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L’Armenia orientale, l’invasione mongola e la via della seta

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VI Ciclo

di Studi Medievali

Atti del Convegno

8-9 giugno 2020

Firenze

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Prima edizione 2020 Edizioni EBS Print ISBN 978-88-9349-893-7

Copyright © 2020 NUME Gruppo di Ricerca sul Medioevo Latino Finito di stampare nel mese di Giugno 2020

presso Etabeta-ps. Lesmo (MB)

È vietata la riproduzione, totale o parziale, con qualsiasi mezzo e per qualsiasi utilizzo, anche ad uso didattico, se non autorizzata in forma scritta dall’Autore.

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Indice

8 Giugno

Sala Giglio

Sessione di Archeologia | Paesaggi

17 Massimiliano David, Stefano De Togni, Francesca Romana Stasolla

Il paesaggio ostiense prima e dopo il Mille

23 Massimiliano David, Maria Stella Graziano, Stefano De Togni

Un impianto per la molitura di epoca tardoantica dal Progetto Ostia Marina

29 Massimiliano David, Enrico Pomo, Eleonora Rossetti

Questioni ravennati di archeologia funeraria e topografia cimiteriale

36 Alessandro Melega, Federica Vacatello

Il monastero di S. Giovanni Evangelista a Ravenna. Spunti archeologici

42 Giulia Previti, Eleonora Rossetti

Nuove ricerche per Ravenna post-classica. Le ceramiche del monastero di S. Giovanni Evangelista

49 Massimiliano David, Maria Stella Graziano

La cultura materiale tra V e VI secolo d.C. nel territorio di Civitavecchia. Nuovi dati dal Progetto Acheloo

54 Alessandro Abrignani

Il monachesimo siculo-greco nel territorio di Marsala: fonti e topografia

60 Annamaria Azzolini

Castelli trentini: il contributo della computer grafica 3D nello studio degli alzati. Alcuni esempi

68 Miriam Leonetti

I limites longobardo-bizantini nell’Italia meridionale:

deposizioni e corredi nelle “terre di mezzo” tra VI e IX sec. d.C.

73 Daniela Uva

Ob nimiam fertilitatem copiarum Epulia pronuntiant, quasi epulum.

Agricoltura e sfruttamento della terra in Puglia (X-XII secolo)

Panel Archeologia di una città medievale: Cencelle (VT)

79 Beatrice Brancazi

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86 Beatrice Brancazi, Flora Miele

Morfologie a confronto: analisi di una forma ceramica

93 Andrea Colagrande

Leopoli-Cencelle nuove ipotesi riguardanti la fortificazione della chiesa di S. Pietro

97 Ambra D’Alessandro

Le sepolture di Leopoli-Cencelle: una classificazione tipologica

103 Giulia Doronzo, Jessica Follega

Tecniche di rivestimento a Leopoli-Cencelle:

la stilatura come elemento di definizione di una facies costruttiva

110 Francesco Moschetto

Nuove acquisizioni sulla città di Leopoli-Cencelle: lo scavo del Settore XII

116 Giulia Previti

Il testo da pane a Cencelle: morfologie a confronto per una storia dell’alimentazione

122 Federica Vacatello

L’organizzazione per “quartieri e contrade” della città di Cencelle: un’indagine tra fonti testuali e dati materiali

129 Giorgia Maria Annoscia, Massimiliano David, Alessandro Melega

Archeologia della balestra a Cencelle

Sessione di Architettura

135 Silvia Beltramo, Ilaria Papa

Tecniche costruttive dei sistemi voltati nella chiesa di Sant’Andrea di Vercelli

141 Silvia Beltramo, Gianmario Guidarelli

La città medievale. La città dei frati | Medieval city. City of the friars

148 Giovanni Carraretto

Recupero dell’incompleto e vuoti di memoria: restituzione del bene comune

Sala Capitolo

Sessione di Storia

Panel Geografie monastiche della Calabria medievale: religione, economia e società

159 Antonio Macchione

Geografia monastica nella Calabria Normanna. L’area dell’Istmo tra Nicastro e Squillace

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164 Sarah Procopio

Il contributo delle comunità monastiche all’economia calabrese medievale

169 Giulia Lovison

Le armi del papa: lo strumento politico dei processi di canonizzazione nella disputa fra Giovanni XXII e i francescani

174 Maria Cardillo

Alcune considerazioni in limine al trattato la Via de’ tri dì di fra Antonio da Pontremoli

179 Andrea Galletti

Tra Narni e Norcia: alla ricerca di forme di integrazione tra romani e longobardi al tempo di Gregorio Magno

184 Lukasz Zak

Perché i vescovi gregoriani volevano rinunciare all’episcopato? Il caso di Anselmo da Lucca

190 Maria Carolina Escobar Vargas

Magic behind the throne, fiction and reality in twelfth-century fabulated histories

196 Gabriele Bonomelli

Falsum non committitur sine dolo: la volontà quale discrimine

tra falsi e finzioni letterarie nel Medioevo

201 Francesco Mastromatteo

La teocrazia imperiale incompiuta. Ambizioni ideologiche e ambiguità liturgiche in età sveva

206 Idoia Areizaga Llorente

Breaking the rules: a case of bigamy in the Kingdom of Navarre (15th century)

212 Rita Mei

Un nuovo sguardo sul Medioevo.

Riflessioni sul lungo boom economico (metà X-XIII sec.) in Chris Wickham

217 Giulia Calabrò

I mercanti della Superba in terra inglese: introduzione alla crisi del 1458

222 Eli McNeil

Silver Linings: Understanding the Histories

of the Universities of Medieval Tuscany and their Surviving Documentation

226 Francesca Marino

Viabilità nel Chivassese in epoca medievale: le attestazioni della via Francesia

231 Nicola Martellozzo

«Coloro che corrono a Verona il drappo verde» il palio come strumento politico, tra Signorie e città venete

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9 Giugno

Sala Giglio

Sessione di Archeologia | Edifici

239 Durdica Bacciu, Marcello Cabriolu

San Simplicio in Olbia: l’indagine attraverso la lettura delle strutture murarie

246 Lucia Di Guida

Archeologia leggera in Aversa. Due casi studio: San Lorenzo ad septimum e Santa Maria a Piazza

252 Sabrina Grassi

Taranto bizantina: la fortificazione e l’ipogeo dei SS. Quaranta Martiri

259 Dino Lombardo, Cristina Pappalardo

Il palinsesto pittorico della chiesa di Santa Maria dell’Itria a Marsala

265 Elisabetta Ugaglia

Fasi insediative altomedievali ad Asti. Lo scavo di Palazzo Mazzola

Sessione di Archeologia | Materiali

271 Paola Novara

La cattedra di San Giovanni Evangelista di Ravenna. Il reimpiego medievale di un arredo tardo antico

276 Beatrice Luci

L’iscrizione medievale di S. Maria in Trivio a Roma: una proposta di comunicabilità

281 Jacopo Russo, Federica Domini

Consumi e commerci di una città medievale:

il caso di Tusculum (Monte Porzio Catone, Roma) alla luce dei contesti ceramici

Sessione di Archeologia | Oriente

Panel Le vie della Seta. Prodotti, Commerci e Migrazioni fra Occidente ed Oriente nel Medioevo

287 Michele Nucciotti, Elisa Pruno

L’Armenia Orientale, l’invasione Mongola e la via della Seta

293 Gabriele Castiglia

Avorio, seta e monoteismi: i legami tra il Corno d’Africa, il Medio Oriente e la Penisola Indiana in età tardo antica

301 Vasco La Salvia, Marco Moderato

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Sessione di Medievalismo

Panel Vivere il Medioevo. Sperimentazione, ricostruzioni storiche, copie e divulgazione

come strumenti di inclusione sociale e valorizzazione culturale locale

311 Alessio Francesco Palmieri-Marinoni

Vestire il Medioevo. Ricostruzioni Storiche e Repliche nelle rievocazioni storiche italiane: il caso del Palio di Legnano

317 Paola Marabelli

Tessuti di ispirazione medievale.

Giuseppe Lisio (1870-1943) “Il tessitore di ogni colore” e la sua “Arte della Seta”

324 Eva Basile

Tessuti a tavolette nelle collezioni del Museo Stibbert

331 Elena Settimini

Rievocazioni storiche: il passato come risorsa per creare senso di appartenenza e tradizione

336 Alessandro Pontremoli

Danzare la Storia: tra ricerca e rievocazione

341 Gian Luca Bovenzi

Il ricamo dal medioevo al revival: modelli, tecniche e interpretazioni

347 Lucia Miazzo

Lo studio della tecnologia orafa medievale applicata nelle rievocazioni /ricostruzioni storiche

Panel Cimitile, materia di un rinnovato Medioevo

353 Saverio Carillo

Per un Medioevo identitario. Il Campanile nuovo Monumento dell’Occidente

359 Maria Carolina Campone

Da Platone a Paolino:

la reinterpretazione del Medioevo nell’architettura del XIX e del XX secolo

366 Domenico Russo, Pasquale Argenziano

Heritage-BIM come strumento di analisi critica. Il caso studio del complesso basilicale di Cimitile

374 Saverio Carillo, Martina Di Fuccia

Un Nuovo Medioevo di terracotta. Il Simbolo bernardiniano per la riggiola napoletana

379 Antonio Del Giudice, Pasquale Petillo

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Sala Capitolo

Sessione di Letteratura e Filologia

387 Ilaria Ottria

Dall’umano al bestiale: la correlazione fra peccato e perdita dell’umanità nelle Allegoriae super Ovidii Metamorphosin di Arnolfo d’Orléans

392 Zdzisław Koczarski

The early knowledge of Petrarch’s works in medieval Poland: the case of Jan Długosz

399 Gianluca De Simone

Rileggere i Carmina Burana: l’influsso liturgico

405 Luana Vizzini

Exponere ut iunioribus traderem. Un maestro innovativo: Goro d’Arezzo 409 Angela Zaccara

«Beholding» e «contemplacion» nel medio inglese di Giuliana di Norwich

414 Łukasz Halida

Studio semantico-lessicale delle espressioni della liturgia come servizio di Dio nel latino medievale polacco

420 Alessio Tanchella

La passione dell’invidia: un dibattito interdisciplinare

425 Luca Salvatelli

Ad confirmandum pueros. Su un Pontificale ad usum Romanum

della bottega di Matteo Crivelli proveniente dalla Rugby School Library

430 Felicia Tafuri

Il De coloribus et artibus Romanorum e il genere dei trattati tecnico-artistici altomedievali

Sessione di Didattica e Comunicazione

435 Fabio Pinna, Valentina Milia

Analisi della percezione del patrimonio culturale di età medievale a Luogosanto:

monitoraggio e questionari nell’ambito della ‘Scuola di Archeologia e Comunità’ (2017-2019)

442 Fabio Pinna, Francesco Pruneddu

L’archeologia medievale italiana su Instagram: osservazioni sulla situazione presente e prospettive

449 Antonio Giorri, Francesco Mameli, Sara Valdes

Dal percorso universitario al contatto con il territorio. Iniziative ‘dal basso’ di valorizzazione condivisa: la Chiesa altomedievale di Santa Maria Iscalas di Cossoine (SS) nel progetto Legàmi

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455 Nicoletta Usai, Silvia Dall’Occo

Il Romanico in Sardegna: itinerari turistico-culturali, progetti di valorizzazione e prospettive di sviluppo

462 Marco Vito

L’inverno del Medioevo

467 Mariña Bermúdez Beloso

‘Little Fish in a Big Pond’:

Ideas on How Digital Humanities Can Contribute to the Survival of Medieval Studies

Sessione di Progettualità

472 Lucia Marsicano, Marco Montanari

Bologna 1115

477 Martina Ramella Gal, Silvia Summa

Italia Langobardorum.

Nuovi paradigmi per una gestione integrata ed efficace del sito seriale UNESCO

483 Eleonora Casarotti, Chiara Ribolla

Riscoprire il romanico: itinerari turistici tra Verbano e Ossola. Genesi e costruzione di un progetto di ricerca

489 Claudia Sojer

An Elephant Travels Through Tyrol (1551/52)

and Leaves Behind a Trace of Fine Renaissance Humanist Manuscript Art

498 Javier Castiñeiras López, Mariña Bermúdez Beloso

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L’Armenia Orientale, l’invasione Mongola e la via della Seta

Michele Nucciotti, Elisa Pruno

L’inclusione dell’Armenia Orientale entro lo spazio politico dell’impero mongolo (1236-1335) causò una profonda riorganizzazione della società e innestò dinamiche insediative inedite fino a quel momento a sud del Caucaso. Conte-stualmente, il paesaggio rurale si trasformò, integrandosi strutturalmente e culturalmente nel nuovo sistema imperiale globale, esteso tra l’Iran e la Cina. Le indagini di archeologia leggera condotte dall’Università di Firenze in Vayots Dzor (2013-19) hanno consentito di isolare alcuni elementi materiali di tale trasformazione, delineando i caratteri di inediti fenomeni di cosmopolitismo rurale medievale.

Keywords: Armenia, Mongoli, paesaggio rurale, archeologia leggera

La missione archeologica “The Making of the Silk Road in Vayots Dzor”

Nel 2013 Università di Firenze e Yerevan State University hanno avviato un progetto di ricerca congiunto per indagare i tempi, le modalità e le condizioni (storiche e materiali) che presiedettero alla formazione dei paesaggi medievali nella regione del Vayots Dzor, in Armenia; in un arco cronologico compreso tra il IX e il XIV secolo1. L’obiettivo principale delle ricerche

italo-armene è un aggiornamento del punto di vista storico-archeologico (e archeologico-pubblico) sul ruolo svolto dalla Via della Seta nelle trasformazioni dell’habitat medievale dei territori caucasici o peri-caucasici, in un contesto rurale. Una prospettiva che implica un approfondimento analitico e interpretativo sulla natura e sull’evoluzione storica del concetto di Via della Seta, nel quadro dei sistemi di connettività a lunga percorrenza dell’Eurasia medievale (Fig. 1).

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Il Medioevo Eurasiatico

Il medioevo è culturalmente uno dei grandi periodi in cui viene scandita la storia europea e canonicamente si colloca tra il V e il XV secolo, tra la caduta dell’Impero romano di occidente e la scoperta dell’America. In tale accezione (originaria) i contenuti del medioevo, dal punto di vista storico, archeologico, storico-artistico e culturale, sono riassumibili nel contesto delle interazioni tra le culture tardo-antiche stanziate in Europa occidentale e le culture ‘barbariche’ (ovvero germaniche, slave, scandinave, baltiche, ecc.)2 nate a oriente del limes renano-danubiano, nel

millenario processo di formazione delle identità e delle comunità nazionali europee.

Visto da questa prospettiva sarebbe del tutto lecito chiedersi se il medioevo, concepito in un ambito così periferico (geograficamente) e specifico (culturalmente e politicamente) del continente eurasiatico, possa essere di qualche utilità nel tentativo di ricomposizione di un quadro storico globale. La risposta a tale domanda è, contemporaneamente, sì e no. No, qualora tale concetto proietti una prospettiva eurocentrica sulla storia continentale; sì, invece, se consideriamo parallelismi cronologici tra macrofenomeni che si influenzarono reciprocamente in un contesto geografico eurasiatico. In particolare dal VII secolo, che poniamo (sulla scorta di Pirenne e di molti altri) come avvio di tale periodo, si collocano la nascita ‘simultanea’ dell’impero islamico a occidente e dell’impero cinese dei Tang a oriente, che da soli riuniscono il 40-45% dell’intera popolazione mondiale. Si tratta dei principali attori culturali, politici ed economici del periodo, a cui si deve la progressiva messa a punto di quello che si considera il primo sistema integrato globale di trasferimento di beni e conoscenze, pienamente operativo dalla metà del XIII secolo tra la penisola iberica e il Giappone e dalle steppe all’India3. Tra XIII e XIV secolo, infine, il grande impero mongolo fornirà un

contenuto istituzionale e una fisionomia politico-amministrativa unitaria all’immenso territorio disteso tra il Mar Nero e il Mar del Giappone, con l’integrazione dei territori centrali dei due grandi imperi, cinese (Yuan) e islamico (Ilkhanide), entro la maggiore entità statale mai esistita sul pianeta4.

Le Vie della Seta

La discussione sulle vie della seta, anch’essa centrale per le ricerche italo-armene in Vayots Dzor, è di fatto parallela, e in gran parte autonoma, rispetto al discorso sul medioevo eurasiatico, che in qualche modo precede e anticipa. Come è noto l’espressione “Via della Seta” fu coniata nel XIX secolo dal geografo tedesco Ferdinand von Richthofen e fu a lungo intesa, con una prospettiva culturale eurocentrica, come un sistema di connettività terrestre a lungo raggio ovest-est, tra Europa e (particolarmente) Cina. Tuttavia, un secolo e più di riflessioni sul tema hanno condotto la comunità scientifica ad aggiornare tale definizione, che Tim Williams nel recente studio condotto per conto di ICOMOS, declina come “an interconnected web of routes

linking the ancient societies of East, South, Central, and Western Asia, and the Mediterranean. It contributed to the development of many of the world’s great civilizations and enabled the exchange of technologies and ideas that reshaped the known world. This combination of routes represents one of the world’s preeminent long-distance communication networks” (Williams 2014, p. 6). In riferimento al medioevo eurasiatico,

potremmo quindi concepire le vie della seta come la spina dorsale infrastrutturale alla base della formazione del sistema globale di XIII secolo5.

Armenia e Vayots Dzor nel medioevo: un sistema socio-territoriale stratificato

Il Vayots Dzor è oggi una delle province meridionali della Repubblica di Armenia. Esteso per circa 2300 kmq esso occupa i territori montani che scendono dall’altopiano di Sevan attraverso il passo di Selim, fino alla valle del fiume Arpa e confina a sud con la regione di Syunik, da cui si raggiunge l’Iran (e particolarmente l’area di Tabriz). Il Vayots Dzor è uno dei territori armeni più ricchi di testimonianze culturali (architettoniche, artistiche, letterarie, ecc.) basso medievali, particolarmente per i secoli XIII-XIV quando, sotto il dominio della dinastia armeno-georgiana

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degli Orbelian, la provincia sperimenta un periodo di grande crescita economica. Tra i molti monumenti e siti medievali del territorio si segnala in particolare un nucleo di caravanserragli databili tra il XIII e gli anni ‘30 del XIV secolo (attualmente due: Selim e Aghndjzor, più un terzo caravanserraglio oggi andato distrutto, nei pressi del villaggio di Aghavnadzor) lungo il percorso di collegamento tra il lago Sevan e il centro insediativo di Areni (Arpa nelle fonti medievali), sede fino alla metà del XIII secolo del principale palatium degli Orbelian, successivamente trasferito a Egheghis. Il Vayots Dzor era quindi attraversato, in quel periodo, da segmenti della viabilità commerciale e militare a lunga percorrenza, appositamente infrastrutturati per rispondere alle necessità dei viaggiatori in transito: in sintesi dalle vie della seta. Negli stessi anni, tuttavia, la regione risulta inserita stabilmente nell’impero mongolo, evidenziando una stratificazione e divisione dei poteri di governo tra le elites imperiali (mongole) e quelle principesche (armene) a livello territoriale. Le ragioni di tale divisione dei poteri risalgono agli anni 1220-42, durante i quali i Mongoli estendono il proprio controllo in area caucasica (oltre che ad ovest, in territorio europeo) e, in particolare, all’attività di Chormaghan (1231-42) che, alla guida di 30000 uomini fu inviato da Ogedei Khan in Azerbaijan e Armenia. Qui i Mongoli predilessero una strategia di integrazione delle elites militari armene, distaccandole progressivamente dal regno georgiano degli Zacaridi, per legarle stabilmente al nuovo regime. Gli Orbelian del Syunik e Vayots Dzor furono tra le maggiori casate locali interessate precocemente da tale politica, che valse loro, oltre a esenzioni fiscali e una certa libertà di governo, addirittura il titolo regio, attribuito a Smbat Orbelian in una iscrizione del 1275, presso il monastero familiare di Noravank6.

Le indagini di Archeologia Leggera condotte sul territorio evidenziano una dislocazione territoriale delle infrastrutture legate alla gerarchia dei poteri in campo, con gli Orbelian che appaiono comportarsi come ‘funzionari mongoli’ nella gestione dei segmenti loro soggetti della viabilità trans-asiatica (dove compaiono ad esempio come committenti di caravanserragli), mentre agiscono come ‘principi territoriali’ sui territori ad essa contermini. È qui, infatti, che essi concentrano la popolazione rurale (in siti quali Egheghis), realizzano i propri palazzi e i propri monasteri e, in definitiva, predispongono contestualmente gli strumenti di governo

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locale e la celebrazione e memorializzazione dinastica familiare (attraverso cimiteri e mausolei, tra Egheghis e Noravank). Da tale prospettiva appare quindi chiaro come il Vayots Dzor medievale possa fornire una chiave di lettura unitaria di fenomeni euro-asiatici (finora) distinti quali: sviluppo delle vie della seta, organizzazione istituzionale medievale in Eurasia e sviluppo dei quadri insediativi territoriali (Fig. 2).

M.N.

Ruralizzazione e cosmopolitismo a Egheghis

Nella regione del Vayots Dzor, prezioso "osservatorio stratigrafico", che conserva una serie completa di depositi archeologici sepolti e ancora sopra terra, tra cui insediamenti monastici, centri religiosi, villaggi e fortezze, frutto di una storia assai complessa, come si è appena accennato, si trova il villaggio di Egheghis, ricco di complessi edilizi ancora in elevato, di strutture parzialmente scavate e di almeno due aree cimiteriali distinte e ben indagabili. Queste ultime evidenze permettono di affrontare un aspetto importante della complessità culturale di questo territorio nel periodo medievale: il primo cimitero è infatti riferibile alla famiglia Orbelian7, dove sono stati sepolti alcuni rappresentanti della famiglia eponima, il secondo è un

cimitero ebraico, noto già da alcuni anni, grazie agli studi condotti da Michael Stone8. Entrambi

sono stati oggetto di una campagna mirata da parte del nostro gruppo di ricerca9, tesa ad

indagare le fasi produttive del ciclo della pietra.

Ambienti tecnici a confronto: la produzione di monumenti funebri tombali

Il cimitero ebraico si trova a poca distanza dal villaggio odierno, nei pressi della riva sinistra del fiume Egheghis, ed è testimone diretto della presenza di una consistente comunità ebraica in Armenia tra XIII e XIV secolo. Il cimitero, composto attualmente da 67 tombe con decorazioni figurate e testi epigrafici, abbraccia un periodo compreso almeno tra il 1266 e il 1346/7, stando alle date delle iscrizioni presenti. La realizzazione di un accurato rilievo topografico ha permesso di mettere in luce la presenza di tombe che non erano state rilevate durante le precedenti ricognizioni effettuate da M. Stone. Per alcune di esse è necessario ipotizzarne lo spostamento all’interno dell’area sepolcrale solo in anni recenti. Questo elemento rende evanescente poter stimare la consistenza della comunità che aveva utilizzato l’area sepolcrale per almeno tre generazioni, ma, d’altro canto, permette di ipotizzarne una certa estensione oltre i limiti attualmente realizzati attraverso una struttura muraria moderna. L’analisi condotta è entrata nei dettagli produttivi, per cercare di rispondere ad un quesito che già si era posto il professor Stone: chi ha realizzato questi manufatti? Si deve ipotizzare la presenza di maestranze che lavoravano solo per la comunità ebraica o, per quanto riguarda almeno la produzione delle tombe, vi potevano essere artigiani che lavoravano per tutte le comunità presenti nell’area del villaggio di Egheghis10? Uscendo dal cimitero ebraico, si osserva

che tutto il villaggio odierno è costellato dalla presenza di pietre tombali, di non facile inquadramento cronologico, ma per provare a rispondere alle questioni appena espresse si è ritenuto assai utile confrontare la tecnologia produttiva dei monumenti sepolcrali del cimitero ebraico con quella del cimitero ad esso assai prossimo, quello della famiglia Orbelian, sull’altro lato del fiume. Quest’ultimo luogo di sepoltura presenta monumenti dedicati a rappresentanti della famiglia e databili anch’essi tra XIII e XIV secolo. In entrambi i cimiteri le pietre tombali sono sia decorate che iscritte, come nel caso del cimitero ebraico. Gli elementi tecnologici che possono essere messi a confronto sono, in particolare: i litotipi utilizzati, gli strumenti della lavorazione per la regolarizzazione delle pietre, gli strumenti usati per le decorazioni e quelli utilizzati per la realizzazione delle epigrafi. Cominciando dai litotipi, come già indicato dalle analisi geologiche pubblicate da Stone, in entrambi i cimiteri è stata sfruttata la medesima pietra (basalto)11. Per cercare elementi utili a discriminare, laddove possibile, le produzioni che

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analisi di dettaglio dei caratteri e dell’uso degli strumenti, oltre un rilievo fotogrammetrico di dettaglio, che ci ha permesso di dimostrare la differenza nelle modalità di utilizzazione degli strumenti nella realizzazione delle parti epigrafiche tra il cimitero ebraico e quello degli Orbelian: le epigrafi di quest’ultimo sono realizzate con una punta più larga rispetto a quelle del cimitero ebraico, come può essere facilmente compreso osservando le sezioni realizzate attraverso il micro-rilievo estratto dal modello tridimensionale. I monumenti funebri dei due cimiteri, pertanto, sono stati prodotti con la medesima pietra, le decorazioni sono realizzate con gli stessi strumenti, le fasce epigrafiche invece risultano essere incise da strumenti diversi. Come possiamo interpretare questi dati produttivi? È assai probabile che esistessero botteghe in cui i monumenti tombali venivano realizzati, sino al livello delle decorazioni, ad eccezione delle parti epigrafiche. Le epigrafi venivano poi realizzate da artigiani specializzati nelle diverse lingue e con diversi livelli qualitativi, sia tra i due cimiteri che all’interno del medesimo, in particolare per quanto riguarda quello ebraico, dove alcune parti epigrafiche risultano eseguite in modo più sommario. Il ciclo produttivo delle pietre tombali prevedeva pertanto almeno due fasi (non sappiamo se svolte nelle medesime botteghe o in botteghe diverse), la prima, della realizzazione di semilavorati, già decorati, che poi venivano “personalizzate” mediante la scrittura delle epigrafi, realizzate da artigiani specializzati. Dal punto di vista della comunità ebraica questo dato ci suggerisce che essa si approvvigionava, almeno nel caso delle lastre tombali di XIII-XIV secolo, nelle medesime botteghe che producevano anche per il cimitero degli Orbelian, fatta salva la realizzazione epigrafica, che veniva realizzata da artigiani distinti. Quindi si può individuare la presenza di un comune ambiente tecnico (una stessa bottega? Botteghe diverse, ma con artigiani che avevano le medesime competenze?), a cui si aggiungono alcune specializzazioni (in questo caso dettate forse dal dover realizzare epigrafi in lingue diverse). Come quest’ultimo passaggio produttivo si svolgesse non è ancora chiaro: gli artigiani epigrafisti venivano chiamati dalle botteghe che realizzavano i monumenti tombali al momento di dover scrivere, oppure esisteva un secondo momento (e luogo), una volta acquistato il monumento, in cui l’epigrafista realizzava la propria opera? Queste ultime domande sono ancora oggetto di riflessione (Fig. 3).

E.P.

Fig. 3: Analisi e confronto della sezione delle tracce degli strumenti per la realizzazione delle parti epigrafiche presenti nel cimitero Orbelian (sx) e cimitero ebraico (dx)

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1 M. Nucciotti, H. Petrosyan et al., The Making of the Silk Road in Armenia (C7th-C14th): Vajots Dzor and

Arates Monastery, in AA.VV., VII Congresso Nazionale di Archeologia Medievale (Lecce, 9-122 settembre 2015), pp.

493-498. Firenze 2015.

2 Si veda L. Leciejewicz, La nuova forma del mondo. La nascita della civiltà europea medievale, Bologna 2004. 3 J. Abu-Lughod, The shape of the world system in the thirteenth century, «Studies in Comparative International

Development», vol. 22/4, December 1987, p. 3-25.

4M. Rossabi, The Mongols: a Very Short introduction, Oxford 2012.

5 Le vie della seta, quindi, sono state e ancora sono un utile mezzo per descrivere la millenaria storia della

globalizzazione in Eurasia, nelle intermittenti intensificazioni e rarefazioni di tale fenomeno, a partire soprattutto dal III secolo a. C., epoca in cui vennero a sorgere, quasi contemporaneamente, l’impero Romano euro-mediterraneo e l’impero Han in Cina (G. Martinez-Gros, Brève Histoire des empires, Paris 2014, pp. 56-69). Dopo una decadenza dei traffici, tra il III e il V secolo d. C., il sistema trans-continentale riprende il suo sviluppo proprio in età medievale, in coincidenza con l’avvento simultaneo dell’Islam a occidente e della dinastia Tang a est, per raggiungere la sua acme tra XIII e XIV secolo, con la creazione dell’impero mongolo.

6 B. Dashdondog, The Mongol Conquerors in Armenia, in J. Tubach, S. Vashalomidze e M. Zimmer (a cura

di), Caucasus during the Mongol Period, Wiesbaden (D) 2012, pp. 53-82.

7 M.E. Stone, The Orbelian Family Cemetery in Ełegis, Vayoc‘ Jor, Armenia, in J.J.S. Weitenberg Festschrift

(eds. Th. M. van Lint et al.; Leuven 2011).

8 Per le precedenti ricerche condotte sul cimitero ebraico di Egheghis si vedano: M.E. Stone, D. Amit,

Report on the Survey of a Medieval Jewish Cemetery in Eghegis, Vayots Dzor Region, Armenia, in Journal of Jewish Studies 53 (2002), pp. 66-106; M.E. Stone, D. Amit, The Second and Third Seasons of Research At the Medieval Jewish Cemetery in Eghegis, Vayots Dzor Region, Armenia, in Journal of Jewish Studies JJS 57 (2006), pp. 99-135.

9 Il lavoro da noi svolto è stato condotto in collaborazione tra la missione archeologica The Making of The

Silk Road in Vayots Dzor e il progetto ERC Jews and Christians in the East: Strategies of Interaction between the Mediterranean and the Indian Ocean (JewsEast – responsabile per l’area del Caucaso la D.sa Zara Pogossian).

I rilievi fotogrammetrici e topografici sono stati elaborati da Lapo Somigli.

10 Già Stone, infatti, si era posto la questione e aveva ipotizzato che gli appartenenti alla comunità ebraica

si rifornissero di monumenti funebri nel medesimo atelier che li realizzava per il cimitero degli Orbelian:

“It may be concluded, therefore, that the same artisans crafted the stones in the Jewish and the Orbelian cemeteries, in all likelihood in the same workshop. In other words, the Eghegis Jews ordered their tombstones from the workshop that supplied the tombstones of the ruling family of the region. The Jewish stones are no less impressive in size and decoration than the aristocratic, Orbelian ones.”. Per questa osservazione si veda in M.E. Stone, The Background of the Medieval Jewish Cemetery in Eghegis, Vayots Dzor Region, Armenia, in Egheghis Lecture, p. 9, 2009

(http://apocryphalstone.com/uploads/bibliography/298_298_Medieval%20Jewish%20Cemetery%20at %20Yeghegis.pdf

11 “As a result of the assay, it may be concluded that all analyzed samples are basalt andesites and petrographically are

identical with the rocks of the lava-stream on the crest of the right slope of the river southwest of the village Eghegis (sample 4533, point 1). Most probably these very lavas were used for the tombstones of the Jewish cemetery and that of Orbelean princes. And only for one tombstone of the Jewish cemetery a stone from the young stream was used: black porous basalt andesite (sample 4534, point 2).” (M.E. Stone, The Orbelian Family Cemetery in Ełegis, Vayoc‘ Jor, Armenia, in

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