SCHEDA DI LETTURA
Niccolò Machiavelli (1469-1527), IL PRINCIPE (cap. 15, 17, 18, 25)
1. Il realismo: considerare la società politica (principato, repubblica, ecc) non per come dovrebbe essere (o per come immaginiamo che dovrebbe essere), ma per come è di fatto.
Machiavelli presenta il realismo come una necessità strategica (cap. 15): il calcolo politico può essere efficace solo se non si basa sulla tradizionale distinzione tra “virtù” e “vizi”, ma su una diversa dicotomia, che è nella realtà quella veramente decisiva: è la dicotomia tra sicurezza e
rovina [ovvero: tra azioni e disposizioni che consentono di “conservare lo stato” (sicurezza) e
azioni e disposizioni che portano a perderlo (rovina)].
2. Alla luce della dicotomia “realista” sicurezza/rovina, i criteri morali classici perdono il loro
primato sulla dimensione politica: alcune delle tradizionali “virtù” (mansuetudine, bontà, ecc) possono rivelarsi, in determinate circostanze, qualità negative (perché conducono fatalmente alla rovina) mentre alcuni “vizi” (crudeltà, inganno, ecc) possono rivelarsi decisivi per
“conservare lo stato” [si noti che “lo stato” è un termine che ha ancora un significato letterale. Non indica una istituzione politica specifica, ma la condizione, le sostanze e i possedimenti (come nell’espressione “lo stato delle cose”); quindi il potere, la stabilità, la forza del principe
e perciò anche del principato e di tutti i suoi cittadini] (cap. 17).
3. Il calcolo strategico (nel quale il principe deve eccellere) deve permettere di stabilire se e
quando sia opportuno essere “buoni”, se e quando invece sia necessario (per “salvare lo stato”) ricorrere alla crudeltà, alla menzogna, alla frode e così via.
Il punto cruciale, nella concezione di Machiavelli, è che una tale scelta è contingente, dipende dalle circostanze e dalla sorte, per cui la vera eccellenza del principe sta nel saper far uso di
entrambe le opzioni: “saper usare la bestia e l’uomo” (ovvero: tanto la forza, la crudeltà o la
barbarie, quando occorre, quanto la legge e la civiltà quando le condizioni lo consentono): questa natura duplice, metà uomo e metà bestia, è raffigurata nel centauro Chirone, mitico educatore degli eroi greci (cap. 18).
4. Il calcolo strategico, che guida l’azione del principe, è legato alla contingenza, al variare
delle circostanze, ed è perciò sempre una specie di azzardo, costretto a sfidare l’incertezza e la sorte, in uno scenario in cui la fortuna ha un peso significativo e ineliminabile (cap. 25). A prevalere non sarà però semplicemente chi è più “fortunato”, ma chi è più abile a sfruttare al massimo la sorte, massimizzando i vantaggi e minimizzando le perdite. La flessibilità,
l’audacia, la spregiudicatezza si dimostrano le virtù politiche decisive.
La dimensione politica prende così le forme di un gioco antagonistico e competitivo, nel quale la conoscenza degli uomini (delle loro tendenze, istinti, attitudini) è finalizzata a una
superiore capacità di anticiparne le mosse, schivarne gli inganni e sfruttarne le debolezze. È un’immagine molto lontana da quella aristotelica (in cui la polis è per definizione la sfera della condivisione e della cooperazione), che resterà centrale per tutta la politica moderna. Da Machiavelli in poi, la domanda cruciale diventa: come costruire un ordine sociale stabile, a partire da una condizione “naturale” segnata intimamente dall’incertezza e dall’antagonismo?