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Academic year: 2021

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Capitolo 05|

Dal rilievo analogico al rilievo digitale:

l’approccio digitale dalla scala architettonica

a quella di dettaglio

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Se negli anni 60 Gyorgy Kepes

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definì il progresso scientifico “l’angelo con la spada”, che ci allontana dall’habitat confortevole, per immergerci in un mondo più grande e ignoto dove le nostre abitudini sono indotte a confrontarsi a una nuova scala di eventi, la digitalizzazione si presenta come uno degli “angeli” ponendoci di fronte a una tecnologia che si sviluppa rapidamente da rendere difficile l’acquisizione delle informazioni e del know-how, portando i diversi attori a rivedere posizioni consolidate e attualizzare saperi collaudati.

Inoltre, dalle più recenti e innovative tecnologie stanno scaturendo nuovi modelli formali, modificabili, che non si adattano più alle nozioni di spazio finito e statico, ma al giorno d’oggi è possibile esplorare geometrie e modalità sperimentando spazi non costruiti, attraverso tecniche di modellazione che descrivono lo spazio e sviluppano la forma dalle prime fasi concettuali della pratica architettonica; infine dai modelli digitali 3D, con tecniche differenti, si può generare ogni rappresentazione esplicativa di un oggetto.

In sintesi, stanno cambiando le forme di comunicazione e disseminazione dell’attività progettuale, e il modo stesso di generare l’architettura. Le discipline del disegno conoscono un memorabile processo evolutivo, che occorre controllare e assecondare coniugando l’antico sapere con il nuovo.

L’architettura non è solo professione, né comunicazione: bisogna prendere atto che diventa sempre più materia complessa, che necessita di differenti competenze, che dovrebbero comunicare tra loro attraverso il disegno, conclusivo di un processo che dovrebbe ancora unire la componente creativa, quella costruttiva, quella figurativa.

Da alcuni anni uno dei temi ricorrenti nel dibattito architettonico è quello di riconsiderare il posto occupato oggi dall’architettura come prassi culturale, in relazione all’innovazione tecnologica, ai media e alla comunicazione. Il mito futurista della simultaneità si è attuato almeno per quel attiene alla fulminea diffusione dell’informazione attraverso uno strumento come internet, azzerando il tempo lineare.

L’innovazione tecnologica ha definito, con la risposta digitale, la simultaneità e l’istantaneità.

La percezione di spazio, tempo, significato, sono trasformate, come è trasformata la definizione della spazialità: l’architettura ha bisogno di nuove definizioni.

62 Gyorgy Kepes, (Lőrinci, 4 ottobre 1906 – Los Angeles, 29 dicembre 2001), fin dai pri- mi studi si dedicò ad una ricerca sperimentale e pioneristica di nuovi linguaggi dell’arte visuale. Kepes G., Il linguaggio della visione, Dedalo libri, Bari 1971 (ed. orig. Language of Vision, Chicago 1944)

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D’altra parte, frequentando territori meno fluttuanti, per il rilievo e le sue tecniche, sia riguardo all’esattezza

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che alla precisione

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, abbiamo assistito a notevoli cambiamenti, in rapporto alla rappresentazione, alla raffigurazione (render, rappresentazione olografica, VR, AR, MR…), alla comunicazione, ma anche e soprattutto alla rapidità con cui si possono realizzare rilievi anche complessi.

Come sosteneva Monge

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, introducendo i suoi studi di geometria descrittiva, il disegno di architettura rispetto all’architettura stessa, quella che appartiene alla concretezza del mondo fisico, ha il limite di dover esprimere la tridimensionalità nell’ambito delle due sole dimensioni del foglio da disegno: servono dunque metodi, sistemi, canoni, “regole” per restituire la realtà 3D nella bidimensionalità di una rappresentazione che mantenga verosimiglianza e proporzioni.

Al tempo stesso mai come in questo periodo ci accorgiamo che la rappresentazione può presentare potenzialità espressive e comunicative senza limiti.

Così, mentre le restituzioni planimetriche di un edificio portano all’individuazione delle sequenze spaziali e dei rapporti tra le parti che lo costituiscono, e le sezioni fanno vedere come si organizzano verticalmente gli spazi, la rappresentazione digitale permette complesse modellazioni formali, e presenta la possibilità di animare le più diverse superfici. Una simile rivoluzione nella rappresentazione dell’architettura si ebbe con la codifica delle leggi della prospettiva.

Con le proiezioni prospettiche, gli architetti si son trovati fin dall’inizio davanti a qualcosa di più che a un tipo di disegno o a una convenzione per rappresentare. Nel Rinascimento, la prospettiva non era soltanto

63 «Esattezza vuol dire per me soprattutto tre cose: 1) un disegno dell’opera ben definito e ben calcolato; 2) l’evocazione d’immagini visuali nitide, incisive, memorabili; in italiano abbiamo un aggettivo che non esiste in inglese, “icastico”, dal greco εικαστικός; 3) un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensie- ro e dell’immaginazione» (Lezioni Americane, p. 65).

64 Gli sviluppi tecnologici sembrano aver inseguito quelle caratteristiche descritte nelle

“lezioni americane” preparate da Italo Calvino nel 1985 in vista di un ciclo di sei lezioni da tenere all’Università di Harvard: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molte- plicità, Consistenza. Sono esattamente le prestazioni che oggi si attendono dalle nuove strumentazioni e sono le direzioni di sviluppo verso le quali esse tendono e verso le quali la ricerca spinge

65 Monge, Gaspard, cónte di Péluse, matematico francese (Beaune 1746-Parigi 1818), Insegnò matematica al collegio militare di Mézières sino al 1780. Accademico di Fran- cia, nel 1792 fu ministro della Marina e dal 1794 insegnò all’École Polytechnique. Fu al seguito di Napoleone in Egitto e nel 1799 fu nominato senatore. Svolse ricerche sulle equazioni differenziali e sulle derivate parziali. Diede notevoli contributi alla geometria analitica, in particolare per quello che concerne lo studio delle curve e delle superfici curve. Ma la sua fama di studioso di geometria resta legata soprattutto alla fondazione

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una rappresentazione dell’architettura, ma anche un metodo per vedere e capire il mondo, in breve una visione del mondo. Rappresentava un modo per conoscere, un sistema che definiva la relazione delle cose nello spazio. Con questo sistema si poteva concepire un progetto, e simulare la sua percezione attraverso la prospettiva. L’abilità di simulare la percezione significava poter predire il futuro, una potente capacità coerente con le aspirazioni dell’epoca, l’idea che gli esseri umani fossero pienamente responsabili del risultato delle cose. Il potere della costruzione prospettica si pone nella sua natura lineare, precisa e razionale.

Una modellazione 3D ben gestita riesce a trasmettere ogni dettaglio e contemporaneamente ogni vista integrale di un manufatto o di un progetto, spingendo la simulazione su limiti impensabili, superando il limite che con la staticità delle immagini, che solo messe in sequenza, riescono a far visualizzare l’oggetto reale rappresentato.

Questo limite viene, ovviato con la costruzione per oggetti più o meno complessi, di modelli analogici tridimensionali, costruiti in scale più o meno vicine all’originale: il modello analogico permette di controllare la forma, ma è anche un formidabile mezzo di comunicazione delle architetture esistenti e in progetto: lo si può scoperchiare, aprire, sezionare; ci si può anche girare intorno per esaminarne tutte le possibili “viste”.

Per quel che attiene ai modelli, Tomas Maldonado osserva che siamo di fronte a modelli omologhi

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quando è simile la loro struttura, ma non la loro forma e la loro funzione; a modelli analoghi quando sono simili struttura e funzione ma non la forma; a modelli isomorfi quando sono simili struttura e forma ma la funzione può essere o non essere simile.

I modelli informatici consentono simulazioni 3D sono infatti omologhi, isomorfi e analoghi, e consentono tutte le viste possibili.

Concepiti come sistemi tridimensionali, realizzati in uno spazio virtuale corrispondente a quello reale, tanto da offrirne tutte e quattro le dimensioni, i modelli realizzati con l’ausilio del computer si presentano sullo schermo, una finestra (con un’idea che richiama quella della

66 “siamo di fronte a realtà [realtà percepita e modello] da considerare omologhe quan- do è simile la loro struttura ma non la loro forma e la loro funzione; a realtà analoghe quando sono simili struttura e funzione ma non la forma; a realtà isomorfiche quando sono simili struttura e forma ma la funzione può essere o non essere simile” Esistono molteplici tipologie di modelli digitali, ognuna delle quali con caratteristiche, campi di applicazione e software per la loro creazione e gestione assolutamente specifici. Ope- rativamente la realizzazione di un modello digitale tridimensionale si può suddividere in tre fasi, ognuna delle quali richiede la definizione formale di una caratteristica propria del modello che si vuole ottenere: la geometria la topologia la fotometria.

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finestra della perspectiva artificialis di Alberti, o il vetro di Leonardo) che li visualizza in uno spazio bidimensionale percettivo (in proiezione centrale) o misurabile (proiezione parallele), con la possibilità di variare il punto di vista in modo tale da simulare il movimento e il passare del tempo e la trasformabilità nel tempo e nell’apparenza.

Si pensi, ancora agli studi compiuti da Piero della Francesca nel trattato

“De architettura pingendi” che sembrano e forse rappresentano la prima codifica di quello che oggi chiamiamo: “algoritmi della visualizzazione e di reverse modelling”.

È stato più volte osservato che nel momento in cui ci si occupa di rilievo l’operazione da compiere è assimilabile a una traduzione. Come da un linguaggio all’altro, anche la materia dell’architettura viene trasposta, in scala e nei modi della rappresentazione canonici, proiezioni ortogonali e talvolta assonometriche, traducendo l’architettura in disegni, schematizzandola il più delle volte, con le perdite e le approssimazioni tipiche di queste operazioni.

5.1 Il modello informatizzato

Traduzioni che si possono assimilare a quelle letterarie: più il linguaggio del testo è complesso, più è facile che sfugga il dettaglio, il gioco di parole, che l’imperfezione venga colmata, a scapito della verità del testo.

Nel caso dell’architettura, sappiamo bene che c’è, storicamente, la

tendenza a semplificare, a ignorare le lievi asimmetrie, le eccezioni,

le permanenze, le sovrapposizioni, le irregolarità, i fuori piombo, che

sono la testimonianza del tempo e di quelle forme mai disegnate, ma

semplicemente costruite, oppure a chiudere gli elementi non conclusi,

ove l’impulso geometrico fa la sua parte. Elementi che sono fondamentali

nel momento in cui, per esempio, ci si propone un accurato intervento

di restauro. Un rilievo operato con metodi tradizionali (prelievo delle

misure, restituzione grafica) (fig. 47) si vale di coordinate discontinue

consiste in superfici free- form: va manipolato al fine di visualizzare

l’edificio nelle sue dimensioni. Invece, quando la tecnologia di rilievo

si affida a dell’uso del 3D, il modello è determinato da nuvoli di punti

definiti dalle loro coordinate (x,y,z) e la sua topologia o data da una

mesh di superfici triangolari, in cui la dimensione di ciascun triangolo

corrisponde alla precisione stessa del rilievo. I metodi di rappresentativi

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2D-3D hanno messo fine agli equivoci e ai problemi connessi con l’acquisizione e la restituzione tramite proiezione e sezione, che si fonda sulla quasi equivalenza tra la superficie del disegno e la parete dell’edificio.

Ai sistemi di rilievo e rappresentazione analogici sono stati sostituiti sistemi di rappresentazione digitali e sistemi proiettivi 2D con modelli 3D proiettabili. Questo ha permesso di superare il formalismo a priori rispetto alle piante, alle linee, ai volumi del manufatto, e ove necessario evitare anche l’induzione a seguire modelli storici cui l’oggetto architettonico può fare riferimento (il periodo storico, la scuola, l’architetto), creando un database riguardo la forma, dimensione, texture, ecc., in 3D, consultabile a distanza e su cui si può intervenire con fini molteplici:

conservazione, intervento di restauro, fino ad arrivare a una summa di dati che possono essere documenti, testi, disegni, immagini, video girati sui luoghi, ipotesi di ricostruzione.

Fig.47 Dal rilievo metrico al rilievo tematico per la catalogazione del patrimonio

I modelli, oltre che strettamente al rilievo del manufatto, possono riferirsi

per esempio alla simulazione del progetto di restauro, con gli elaborati

relativi, oppure riferirsi a progetti non realizzati. La rappresentazione

di un modello informatizzato 3D si compone essenzialmente tramite

la geometria, che descrive le coordinate dei vertici, la topologia che

descrive le relazioni tra componenti geometriche, la fotometria che

descrive colori, normali, textures, superfici. Con queste tre componenti

il modello digitale 3d costituisce un insieme di rappresentazioni capaci

di illustrare il reale di un edificio.

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La modellazione 3d si pone come strategia creativa, ma è un formidabile sistema anche conoscitivo. A tale prioritaria valutazione si affiancano molte altre riflessioni utili ad una interpretazione critica dei prodotti di questi “programmi”. Vogliamo qui rilevare e commentare almeno un aspetto ricorrente, quello connesso al ruolo della geometria come matrice linguistica nella elaborazione e realizzazione delle forme dell’architettura. Tale aspetto ricorrente trova connessioni e complementarietà, sebbene possa essere evidenziata l’incidenza autonoma della geometria negli esiti complessivi del disegno, che sia di rilievo o di progetto.

Il linguaggio architettonico contemporaneo fa ricorso a complessi sistemi formali, che non è possibile immaginare né tanto meno documentare, se non indagandone e esplicitandone le matrici geometrico/configurative.

Questa puntualizzazione vale a considerare come la conoscenza di un’architettura possa andare oltre la sua immagine, se tale conoscenza viene estesa appunto all’individuazione delle geometrie configurative.

Tale conoscenza evidenzia anche un più ampio spettro di relazioni sottese alla forma: sebbene sia necessario distinguere tra struttura configurativa statico/costruttiva di una architettura, molte volte esse coincidono. A seconda del tipo di modello che ci si propone di realizzare, si opera una diversa forma di simulazione.

L’importanza della documentazione del patrimonio culturale e paesaggistico è ben riconosciuta a livello internazionale, e c’è una crescente pressione a documentare e conservare il patrimonio anche in formato digitale. Il continuo sviluppo di nuovi sensori, metodologie di cattura dei dati, rappresentazioni 3D a più risoluzioni e il miglioramento di quelle esistenti possono contribuire in modo significativo alla documentazione 3D, alla conservazione e alla presentazione digitale del patrimonio e alla crescita della ricerca in questo campo.

Secondo l’UNESCO, un patrimonio può essere visto come un ponte

tra ciò che ereditiamo e quello che ci lasciamo alle spalle. Negli ultimi

anni, grandi sforzi si sono concentrati su ciò che ereditiamo come

patrimonio culturale e sulla loro documentazione, in particolare per i

beni visivi artificiali o naturali, che hanno ricevuto molta attenzione e

beneficiano dei progressi dei sensori e delle immagini. L’importanza

della documentazione del patrimonio culturale è ben riconosciuta, e

c’è una crescente pressione per documentarli e conservarli anche

digitalmente. Pertanto, i dati 3D sono oggi un elemento critico per

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registrare in modo permanente le forme di oggetti importanti in modo da poterli trasmettere alle generazioni future.

Le attuali tecnologie e metodologie per la documentazione del patrimonio culturale permettono la generazione di risultati 3D molto realistici (in termini di geometria e texture) utilizzati per molti scopi come la documentazione archeologica, la conservazione digitale, le applicazioni VR/AR, MR, visualizzazioni olografiche, i cataloghi 3D, i sistemi geografici web, la visualizzazione, ecc.

Quindi, i patrimoni virtuali dovrebbero essere sempre di più spesso utilizzati per i grandi vantaggi che le tecnologie digitali stanno dando al mondo dello stesso e per riconoscere le esigenze di documentazione dichiarate nelle numerose carte e regolamenti.

5.2 Modellazione 3D basata sulla realtà

“È essenziale che i principi che guidano la conservazione e il restauro degli edifici antichi siano concordati e stabiliti su base internazionale, e che ogni Paese sia responsabile dell’applicazione del piano nel quadro della propria cultura e delle proprie tradizioni”

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. Anche se questo è stato affermato più di 40 anni fa, non è ancora evidente la necessità di una terminologia e di una metodologia chiara, razionale e standardizzata, così come di un principio e di una tecnica professionale accettata per l’interpretazione, la presentazione, la documentazione digitale e la presentazione. Inoltre “...La conservazione del patrimonio digitale richiede un impegno sostenuto da parte di governi, creatori, editori, industrie e istituzioni culturali. Di fronte all’attuale divario digitale, è necessario rafforzare la cooperazione e la solidarietà internazionale per consentire a tutti i paesi di garantire la creazione, la diffusione, la conservazione e l’accessibilità del loro patrimonio digitale

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”.

Pertanto, anche se registrati e modulati digitalmente, i nostri patrimoni richiedono una maggiore collaborazione internazionale e la condivisione di informazioni per preservarli digitalmente e renderli accessibili in tutte le forme possibili e a tutti i possibili utenti e clienti.

Oggi la documentazione digitale e la modellazione 3D del patrimonio culturale dovrebbe essere sempre costituita da:

- Registrazione ed elaborazione di una grande quantità di informazioni 3D (possibilmente 4D) multi-fonte, multi-risoluzione e multi-contenuto

67 Carta di Venezia, cioè la Carta internazionale per la conservazione e il restauro dei monumenti e dei siti, 1964

68 Carta dell’UNESCO sulla conservazione del patrimonio digitale, 2003

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- Gestione e conservazione dei modelli 3D (4D) ottenuti per ulteriori applicazioni

- Visualizzazione e presentazione dei risultati da distribuire le informazioni agli altri utenti che consentono il recupero dei dati attraverso Internet o banche dati online;

- Inventari digitali e condivisione per scopi educativi, di ricerca, conservazione, intrattenimento;

L’ approccio allo stato dell’arte per la documentazione e la modellazione 3D utilizza e integra molteplici sensori e tecnologie (fotogrammetria, scansione laser, rilievo topografico, ecc.) per:

- sfruttare le potenzialità e i vantaggi intrinseci di ogni tecnica;

- compensare le singole debolezze di ogni singolo metodo da solo;

- ricavare diversi livelli geometrici di dettaglio della scena in esame;

- ottenere un rilievo geometrico più accurato e completo per la modellazione, l’interpretazione, la rappresentazione e la conservazione digitale. La modellazione 3D basata su dati multi-scala e sull’integrazione di più sensori sta fornendo i migliori risultati 3D in termini di aspetto e dettaglio geometrico.

Il concetto di multisensore e multirisoluzione (Fig. 48) dovrebbe essere distinto tra:

1. la modellazione geometrica (acquisizione, registrazione e ulteriore elaborazione della forma 3D), in cui le risoluzioni multiple e i sensori sono combinati senza soluzione di continuità alle caratteristiche del modello;

2. la modellazione dell’aspetto (texturing, blending, semplificazione e

rendering) in cui si cercano rappresentazioni foto-realistiche tenendo

in considerazione le variazioni di illuminazione, la specularità della

superficie, la fusione senza soluzione di continuità delle texture, il punto

di vista dell’utente, la semplificazione e i livelli di dettaglio.

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Fig. 49 Nell’ambito del Workshop “Rilievo drone fotogrammetrico, a basse quote in ambiente ristretto: la Certosa di Genova”, organizzato dal dipartimento dAD, a.a 2019/2020 Referenti G. Pellegri, F. Salvetti, M. Scaglione. Tutor S. Eriche. Dipartimento dAD, Unige. Fasi del rilievo UAV e della restituzione grafica - Mosaico della Certosa di Genova sec.XV. Rilievo e restituzione del Chiostro ricostruito digitalmente utilizzando tecniche di modellazione basate su immagini o range-based per la documentazione digitale, conservazione.

Fig.48 La pipeline di modellazione 3D multisensore e multirisoluzione basata sull'integrazione di diverse tecniche per la generazione di nuvole di punti e modelli 3D testurizzati.

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Viene confermata,quindi, la necessità di costruire un progetto del rilievo, nell’ottica delle funzioni e degli obiettivi che con tale rilievo ci si propone, ma anche dei metodi con cui lo si intende rappresentare. Le modellazioni tridimensionali con procedure informatiche ci permettono viste e rappresentazioni tanto sofisticate quanto suggestive.

Se molti architetti definiscono che, “nulla viene costruito che non sia trasferibile su Autocad”

69

, oltre alle immagini canoniche che le tecnologie informatiche ci permettono comunque di realizzare con alcuni programmi è possibile procedere all’animazione delle immagini fino a simulare processi di visione che esplorano e vedono l’oggetto come se ci si muovesse intorno ad esso. I computer aggiungono con molta efficacia una componente illusoria che facilmente arriva a consentire una passeggiata virtuale in una architettura o in un paesaggio solo immaginato.

Per quel che riguarda ancora la documentazione, l’animazione si rende indispensabile quando è necessaria una testimonianza delle numerose trasformazioni che hanno caratterizzato l’edificio, il sistema visualizza dinamicamente l’assetto 3d dell’edificio in diversi momenti storici.

Le possibilità di ricerca e studio risultano così notevolmente ampliate potendo partire dalla complessità dell’edificio fino ad arrivare ai dettagli e agli arredi. Il video può essere anche adottato come strumento di elaborazione, verifica e comunicazione del progetto di architettura, partendo da un livello di conoscenza di base dei software per il disegno, la modellazione e l’animazione sino ad un loro utilizzo avanzato e critico.

Tutti questi risultati partono ovviamente da un layout preciso e da un’accurata preparazione che passa attraverso elementi semplici e poi sempre più complessi di disegno del programma delle immagini che saranno proposte.

Il disegno, apparentemente escluso dalla potenza della “macchina”

che sembra tutto fare e tutto risolvere, rientra decisamente, in forma più o meno virtuale. E ritorna l’assunto, imprescindibile, che la prima concretizzazione di un’idea, sia essa relativa ad una nuova configurazione spaziale o semplicemente pura derivazione di un pensiero cognitivo, trova nella rappresentazione, effettuata con l’atto del disegnare, il suo primo linguaggio comunicativo.

69 Cfr, Tesi di L. Ruggeri, Il facsimile digitale come strumento di interazione culturale.

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L’importanza della documentazione del patrimonio culturale e naturale è ben riconosciuta a livello internazionale, e c’è una crescente pressione a documentare e conservare il patrimonio anche in formato digitale.

Il continuo sviluppo di nuovi sensori, metodologie di cattura dei dati,

rappresentazioni 3D a più risoluzioni e il miglioramento di quelle

esistenti possono contribuire in modo significativo alla documentazione

3D, alla conservazione e alla presentazione digitale del patrimonio e

alla crescita della ricerca in questo campo. La ricerca affronta le attuali

tecniche e metodologie di rilievo e modellazione 3D con i loro limiti

e le loro potenzialità, nonché alcune questioni di visualizzazione che

riguardano il settore dei beni culturali.

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Capitolo 06|

L’utilizzo di nuove tecnologie nella valorizzazione del patrimonio:

diverse tipologie

di output

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Parleremo quindi piuttosto di scienze formali per riferirci a quelle discipline che comprendono la matematica, l’informatica e la fisica teorica.

6.1 Le diverse categorie di restituzione virtuale

Il primo e più diffuso insieme di nuove tecnologie informatizzate per la rappresentazione virtuale. Questa nozione deve essere intesa come l’insieme delle tecniche che permettono l’immersione nel campo delle scienze formali riferendoci a quelle discipline che comprendono la matematica, l’informatica e la fisica teorica.

Tuttavia, questo mix si evolve in due direzioni: aumento e diminuzione.

Guarderemo prima di tutto all’aumento. Questo può essere di due tipi: una maggiore esecuzione e una maggiore percezione. A questo sottoinsieme corrispondono anche due tecniche. La prima tecnica è la realtà aumentata, sistema che permette di sovrapporre l’immagine di un modello, in due o tre dimensioni, a un’immagine della realtà e questo in tempo reale. È tuttavia necessario che nell’interazione intervengano elementi reali, altrimenti l’espressione stessa perde tutto il suo significato. Inoltre, l’essenza di questa tecnica è quella di mantenere l’utente in contatto con il suo ambiente reale. Troviamo questo primo processo di trasformazione della realtà sia all’interno che all’esterno.

Tuttavia, gli approcci alla ricerca variano da un settore all’altro. Per tutti i sostenitori dell’interfaccia uomo-macchina, la realtà aumentata è sinonimo di arricchimento del mondo grazie all’informatica. Per quanto riguarda i grafici, l’obiettivo è piuttosto quello di combinare scene virtuali e immagini del mondo reale per rendere queste scene più realistiche.

Occorre notare che l’interesse di questo processo risiede nella capacità delle immagini virtuali di reagire a tutte le manipolazioni, in tempo reale.

L’esecuzione aumentata viene poi applicata per consentire all’utente di

eseguire i compiti nel mondo reale in un modo nuovo. La percezione

aumentata è il tipo di aumento più frequentemente utilizzato. Viene

utilizzato per aggiungere informazioni rilevanti per il compito all’ambiente

reale dell’utente; ad esempio, nel concetto di “museo aumentato”, le

informazioni sull’artista vengono aggiunte in tempo reale all’opera

di interesse. Il principio generale è quindi la percezione e l’azione di

elementi virtuali provenienti da elementi del mondo fisico.

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La seconda tecnica di questo gruppo è la virtualità aumentata. Consiste nell’aggiungere elementi reali in ambienti virtuali. In questo si oppone alla realtà aumentata. Infatti, la differenza principale tra queste due tecniche è l’oggetto su cui si concentra il compito da svolgere: il mondo reale o il mondo dei computer. Qui l’esecuzione aumentata permette di interagire con il computer in modo nuovo utilizzando oggetti reali;

è il caso dei “Cubtiles”, cubi manipolati dal computer per interagire con le sequenze video memorizzate dal computer. Nell’ambito della percezione aumentata, le scene virtuali sono aumentate con immagini che possono riguardare il reale per rendere le prime più realistiche.

Un’ultima tecnica di questo gruppo è la realtà diminuita, consiste nel sostituire gli oggetti reali, per nasconderli virtualmente. Si oppone alle prime due tecniche perché non influenza più l’obiettivo ma il risultato finale. Per quanto riguarda il suo processo, generalmente si tratta di un software che riceve un flusso video in tempo reale e aggiunge gli effetti desiderati in diretta.

Occorre selezionare un oggetto sullo schermo dell’apparecchio.

Il software riduce quindi la qualità dell’immagine della telecamera.

L’oggetto selezionato viene quindi cancellato mentre la qualità viene potenziata. Il processo è impercettibile all’occhio umano. L’immagine viene poi nuovamente strutturata con gli elementi che circondano l’oggetto originale, il suo supporto, il paesaggio che lo circonda, tra gli altri, in modo che l’oggetto non appaia più sullo schermo. Il risultato, tuttavia, è ben lungi dall’essere all’altezza della qualità dei rendering della realtà aumentata. Infatti, una zona sfocata è chiaramente visibile nel luogo dell’oggetto che è stato mascherato, così come una ricomparsa improvvisa in caso di movimento troppo veloce o quando si esce dal campo di selezione. Tuttavia, permette di rimuovere tutti gli elementi inutili della scena

70

.

Spesso si tende ad amalgamare tutte le tecnologie digitali intorno al solo nome della realtà virtuale senza preoccuparsi della loro essenza o dei loro processi, ma anche dei media, che possono essere molto diversi. In contrasto con questo primo insieme di realtà miste è la realtà virtuale. L’utente è completamente immerso in un mondo ricostituito da dati informatici. È il caso della maggior parte dei giochi di rete, come i giochi di ruolo in tempo reale.

Un’altra tecnologia con un processo interessante è l’ologramma,

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l’immagine tridimensionale sembra essere sospesa nell’aria. In primo luogo, l’oggetto viene illuminato da un raggio laser. Infatti, l’ologramma è formato dall’interferenza tra le onde emesse dall’oggetto fotografato e parte del raggio laser. Per questo tipo di acquisizione è necessaria una pellicola speciale, un dispositivo meccanico specifico che compensa e sopprime le vibrazioni e infine una fonte di luce la cui distanza è uguale a quella che separa l’oggetto da fotografare dalla piastra sensibile. Il laser è diviso in due fasci coerenti. Il primo viene riflesso sulla piastra sensibile, il secondo sull’oggetto che viene riflesso sulla piastra, per mezzo di uno specchio semiriflettente. Si ritrova qui la nozione di spostamento che governa il fenomeno della terza dimensione. I due raggi interferiscono tra loro producendo un’immagine in rilievo. Esistono due tipi di ologrammi: riflettenti e trasmissivi. I primi sono i più comuni.

Sono illuminati dalla luce se la luce è diretta verso l’ologramma. Se sono ologrammi a trasmissione, hanno bisogno di più materiale e richiedono la stessa luce per essere visti come quella usata per registrarli, di solito un laser.

6.2 Processi e mezzi utilizzati

Per la realtà aumentata e la virtualità si possono utilizzare semplici immagini bidimensionali. Ma a volte è anche necessario utilizzare tecniche di modellazione tridimensionale e queste passano attraverso una serie di fasi di progettazione. Il primo passo è l’acquisizione dei dati tridimensionali. A questo scopo vengono utilizzati diversi strumenti a seconda delle circostanze dello studio e della documentazione disponibile. Una delle tecniche di acquisizione computerizzata è il laser scanner.

L’altro metodo, la fotogrammetria

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, consiste nello scattare più foto della stessa scena. Per dare alla scena un effetto tridimensionale, almeno due foto devono essere scattate sfalsate dallo stesso piano. Quindi, la modellazione che è simile ad essa è il fotomodello. Ci sono due tipi di fotomodelli. La prima, manuale, è molto laboriosa perché richiede un trattamento di ogni foto uno per uno e una manipolazione al computer.

Si può anche rendere questa procedura automatica inserendo tutte le fotografie Successivamente avviene lo sviluppo del modello numerico.

Il software CAD (Computer Aided Design) è generalmente utilizzato a questo scopo; esso permette di progettare elementi complessi

71 vedi paragrafo 3.3

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utilizzando un computer e riunisce strumenti e programmi per assistere l’attore nella progettazione del suo modello. La creazione del modello 3D è sempre presentata allo stesso modo. Il primo passo è quello di sviluppare una nuvola di punti.

Questo viene di solito già dedotto, ad esempio, durante la scansione laser. È anche possibile, nel caso della fotogrammetria, posizionare le mire e dedurre la nuvola di punti: gli scatti fotografici, sono più o meno numerose a seconda della precisione desiderata. Anche la nuvola di punti è più o meno densa a seconda della finezza di restituzione desiderata.

Ci possono essere anche altri metodi per rendere un’immagine generata dal computer in tre dimensioni. Ad esempio, si può utilizzare la cosiddetta struttura “wireframe”, ogni angolo dell’oggetto in cui due superfici continue si incontrano è specificato e i vertici sono collegati da linee rette o curve.

Infine, vale la pena di menzionare i diversi dispositivi che permettono di visualizzare i modelli virtuali.

Gli occhiali stereoscopici sono oggi molto comuni. Permettono di ripristinare il rilievo della scena virtuale proiettando due immagini offset davanti agli occhi destro e sinistro dell’utente. È il fenomeno della parallasse che si riscontra in particolare nella tecnica della fotogrammetria. Esistono due tipi di occhiali stereoscopici: video e ottici. I primi sono completamente opachi e il modello viene proiettato direttamente davanti agli occhi dell’utente per mezzo di due telecamere poste di fronte ad essi. Registrano le immagini del mondo reale che vengono inviate al computer, che aggiunge gli oggetti virtuali in tempo reale e rende le immagini composte davanti ad ogni occhio. Il secondo tipo, ottico, è più frequentemente utilizzato. Le lenti degli occhiali sono semiriflettenti e semi-trasparenti, il che permette all’utente di vedere la scena reale attraverso le lenti contemporaneamente agli oggetti virtuali la cui immagine viene proiettata sulle lenti. Questi dispositivi sono ampiamente utilizzati nella realtà aumentata, anche se presentano molti inconvenienti direttamente legati alla proiezione dell’immagine e al disagio fisico dell’utente a causa di una visione troppo lunga.

È quindi possibile utilizzare le schermate. Per prima cosa esamineremo

i dispositivi fissi. Può essere un terminale, dotato di una telecamera che

filma continuamente la scena reale e sovrappone l’immagine virtuale in

tempo reale.

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Un altro mezzo di visualizzazione, sono le stanze immersive. Sono costituiti da due schermi che permettono all’utente di immergersi nella parte superiore e nell’ambiente circostante. Una stanza immersiva permette all’utente di visualizzare ed evolvere all’interno di un modello digitale per mezzo di una periferica come una console per videogiochi.

Il modello è visto attraverso occhiali stereoscopici. Uno dei principali vantaggi di alcuni ambienti immersivi è che possono essere smontati e trasportati, inoltre, un altro vantaggio è che la visualizzazione avviene in scala, che permette di prendere la misura della restituzione a cui stiamo assistendo; è proprio qui che entra in gioco la dimensione immersiva di questo dispositivo. Tuttavia, ha una serie di svantaggi.

Da un lato, c’è un solo punto di vista ideale al centro della stanza, quindi un gran numero di persone potrebbe non avere necessariamente un buon punto di vista; tuttavia è molto utile per circa cinque persone. Inoltre, i due schermi producono una sorta di rottura al centro dell’immagine;

l’ideale sarebbe utilizzare un dispositivo a forma di cupola, ma è molto più complesso da implementare.

Infine, tornando all’esempio di virtualità aumentata di cui abbiamo parlato sopra, concentrandoci sul “Cubtile”, questo dispositivo touch multipoint che permette un’interazione a due mani con l’oggetto reso.

Consiste nel rilevamento di punti di contatto tra due superfici conduttive.

È composto da cinque facce tattili disposte nello spazio e misura venti centimetri per lato, permettendo di posizionare le mani su di esse.

Inoltre, non vi è alcun limite al numero di punti rilevati, in modo che tutte le dita possano essere tracciate in tempo reale. Il principio è che ogni dito a contatto è associato ad una faccia del cubo.

Allo stesso modo, ogni faccia è associata ad un asse di riferimento tridimensionale (X; Y; Z) in cui un oggetto virtuale si evolve secondo i movimenti delle dita. Così i diversi gesti portano a tre tipi di azioni: traslazione, rotazione o zoom. È possibile posizionare ogni trasformazione nello spazio e combinare più gesti su più facce contemporaneamente, secondo una tecnica quasi intuitiva. Un volto può anche essere assegnato ad un’area identificata, il che permette di combinare due tipi di compiti: la navigazione e l’editing, ad esempio.

Questo supporto presenta vantaggi come la naturale sensazione di

toccare e manipolare con le mani e la capacità di collaborazione che

permette a più persone di manipolare lo stesso oggetto grazie alla

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forma del supporto. Tuttavia, ha evidenti svantaggi. Da un lato la fatica che può essere indotta dalla manipolazione dopo un certo periodo di tempo; infatti il sostegno richiede movimenti ampi e frequenti. D’altra parte, la sua gestione non è sempre molto facile.

Per quanto riguarda il display, ci sono diverse tracce. In primo luogo, l’oggetto può essere posizionato all’interno del cubo secondo il processo di realtà aumentata; un’applicazione è stata fatta dal punto di vista di una telecamera di sorveglianza i cui movimenti sono controllati dal “Cubtile”. Una seconda possibile applicazione è quella di utilizzare il dispositivo davanti ad uno specchio. L’utente si trova così di fronte al proprio riflesso ma anche al riflesso dell’oggetto restituito che appare nelle sue mani; questa tecnica è adatta a più utenti ed è vicina all’aspetto dell’ologramma. Infine, il dispositivo può essere accoppiato ad un auricolare in Realtà Aumentata e vedere il mondo fisico attraverso uno schermo semitrasparente. Tuttavia, questo tipo di applicazione non consente a più utenti di utilizzarla, a differenza delle prime due.

Fig.50 CubTile: un’interfaccia cubica multi-touch ((fonte immagine https://www.

researchgate.net/publication/47329010_Pointage_bi-manuel_avec_le_CubTile_dans_

un_espace_2D_de_type_FocusContexte)

(20)

6.3 Nuove tecnologie: vantaggi e svantaggi

Non c’è dubbio, quindi, che le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione siano utili per la valorizzazione del patrimonio. Questa utilità corrisponde spesso allo scopo dell’applicazione: finanziamento, comprensione, conferma di ipotesi, accesso remoto o per motivi puramente tecnici. Tuttavia, con tutte queste belle applicazioni, non dobbiamo nascondere i rischi che rimangono molto reali.

Inizialmente l’utilità può essere puramente tecnica, come nel caso della campagna di digitalizzazione per effettuare backup di emergenza di dati precari che rischiano di scomparire; è il caso degli scavi di emergenza o di salvataggio, ma anche in caso di danneggiamento di oggetti in un museo. Ne sono un esempio le grotte Campana ad Osimo. Nei sotterranei di palazzo Campana una rete di percorsi scavati nell’arenaria, una realtà portata alla “luce”

72

.

Fig. 51 Nell’ambito della ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Architettura (DICEA), Grotte di Palazzo Campana, Osimo (Ancona). Rilievo laser scanner e fotogrammetrico.

72 L’Istituto Campana per l’Istruzione Permanente di Osimo ha affidato ad un gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Architettura (DICEA), Università Politecnica delle Marche, attività di ricerca per comprendere le possibili modalità di tutela e valorizzazione degli spazi ipogei posti al di sotto di Palazzo Campana. I lavori del gruppo di ricerca dell’Università Politecnica delle Marche sono stati coordinati dal prof. Marco D’Orazio, Preside della Facoltà di Ingegneria, in collaborazione con colle- ghi dello stesso ateneo ed in particolare con il prof. Enrico Quagliarini, il prof. Costanzo Di Perna e il prof. Paolo Clini .Missione Ancona 07-10 novembre 2018

(21)
(22)

Le attività di ricerca sono state indirizzate a valutare le modalità utili a garantire conservazione del bene per le generazioni future e allo stesso tempo renderlo fruibile alle generazioni attuali. Attualmente le grotte non risultano visitabili anche per evitare un peggioramento del livello di degrado degli altorilievi, sottoposti nel tempo a un processo di sgretolamento dell’arenaria per attacco di agenti biologici (batteri) e per le condizioni dell’ambiente interno. Infatti, la presenza di batteri combinata ad escursioni termiche ed igrometriche nell’ambiente può provocare stress inducendo un’accelerazione del processo di polverizzazione dei materiali lapidei. La presenza di visitatori nell’ambiente può apportare una variazione significativa nelle temperature interne di una grotta, causando quindi una reazione negativa sulla conservazione dei materiali.

È stato necessario pertanto considerare possibili modalità alternative di

fruizione. L’integrazione dei dati di rilievo ottenuti dalle scansioni laser

e fotogrammetria ha infatti permesso di ottenere un modello 3D ad

altissima risoluzione delle grotte e dei loro enigmatici bassorilievi, un

perfetto facsimile digitale che ne descrive con precisione millimetrica

la geometria e, tramite apposito visore, offre la possibilità di esplorarne

a 360° le suggestive gallerie. Numerose le difficoltà affrontate

nell’esecuzione di questo lavoro; gli spazi molto stretti, l’assenza

di adeguate condizioni d’illuminazione e l’elevato grado di dettaglio

ricercato hanno permesso di testare diverse metodologie di lavoro e

verificare l’attuale livello di maturità raggiunto dalla tecnologia applicata

a questo settore.

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Fig.52 Nella pagina precedente Sopralluogo alle grotte. Fotografie di Sara Eriche

Fig. 53 Digitalizzazione delle Gallerie sotterranee di Palazzo Campana, con attenzione particolare ai bassorilievi in arenaria. Elaborati grafici per un sistema di fruizione integrato, necessari per la conoscenza del manufatto, della sua geometria e del suo stato di conservazione e per la fruizione. https://distori.org/

(24)

La realtà virtuale, invece, permette di immergersi nel modello virtuale e di interagire in tempo reale con l’ambiente, non solo per muoversi ma anche per sperimentare sistemi meccanici o per accedere alla documentazione su cui si basa la restituzione. I ricercatori hanno quindi a disposizione nuovi strumenti per elaborare e concentrare i dati raccolti in un modello concreto, al fine di massimizzare il requisito scientifico del contenuto e l’attrattiva della presentazione.

6.4 I rischi in atto

Ci rendiamo conto che le nuove tecnologie stanno creando un interesse sempre maggiore per le risorse del patrimonio. A questo proposito emblematica la frase di Jean-Luc Godard

73

“È un’immagine giusta o solo un’immagine?». Molti ricercatori, talvolta, sono insoddisfatti dai modelli perché riflettono una visione diversa del monumento che avevano immaginato. Questo porta anche a un impoverimento dell’immaginazione. Ma cos’è l’immaginazione se non riflette la realtà? Ricordiamo alcuni errori storici, restauri errati perché sono essenzialmente veicolati dall’immaginario e dall’utopia idealistica che ne deriva.

E’ il caso dei restauri di Viollet-le-Duc

74

, rivelati imprecisi, come nel caso della rosa sud di Notre Dame de Paris, e di un certo numero di imprecisioni nei restauri della città medievale di Carcassonne.

73 Regista cinematografico francese, nato a Parigi il 3 dicembre 1930. Fra i più significa- tivi autori cinematografici della seconda metà del Novecento, esponente di rilievo della Nouvelle vague, è stato punto di riferimento per i giovani cineasti degli anni Sessanta, rappresentando un segno di demarcazione fra epoche e culture della storia del cinema.

Un ruolo conquistato con l’originalità e l’intensità delle sue opere, ma anche con una ricerca che lo ha visto in posizioni di avanguardia per tutta la sua lunga carriera, capace di rinnovarsi costantemente insieme alla società e alle tecnologie audiovisive, restando tuttavia fedele a un linguaggio e a un’idea di cinema forti e senza compromessi. Nel corso della sua carriera ha vinto numerosi premi, tra cui l’Orso d’oro al Festival di Ber- lino del 1965 con Alphaville (Agente Lemmy Caution ‒ Missione Alphaville) e, dopo il Leone d’oro alla carriera nel 1982, il Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia del 1983 con Prénom Carmen. http://www.treccani.it/enciclopedia/jean-luc-godard_(Enci- clopedia-del-Cinema)/

74 Eugène Viollet-le-Duc è un architetto francese dell’Ottocento. Teorico e storico dell’architettura, è l’ideatore del cosiddetto restauro in stile, che prevede la ricostruzio- ne degli edifici antichi completandone le parti mancanti e imitando lo stile originario.

Nasce a Parigi il 27 gennaio 1814 in una famiglia altolocata. S’interessa fin da giovane all’architettura, ma rifiuta di entrare alla Scuola di Belle Arti. Preferisce l’esperienza diretta e fa pratica nello studio di un architetto. In quegli anni, la Francia comincia a im- pegnarsi nella tutela del proprio patrimonio architettonico. Nel dibattito culturale diventa centrale la questione del restauro. Nel 1830 il governo francese istituisce l’Ispettorato dei monumenti storici, che promuove interventi di recupero rivolti soprattutto agli edifici medievali. http://www.ovovideo.com/eugene-viollet-le-duc/

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Un esempio ancora più eclatante è quello del tempio di Cnosso, interamente restaurato da Sir Arthur Evans

75

con una grande armatura in cemento armato. Questi restauri, anche se esteticamente interessanti, non sono in alcun modo storici e conformi alle regole dell’architettura in uso all’epoca, consistono nel tentativo di riportare un edificio allo stato originale anche se non esiste.

Un altro rischio sarebbe l’uso sistematico delle nuove tecnologie in tutti i campi. Lo svantaggio sarebbe quello di farne l’elemento principale di una mostra o di un evento e non vederlo più come uno strumento che porta un vantaggio, una chiave di lettura.

Le nuove tecnologie possono anche portare a una perdita di obiettività.

Non va dimenticato che un modello tridimensionale non è di per sé un’evidenza storica, soprattutto nel caso della restituzione di parti mancanti.

“Dimostrare la validità di un’ipotesi è una normale azione di ricerca tradizionale, costruita con un ragionamento scientifico basato sui fatti.

L’immagine 3D in sé non prova nulla. Se il tradizionale processo di ricerca viene oscurato, le immagini 3D possono creare un’illusione e convincere falsamente. È quindi la chiave di volta per le spiegazioni dei non specialisti.

76

Allo stesso modo, le rappresentazioni tridimensionali a volte annientano la percezione degli esperti. “L’occhio dell’esperto coglie le sfumature significative in una sezione stratigrafica, mentre un’immagine resa artificialmente annulla immediatamente ogni possibilità di perizia dalla scena tridimensionale digitale.

77

Così, corriamo il rischio di fermare l’immagine, anche se la faremmo progredire ritoccandola in caso di nuove informazioni. Qualcosa rimane congelato nell’immaginazione, il che è preoccupante in un’epoca come la nostra in cui molto spazio è lasciato all’immaginazione.

Dobbiamo quindi essere vigili affinché ci sia sempre un posto per la restituzione mentale nel processo di restituzione da parte delle nuove

75 Evans ‹èvënʃ›, Sir Arthur John. - Storico e archeologo inglese (Nash Mills, Hertford- shire, 1851 - Youlbury, Boars Hill, Oxford, 1941), figlio di John. Studiò a Oxford e a Gottinga e si laureò in storia moderna. Viaggiò (1873-75) in Finlandia, in Russia, nei Balcani per ricerche archeologiche ed etnografiche. Curò l’ordinamento dell’Ashmolean Museum di Oxford (1884), e lo diresse fino al 1908. Socio straniero dei Lincei (1906). Il suo nome è legato allo studio della civiltà cretese-micenea: iniziò nel 1893 gli scavi a Creta, mettendo in luce il grande palazzo minoico di Cnosso del quale pubblicò l’illustra- zione in una serie di volumi, che costituiscono un’antologia di quella civiltà. http://www.

treccani.it/enciclopedia/sir-arthur-john-evans/

(26)

tecnologie; i visitatori possono integrare un’immagine mostrata dal dispositivo e sostituire quella che potrebbero aver creato mentalmente e che potrebbe rivelarsi, in una certa misura, altrettanto accurata.

Un ultimo rischio da notare è più direttamente legato all’arte virtuale e più specificamente ai musei virtuali creati da individui che aggiungono il proprio design all’opera che espongono. Questo a volte denota una smaterializzazione dell’arte che oggi genera un nuovo tipo di rapporto con l’opera e cambiamenti nell’arte stessa.

Resta innegabile che le nuove tecnologie stanno cercando di dare una visione più concreta dei risultati di lunghe ricerche in diverse fasi.

A livello di comprensione, sia i ricercatori che il pubblico che viene a vedere i dispositivi finiti. Sono un mezzo per sintetizzare la conoscenza che rivela ipotesi sulla restituzione delle opere, sul funzionamento e sulla logica costruttiva. Sono il veicolo di una democratizzazione della cultura tra specialisti e neofiti. Ma con il loro contributo concreto, queste nuove tecnologie ci permettono di collocarci in una logica di opere e quindi di sbloccare i finanziamenti per la loro realizzazione.

Allora, come possiamo capire l’uso delle nuove tecnologie nella valorizzazione del patrimonio? Abbiamo potuto osservare la diversità delle tecniche utilizzate - realtà virtuale, realtà miste, ologrammi - così come i supporti utilizzati per la loro visione in tempo reale: occhiali stereoscopici, periferiche tattili, camere di immersione virtuale, tra gli altri. Questo ci ha portato a citare esempi concreti delle applicazioni di queste nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione in vari campi, tra cui l’archeologia, l’architettura e le arti. Questi progetti danno spesso luogo a collaborazioni interdisciplinari, coinvolgendo per lo più ricercatori nel campo delle scienze umane e sociali e ingegneri più focalizzati sulle scienze formali.

Tuttavia, l’uso delle tecnologie nella valorizzazione del patrimonio si concentra principalmente sulla rappresentazione dimensionale di edifici o oggetti storici. Gli scopi, e quindi gli usi, sono molteplici: la pedagogia, la formazione di ipotesi, la salvaguardia, il restauro, la divulgazione e molti altri.

Infine, rimane da esprimere una considerazione su un punto controverso. Molti studiosi ritengono che sia impossibile considerare un modello tridimensionale come una prova tangibile.

Tuttavia, molti casi dimostrano che se conosciamo la prova che stiamo

cercando, il modello numerico può diventare una prova in sé, nel

(27)

senso che la materializza. Le nuove tecnologie vengono poi utilizzate

per garantire la prova. Queste letture fanno parte dello studio e della

raccolta di informazioni. Si tratta quindi di modificare questa concezione

della prova e della fonte. Essa risiede certamente nei testi, ma può

anche rimanere nelle campagne di digitalizzazione o nei rilevamenti

con laser scanner e fotocamera.

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Capitolo 07|

Villa Ottolenghi Un’esperienza di

visualizzazione

olografica

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Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Infomation and communication technology ICT) cambiano il modo in cui vengono create le risorse digitali culturali, diffuse, conservate e (ri)utilizzate.

Esse consentono diversi tipi di utenti di interagire con le risorse digitali culturali, per esempio attraverso interfacce web che rappresentano una ricchezza di informazioni provenienti da collezioni (archivi, collezione scientifica, musei, gallerie d’arte, arti visive, ecc) permettendo il loro riutilizzo e ri-proposizione in base alle esigenze e input degli utenti.

Fig. 54 Il museo virtuale è un prodotto di comunicazione accessibile al pubblico, incentrato sul patrimonio culturale materiale o immateriale, utilizza forme di interattività e tecniche immersive e di ricerca per l’intrattenimento e per valorizzare l’esperienza del visitatore

Il Museo Virtuale (VM) non è un vero e proprio museo trasferito al web, né un archivio o un database di risorse digitali virtuali, ma un fornitore di informazioni in quanto fornisce opportunità per gli utenti di accedere ai contenuti digitali prima, durante e dopo una visita in una gamma di ‘incontri’ digitali. L’emergere di nuovi paradigmi sociali nel settore del patrimonio culturale inducono la creazione di specifiche piattaforme sociali che favoriscano la partecipazione attiva di un gran numero di parti interessate volte a una migliore comprensione del patrimonio culturale nazionale e internazionale.

Inoltre il museo dovrebbe facilitare e supportare una migliore

comprensione del passato per costruire meglio il nostro futuro. La sfida

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è quella di sostenere la consapevolezza multidisciplinare necessaria per fornire un quadro completo per l’accessibilità, la conservazione e gestione sostenibile delle risorse culturali e dei beni.

Fig.55 Il rinnovamento funzionale avviene attraverso la tecnologia digitale che entra capillarmente all’interno della vita museale, andando a trasformare le antiche retoriche di accesso alla cultura e ampliando comunicazione e scambio.

L’analisi dell’attuale offerta, dimostra come l’ingresso in internet di musei sia ancora concettualmente molto povero: in particolare manca ancora l’attivazione in rete, di dimensioni virtuali del museo che ne completino l’offerta “reale”, in quanto vi è un’assenza di sperimentazione di una possibile complementarietà tra tutte le diverse possibili relazioni tra musei (virtuali/reali) e visite (virtuali/reali).

A partire da queste considerazioni, si è strutturato il lavoro di ricerca finalizzato all’analisi delle possibilità e alla successiva creazione di un prototipo di museo virtuale: quali sono le caratteristiche che devono essere rispettate perché la rete fornisca una chiave interpretativa aggiuntiva alla realtà museale?

L’ipotesi di ricerca prevede tre itinerari di integrazione tra la visita al museo reale e l’utilizzo di percorsi virtuali:

Il museo virtuale come anticipazione della visita al museo reale

Si possono collocare in rete alcune proposte funzionali alla preparazione

della visita al museo: tali proposte potrebbero fornire una serie di

preconoscenze motivando e incuriosendo rispetto agli oggetti del

museo.

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Il museo virtuale come espansione delle attività proposte dalla visita Il museo virtuale può ospitare percorsi e stimolare attività che il museo reale non può “fisicamente” proporre perché troppo costosi o perché impossibili da realizzare.

Si può, inoltre, prevedere l’allestimento di una postazione informatica da utilizzarsi durante la visita al museo. La postazione permetterebbe di proporre ai visitatori l’esplorazione di luoghi virtuali (ad es. sale museali non fisicamente esistenti) nonché esercizi di ricerca funzionali a dilatare l’esperienza culturale e percettiva della visita stessa.

Il museo virtuale come consolidamento delle nozioni apprese

Sul fronte del consolidamento dell’esperienza, il museo virtuale potrebbe assicurare esperienza di documentazione di breve e di lungo periodo, possibilità di riutilizzazione delle conoscenze/competenze acquisite, collegamento di tali competenze con quelle garantite da esperienze successive da una dimensione di continuità.

Partendo dalle tipologie individuate, è stato elaborato un progetto di fattibilità che tenga conto del bipolarismo Virtuale- Reale. Questo bipolarismo viene affrontato in uno specifico caso studio: Villa Ottolenghi ad Acqui Terme, esempio, in Italia, di stretta collaborazione tra architetti, pittori, scultori e mecenati per dare vita a una dimora padronale caratterizzata dalla presenza di importanti opere d’arte.

Fig. 56 Questa ricerca nasce con l’obiettivo di sperimentare ed adeguare coerentemente applicazioni informatiche in grado di visualizzare in ambiente mixato, immagini tridimensionali e dati informativi relativi ai beni culturali artistici ed architettonici, esistenti e non, con l’applicazione diretta al caso studio di Villa Ottolenghi ad Acqui Terme.

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La rappresentazione del patrimonio culturale con l’aiuto di sistemi di visualizzazione virtuale è crescente, in quanto propone un livello di comprensione del patrimonio che risulta esclusivo. La distinzione della visualizzazione virtuale da altre forme di rappresentazione come disegni, è da un lato il fatto che il modello digitale realizzato può essere facilmente adattato a nuove interpretazioni, e dall’altro che fornisce un’interattività che avvicina l’utente rendendo il Cultural Heritage più popolare. La rappresentazione digitale per la comunicazione e l’apprendimento della cultura propongono di ripensare le strategie comunicative e strumenti come la realtà virtuale ed aumentata, l’interazione tramite gesti, la localizzazione di dispositivi e le tecnologie multimediali, consentono di trasformare la visita di un luogo da un evento prettamente passivo ad una esperienza attiva e coinvolgente. Questa ricerca nasce dall’idea di utilizzare contenuti digitali per realizzare forme di fruizione alternativa dei luoghi, delle dinamiche di apprendimento del target e del percorso di visita che accosti elementi reali e virtuali.

È proprio in questa prospettiva che rientra la logica del museo contemporaneo (luogo reale) inteso come luogo della rappresentazione per eccellenza dove si passa da spazio di sola conservazione a luogo di rappresentazione ed esperienza della realtà nelle sue numerose forme.

Questa ricerca nasce con l’obiettivo di sperimentare ed adeguare coerentemente applicazioni informatiche in grado di visualizzare in ambiente mixato, immagini tridimensionali e dati informativi relativi ai beni culturali artistici e architettonici, esistenti e non, con l’applicazione diretta al caso studio.

Nell’ambito del patrimonio culturale, architettonico, archeologico, si beneficia significativamente dell’introduzione della modellazione digitale 3D, come mezzo di comunicazione e diffusione privilegiato.

La sfida della ricerca è rappresentata dalla possibilità di modalità visiva e immersiva di artefatti, complessi e non, esistenti e non, tramite una visione ricostruttiva a tutto tondo senza l’utilizzo di personal device.

Lo scopo è quello di delineare le migliori pratiche di rappresentazione per la corretta visualizzazione delle ricostruzioni 3D del patrimonio culturale, dalla Realtà Aumentata alle applicazioni olografiche.

È presentata una metodologia che va dalla semplificazione e

acquisizione dati, visualizzazione, sottolineando l’importanza di

promuovere valori architettonici in modo convincente.

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Negli ultimi anni, grazie agli avanzamenti nelle scienze informatiche e disponibilità delle tecnologie digitali, abbiamo assistito a cambiamenti significativi nel campo di indagine e di rappresentazione architettonica.

La presente ricerca parte da una oggettiva disponibilità di modalità di rappresentazione tridimensionale per sviluppare e sfruttare appieno i progressi del mobile computing e per produrre nuove forme di disegni efficaci, rispettando i fondamenti scientifici, geometrici e proiettivi come ad esempio la realtà aumentata (AR) un tipo di applicazione che permette di sviluppare nuovi media ed esperienze visive finalizzate alla diffusione e alla valorizzazione di dati grafici applicati alla visualizzazione dell’architettura tridimensionale.

L’approccio è sia tecnologico che teorico, con l’obiettivo di evidenziare alcune questioni concettuali sul campo della rappresentazione e definire nuovi standard nella gestione dei contenuti.

La ricerca si concentra su come il modello può essere utilizzato, rappresentato e mostrato per evidenziare le sue forme e parti, utilizzando le tecnologie AR: il lavoro privilegia lo sviluppo di una corretta visualizzazione delle ricostruzioni 3D del patrimonio architettonico e culturale. La pratica comprende anche come sviluppare interfacce con accesso a modelli 3D o diversi contenuti 2D associati e come comunicare i valori architettonici in modo convincente.

L’obiettivo principale della ricerca consiste nell’ottenere un sistema facilmente riproducibile per la rappresentazione del modello, garantendo coerenza scientifica, accuratezza visuale e geometrica e comprensione semantica.

Le sfide nella rappresentazione dell’architettura attraverso strumenti digitali, al giorno d’oggi, sono principalmente caratterizzate da problemi teorici e tecnici.

Le caratteristiche dell’architettura rappresentata molto spesso indicano a chi lo rappresenta il modo più efficiente e diretto di esternalizzare i significati più importanti; questo equivale a teorizzare che esista un’idea

“oggettiva” di architettura, delle sue parti e della sua essenza che dovrebbe essere realizzata, compiuta nello “spazio come informazione”

(Saggio, 2015).

Usando il mezzo digitale, c’è sempre la necessità di ottenere rappresentazioni corrette in accordo con il punto di vista della disciplina.

In secondo luogo, le applicazioni digitali possono essere utilizzate

per rendere più evidenti i principi proiettivi che danno origine a viste

(37)

assonometriche e / o prospettiche, in altre parole, devono creare consapevolezza e processi cognitivi: facilitare la possibilità di leggere come le forme sono disposte nello spazio e perché si vedono così.

Ad esempio una scelta fondamentale nella modalità di visualizzazione dell’oggetto digitale, in particolare nell’uso del modello tridimensionale, è quella di visualizzare viste prospettiche, video con punti di vista dinamici ma ancora prospettiva o utilizzare il modello forzando l’utente ad un tipo di punto di vista infinito, cioè ottenere proiezioni ortogonali e/o assonometriche.

Questa premessa evidenzia che il problema deve essere affrontato nel suo insieme, attraverso la progettazione, il test e l’applicazione concreta di strumenti di gestione innovativi, adatti ad affrontare caso per caso gli argomenti complessi.

Questo studio intende suggerire un modus operandi per la standardizzazione e la regolamentazione delle procedure di raccolta, elaborazione e visualizzazione dei dati applicate al fine di sfruttare e diffondere risultati scientifici finali, in applicazioni portatili e snelle.

Altre questioni teoriche nell’uso di modelli architettonici o ricostruzione 3D per la comunicazione del patrimonio culturale sono rendere visibile la convenienza del modello e la sua conformità con le fonti storiche.

Il risultato dell’elaborazione è necessariamente una forma parlante che consente di visualizzare le scelte “progettuali” che hanno fatto le ricostruzioni. Studi interessanti sulla coerenza del modello 3D o virtuali alle fonti hanno proposto la definizione di quattro livelli di:

1. Coerenza di progetto, 2. Generativo o geometrico, 3. Coerenza di stile

4. Ipotesi (Borra, 2004).

Essendo “lo spazio protagonista dell’architettura”, così “la storia

dell’architettura è anzitutto e prevalentemente la storia delle concezioni

spaziali”. Rappresentare l’architettura vuol dire rappresentare lo spazio,

e migliore è la tecnica utilizzata migliore sarà la comunicazione e la

sua percezione. Per questo la ricerca si pone come obiettivo l’utilizzo

di tale tecnologia per la comunicazione dell’architettura, puntando

alla massima dimensione dell’immagine olografica, alla possibilità di

un’interazione ravvicinata e all’ottimizzazione della tridimensionalità

dell’oggetto da comunicare.

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Fig.57 Fasi operative del percorso di ricerca.

L’intento della ricerca è stato quello di fornire uno strumento, prima di tutto, di conoscenza di una realtà architettonica, unica nel suo genere, nata agli inizi del XX secolo, sulle colline di Acqui Terme.

La difficoltà maggiore è stata quella di ricostruire gli eventi storici riguardanti la costruzione della villa, questo perché non è stato possibile consultare molti dei documenti scritti e dei disegni riguardanti l’organismo architettonico perché rimasti di proprietà di un precedente proprietario; nonostante ciò vi è stata la possibilità di gestire e lavorare personalmente all’archivio di Villa Ottolenghi, cercando di archiviare tutta la documentazione esaminata.

Il complesso architettonico di Monterosso è in epoca contemporanea, uno dei pochi esempi di collaborazione tra un gruppo di architetti, pittori e scultori e un committente privato illuminato. L’idea di partenza di Herta Von Wedekind e del marito Arturo Ottolenghi è di progettare una dimora che per ispirazione e ideali, ricordi quella dei principi rinascimentali.

Il progetto della villa viene affidato ad un gruppo composto da Federico

D’Amato, Marcello Piacentini, Ernesto Rapisardi mentre l’ideazione del

giardino viene affidata a Giuseppe Vaccaro e Piero Porcinai. Infausti

eventi influiranno sul destino della villa con il risultato che molte opere

dovettero essere messe in vendita e, nonostante le leggi a tutela del

patrimonio nazionale, gran parte delle opere sono disseminate in Italia

e oltre confine, ed ecco l’intento della ricerca che vuole presentare un

percorso che tenta di dimostrare come la rappresentazione digitale,

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nello specifico la rappresentazione olografica, applicata ai beni culturali andati perduti, sia il veicolo di valorizzazione delle stesse.

Oggi è possibile, attraverso differenti tipi di proiezioni olografiche, portare fuori dal monitor il modello

78

di architettura e trasferirlo su superfici in spazi aperti, fino alla rappresentazione tridimensionale di oggetti a scale vicine al reale, in spazi vuoti, sostituendo il tradizionale modello analogico.

Le proiezioni olografiche, permettono all’utente di gestire l’immagine ricomposta nello spazio vuoto, come si potrebbe fare con una classica rappresentazione plastica, gestendo le prospettive visuali in maniera autonoma.

La tecnica delle proiezioni pseudo-olografiche si basa sulla rielaborazione di un vecchio sistema chiamato Pepper’s Ghost. La tecnica ingannevole, utilizzata a teatro negli ultimi anni del XIX secolo, impiegava una lastra di vetro e disposizioni speciali di illuminazione.

L’utilizzo di questa tipologia di narrazione digitale permette la ricostruzione virtuale delle opere disperse e consente di riportarle nei luoghi originari. La narrazione mediante proiezioni olografiche risulta , quindi, idonea all’applicazione del seguente caso studio, in quanto la possibilità di interazione e fruizione da parte dell’utente è innovativa, con il raggiungimento della narrazione di ambienti perduti.

7.1 Villa Ottolenghi

Riesaminata nella sua interezza, la vicenda del complesso di Monterosso, nei pressi della città di Acqui Terme, si compone nel quadro di un’avventura architettonica e artistica di rara intensità. Alcuni dei nomi più importanti del Novecento italiano intrecciano infatti, tra gli anni ’20 e gli anni ’50, il loro lavoro e la loro presenza con questo luogo.

È un lungo cantiere, quello di Monterosso, più volte interrotto e ripreso, che è stato in grado però, a differenza di molti sogni similari rimasti sulla carta, di spiccare da subito il volo per planare, infine, verso la meta agognata.

Fig. 58 Nelle pagina bifronte Vista dall’alto del complesso di Monterosso

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Riferimenti

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