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La lunga diacronia di un sito archeologico toscano: il complesso di Pava (Siena) dal II al XIII sec. d.C.

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Academic year: 2021

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The Journal of Fasti Online (ISSN 1828-3179) ● Published by the Associazione Internazionale di Archeologia Classica ● Palazzo Altemps, Via Sant'Appolinare 8 – 00186 Roma ● Tel. / Fax: ++39.06.67.98.798 ● http://www.aiac.org; http://www.fastionline.org

La lunga diacronia di un sito archeologico toscano:

il complesso di Pava (Siena) dal II al XIII sec. d.C.

Cristina Felici

The paper is centred on southern Tuscany on the archaeological complex of Pieve di Pava where archaeological research have been conducted since the 2000 by the University of Siena. The parish church is first mentioned as the baptisterium

Sancti Petri in Pava in a document of AD 715 part of a long dispute between the bishop of Siena and the bishop of Arezzo.

But the archaeological excavation revealed a longer history of the site that start from the Roman period with a villa dated be-tween the second to the fourth century BC. The villa continued to grow in Late Antiquity since it was transformed by a church. The paper is centred on these fluctuations of the site and on the implications of the transformations on the land-scape. One of the stronger element of the Pava site, in addition to the very particular plan of the early church (built with two opposing apses) was the huge cemetery around the church that was used from the seventh century BC until the Middle Ages. The 900 excavated graves make this one of the largest and most long-lasting late-Roman to medieval cemeteries ex-cavated in Europe.

Focalizzare le ricerche sulla fase di passaggio dalla tarda antichità (IV-VI secolo d.C.) all’altomedioevo (VIII secolo d.C.) nella bassa provincia di Siena, tra Val d’Orcia e Val d’Asso, trova una situazione particolar-mente fortunata verificandosi una straordinaria sinergia tra fonti archeologiche e fonti documentarie. Da un lato la cospicua base di dati archeologici di questa fase, proveniente dai lavori di mappatura archeologica svolti in Val d’Orcia e territori contermini che hanno generato una banca dati di oltre 1700 evidenze1. Dall’altro lato è

possibile confrontarsi con fonti d’archivio uniche a livello europeo. Si tratta delle carte conservate all’Archivio Capitolare di Arezzo relative ad una contesa fra i vescovi di Arezzo e di Siena per il possesso di pievi, chiese e monasteri di confine2. Tra le due diocesi, a più riprese nel corso di circa sei secoli, si sono generate situazioni di conflitto. La ragione profonda era che il territorio delle due diocesi non coincideva più con quello delle giuri-sdizioni civili. La diocesi di Siena, parallelamente alla crescita della città, ha cominciato a manifestare la sua volontà espansionistica a discapito di quella di Arezzo, tradizionalmente più grande e legata grossomodo all’antico municipium3

(fig. 1). Tale conflitto ha generato numerosi momenti di accesa disputa giuridica produ-cendo carte utili per la ricostruzione del territorio nelle aree di confine tra VII e XIII secolo.

In particolare i documenti di VIII secolo riferiscono di un territorio ricco di elementi insediativi che sono stati citati dai redattori delle carte del tempo: vici, castelli, abitati e poi naturalmente ci sono le chiese, presenti in numerosi gradi gerarchici, pievi, monasteri, monasteri minori (monasterioli) basiliche, chiese, oracoli. Avere notizia della presenza di chiese per un territorio vuole dire, come prima e ovvia considerazione che esisteva

1

CAMPANA,FRANCOVICH,2007; FELICI, 2004; CAMPANA, 2013.

2

PASQUI, 1899-1937; SCHIAPARELLI, 1929-1933.

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una popolazione che le frequenta-va. Ad un livello più approfondito di analisi si può assumere che tale varietà di livelli gerarchici implicas-se il controllo da parte degli enti religiosi, la disponibilità di risorse finanziarie, la presenza di infra-strutture stradali di qualche tipo.

Tale complessità non trova nei dati archeologici un corrispetti-vo soddisfacente. Le indagini di superficie condotte negli ultimi vent’anni hanno fornito dati signifi-cativi fino alla tarda antichità, con il VII secolo la visibilità archeologica diminuisce drasticamente, lascian-do le forme insediative rurali nell’incertezza almeno fino al pieno Medioevo (fig. 2)4. Questo ‘conflitto’ tra le fonti

è stato l’elemento alla base di un progetto di ricerca, il progetto “Disputa”, ancora in corso e trasversale rispetto ad altri progetti di ricerca archeologica in corso nella Toscana meridionale. Esso è mirato alla comprensione in particolare degli ambiti rurali tra VII e X secolo nell’area della contesa estesa per circa 680 km2,

nella quale si localizzano i 40 potenziali campioni, collegati ad altrettanti edifici religiosi presenti nei documenti altomedievali della contesa. La Val d’Orcia e la Val d’Asso sono al centro di questa zona, vi si collocano 18 dei 40 (45%) edi-fici religiosi ricordati. Un primo binomio, risultato ricorrente è stato, da un lato la costante vicinanza o sovrappo-sizione topografica fra chiese altomedievali e siti romani, dall’altro la loro regolare distanza rispetto ai castelli medievali (fig. 3). Questi due elementi sono risultati determinanti per approfondire il tema della formazione dei paesaggi medievali in rapporto con le fasi precedenti, dove l’elemento religioso attestato è parso configurarsi come un elemento “sensibile” da seguire. Le ricerche hanno previsto la selezione di 20 aree campione per combinarvi differenti metodologie di ricerca che oltre alle fonti documentarie, alla letteratura archeologica e sto-rica, alla toponomastica, hanno previsto l’integrazione di fotografia aerea, ricognizioni archeologica sistemati-che, prospezioni geofisiche estensive e intrasite (fig. 4). Il progetto, infine, ha previsto la scelta di un sito da scavare su grande area allo scopo di testare sia la validità delle metodologie di ricerca non distruttive applicate sia le sintesi elaborate sulla base di queste stesse metodologie, nonché per dare una forma ad una di queste pievi contese. La scelta è caduta sulla pieve di S. Pietro in Pava5 indicata come Baptisterio Sancti Petri in Pava

4

La scarsissima visibilità delle fasi altomedievali in questi territori può essere seguita in: VALENTI,1995 per la zona del Chianti, V A-LENTI, 1999 per la Val d’Elsa; FELICI, 2004; CAMPANA, 2013; FELICI, 2012, per la Val d’Orcia e Crete senesi.

5 È attualmente in corso di pubblicazione la monografia sulle indagini archeologiche in corso a Pava (2004-2013) al quale

riman-diamo per gli approfondimenti. Il Progetto Pava è sotto la direzione di Stefano Campana (Università di Siena), il team di lavoro è composto, oltre che da chi scrive per il coordinamento e la direzione del cantiere, da Francesco Brogi, Lorenzo Marasco e Chirs Musson per le stratigrafie; Francesco Brogi per lo studio delle murature; Elisa Rubegni per i reperti vitrei e metallici, Matteo Sordini Fig. 1. Localizzazione dell’area di studio, l’“area della contesa” e zoom su questa con indicazione dei territori comunali della Val d’Orcia e Val d’Asso.

Fig. 2. A sinistra, Val d’Orcia e Val d’Asso: distribuzione delle evidenze indi-viduate da ricognizione pertinenti alla fa-se romano imperiale (simboli rossi), tar-doantica (simboli verdi) e altomedievale (simboli blu). A destra, zona della conte-sa: distribuzione delle località presenti nei documenti altomedievali della contesa divisi per definizione.

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dal suo presbiter Audo che nell’anno 715 testi-monia in presenza del messo regio di Liutpran-do Gunteram. Si tratta di una delle testimonian-ze raccolte dal messo in quello che è forse il documento più ricco dell’intera contesa, il testi-moniale che raccoglie dalla voce di laici e ec-clesiastici della zona contesa, il loro parere sull’appartenenza all’una o all’altra diocesi6

.

Indagini archeologiche 2004-2013

Le indagini in corso sul sito di Pava hanno interessato lo scavo di un’area suggerita dall’incrocio dei dati provenienti da ricognizione e da prospezioni geofisiche (fig. 4).

La prima domanda, ‘esisteva in questo luogo una chiesa?’ era quella centrale, dalla quale si sono dipa-nate le altre: ‘quando sorge e crolla la chiesa?’, ‘ha un cimitero?’, ‘di che periodo?’, ‘che rapporto ha la chiesa con l’insediamento precedente?’, ‘esiste un insediamento coevo?’, ‘di che tipo?’, ecc…. Alla prima domanda, si è data risposta affermativa già dopo la prima campagna di scavo iniziata nel 2004. Mentre non era prevedibile la tipologia e la complessità della chiesa emersa. La planimetria della chiesa, che come vedremo risulta di par-ticolare interesse in tutte le sue fasi, ha aperto una serie di riflessioni, che affiancate all’importanza di alcuni rinvenimenti, hanno contribuito ad assegnare al sito di Pava un ruolo fondamentale per la Toscana e in genere per il contesto italiano (fig. 5).

L’altra domanda alla quale tentavamo di rispondere, cioè il rapporto con il sito romano, sta ottenendo im-portanti e complesse risposte che stanno aprendo nuovi spunti per riflettere su come si è diffuso il Cristianesi-mo in questo territorio; su quanto sia stato importante il ruolo delle classi eminenti e quello delle istituzioni

e Ken Saito per la gestione del GIS e i rilievi tridimensionali, Emanuele Vaccaro e Stefano Ricchi per lo studio dei reperti ceramici, Remì Corbineau per lo studio pollinico, Gino Fornaciari e Valeria Mongelli (Università di Pisa) per lo studio tafonomico, antropolo-gico e paleo patoloantropolo-gico, Gaetano di Pasquale e Mauro Buonincontri (Università Federico II di Napoli) per lo studio paleo ambienta-le, Carmine Lubritto (Seconda Università di Napoli – CIRCE – Center for Isotopic Research on Cultural and Environmental herita-ge) per le datazioni radiocarboniche e le analisi isotopiche, Ermanno Arslan per lo studio numismatico dall’età romana al Medioe-vo; Paola Anna Marina De Marchi (Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia) per lo studio dei reperti mobili tardo antichi e altomedievali, Fernanda Cavari (Università di Siena) per il restauro dei reperti mobili e degli intonaci, Igor Santos Salazar (Università di Trento) per la sezione storica e di inquadramento delle fonti scritte altomedievali.

6

SCHIAPARELLI, 1929, n. 19.

Fig. 3. Area della contesa, in neretto i confini dell’area del-la Val d’Orcia e deldel-la Val d’Asso. I simboli triangodel-lari sono chiese e pievi presenti nel documento del 715, i simboli obliqui indicano i casi dove è attestata la presenza di siti romani. Le aree indicate con il filo nero sono quelle della diocesi di Siena e di Arezzo come si deduce dalla carto-grafia delle Decime degli anni 1295-1304 (M. Giusti-P. Guidi Rationes Decimarum Italiane nei secoli XIII e XIV, Tuscia, II, Città del Vaticano).

Fig. 4. Dall’alto in senso orario: selezione di due fotografie dell’area di Pava, prima di iniziare l’indagine archeologica, scattate durante le numerose ricognizioni aeree condotte a partire dal 2001 prospezione GPR di tipo estensivo realiz-zata nella primavera del 2006 (in collaborazione con Geostudi Astier Livorno); prospezioni geoelettriche intorno all’area di scavo con il sistema ARP© (Automatic Re-sistivity Profiles) sviluppato dal CNRS francese; pro-spezione georadar di tipo tradizionale (ITABC CNR Roma); prospezione magnetometrica dell’area di Pava prima dell’indagine archeologica, in rosso le interpretazioni delle principali anomalie del gradente magnetico in n/Tm (prospezione LAP&T).

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Fig. 5. A sinistra fotografia obliqua scattata da drone, anno 2010 presa da ovest verso est; a destra fotografia zenitale scattata da drone, anno 2010.

giose del V secolo d.C. Incredibilmente im-portante è risultata la contestualizzazione delle ossa che raccoglievamo in superficie. Il cimitero di Pava ha superato, nel corso delle dieci campagne di scavo condotte, le 900 sepolture scavate. Cronologicamente esso ha inizio dalla metà del IV secolo d.C. per esplodere dal VII secolo fino alla massiccia frequentazione di fine IX – inizio del XIII se-colo. Sappiamo con relativa certezza anche quando questa pieve termina la sua funzione e crolla definitivamente, per essere sostituita (dal 1057) da S. Maria in Pava, la chiesa di impianto romanico posta ancora oggi, a po-che centinaia di metri, sulla sommità della vicina collina7.

Un elemento che invece non ha trova-to una soddisfacente risposta è il rapportrova-to con l’insediamento che ha coesistito con la chiesa, se c’è stato. Ogni tentativo che è sta-to condotsta-to per comprendere a cosa corri-spondessero nel sottosuolo gli spargimenti di reperti archeologici presenti in superficie si è scontrato con problematiche post deposizio-nali che hanno messo in luce le note difficol-tà connaturate allo studio dei paesaggi pre-gressi. Vicende di innalzamento delle quote, livellamenti, movimenti di terra, sono solo al-cune di quelle messe in luce dagli scavi mirati condotti nel 2005, nel 2010 e nel 2013 in un area di oltre 5 ettari

attorno alla chiesa (fig. 6)8.……….

7

PASQUI, 1899-1904, n. 181.

Fig. 6. Al centro in rosso l’area archeologica di Pava, a sinistra in alto il primo saggio di verifica di una concentrazione di materiale archeologico tardoanti-co. L’evidenza, interpretata come un’abitazione, in realtà si è rivelata un ca-nale agricolo riempito. I resti di una pecora presente nel riempimento sono stati sottoposti a datazione radiocarbonica collocando la sua morte tra fine III-IV sec. d.C. (257-300 AD 56,3% di probabilità calibrata ad 1 sigma, 250-386 AD 100% di probabilità calibrata a 2 sigma), datazioni realizzate dall’istituto CIRCE. A destra lo scavo di un’altra evidenza archeologica di superficie. È emerso uno zoccolo in muratura che probabilmente aveva un elevato in terra, purtroppo non si sono conservati livelli di vita di questa pro-babile struttura anch’essa genericamente tardoantica, non sono emersi re-perti in grado di collocarla con più precisione cronologica.

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La villa con aula absidata e la sua monumentalizzazione (II-V secolo d.C.)

Le fasi più antiche riconosciute pertinenti ad una struttura sull’area di Pava risalgono ai secoli centrali dell’età romano imperiale9

. Sulla base delle tecniche murarie e dei materiali, purtroppo non rinvenuti in situ ma distribuiti su livellamenti attorno alla futura struttura religiosa, la fase più antica è stata definita come parte di una villa che ha preceduto la chiesa tra II e III secolo d.C. La struttura che progressivamente si viene delinean-do sembra riferibile ad una villa con un’aula absidata di 16 x 18 m al centro della quale si colloca una vasca ret-tangolare di 4 x 2m (fig. 7). Attorno a questo ambiente si dispongono stanze attigue delle quali si segue abba-stanza bene solo la sezione nord. Gli ambienti laterali fino ad ora indagati occupano una superficie di circa 33m2 che, sommati a quelli dell’aula principale, compongono uno spazio di vita di oltre 160m2. Non si sono conservati livelli d’uso di questo edificio dato che tutti gli spazi sono stati riutilizzati assiduamente nelle fasi suc-cessive e i livelli pavimentali sono stati asportati (fig. 8). A complicare la sequenza stratigrafica concorrono le numerose sepolture che, a partire dalla metà del IV secolo d.C., e molto più massicciamente dal X secolo

8

FELICI, 2012a.

9 È presente certamente anche una fase etrusca rivelata dal rinvenimento, furi contesto, di alcuni bronzetti verosimilmente

prove-nienti da un luogo di culto. Purtroppo questo primo periodo è rivelato solo da questi rinvenimenti senza attinenza con stratificazioni archeologiche pertinenti. Poche centinaia di metri a sud della futura chiesa di Pava, nel 2004 è stato realizzato un saggio esplorati-vo per verificare la natura di una evidente anomalia magnetica che ha rivelato la presenza, ad oltre tre metri di profondità dall’attuale suolo di campagna, di attività antropiche probabilmente artigianali datate al radiocarbonio alla seconda metà del III sec. a.C. (259-202 BD, datazione calibrata ad un sigma con probabilità del 45,4%, Laboratorio CIRCE, Center for Isotopic Research on Cultural and Environmental heritage).

Fig. 7. A sinistra la vasca rettangolare attribuita alla fase della villa coperta dall’impianto del banco presbiteriale della fase paleocristiana di Pava. A destra la vasca presa da est.

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prono l’area. Un importante terminus ante quem per col-locare la vita della struttura è una tomba alla cappuccina a spiovente unico che, tra la seconda metà del IV secolo e gli inizi del V secolo d.C.10, va a collocarsi precisamente al centro di uno degli ambienti settentrionali della struttu-ra. In quell’epoca l’ambiente aveva evidentemente cam-biato la sua destinazione d’uso.

La vasca, di dimensioni così rilevanti rispetto al-l’ambiente, trova alcuni confronti sia in ambito urbano, per esempio nella domus della Fortuna Annonaria a Ostia, sia rurale come a Porto Saturo (Puglia)11.

In un momento non precisabile ma successivo alla fine del IV - inizi del V secolo d.C. la villa subisce un am-pliamento verso ovest. Viene rasata e spoliata l’abside originaria e viene costruita una nuova abside della stessa grandezza 17 m più a ovest. L’edifico quindi si amplia in quella direzione. Le ali laterali nel frattempo hanno subito una fase di abbandono segnata dalla tomba alla cappuc-cina al centro di una stanza del settore nord. Alla nuova conca absidale si collega un complesso sistema di ac-cesso fatto di una doppia fila di arcate a tre fornici pog-gianti su pilastri. Tra le due file di pilastri una muratura trasversale forse marca un dislivello di piani tra l’ambiente absidato e la sala rettangolare. Al centro dell’arcata centrale rimangono poche tracce di un elemento in muratu-ra ortogonale rispetto ai pilastri, che conteneva probabilmente alcuni scalini di accesso alla nicchia absidata. Da una recentissima campagna di scavi è infine emerso un elemento che, seppur appena intravisto, può rap-presentare una chiave di lettura per questo ambiente. Al centro dell’emiciclo è emerso un pozzetto per l’acqua a perdizione, forse una vasca (fig. 9). Pur con la parzialità dei dati possiamo proporre, per il pozzetto al centro dell’abside, un ninfeo o anche un punto d’acqua per uno stibadium. È nota la difficoltà a riconoscere archeolo-gicamente lo stibadium che raramente trova conferme chiare come nel caso di Faragola in Puglia12.

La evidente monumentalizzazione ed enfatizzazione della conca absidale certo denota la presenza, in questo punto, del luogo focale della struttura, verosimilmente la ragione stessa per la quale tale apparato archi-tettonico è stato messo in piedi.

Questa fase di monumentalizzazione coincide con un fenomeno riscontrato nella tarda antichità in molte ville non solo italiane, di ingrandimenti e potenziamenti di strutture preesistenti.

In ambito toscano monumentalizzazioni di ville in questa fase sono stati riconosciute ad Aiano-Torraccia di Chiusi (San Gimignano)13, a San Vincenzino (Livorno) che nel IV secolo fu dotata di una grande sala di ricevimento, a Pievaccia di Vaiano (Pistoia) e ad Asciano dove è stato scoperto un mosaico policromo (Asciano

10 Tra il 376 e il 420 (calibrazione 1 sigma 67,9%) e 318-446 (calibrazione 2 sigma 7,4%) sulla base della datazione radiocarbonica

di un osso della defunta (CIRCE – Center for Isotopic Research on Cultural and Environmental heritage).

11 La presenza di fontane e ninfei è un’altra caratteristica ricorrente dell’architettura domestica di IV secolo,

SFAMENI 2006: 109, 59, 93.

12 Sulle difficoltà a riconoscere archeologicamente lo stibadium, M

ORVILLEZ, 1996. Sullo straordinario caso di Faragola e della sua aula di rappresentanza dotata di stibadium, VOLPE et al. 2005. Considerazioni sulle aule di rappresentanza potenziate tra IV e V secolo in, SFAMENI, 2006: 134-135.

13

Sulla villa di Aiano-Torraccia di Chiusi, CAVALIERI, 2010.

Fig. 9. In alto pianta della fase della prima villa (in rosso) e dell’allungamento e monumentalizzazione verso ovest IV-V sec. d.C. (in grigio). Sotto a sinistra particolare della tomba alla cappuccina al centro dell’ambiente; zoom sul pozzetto al centro dell’abside ovest; par-ticolare dell’elevato dell’abside ovest, il cocciopesto non è in fase con la villa ma con la prima chiesa.

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è inoltre un centro molto vicino a Pava)14. Chi erano i proprietari di queste ville? Nel caso di Torraccia di Chiusi Cavalieri ha avanzato interessanti conside-razioni legate alla scarsa qualità delle nuove pavi-mentazioni che ha fatto immaginare una élite di tono minore, dotata di un contenuto tenore economico ma risoluta ad avare apparati decorativi “alla moda”15

. Nel caso di Pava i dati provenienti dalle ricognizioni di superficie condotte in Val d’Asso hanno messo in luce un numero esiguo di abitazioni sparse (IV-VI secolo) lungo i versanti della Valle che possono essere interpretate come parte del latifondo di Pava, chissà se e quanto accentrato o, come spesso accadeva nella tarda antichità, frammentato in varie tenute gravitanti intorno al centro egemone, dove forse, risiedeva (stabilmente?) il proprietario16.

La chiesa paleocristiana (seconda metà V secolo d.C.)

Su queste preesistenze nel corso della

se-conda metà del V secolo d.C. si impianta una chiesa. La trasformazione non risulta marcata da fasi di crolli e abbandoni; si percepiscono però tracce di bruciature, punti di fuoco, buche interpretate come attività di cantiere17. I rapporti stratigrafici sembrano indicare una trasformazione programmata, cercata e ottenuta su un edificio che non sembra più in uso nella sua funzione originaria ma che, allo stesso tempo, non presenta segni di cesure. Se l’abbandono c’è stato il programma di ristrutturazione messo in opera lo ha cancellato scoprendo le murature fino alle fondamenta. La chiesa che si viene a formare occupa complessivamente una dimensione di 32 m di lunghezza per 20 di larghezza, orientata est-ovest, con due absidi contrapposte ottenute con-servando in parte le strutture presenti tra le quali l’abside occidentale (fig. 10).

L’abside ovest viene conservata dalla struttura precedente mentre quella est risulta un’aggiunta, insieme alle murature di congiunzione con i perimetrali di quella che era stata l’ampia sala enfatizzata nella sua termi-nazione occidentale. Nonostante le pesanti spoliazioni successive all'abbandono della chiesa nel punto di in-nesto del muro curvo orientale con il perimetrale sud si conserva un angolo regolare che fa immaginare l’abside come non estradossata.

Ma perché due absidi? Cosa conteneva e che funzione svolgeva questo secondo fulcro cultuale? In Italia non ci sono precisi confronti coevi, possiamo citare il caso di San Lorenzo di Aosta anche se si tratta di una pianta cruciforme18 o il caso di Cimitile dove nella basilica di San Felice a Nola, sorta nel IV secolo sulla tomba del santo, nelle varie fasi di ristrutturazioni e rifacimenti si annovera un momento in cui sono presenti due absidi

14

Le ville tardoantiche presenti in Toscana sono ricordate da Cantini nel suo articolo sulla Tuscia settentrionale tra tarda antichità e alto medioevo, CANTINI 2012: 165-167.

15

CAVALIERI 2009: 15-16.

16 Sui risultati delle ricognizioni di superficie in Val d’Asso, F

ELICI, 2012. Sulla gestione della terra da parte dei proprietari nella tar-da antichità, WICKHAM 2009: 297-301; VERA 1986: 367-448, in particolare p. 381.

17

Le datazioni radiocarboniche raccolte su questi strati li collocano tra fine V - inizi VI secolo d.C. (484 -533 d.C.; 484-532 d.C.).

18

Si tratta per la fase coeva di un martyrium quindi con una funzione specifica diversa da quella della di Pava, BONNET-PERINETTI

1986.

Fig. 10. In alto pianta delle murature pertinenti alla prima chiesa di Pava (nel corso del V sec. d.C.). In basso ricostruzione schematica della pianta completa.

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contrapposte19. La lettura delle varie fasi è quanto mai complessa e sfuggente, gli studiosi si sono contraddetti per decenni sulle interpretazioni e le cronologie20 non facendone un confronto per Pava che rimane, per il momento, un caso di studio isolato in Italia.

I confronti vanno cercati in ambito mediterraneo, in Nord Africa e nella penisola Iberica. Per la cronologia di Pava forse il contesto più appropriato per immaginarne una derivazione è il nord Africa, dato che i casi spagnoli sono in genere collocati nel corso del VI e VII secolo e paiono il frutto di una maturazione del modello nascendo già in origine con due absidi21. La presenza della contro abside è spiegata in prevalenza per uso liturgico con l’istallazione di un altare, due fulcri scari all’interno della stessa chiesa22

. In Africa, come a Pava, le absidi sono per lo più il frutto di aggiunte successive a strutture preesistenti, che possono dipendere: da una variazione nella liturgia (spiegazione liturgica), dall’istallazione di tombe privilegiate (spiegazione funeraria), dalla presenza di reliquie (spiegazione martirologica)23.

A Pava è certamente esclusa la presenza di una tomba privilegiata; mentre l’evoluzione della contro abside nelle fasi altomedievali, tra VIII e X secolo, quando ospita probabilmente delle reliquie, può fornire una chiave di lettura efficace per immaginare questo uso anche nella fase iniziale24.

L’accesso alla struttura si apre sul perimetrale sud aperto su una sorta di endonartece, dal quale, scen-dendo un gradino, ci si dirige nella navata, mentre salendone uno ci si immette nella conca absidale occidentale.

In posizione opposta rispetto all’entrata si trova un ambiente absidato che racchiude una vasca circolare di circa 2 m di diametro con il fondo in cocciopesto con un punto di scolo che interpretiamo come un battistero, incluso nella planimetria della chiesa con vasca circolare ad immersione interrata (fig. 11). I confronti per una simile sistemazione architettonica non sono molti25. Un assetto che potrebbe risultare simile, pur con una com-plessità molto maggiore, si trova in Siria nella basilica di Qal’at Sim’an nella prima fase del battistero nel

19

EBANISTA, 2003. Una recente lettura del fenomeno delle chiese ad absidi opposte in Italia in, PIVA 2013, con accenni anche la fenomeno in epoca tardoantica, pp. 40-42.

20 Su tutta la questione delle differenti ipotesi degli studiosi sull’abside occidentale di Cimitile, E

BANISTA 2003: 198-208, in particola-re pp. 206-208.

21

Per le chiese iberiche, ULBERT 1968;CHAVARRÍA ARNAU 2009: 68-69.

22 D

UVAL 1973: 395.

23

Per le basiliche africane DUVAL 1973: 354-355.

24

Si veda descrizione nelle fasi altomedievali.

25 Secondo il censimento di Ristow la posizione del battistero rispetto all’aula sacra è l’elemento che presenta maggiore variabilità,

con percentuali che si avvicinano molto le une alle altre con appena una leggera supremazia della posizione a nord e a sud/ovest, mentre a ovest è quella meno presente. Nel caso di Pava il battistero, pur essendo inglobato nella struttura della chiesa, si colloca a nord/ovest che risulta comunque una tra le posizioni più diffuse, RISTOW 1998:16.

Fig. 11. A sinistra il battistero visto da nord, in primo piano la vasca ad immersione circolare; a destra zoom sul lato nord del banco pre-sbiteriale, in primo piano la base in laterizi dove appoggiava una delle due colonne frontali poi asportata.

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ario di Simeone Stilita26. La posizione dell’abside a racchiudere la vasca è stata riconosciuta per la prima fase battesimale anche presso la Mola di Monte Gelato27.

La scelta della vasca circolare risulta certo tra le più diffuse28 e anche cronologicamente compatibile con l’evoluzione suggerita per i primi battisteri italiani29

; ma si allontana dalle situazioni più comuni per il rapporto con l’abside che nel nostro caso ripercorre una parte della vasca racchiudendola in una sorta di nicchia. Viene quindi a mancare la possibilità di girare attorno alla vasca e di accedervi da un lato ed uscirvi da un altro, come spesso si ritrova negli accessi gradinati.

L’area presbiteriale di Pava presenta ulteriori caratteristiche rare nel panorama italiano. Vi si trova un recinto presbiteriale dotato di otto colonne che si prolunga all’interno della navata per 6 m al termine del quale, verso est, lo spazio è racchiuso in una muratura curva che leggiamo come un banco presbiteriale30. Difficile ipotizzare quanto potesse andare in elevato il banco, dotato di due colonne allineate sul lato frontale31. Poteva trattarsi di un banco presbiteriale staccato dall’abside oppure di una nicchia absidata che saliva in altezza. In ambedue i casi è certa la presenza di un ambulacro (fig. 11). Il banco staccato dalla parete risulta un’ela-borazione frutto di una “sperimentalismo iniziale” del territorio aquileiese del V secolo32

. Confronti molto stretti con questa sistemazione del presbiterio provengono dalle diocesi di Novara e Vercelli nel nord-ovest dell’Italia33

e dall’arco alpino34, nel Tirolo orientale, nella regione dell’antico Norico35

. Il corridoio di accesso delle influenze di Aquileia sul contesto alpino devono essere passate anche attraverso il Friuli Venezia Giulia36.

Lungo i perimetrali nord e sud di Pava si aprono ambienti laterali speculari di circa 4 m di ampiezza per una lunghezza proporzionalmente raccorciata rispetto alla navata. Non si tratta di navate laterali dato che i vani sono tramezzati più o meno nello stesso modo, piuttosto di annessi dove dovevano assolversi alcune funzioni liturgiche.

Particolarmente intrigante la lettura degli ambienti nord dove possiamo immaginare un collegamento con il battistero. Come è noto la liturgia battesimale cristiana delle origini prevedeva riti precedenti e successi al battesimo vero e proprio che includevano la preparazione dei catecumeni ad accogliere il battesimo, la svestizione, l’esorcismo, l’unzione, la tripla immersione, il consignatorium, quindi, dove possibile, la presenza di ambienti idonei37. Infine era necessario l’accesso alla chiesa per lo svolgimento dei riti successivi al bat-tesimo38.

La complessità della prima chiesa di Pava, la proietta in un mondo dove circolavano idee e pro-babilmente maestranze, dove si utilizzavano tecniche costruttive ben calibrate sulla base della funzione, dove si conosceva la sapiente tecnica del riutilizzo del materiale costruttivo. Tali considerazioni fanno immaginare una committenza importante, ufficiale, molto probabilmente il centro episcopale che in questa fase era

26 R

ISTOW 1998, n. 631, p. 239.

27

MARAZZI,POTTER,KING 1989: 106-108.

28

Sulla base del vasto censimento di Ristow, le vasche circolari superano di molto le percettuali di presenze rispetto alle altre va-rianti con il 30%, RISTOW,1998:28. Importante il catalogo per il panorama italiano dei battisteri in Italia,FIOCCHI NICOLAI-GELICHI

2001: 316, 318.

29

CASTELFRANCHI 2001: 288, la cronologia delle vasche circolari non è tra le più antiche (prima metà IV secolo) che sono quelle ottagonali né tra le più recenti (primi del VI secolo) che sono quelle cruciformi.

30

Molto importanti le considerazioni sulla liturgia delle basiliche romane dotate di recinto per le quali si enfatizza il ruolo delle pro-cessioni, BRANDT 2014: 45-47.

31 Una simile strutturazione del banco è stata rinvenuta a S. Lorenzo di Gozzano, P

EJRANI BARICCO 2003: 72 e a S. Stefano di Len-ta, PANTÒ 2003: 89.

32

Sulla diffusione del banco presbiteriale staccato dalla parete nei territori di influenza aquileiese, CUSCITO 1999: 87-98.

33 Nelle pievi di S. Vittore di Sizzano, di S. Lorenzo di Gozzano, di S. Stefano di Lenta, P

EJRANI BARICCO 2003: 67, 72-74; sulla pieve di Lenta, PANTÒ 2003: 88-91.

34

In Svizzera edifici dotati di banco e abside sono presenti nella diocesi di Chur, nella chiesa di St. Stephan e, sempre in diocesi di Chur, nella chiesa di S. Maria di Sagogn. In Tirolo situazioni analoghe sono riscontrate nella chiesa di S. Maria a Oberlienz nella diocesi dell’antica Aguntum e a Säben.

35

Per le chiese del Tirolo, SYDOW 2003, B27, p. 257 per quella di Oberlienz; per quella di Säbem, NOTHDURFTER 2003, C8, p. 30; GLASER,2003,p.415.

36

Agiudicare dalla presenza di banchi presbiteriali a San Vigilio di Palse, a San Martino di Ovaro e nel complesso paleocristiano di Colle Zuca a Invillino.Per il Friuli Venezia Giulia, CAGNANA 2003.

37 Per il rito del consignatorium non sembrano essere attestati in queste fasi tardoantiche edifici specializzati, F

IOCCHI NICOLAI -GELICHI 2001: 317. Sulla liturgia del battesimo nel IV e V secolo, SAXER 1987: 181-192.

38

Sul tema amplissimo del rito battesimale una recente trattazione ricca di riferimenti bibliografici in, CHAVARRÍA ARNAU 2009: 75-81.

(10)

verosimilmente quello aretino39. La presenza del recinto in un recente contributo di Brandt è espressamente messa in relazione alla solenne entrata del vescovo nella chiesa, rivelandosi l’elemento strutturale che forse più di tutti manifesta la “firma” vescovile su questa chiesa40. È un’ipotesi di lavoro elaborata tenendo conto delle

precauzioni suggerite da alcuni studiosi su questi criteri, specialmente in un panorama complesso come quello delle prime fasi della cristianizzazione rurale41.

Gli influssi presenti sul complesso edificio paleocristiano di Pava, come abbiamo visto, provengono da lontano ma l’elemento comune denominatore pare essere il Mediterraneo. Forte anche l’elemento dei traporti, delle strade, dei contatti che traspare a Pava in modo chiaro attraverso i numerosi reperti di pregio di VI secolo. Queste influenze sono naturalmente calate nella realtà locale, sono piegate alle preesistenze, adottano soluzioni particolari e inusuali ma vogliono comunicare imponenza e rappresentatività. A chi doveva comu-nicare tanto significato simbolico? Chi erano i destinatari di questo messaggio? Se è stato il vescovo il committente di Pava ha marcato il territorio con questo edificio42? Non va dimenticato che nei documenti della contesa la pieve di Pava è una mater ecclesia, una delle quattro indicate nella Notitia Judicati che ha preceduto di un anno il famoso testimoniale di Gunteram43.

L’evoluzione del complesso di Pava da villa tardoantica a chiesa non denuncia la presenza di un possessor che si “incarica” dell’evangelizzazione del territorio erigendo una cappella su una sua proprietà, quanto piuttosto di una riconversione avvenuta in un unico momento perseguendo un progetto preciso. Io ritengo che la figura da immaginare dietro questo progetto sia il vescovo. È impossibile sapere se la proprietà di Pava sia pervenuta ed eventualmente in che maniera sotto il suo controllo, se il vescovo sia subentrato ai proprietari precedenti o se abbia “imposto” ad un proprietario laico un modello costruttivo che rivela certamente cura d’anime e apertura alla popolazione. In questo caso si sarebbe trattato di una committenza ufficiale finanziata da un privato. L’elemento chiave è comunque la presenza, nel V secolo, di un‘clero’ forte, in grado di gestire e organizzare il processo di cristianizzazione delle campagne.

La “crisi” di VI secolo

Questo primo complesso ecclesiastico mostra tracce di destrutturazione piuttosto precoci, databili già nella prima metà del VI secolo. Negli anni compresi tra il 537 e il 541 si colloca a ridosso dell’abside ovest, in un punto in cui il pavimento in cocciopesto della chiesa era già rovinato e mancante, un ripo-stiglio di 26 monete (6 in oro e 20 in argento, tre solidi, tre tremissi e silique) emesse dai re goti italiani: Teodorico, Ata-larico, Amalasunta, Teodato, Vitige e un solido a nome di Giu-stiniano (fig. 12). Tale importante rinvenimento è stato messo in connessione con un momento di “crisi” dovuto agli anni della guerra greco-gotica. Come poteva trovarsi la chiesa in questa fase? Forse poteva necessitare di restauri il tetto dato che nella fase successiva, alla fine del VII secolo, si realizza una fornace da laterizi (con scarti di coppi e tegole) nei pressi della chiesa.

Tutto lo spazio occupato dalla chiesa paleocristiana ha rivelato la presenza di strati di cantiere di metà VII secolo che indicano nuovamente una ristrutturazione.

39

Come ipotizzato anche dalla Molinari, MOLINARI 2008: 141-142. Considerazioni analoghe sulla committenza sono state elaborate per le pievi di Gozzano e Sizzano, PEJRANI BARICCO 2003: 70. Sul ruolo dei vescovi nella tarda antichità e sulla prerogativa di fon-dare nuove chiese come una tra le principali, VOLPE 2007: 90.

40

BRANDT 2014: 51.

41 C

ANTINO WATAGHIN 2013: 194.

42

Il V secolo come indicato da Brogiolo e dalla Chavarría è il momento in cui la cristianizzazione viene guidata dal vescovo con una chiara strategia di controllo dei punti nodali del territorio, BROGIOLO,CHAVARRÍA 2008: 8-11.

43

SCHIAPARELLI 1929, n. 17.

Fig. 12. Il ripostiglio di inizi VI secolo interrato lungo la conca absidale ovest tra i laterizi della preparazio-ne del pavimento in cocciopesto.

(11)

La ripresa altomedievale di VII secolo

Le attività di cantiere sono in fase con le prime sepolture che si legano alla chiesa. Nell’area di fronte all’accesso, tagliando murature della prima fase non più in uso, si collocano alcune sepolture. Una di queste è di particolare importanza perché dotata di un ricco corredo. Si tratta di una giovane donna con una collana a doppio filo in perline di fasta vitrea, orecchini in vetro e monete tardo romane forate e inserite in un filo e un anello in argento con castone in vetro blu e pallocchi in vetro verde. La cronologia degli oggetti del corredo ha coin-ciso perfettamente con la datazione radiocarbonica delle ossa che ha collocato la morte della giovane intorno alla metà del VII secolo d.C.44 (fig. 13).

Una delle sepolture di questa fase si colloca all’in-terno dell’endonartece e presenta una datazione radio-carbonica coeva con la morte della giovane inumata vi-cino all’entrata (650-669 AD 1 sigma, 634-690 AD cali-brata a 2 sigma (ambedue con una percentuale del 100%)45.

Nella navata viene allestita una nuova pavimen-tazione, ottenuta con un possente livello di pietre e laterizi, per il quale non escludiamo una funzione di rial-zamento e isolamento dall’umidità.

Il periodo compreso tra VII e VIII secolo vede l’alternarsi di almeno due fasi di ristrutturazioni interne che ne hanno permesso la separazione. Tra le modifiche di maggior peso nel corso del VII secolo viene riempita la vasca battesimale per immersione e le dimensioni del battistero vengono di poco ridotte realizzando una nuova muratura sul lato ovest. Tale ristrutturazione vede la ricostruzione anche della nicchia absidale che chiude verso nord questo ambiente. Importante anche l’aggiunta all’interno del recinto presbiteriale di un ambone del quale purtroppo sono rimaste pochissime tracce essendo poi stato demolito tra VIII e IX secolo. Della struttura rimane la base rettangolare appoggiata al braccetto sud del recinto presbiteriale e un primo gradino intonacato (fig. 14).

Ristrutturazioni invece più importanti portano l’e-dificio ad avere una diversa organizzazione non solo interna ma anche nelle strutture portanti. Questa fase che possiamo denominare il ‘secondo altomedioevo’ si col-loca stratigraficamnete tra VIII e IX secolo.

La conca absidale occidentale viene separata dalla navata occidentale ricavandone una sorta di cappella interna dotata di una piccola abside e la chiusura esterna

44 Datazioni radiocarboniche calibrate a 1 sigma 641-667 AD (100%) a due sigma 608-680 AD (100%), (CIRCE – Center for

Isoto-pic Research on Cultural and Environmental heritage).

45 CIRCE – Center for Isotopic Research on Cultural and Environmental heritage.

Fig. 13. In alto in rosso pianta della chiesa nella fase compresa tra VI e VII secolo, in rosa le murature della fase di V. Sono segnate le due sepolture di VII secolo, quella in basso è la ra-gazza con il corredo sepolta sulle murature della prima fase, di fronte all’entrata della chiesa.

Fig. 14. In alto pianta delle murature pertinenti alla prima fase altomedievale della chiesa di Pava (tra VI e VII secolo). In basso ricostruzione schematica della pianta completa.

(12)

è adesso realizzata con un possente muro diritto in sostituzione dell’antica abside tar-doantica (fig. 15).

È questo l’aspetto assunto dalla pieve di Pava nel corso dell’VIII secolo, in coincidenza cioè con i più antichi docu-menti della contesa, è quindi questa la chiesa che nell’anno 715 era tenuta dal prete Audo.

Nel corso dell’VIII secolo la chiesa si dota di uno degli elementi più importanti e di maggior spicco. Si tratta di una sepoltura privilegiata collocata signifi-cativamente di fronte all’altare, in mezzo al recito presbiteriale. Il recinto stesso viene modificato a sud per poter risultare simmetrico rispetto alla sepltura che vi si colloca al centro. La tomba è a cassone, foderata in lastre di travertino e coperta da una lastra in travertino. All’interno è stato rinvenuto uno scheletro deposto in una ordinata seconda deposizione quando il defunto era già scheletrizzato. L’identificazione del defunto non è aiutata da nessun indizio sicuro ma diversi segnali importanti sono emersi dall’analisi delle ossa. Era un maschio di circa 18-20 anni morto nella seconda metà del VII secolo d.C.46 (fig. 16). Si trattava di un giovane molto ammalato, affetto da gravi problemi allo sviluppo degli arti (displasia acromesomelica) con difficoltà motorie, lo sviluppo eccessivo della clavicole ha fatto supporre che si muovesse con stampelle.

Le analisi di paleonutrizione hanno rivelato che questo giovane aveva assunto, nella sua vita, una maggiore quantità di proteine rispetto al campione studiato del cimitero di Pava. La comparazione delle quantità di ossigeno 18 nelle sue ossa ha rivelato che l’acqua bevuta in vita doveva essere stata la stessa del campione suggerendo un’origine autoctona del giovane47

.

Chi era quindi? L’ipotesi più probabile è che fosse il giovane esponente di una famiglia elitaria alto-medievale della Val d’Asso che certamente aveva rapporti stretti con la pieve di Pava.

Riassumendo ad oggi sono collocabili con certezza nel corso del VII secolo tre sepolture, due deposte in giacitura primaria e una seppellita di fronte all’altare almeno cinquant’anni dopo la morte.

Sarebbe di grande interesse poter verificare tramite analisi del DNA un eventuale legame familiare tra i tre inumati tutti sepolti in luoghi così importanti della chiesa di Pava. Le vicende della pieve successive alla “cri-si” della seconda metà del VI secolo sembrano legarsi a questi personaggi, forse coloro che “prendono in ma-no” le sorti del centro religioso, investendo probabilmente non solo risorse finanziarie.

46 Datazione radiocarbonica calibrata a 1 sigma 650-688 AD, CIRCE – Center for Isotopic Research on Cultural and Environmental

heritage.

47

FORNACIARI et al. 2012.

Fig. 15. In alto pianta delle murature pertinenti alla seconda fase altomedievale della chiesa di Pava (tra VIII e IX secolo). In basso ricostruzione schematica della pianta completa. A destra in alto particolare dell’area ovest con la piccola abside annessa a chiudere verso la navata e la linea del nuovo muro dritto (poi spoliato) che tagliava la conca absidale. In basso a destra il recinto presbiteriale visto da est, in primo piano la tomba privilegiata.

Fig. 16. Momenti del rilievo laser scanner della se-poltura privilegiata (LAP&T), a destra ipotetico dise-gno ricostruttivo della possibile figura del ragazzo sepolto di fronte all’altare (dis. M. Pacini).

(13)

Per la zona della disputa si rileva un altro caso che sulla base delle fonti scritte potrebbe assimilarsi a Pava. Si tratta della pieve di S. Restituta, nel vicino comprensorio di Montalcino che nel 715 il centenario Allerad dice essere stata fondata dai suoi avus et be-savus e che la stessa è sempre stata sottoposta alla diocesi aretina48. Riassumendo un ceto di «Lon-gobardi» che investe in una chiesa inserita nel siste-ma plebano aretino.

Le tombe di Pava e il caso di S. Restitua sem-brano dare forma ad una realtà raccontata dallo storico del Medioevo Giovanni Tabacco che rife-rendosi al gruppo longobardo di Siena dice: “è pre-sente sul territorio non solo come membri del popolo militarmente dominante, ma come ceto di possessori, inquadrato nelle strutture plebane, di cui essi sono, come filii ecclesiae per eccellenza il robusto sostegno sociale”49

(fig. 17).

Una sequenza che trova confronti in ambito nazionale come riscontrato nella chiesa di S. Gerva-sio di Centallo (Italia settentrionale), quando nel corso del VI secolo il battistero viene obliterato (come a Pa-va) dando il via all’uso funerario della zona circostante la chiesa da parte di una comunità che si può definire di ambito longobardo50.

Verso la chiesa proto-romanica (X-XII secolo)

Nel corso del X secolo si verifica il disfacimento di parte della curva absidale orientale; sulla cui cresta si collocano poi almeno cinque sepolture. La datazione più antica di questi scheletri, compresa tra il 961 e il 98851, pone al più tardi nell’ultimo ventennio del X secolo il crollo dell’abside.

Nel corso dei secoli successivi la chiesa di Pava va verso un ulteriore ridimensionamento rispetto alle fasi altomedievali quando già aveva perso gli ambienti laterali. Nel corso dell’XI secolo è databile un allestimento quasi del tutto nuovo rispetto al pre-cedente. Pesanti stratigrafie legate ad attività di cantiere segnano il processo che porta a questa sistemazione finale dell’edificio (fig. 18).

La facciata viene a trovarsi ad est. All’interno su una pavimentazione in lastre di travertino vengono costruiti un probabile fonte battesimale, di cui si è rinvenuto il basamento circolare a lastre di pietra, e

48 “Allerad centenario de uico Pantano dixit: Auus et besauus meus tenuerunt ecclesia Sanctae Restitute; semper sagrationem a Sancto Donatum abuerunt, et semper usque modo eius diocea fuet… », SCHIAPARELLI 1929, n. 19.

49 T

ABACCO 1973: 167.

50

PEJRANI BARICCO 2001. 565-566.

51 Datazione radiocarbonica calibrata a 1 sigma 961-988 AD (55,2%), CIRCE – Center for Isotopic Research on Cultural and

Envi-ronmental heritage.

Fig. 17. Distribuzione nell’area della Val d’Orcia e Val d’Asso delle due pievi citate nei documenti della contesa verosimilmente con-nesse a due famiglie elitarie della zona. La pieve di Pava, come sta emergendo dagli scavi e la pieve di S. Restituta come sembra leggersi dalla fonte scritta.

Fig. 18. In alto pianta della fase dell’ultima chiesa di Pava, in grigio scuro (X-XII secolo) sovrapposta su una pianta composita della chiesa (grigio chiaro). In basso le stesse fasi con la sovrapposi-zione del cimitero.

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due basamenti in pietre squadrate addossati al perimetrale sud che possono essere interpretati come basi per pulpiti. Sul lato ovest che adesso ospita l’area presbiteriale viene realizzato un basamento ret-tangolare che abbiamo interpretato come degli scalini per utilizzare un altare inserito nella parete52. Questa fase risulta avere avuto una vita piut-tosto ridotta, mostrando segni di ab-bandono già verso la fine del XII secolo.

La totale assenza di strati relativi al disfacimento della co-pertura permette di ipotizzarne lo smantellamento intenzionale già prima del crollo dei perimetrali, segno che anzi confermerebbe l’im-magine di un abbandono e di un conseguente degrado strutturale del-l’edificio.

Sembra quindi plausibile immaginare che dopo il tentativo di recupero della pieve in fase proto-romanica, questa sia stata definitivamente abbandonata e lasciata crollare.

Per questa fase è interessante notare la concordanza fra i dati stratigrafici e quelli archivistici che si armonizzano nel veder prevalere, a partire dall’XI secolo, la pieve di S. Maria in Pava costruita sulla collina che sovrasta l’area di scavo, a discapito di quella più antica di S. Pietro, progressivamente in declino. Il primo documento, relativo alla secolare contesa, nel quale figura la sola sancta Maria in Pava è il giudicato del 1057. Ciò suggerisce che da quel momento forse prevaleva la chiesa sulla collina mentre quella ai suoi piedi era già in fase di parziale abbandono (fig. 19).

Le dinamiche storiche di questi secoli hanno oramai mutato gli equilibri, siamo nella fase di espansione delle signorie territoriali alle quali si deve lo sviluppo dei nuclei fortificati di Lucignano d’Asso, Vergelle, San Giovanni d’Asso e Monterongriffoli, tutti distanti da 1,5 a 2,5 km da Pava. Il piviere di Pava doveva estendersi per circa 35 km2, allungandosi ad inglobare buona parte della Valle dell’Asso, secondo una divisione degli spazi ipotizzata utilizzando il modello geografico dei Poligoni di Thiessen applicato alle pievi del 71553 (fig. 20). All’interno di questo spazio si collocano i quattro castelli che, seppure conosciamo nel dettaglio solo da quando sono oramai all’interno dell’orbita senese (XIII secolo), risultano centri della signoria territoriale degli Scialenghi,

52 Come ipotizzato per la chiesa di XI secolo all’interno del castello di Montemassi nel grossetano, B

RUTTINI 2008: 252.

53

MACCHI JÁNICA 2009: 78.

Fig. 19. Panoramica della localizzazione della “nuova” chiesa romanica di S. Maria in Pava rispetto agli scavi che hanno messo in luce la posizione della pieve antica di S. Pietro in Pava.

Fig. 20. Localizzazione dei quattro castelli che circondano a distanze regolari la pieve di S. Pietro in Pava.

(15)

probabilmente conti a Siena nel X secolo, poi passati alla dominazione di un territorio gravitante attorno ad Asciano, antica corte regia54.

Questi sono i secoli dove il sistema antico delle pievi, legato alla diocesi, sempre più spesso si scontra con i nuovi poteri di natura territoriale e alle nuove parrocchie ed è in questi frangenti che le ultime fasi della pieve di S. Pietro in Pava vedono spengersi la sua parabola discendente55. È possibile che lo spostamento in un punto più elevato della pieve di riferimento della Val d’Asso, con un cambio parziale di intitolazione, sia stato un atto di forza vescovile nei confronti del potere signorile in espansione.

Intorno alla chiesa, nella forma che ha assunto a partire dalla fase altomedievale, lo scavo ha evidenzia-to un’estesa area cimiteriale inquadrabile per il momenevidenzia-to in un ampio arco cronologico tra IX e XII secolo.

Il cimitero della pieve di Pava56

Il cimitero della pieve di Pava è situato nelle aeree esterne rispetto al perimetro dell’antica pieve nella forma che assume dalla fase altomedievale. Alcune delle sepolture più recenti e più superficiali rivelano che l’uso di seppellire in questo luogo è perdurato anche in seguito al crollo della chiesa proto romanica. Esse difat-ti tagliano gli stradifat-ti che coprivano parte dei crolli dei muri perimetrali.

A fine campagna 2012 l’area cimiteriale ha raggiunto il numero complessivo di circa 900 sepolture. L’orientamento delle inumazioni è ovest/est mentre l’allineamento non sempre è coerente. In generale, le di-verse fasi cimiteriali della pieve di Pava si distinguono per l’organizzazione spaziale delle sepolture che appare più strutturata nelle fasi più antiche e più caotica in quelle più tarde (fig. 21).

Il cimitero è di tipo comune. La regolare disposizione delle ossa suggerisce che gli individui erano, vero-similmente, avvolti in un sudario e sepolti in fosse terragne strette e poco profonde, spesso contraddistinte dal-la presenza di segnacoli posti in corrispondenza deldal-la testa o dei piedi, o di entrambi.

In alcuni casi le inumazioni presentano assi di legno generalmente carbonizzate a contenimento e coper-tura del corpo.

La fase più antica del cimitero di Pava è da collocarsi nel IV secolo d.C. con la prima tomba alla cappuc-cina su una parte di quella che era stata la villa. Sono però oltre una dozzina le sepolture che potrebbero

54

CAMMAROSANO 1981: 238.

55

VIOLANTE 1982: 1146-1155.

56 Il cimitero è in corso di studio da parte del team del Prof. Gino Fornaciari della Divisione di paleopatologia dell’Università di Pisa.

Fig. 21. Pianta della distribuzione completa del cimitero di Pava disposto attorno ai perimetrali della chiesa tranne le due sepolture alto-medievali di VII secolo. A sinistra zoom su un particolare che rivela con chiarezza l’affollamento di sepolture che spesso caratterizza il ci-mitero.

(16)

partenere alla stessa fase della cappuccina. Purtroppo i dati stratigrafici sono molto difficili da seguire nella zo-na orientale, sia per il fenomeno erosivo molto accentuato sia perché in pochi centimetri si sovrappongono li-velli cimiteriali che si tagliano reciprocamente e che riusano costantemente gli stessi spazi. Quindi tra la prima fase della villa e la seconda potrebbe collocarsi una cesura fatta di un uso funerario della zona orientale del complesso. Dopo questa prima fase si percepisce una nuova fase cimiteriale nel VI secolo d.C. grazie al rinve-nimento di oggetti di vestiario e monili che purtroppo sono fuori contesto, tutti però provenienti dalla zona sud, quella che verosimilmente ospitava il cimitero tardo antico.

La prima fase ben definita è di VII secolo quando alcuni esponenti di un gruppo elitario si fanno seppellire di fronte all’entrata e all’interno della chiesa, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti. Le sepolture di Pava avranno poi un’esplosione dalla fine del X secolo fino a tutto il XII facendo di questo cimitero medievale uno dei maggiori (scavati) in Europa.

Le analisi degli scheletri

L’orientamento delle inumazioni è ovest/est mentre l’allineamento non sempre è coerente con un’organizzazione più strutturata nelle fasi più antiche e più caotica in quelle più tarde.

Tranne alcune sepolture coperte da lastre di pietra, esse sono per lo più in semplici fosse terragne o con fosse delimitate da laterizi e pietre. Spesso sono presenti segnacoli alla testa e ai piedi. In alcuni casi sono sta-te ritrovasta-te tracce di legno carbonizzato nelle fosse ad indicare tavole lignee a prosta-tezione degli inumati.

Il considerevole numero delle sepolture scavate ha permesso di approfondire alcuni aspetti della ritualità funeraria medievale. Gli inumati venivano deposti per lo più con le mani incrociate sul bacino o flesse a 90° sul petto. L’attenta osservazione della posizione delle ossa al momento dello scavo con la forte compressione del-le spaldel-le, degli arti superiori e inferiori fa ipotizzare l’uso di sudari e fasciature.

Il picco di mortalità per le femmine è sui 30-39 anni, per i maschi sale a 40-49 anni. Il precoce decesso in età fertile delle donne è dato dalla frequenza dei parti, con i rischi ad essi connessi. Ad oggi è anomalo lo scar-so dato sulla mortalità infantile che non rispecchia la situazione biologica delle popolazioni medievali, nelle qua-li ben il 40-50% del tasso di mortaqua-lità era costituito da neonati e bambini. Ciò può dipendere dalla presenza di un'area del cimitero riservata ai bambini non ancora individuata.

Gli individui presentano una struttura ossea molto robusta e stature elevate: la media maschile è di 170,5 cm, con alcuni scheletri che raggiungono anche i 180 cm; quella femminile è di 160 cm circa. Questi dati sono supportati anche dalle analisi paleonutrizionali effettuate presso il Laboratorio CIRCE della Seconda Università di Napoli, che hanno rivelato come gli abitanti di Pava godessero di una dieta ricca di carne di animali terrestri (bovini e ovini) senza particolari differenze tra maschi e femmine57.

L’attività muscolare, osservabile sulle ossa, ha invece rilevato un quadro molto diverso tra i due sessi. Un forte sviluppo dei marcatori muscolari maschili si contrappone a quelli femminili rispecchiando una netta di-visione del lavoro. Le donne forse erano dedite ai lavori domestici che, anche se faticosi, non incidevano sulla massa muscolare quanto le attività agricole o l’allevamento. L’intensa attività maschile è confermata anche dal-la diffusa presenza di artrosi ed ernie anche in individui molto giovani coinvolti presto in dal-lavori faticosi.

Nel nostro campione scheletrico sono stati rilevati numerosi traumi cranici e fratture agli arti. Alcune di queste sono lesioni inferte volontariamente, come le numerose fratture “da difesa” che interessano l’avam-braccio posto a protezione del corpo, che ci testimoniano il livello di violenza della comunità.

Alcuni scheletri hanno rivelato le tracce di malattie infettive, la cui osservazione consente di far luce an-che sull’ambiente e sulle abitudini igienico-sanitarie. A Pava sono presenti numerosi casi di periostite e due ca-si accertati di tubercoloca-si confermati anche dall’amplificazione di sequenze di aDNA specifiche del

Mycobacte-rium tuberculosis58.

Queste sepolture sono quindi quelle relative al popolo dei fedeli del piviere di Pava, quella gente che co-nosciamo ma che non sappiamo dove risiedesse. Secondo il modello insediativo elaborato grazie alle trenten-nali ricerche condotte in Toscana sui villaggi d’altura, possiamo immaginare che queste colline possano essere stata la sede di villaggi forse già dal VII-VIII secolo59. Questa potrebbe essere la chiave di lettura per

57

FORNACIARI 2014.

58

Sulle analisi in corso sugli scheletri di Pava, MONGELLI 2010.

59

(17)

re la popolazione che faceva capo alla pieve di Pava che qui si faceva battezzare e seppellire? Oppure esiste-vano forme insediative alternative anche fuori dai villaggi d’altura? Potrebbe essere un indizio di ciò quel vico

Cemonia (oggi topograficamente non collocabile) dal quale proviene un testimone che si riferisce alla pieve di

Pava nel testimoniale del 71560?

Se le sepolture della fase principale non fanno presumere grosse distinzioni sociali, lo stesso non si può dire per quelle di VII secolo. Grazie al loro scavo è stato possibile verificare la presenza di un ceto elevato sul territorio altrimenti invisibile.

Conclusioni

La linea di studio entro la quale si colloca Pava segue la scia della presenza sul territorio di elementi reli-giosi noti attraverso le fonti scritte altomedievali che a Pava hanno acquisito forme materiali specifiche. La pie-ve di Pava si configura come la spia di una situazione sociale, economica, di organizzazione del territorio, in senso ampio, molto più articolata e complessa di quanto si potesse immaginare fino a non molti anni fa in que-sta zona. I reperti individuati svelano un universo di contatti con il mondo mediterraneo ed europeo. Tutto il pa-linsesto dei dati archeologici manifesta una notevole quantità di apporti, sia nella fase tardo antica sia in quella altomedievale, che testimoniano grande vitalità anche nei secoli della dominazione carolingia61.

Oltre a Pava, grazie a scavi recenti, la zona del senese si sta arricchendo di tipologie insediative che ini-ziano a far luce sulle fasi di VII e VIII secolo, come il vicino villaggio altomedievale presso il vicus e mansio di S. Cristina in Caio, identificabile con la Mansio Umbro Flumen, indicata dalla Tabula Peutigeriana lungo un di-verticolo della Cassia, dove le fonti scritte attestano all’inizio del IX secolo la presenza della pieve di S. Cristi-na62.

Al margine opposto della zona contesa, un altro scavo è stato condotto sulla statio Manliana ricordata dalla Tabula Peutingeriana lungo una diramazione della Cassia Adrianea che continua ad essere frequentata fino al VI secolo quando diviene un villaggio di capanne. L’abbandono avviene in questo momento, verosimil-mente a causa del degradare delle condizioni ambientali della Val di Chiana, in favore di quella direttrice viaria che progressivamente ne sostituirà l’utilizzo; il corridoio di collegamento interno tra la Toscana del nord, l’Italia settentrionale e Roma. Quest’ultimo inizia la sua fase di crescita con le fasi dell’opposizione bizantina e gota (VI secolo) lungo l’Appennino, “innescando” un processo di incremento dei traffici che, con il proseguire dei se-coli, diverrà la Francigena63.

La viabilità è quindi un elemento “sensibile” in queste fasi del quale anche Pava ha probabilmente bene-ficiato64. In questa zona strategica, attraversata da direttrici in via di espansione, Pava sta rivelando la presen-za di ceti sociali elevati che potenziano le loro proprietà tra IV e V secolo. Le ricerche stanno svelando rapporti tra i ceti elevati e le istituzioni ecclesiastiche e quindi la città e dove il ruolo del vescovo appare sostanziale nel processo di cristianizzazione rurale. È un territorio che ha certamente subito gli anni della guerra greco-gotica, come fa ben immaginare il ripostiglio di Pava, un “tesoretto” che, alla luce di dieci anni di indagini, non può es-sere immaginato separato dal suo territorio. Il ricco proprietario che ha interrato le monete non deve eses-sere ri-tenuto una figura di passaggio legata ai movimenti del fronte. Le evidenze tardoantiche di monumentalità, le connessioni con la figura vescovile, gli stessi interessi del vescovo per quest’area, manifestati attraverso la co-struzione di un marker territoriale forte come la chiesa tardoantica di Pava, fanno immaginare all’inizio del VI secolo la presenza di ceti in grado di possedere e gestire somme ingenti di denaro come quella interrata. Pava e il suo territorio hanno poi giovato del potenziamento, proprio a seguito delle vicende belliche di VI secolo, del-la viabilità alternativa rispetto aldel-la Cassia, come pare rivedel-lare anche il già citato caso di S. Cristina in Caio. Infi-ne è un territorio che mostra come la distribuzioInfi-ne dei nuovi ceti dirigenti dal VII secolo, si ancori a situazioni preesistenti, facendo leva su fulcri del territorio dalla lunga storia, tenacemente ancorati ai loro contesti. Prima evidenza materiale fra tutte sono le sepolture di VII secolo, che paiono “fotografare” la presa di possesso, da parte di un’ élite, di un sito di riferimento nel momento stesso in cui avviene.

60

SCHIAPARELLI,1929, n. 19.

61

Come indicato dal rinvenimento di rare monete di Ludovico il Pio e Berengario I, ARSLAN 2009: 998-999.

62 V

ALENTI 2012;GOGGIOLI,VALENTI 2010: 32-35.

63

TABACCO 1973: 166. Sulla statio Manliana, MASCIONE 2000.

64 Un elemento “sensibile” anche in relazione alla evoluzione delle fasi di cristianizzazione delle campagne che ha trovato nella

(18)

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