sui nuovi antidepressivi 39. Una

terapia combinata con antidepressivi e neurolettici può essere ad esempio utilizzata nel paziente schizofrenico che vada incontro a depressione. La classificazione e il trattamento dei pazienti con schizofrenia e concomitan-te depressione costituiscono un argomento abbastanza complesso, a causa della parziale sovrapposizione di alcuni sintomi delle due malattie. Gli studi dimostra-no comunque che i soggetti con schizofrenia tendodimostra-no a presentare sintomi depressivi con maggior frequenza rispetto alla popolazione generale: ad esempio, il

Natio-nal Comorbidity Study 40 ha rilevato che il 59% dei

pa-zienti affetti da schizofrenia rientravano nei criteri DSM per la depressione maggiore o minore. L’associazione tra perfenazina e amitriptilina, in questo senso, è piena-mente logica ed è stata analizzata in un trial in doppio cieco rispetto a placebo: l’aggiunta dell’amitriptilina al-la perfenazina, rispetto alal-la soal-la perfenazina, era più ef-ficace nel ridurre i sintomi della depressione in pazienti affetti da schizofrenia cronica 41.

L’associazione perfenazina-amitriptilina è stata utilizza-ta anche in altre forme di psicosi con depressione 42 43,

in cui la maggiore efficacia dell’associazione rispetto al singolo farmaco è stata correlata a 3 fattori: un au-mento delle concentrazioni plasmatiche di amitriptilina dovuta a inibizione competitiva del processo di idros-silazione epatica indotta dalla perfenazina, il blocco dopaminergico e la maggiore attività serotoninergica e noradrenergica.

La variazione dei dosaggi di perfenazina (2 e 4 mg) e di amitriptilina (10 e 25 mg) contenuti nei preparati di associazione consente, tra l’altro, di modulare al meglio l’attività antipsicotica e ansiolitica di perfenazina e l’atti-vità antidepressiva di amitriptilina.

La combinazione di perfenazina 4 mg + amitriptilina 10 mg (Mutabon ansiolitico), è indicata in Italia per: disturbi mentali, sia reattivi sia endogeni, caratterizzati dalla coe-sistenza di ansia, tensione e agitazione con depressione; stati di ansia associata a sintomi relativamente scarsi o lievi di depressione; grave insonnia associata ad ansia e depressione). Di solito è sufficiente una compressa di Mutabon ansiolitico 3-4 volte al giorno. è opportuno te-nere presente che l’azione tranquillante si manifesta più rapidamente (2 o 3 giorni) di quella antidepressiva (1 set-timana o più); pertanto i sintomi di tensione e di ansietà di solito scompaiono prima di quelli depressivi. Questa formulazione può essere particolarmente utile nei pa-zienti per i quali l’ansia, tensione o agitazione prevalga-no sugli aspetti depressivi.

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A. Cuomo non ha alcun conflitto di interesse.

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Perfenazina Struttura chimica

• è una piperazinil fenotiazina (4-[3-(2-clorofenotiazin-10-il)propil]-1-piperazineetanolo), con peso molecolare 403,97 kD (Fig. 2).

FIgura 2.

Struttura chimica della perfenazina. Chemistry of perphenazine.

Farmacocinetica

• le concentrazioni plasmatiche di picco vengono raggiunte dopo 1-3 ore • emivita (indipendente dalla dose): 9-12 ore

• lo steady-state viene raggiunto entro 72 ore

• è estesamente metabolizzata nel fegato a una serie di metaboliti, principalmente da parte del citocromo P450 2D6; questo tipo di metabolismo è soggetto a polimorfismo genetico, per cui il 7-10% della popolazione caucasica ha una scarsa attività enzimatica ed è denominata “scarsi metabolizzatori”

Farmacodinamica

• elevata affinità per i recettori dopaminergici D2 • buona affinità per i recettori serotoninergici 5-HT2A

• buona affinità per i recettori alfa1-adrenergici e H1-istaminergici

• bassissima affinità per i recettori serotoninergici 5-HT1A e 5-HT2C, alfa2-adrenergici e anticolinergici sia centrali (M1) che periferici (M2-4)

(9)

amitriptilina Struttura chimica

• è un antidepressivo triciclico (3-(10,11-diidro-5H-dibenzo[a,d]cicloeptene-5-ylidene)-N,N-dimetilpropan-1-amina), con peso molecolare 277,40 kD (Fig. 3)

FIgura 3.

Struttura chimica della amitriptilina. Chemistry of amitriptyline.

Farmacocinetica

• le concentrazioni plasmatiche di picco vengono raggiunte in 4-8 ore • emivita: 13-36 ore (media 16 ore)

• lo steady-state viene raggiunto in 3-8 ore

• va incontro a una notevole eliminazione presistemica da parte del fegato, per cui la sua biodisponibilità sistemica varia dal 33 al 62%. è un composto altamente lipofilo, ha un’emivita di 10-28 ore come amitriptilina e di 16-80 ore come nortriptilina, il suo metabolita attivo, ottenuto per demetilazione a livello epatico

Farmacodinamica

• potente inibitore del reuptake della noradrenalina e della serotonina a livello delle terminazioni nervose • notevole effetto anticolinergico

Mutabon ansiolitico Composizione

• perfenazina 4 mg, amitriptilina 10 mg Indicazioni

• disturbi mentali, sia reattivi sia endogeni, caratterizzati dalla coesistenza di ansia, tensione e agitazione con depressione • stati di ansia associata a sintomi relativamente scarsi o lievi di depressione

• grave insonnia associata ad ansia e depressione Posologia

• una compressa 3-4 volte al giorno (dosaggio da individualizzare a seconda del tipo di disturbo da trattare). Va tenuto presente che l’azione tranquillante si manifesta più rapidamente (2 o 3 giorni) di quella antidepressiva (1 settimana o più); pertanto i sintomi di tensione e di ansietà scompaiono assai prima della sintomatologia depressiva

Mutabon antidepressivo Composizione

• perfenazina 2 mg, amitriptilina 25 mg Indicazioni

• disturbi mentali, sia reattivi sia endogeni, caratterizzati dalla coesistenza di ansia, tensione e agitazione con depressione • disturbi emotivi caratterizzati da depressione e ansia dovuti o associati a malattie organiche o funzionali, forme

psicosomati-che, ecc.

• sintomi depressivi, poiché nella maggior parte di essi coesiste uno stato di tensione, anche se questo non è evidente o può essere mascherato

• grave insonnia associata ad ansia e depressione Posologia

• una compressa 3-4 volte al giorno (dosaggio da individualizzare a seconda del tipo di disturbo da trattare). Va tenuto presente che l’azione tranquillante si manifesta più rapidamente (2 o 3 giorni) di quella antidepressiva (1 settimana o più); pertanto i sintomi di tensione e di ansietà scompaiono assai prima della sintomatologia depressiva

(10)

Mutabon forte Composizione

• perfenazina 4 mg, amitriptilina 25 mg Indicazioni

• disturbi mentali, sia reattivi sia endogeni, caratterizzati dalla coesistenza di ansia, tensione e agitazione con depressione • disturbi psiconeurotici e psicosomatici

• sindrome da menopausa

• depressione e ansia associate con malattie organiche • alcoolismo acuto e cronico

• sindrome depressiva e maniaco-depressiva • reazioni schizofreniche

• psicosi involutive • deviazioni sessuali

• problemi del comportamento associati a deficienza mentale • grave insonnia associata ad ansia e depressione

Posologia

una compressa 3-4 volte al giorno (dosaggio da individualizzare a seconda del tipo di disturbo da trattare). Va tenuto presente che l’azione tranquillante si manifesta più rapidamente (2 o 3 giorni) di quella antidepressiva (1 settimana o più); pertanto i sintomi di tensione e di ansietà scompaiono assai prima della sintomatologia depressiva

Mutabon mite Composizione

• perfenazina 2 mg, amitriptilina 10 mg Indicazioni

• disturbi mentali, sia reattivi sia endogeni, in cui la semplice ansia è associata con sintomi relativamente scarsi o lievi di de-pressione

• grave insonnia associata ad ansia e depressione Posologia

• una compressa 1-3 volte al giorno (dosaggio da individualizzare a seconda del tipo di disturbo da trattare)

Per tutte le formulazioni

Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

• pazienti anziani (eventuale aggiustamento della posologia)

• induzione di variazioni del tempo di reazione (attenzione nei soggetti addetti ai macchinari o alla guida di veicoli) • effettuare periodicamente controlli dell’esame emocromo e della funzionalità renale ed epatica

• in caso di malattie cardiovascolari, fare un ECG

• attenzione all’eventuale sviluppo di discinesia tardiva, specie nei soggetti anziani

• come in qualsiasi trattamento con farmaci antipsicotici, pericolo di sviluppare una sindrome neurolettica maligna • la perfenazina può abbassare la soglia delle convulsioni in soggetti predisposti

Interazioni Perfenazina

• possibile potenziamento degli effetti depressivi sul sistema nervoso centrale di oppiacei, barbiturici o altri sedativi, antistami-nici, anestetici, tranquillanti, alcool e meperidina (e di altri analgesici oppiacei)

• usare con cautela in pazienti trattati con atropina o farmaci simili, a causa di effetti additivi anticolinergici • l’uso di alcool deve essere evitato, poiché si possono avere effetti additivi e ipotensione

• somministrare con cautela in concomitanza a terapia antiipertensiva con reserpina, guanetidina, metildopa, betabloccanti o composti simili, per la possibile comparsa di ipotensione

• se il paziente è in trattamento con anticonvulsivanti, può essere richiesta una dose maggiore di questi farmaci • gli antiacidi a base di sali di alluminio possono inibire l’assorbimento delle fenotiazine

• in caso di somministrazione in concomitanza con farmaci che prolungano il QT, il rischio di insorgenza di aritmie cardiache aumenta

(11)

Amitriptilina

• la somministrazione concomitante di farmaci triciclici e inibitori delle monoaminoossidasi (IMAO) può provocare reazioni simili a un avvelenamento da atropina, con conseguenti crisi iperpiretiche, convulsioni e morte

• l’uso concomitante di anticolinergici o amine simpaticomimetiche, tra cui epinefrina associata ad anestetici locali, può incre-mentare l’attività dell’amitriptilina o dell’amina simpaticomimetica

• l’impiego concomitante di anticolinergici o antistaminici può potenziarne gli effetti anticolinergici

• l’uso concomitante di agenti con azione depressiva sul Sistema Nervoso Centrale (SNC), quali alcool, barbiturici, sedativi o analgesici oppiacei, può potenziare gli effetti depressori sul SNC, tra cui la depressione respiratoria

• l’assunzione concomitante di diazepam determina un aumento dell’emivita e dei livelli plasmatici costanti dell’amitriptilina • l’uso concomitante di anticonvulsivanti può ridurre il controllo effettivo delle convulsioni nei pazienti epilettici

Figura

Tabella II.

Riferimenti

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