UNIVERSITÀ DI PISA
Dipartimento di biologia
Tesi di laurea Magistrale in Biotecnologie Molecolari
Sviluppo di un chip microfluidico per la sintesi di
nanoparticelle di PLGA caricate con l’enzima
lisosomiale GALC
Candidata Relatori
Sara Donato Prof. Marco Cecchini
Dr. Matteo Agostini
Anno accademico
2018/2019
INTRODUZIONE ... 3
NANOMEDICINA E DRUG DELIVERY ... 3
NANOPARTICELLE POLIMERICHE ... 4
CARATTERISTICHE FUNZIONALI DELLE NANOPARTICELLE ... 8
DRUG DELIVERY NEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE ... 10
METODI DI SINTESI DELLE NANOPARTICELLE ... 12
TECNICHE MICROFLUIDICHE ... 16
SINTESI DI NP POLIMERICHE IN MICROFLUIDICA ... 19
CASO STUDIO: LEUCOSTROFIA DELLE CELLULE GLOBOIDI ... 21
OBIETTIVO DELLA TESI ... 26
MATERIALI E METODI ... 27 MICROFABBRICAZIONE ... 27 SETUP SPERIMENTALE ... 30 RISULTATI E DISCUSSIONE ... 37 MICROFABBRICAZIONE ... 37 TEST FLUIDICI ... 45
SINTESI DELLE NANOPARTICELLE CON IL CHIP MICROFLUIDICO ... 49
CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE ... 64
Introduzione
Nanomedicina e
drug delivery
Lo sviluppo delle nanoscienze ha permesso di sviluppare strumenti su scala nanometrica per interfacciarsi con un sistema vivente, permettendo l’impiego di nanotecnologie in vari campi biomedici, compreso quello farmaceutico1. La combinazione di diverse
discipline, quali biologia, chimica, fisica, scienze dei biomateriali e farmacia, ha permesso di focalizzare la ricerca su nuove tipologie di somministrazioni di farmaci al fine di migliorare l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti convenzionali2. L’applicazione delle
nanotecnologie nel campo medico ha dato origine alla nanomedicina3, ovvero la scienza
che studia e sviluppa strumenti molecolari nanostrutturati che agiscono su processi biologici del corpo umano. L’impiego delle nanotecnologie e della nanomedicina ha avuto un elevato successo in vari campi come l’ingegneria dei tessuti4, il drug delivery2,
la comprensione dei processi biologici di base, l’imaging5, e lo sviluppo di sensori
diagnostici6. In particolare, la ricerca si è focalizzata negli ultimi anni nello sviluppo di
metodi per veicolare molecole terapeutiche in organi e tessuti specifici dell’organismo, comprese regioni, come il cervello, che sono difficilmente accessibili a farmaci convenzionali a causa della presenza di barriere semi-permeabili. L’efficacia di un farmaco dipende molto dal metodo di somministrazione7, che deve essere scelto in base
alle caratteristiche della molecola terapeutica e dall’organo bersaglio in cui deve essere localizzata8. Uno dei metodi più promettenti che migliorano l’azione terapeutica, ad
esempio diminuendo gli effetti collaterali e migliorando la biodisponibilità del farmaco attivo nella circolazione sistemica, è la somministrazione di farmaci basata su
tessuto-specifico. Attualmente sono disponibili vari nanocarrier10, quali liposomi,
micelle e nanoparticelle (NP) polimeriche11.
Nanoparticelle polimeriche
Le NP polimeriche sono strutture sferiche costituite da polimeri sintetici o naturali e hanno dimensioni tipiche tra i 10 e 500 nm12. Le NP sono particolarmente impiegate
nello sviluppo di nuove terapie poiché sono biodegradabili, biocompatibili13, possono
essere somministrate in modi non invasivi, proteggono il farmaco dalla degradazione e da una clearance prematura, ovvero l’eliminazione del farmaco da parte dell’organismo prima che abbia raggiunto l’organo bersaglio14.
È possibile funzionalizzare le NP, ovvero legare sulla loro superficie molecole (Tabella 1) con determinate funzionalità. Ad esempio molecole in grado di indirizzare il farmaco selettivamente all’organo bersaglio15,16, poiché riconosciute da recettori17
presenti sulle membrane di specifici tipi cellulari. La funzionalizzazione permette inoltre di concentrare il farmaco in un distretto specifico dell’organismo18, in modo da evitare
gli effetti tossici che il farmaco arrecherebbe agli altri organi, come quando viene somministrato in forma libera19. Inoltre, le NP opportunatamente funzionalizzate
possono attraversare barriere fisiologiche dell’organismo, come la barriera emato-encefalica (BEE) presente fra cervello e flusso sanguigno. L’obiettivo della funzionalizzazione non è solamente l’indirizzamento selettivo. Difatti, durante la somministrazione, sulla superficie delle NP si legano in modo aspecifico delle proteine sieriche, chiamate opsonine. Queste rendono le NP riconoscibili dai macrofagi e determinano l’attivazione del sistema immunitario (SI), spesso scatenando l’insorgenza di effetti indesiderati20. Per ovviare a questo problema, molti studi propongono di
rivestire NP con specifiche molecole, come il glicole polietilenico (PEG). Il PEG presenta una catena idrofila e flessibile che impedisce l’adesione delle opsonine e
permette alle NP di eludere il SI del paziente21. L’interesse nell’impiego di NP nelle
terapie è dovuto, anche, alle loro caratteristiche teranostiche9. È possibile funzionalizzare
le NP con sonde molecolari per valutare quantitativamente molti processi negli organismi viventi al livello cellulare e molecolare attraverso tecniche di imaging22. Ad
esempio, è possibile marcare le NP usate per terapie tumorali con molecole fluorescenti per visualizzare il loro percorso nell’organismo, l’accumulo nelle cellule bersaglio e il meccanismo molecolare della terapia antitumorale. È possibile quindi affermare che l’impiego delle NP ha permesso di avanzare nella ricerca di numerose terapie, fornendo nuovi metodi di somministrazione per farmaci antitumorali e macromolecole terapeutiche.
Tabella 1. Schema che riassume le caratteristiche acquisite dalle NP grazie alla possibilità di legare specifiche molecole sulla loro superficie, come peptidi e anticorpi per indirizzare un farmaco all’organo bersaglio, tensioattivi per eludere il sistema immunitario e fluorofori per applicare tecniche di imaging23.
NP Ligandi Funzione
Peptidi Anticorpi Aptameri
Localizzazione del farmaco all’organo bersaglio e superamento di barriere biologiche.
PEG Tween 80
Elusione del sistema immunitario del paziente.
Peptidi fluorescenti Imaging per studiare meccanismi cellulari e molecolari.
Composizione delle nanoparticelle: polimeri di acido
poli(D,L-lattico-co-glicolico)
I materiali maggiormente utilizzati per la sintesi di NP polimeriche sono i poliesteri biodegradabili come l’acido poli (D,L-lattico-co-glicolico) (PLGA), l’acido polilattico (PLA), l’acido poliglicolico (PGA), il polietilenglicole (PEG) e derivati dell’acido poli(metacrilico)14.
Nel mio lavoro di tesi, per sintetizzare NP polimeriche ho scelto di utilizzare il PLGA, ovvero un copolimero lineare costituito da unità ripetenti di acido lattico (AL) e acido glicolico (AG). Il PLGA è stato approvato dalla Food and Drug Amministration
(FDA) per uso clinico sull’uomo ed è uno dei polimoeri bio-based più studiati per la produzione di particelle per uso terapeutico24 poiché si è osservato attraverso studi in
vitro e in vivo che non determina una tossicità significativa25. Quando le NP vengono
endocitate dalla cellula, il PLGA viene degradato attraverso l’idrolisi dei legami esterei, ovvero un processo tipico della degradazione dei poliesteri biodegradabili. I prodotti di questa degradazione sono l’AL e l’AG che entrano nel ciclo di Krebs e vengono ulteriormente degradati in CO2 e acqua (Figura 1).26
Figura 1. Nelle cellule il PLGA subisce un’idrolisi che forma l’AL e l’AG. Questi due prodotti di degradazione entrano nel ciclo di Krebs che li degrada ulteriormente producendo CO2 e acqua 27.
È possibile produrre due formulazioni standard di PLGA in base alla percentuale di AL e AG presenti nel copolimero. Se il rapporto molare tra i due componenti è uguale, il PLGA ha un tasso di degradazione più veloce; se invece è presente più AL rispetto ad AG il PLGA risultante avrà una velocità di degradazione più lenta. Il rapporto molare tra i due monomeri del PLGA influenza anche la scelta solvente organico utilizzato per la sintesi di NP. Se la percentuale di AL è maggiore di AG sono utilizzati solventi miscibili in acqua come acetone e acetonitrile, mentre se è presente una percentuale maggiore di AG rispetto ad AL è preferibile usare altri solventi, come l’esafluoroisopropanolo24.
Uno dei primi utilizzi del PLGA in nanomedicina è stato lo sviluppo di fili da sutura biodegradabili24, ma in seguito è stato anche utilizzato per la costruzione di
protesi, dispositivi terapeutici e scaffold tissutali4. Il PLGA è stato impiegato nel 2009 da
Park e collaboratori per la sintesi di NP con l’obiettivo del delivery di doxorubicina, una molecola chemioterapica impiegata in cure per una vasta gamma di tumori che esplica la sua citotossicità inibendo la sintesi di acidi nucleici nelle cellule tumorali28. Il problema
di questa terapia erano gli effetti collaterali che affliggevano i pazienti oncologici come patologie gastrointestinali e cardiache (insufficienza cardiaca e pericardite). Gli autori hanno caratterizzato il profilo di rilascio in vitro e l’attività antitumorale in vivo
comparando i loro risultati con la somministrazione del farmaco in forma libera. Hanno dimostrato che la somministrazione delle NP determinava una diminuzione della cardiotossicità rispetto al farmaco libero. Gli autori hanno notato anche un aumento dell’attività antitumorale poiché più del 50 % della doxorubicina incapsulata veniva internalizzata dalle cellule permettendo un rilascio del farmaco al livello intracellulare. Il potenziale di questo metodo è evidenziato anche dalla capacità delle NP di preservare l’attività del farmaco durante la distribuzione nell’organismo, permettendo di ottenere una terapia robusta ed efficace.
Caratteristiche funzionali delle nanoparticelle
Le caratteristiche chimico-fisiche delle NP polimeriche che influenzano il delivery e la localizzazione del farmaco nell’organo obiettivo sono: le dimensioni, l’indice di polidispersione (IPD), la carica superficiale e le proprietà del farmaco incapsulato. Dimensioni e IPD
È importante conoscere il diametro delle NP prodotte poiché le loro dimensioni influenzano l’interazione con le cellule29. Particelle troppo piccole, inferiori ai 10 nm,
vengono facilmente eliminate dall’organismo attraverso il sistema renale e inoltre, potrebbero non incapsulare la giusta quantità di farmaco, soprattutto se è una macromolecola come una proteina. Particelle troppo grandi, superiori ai 300 nm si accumulano al livello del fegato e non sono più capaci di raggiungere l’organo obiettivo, oppure vengono individuate dal SI del paziente determinando anche effetti secondari non desiderati. In base al tessuto bersaglio e al farmaco veicolato le dimensioni possono variare ma comunque si aggirano tra i 100 e i 200 nm30. La misura del diametro viene
effettuata con il dynamic lightscattering (DLS) 30. Il DLS è uno strumento che fa passare
un fascio di luce attraverso la soluzione di NP e misura l’intensità della luce deviata a 90°. L’intensità della luce deviata dipende dal moto browniano delle NP. Particelle più piccole si muovono più velocemente e determinano una variazione più veloce del segnale, mentre particelle più grandi determinano una variazione minore. Un autocorrelatore permette di misurare la variazione dell’intensità della luce deviata e ricavare il diametro idrodinamico. Si parla di diametro idrodinamico poiché le NP sono solvatate e per questo motivo il valore calcolato sarà indicativo della dimensione della particella31.
L’IPD è una misura adimensionale dell’ampiezza della distribuzione del diametro delle NP. Il DLS utilizza un algoritmo che ricava questo valore dai dati empirici ottenuti dalla misura del diametro idrodinamico. L’IDP varia da 0 ad 1, ma il valore comunemente accettato per identificare una sospensione di NP con una distribuzione delle dimensioni stretta e unimodale è tra 0.1 e 0.332. I valori maggiori identificano una
sospensione in cui sono presenti NP con diametri molto differenti, pertanto la distribuzione del diametro è ampia.
Carica superficiale
Un’altra caratteristica importante è la carica superficiale delle NP. È importante definire la carica superficiale delle NP in un contesto biologico, poiché esso ha un ruolo fondamentale nei fenomeni di ionizzazione delle NP stesse che influenza la loro internalizzazione da parte delle cellule33. Questa caratteristica viene valutata con
l’utilizzo del DLS che misura il potenziale Z. Quando le NP sono disperse in una soluzione, sono circondate da un doppio strato ionico e il potenziale Z è il valore del potenziale tra questi due strati. Questo valore permette di specificare la stabilità delle dispersioni e le interazioni elettrostatiche, e può essere negativo, neutro o positivo. Un valore vicino allo zero indica che le particelle tendono ad aggregarsi, mentre le particelle
cariche dello stesso segno tenderanno a respingersi evitando la flocculazione. I valori di potenziale Z accettati per una sospensione di NP polimeriche sono tra -30 mV e -40 mV34.
Efficienza di incapsulamento
L’efficienza di incapsulamento (EI) è la percentuale di molecola terapeutica caricata nelle NP in relazione alla quantità totale di molecola introdotta nella formulazione12.
Parametri che tipicamente influenzano l’EI sono: il tipo di polimero scelto, il rapporto tra le concentrazioni del polimero e del farmaco, il tipo di solvente, le caratteristiche chimico-fisiche della molecola da incapsulare e il metodo con il quale le NP vengono sintetizzate. I valori accettabili per l’EI delle NP polimeriche variano molto dal tipo di molecola incapsulata ma comunque sono superiori al 50%34.
Capacità di caricamento
La capacità di caricamento di un principio attivo è la quantità di molecola terapeutica caricata per unità di peso della NP. Questo valore è calcolato con il rapporto tra la quantità di principio attivo incapsulato e il peso totale delle NP. È importante conoscere questo parametro poiché influenza efficacia terapeutica delle NP, la farmacocinetica e serve a sviluppare la dose terapeutica del farmaco35.
Drug delivery
nel sistema nervoso centrale
La barriera ematoencefalica
La barriera ematoencefalica (BEE) è una struttura anatomo-funzionale posta al confine tra il sistema nervoso centrale (SNC) e i vasi sanguigni che lo irrorano36. La BEE è
composta da due componenti principali: le cellule endoteliali dei capillari sanguigni continui e le proiezioni degli astrociti che insieme ai periciti circondano i capillari (Figura 2a). Le cellule endoteliali presentano giunzioni occludenti che impediscono il passaggio
di molecole idrofile o ad alto peso molecolare tossiche per il tessuto nervoso, mentre le cellule della glia impediscono il passaggio di molecole idrofobe. Il passaggio di metaboliti utili per il SNC come gli zuccheri e gli aminoacidi avviene selettivamente attraverso sistemi di trasporto facilitato. Ad esempio, il passaggio di aminoacidi ramificati e L-dopamina37 avviene grazie a sistemi di co-trasporto con il sodio. Sono stati effettuati
diversi studi con l’obiettivo di sfruttare i trasportatori presenti nella BBE per il passaggio delle NP. Ad esempio, i recettori dell’insulina e della transferrina (Figura 2b), presenti sulle membrane delle cellule endoteliali, possono essere sfruttati per il delivery oltre la BEE attraverso l’attivazione del meccanismo di endocitosi mediata da recettore38.
Figura 2. Struttura della BEE. (a) Descrizione delle componenti vascolari e gliali della BBE36. (b) Schema riassuntivo dei meccanismi che possono essere sfruttati dalle NP per
attraversare la BEE39.
Esempi di impiego delle NP
Uno studio del 2011 di Xin e collaboratori mostra come attraverso la funzionalizzazione di NP composte dal copolimero poli(etilen glicol)-poli(e-caprolattone) (PEG-PCL) con un ligando del recettore (LRP), detto Angiopep-2, sia possibile favorire il delivery delle
NP e del farmaco incapsulato oltre la BEE per la cura del glioblastoma40. Gli autori hanno
comparato la penetrazione nel tessuto tumorale delle loro NP opportunatamente funzionalizzate con quelle non funzionalizzate. I risultati hanno evidenziato un aumento significativo di NP endocitate dalle cellule tumorali e un incremento di attività antiproliferativa e apoptotica del farmaco incapsulato.
Le NP sono anche oggetto di studio per il trattamento di malattie neurodegenerative come il Parkinson. Pahuja e colleghi hanno sviluppato NP di PLGA per veicolare la dopamina oltre la BEE e localizzarla nelle zone alterate dalla patologia (nucleo striato e sostanza nigra)41. Hanno dimostrato che attraverso l’impiego delle NP
si riduce la tossicità data dalla somministrazione di dopamina e hanno fornito un nuovo metodo per la terapia contro il Parkinson e altre patologie neurodegenerative.
Metodi di sintesi delle nanoparticelle
Il metodo con il quale vengono sintetizzate le NP polimeriche influenza le loro caratteristiche chimico-fisiche come il diametro, la carica superficiale, l’efficienza di incapsulamento e le caratteristiche di rilascio del farmaco42. Per scegliere la tecnica di
sintesi migliore è importante tenere conto per prima cosa di quale è l’applicazione finale delle NP da produrre. In secondo luogo, si devono definire il polimero e gli altri componenti della sintesi come la concentrazione polimerica, il solvente organico e la presenza di tensioattivi. Inoltre, è importante sapere quali sono le proprietà chimico-fisiche che le NP devono avere per lo scopo finale (Figura 3). Avendo chiari questi punti è possibile scegliere con il giusto criterio il metodo con il quale produrre le NP. Al momento sono presenti in letteratura varie tecniche, che si dividono in tecniche convenzionali e tecniche innovative.
Figura 3. Schema che riassume tutti gli aspetti necessari per la scelta del metodo più adatto alla sintesi di NP polimeriche.
Metodi di produzione convenzionali
I due principali metodi di produzione delle NP definiti convenzionali sono la singola emulsione con evaporazione del solvente e la nanoprecipitazione (Tabella 2).
Il metodo della singola emulsione è adatto ad incapsulare molecole idrofobiche. Il farmaco viene disciolto insieme al polimero in un solvente non polare per formare la fase organica. Quest’ultima viene aggiunta ad una fase acquosa in presenza di sonicazione per formare un’emulsione, costituita da piccole gocce di polimero disperse nella soluzione acquosa. In seguito, il solvente organico viene allontanato attraverso l’evaporazione, determinando la precipitazione del polimero nella fase acquosa che incapsula il farmaco e forma le NP43. Il limite di questo metodo è che si riscontra un
elevato shear stress, che può essere svantaggioso per l'incapsulamento dei composti più fragili.
Un altro dei metodi di produzione convenzionali per incapsulare molecole idrofobiche è la nanoprecipitazione35. Questo metodo prevede la preparazione di una
fase organica in cui farmaco e polimero sono dissolti in un solvente polare e miscibile con l’acqua, e di una fase acquosa costituita da un non-solvente del polimero e un tensioattivo. La fase organica viene aggiunta in modo controllato nella fase acquosa, determinando una diffusione del solvente con il non-solvente. Sotto continua agitazione il contatto tra il non-solvente e il polimero determina la sua precipitazione in una matrice polimerica, in cui il farmaco è omogeneamente distribuito, e permette la formazione delle NP. Il limite di questo metodo è che le dimensioni delle NP sono spesso influenzate dalla concentrazione del polimero, dal tensioattivo aggiunto alla fase acquosa e dal solvente organico44.
Oltre agli svantaggi propri di ogni tecnica, i metodi convenzionali possono determinare una riproducibilità non ottimale delle caratteristiche chimico-fisiche delle NP e variabilità nell’efficienza di caricamento del farmaco, soprattutto nei laboratori non industriali.
Per limitare o annullare questi problemi sono stati sviluppati nuovi metodi di sintesi delle NP polimeriche. In questo contesto si inserisce il mio lavoro di tesi, in cui ho sviluppato un metodo innovativo per la sintesi di NP di PLGA attraverso l’utilizzo di tecniche microfluidiche.
Tabella 2. Panoramica dei due metodi convenzionali maggiormente utilizzati per la sintesi di NP di PLGA42.
Metodo Range di
diametro
Metodo di
mescolamento Solvente Tensioattivo Vantaggi Svantaggi
Singola emulsione ed evaporazione del solvente 50-70 nm Omogeneizzazione Sonicazione DCM Cloroformio Acetato di Etile PVA Tween-80 Adatto a molecole lipofile Evaporazione del solvente Shear stress
Diametro influenzato dalla molecola incapsulata e dalla concentrazione del polimero
Nanoprecipitazione 80-700nm N/A
Acetone Acetonitrile
Etanolo
PVA
Sodio colato No shear stress
Diametro influenzato dal tipo di polimero, dalla concentrazione del polimero e
dal suo peso molecolare DCM: Diclorometano; PVA: poli(vinil-alcol); PVP: Poli(vinilpirrolidone).
Tecniche microfluidiche
Introduzione alla microfluidica
La microfluidica è la scienza che studia il comportamento dei fluidi costretti in regioni micrometriche dello spazio45. Lo sviluppo delle nanotecnologie e della scienza dei
materiali ha permesso di costruire dispositivi microfluidici con canali di grandezza inferiore al mm, permettendo la manipolazione del liquido su scala micrometrica. In questi dispositivi le forze viscose sono maggiori rispetto alle forze inerziali e il flusso di un liquido è di tipo laminare46. Il flusso laminare consiste nello scorrimento del liquido
in assenza di turbolenza, imponendo una miscelazione affidata prevalentemente alla diffusione. Nel campo biomedico sono state sviluppate piattaforme microfluidiche, denominate Lab-On-Chip (LOC)4748, per molteplici applicazioni chimiche e
biomediche. I vantaggi nell’utilizzo dei LOC sono47:
- La portabilità: attraverso la costruzione di dispositivi di piccole dimensioni è possibile fare analisi in luoghi diversi dal laboratorio.
- Riduzione dei volumi per effettuare un’analisi o una reazione. Infatti, i reattori microfluidici consumano molti meno reagenti rispetto a un sistema in bulk.
- Reazioni sicure: grazie ai piccoli volumi è possibile trattare intermedi reattivi o tossici in sicurezza.
- Semplicità nella costruzione: grazie allo sviluppo di tecniche di litografia ottica è stato possibile mettere a punto protocolli semplici da seguire per costruire dispositivi microfluidici in tempi brevi.
Dispositivi microfluidici
- Un sistema per l’introduzione dei reagenti: di solito si tratta di un’unità di pompaggio che veicola il fluido da un serbatoio verso il sistema di canali che costituisce il chip microfluidico.
- Una rete di canali con delle dimensioni capaci di far passare un volume nell’ordine dei microlitri-nanolitri. I microcanali possono essere progettati e fabbricati seguendo specifiche esigenze geometriche per permettere l’applicazione del dispositivo microfluidico in vari campi della ricerca.
- Un sistema di raccolta del fluido passato nella rete di canali.
Figura 4. Schema che descrive un esempio di dispositivo microfluidico con le sue componenti principali50.
Materiali usati in microfluidica
I dispositivi microfluidici possono essere fabbricati usando vari materiali, quali vetro, silicone, polimeri e metalli51. La scelta del materiale dipende dalle condizioni in cui
avviene il processo in cui si usa il dispositivo come pressione, temperatura, pH e viscosità del fluido. È importante, inoltre, tenere conto del costo, della possibilità di effettuare una produzione di massa e della facilità nella fabbricazione52.
Uno dei materiali più utilizzati è polidimetilsilossano (PDMS)53, che ha
resistente all’ossidazione. Inoltre, è molto utilizzato nelle applicazioni biomediche poiché è biocompatibile, inerte e non infiammabile. Per questo motivo, negli ultimi anni, è stato il polimero maggiormente utilizzato per la fabbricazione di sistemi microfluidici45,54.
Applicazioni di dispositivi microfluidici
L’impiego dei LOC in campo biomedico ha il potenziale di trasferire test preclinici in un sistema microfluidico, con il vantaggio di ottenere un processo automatizzabile e meno dipendente da un operatore54 (Figura 5).
Figura 5. Schema che descrive la possibilità di trasferire test pre-clinici da tecnologie in bulk a sistemi microfluidici47.
Sono stati sviluppati dispositivi LOC che sono in grado di replicare le funzioni in vivo,
sia in condizioni normali che patologiche,in un dispositivo in vitro per testare nuovi farmaci e la possibilità di diminuire la sperimentazione animale. Alcuni esempi di LOC permettono di replicare molti organi come il polmone55, i vasi sanguigni56 e inoltre, sono
Un’altra branca della microfluidica si è concentrata nello sviluppo di dispositivi miniaturizzati usati per test point-of-care. Un esempio è il dispositivo ideato da un gruppo di ricerca di Harvard che ha progettato un sistema di analisi microfluidico grande come una carta di credito per eseguire vari test per malattie infettive57 che poi nel 2016
è stato implementato per lo screening di biomarcatori di malattie come Alzheimer e Parkinson.
Sintesi di NP polimeriche in microfluidica
Negli ultimi anni, una buona parte della ricerca si è focalizzata sull’ottimizzazione di dispositivi microfluidici per la sintesi di NP polimeriche. Uno studio pionieristico in questo settore è stato quello di Karnik e collaboratori del 200858. Questo lavoro dimostra
come la microfluidica può essere applicata per la sintesi di NP costituite da PEG-PLGA e incapsulanti la doxorubicina. Gli autori hanno fabbricato un dispositivo microfluidico a forma di croce con tre ingressi e un’uscita (Figura 6).
Figura 6. Dispositivo microfluidico impiegato da Karnik e colleghi per la sintesi di NP di PEG-PLGA.
La fase organica, costituita dal polimero e dal farmaco, è stata iniettata nel canale centrale, mentre nei canali laterali è stata introdotta la fase acquosa. Quando le due fasi si incontrano all’interno del canale di uscita, si crea un’interfaccia in cui il non-solvente e il solvente organico si mescolano. In seguito a questo mescolamento, la soluzione polimerica costituisce la fase dispersa, mentre l’acqua costituisce la fase disperdente. Il
contatto tra il PLGA e l’acqua determina la precipitazione del polimero e la formazione delle NP. Il tipo di polimero utilizzato, la sua concentrazione, il flusso totale del liquido nei canali e il rapporto tra i flussi della fase organica e della fase acquosa sono stati analizzati per indagare le caratteristiche chimico-fisiche delle NP prodotte. Hanno dimostrato che le NP sintetizzate attraverso il dispositivo microfluidico presentavano un diametro più omogeneo, un IPD più stretto e EI più performante rispetto al metodo di sintesi per nanoprecipitazione.
Negli anni, altri studi hanno descritto l’efficacia della sintesi di NP attraverso la microfluidica. Sono stati fabbricati e ottimizzati dispositivi microfluidici di differenti geometrie e materiali che hanno permesso la sintesi di NP costituite da vari polimeri42.
Ad esempio, sono stati sviluppati chip con canali disposti a forma di “Y” che prevede solo due flussi d’ingresso, uno per la fase organica e uno per la fase acquosa. Ad esempio, Gdowski et al. nel loro lavoro del 2018 hanno costruito un chip con questa geometria e hanno ottimizzato la formulazione della sintesi per sintetizzare NP costituite da PLGA in modo automatizzato e riproducibile 52. Un’altra strategia è lo sviluppo di chip con
canali disposti a forma di “T”6(Figura 7), ovvero un canale orizzontatale in cui passa la
fase organica e uno perpendicolare in cui passa la fase acquosa per determinare la formazione controllata di goccioline disperse in cui avviene la formazione delle NP. Chip con queste dimensioni sono stati utilizzati in diversi studi per la produzione di NP attraverso il metodo della singola emulsione adattato in microfluidica59.
Figura 7. Rappresentazione schematica del chip con canali a forma di Y e del chip con canali a forma di T.
Caso di studio: leucodistrofia delle cellule globoidi
Dato l’elevato potenziale riscontrato nell’impiego delle NP per il drug delivery, sono tuttora in studio nuovi metodi per ottimizzarne la produzione. In questo contesto si pone il mio lavoro di tesi che propone un metodo per sintetizzare NP di PLGA attraverso una piattaforma microfluidica. L’utilizzo di NP potrebbe essere un passo in avanti nel trattamento di quelle malattie per cui la semplice somministrazione del farmaco libero non ha avuto successo, come la leucodistrofia delle cellule globoidi o malattia di Krabbe (MK)60.
Genetica e descrizione clinica
La MK è una malattia metabolica rara che spesso è fatale entro il primo anno di vita. L’insorgenza della malattia è dovuta a mutazioni del gene GALC (14q31) che codifica per l’enzima lisosomiale galactosilceramidasi (GALC), implicato nel catabolismo di galactolipidi. Sono state trovate più di 70 varianti del gene GALC che causano la
malattia, tra cui mutazioni nonsenso, missenso, inserzioni e delezioni. Molte di queste mutazioni portano a un errato ripiegamento della proteina e a una prematura degradazione. In Europa la prevalenza della MK è di 1 caso su 100000 nati e l’incidenza mondiale è di 1/100000-1/250000 nati vivi61. La forma più comune è quella infantile
che esordisce dai primi mesi di vita ed è costituita da tre stadi. Nel primo stadio si presentano sintomi quali irritabilità, scarso controllo del capo e ritardo dello sviluppo. Nel secondo stadio insorgono crisi miocloniche, deficit visivo, difficoltà nella chiusura del pugno della mano e regressione nello sviluppo. Infine, nel terzo stadio il paziente perde completamente la vista e l’udito, portando ad uno stato vegetativo e morte prematura entro 2-3 anni di vita. Vi sono anche delle forme della malattia tardo infantili che presentano gli stessi sintomi e una forma più rara che insorge nell’età adulta e raramente presenta una regressione cognitiva.
Biochimica
L’enzima GALC è localizzato nei lisosomi ed è responsabile dell’idrolisi di galactolipidi tra cui la galactopsicosina o psicosina che è un lipide citotossico62. L’inattivazione del
gene GALC non causa danni al SNC prima dell’inizio del processo di mielinizzazione degli assoni, ma dai primi 6-8 mesi di vita, ovvero quando questo processo raggiunge il suo apice. Il meccanismo di tossicità non è ancora totalmente noto ma si è visto che l’accumulo di psicosina è associato a morte per apoptosi degli oligodendrociti e delle cellule di Schwann. Studi in vitro condotti da Haq e colleghi 60 descrivono un aumento
di fattori pro-apoptotici e l’inibizione della crescita di oligodendrociti trattati con psicosina. Inoltre, è stato osservato come la psicosina sia la causa dell’aumento della rigidità della membrana plasmatica che altera la sua fluidità e determina un rilascio anomalo di macrovescicole membranose. Tali eventi causano la morte delle cellule
mieliniche che a lungo andare provoca una progressiva demielinizzazione del sistema nervoso centrale e periferico, degenerazione assonale e gliosi.
Approcci terapeutici
Ad oggi non esiste una terapia efficace che permette di trattare o prevenire il decorso di questa malattia neurodegenerativa. In passato si attuavano cure dirette verso i sintomi della malattia, mentre negli ultimi anni la ricerca sta studiando possibili terapie alternative che siano mirate a una cura definitiva.
Cellule ematopoietiche staminali
L’unico trattamento accettato per rallentare il decorso neurodegenerativo è il trapianto di cellule ematopoietiche staminali63 provenienti dal midollo di un soggetto donatore
compatibile. È stato visto che se il trattamento è effettuato prima della comparsa dei primi sintomi della malattia può migliorare le condizioni di vita del paziente. Ma i pazienti affetti dalla forma infantile appaiono sani alla nascita e la prima diagnosi spesso è errata poiché il primo stadio provoca irritabilità e agitazione che non sono sintomi patognomonici e non sono associati solo alla MK. Quando la malattia è progredita e i sintomi sono più seri spesso la terapia del trapianto delle cellule ematopoietiche staminali non è sufficiente a rallentare o migliorare la prognosi del paziente.
La terapia enzimatica sostitutiva
Per trattare patologie da accumulo lisosomiale una strategia molto studiata negli ultimi anni è l’Enzyme Replacement Therapy (ERT) che consiste nel fornire l’enzima attivo a cellule e tessuti deficitari, il quale sopperisce alla mancanza dell’attività dell’enzima nativo64. È possibile somministrare l’enzima attraverso la via sistemica in modo periodico
e i primi test clinici di tale terapia sono stati fatti per rimpiazzare il deficit di b-Galattosidasi nella malattia di Gaucher65. I risultati hanno mostrato un miglioramento
terapia si è visto quando, trattando con il GALC per via intraperitoneale animali modello che simulano la MK, il SNC non era raggiunto dall’enzima poiché non riusciva a passare la BEE. Inoltre, la somministrazione sistemica dell’enzima determina ulteriori limiti come l’instabilità enzimatica durante la distribuzione, clearance prematura della molecola e attivazione del sistema immunitario che arreca effetti avversi al paziente66.
Per questo motivo la possibilità di somministrare il GALC incapsulato nelle NP opportunamente funzionalizzate permetterebbe di oltrepassare la BEE, determinando una maggior concentrazione della molecola nel SNC36. Inoltre, la molecola viene
preservata durante la distribuzione nell’organismo da una prematura inattivazione. Infatti, l’attività enzimatica è sensibile alle condizioni dell’ambiente in cui si trova l’enzima come il pH, la temperatura o enzimi proteolitici che degradano la molecola. Con questo nuovo approccio il paziente può ridurre il numero di somministrazioni nel tempo e la quantità di farmaco usato, diminuendo così il rischio di complicazioni ed effetti avversi.
Negli ultimi anni sono stati prodotti molti lavori che si concentrano sull’ottimizzazione di NP di PLGA per il delivery di enzimi23. Un esempio è il recente
lavoro di Galliani e colleghi che descrive un metodo per sintetizzare NP di PLGA incapsulanti l’enzima GALC attraverso la nanoprecipitazione. Le NP sono state caricate con i cross-linked enzyme aggregates (CLEAs), ovvero aggregati chimici costituiti da molecole di GALC legate in modo covalente tra di loro attraverso un crosslinker. I CLEAs vengono sintetizzati attraverso la precipitazione del GALC in un solvente organico idrofilo insieme alla molecola crosslinker che reagisce con i gruppi amminici dell’enzima per formare una base di Shiff. Attraverso il crosslink che si forma tra le diverse molecole di GALC si formano questi aggregati insolubili che possono essere incapsulati nelle NP di PLGA. In seguito, gli autori hanno dimostrato che i CLEAs incapsulati nelle NP sono stabili in solventi organici e la loro formazione non influenza le proprietà fisiche
dell’enzima utilizzato. Inoltre, questi aggregati mostrano un’attività enzimatica inalterata rispetto all’enzima da solo, e addirittura si è notato attraverso test in vitro che l’uso dei CLEAs determini un maggior mantenimento dell’attività dell’enzima nelle NP.
Obiettivo della tesi
L’obiettivo del mio lavoro di tesi è stato lo sviluppo di una sintesi di NP innovativa tramite la progettazione, fabbricazione e caratterizzazione di un chip microfluidico ad-hoc. La sintesi ha come fine la produzione di NP di PLGA incapsulanti i CLEAs di enzima lisosomiale GALC.
Il mio lavoro sperimentale è costituito da due parti principali:
- Design, fabbricazione e caratterizzazione del dispositivo microfluidico in PDMS. - Studio di diversi protocolli per la sintesi di NP di PLGA incapsulanti i CLEAs
con il chip microfluidico ed individuazione del protocollo migliore.
Ho fabbricato il chip con tecniche di soft-lithography presso la clean-room del laboratorio NEST dell’Istituto Nanoscienze del CNR e Scuola Normale Superiore di Pisa. L’obiettivo è stato quello di realizzare uno stampo con cui produrre diverse repliche identiche del chip microfluidico in PDMS. Ho caratterizzato il chip con tecniche di microscopia elettronica a scansione e microscopia ottica per valutare la forma e le dimensioni del chip microfluidico. Ho successivamente individuato la formulazione migliore per la sintesi di NP di PLGA caricate con CLEAs di GALC. Per questi test ho esplorato diversi parametri come la concentrazione di PLGA, la presenza di un tensioattivo, il volume di CLEAs, il flusso totale nel chip e il rapporto tra il flusso di fase organica e fase acquosa. Per scegliere la condizione di sintesi ideale ho caratterizzato le NP sintetizzate in termini di dimensioni, IPD, carica superficiale, EI del farmaco e attività enzimatica dei CLEAs incapsulati. Il vantaggio di questo metodo di sintesi individuato è stato la possibilità di ottenere NP di PLGA con caratteristiche chimico-fisiche omogenee e riproducibili in condizioni altamente controllate e con l’utilizzo ridotto di reagenti rispetto a un metodo di sintesi convenzionale.
Materiali e metodi
Microfabbricazione
Attraverso il software Klayout ho progettatto il Computer-Aided Design (CAD) del chip microfluidico. Ho utilizzato la litografia ottica67 per fabbricare una fotomaschera che mi
ha permesso di trasferire l’immagine del chip microfluidico su uno stampo di silicio. In seguito, ho depositato sullo stampo il PDMS che una volta solidificato è stato trasferito su un vetrino portaoggetti per completare il montaggio del chip.
Fabbricazione della fotomaschera
La prima fase della fabbricazione della fotomaschera prevede due passaggi di pulizia: - Pulizia del vetrino con acetone Aldrich, USA) e 2-propanolo
(Sigma-Aldrich, USA) in presenza di ultrasuoni per 1 min;
- Trattamento al plasma ossigeno (Diener Electronic, Plasma Surface Technology) a 100 W per 1 min.
In seguito, ho utilizzato l’evaporatore termico per depositare sul vetrino uno strato di alluminio spesso 160 nm. Per trasferire l’immagine del dispositivo microfluidico sulla fotomaschera ho utilizzato il resist positivo S 1818 (MicroChem, USA). Il processo di fabbricazione della fotomaschera prevede diversi passaggi:
- Spin-coating alla velocità di 6000 rpm per 1 min per depositare il resist sul vetro con l’alluminio;
- Soft-bake: per far evaporare il solvente del resist si pone il campione a scaldare a 90° C per 2 min;
- Litografia ottica utilizzando il MicroWriter ML®3 (Durham Magneto Optics Ltd, UK), uno strumento per la litografia che permette di esporre il pattern
direttamente sul resist senza l’utilizzo di una fotomaschera;
- Sviluppo del resist nel developer MF319 (MicroChem, USA): il campione viene immerso nel developer e lievemente agitato per 1 minuto e, in seguito, il processo viene bloccato immergendolo in acqua deionizzata. Infine, il campione viene asciugato tramite un flusso di azoto.
Al termine del processo di litografia il campione viene sottoposto all’etching per rimuovere strati di metallo sulla superficie di strutture non ricoperte dal resist. I passaggi necessari sono:
- Hard bake del campione a 110°C per 15 min per rendere il resist più resistente al processo di etching;
- Immergere il campione in una soluzione costituita dal developer MF319 per 5 min, il quale effettua l’azione di rimozione del metallo sul campione;
- Per terminare il processo di rimozione si immerge il campione in acqua deionizzata e si asciuga con il flusso di azoto.
In seguito all’etching, per terminare il processo di fabbricazione,sulla fotomaschera ho depositato un sottile strato del resist ARP679.04 (MicroChem, USA) a protezione della superficie. Dopo lo spin-coating a 6000 rpm la fotomaschera è stata posta a riscaldare a 90°C per 5 min per eliminare il solvente dal resist protettivo.
Fabbricazione del chip microfluidico
Preparazione del substrato di silicioPer fabbricare lo stampo del chip sul silicio ho utilizzato il resist negativo SU-8 210068(MicroChem, USA).
I passaggi che sono previsti per la fabbricazione dello stampo del dispositivo microfluidico sono (Figura 10):
- Pulizia del silicio con acetone, 2-propanolo e trattamento al plasma ossigeno (100W 1 min);
- Spin-coating alla velocità di 3000 rpm per 30 secondi, seguito da una fase a 1500 rpm per 60 secondi;
- Pre-bake: si pone il campione a scaldare a 65°C per 10 min e, in seguito, la temperatura viene incrementata gradualmente fino a 95°C (10°C/minuto) che viene mantenuta per 30 min;
- Litografia ottica UV utilizzando un mask aligner MJB4 (SUSS MicroTech, Germania) che permette di allineare la fotomaschera con il silicio. Dopo l’allineamento avviene l’esposizione del resist a un’energia di 300 mJ/cm2.
- Post-exposure baking: il campione è posto a scaldare a 65°C per 5 min e in seguito si effettua un graduale aumento della temperatura fino a 95°C (10°C/minuto) che viene mantenuta per 15 min.
- Sviluppo del resist in SU-8 developer (MicroChem, USA): il campione viene immerso nel developer per 40 min e sottoposto a una lieve agitazione. In seguito, viene posto a 50°C per 10 min per aiutare il developer nella rimozione del resist
non polimerizzato. Silanizzazione
Lo stampo di silicio è stato silanizzato mediante l’uso di una soluzione di dimetildiclorosilano (Sigma-Aldrich, USA) per rendere la superficie del silicio idrofoba. La procedura è la seguente:
- Pulizia dello stampo al plasma ossigeno per 1 minuto;
- Immersione dello stampo nella soluzione di silanizzazione per 15 min; - Trattamento dello stampo in esano (Sigma-Aldrich, USA) per 10 min;
- Trattamento dello stampo in 1-ottanolo (Sigma-Aldrich, USA) per 10 min; - Lavaggio dello stampo con 2-propanolo, immersione in acqua deionizzata per
qualche secondo e asciugatura con flusso di azoto. Preparazione del PDMS e fabbricazione dei microcanali
Il materiale scelto per la fabbricazione del chip è il polidimetilsilossano (PDMS). Ho mescolato 36 g di pre-polimero (Sylgrard 184 Silicone elastomer base, Dow Corning, USA) con 3.6 g di crosslinker (Sylgrard 184 Silicone curing agent, Dow Corning, USA). Dopo un’adeguata mescolazione il PDMS viene versato sullo stampo e con un essiccatore a vuoto viene degassato per eliminare le bolle che potrebbero interferire sulla microstruttura. In seguito, lo stampo con il PDMS viene messo a 80°C per 1.5 h. Una volta che si è solidificato ho tagliato il PDMS in corrispondenza dei microcanali e ho proceduto con l’effettuare 3 fori di entrata e 1 foro di uscita di 0.75 mm. In seguito, ho effettuato il processo di bonding per la formazione del chip. Questo processo prevede l’attivazione della superficie di un vetrino portaoggetti con il plasma ossigeno a 100 W per 1 min e l’attivazione del PDMS dal lato in cui sono presenti i canali a 25 W per 1 min. Queste due superfici vengono poi messe in contatto in modo che non si formino bolle di aria e messe in forno a 60°C per 30 min.
Setup sperimentale
Per iniettare il liquido nei canali del mio dispositivo ho utilizzato una pompa a pressione (MFCS-FLEX, Fluigent) che permette di spingere il liquido dai serbatoi al dispositivo grazie a dei tubi di politetrafluoroetilene (PTFE) con diametro di 0.75mm. Per valutare i flussi nel canale microfluidico ho utilizzato due metodi. Nel primo esperimento ho iniettato una soluzione con la proteina fluorescente fluoresceina (Sigma-Aldrich, USA) nel canale centrale e acqua in quelli laterali. L’andamento dei flussi è stato
valutato con un microscopio invertito a fluorescenza. Nel secondo esperimento ho iniettato acetone nel canale centrale, mentre nei canali laterali ho iniettato acqua. In questo caso i flussi sono stati visualizzati con il microscopio ottico in campo chiaro.
Sintesi di nanoparticelle di PLGA
Sintesi CLEAsCome spiegato nel capitolo introduttivo il metodo di sintesi proposto in questo lavoro di tesi ha l’obiettivo di incapsulare l’enzima GALC sotto forma di CLEAs.
In una eppendorf con 1200 µl di acetone ho aggiunto contemporaneamente 400 µl dell’enzima GALC con concentrazione 0.75 mg/ml e 2.5 µl di gluteraldeide al 25%. Questo processo avviene sotto agitazione a 800 rpm e a 4°C, e viene lasciato overnight
per permettere la formazione delle basi di Shiff tra i gruppi amminici dell’enzima e la gluteraldeide. Il passaggio successivo prevede una centrifugazione della soluzione a 13200 rpm alla temperatura di 4°C per 30 min. Il sopranatante viene scartato e il pellet
viene risospeso in 2 ml di acetone. Questo passaggio viene effettuato altre due volte e infine il pellet, costituito dai CLEAs viene risospeso in 2 ml di acetone. La soluzione di CLEAs viene in seguito conservata a -20°C.
Sintesi delle NP nel chip microfluidico
Per la sintesi di NP di PLGA utilizzando il chip microfluidico è necessario:
- Una fase organica (FO) in cui il PLGA 752H (Sigma-Aldrich, USA), costituito dal 75% di acido lattico e 25% di acido glicolico e con un peso molecolare di 4-15 kDa, è sciolto insieme ai CLEAs in acetone;
- Una fase acquosa (FA) costituita da acqua in cui è il tensioattivo sodio colato (Sigma-Aldrich, USA).
analizzate. Ho monitorato l’andamento della sintesi utilizzando un microscopio ottico invertito posto al livello della convergenza dei tre flussi nel canale centrale del chip. In seguito, la soluzione con le NP viene messa in centrifuga a 4°C e a una velocità di 13200 rpm per 20 min. Dopo che ho scartato il sopranatante, ho risospeso il pellet in 500µl di acqua e ripetuto il processo per altre due volte. Al termine dell’ultima centrifugazione le NP vengono risospese in 100 µl di trealosio (Sigma-Aldrich, USA) e conservate a -20°C. Analisi dei parametri della sintesi
Per ottimizzare la sintesi di NP di PLGA ho modificato diversi parametri della formulazione (Tabella 3). Per quanto concerne la fase organica, ho utilizzato due concentrazioni di PLGA 752H: 8mg/ml e 10mg/ml. Per la fase acquosa ho usato soluzioni con lo 0.5%, l’1% e il 2% di sodio colato. Inoltre, ho valutato il flusso totale nel chip (15µl/min e 10 µl/min) e il rapporto tra il flusso della FO e della FA (1:2 e 1:3).
Tabella 3. Parametri analizzati per ottimizzare la sintesi di NP attraverso il chip microfluidico. Parametri Concentrazione di PLGA (mg/ml) Sodio colato nella FA (%) Flusso totale (µl/min) Rapporto dei flussi tra FO e FA CLEAs (µl) aggiunti a 1ml di FO 8 0 10 1:2 100 10 0.5 15 1:3 200 1 500 2 750
Una volta messo a punto il protocollo della sintesi di NP di PLGA attraverso il chip, ho aggiunto alla FO diversi volumi di CLEAs (100µl, 250µl, 500µl e 750µl) sospesi in
acetone per valutare quale tra le quattro condizioni determini la migliore resa di incapsulamento. La Tabella 4 mostra le concentrazioni iniziali di PLGA a cui ho aggiunto volumi diversi di CLEAs al fine di ottenere una concentrazione finale di PLGA si 8mg/ml.
Tabella 4. Concentrazioni iniziali di PLGA a cui sono stati aggiunti volumi diversi di CLEAs per raggiungere una concentrazione finale di PLGA di 8mg/ml.
Concentrazione iniziale di PLGA (mg/ml) Volume di CLEAs aggiunti (µl)
8.8 100
10 250
12 500
14 750
Il metodo di analisi che ho utilizzato prevede di variare un parametro alla volta, mantenendo fissi tutti gli altri.
Caratterizzazione delle nanoparticelle
Diametro, IPD, carica superficiale e formaIl diametro idrodinamico, l’IPD e il potenziale Z delle NP preparate con il chip microfluidico sono stati misurati utilizzando lo strumento DLS-Malvern Zetasizer ZS (Malvern Instruments Ltd., Worcestershire, UK).
La morfologia delle NP è stata analizzata utilizzando il SEM. Ho depositato 20µl di sospensione di NP su un substrato di silicio precedentemente pulito e ho lasciato sotto cappa fino a che non è evaporato tutto il solvente. Una volta asciutti, i campioni sono stati visualizzati al SEM.
Efficienza di incapsulamento
Per valutare la quantità di enzima incapsulato dalle NP di PLGA che sono state prodotte, ho utilizzato il saggio proteico della ninidrina, un reagente che in presenza di amminoacidi singoli ha una colorazione viola. Questo saggio richiede diversi passaggi:
- Un’aliquota di 100 µl di NP sospese in acqua è stata digerita con 100 µl di HCl 12 M (Sigma-Aldrich, USA) e 200µl di HCl 6M a 95° C overnight. Per controllo sono stati digeriti nelle stesse condizioni 50µl CLEAs, 50µl di GALC e 100µl di NP vuote;
- Dopo la digestione i campioni sono stati posti sotto cappa chimica a 95°C fino a quando non è evaporato tutto l’HCl;
- I campioni vengono risospesi in 50 µl di acqua a cui vengono aggiunti 110µl di soluzione di ninidrina e poi vengono incubati per 20 min a 95°C;
- Da ogni campione vengono prelevati 20µl e trasferiti in una piastra da 96 pozzetti;
- Attraverso l’utilizzo di un lettore di piastra (Promega GloMax discover Multimode, USA) è stata valutata l’assorbanza dei campioni a 560 nm.
Ho determinato la concentrazione dell’enzima incapsulato attraverso l’interpolazione dell’assorbanza dei campioni con una retta di calibrazione preparata con concentrazioni note di enzima GALC, il quale ha subito la stessa digestione e reazione con ninidrina dei campioni. L’efficienza di incapsulamento (EI%) è stata calcolata seguendo la formula:
!"% = µg di enzima incapsulato
µg di enzima iniettati nella FO× 100
Analisi attività enzimatica
L’attività enzimatica del GALC è stata misurata facendo reagire le NP caricate con i CLEAs con il substrato, il 4-metilumbelliferil β-galactosilglucoside che quando viene idrolizzato rilascia in soluzione la molecola fluorescente 4-metilumbelliferone. Il protocollo del saggio prevede di:
- Trasferire in una eppendorf 20µl di NP che incapsulano i CLEAs. Per avere gli adeguati controlli il saggio viene effettuato anche su 20µl di NP vuote, 20µl di CLEAs diluiti 1:10 e 1:100, e 20µl di GALC libero diluito 1:50 e 1:500;
- Aggiungere ai campioni 30µl di assay buffer, una soluzione costituita da 50mM di citrato di sodio, 125 mM di cloruro di sodio e 0.5% di Triton-X100;
- Aggiungere 50 µl del substrato 4-metilumbelliferil β-galactosilglucoside; - Incubare i campioni a 37°C per 20 min;
- Aggiungere 100µl di stop solution che è costituita da 0.5 M di glicina e 0.5 M di idrossido di sodio.
- 50µl di campione vengono trasferitiin una piastra da 96 pozzetti;
- La fluorescenza viene misurata con un lettore di piastre (Promega GloMax discover Multimode) con un filtro di eccitazione di 365 nm e un filtro di emissione di 415-445 nm.
Dalla misura della fluorescenza del 4-metilumbelliferone è possibile misurare l’attività enzimatica. Questa viene quantificata attraverso l’interpolazione dei valori di fluorescenza dei campioni con una retta di taratura ottenuta da concentrazioni note del prodotto fluorescente.
L’attività enzimatica (AE%) delle NP e dei CLEAs è stata calcolata attraverso la formula:
:!% = :;;<=<;à ?@A BCDE<FG@
:J = M µg di enzima
dove U è l’unità enzimatica del GALC. 1 unità enzimatica corrisponde a 1nmol di substrato idrolizzato in 1 ora.
Risultati e discussione
Microfabbricazione
Litografia ottica
Varie tecniche di fabbricazione permettono di ottenere un dispositivo microfluidico efficiente e compatto. La scelta del metodo dipende dal materiale che si vuole utilizzare per fabbricare il chip e dalle sue dimensioni51. Ho scelto di fabbricare il mio dispositivo
in PDMS attraverso l’impiego della litografia ottica ad UV67. La litografia è una tecnica
che permette di realizzare microstrutture attraverso il trasferimento di un’immagine su uno specifico substrato. Il processo prevede la presenza di un substrato, come il silicio, in cui viene depositato uniformemente un resist, ovvero un polimero in soluzione che cambia il suo grado di reticolazione se esposto agli UV. Il resist viene depositato sul substrato mediante il processo di spin-coating che consiste nel far girare ad alte velocità il substrato per ottenere una deposizione uniforme del resist. In seguito, il substrato viene scaldato per fare evaporare il solvente residuo attraverso il processo di soft-baking. I resist
che si utilizzano in litografia ottica sono di due tipi: resist negativi che se esposti alla luce UV polimerizzano, e resist positivi che quando esposti alla luce UV diventano solubili in un developer. Un developer è un agente chimico usato nel processo di sviluppo che permette di rimuovere il resist sul substrato in seguito all’esposizione alla luce UV.
Fabbricazione della fotomaschera
ProgettazionePrima di poter realizzare la struttura dei microcanali su un substrato di silicio attraverso la litografia ottica, ho dovuto fabbricare una fotomaschera69. Una fotomaschera è una
lastra sottile di vetro o di quarzo in cui è presente l’immagine da litografare ed è costituita da zone chiare in cui passano i raggi UV e zone scure in cui i raggi non passano. Durante la litografia ottica, la fotomaschera viene posizionata tra la lampada ad UV e il substrato. In questo modo la luce che la attraversa colpisce solo alcune regioni del substrato, permettendo il trasferimento dell’immagine.
Attraverso il software Klayout ho progettato il CAD del mio dispositivo microfluidico da trasferire prima sulla fotomaschera e in seguito sullo stampo di silicio. Il chip che ho progettato è costituito da tre canali ampi 200 µm e lunghi 1 cm che convergono in un unico canale centrale con la medesima ampiezza ma lungo 2.5 cm. Ho scelto di progettare un dispositivo con una lunghetta totale di 4 cm e larghezza di 2 cm per utilizzare un vetrino portaoggetti al momento del montaggio del chip. I due canali laterali non sono perpendicolari rispetto al canale centrale, come nella classica forma a croce sviluppata da altri studi70, ma sono disposti a 45° (Figura 8).
Figura 8. CAD del dispositivo microfluidico che ho progettato con l’utilizzo del software Klayout per la sintesi di NP polimeriche.
La disposizione dei canali laterali a 45° è stata scelta per far sì che, quando il liquido viene iniettato nei canali laterali, sia sfavorito a tornare indietro verso l’entrata del canale centrale ma prosegua più facilmente verso la direzione del flusso.
Evaporazione di sottili film metallici
Per realizzare la fotomaschera ho utilizzato un vetrino portaoggetti lungo 4.5 cm e largo 2.5 cm. Dopo essere stato opportunatamente lavato con acetone e 2-propanolo in presenza di ultrasuoni, il vetrino è stato trattato con plasma ossigeno con una potenza di 100 W per 1 min al fine di eliminare i possibili residui organici. In seguito, ho depositato un sottile strato di metallo sulla sua superficie utilizzando la tecnica dell’evaporazione termica71. Un evaporatore è costituito da una camera ad alto vuoto in cui vengono
raggiunte temperature tali da far evaporare i metalli. Il campione viene posizionato nella parte alta della camera e con la superficie da metallizzare verso il basso. L’alluminio viene disposto in un crogiuolo, costituito da un materiale con una temperatura di fusione più elevata rispetto a quella in cui evapora il metallo utilizzato. Quando si instaura l’alto
quella della camera permettendo l’evaporazione del metallo che si deposita sul campione creando un sottile film metallico (Figura 9). Grazie all’instaurazione di un alto vuoto (< 10-4 mTorr) si può effettuare un’evaporazione del campione a basse velocità (1-3 Å/s)
per ottenere una deposizione di pochi nm.
Figura 9. Schema di un evaporatore termico. Dopo aver instaurato il vuoto nella camera, un impianto riscaldante fa aumentare la temperatura del crogiuolo che contiene il metallo da evaporare. Il metallo che è evaporato di deposita sul campione posto in alto nella camera dell’evaporatore.
Ho usato l’evaporatore per depositare 160 nm di alluminio sul vetro in cui ho realizzato in seguito la fotomaschera. Il metallo sul vetro costituisce le zone scure della fotomaschera in cui i raggi UV non passeranno e ho scelto di depositarne una quantità sufficiente ad evitare di rimuovere inavvertitamente l’alluminio con le pinzette nei passaggi di fabbricazione successivi.
Litografia ottica
Per trasferire l’immagine del dispositivo microfluidico sulla fotomaschera ho utilizzato il
resist positivo S 1818. Il processo di fabbricazione che ho eseguito, descritto nel capitolo “Materiali e metodi”, ha richiesto lo spin-coating del resist sul vetrino, seguito da un
fotomaschera al microscopio ottico con filtro verde dopo il processo di litografia ottica e sviluppo resist. Ho utilizzato un filtro verde sul microscopio ottico per impedire ai raggi UV di raggiungere il resist sviluppato ed evitare così di esporre ulteriormente la struttura. È evidente come la porzione del resist che è stata raggiunta dagli UV sia stata rimossa durante lo sviluppo con il developer.
Figura 10. Immagine al microscopio ottico con filtro verde della fotomaschera dopo lo sviluppo del resist S 1818. L’immagine del chip è costituita dalle regioni verde chiaro, in cui è stato dissolto il resist dopo lo sviluppo. Le porzioni in verde scuro sono costituite dal resist non esposto alla luce UV.
Etching
Al termine del processo di litografia il campione viene sottoposto all’etching. La tecnica dell’etching viene utilizzata per rimuovere strati di metallo sulla superficie di strutture non ricoperte dal resist. Ho utilizzato il processo chimico, detto anche etching ad umido72, che prevede l’utilizzo di una soluzione chimica costituita da ossidanti che
ossidano il metallo non protetto dal resist e acidi che lo rimuovono. In particolare, ho utilizzato il developer MF319 che ha eliminato l’alluminio non ricoperto dal resist. Il
processo chimico avviene in maniera isotropa, quindi agisce ugualmente in tutte le direzioni. Al termine del processo di fabbricazione, la fotomaschera presenta l’immagine del chip microfluidico con canali ampi 200 µm (Figura 11).
Figura 11. Immagini della fotomaschera dopo il processo di etching chimico. A sinistra (a) vi è un’immagine al microscopio ottico del punto in cui i tre canali convergono nel canale centrale. A destra (b), una foto della fotomaschera per intero.
Fabbricazione del dispositivo microfluidico
Litografia otticaIl processo di fabbricazione del chip microfluidico prevede la costruzione di uno stampo del chip attraverso l’utilizzo della litografia ottica, al fine di trasferire l’immagine dei microcanali su un substrato di silicio (Figura 12).
Figura 12. Rappresentazione schematica dei passaggi necessari alla fabbricazione dello stampo di silicio su cui è stato trasferito il pattern del chip microfluidico.
Per fabbricare uno stampo con uno spessore di 100µm ho utilizzato il resist negativo
SU-8 210068. Una volta depositato il resist sul campione, ho effettuato la litografia ottica
ponendo la fotomaschera tra il substrato di silicio e la lampada UV. Dopo un processo di
post-exposure baking (descritto nel dettaglio nel capitolo “Materiali e metodi”), e a seguito dell’immersione del campione nel developer, la porzione del resist che non è stata colpita dalla luce UV viene dissolta. Sul substrato di silicio rimane l’immagine del chip costituita dal resist che è stato polimerizzato dalla luce UV (Figura 13). Durante lo sviluppo, per eliminare la porzione di resist presente nel punto in cui i tre canali convergono in un singolo canale centrale è stato necessario prolungare il tempo di sviluppo nel developer oltre i 40 min ed aumentare la temperatura del processo fino a 50°C. Questo processo ha determinato una rimozione degli strati superiori del resist che costituisce il pattern del chip sullo stampo di silicio. Infatti, lo spessore del pattern è di 60 µm, anziché 100 µm (Figura 13b).
Figura 13. Immagini dello stampo del chip microfluidico litografato sul silicio. La figura a sinistra (a) è un’immagine presa con microscopio con la quale ho misurato l’ampiezza dei canali. A destra vi è un’immagine al SEM di un canale e l’inquadratura scelta permette di misurare lo spessore del pattern che è di circa 60 µm.
Preparazione del PDMS e fabbricazione dei microcanali
Prima di versare il PDMS sullo stampo del chip, ho effettuato il processo di silanizzazione della superficie del silicio per renderla idrofoba e permettere la corretta separazione del polimero dallo stampo. Questo processo è descritto nel dettaglio nel capitolo “Materiali e metodi”. Il polidimetilsilossano (PDMS) è un polimero siliconico53, molto usato in
microfluidica per le sue caratteristiche: è trasparente, permeabile ai gas, chimicamente inerte, termicamente stabile, biocompatibile e reperibile a basso costo. Il pre-polimero è stato mescolato con l’agente reticolante in rapporto 10:1 e dopo un’adeguata miscelazione viene versato sullo stampo di silicio e resist. Ho posto il campione in un essiccatore a vuoto per eliminare le bolle presenti nel PDMS che potrebbero interferire sulla microstruttura e, in seguito, ho fatto reticolare il PDMS in forno. Dopo aver
asportato la porzione di PDMS sopra lo stampo in cui si sono formati i microcanali, ho effettuato 4 fori di 0.75 mm di diametro in corrispondenza dell’inizio dei tre canali e della fine del canale centrale. In seguito, ho proceduto con l’attivazione della superficie del PDMS e di un vetrino portaoggetti tramite trattamento al plasma ossigeno (100 W 1 min) per effettuare il processo di saldatura. Il trattamento al plasma ossigeno crea le condizioni (esposizione di gruppi –OH) per un legame covalente fra le due superfici. Queste due superfici vengono poi messe in contatto con molta attenzione in modo che non si formino bolle di aria (Figura 14).
Figura 14. Immagine del chip microfluidico che ho fabbricato impiegando la litografia ottica e la deposizione del PDMS.
Test fluidici
Compatibilità del chip microfluidico con le componenti della sintesi
La sintesi delle NP di PLGA nel chip microfluidico prevede la presenza di una fase acquosa costituita da un non-solvente del polimero e un tensioattivo, e una fase organica contenente, oltre al PLGA e al farmaco, un solvente organico come acetone o acetonitrile. In questa fase preliminare mi sono concentrata sul valutare la compatibilità
microfluidico precedentemente fabbricato. Ho scelto di condurre questa analisi della compatibilità per una durata di 4 h, poiché è il tempo massimo che ho utilizzato per effettuare, in seguito, la sintesi delle NP.
La fase acquosa che ho utilizzato nella sintesi è composta da una soluzione di acqua con una percentuale massima del 2% del tensioattivo sodio colato. Per questo motivo ho iniettato nel mio dispositivo microfluidico 2 ml di acqua con il 2 % di sodio colato e ho analizzato l’aspetto dei canali del chip con un microscopio ottico invertito. In questo test ho valutato la possibilità che il tensioattivo determini fenomeni avversi a contatto con il chip, come cambiamenti delle proprietà superficiali del PDMS che possono influenzare il suo legame con il vetro73. Il tensioattivo non ha determinato
situazioni avverse in termini di compatibilità nel chip microfluidico, anche dopo 4 h dall’esposizione. Per quanto riguarda la fase organica la situazione è più complessa, poiché in letteratura sono presenti studi che descrivono come il PDMS si rigonfi in presenza di solventi organici, alterando in parte la sua struttura74. La formulazione della
sintesi di NP di PLGA che ho usato nel mio dispositivo microfluidico prevede la presenza di acetone come solvente organico. Per questo motivo ho iniettato nei canali del chip 2 ml di acetone e ho valutato la presenta di rigonfiamenti delle pareti dei canali con un microscopio ottico invertito subito dopo l’iniezione del solvente (Figura 15a), dopo 2 h e 4 h. Nonostante si noti un rigonfiamento di circa 2% del PDMS dopo 4 h (Figura 15b), la riduzione dell’ampiezza del canale non influenzano la geometria del chip. Infatti, la superficie del canale a contatto con l’acetone rimane liscia e non perturba i flussi che si generano durante la sintesi delle NP.
Figura 15. Immagini al microscopio ottico del canale centrale del chip microfluidico. La figura a sinistra (a) mostra l’aspetto del canale subito l’iniezione dell’acetone, mentre la figura a destra (b) mostra il canale dopo 4h dall’iniezione. La freccia indica un leggero rigonfiamento della parete del canale che però non altera la sua struttura.
Valutazione dei flussi
Per iniettare il liquido nei canali del mio dispositivo ho utilizzato una pompa a pressione che permette di spingere il liquido dai serbatoi al dispositivo grazie a dei tubi di politetrafluoroetilene (PTFE), un materiale termoplastico compatibile con l’acetone (Figura 16). Questi tubi hanno un diametro esterno di 0.75 mm, che coincide con i fori fatti precedentemente sul canale di PDMS.
Figura 16. Setup sperimentale per effettuare la sintesi di NP di PLGA utilizzando un chip microfluidico.
La geometria del dispositivo consente ai tre flussi in entrata di convergere in un unico canale con la creazione di un’interfaccia tra il flusso centrale e i due flussi laterali. Per visualizzare la presenza dei tre flussi laminari in entrata e la formazione dell’interfaccia ho utilizzato la fluoresceina, una proteina fluorescente se eccitata con luce blu. Nei canali laterali ho iniettato acqua, mentre nel canale centrale ho fatto passare una soluzione con la fluoresceina in modo che si potesse vedere il momento in cui i tre flussi convergono nel canale centrale. Dal momento che i flussi sono laminari lungo il canale centrale si forma un’interfaccia tra il flusso fluorescente che passa al centro e i due flussi laterali (Figura 17a).
Il secondo esperimento effettuato per la valutazione dei flussi prevede l’utilizzo di acetone iniettato nel canale centrale, mentre nei canali laterali ho iniettato acqua. In questo esperimento ho potuto visualizzare il flusso centrale di soluzione organica circondata da due flussi laterali acqua (Figura17b).
Come dimostrato da molteplici studi presenti in letteratura come quello di Karnik et al. del 200858, per la sintesi di NP di PLGA questa configurazione di flussi è