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Valutazione radiografica dei cani sottoposti a Duplice Osteotomia Pelvica dal preoperatorio alla guarigione ossea.

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE VETERINARIE

Corso di Laurea in Medicina Veterinaria

Anno Accademico 2019/2020

Tesi di Laurea Magistrale

Candidato:

Vincenza Caporale

Relatore:

Prof.ssa Citi Simonetta

Correlatore:

Dott. Raschi Alessio

Valutazione radiografica dei cani sottoposti a

Duplice Osteotomia Pelvica dal preoperatorio

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A chi mi ha sempre supportato, A chi mi ha spesso sopportato, E a me, per averci creduto fino alla fine.

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Sommario

Riassunto ... 5 Abstract ... 5 Introduzione ... 6 Capitolo 1 ... 7 La displasia dell’anca ... 7 1.1 Fisiopatologia ... 8

1.2 Approccio clinico al paziente affetto da CHD ... 11

Capitolo 2 ... 12

Diagnosi della displasia dell’anca: visita ortopedica ... 12

2.1 Rilievi clinici osservabili con paziente in stazione ed in movimento ... 15

2.2 Esame ortopedico con paziente sveglio ... 17

2.3 Esame ortopedico con paziente in anestesia ... 19

Capitolo 3 ... 26

Diagnosi della displasia dell’anca: esame radiografico ... 26

3.1 Proiezione Ventro-Dorsale Standard ... 28

3.2 Proiezione “a rana” ... 32

3.3 Proiezione DAR ... 33

3.4 Proiezione ventro- dorsale con distrattore (Penn- Hip) ... 35

3.5 Classificazione della displasia dell’anca ... 37

Capitolo 4 ... 39

La Triplice Osteotomia della Pelvi ... 39

4.1 Tecnica chirurgica ... 40

4.2 Considerazioni sulla TPO ... 43

4.3 Complicazioni ... 44

4.4 Obiettivi e risultati della TPO ... 45

Capitolo 5 ... 46

La Duplice Osteotomia Pelvica ... 46

5.1 Criteri di scelta dei candidati ... 46

5.2 Valutazione preoperatoria ... 47

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5.4 Conclusioni ... 51

Parte sperimentale ... 52

Introduzione alla parte sperimentale ... 52

Capitolo 6 ... 53

Materiali e Metodi ... 53

6.1 Selezione dei casi ... 54

6.2 Controllo clinico e radiografico ... 56

6.3 Diagnosi e criteri di inclusione ... 61

6.4 Chirurgia eseguita, impianti utilizzati ed anestesia ... 61

6.5 Terapia e gestione postoperatoria ... 62

6.6 Valutazioni postoperatorie e follow up ... 63

Capitolo 7 ... 64

Risultati ... 64

7.1 Valutazione clinica postoperatoria ... 64

7.2 Valutazione radiografica del callo osseo precoce ... 64

7.3 Valutazione radiografica della copertura femorale (PC) ... 66

Capitolo 8 ... 68 Discussioni ... 68 Capitolo 9 ... 71 Conclusioni ... 71 Bibliografia ... 73 Ringraziamenti ... 80

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Riassunto

“Valutazione radiografica dei cani sottoposti a Duplice Osteotomia Pelvica dal preoperatorio alla guarigione ossea.”

Candidato: Vincenza Caporale

La DPO è un intervento chirurgico correttivo per la displasia d’anca canina precoce il cui principale obiettivo è aumentare la copertura acetabolare e limitare la progressione dell’osteoartrosi (OA). Lo scopo del nostro studio è la valutazione radiografica a carico dell’articolazione coxofemorale in pazienti sottoposti ad intervento di Duplice Osteotomia Pelvica.

Nove cani di proprietà operati di DPO sono stati sottoposti ad un esame clinico e radiografico. La valutazione radiografica della pelvi è stata eseguita mediante confronto diretto tra le radiografie eseguite nei periodi preoperatorio, postoperatorio e nei successivi follow up. Sono stati poi valutati la copertura femorale, la formazione e chiusura del callo osseo.

Parole chiave: cane, displasia dell’anca, DPO, duplice osteotomia pelvica, copertura acetabolare, callo

osseo.

Abstract

“Radiographic evaluation of dogs undergoing Double Pelvic Osteotomy from preoperative to bone healing.”

Attendant: Vincenza Caporale

DPO is a surgical corrective procedure for early canine hip dysplasia whose main goal is to improve acetabular coverage and slow the progression of osteoarthritis (OA). The purpose of our study is a radiographical evaluation of the coxofemoral joint of patients treated with Double Pelvic Osteotomy.

Nine owned dogs treated with DPO underwent a clinical and radiographical examination. Hip’s radiographical evaluation has been done with a direct comparison between preoperative, postoperative and subsequent follow ups. The femoral cover, formation and closure of the bone callus were then assessed.

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Introduzione

La displasia dell’anca è la patologia ortopedica maggiormente diffusa tra le razze canine. Essa è caratterizzata da uno sviluppo anomalo dell’articolazione coxofemorale, da incongruenza e lassità articolare di diverso grado, con conseguente comparsa di osteoartrosi. Tale sindrome presenta una rilevanza maggiore nelle razze cliniche di taglia grande e gigante, interessando ugualmente maschi e femmine, quasi sempre bilateralmente.

La sintomatologia è caratterizzata in principal modo da manifestazioni algiche come: riluttanza al movimento, zoppia di grado variabile, riduzione dell’ampiezza di movimento delle articolazioni e dolore alla palpazione. Il dolore, nei soggetti giovani, è attribuibile alla diminuzione della congruità articolare del femore rispetto all’acetabolo ed al conseguente stato flogistico. Nei soggetti adulti e negli anziani invece, il dolore è causato piuttosto dai processi degenerativi che si susseguono all’osteoartrite [Chaniot and Genevois, 2004; Hulse,

2002].

La Triplice Osteotomia della Pelvi (TPO) è una tecnica chirurgica introdotta da Slocum nel 1986, con l’obiettivo di correggere la lassità funzionale dell’articolazione coxofemorale aumentando la copertura acetabolare, riducendo la forza che agisce sull’articolazione stessa, e limitando la progressione dell’osteoartrosi [Johnson et al., 1998; Hara et al., 2002]. La Duplice Osteotomia Pelvica (DPO), introdotta nel 2006 da Haudiquet e JF Guillon, comporta l’osteotomia dell’ileo e del pube, ma non dell’ischio, come previsto invece dalla TPO. Tale tecnica raggiunge una significante ventroversione dell’acetabolo con rotazione laterale dell’ileo e torsione dell’ischio, semplificando la TPO e riducendone le complicanze. Il nostro obiettivo è valutare, nei cani affetti da displasia dell’anca e sottoposti a DPO, l’inizio del callo osseo, la guarigione dell’osteotomia e la copertura acetabolare.

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Capitolo 1

La displasia dell’anca

La displasia dell’anca, conosciuta anche come CHD (Canine Hip Dysplasia) è una patologia multifattoriale ereditaria, non congenita che consiste in un anomalo sviluppo dell’articolazione dell’anca. Essa si manifesta con diversi gradi di lassità ed instabilità dell’articolazione, malformazioni della testa del femore e dell’acetabolo, con conseguente sviluppo di osteoartrosi, spesso con insorgenza bilaterale. Non presenta apparente predisposizione di sesso, sebbene, in alcuni studi, sia stata riscontrata con frequenza maggiore nella femmina.

La CHD non solo si colloca tra i più rilevanti disordini dell’anca nel cane, ma rappresenta anche la causa più frequente di artrosi in suddetta specie. Sebbene tale patologia si riscontri con più frequenza nelle razze di taglia grande-gigante è possibile raramente rilevarla anche in cani di razza medio-piccola (tra cui Cocker Spaniel e Springer Spaniel) e, ancor più di rado, si osserva in cani di razza toy e gatti. Ciononostante, tra le razze di più comune interesse sono annoverate il Pastore Tedesco, il Rottweiler, il Labrador Retriever, l’Alaskan Malamute, il Collie, il Pastore maremmano, il Boxer ed il San Bernardo.

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1.1 Fisiopatologia

Si può riassumere la fisiopatologia in quattro alterazioni fondamentali:

1. Iperlassità articolare: è considerata la principale causa della CHD. La stretta correlazione tra displasia dell’anca e iperlassità è dimostrata dalla possibilità di riscontrare CHD anche in assenza di altre modificazioni articolari, soprattutto nel soggetto di giovane età [Fluckinger et al., 1998; Lust et al., 1993]. Ancora sconosciuta resta la causa dell’iperlassità che in alcuni studi viene considerata conseguenza del deficit della sintesi del collagene [Fries and Remedios, 1995;

Madsen, 1997]. Da questo ne deriva un gradiente pressorio anomalo che causerebbe

aumento di volume del liquido sinoviale intracapsulare con conseguente aumento della pressione intrarticolare [Chanoit and Genevois, 2004].

2. Modificazioni cartilaginee: dalla diminuzione delle superfici articolari del femore e dell’acetabolo deriva la sublussazione della testa del femore. Ciò riduce la superficie su cui vengono esercitate le forze biomeccaniche, cosicché tali forze si concentrano sulla regione dorso-laterale dell’acetabolo, determinando un aumento notevole delle forze esercitate per unità di superficie, superando rapidamente la possibilità di adattamento della cartilagine articolare. In questo modo si verifica la comparsa a livello della testa femorale e del margine acetabolare di lesioni della cartilagine articolare [Alexander, 1992]. La cartilagine va quindi incontro a condromalacia, ed alterandosi essa perde la sua funzione di ammortizzazione. 3. Modificazione sinoviali capsulari: tra le lesioni della cartilagine articolare le

microfratture cartilaginee determinano liberazione dei prodotti di degradazione della cartilagine che portano all’attivazione della cascata dei fattori dell’infiammazione che causano a livello intrarticolare la comparsa di sinovite reattiva [Alexander, 1992;

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Frost, 1989; Morgan, 1992]. L’infiammazione sinoviale porta all’attivazione delle

citochine che determina ulteriore rilascio di prodotti dannosi per la cartilagine. I villi sinoviali rispondono a tali insulti divenendo ipertrofici. La fibrosi determina sostituzione dei sinoviociti con cellule infiammatorie. Gli spazi intercellulari che si creano dalla distruzione delle cellule sinoviali vengono colmati da collagene denso che favorisce il fenomeno fibrotico [Morgan, 1997]. L’evoluzione della patologia comporta l’aumento del liquido sinoviale. Contestualmente l’edema infiammatorio determina aumento di volume del legamento rotondo, impedendo il normale ritorno della testa femorale all’interno della cavità acetabolare, aggravando così la sublussazione [Chanoit and Genevois, 2004].

4. Modificazioni ossee: l’acetabolo e la testa del femore sono strutture malleabili fino alla chiusura delle cartilagini di accrescimento che si verifica tra i 6 e i 10 mesi di età. La conformazione finale dell’articolazione coxofemorale in un cane privo di patologie articolari è il risultato della biomeccanica articolare, del rimodellamento progressivo delle parti anatomiche in rapporto tra loro, sulla base delle forze pressorie esistenti tra la testa del femore e la cavità acetabolare [Alexander, 1992;

Cahuzac et al., 1989].

Nei cani affetti da CHD l’iperlassità articolare determina un difetto di adattamento della testa del femore nella cavità acetabolare durante il movimento. Possono essere causa dell’iperlassità: le anomalie capsulo-legamentose eventualmente presenti nei cani con displasia, l’insufficiente contenimento muscolare dei muscoli glutei o le modificazioni degli angoli ossei [Cardinet et al., 1997; Riser and Shirer, 1967]. A ciò consegue un’alterazione biomeccanica che nel tempo può portare a rimodellamento osseo con progressiva perdita di congruenza. Lo sviluppo della

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patologia è quindi progressivo con evoluzione nei primi sei mesi di vita dell’animale [Lust and Summers, 1981].

Il DAR (margine acetabolare dorsale) tende ad arrotondarsi a causa dell’azione pressoria esercitata dalla testa femorale diretta dorsalmente e cranialmente. Tale rimodellamento e la presenza di microfratture del DAR spiegano l’insorgenza delle prime manifestazioni algiche tra i 5 e i 6 mesi di vita. La pressione della testa del femore esercitata sui margini acetabolari determina inoltre lo slargamento progressivo della cavità, favorendo la sublussazione. Viene anche descritta in alcuni casi la dislocazione laterale del grande trocantere a causa della trazione dei muscoli glutei [Chanoit and Genevois, 2004].

L’incongruità articolare determina nel tempo un fenomeno artrosico che porta a nuove modificazioni delle strutture che compongono l’articolazione, con formazioni osteofitiche. La risultante è un’alterazione delle parti anatomiche con progressivo aggravamento dell’incongruenza [Kaptakin et al., 2000].

Anche la muscolatura può assumere un ruolo all’evoluzione della CHD. La stabilità articolare è supportata dalla componente muscolare che partecipa alla spinta del femore all’interno della cavità acetabolare. Quando i muscoli si affaticano o se non risultano essere sufficientemente sviluppati possono determinare la sublussazione della testa femorale o portare allo stiramento della capsula articolare e del legamento rotondo, ciò comporta il danneggiamento del bordo acetabolare dorsale [Slocum and Slocum, 1998].

Il quadro anatomopatologico della CHD può quindi essere riassunto attraverso tali alterazioni: appiattimento della cavità acetabolare, ispessimento o lacerazione del legamento rotondo, sublussazione o lussazione completa del femore, grave erosione della cartilagine

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articolare, progressivo rimodellamento dell’acetabolo, della testa e del collo femorale, comparsa di osteofiti periarticolari [Morgan, 1997].

1.2 Approccio clinico al paziente affetto da CHD

Clinicamente la displasia dell’anca si può manifestare con due sindromi: una nei pazienti compresi tra i 5 e i 10 mesi, l’altra nei pazienti adulti con osteoartrosi (OA).

La patologia nei pazienti giovani determina difficoltà ad alzarsi dopo il riposo, intolleranza all’esercizio, bunny hopping (andatura a coniglio), zoppia intermittente o continua. Con il progredire della patologia il dolore dell’articolazione dell’anca può determinare l’insorgenza di altri sintomi.

Nel paziente adulto la progressiva insorgenza di OA determina difficoltà nel passaggio alla stazione, zoppia dopo l’attività, dolore durante la rotazione esterna e l’abduzione dell’articolazione interessata, nonché atrofia della muscolatura pelvica ed andatura ondeggiante. Generalmente non si riscontra lassità articolare ma durante la manipolazione dell’anca si può rilevare un crepitio.

Il motivo che spinge il proprietario a portare in visita il proprio cane è spesso la valutazione di una zoppia improvvisamente peggiorata durante o dopo attività oppure in seguito ad un trauma [Schulz, 2008]. In un paziente giovane la diagnosi differenziale deve tener conto della panosteite, dell’osteocondrosi, del distacco della fisi e lesioni legamentose; negli animali adulti o anziani bisogna considerare eventualmente problemi neurologici, poliartriti o neoplasie ossee [Dassler, 2005; Hulse, 2002].

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Capitolo 2

Diagnosi della displasia dell’anca: visita ortopedica

Il protocollo diagnostico per la CHD deve essere eseguito in maniera sistematica. Per avere una diagnosi sicura ed una prognosi attendibile è necessario ricorrere ad un esame ortopedico e radiografico completo. L’esame ortopedico è organizzato in due fasi. La prima consta di una ispezione ed osservazione dell’animale in stazione ed in movimento, la seconda implica la palpazione del soggetto vigile e in sedazione. L’esame ispettivo non può prescindere dalla considerazione delle caratteristiche morfologiche degli standard di razza. In stazione quadrupedale un animale con algia dell’articolazione coxofemorale tenderà ad estendere l’anca il meno possibile tenendo ginocchio e garretto iperestesi per permettere l’appoggio dell’arto. Per osservare il soggetto in movimento è necessario osservare attentamente e ripetutamente il paziente mentre effettua un percorso rettilineo di andata e ritorno su una superficie piana, priva di ostacoli, lunga circa 10 metri. Il cane deve essere tenuto al guinzaglio per una corretta valutazione. È inoltre consigliabile far camminare il soggetto in salita, in discesa, al trotto, al galoppo e mentre sale e scende alcuni gradini. In questo modo il suo baricentro cambia e si trova costretto a scaricare il peso sugli arti anteriori o posteriori [Bernardini, 2000]. È necessario tenere in considerazione anche il movimento di testa e groppa; ad esempio, se l’arto interessato dall’algia è posteriore, caricando sull’arto sano si avrà abbassamento della groppa e periodo di appoggio prolungato [Martini, 2006]. La zoppia può essere classificata come algica o meccanica. Si definisce algica quando è secondaria a dolore che porta allo sviluppo di un sistema di difesa organico per sottrarre il carico sull’arto colpito. Si parla invece di zoppia meccanica quando essa è determinata da modificazioni osteo-articolari che impediscono la normale biomeccanica di movimento. Si classifica la zoppia secondo 4 gradi di gravità:

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• Grado I: zoppia lieve, movimento leggermente alterato, carico dell’arto mantenuto anche se limitato.

• Grado II: blanda zoppia, movimento alterato ma con funzionalità̀ e carico dell’arto mantenuti.

• Grado III: zoppia moderata, movimento e funzionalità̀ alterati, talvolta l’arto non viene appoggiato.

• Grado IV: zoppia grave, movimento alterato e perdita della funzionalità̀, sottrazione dell’arto all’appoggio.

Più difficile risulta la valutazione di problemi articolari bilaterali poiché la zoppia è più difficilmente identificabile, con alterazioni più generiche dell’andatura [Martini, 2006]. In caso di grave algia posteriore bilaterale il soggetto tenderà a spostare tutto il carico sugli anteriori con atteggiamento di falsa cifosi.

Si procede con l’ispezione di tutte le articolazioni e dei segmenti ossei in stazione, procedendo in senso prossimo-distale e poi in decubito partendo dall’articolazione più distale per poi risalire. In stazione vengono palpate le articolazioni di entrambi gli arti contemporaneamente per comparare le masse muscolari, identificando eventuali atrofie, e per rilevare la possibile presenza di tumefazioni, asimmetrie o aree calde fredde o dolenti. Le singole articolazioni vanno poi esaminate singolarmente con manualità di flessione, estensione, iperflessione ed iperestensione, adduzione e abduzione; i risultati devono essere confrontati con le valutazioni delle articolazioni controlaterali. Terminata la valutazione dell’animale in stazione si procede ponendolo in decubito laterale procedendo come precedentemente detto. È necessario valutare l’eventuale risposta algica. A tal proposito va considerato il carattere dell’animale, il quale potrebbe tollerare o meno le manipolazioni senza correlazione con la presenza effettiva dell’algia.

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L’esame ortopedico non può prescindere dalla valutazione del ROM (Range Of Motion), ovverosia l’ampiezza di movimento delle singole articolazioni, da valutare con paziente sedato, in quanto il dolore articolare e la conseguente resistenza del soggetto alle manualità possono portare alle rilevazioni di dati falsati [Martini, 2006].

Quando con l’esame ortopedico abbiamo escluso patologie riguardanti altri settori anatomici, e abbiamo localizzato il problema a carico delle articolazioni delle anche si procede con un esame più approfondito.

In particolare, l’approccio diagnostico si basa su:

1. Rilievi clinici osservabili con paziente in stazione e in movimento: • Anche squadrate (boxy hips)

• Andatura “a coniglio” (bunny hopping) • Anche schioccanti (clunking hips)

• Prova di sollevamento sui posteriori (stand test) 2. Esame ortopedico con paziente sveglio:

• Test di abduzione e rotazione esterna • Test di estensione dell’anca

• Test di sublussazione dell’anca

3. Esame ortopedico con paziente sotto anestesia: • Test di Ortolani

• Test di Barlow

• Angoli di riduzione e sublussazione • Test di Bardens

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2.1 Rilievi clinici osservabili con paziente in stazione ed

in movimento

o Anche squadrate o “a scatola” o “boxy hips”

Questa modificazione della groppa fa assumere all’animale visto da dietro un profilo spigoloso e squadrato (Fig. 1B), invece di risultare armonioso e arrotondato (Fig.

1A). Le anche a scatola sono causate dalla sublussazione/ lussazione totale della testa

femorale in direzione dorso-laterale che portano il grande trocantere ad assumere una posizione dorsale e laterale conferendo alla groppa questo profilo caratteristico della patologia. Il soggetto mantiene inoltre una base d’appoggio stretta per evitare un’ulteriore stimolazione meccanica sulla capsula infiammata per non aggravare la sensazione algica (Fig. 2A). Un soggetto invece displasico ma privo di lussazione delle anche adotta una base d’appoggio larga per orientare la forza assiale del femore verso l’acetabolo ed agevolare la riduzione dell’anca (Fig 2B) [Slocum and Slocum,

1998].

Fig 1. A. Soggetto normale con

profilo della groppa armoniosamente arrotondato;

B. soggetto con anche lussate e

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o Andatura “a coniglio” o “bunny gate”

L’animale con questa andatura corre utilizzando contemporaneamente il bipede posteriore con i piedi in posizione addotta per ridurre gli stimoli meccanici ed algici a livello dell’anca, effettuando l’estensione con il movimento della schiena. Il paziente viene osservato da dietro durante la corsa [Slocum and Slocum, 1998].

o Anche “schioccanti” (clunking)

Sono il risultato della riduzione spontanea delle anche durante la deambulazione. Si possono apprezzare durante la camminata o appoggiando le mani sulla groppa del cane. In alcuni casi si può udire il tipico “clunk”; questo suono sta ad indicare che l’acetabolo è ancora abbastanza profondo da permettere la riduzione spontanea della testa femorale [Slocum and Slocum, 1998].

Fig. 2 A. Soggetto displasico con anche lussate: i piedi sono mantenuti vicini tra loro con una base d’appoggio stretta; B. soggetto displasico con anche ridotte: i piedi sono mantenuti lontani tra loro con base d’appoggio larga.

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o Prova di sollevamento sui posteriori (stand test)

Per eseguire il test il cane deve essere posizionato in stazione quadrupedale di fronte al proprietario, quest’ultimo solleverà completamente il bipede anteriore. Il clinico osserva la manovra di lato. Il soggetto sano accetta la posizione e cerca di allungarsi il più possibile verso il padrone, estendendo ed appiattendo le anche e la schiena. Un soggetto affetto da CHD non accetta la stazione e tende ad assumere la stazione quadrupedale, scaricando il peso su un lato per tornare a terra. L’animale mantiene le anche e la schiena in posizione flessa e cerca di sottrarsi all’esercizio.

È possibile che cani di giovane età e con quadro patologico precoce ed infiammazione lieve si comportino al test come soggetti sani. Può inoltre verificarsi che in cani anziani con fibrosi accentuata e displasia cronica riescano a sollevarsi ma non siano in grado di flettere le anche. Pertanto, tale test non può considerarsi patognomonico sebbene permetta di restringere la localizzazione della patologia alle anche e al rachide lombo-sacrale [Slocum and Slocum, 1998].

2.2 Esame ortopedico con paziente sveglio

L’esame ortopedico con paziente sveglio risulta di fondamentale importanza per la diagnosi di CHD attraverso la stimolazione di una lieve algia.

o Test di abduzione e rotazione esterna

Il test prevede che il clinico si ponga dietro al paziente, mentre la testa di questo viene contenuta. La mano dell’operatore afferra il ginocchio del paziente ed esegue il movimento di flessione e rotazione esterna dell’anca. Si effettua poi, simultaneamente, il movimento di abduzione, rotazione esterna ed estensione, appena sufficiente a stimolare un’eventuale risposta algica del cane. La risposta

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positiva al test indica la presenza di uno stato flogistico articolare. L’indifferenza del paziente depone per la negatività del test [Slocum and Slocum, 1998].

o Test di estensione dell’anca

Il clinico si pone dietro al paziente e appoggia le dita della mano destra sulla parte craniale della coscia a livello del ginocchio, mentre la mano sinistra viene posizionata sulla groppa. Tirando in direzione caudale il femore si ottiene l’estensione dell’anca, con la mano sinistra si evita che il paziente si sottragga alla manovra. Il test sollecita la porzione di capsula articolare che avvolge il collo femorale. La positività può quindi indicare CHD, con infiammazione dell’articolazione, ma anche contrattura del muscolo ileopsoas ed infiammazione della colonna lombare caudale [Slocum and Slocum, 1997].

o Test di sublussazione dell’anca

Questo test valuta la risposta del cane in base allo stato infiammatorio della parte dorsale della capsula articolare, viene quindi considerato un test specifico per la diagnosi di displasia dell’anca. Con il clinico posto sullo stesso lato dell’anca da esaminare vengono appoggiate le dita della mano sulla parte mediale e prossimale del femore, il pollice invece viene posizionato sull’ileo corrispondente. Si porta il femore in direzione laterale, insieme viene esercitata con il pollice una pressione mediale sull’ileo. La pressione esercitata dall’operatore determina la sublussazione laterale dell’anca che, essendo infiammata e determinando una sensazione algica al paziente, porterà alla contrazione della muscolatura della coscia [Slocum and

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2.3 Esame ortopedico con paziente in anestesia

o Test di Ortolani

Il segno di ortolani è un rilievo che si ottiene quando la testa del femore, dalla posizione di lussazione, rientra nell’acetabolo con il caratteristico rumore di “clunk”. Per effettuare al meglio questo test è necessario sedare il paziente per ottenere un sufficiente grado di rilassamento muscolare e accertarsi dell’eventuale lassità articolare. Dopo aver effettuato l’anestesia si pone il cane in decubito dorsale. La manovra si compone di due fasi:

1. Viene indotta la sublussazione forzando la testa del femore dorsalmente all’acetabolo. L’esaminatore si posiziona dietro all’animale, afferra il ginocchio, flesso a 90°. Pone l’altra mano dorsalmente alla pelvi dell’animale, con il pollice sopra al grande trocantere. Il ginocchio viene addotto e forzato dorsalmente con una pressione decisa, mentre si tiene stabile la pelvi. Se è presente lassità articolare, creando forza lungo l’asse longitudinale del femore, si causa la sublussazione dorsale dell’anca (Fig. 3A).

2. Si abduce lentamente l’anca. La riduzione è percepibile non appena la testa sublussata ricade all’interno dell’acetabolo. L’abduzione si effettua mantenendo la pressione diretta dorsalmente attraverso il femore. Si sente uno schiocco con il pollice che depone per la positività del test, non appena il trocantere si muove medialmente e la testa del femore scivola sul bordo dorsale dell’acetabolo (Fig.

3B). Utilizzando un goniometro elettronico canino posizionato caudalmente

all’eminenza ileo-pettinea è possibile misurare l’angolo di riduzione, che rappresenta l’angolo di abduzione compreso tra il piano sagittale mediano e la

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posizione del femore al momento della riduzione (Fig. 3C) [Slocum and Slocum,

1998].

o Test di Barlow

Questo test, come il precedente, si esegue col paziente anestetizzato e posto in decubito dorsale. L’esaminatore poggia il palmo della mano sul versante laterale del ginocchio flesso. Il pollice si posiziona sul condilo mediale del femore, in prossimità della rotula. Si colloca l’anca in posizione di abduzione. In questa posizione la testa femorale si riduce all’interno dell’acetabolo. Successivamente l’anca viene lentamente addotta. Il segno di Barlow risulta positivo quando si rileva, mediante palpazione, lo scivolamento della testa femorale dall’acetabolo, sublussandosi. In questo modo, con lo stesso goniometro elettronico canino, è possibile misurare l’angolo di sublussazione, ovvero l’angolo di adduzione che coincide con la fuoriuscita della testa del femore dall’acetabolo, durante la manovra di adduzione.

Fig. 3 A. il ginocchio viene addotto e forzato dorsalmente.

B. Abduzione con riduzione dell’anca. C. Misurazione

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Per convenzione l’angolo è considerato positivo se il femore è laterale al piano sagittale mediano quando si sublussa, altrimenti viene considerato negativo quando il femore è in posizione mediale.

Questo test non è patognomonico di CHD, indica però uno stiramento della capsula articolare [Slocum and Slocum, 1998].

Angoli di riduzione e sublussazione

Per la determinazione dell’angolo di riduzione l’esaminatore poggia la mano sul versante laterale del ginocchio e, spingendo in direzione mediale, pone l’arto nella posizione verticale di partenza, tenendo l’anca in posizione neutrale, quindi evitando flessioni od estensioni. Rilasciando la pressione diretta medialmente sul ginocchio, l’anca viene progressivamente abdotta. Una volta ridotta la testa femorale si arresta il movimento di abduzione dell’anca (fig. 4). Per misurare tale angolo si può utilizzare, come detto in precedenza, il goniometro elettronico canino. Si colloca la sonda appena caudalmente all’inserzione del muscolo pettineo sull’eminenza ileo-pettinea, poggiando lo strumento sul versante mediale del ginocchio. Lo strumento è dotato di display su cui comparirà la misurazione dell’angolo.

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Partendo dalla posizione di abduzione con cui si è determinato l’angolo di riduzione, l’angolo di sublussazione è calcolato riportando progressivamente il ginocchio in posizione verticale. Aumentando gradualmente la spinta in direzione mediale sul ginocchio, si adduce lentamente l’anca. Non appena la testa femorale inizia a lussare, s’interrompe il movimento di adduzione (fig.5).

Per la misurazione dell’angolo si ricorre allo stesso goniometro con le medesime

modalità di esecuzione.

Si effettuano tali manovre anche sull’arto controlaterale.

Fig. 5 Sublussazione dell’anca mediante la sua adduzione

Su ciascun’anca si rilevano dunque due angoli: l’angolo di riduzione rappresenta la lassità articolare, ovvero lo stiramento o la lacerazione della capsula articolare rispetto al DAR (Dorsal Acetabular Rim). Quanto maggiore è l’angolo di riduzione, tanto maggiore sarà lo stiramento della porzione capsulare dorsale.

Lo stiramento della capsula articolare dorsale condiziona il punto in cui il DAR prende contatto con la testa femorale. Il punto di contatto tra il bordo acetabolare e

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la testa femorale determina il grado di abduzione necessaria prima che la forza assiale del femore sia diretta medialmente al punto di contatto. Quando si realizza tale condizione, la testa del femore rientra nell’acetabolo. Se lo stiramento della capsula articolare è di entità modesta, il punto di contatto tra il bordo acetabolare e la testa femorale coincide con il settore dorsale della testa femorale con l’arto posto sul piano sagittale. Con il progredire dello stiramento capsulare, la testa femorale è in grado di dislocarsi lateralmente e poi dorsalmente; a tale dislocazione l’unica struttura ad opporsi è il legamento rotondo. L’angolo di riduzione aumenta ulteriormente solo in presenza di cedimento del legamento rotondo, conseguente ad eccessivo stiramento capsulare, o di collasso del bordo acetabolare, successivo alla notevole incongruenza articolare che si stabilisce. Viceversa, l’angolo diminuisce in caso di fibrosi capsulare o di proliferazione osteofitica localizzata a livello del DAR che, opponendosi all’ulteriore traslazione dorsale della testa femorale, favorisce la stabilizzazione capsulare [Slocum and Slocum, 1998].

L’angolo di sublussazione è indice dell’inclinazione funzionale dell’acetabolo sottostante al bordo acetabolare dorsale.

Quando l’anca viene addotta, la forza assiale del femore si orienta ortogonalmente al piano di inclinazione del DAR, che costituisce l’ultima posizione in cui l’anca è ancora stabile. Ogni ulteriore movimento di adduzione dell’anca dirige la forza assiale del femore lateralmente alla perpendicolare alla superficie del DAR, con conseguente spostamento laterale della testa femorale, che prende contatto con la capsula articolare. In condizioni normali, la lassità fisiologica della capsula articolare non consente uno spostamento laterale della testa femorale di entità tale da permetterne la sublussazione.

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Nell’animale giovane affetto da CHD la misurazione dell’angolo di riduzione risulta agevole, nel soggetto adulto invece può essere più difficoltosa.

L’angolo di riduzione tende ad aumentare fino allo stiramento completo del legamento rotondo e della capsula articolare, raggiungendo il suo punto limite. Con l’evolvere della patologia l’angolo di riduzione diminuisce fino a diventare di difficile evidenziazione (fig.6). Quando la testa del femore permane in posizione lussata a lungo, si ha la progressiva proliferazione di osteofiti che colmano l’acetabolo [Slocum and Slocum, 1998].

L’angolo di sublussazione invece tenderà progressivamente ad aumentare, senza mai diminuire, rimanendo sempre maggiore di 0° (fig. 6).

La diminuzione dell’angolo di riduzione procede di pari passo con l’aumento dell’angolo di sublussazione, fino alla formazione di un unico angolo definito “angolo di traslazione” (fig.6) [Slocum and Slocum, 1998].

Fig. 6 Evoluzione nel tempo degli angoli di riduzione e sublussazione. Le variazioni di questi due angoli presentano caratteristiche

ripetibili. Nei primi 7 mesi l’angolo di riduzione aumenta rapidamente fino all’ispessimento della capsula che stabilizza l’anca. L’angolo di sublussazione aumenta maggiormente tra i 5 e gli 8 mesi a causa della lussazione della testa femorale contro la capsula articolare lassa. L’angolo di sublussazione continua ad aumentare fino ad eguagliare il valore dell’angolo di riduzione: questo angolo viene definito angolo di traslazione.

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o Test di Bardens

Il test viene eseguito con l’animale posto in decubito laterale con l’anca da esaminare verso l’alto.

Una mano esegue la manovra mentre con l’altra si valuta l’entità dello spostamento. Ponendo che si debba valutare l’anca sinistra: si pone l’animale in decubito destro e si poggia il pollice della mano destra sull’estremità laterale della tuberosità ischiatica, il dito medio sull’ala dell’ileo ed infine l’indice sul grande trocantere. La mano sinistra invece afferra il femore appena distalmente al grande trocantere esercitando sulla porzione prossimale dell’osso una pressione in direzione medio-laterale. Se invece bisogna valutare l’anca destra, si pone l’animale in decubito sinistro, la mano destra dell’operatore esegue la manovra mentre la sinistra valuta lo spostamento.

Lo spostamento laterale dell’anca attraverso il Test di Bardens può classificare l’anca come:

- Normale: con spostamento di 1-2 mm - Borderline: con spostamento di 3-4 mm - Displasica: 5-6 mm

- Gravemente displasica: >6 mm

Tale test non viene accettato in modo unanime come indicatore specifico della CHD, piuttosto è considerato un segno generico da tenere in considerazione nel sospetto della patologia [Slocum and Slocum 1998].

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Capitolo 3

Diagnosi della displasia dell’anca: esame

radiografico

Lo studio radiografico della pelvi è il metodo ufficialmente riconosciuto per la diagnosi di CHD, nonché per stabilire la prognosi e per programmare la terapia.

Le proiezioni utilizzate per lo studio della pelvi sono: - Proiezione Ventro- Dorsale standard (VD) - Proiezione “a rana”

- Proiezione Ventro- Dorsale con distrattore - Proiezione DAR

Organizzazioni internazionali in collaborazione con le associazioni di allevatori, che si interessano al controllo e all’eradicazione delle patologie ortopediche del cane, hanno uniformato le metodiche per l’esecuzione e la valutazione delle radiografie per la diagnosi di CHD. Nello specifico l’FCI (Fédération Cynologique Internationale) per l’Europa; l’OFA (Orthopaedic Foundation for Animals) per gli Stati Uniti; la BKC (British Kennel Club) per l’Inghilterra. Tali organizzazioni prescrivono la proiezione ventro-dorsale con arti posteriori iperestesi caudalmente; anche definita “standard”, usata come unica proiezione richiesta per la lettura ufficiale [Brass et al., 1978; Gibbs, 1997; Morgan and Stephens, 1972; Riser,

1962].

L’FSA (Fondazione Salute Animale) organizza una Centrale di Lettura Ufficiale della CHD

nel cane, coerentemente col suo progetto di medicina preventiva e di controllo delle malattie

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Dortumnd (1991) e a Londra (1994) con la WSAVA (World Small Animal Veterinary

Association), secondo le esigenze dell’ENCI (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana) e dalle

associazioni specializzate di razza.

L’FCI, adotta un sistema di valutazione basato su 5 gradi. L’età minima per la realizzazione delle radiografie ufficiali è di 12-16 mesi (18 mesi per le razzie giganti), arbitrariamente si decide di effettuare le radiografie verso l’anno d’età, momento in cui si raggiunge il massimo sviluppo scheletrico [Morgan, 1972].

Una valutazione precoce della CHD può essere ottenuta effettuando lo studio radiografico entro i 6 mesi di vita. Per la diagnosi precoce occorre effettuare tutte le proiezioni prima citate per evidenziare la morfologia dei capi articolari, la congruità e l’entità dell’eventuale lassità articolare.

In Italia abbiamo anche un’altra centrale di lettura per la CHD, la Ce.Le.Ma.Sche (Centrale

di lettura patologie scheletriche genetiche e/o ereditarie del cane). Il protocollo Celemasche

prevede che ad ogni cane esaminato venga attribuita una sigla di identificazione. La Sigla viene impressa dal veterinario esecutore su tutti i radiogrammi e sulla documentazione da inviare a Celemasche, viene anche riportata come numero di registro sui timbri ufficiali ENCI HD ed ED.

Per alcune razze è previsto, dalle società di razza, l'obbligo di tatuare il cane, con la medesima sigla, sull'orecchio sinistro.

La classificazione Ce.Le.Ma.Sche è quella raccomandata dalla F.C.I. e della WSAVA ed adottata dall’ENCI.

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3.1 Proiezione Ventro-Dorsale Standard

La Proiezione Ventro- Dorsale (VD) ad arti estesi è la valutazione radiografica raccomandata dall’OFA e conforme alle direttive internazionali della FCI per la CHD. Per effettuare un corretto posizionamento ed avere un buon rilassamento muscolare, essenziali per l’effettuazione di tali radiografie, il soggetto deve essere anestetizzato o profondamente sedato. Si pone l’animale in decubito dorsale con gli arti anteriori estesi e possibilmente legati in modo simmetrico rispetto al tavolo radiografico, mentre gli alti pelvici vengono estesi e mantenuti in adduzione dall’operatore.

Gli arti devono essere paralleli tra loro ed equidistanti rispetto alla colonna vertebrale, e paralleli al tavolo radiografico. I femori vengono intraruotati, facendo sì che le rotule si sovrappongano al centro della troclea femorale. Non vi deve essere rotazione del bacino. Per effettuare un posizionamento adeguato ed ottimale si pone il paziente in un apposito sostegno a V, chiamato culla. Il fascio radiogeno deve essere centrato sulla linea sagittale mediana all’altezza delle anche, localizzate mediante palpazione dei grandi trocanteri [Dassler, 2005].

Per un posizionamento corretto la radiografia deve presentare (Fig. 7):

- L’apofisi spinosa della settima vertebra lombare (L7) centrale al corpo vertebrale;

- Le ali dell’ileo di forma uguale e speculari rispetto al piano sagittale; - Le sinfisi sacroiliache simmetriche;

- I corpi dell’ileo di ampiezza uguale; - I fori otturati di forma uguale e speculari;

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- La corticale mediale degli acetaboli di uguale aspetto; - I femori paralleli al rachide e tra loro;

- Le rotule al centro della rispettiva troclea.

La pellicola radiografica deve essere di dimensioni tali da comprendere entrambe le

articolazioni coxofemorali e le rispettive rotule, generalmente viene utilizzato il formato 30 x 40 cm [Citi et al., 2005].

Fig. 7 Proiezione Ventro- Dorsale Standard

Alterazioni radiografiche evidenziabili: Nella proiezione VD deve essere valutato:

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- Il contorno e la profondità dell’acetabolo, - La congruità articolare,

- La presenza di processi osteofitosici.

In un soggetto maturo e sano l’acetabolo appare come una profonda C, incompleta per effetto della fossa acetabolare radiotrasparente. Il Margine Acetabolare Craniale (MAC) è visibile come una linea curva radiopaca, che si estende dal Bordo Acetabolare Craniale (BAC), e si porta cranio-lateralmente al Margine Acetabolare Craniale (MAC). Il Margine Acetabolare Dorsale (MAD) è apprezzabile attraverso la testa e il collo femorali, tra i limiti laterali dei margini acetabolari craniale e caudale.

La prima alterazione evidenziabile a livello radiografico nella CHD è l’evidenza della lassità articolare, con la sublussazione della testa femorale. Questa si manifesta con un ampliamento dello spazio articolare tra il contorno della testa e la profondità dell’acetabolo [Riser, 1975;

Smith et al., 1990].

Normalmente la testa femorale deve risultare sferica, con una curvatura di circa 270°, con appiattimento solo a livello della fovea capitis. Accolta nell’acetabolo per almeno il 50%. Utile conoscere il grado di incongruenza quantificando la copertura della testa del femore andando ad evidenziare il margine acetabolare dorsale. Si determina il centro della testa femorale e si va a valutare se questo è mediale al MAD (anca normale), sul MAD (anca quasi normale o leggermente displasica), o laterale al MAD (anca da mediamente a gravemente displasica). Si procede valutando la morfologia articolare attraverso l’osservazione del BAC (curvilineo, smusso, appiattito), del collo femorale (snello, tozzo), della testa (sferica, tonda, a fungo, appiattita) e la profondità dell’acetabolo (profondo, appiattito, piatto).

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Le alterazioni a carico del margine acetabolare si instaurano a seguito dell’instabilità articolare con un consumo del margine o con la formazione d nuovo tessuto osseo. Questi sono spia di un anormale contatto tra testa e acetabolo, ossia di incongruenza articolare. La lassità articolare determina un BAC consumato, quindi uno spostamento mediale del MAC. Si può avere però anche rimodellamento produttivo, con formazioni osteofitiche lungo il margine acetabolare craniale che apparirà spostato lateralmente. Questo si potrà evidenziare come una linea appiattita. In questa sede si può verificare la cosiddetta bilabiazione, ovvero la proliferazione di un lembo o labbro osseo [Lawson, 1963].

Si può inoltre osservare il parziale riempimento della fossa acetabolare con tessuto osseo, che diviene quindi appiattito, dovuto all’incongruenza tra la testa femorale e l’acetabolo [Morgan and Stephens, 1985].

La testa femorale subisce dei cambiamenti differenti rispetto all’età in cui si sviluppa l’instabilità: prima delle chiusura della fisi o della maturazione scheletrica si avrà un rimodellamento più rapido a causa del maggiore turnover osseo. Nel cane scheletricamente maturo le modificazioni sono più lente a causa di un tessuto osseo più denso e meno attivo. La testa, rimodellandosi, perde la sua sfericità, si appiattisce, assume la forma tipica a fungo, con margini spigolosi. Si può assistere al tipico Segno della Medusa, che consiste nella formazione di un collare di osteofiti pericondrali. Altro segno precoce di formazioni osteofitiche periarticolari è il Segno di Morgan, una formazione di entesiofiti capsulari sul collo femorale che si evidenzia come una linea sottile e radiopaca a decorso prossimo distale. La visualizzazione di tale segno ci permette di inquadrare precocemente la presenza di DJD (Degenerative Joint Disease). Pertanto, tale segno, può essere considerato un marker precoce di CHD, rappresentando il risultato di un’eccessiva tensione sul collo femorale a

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Il collo femorale è interessato da un’altra modificazione che comporta la diminuzione dell’angolo che esso forma con la diafisi, tale alterazione viene definita coxa vara. L’angolo, misurato sulla superficie mediale dell’arto, è fisiologicamente compreso tra 141° e 151° [Bojrab, 2001]. Come conseguenza del rimodellamento di testa e collo femorale si può arrivare ad una diminuzione dell’angolo fino anche ai 90°. Se l’angolo invece aumenta si parla di coxa valga, indicazione di una lussazione congenita o precoce del femore, o conseguenza del rimodellamento articolare associato alla displasia. Tuttavia, l’aumento di tale angolo essendo la probabile conseguenza di un erroneo posizionamento o di altre anomalie di ginocchio, è necessario riscontrare altre alterazioni dell’acetabolo e della testa prima di confermare la diagnosi di valgismo [Morgan and Stephans, 1985].

Importante la misurazione dell’Angolo di Norberg-Olsson, quale metodo quantitativo oggettivo di classificazione della CHD. Viene utilizzata per valutare la sublussazione e l’insufficiente profondità dell’acetabolo. Viene definito come l’angolo formato dalla linea che unisce i centri delle due teste femorali e da una retta tracciata dal centro di ciascuna testa del femore al relativo bordo acetabolare dorsale. Il valore normale è di 105°, esso diminuisce con la sublussazione della testa o con un BAC poco sviluppato [Citi et al., 2005].

3.2 Proiezione “a rana”

Tale proiezione viene utilizzata per la valutazione di formazioni osteofitosiche precoci rilevabili soprattutto a livello del collo femorale, tra la testa del femore ed il grande trocantere (segno di Morgan). Questa proiezione inoltre permette una valutazione più accurata della profondità acetabolare e quindi del grado di sublussazione (Fig. 8)[Vezzoni,

2007].

Il cane viene posizionato con il torace all’intero di una culla ed il piano sagittale parallelo al fascio radiogeno. Si flettono al massimo e si abducono gli arti posteriori, i garretti vengono

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legati insieme e posti sopra uno spessore per permettere a tutta la colonna di mantenersi alla stessa altezza rispetto al piano di appoggio. In questo modo i femori formano un angolo compreso tra 45° e 90° rispetto alla colonna vertebrale, le teste femorali vengono spinte all’interno dell’acetabolo, e si portano le articolazioni del ginocchio lateralmente alle ultime coste [Morgan and Stephans, 1985; Vezzoni, 2007].

Sebbene la proiezione “a rana” ci permette una eccellente valutazione della testa, del collo e della produzione osteofitica, essa non consente di apprezzare eventuale sublussazione di grado minimo poiché per effettuare tale proiezione la testa viene forzata bella cavità acetabolare. Ciò determina l’utilizzo di tale proiezione utile solo in aggiunta alla VD standard [Olsson, 1961].

Fig. 8 Proiezione “a rana”

3.3 Proiezione DAR

La DAR View (Dorsal Acerabula Rim View) deve la sua origine a Slocum e Devine, che ne hanno proposto l’uso per esaminare la porzione dorsale dell’articolazione coxofemorale (Fig. 9).

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Nella VD standard il DAR o MAD, ovvero la zona ritenuta a maggior sollecitazione dal carico funzionale, è visualizzata solo sovrapposta alla testa femorale. Tale proiezione ha considerevole importanza nella diagnosi precoce della displasia di tipo acetabolare poiché permette di valutare il grado di inclinazione del BAC, componente della sua patogenesi. Per l’effettuazione si posiziona il cane in decubito sternale con il torace posto all’interno di una “culla”; le zampe posteriori vengono stirate cranialmente, in modo che i femori risultino paralleli e adiacenti all’asse del copro. Le ginocchia vengono flesse per porre le tibie a 90° rispetto ai femori; le articolazioni coxofemorali ruotate internamente di 45°. Si sollevano le tuberosità calcaneali di circa 10 cm dal tavolo radiografico facendo sì che i muscoli del gruppo posteriore della coscia siano messi in tensione, provocando una rotazione sufficiente affinché il fascio radiogeno attraversi la pelvi seguendo il suo asse longitudinale, ossia l’asse centrale dell’ileo. In questa proiezione è possibile misurare l’angolo DAR, ovvero l’angolo compreso tra la tangente alla superficie semilunare dell’acetabolo e l’asse orizzontale. In un paziente sano, non affetto da displasia, il MAD copre la testa del femore ed il suo comparto laterale è netto e appuntito. Inoltre l’animale avrà un angolo DAR ≤7,5°, dunque la somma del valore destro e sinistro sarà ≤15°. Nei cani affetti da CHD la somma dei valori è ≥20° e arrivando a raggiungere anche i 60° [Vezzoni, 2007; Petazzoni and Jaeger, 2012]. Per questo motivo con sublussazioni continue e ripetute, la forma del labbro diviene da leggermente arrotondata (nelle forme lievi di CHD) a smussata e consumata (nei casi più gravi); la superficie articolare diventa incongruente e sulla rima acetabolare dorsale si formano osteofiti.

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La proiezione DAR può anche evidenziare l’eventuale sclerosi del margine acetabolare.

Fig. 9 Proiezione DAR

3.4 Proiezione ventro- dorsale con distrattore (Penn-

Hip)

La “Penn Hip Improvement Program” è una tecnica sviluppata dall’Università della Pennsylvania nel 1990. Tale proiezione risulta fondamentale per un’accurata valutazione della lassità articolare, unico segno radiografico prognostico osservabile nei pazienti di età inferiore o uguale ai 6 mesi. La distrazione, a cui si fa ricorso in questa proiezione, è ottenuta mediante l’utilizzo di un apposito distrattore, posizionato medialmente ai femori. La proiezione viene effettuata con cane anestetizzato e messo in decubito dorsale in una “culla” di supporto, gli arti posteriori posizionati in modo da flettere le ginocchia a 90° con le anche in posizione fisiologica. I femori sono posizionati su un piano sagittale a 90° rispetto alla pelvi, mentre le tibie hanno un orientamento orizzontale. In questo modo viene massimizzata la lassità articolare. A questo punto sono effettuate due proiezioni, la prima una VD standard, la seconda con distrazione [Dassler, 2005; Ohlerth et al., 2003]. La proiezione viene effettuata afferrando i tarsi ed esercitando una pressione mediale sulle ginocchia, utilizzando il distrattore come fulcro per attuare una forza di distrazione laterale tra le teste femorali e

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gli acetaboli. In questo modo è possibile calcolare l’Indice di Distrazione (ID), considerato fattore predittivo di artrosi coxofemorale. Il valore può andare da 0 a 1, con 0 che indica congruità perfetta, ed 1 lussazione completa. Tale indice si calcola determinando per ogni emipelvi:

- il raggio della testa del femore (r), - il centro geometrico dell’acetabolo (A),

- il centro geometrico della testa del femore (B),

- distanza tra il centro dell’acetabolo e il centro della testa del femore (d).

L’indice viene quindi calcolato come il rapporto della distanza tra il centro dell’acetabolo ed il centro della testa del femore (d) ed il raggio della testa femorale (r). ID= d/r

Un indice di distrazione < 0,4 è legato ad una bassa probabilità di sviluppare CHD in età adulta, con un valore > 0,7 invece la probabilità di presentare la patologià è molto alta. Valori compresi tra 0,4 e 0,7 sono indice di una probabilità pari al 57% [Petazzoni and Jaeger,

2012].

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3.5 Classificazione della displasia dell’anca

I metodi riconosciuti a livello internazionale per la classificazione della CHD sono tre: - FCI (Fédération Cynologique Internationale)

- OFA (Orthopedic Foundation for Animals)

- BVA/KC (British Veterinary Association/ The Kennel Club)

Classificazione FCI

In Italia l’FSA (Fondazione Salute Animale) e la Ce.Le.Ma.Sche (Centrale di Lettura delle

Malattie Scheletriche del cane) utilizzano nei loro “Centri di Lettura Ufficiale” il sistema di

valutazione FCI.

Tale sistema prevede la classificazione in cinque gradi (Fig. 8): - Grado A - Normale

La testa del femore e l’acetabolo sono congruenti. Il bordo acetabolare craniale è netto e leggermente arrotondato. Lo spazio articolare appare sottile ed uniforme. L’angolo di Norberg è di circa 105° o maggiore.

- Grado B - Quasi normale

La testa del femore e l’acetabolo sono leggermente incongruenti e l’angolo di Norberg è di circa 105°. Oppure la testa del femore e l’acetabolo sono congruenti ma la testa del femore si trova medialmente al bordo acetabolare dorsale, determinando un angolo di Norberg minore di 105°.

- Grado C – Leggera displasia

La testa del femore e l’acetabolo sono incongruenti, l’angolo di Norberg è di circa 100° e/o il bordo cranio- laterale risulta appiattito. Si può rilevare la presenza di lievi irregolarità o modificazioni osteoartrosiche a carico del margine acetabolare craniale, caudale o dorsale o a livello della testa e del collo femorali.

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- Grado D – Media displasia

La testa del femore e l’acetabolo presentano una evidente ingrongruità, con sublussazione. L’angolo di Norberg è maggiore di 90°. Il bordo cranio laterale si presenta appiattito e/o sono presenti segni di osteoartrosi.

- Grado E – Grave displasia

Sono presenti modificazioni marcate di tipo displasico delle anche come lussazione o grave sublussazione. L’angolo di Norberg è inferiore a 90° con evidente appiattimento del margine acetabolare craniale e deformazione della testa del femore (appiattita o a forma di fungo) o presenza di altri segni di osteoartrosi [FSA Website- www.fondazionedellasaluteanimale.it].

In caso le due anche non risultino di gravità sovrapponibile, al soggetto viene assegnato il grado più alto. Tale sistema viene utilizzato anche nella selezione dei riproduttori. Per la maggior parte delle razze (Pastore tedesco, Boxer, Labrador Retriever, Golden Retriever ed altre) vengono accettati come potenziali riproduttori soggetti con grado A, B, C. Per altre razze (Dobermaan, Border Collie ed altre) invece, sono accettati solo i soggetti classificati con grado A e B.

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Capitolo 4

La Triplice Osteotomia della Pelvi

La Triplice Osteotomia della Pelvi (TPO) è una tecnica chirurgica introdotta nel 1969 da Hohn e Janes, modificata da Barclay Slocum e Theresa Devine Slocum nel 1986. Si pone come obiettivo la correzione della lassità funzionale dell’articolazione coxofemorale aumentando la copertura acetabolare, riducendo la forza che agisce sull’articolazione stessa, e limitando la progressione della DJD [Johnson et al., 1998; Hara et al., 2002].

I cani di pochi mesi d’età (di circa 4-6 mesi), grazie alla loro maggior possibilità di migliorare la congruità articolare e di prevenire la progressione dell’osteoartrosi, sono i soggetti favoriti per l’esecuzione di questa tecnica chirurgica [Black, 2000].

I criteri d’inclusione che un candidato ideale deve possedere prevedono: - Una conformazione normale dei capi articolari;

- Positività al segno di Ortolani con un “clunk” udibile, indice di un DAR ancora intatto;

- Una netta transizione fra la sublussazione e la riduzione [Palmer, 2006]; - Evidenza radiografica di CHD senza alcun segno di OA.



Un candidato ancora includibile, ma con requisiti non ottimali presenta invece: - Una conformazione normale dei capi articolari;

- Positività al segno di Ortolani con un “clunk” attenuato, indice di un DAR consumato,

- Evidenza radiografica di CHD e di lieve OA.



Un paziente non candidabile per un intervento di TPO sarà caratterizzato da: - Conformazione alterata dei capi articolari;

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- Segno di Ortolani lieve o assente, indice di un DAR altamente consumato e/o di una grave fibrosi;

- Evidenza radiografica di displasia con grave sublussazione e/o 
moderata o grave osteoartrosi [Black, 2000; Hazewinkel and Meij, 1998]. 



Il grado di rotazione del segmento acetabolare necessario per correggere la displasia viene determinato considerando le alterazioni a carico delle differenti strutture anatomiche.
 È necessario quindi valutare:

- la lassità articolare (angolo di riduzione);

- la presenza di lesioni della cartilagine articolare (mediante palpazione in sedazione); - la profondità della cavita acetabolare (proiezione “a rana”, distratta, DAR) [Slocum

and Slocum, 1998].

4.1 Tecnica chirurgica

Il principio fondamentale su cui si basa il trattamento della CHD di tipo acetabolare (con profondità acetabolare normale ed orientamento nello spazio non corretto) è rappresentato dalla neutralizzazione delle forze tendenti a far lussare l’anca in seguito all’inclinazione del bordo acetabolare dorsale. Tale obiettivo si raggiunge eseguendo la rotazione assiale del segmento acetabolare mediante l’osteotomia pelvica. Ovvero una triplice osteotomia di bacino in grado di isolare il segmento acetabolare e di consentirne la rotazione assiale in modo da ridurre l’angolo DAR a O°. L’eccessiva inclinazione del DAR (>10°) rappresenta infatti l’indicazione principale per l’esecuzione dell’osteotomia pelvica [Vezzoni, 2007].

La stabilizzazione dell’anca si esegue mediante l’applicazione della Placca da Osteotomia Pelvica Canina in modo da ottenere il riposizionamento della testa femorale all’interno

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dell’acetabolo. Con il paziente anestetizzato in decubito laterale, si esegue la preparazione chirurgica della parte, ponendo l’arto in sospensione. Si limita il campo operatorio con teli sterili.

Vengono quindi eseguiti tre diversi accessi chirurgici al pube, alla tuberosità ischiatica e all’ileo.

1. Osteotomia pubica

Incisione della cute a livello del quarto prossimale del muscolo pettineo, fino alla piega inguinale. Scollamento dei muscoli adduttore e gracile dal versante ventrale del pube, ed il tendine prepuzio ed il muscolo pettineo dal bordo craniale del pube. Esecuzione di due osteotomie sul piano sagittale (limite mediale e laterale del pube). Isolamento e rimozione tratto di Pune che costituisce il margine craniale del foro otturato. Sutura del muscolo gracile al tendine prepubico. Si effettua sutura di sottocute e cute [Slocum and Slocum, 1998].

2. Osteotomia ischiatica

Incisione perpendicolare alla tuberosità ischiatica a livello del suo punto medio. Sollevamento del muscolo otturatore interno dalla superficie dorsale della tuberosità ischiatica. Scollamento del legamento sacro-tuberoso, dall’estremità laterale della tuberosità ischiatica. Esecuzione dell’osteotomia sagittale della tuberosità ischiatica, in corrispondenza del limite laterale del foro otturato. Dopo aver eseguito due fori, lateralmente e medialmente alla linea di osteotomia, vi s’inserisce un’ansa di filo d’acciaio ortopedico calibro 20G. Completata la fissazione dell’osteotomia di ileo con placca, si procede al serraggio del cerchiaggio precedentemente applicato a livello dell’ileo. Si sutura la fascia perineale con

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punti incrociati a X, mentre la cute viene richiusa con punti staccati semplici [Slocum and

Slocum, 1998].

3. Osteotomia di ileo

Incisione dal punto medio del bordo craniale dell’ala dell’ileo alla base del margine craniale del grande trocantere. Incisione della fascia glutea seguendo la direzione dell’incisione cutanea. Separazione tra muscolo gluteo medio e muscolo tensore della fascia lata. Si procede allo scollamento in direzione craniale dei muscoli gluteo medio e profondo dal corpo e dal bordo craniale dell’ala dell’ileo. L’arteria circonflessa iliaca craniale viene cauterizzata, mentre il nervo gluteo craniale viene isolato e protetto. Dopo aver inserito uno scollaperiostio di Langenbeck dorsalmente al corpo dell’ileo, a livello della grande incisura ischiatica, lo strumento viene spostato in direzione craniale fino a raggiungere il punto di contatto tra il sacro e l’ileo. Incisione di rilasciamento del tendine del muscolo tensore della fascia lata. Si posiziona un chiodo di riferimento dorsalmente all’estremità laterale della tuberosità ischiatica, sotto al muscolo otturatore interno. Il chiodo viene poi avanzato cranialmente, fino a raggiungere il punto di confine tra terzo medio e terzo ventrale del bordo craniale dell’ala dell’ileo. Si esegue l’osteotomia dell’ileo, appena cranialmente allo scollaperiostio, con direzione perpendicolare all’asse indicato dal chiodo- guida. Il segmento pelvico acetabolare, così mobilizzato, viene avanzato in direzione craniale. Applicazione della parte caudale della Placca da Osteotomia Pelvica Canina al corpo dell’ileo, circa 3 mm dorsalmente rispetto al bordo ventrale dell’ileo: la placca viene fissata al tavolato osseo mediante viti con diametro da 4.0 mm. Si esegue poi un emicerchiaggio, inserendo un’ansa di filo d’acciaio da 1,25 mm di diametro nell’apposito foro presente nella parte caudale della

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placca, comprendendo la parte ventrale del corpo dell’ileo. La spicola ossea posta dorsalmente alla placca viene rimossa.

Dopo aver ridotto l’osteotomia di ileo, si inserisce una vite a compressione da 4,0 mm nell’apposito foro della parte craniale della placca, utilizzando un guidapunte che determini una compressione di 1 mm. Si valuta la stabilità dell’anca eseguendo una compressione assiale del femore sul piano sagittale. Se l’anca risulta instabile (ovvero la testa del femore si lussa), si sostituisce la placca utilizzandone una con angolo d’inclinazione maggiore. S’inseriscono poi le ultime due viti, orientandole perpendicolarmente al piano della placca. S’inserisce un innesto osseo, ottenuto frammentando il tassello osseo rimosso dal pube, caudalmente al segmento iliaco craniale, posizionandolo tra il sacro ed il segmento acetabolare. Si suturano i piani scontinuati come di routine [Slocum and Slocum 1998].

4.2 Considerazioni sulla TPO

L’esecuzione della TPO assicura risultati soddisfacenti a condizione che siano rispettati alcuni punti. Innanzitutto, la rotazione assiale del segmento acetabolare non deve essere eccessiva ma sufficiente a garantire stabilità all’anca. Per ottenere un recupero funzionale ottimale, al termine dell’intervento l’inclinazione del DAR dovrebbe risultare pari a 0°. L’osteotomia iliaca si sovrappone al sacro per un’estensione di circa 3 mm cranialmente rispetto al suo margine caudale. In questo modo si evita che la lama della sega, superato l’ileo, danneggi il plesso pelvico causando l’insorgenza di disuria; questa complicanza si può verificare quando l’osteotomia di ileo viene eseguita caudalmente al sacro. L’impiego del chiodo- guida facilita la definizione dell’orientamento della linea di osteotomia.

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controindicato. Durante le manovre di retrazione è possibile infatti, che il nervo sciatico, che decorre medialmente al corpo dell’ileo, venga compresso contro l’osso dalla punta del divaricatore. Spesso l’assistente, nel tentativo di riposizionare il divaricatore di Hohmann, tende a collocarlo in una posizione pericolosa.

Durante l’esecuzione dei fori dorsali della porzione craniale della placca la punta del trapano non deve venire a contatto con la radice nervosa di S1, altrimenti si rende necessario inserire una vite abbastanza corta da non interferire con il nervo o in alternativa effettuare un ulteriore foro con direzione diversa.

La Placca da Osteotomia Pelvica Canina rispetto alla placca lineare ritorta ha ampiezza maggiore. Per questo la disposizione delle viti contrasta più efficacemente il momento torsionale del segmento acetabolare, che tenderebbe a strappare le viti dall’osso.

Il rilasciamento del legamento sacro-tuberoso previene la dislocazione dorsale della parte caudale del segmento acetabolare, che si verifica durante la rotazione assiale. In questo modo la fissazione è affidata unicamente alla compressione dei segmenti ossei, che esercita un carico statico sulle viti in un’unica direzione, prevenendo le sollecitazioni cicliche ed il successivo allentamento prematuro della fissazione.

Successivamente al consolidamento dell’osteotomia pelvica, l’entità della lassità della capsula articolare risulterà diminuita in quanto essa si coarta nel momento in cui le forze che ne provocano lo stiramento, determinate dall’aumento dell’inclinazione del DAR, vengono contrastate mediante l’esecuzione della chirurgia [Slocum and Slocum, 1998].

4.3 Complicazioni

Le complicazioni riguardanti l’intervento di Triplice Osteotomia Pelvica includono: - danno acetabolare causato dall’osteotomo o dalle viti;

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- danno al nervo otturatore, sciatico o gluteo; - grave emorragia del vaso gluteo;

- osteotomia obliqua dell’ileo, con insufficiente contatto tra le ossa dopo la rotazione dell’acetabolo;

- allentamento delle viti e della placca ed infezioni;

- difetto dell’impianto [Hazewinkel and Meji, 1998; Dudley and Wilkens, 2004;

Papadopoulos and Tommasini, 2006].

4.4 Obiettivi e risultati della TPO

L’obiettivo dell’osteotomia pelvica è fornire sostegno e stabilità alla testa del femore aumentando la copertura acetabolare La scelta dell’angolatura della placca si basa sulla valutazione clinica del paziente. L’inclinazione del bordo acetabolare dorsale (MAD), misurata nella radiografia in proiezione DAR, rappresenta un indice affidabile del grado di rotazione assiale da applicare al segmento acetabolare [Slocum and Slocum, 1998].

L’utilizzo di placche con un grado di rotazione maggiore del necessario, porta ad una rotazione eccessiva dell’acetabolo, con conseguente DJD dovuta al continuo contatto tra il collo femorale e la rima acetabolare dorsale [Slocum, 1998]. Molti autori suggeriscono che la procedura chirurgica di osteotomia pelvica non dovrebbe essere utilizzata quando sono necessarie placche con angoli di rotazione estremi [Sarierler et al., 2012].

La TPO ha dimostrato la sua superiorità anche rispetto all’intervento di escissione di testa e collo femorali [Black, 2000].

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