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51 C.P.P. - Sentenza Lagnone (incompetenza)

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1 SENTENZA n. __________/2016 TRIBUNALE DI SALERNO Seconda Sezione Penale REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Salerno – Seconda Sezione Penale – composto dai Sigg.ri Magistrati:

Dott. Vincenzo SIANI Presidente est. Dott. Ennio TRIVELLI Giudice est. Dott. Eva SESSA G.O.T. est. Alla pubblica udienza dell’11 aprile 2016, con l’intervento del Pubblico Ministero Dott.sse Valleverdina CASSANIELLO e Mariacarmela POLITO e con l’assistenza del Cancelliere Gerarda AULETTA, ha pronunziato e pubblicato, mediante la seguente SENTENZA CON CONTESTUALE MOTIVAZIONE nei confronti di: 1) LANGONE Rosa, nata a POLLA, in data 17.11.1971, residente e con domicilio dichiarato in ATENA LUCANA, alla Via Nazionale Taverne, n. 44 Libera - Assente Difesa di fiducia dall’Avv. Edoardo ROCCO, del Foro di SALERNO 2) IPPOLITO Luca, nato a SANT’ARSENIO, in data 11.05.1952, ivi resi-dente e con domicilio dichiarato, alla Piazza Europa, n. 6 Libero - Assente Difesa di fiducia dall’Avv. Antonio CAPOZZOLO, del Foro di LAGONE-N. _________/2016 R.G.T. (già n. 3236/2015 R.G.T.) N. 1894/2009 R.G.N.R. Data deposito ____________________ Il Cancelliere ____________________ Data Irrevocabilità ____________________ Fatta comunicazione ai sensi della legge 1058/47 ____________________ Campione penale n.___________________ Scheda redatta il ____________________ Visto al P.G. in data ____________________

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2 GRO, sostituito ex art. 102 c.p.p. dall’Avv. Edoardo ROCCO; 3) ALBANO Maria, nata a SARNO, in data 5.07.1978, residente e con domicilio dichiarato in TEGGIANO, alla Via Campo Rotondo, n. 48 Libera - Assente Difesa di fiducia dall’Avv. Vincenzo MORRIELLO, del Foro di SALERNO, assente, sostituito ex art. 97 comma IV c.p.p. dall’Avv. Edoardo ROC-CO 4) MANFREDONIA Gaetano, nato a SARNO, in data 5.06.1976, residen-te e con domicilio dichiarato in TEGGIANO, alla Via Campo Rotondo, n. 48 Libero - Assente Difeso di fiducia dall’Avv. Vincenzo MORRIELLO, del Foro di SALERNO, assente, sostituito ex art. 97 comma IV c.p.p. dall’Avv. Edoardo ROC-CO IMPUTATI (omissis) B) del reato di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/90 perché si associavano tra loro al fine di procurarsi sostanza stupefacente da cedere a terzi, fungendo da intermediari, ed in particolare di approvvigionarsi di metadone che (in particolare) IPPOLITO Luca, nella qualità di medico in servizio presso il Ser.T. di SANT’ARSENIO cedeva illegalmente a LANGONE Rosa, la quale provvedeva al successivo smistamento della sostanza, anche in cambio di hashish. In SANT’ARSENIO, fino a tutto il 2005. La LANGONE e la ALBANO, con la recidiva. Il MANFREDONIA, con la recidiva specifica infraquinquennale.

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3 CONCLUSIONI All’udienza dell’11.04.2016, dopo che il Tribunale aveva sollecitato le parti a dedurre ante omnia in ordine al profilo della competenza per territorio relativa al reato contestato sub B, sic-come ricompreso fra quelli oggetto di indagini preliminari ex art. 51, comma 3 bis, c.p.p., ad opera dell’Ufficio del P.M. presso il Tribunale di POTENZA, le parti rassegnavano sulla questione le seguenti conclusioni: - il P.M. chiedeva emettersi sentenza dichiarativa dell’incompetenza del Tribunale di SALERNO, con trasmissione degli atti al Tribunale di LAGONEGRO; - Le Difese degli imputati si associavano al PM, instando però per la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di LAGONEGRO; SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto ex art. 429 c.p.p. emesso all’esito dell’udienza preliminare del 10.04.2015, Rosa LANGONE, Luca IPPOLITO, Maria ALBANO, Gaetano MANFREDONIA, Vincenzina LANGONE, An-gelo MOCCALDI, Carmine MOCCALDI e Giovanni Battista ALBANO erano rinviati al giudizio di questo Tribunale, in composizione collegiale, all’udienza del 13.10.2015, per rispondere. A) Rosa LANGONE, Vincenzina LANGONE, Giovanni Battista ALBANO, Gaetano MANFREDONIA, Carmine MOCCALDI ed Angelo MOCCALDI, del delitto di cui all’art. 416 c.p., inerente ad asso-ciazione per delinquere al fine di compiere una serie indeterminata di reati contro il patrimonio, in SALERNO e provincia, dal 2004 a tutto il 2005; B) Rosa LANGONE, Luca IPPOLITO, Maria ALBANO e Gaetano MANFREDONIA, del delitto di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/90, inerente ad associazione finalizzata all’acquisizione di sostanza stu-pefacente del tipo metadone, da smistare e scambiare con hashish, negli specifici sensi di cui alla presente epigrafe, contestata come perpetrata in SANT’ARSENIO fino a tutto il 2005. Alla prima udienza del 13.10.2015, essendo pervenuta istanza di rinvio formulata da uno dei Difensori, ma rilevata anche l’irregolarità della notifica relativa a Vincenzina LANGONE, consta- tata anche la mancata traduzione dell’imputato Giovanni Battista ALBANO e dell’imputato An-gelo MOCCALDI, detenuti per altra causa, il Tribunale, con la presenza di Carmine MOCCALDI,

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nell’assenza (dichiarata) di Rosa LANGONE, dell’IPPOLITO, di Maria ALBANO e del MANFREDO-4 NIA, rinviava il processo al 26.11.2015. Nel corso dell’udienza del 26.11.2015, regolarmente raggiunti da disposizione di traduzione, ma assenti per rinuncia, Angelo MOCCALDI, Carmine MOCCALDI e Giovanni Battista ALBANO, dichiarata assente anche Vincenzina LANGONE, con la presenza dell’IPPOLITO, di cui era revoca-ta la dichiarazione di assenza, avendo la Difesa di Rosa e Vincenzina LANGONE chiesto di potersi avvalere delle regole del protocollo per le udienze penali, in relazione all’ora di chiamata del processo (ore 16,10), il Tribunale fissava l’ulteriore udienza del 16.02.2016, disponendo la so-spensione dei termini di prescrizione dei reati. All’udienza del 16.02.2016, erano sollevate questioni preliminari relative al ne bis in idem per la posizione di Rosa LANGONE, in ordine ad entrambi i reati contestatile, e per Vincenzina LAN-GONE, con riferimento al reato sub A, nonché relative alla nullità del decreto di rinvio a giudizio per genericità e indeterminatezza dei capi d’accusa. La Difesa delle LANGONE produceva me-moria ed atti giudiziari pregressi, fra cui due sentenze (del Tribunale di SALERNO e del Tribunale di LAGONEGRO). Il Tribunale riservava l’approfondimento delle questioni ed assegnava alle parti termine per la produzione di eventuali memorie e fissava per ogni determinazione l’udienza dell’11.04.2016.

All’udienza odierna, il Tribunale, sollecitata l’assunzione in visione degli atti dell’udienza pre- liminare ed anche alla luce degli elementi acquisiti, invitava le parti a trattare la questione rela-tiva alla competenza per territorio relativa all’imputazione sub B, avente ad oggetto il delitto di associazione ex art. 74 D.P.R. n. 309/90 per l’acquisizione e lo scambio di sostanze stupefacenti, contestata come commessa in SANT’ARSENIO, Comune già facente parte del circondario del Tribunale di SALA CONSILINA, ora (all’esito della relativa soppressione) ricompreso nel circon-dario del Tribunale di LAGONEGRO, nel distretto della Corte di Appello di POTENZA, in relazione al fatto che tale delitto rientrava nel novero di quelli che, ex art. 51, comma 3 bis, c.p.p., richie-devano la concentrazione delle funzioni di P.M. nelle indagini preliminari da parte dell’Ufficio del P.M. presso il Tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito aveva sede il Giudice competente.

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All’esito dell’interlocuzione delle parti, era disposta la separazione dal processo originario del processo avente ad oggetto l’imputazione sub B nei confronti dei quattro imputati identifi-cati in epigrafe con la formazione di autonomo fascicolo. Indi, per questo processo separato, le parti concludevano come in epigrafe. Il Tribunale riservava la decisione ed, all’esito della conseguente camera di consiglio, rende-va la presente sentenza, comprensiva dei motivi della decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Va preliminarmente rilevato che Rosa LANGONE, Maria ALBANO e Gaetano MANFREDONIA, raggiunte regolarmente dalla notificazione del decreto che ha disposto il giudizio, non hanno presenziato ad alcuna udienza, così concretando la loro assenza.

Luca IPPOLITO, pure raggiunto regolarmente dalla notificazione del suddetto atto, è stato inizialmente assente, poi comparso alla seconda udienza e di poi non è comparso, ma deve, ad ogni fine, considerarsi rappresentato da parte del Difensore, ai sensi e per gli effetti dell’art. 420 bis, comma 3, in relazione all’art. 484, c.p.p.

Assodata la regolarità del contraddittorio, occorre segnalare che, in relazione all’esigenza di trattare la questione, in via prospettica assorbente di cui innanzi, si è disposta la separazione del processo avente ad oggetto l’associazione ex art. 74 D.P.R. n. 309/90, imputato a Rosa LANGONE, a Luca IPPOLITO, a Maria ALBANO ed a Gaetano MANFREDONIA, da quello avente ad oggetto l’associazione per delinquere ordinaria, ex art. 416 c.p., inerente ad una serie inde-terminata di reati contro il patrimonio, imputata a carico di due dei quattro soggetti ora indicati - ossia Rosa LANGONE e Gaetano MANFREDONIA - e poi a soggetti diversi, quali sono Vincenzi-na LANGONE, Giovanni Battista ALBANO, Carmine MOCCALDI ed Angelo MOCCALDI. La separazione è stata determinata dal fatto che, per un verso, manca alcuna apprezzabile connessione ex artt. 12 e ss. c.p.p. fra i due titoli di reato, tale da poter determinare effetti pro- cessuali sulla competenza, come si evince ictu oculi dall’articolazione fattuale descritta nei ri- spettivi capi di imputazione, vieppiù per i soggetti che non sono attinti da entrambe le imputa-zioni, e, per l’altro, la questione che inerisce alla competenza derogatoria di cui si tratterà con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/90 (nell’originaria rubrica sub B) non

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attiene anche all’altra fattispecie (quella originariamente sub A, afferente all’art. 416 c.p., senza riferimento ai casi di cui al sesto e settimo comma di questa norma incriminatrice, o all’associazione per commettere i delitti di cui agli artt. 473, 474, 600, 601, 602: ipotesi, queste, contemplate dall’art. 51, comma 3 bis, c.p.p., per le conseguenze che si specificheranno), sicché gli effetti che devono indursene non possono essere estesi a quest’altro reato. Si deve, invero, affrontare la questione di competenza rilevata dal Collegio nel corso delle sessioni dedicate all’attività di cui all’art. 491 c.p.p. e poi trattata dalle parti nei sensi sopra indi-cati.

Il Tribunale ritiene che la questione esuli da quella di competenza per territorio in senso proprio, da sollevarsi necessariamente innanzi al G.U.P.

Invero, ove il luogo di SANT’ARSENIO fosse ricaduto nel distretto della Corte di Appello di SALERNO, il Giudice dell’udienza preliminare avrebbe dovuto ritenersi rettamente individuato: per il delitto di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/90, è infatti previsto l’accentramento della funzioni di P.M. in capo all’Ufficio distrettuale, ossia quello del capoluogo del distretto in cui ha sede il Giudice competente. E’ vero che i fatti oggetto del delitto sub B risalgono all’anno 2005 e - con riferimento a quel tempo, nonché al tempo della registrazione della notizia di reato, che rimonta al 2009 - retta-mente il P.M. di SALERNO ha preso in carico l’indagine perché l’Ufficio di Procura distrettuale era colà collocato: all’epoca, il territorio di SANT’ARSENIO era inserito nel circondario del Tribu-nale di SALA CONSILINA, a sua volta facente parte del distretto di Corte di Appello di SALERNO. Indicata tale traccia - il Collegio, esaminati gli atti, anche con riferimento allo svolgimento dell’udienza preliminare, dopo la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal P.M. - rileva che tale richiesta ha radicato l’esercizio dell’azione penale nei confronti dei suddetti imputati con atto articolato in data 13.1.2015, l’udienza preliminare si è svolta il 10.04.2015 e si è conclusa con l’emissione del decreto che ha disposto il giudizio dell’imputato innanzi al Tribunale di SALER-NO.

L’imputazione, come è evidente dalla sua articolazione, contesta la commissione da parte dei quattro imputati (con altri per cui si è proceduto separatamente) del delitto di cui all’art. 74

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D.P.R. 309/90 individuando il locus commissi delicti in SANT’ARSENIO. Questo luogo identifica un Comune inserito già nel territorio del circondario del Tribunale di SALA CONSILINA e dal 13.09.2013, data di assunzione di efficacia del D. Lgs. n. 155/12, che ha ridisegnato in parte qua le circoscrizioni giudiziarie, è risultato inserito nel circondario del Tribunale di LAGONEGRO, ac-corpante il territorio del soppresso Tribunale salese. La peculiarità di questa modificazione circoscrizionale è che, con il passaggio del territorio di SANT’ARSENIO (al pari del restante territorio sottoposto alla giurisdizione del Tribunale di SALA CONSILINA) al circondario di LAGONEGRO, è mutata l’appartenenza distrettuale, dal momento che dal distretto di Corte di Appello di SALERNO esso è transitato nel distretto di Corte di Appel-lo di POTENZA. Questa modificazione ha, fra le non poche e rilevanti conseguenze, determinato un novum essenziale per l’attività giudiziaria in corso relativa alle indagini preliminari ed alla susseguente azione penale relativa ai delitti che l’art. 51 c.p.p. ascrive all’attribuzione del Pubblico Ministero distrettuale e l’art. 328, 1 bis-1 quater, c.p.p. riservano all’attribuzione del G.I.P./G.U.P. del tri-bunale del capoluogo del distretto “nel cui ambito ha sede il giudice competente”. Posto che l’art. 74 cit. integra delitto che, ex artt. 51 e 328 c.p.p., rientra nelle attribuzioni del P.M. distrettuale e del G.I.P./G.U.P. del corrispondente tribunale capoluogo, l’identificazione nel caso di specie di quello competente non doveva radicarsi, secondo il Colle-gio, in capo al P.M. salernitano ed al corrispondente Giudice dell’udienza preliminare. Sul punto, infatti, non si condivide la ricostruzione della disciplina transitoria del D. Lgs. n. 155/2012 nel senso che dovrebbe ritenersi discrimen rilevante anche per il caso di soppressione di tribunale con accorpamento del relativo territorio ad altro tribunale, vieppiù se appartenente ad altro distretto di corte di appello, la disciplina dettata per le soppresse sezioni distaccate di tribunale e per l’ipotesi di nuova definizione, mediante attribuzione di porzioni di territorio, dell’assetto territoriale dei circondari dei tribunali “diversi da quelli di cui all’art. 1” dello stesso D. Lgs.

Premesso infatti, che l’art. 1 D. Lgs. n. 155/12 dispone espressamente la soppressione di de-terminati tribunali, fra cui quello di SALA CONSILINA, occorre richiamare la disciplina transitoria

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8 fissata nell’art. 9 del suddetto D. Lgs., come integrato dall’art. 8 D. Lgs. n. 14/14. Art. 9 D. Lgs. n. 155/12 Disposizioni transitorie 1. Le udienze fissate dinanzi ad uno degli uffici destinati alla soppressione per una data com-presa tra l'entrata in vigore del presente decreto e la data di efficacia di cui all'articolo 11, comma 2, sono tenute presso i medesimi uffici. Le udienze fissate per una data successiva sono tenute dinanzi all'ufficio competente a norma dell'articolo 2.

2. Fino alla data di cui all'articolo 11, comma 2, il processo si considera pendente davanti all'ufficio giudiziario destinato alla soppressione. 2-bis. La soppressione delle sezioni distaccate di tribunale non determina effetti sulla competen-za per i procedimenti civili e penali pendenti alla data di efficacia di cui all’articolo 11, comma 2, i quali si considerano pendenti e di competenza del tribunale che costituisce sede principale. I procedimenti penali si considerano pendenti dal momento in cui la notizia di reato è acquisita o è pervenuta agli uffici del pubblico ministero. 2-ter. La disposizione di cui al comma 2-bis si applica anche nei casi di nuova definizione, me- diante attribuzione di porzioni di territorio, dell’assetto territoriale dei circondari dei tribunali di-versi da quelli di cui all’articolo 1, oltre che per i procedimenti relativi a misure di prevenzione per i quali, alla data di cui all’articolo 11, comma 2, è stata formulata la proposta al tribunale. 2-quater. La nuova definizione, mediante attribuzione di porzioni di territorio, dell’assetto terri-toriale degli uffici di sorveglianza non determina effetti sulla competenza per i procedimenti pendenti innanzi ai medesimi uffici alla data di efficacia di cui all’articolo 11, comma 2. I proce-dimenti di cui al primo periodo si considerano pendenti dal momento della ricezione dell’istanza, della richiesta, della proposta o del reclamo ovvero dal momento in cui hanno avuto inizio d’ufficio.

2-quinquies. L’istituzione del tribunale di Napoli nord non determina effetti sulla competenza dei tribunali di Napoli e di Santa Maria Capua Vetere per i procedimenti penali pendenti a norma del comma 2-bis alla data di cui all’articolo 11, comma 2, oltre che per i procedimenti relativi a misure di prevenzione per i quali, alla stessa data, è stata formulata la proposta al tribunale. 2-sexies. L’istituzione del tribunale di Napoli nord non determina effetti sulla competenza dell’ufficio di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere per i procedimenti pendenti a norma del comma 2-quater alla data di cui all’articolo 11, comma 2.». 3. Compatibilmente con l'organico del personale effettivamente in servizio e con la migliore or- ganizzazione del lavoro, i capi degli uffici giudiziari di cui alla tabella A allegata al regio decre- to 30 gennaio 1941, n. 12, così come sostituita dall'articolo 2, assicurano che i procedi- menti penali in relazione ai quali sia già stata dichiarata l'apertura del dibattimento prosegua-no dinanzi agli stessi giudici. 4. I capi degli uffici di cui al comma 3 curano che, ove possibile, alla trattazione dei procedimenti civili provvedano il magistrato o uno dei magistrati originariamente designati. E’ da ribadire che l’art. 8 D. Lgs. 19.02.2014, n. 14, ha inserito all’art. 9 D. Lgs. 7.09.2012, n. 155 dopo il comma 2 i commi da 2-bis a 2-sexies. Come è dato trarre dal riportato testo normativo, per le (sole) ipotesi delle sezioni distaccate soppresse e dei distacchi dal territorio di tribunali persistenti di porzioni di territorio accorpati

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ad altri circondari, il criterio discretivo per determinare la competenza è stato individuato nel fatto che “i procedimenti penali si considerano pendenti dal momento in cui la notizia di reato è acquisita o è pervenuta agli uffici del pubblico ministero”.

Orbene, se si reputasse disciplinata anche la presente fattispecie dal criterio ora indicato, dovrebbe concludersi che il P.M. distrettuale salernitano, avendo ricevuto la notitia criminis in tempo certamente antecedente al 13.09.2013, bene avrebbe mantenuto la titolarità delle inda- gini preliminari pur dopo tale data e bene avrebbe evocato il vaglio del G.I.P./G.U.P. del capo-luogo salernitano in funzione parimenti distrettuale, salvo che quest’ultimo (innanzi a cui l’imputato dunque nulla potevano eccepire) avrebbe dovuto individuare il giudice dibattimenta-le territorialmente competente in quello nel cui circondario, al momento del rinvio a giudizio, si radicava il Comune di SANT’ARSENIO, ossia il Tribunale di LAGONEGRO, salvo poi a dover soste-nere tale G.U.P. avrebbe dovuto pronunciare la declaratoria di incompetenza e trasmettere in via diretta gli atti al Giudice competente, oppure avrebbe dovuto emettere il decreto di rinvio a giudizio in senso, per così dire, obliquo al Tribunale dibattimentale di LAGONEGRO, territorial-mente competente per il giudizio. Non sembra, questa, al Collegio una via percorribile: essa collide con il disposto della riporta- ta disciplina transitoria che, per l’ipotesi in esame, relativa a soppressione di tribunale, non ri-chiama il criterio di cui ai commi 2-bis e 2-ter dell’art. 9 sopra evocato, e dunque non eccettua affatto il caso che qui si tratta dall’applicazione dell’ordinario principio secondo cui tempus regit actum, chiaramente estraibile dal restante tessuto della disposizione transitoria, specialmente dai commi 1 e 2. L’effetto di tale considerazione è che, al 13.09.2013, le attribuzioni del P.M. distrettuale e conseguentemente quelle del G.I.P./G.U.P. del capoluogo dovevano e devono intendersi cessa- te e la competenza per il caso in esame si è radicata da quel momento in capo al P.M. distret-tuale corrispondente al circondario accorpante il territorio di SANT’ARSENIO ossia il P.M. presso il Tribunale di POTENZA (capoluogo distrettuale di quella Corte territoriale) che avrebbe dovuto esercitare l’azione penale indirizzando la richiesta di rinvio a giudizio al G.U.P. del Tribunale po-tentino.

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10 Resta, tuttavia, il fatto che si è determinato il rinvio a giudizio dei quattro imputati, in rela-zione al capo B sopra indicato, innanzi a Tribunale dibattimentale avulso dal P.M. distrettuale competente ex art. 51 c.p.p. Sul tema, occorre evidenziare che nessuna eccezione risulta essere stata sollevata in sede di udienza preliminare da alcuna delle parti, così come nessun rilievo ha operato il Giudice proce- dente, sicché si è di fatto registrato l’esercizio dei poteri, rispettivamente requirente e giurisdi- zionale, riservati rispettivamente dagli artt. 51 e 328 c.p.p. a P.M. distrettuale ed a corrispon-dente G.U.P. del Tribunale capoluogo diversi da quelli ex lege competenti.

In questa cornice, ove si ritenesse la competenza territoriale cd. derogatoria fissata dalle norme ora indicate del tutto equiparabile all’ordinaria competenza territoriale, potrebbe in cer-to modo indursene che, ex art. 21, comma 2, c.p.p., il mancato rilievo della questione in sede di udienza preliminare dovrebbe avere come effetto la cristallizzazione della competenza innanzi al Tribunale corrispondente al G.U.P. in concreto emittente il decreto che ha disposto il giudizio (in qualche misura è questo l’approdo che potrebbe trarsi dall’affermazione resa da Cass. 13.11.2013-20-01.2014, n. 2296, Frangiamore, in CED Cass. Rv. 257770, laddove conclude che l’incompetenza per territorio va rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusio- ne dell'udienza preliminare anche nell'ipotesi in cui quest'ultima si sia tenuta dinanzi al GUP di-strettuale, ai sensi dell'art. 328, comma primo bis, c.p.p.). Sennonché, pare al Collegio necessario puntualizzare che - pure quando la competenza spe- ciale ex artt. 51 e 328 c.p.p. si sia correttamente radicata innanzi agli Organi distrettuali corri-spondenti al Tribunale territorialmente competente, ma poi il GUP erri, disponendo il giudizio, nell’individuare il Tribunale dibattimentale dotato dell’effettiva competenza territoriale - l’eccezione della parte ed il rilievo del Giudice del dibattimento nella fase di cui all’art. 491, co-ma 1, c.p.p. debbano ritenersi salvi, per l’essenziale considerazione secondo cui, nel corso dell’udienza preliminare, non avrebbe potuto conoscersi ex ante quale sarebbe stata la deter-minazione del G.U.P. nell’individuazione del Tribunale dibattimentale nell’ambito di quelli del distretto. E, sul tema si è in effetti stigmatizzato il carattere abnorme, per la sua attitudine a de-

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terminare un’indebita regressione del procedimento, del provvedimento con cui il tribunale, in-11

vestito del giudizio in ordine ad un reato rientrante tra quelli di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., declini la propria competenza e trasmetta gli atti, anziché direttamente all'autorità giudi-ziaria ritenuta competente, al G.U.P. distrettuale per l'individuazione del giudice del dibatti-mento territorialmente competente (così Cass. 27.05-23.07.2014, n. 32821, Magno, in CED Cass. Rv. 261430), non essendosi mancato di segnalare che le modificazioni dell’art. 23 c.p.p. indotte dalle note sentenze del Giudice delle leggi non possono aver riguardato anche la que-stione posta dalla competenza infradistrettuale fissata dalle suindicate norme, per la serie di reati in esse contemplati, avendo la stessa Corte costituzionale chiarito (Corte cost. 12.04.2001, n. 104) che - nei casi di procedimenti per i delitti di cui all'art. 51 c.p.p., comma 3 bis, c.p.p., at- tratti alla sede distrettuale, per quanto riguarda l'individuazione sia dell’Ufficio del P.M. incari- cato delle indagini, sia del G.U.P. competente ai sensi dell'art. 328 c.p.p., comma 1 bis - la com- petenza territoriale infradistrettuale acquista rilievo soltanto nella fase del dibattimento: ragio- ne per la quale in questa prospettiva si è tratta la conclusione secondo cui il Giudice del dibat-timento che si dichiari territorialmente incompetente deve trasmettere gli atti direttamente al Giudice del dibattimento competente, atteso che il Pubblico Ministero è privo della relativa competenza. Questo arresto, peraltro, si muove nell’ambito del rilievo dell’incompetenza infradistrettua-le. Laddove invece la questione di competenza riguardi gli stessi Organi distrettuali che in con- creto hanno rispettivamente svolto le indagini preliminari ed emesso il decreto di rinvio a giudi-zio, delle due l’una: o si intende cristallizzata l’erronea (in thesi) competenza territoriale, ex art. 21, comma 2, c.p.p., per mancato rilievo tempestivo della questione, quale che sia il distretto in cui si sia radicata in modo non conforme al criterio di retta individuazione del giudice compe- tente, il processo, sulla scorta di un inquadramento dicotomico progressivo del criterio di fissa- zione di tale giudice (nel senso che quello competente per territorio rimarrebbe comunque in-dividuato ex artt. 8 e ss. c.p.p. secondo le cadenze ordinarie, salvo poi a far valere la questione di competenza infradistrettuale come sopra), oppure si ritiene che, se la competenza territoria-le derogatoria ex artt. 51 e 328 c.p.p. infradistrettuale è strutturalmente rilevabile ex art. 491,

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12 comma 1, c.p.p., allora, a fortiori, quando gli Organi requirente e disponente il giudizio abbiano agito al di fuori della retta individuazione della rispettiva competenza territoriale, tale questio- ne di competenza territoriale derogatoria si connoti - in questo (più grave) caso - delle stimma-te della competenza funzionale e, così, sia suscettibile di essere eccepita o rilevata certamente ex art. 491, comma 1, c.p.p., se non addirittura secondo la più radicale traccia fissata dal com-ma 1 dell’art. 21 c.p.p., alla stregua della competenza per materia. Sul punto è da considerare che non mancano le sottolineature interpretative nel senso che l’attribuzione delle funzioni inquirenti per taluni reati, ex art. 51 c.p.p., all’Ufficio del P.M. pres- so il Tribunale del capoluogo del distretto, nel cui ambito ha sede il giudice competente, com-porta una deroga assoluta ed esclusiva alle regole sulla competenza per territorio, anche fuori dagli ambiti distrettuali, anche perché stabilisce la vis atractiva del reato ricompreso nelle attri-buzioni di quell’Ufficio inquirente nei confronti dei reati connessi anche se di maggiore gravità (v., ad esempio, Cass. 11.04-9.06.2006, n. 19831, Mohammad, in CED Cass. Rv. 234664). Più in generale si è, di recente, fatto riferimento a tale ultima categoria affermandosi che, nell’ipotesi di incompetenza funzionale determinata ai sensi degli artt. 51, comma 3 bis e 328, comma 1 bis, c.p.p., stante l’assimilazione della competenza funzionale a quella per materia, è da ritenersi illegittima la statuizione con la quale il giudice d’appello, annullando la sentenza di giudizio abbreviato emessa dal G.I.P. circondariale, disponga la restituzione degli atti diretta-mente al giudice distrettuale, anziché al pubblico ministero presso quest'ultimo (così Cass. 11.12.2013-15.01.2014, n. 1526, Kingji, in CED Cass. Rv. 258515). Il Tribunale, valutato ogni possibile elemento, considera più aderente alla reale portata ed alla stessa ratio delle disposizioni di cui agli artt. 51 e 328 c.p.p., per l’ambito derogatorio della competenza territoriale dagli stessi fissato, concludere nel senso che, laddove il P.M., prima, ed il G.U.P., poi, agiscano nell’esercizio del corrispondente potere quali Organi distrettuali ma con riferimento alla cognizione di reato per il quale la competenza territoriale emerga come del tut-to avulsa da criterio di collegamento idoneo a radicarne la fissazione nell’ambito del distretto di riferimento, l’attività dai medesimi compiuta sia da reputarsi espletata in violazione del criterio di competenza funzionale stabilito dalle norme sopra indicate, con l’effetto che la questione di

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13 incompetenza del Tribunale in concreto adìto, pur se non sollevata o rilevata innanzi al G.U.P., debba reputarsi tempestivamente deducibile e/o rilevabile quanto meno ex art. 491, comma 1, c.p.p. Il diverso approdo, invero, dovrebbe inquadrare la fattispecie in una fattuale ipotesi di di-sapplicazione della disciplina di cui agli artt. 51 e 328 c.p.p., dato che, per ritenere fissata la competenza del Tribunale innanzi a cui è stato disposto il rinvio a giudizio, dovrebbe necessa-riamente riqualificarsi la funzione svolta (oltre che, prima, dal P.M. richiedente) dal G.U.P. - non come organo individuato in riferimento al Tribunale capoluogo del distretto bensì - quale mero Giudice dell’udienza preliminare circondariale, soltanto così potendo giustificarsi il rinvio a giu-dizio innanzi allo stesso Tribunale, e non innanzi ad un altro Tribunale del distretto, posto che non sussisterebbe nessun altro percepibile criterio di collegamento.

Così, nel caso qui in esame, non potrebbe diversamente spiegarsi (una volta chiarita l’assenza di connessione alcuna rilevante ex art. 12 c.p.p. con l’altro titolo di reato, in relazione a cui si è disposta separazione) per quale ragione il G.U.P., nello svolgimento della sua funzione ex art. 328, comma 1 quater, c.p.p., abbia rinviato al giudizio del Tribunale di SALERNO, e non invece innanzi ad un altro dei Tribunale del distretto, dal momento che il locus commissi delicti (SANT’ARSENIO), appartenendo ad altro distretto (quello di POTENZA) è ugualmente estraneo a questo Tribunale così come agli altri ricompresi nel distretto salernitano: dovrebbe perciò opi-narsi che il G.U.P., non esercitando più le funzioni di cui all’art. 328, comma 1 quater, c.p.p., ma agendo come ordinario G.U.P. circondariale ex art. 328, comma 1, c.p.p. abbia ordinariamente rinviato l’imputato innanzi al Tribunale in cui è incardinato.

Tale conclusione, però, comportando ineludibilmente l’assunto dell’irrimediabilità ordina-mentale dell’obliterazione da parte del P.M., prima, e del G.U.P. delle funzioni specifiche loro devolute, nel caso in esame, rispettivamente ex artt. 51, comma 3 quinquies, e 328, comma 1 quater, c.p.p., darebbe luogo - in questa come in analoghe e più corpose fattispecie (si pensi al caso limite dell’esercizio dell’azione penale in tema di associazione mafiosa ex art. 416 bis c.p. innanzi a giudice territorialmente del tutto estraneo ai criteri di collegamento enucleabili dalla contestazione) - all’applicazione del citato quadro normativo che rischierebbe di determinare

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una torsione interpretativa delle indicate norme, tale da proporre un non tenue profilo di com-patibilità con il principio del giudice naturale fissato dall’art. 25 della Carta fondamentale.

Pertanto, si appalesa preferibile optare per l’interpretazione che, annettendo alla compe- tenza territoriale derogatoria in esame il connotato della competenza funzionale quando la vio- lazione degli artt. 51 e 328 c.p.p., nelle parti rilevanti, abbia comportato l’avulsione del proces-so dal distretto a cui tale competenza avrebbe dovuto rettamente riferirsi, legittima la parte a sollevare e il giudice a rilevare la questione anche, per la prima volta, nella fase regolata dall’art. 491, comma 1, c.p.p.

Questo è quanto è in concreto avvenuto nel presente processo con riferimento all’imputazione di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/90, ascritta a Rosa LANGONE, a Maria ALBANO ed all’IPPOLITO e al MANFREDONIA. E - siccome, alla stregua delle notazioni svolte in premessa, ritiene che il P.M. che, ex art. 51, comma 3 quinquies, avrebbe dovuto completare le indagini preliminari era quello distrettuale di POTENZA per poi richiedere al corrispondente G.U.P. del capoluogo del distretto il decreto di rinvio a giudizio per associazione ex art. 74 D.P.R. n. 309/90 dei succitati imputati innanzi al Tri-bunale territorialmente competente, che in relazione al locus commissi delicti contestato, SANT’ARSENIO, era quello di LAGONEGRO - questo Tribunale deve dichiarare la propria incom- petenza ed, ex art. 23 c.p.p., disporre la trasmissione degli atti al P.M. presso il Tribunale di PO-TENZA, nell’indicata funzione di P.M. distrettuale. La trasmissione degli atti al PM potentino, piuttosto che al Tribunale di LAGONEGRO si fonda sulla considerazione espressa dalla citata sentenza della Suprema Corte 11.12.2013-15.01.2014, n. 1526) secondo cui alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 214 del 1993, nelle fattispecie del genere di quella in esame, per effetto della ritenuta incompetenza funzionale del giudice, pacificamente assimilata a quella per materia, gli atti vanno trasmessi al pubblico mini-stero e non al giudice ai fini dell'ulteriore corso del procedimento. P.Q.M. - Letti gli artt. 9 e ss., 51 e 328 c.p.p.; - Dichiara l’incompetenza del Tribunale di SALERNO in ordine alla cognizione del reato ex art. 74

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15 D.P.R. n. 309/90 articolato sub B in rubrica; - Dispone trasmettersi gli atti al Pubblico Ministero presso il Tribunale di POTENZA, in funzione di P.M. distrettuale individuato ex art. 51, comma 3 bis, c.p.p., per l’ulteriore corso. Motivi contestuali. SALERNO, 11.04.2016 I Giudici Estensori Il Presidente Estensore Dott. Ennio TRIVELLI Dott. Vincenzo SIANI Dott. ssa Eva SESSA

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