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XXIII.
Se z i o n e d i Be l l e Ar t i. T o rn a ta del 20 G iugn o 1875.
Presidenza del Preside cav. prof. F e d e r i g o A l i z e r i
-Il Preside comincia a leggere le ^bL.oti^ie di Antonio da Se mino e Teramo di Piaggio e della loro epoca. Dice come con questi artefici si chiuda fra noi la serie dei pittori volgar mente appellati antichi, e come a ragionar di loro non poche appariscano le difficoltà, rimanendo oscuro s’ eglino uscissero di certa scuola, oppure sorgessero per ottime imitazioni, o togliessero forma dal proprio genio. A gittare luce in tal te nebra, disegna l’ Alizeri in tre parti la vita di Antonio e di Teram o, per guisa che la prima si attenga al passato, la se conda corra le orme di Perino del Vaga, la terza inchini alla licenza 0 come altri direbbe alla pratica.
Indarno si tenterebbe scoprire l’ anno di loro nascita ; nè è da aggiustare intera fede al Soprani che segnò quella del Semino intorno al 1485. Ben si accorda a quel biografo ri spetto al Piaggio, laddove ci mostra i costui maggiori prima in Zoagli e quindi in Genova. Ma innanzi che di proposito si tratti dei due maestri, dei quali per amicizia stretta e sin cera una era la mente ed uno il cuore, è mestieri che si tocchi delle condizioni dell’ arte e del tempo in cui quei va lorosi ebbero meriti ed opportunità a primeggiare.
X X IV .
Se z i o n e d i A r c h e o l o g i a. T orn ata del 3 Luglio 1875.
Presidenza del Preside avv. Pier Co s t a n t i n o Re m o n d i n i.
Il socio Belgrano legge le seguenti Avvertente circa una iscrizione dipinta nella fronte de P a la lo di Pagano D ’ Oria.
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Se alcuno di voi mi ha fatto l’ onore di leggere, la mia nuova edizione della Vita privata dei genovesi, rammenterà forse quel eh’ io scrissi nel principio della terza parte, a pro posito della epigrafe che ricorre sotto una delle storie dipinte a fresco nella facciata del palazzo che fu del glorioso ammi raglio Pagano D ’ Oria.
Benché dopo ciò che ne ha scritto 1’ Alizeri (1 ) , quelle storie non possano verisimilmente più attribuirsi al pennello di Carlo del M antegna, non vi ha dubbio però che esse spettano a’ prin cipii del secolo X V I ; sì come è chiaro che tutte intendono a celebrare le gesta del nostro eroe. Rimase però in discussione fra gli intendenti quale sia propriamente la battaglia navale che il dipintore volle ritrarre nello scompartimento che riesce sovra del portico, dove è finta come in un cartellino una breve epigrafe; stimando altri che vi si avesse dà ravvisare la battaglia del Ponto combattuta da Pagano nel 1352, ed altri quella della Sapienza, che fu di gran lunga più memo rabile, e dalla quale il D ’ Oria uscì con intero trionfo nel 1354. La iscrizione come si legge prodotta nella Illustrazione della chiesa di S. Matteo del rimpianto nostro collega Jacopo D’ O ria , direbbe così :
INSIGNI CAPITANEO AC GE NEROSO MILITI D . PAGAN . . . AVRIE VITORIA (Sic) FELICI P ___ IANSIS IMORTALIS MEMORIA.
Secondo questa lezione, come ognuno vede, le parole con cui finisce la terza e comincia la quarta riga verrebbero a dire naturalmente populi ianuensis. Ma poiché nei recenti restauri del palazzo, impresi dalla Banca di credito dell’ industria na
( 1 ) Al i z e r i, ‘M.o/içte dei professori del disegno e c c ., v o l. II, p ag. 126-27.
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zionale, 1’ epigrafe è stata ripulita e si è potuta esaminare da vicino, apparve chiaro che se. al P della terza riga succede la lettera O , quasi a giustificare la lettura populi, non si po teva però da questa prima sillaba correre con certezza alla formazione di siffatta parola, perchè la successiva i a n s i s non
era si chiara come pareva ammetterla il volume del D ’ Oria. Tutto quello che se ne potè rilevare di meglio fu una L al principio, e poscia un insieme di altre lettere mal definito che si credette però sufficiente per coniare di sana pianta la parola laudis che venne quindi scritta nel finto cartello.
Richiesto da taluno fra gli amministratori della detta Banca di quello ch’ io ne pensassi, ho creduto dovermi mostrare assai circospetto nell’ accogliere la nuova interpretazione; so stenni che a ben diciferare l’ epigrafe del palazzo conveniva raffrontarla con altra di quelle che ricorrono scolpite in marmo sulla facciata di S. Matteo, ed hanno il vantaggio di essere
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sincrone ai fatti che rammentano. Or poiché questa ricorda che il di 4 novembre 1354 idem ... dominus P a g a n u s... in insula Sapiencie in P ortu Longo debelavit et cepit galeas X X X VI cum navibus I I I I venetorum, et condusit januam homines vivos carceratos y CCCC cum eorum capitaneo, opinai che appunto le due parole fraintese nel dipinto abbiano in origine dovuto esprimere il nome di Porto Longo. Si noti che appunto per questa vittoria e non per alcun’ altra ottenuta da Pagano, la Repubblica di Genova aveva fatte straordinarie dimostrazioni di gioia; che per questa avea voluto si rendessero grazie a Dio in perpetuo con 1’ annua offerta d’ un pallio e di cerei, ed « al capitano Pagano (dice il Giustiniani) fece dono di tanta somma di denari per comprare 0 per fabbricare una casa nella contrada di S. Matteo ».
Ma io non poteva pretendere che la mia opinione, anzi la mia convinzione, la vincesse su quella degli altri; e pur troppo mancavami un documento qualsiasi per confortarla. Quando
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negli scorsi giorni studiando per tutt’ altro scopo ne’ Carto lari della Masseria della Colonia di P era, mi avvenni in questa nota che è del 6 novembre 1392: Pro brandonis quatuor oblatis m ecclesia sancti Georgii, pro festo victorie Portus Longi, more consueto: Perperi 5. j . È dunque chiaro (e lo è eziandio per molti altri riscontri) che le colonie genovesi al pari della madre patria serbavano vivo il ricordo dei prosperi casi e lo solennizzavano con acconce offerte ; e| che la spesa testé citata ha origine dalla celebrazione del fatto che è rappresentato nel palazzo da S. Matteo, e che propriamente nella lapide sincrona della chiesa omonima e nei documenti officiali si appella la vittoria di Porto Longo. Dopo ciò credo che niuno vorrà più trovare ostacolo alla mia interpretazione; ma converrà che la lapide non bene letta fin qui, si ha da restituire nella sua lezione originaria in questa forma :
INSIGNI CAPITANEO AC GE NEROSO MILITI DOMINO PAGANO AVRIE VITORIA (sic) FELICI PORTVS LONGI TMORTALIS MEMORIA.
Ma non basta che la convinzione della giustezza di siffatta lettura sia entrata negli animi nostri. Bisogna che noi ci ado periamo a fare scomparire dal dipinto quel laudis che vi ‘ sta affatto a pigione, e che oltre all’ alterarne la genuina lezione lascerebbe affatto in sospeso intorno all’ argomento dell’ af fresco, potendosi dar lode a Pagano sì della vittoria della Sapienza e sì d’ altre parecchie. E questo giovi del pari a sempre meglio confermare quanto giustamente diceva il no stro egregio collega D. Marcello Remondini: i restauri alle vechie lapidi si eseguiscano con tutto lo scrupolo, e da per sone intelligenti; a sciuparle con uno sgorbio si fa più presto che non si creda.