UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE
FACOLTÀ DI ECONOMIA
GIORGIO FUÀ
Dottorato di Ricerca in Management and Law
Curriculum Economia Aziendale
XXX ciclo n. s.
IL RUOLO DELL’INTEGRATED REPORTING
NELL’ECONOMIA DELL’IMPRESA:
UN’ANALISI EMPIRICA
Tutor:
Tesi di dottorato di:
Chiar.mo Prof. Guido Paolucci Dott.ssa Eva Cerioni
Coordinatore del Dottorato di Ricerca:
Chiar.mo Prof. Enrico Cori
Sommario
1. INTRODUZIONE... 10
1.1 Presentazione e concettualizzazione del lavoro ... 10
1.2 Esposizione della problematica ... 13
1.2.1 Obiettivi generali... 14
1.2.2 Obiettivi specifici ... 15
1.3 Fondamenti del lavoro di ricerca ... 16
1.3.1 Posizionamento ontologico ed epistemologico ... 16
1.3.2 Metodologia ... 17
1.3.3 Strutturazione della tesi ... 18
I. BACKGROUND TEORICO ... 20
2. L’EVOLUZIONE DELLA REPORTISTICA ... 20
2.1 Il percorso fino alla nuova era della rendicontazione ... 20
2.2 I limiti del Financial Reporting ... 23
2.3 La fase della Corporate Social Responsability ... 29
2.4 Triple bottom line e Sustainability Report... 35
2.5 La fase degli I tagi les ... 41
. Nuovi passi ava ti verso l’I tegrated Reporti g ... 46
. L’I tegrated Reporti g ... 50
3. INTERNATIONAL INTEGRATED REPORTING < IR > FRAMEWORK... 53
. L’I ter atio al I tegrated Reporti g Cou il - IIRC ... 53
3.2 Finalità, impostazione e concetti fondamentali del Framework ... 56
3.3 Principi Guida ed elementi di contenuto... 62
4. IL REPORTING INTEGRATO ... 70
. Defi izio e dell’I tegrated Reporti g ... 70
. Il valore aggiu to del usi ess odel e dell’I tegrated thi ki g: u fo us critico ... 73
. Le pri e appli azio i dell’IR... 82
4.5 Considerazioni di sintesi ... 92
II. PROBLEMATICA E ANALISI EMPIRICA... 96
PREMESSA... 96
5. LA METODOLOGIA... 99
5.1 Metodologia qualitativa vs metodologia quantitativa ... 100
5.2 Il paradigma interpretativo ... 102
5.3 Identificazione del metodo di ricerca ... 104
6. L’ANALISI EMPIRICA ... 108
6.1 Il protocollo di ricerca ... 108
6.1.1 Il disegno di ricerca ... 109
6.1.2 La raccolta dei dati e le interviste ... 110
6.2 Overview del campione oggetto di studio ... 118
6.3 Limiti della ricerca ... 121
6.4 Risultati ... 122
6.5 Considerazioni di sintesi ... 132
CONCLUSIONI ... 138
Indice delle figure ... 145
Indice delle tabelle ... 147
APPENDICE ... 149
Cer hia o di o guardar i i dietro o ra ia o in avanti con paura, ma intor o o o sapevolezza
A Samuele mio marito, Leonardo il mio angelo e Tommaso il mio bambino.
Ringraziamenti
Questa tesi conclude il percorso del mio dottorato di ricerca.
Un percorso iniziato nel 2014: un anno di gioia, di emozioni, un anno dove la mia o i zio e e a uella he la ita o potesse esse e alt o he pe fetta .
Durante il percorso questa ia o i zio e u po’ s a ita.
In questo ultimo anno di dottorato ho dovuto lottare per tornare a sorridere alla ita e pote di uo o ede e he pe ua to assu da e o plessa la ita pe fetta .
Ringrazio chi ha lottato con me e più di me: mio marito. Un uomo fantastico a cui devo il mio sorriso di ieri, di oggi e di domani.
Ringrazio chi mi ha teso la mano quando sono caduta perché la vita ha riservato per me un ostacolo difficile da superare: la mia famiglia (mio padre, mia madre e mio fratello).
Ringrazio chi ha asciugato le mie lacrime coronando la parola amicizia: Giulia e Agostino.
Ringrazio i miei amici e i miei compagni di dottorato per avermi sopportato durante questo percorso e per avere condiviso con me questa bella esperienza. Ringrazio il Prof. Guido Paolucci per avermi guidato in questo percorso di dottorato e nella redazione di questa tesi.
Ringrazio tutti i professori con cui ho collaborato. Ognuno di loro ha arricchito il mio bagaglio culturale e la mia esperienza didattica. Ringrazio in particolare la Prof.ssa Maria Serena Chiucchi, una donna che ammiro professionalmente e non solo.
Con questa tesi si chiude un capitolo della mia vita.
INTRODUZIONE
SOMMARIO: 1.1 Presentazione e concettualizzazione del lavoro – 1.2 Esposizione delle problematiche – 1.2.1 Obiettivi generali – 1.2.2 Obiettivi specifici – 1.3 Fondamenti del lavoro di ricerca – 1.3.1 Posizionamento ontologico e epistemologico – 1.3.2. Metodologia – 1.3.3 Strutturazione della tesi
1.1 Presentazione e concettualizzazione del lavoro
Ogni azienda è diversa dalle altre, ogni azienda per sopravvivere in un mercato sempre più concorrenziale dovrà cercare di essere la mela rossa in un cesto di mele verdi. Ogni azienda per riuscire ad emergere e a differenziarsi dovrà trovare misure capaci di rappresentare le diverse dimensioni delle performance aziendali apa i di affigu a e o o pletezza l’i te a ealtà azie dale. Tale e essità stata evidenziata dalla letteratura ma soprattutto dalla pratica.
Le sole misure economico – finanziarie contenute nei sistemi di misurazione e epo ti g t adizio ali pu ta o i ifletto i sola e te sull’effi ie za e sui isultati di breve periodo ma ciò fa si che la performance presentata al mercato non sia
completa (Hayes e Abernathy, 1980; Merchant, 1990; Eccles, 1991; Neely A., 1999).
Il reporting aziendale ha subito molti cambiamenti negli ultimi anni. In primis sono gli stakeholder che mutano le loro esigenze ed esternano le loro svariate richieste di informazioni così da indurre le aziende a ripensare le loro pratiche di reportistica esterna. Recenti studi confermano che il tradizionale reporting annuale non fornisce conoscenze adeguate sulle attività e sul valore creato dalla società per i suoi stakeholder. In risposta a questo s iluppo, as e l’I teg ated Reporting, uno strumento in grado di fornire una visione olistica sulla capacità della società di creare valore in modo sostenibile e rispondere alla necessità di una visione integrata della società dal punto di vista finanziario e non. In Italia il 25 gennaio 2017 è entrato in vigore il D.lgs. 30 dicembre 2016, n.254, che richiede la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di imprese e di gruppi di grandi dimensioni. Si tratta della legge di recepimento della Direttiva europea 2013/34/UE sulle cosiddette Non Financial I fo atio . L’e t ata i igo e di tale de eto i pli a he dal tutte le g a di imprese e gli enti di interesse pubblico dovranno presentare una dichiarazione di a atte e o fi a zia io elati a all’ese izio . Si tratta quindi di un
di aziende. Questo lavoro si propone di esaminare quali sono le reali motivazioni che hanno spinto ad oggi le maggiori società italiane ad intraprendere la strada del bilancio integrato, le difficoltà incontrare e soprattutto quali sono i benefici che dopo qualche anno dalla prima pubblicazione si riescono a identificare.
1.2 Esposizione della problematica
Il mondo della rendicontazione sta subendo molti cambiamenti. Notevoli sono i dati qualitativi e quantitativi che le aziende sono chiamate a monitorare e rendicontare. Per farlo prima della nascita della rendicontazione integrata le aziende dovevano dotarsi di report specifici, come il report di sostenibilità o l’Intellectual Capital Reporting, report che non riuscivano né a dare una visione olisti a dell’azie da a da e i di azio e della apa ità di ea e alo e da pa te dell’azie da. L’Integrated Reporting è il nuovo strumento di rendicontazione che si fo alizza sop attutto sulla apa ità di ea e alo e dell’azie da, o i a do ed integrando le informazioni contenute nei singoli report (Pun e White, 2005). Sempre più reale e concreta è la necessità da parte degli stakeholder e delle imprese non di avere semplicemente degli strumenti disgiunti di misurazione e di reporting delle performance seppur contenenti indicatori financial e non financial a e sì u epo t he illust i l’i flue za delle a ie di e sioni di performance dell’i p esa e la odalità o ui le ite azio i t a le iso se fi a zia ie e o riescono a creare valore (Lynch e Cross, 1989; Neely, 1999; Yongvanich e Guthrie, 2006; Abeysekera, 2013; De Villiers et al, . L’I te atio al I teg ated Reporting Council (IIRC) nel 2013 pubblica il F a e o k dell’IR pe da e u quadro
rendicontazione. Il presente la o o ha l’o ietti o di i di idua e le oti azio i prevalenti che potrebbero spingere le aziende ad adottare questo nuovo strumento di rendicontazione pur non essendo obbligatorio. Il top management ha isog o di eali oti azio i e e tezze sui e efi i he l’adozio e di u uo o strumento di rendicontazione possa ave e pe l’azie da. La lette atu a si soffe a po o su uesto aspetto e t e i ealtà l’esige za del e ato se tita. Il presente lavoro è stato svolto utilizzando una metodologia qualitativa, il field stud , he t a ite l’utilizzo di i te iste se i – strutturate ha permesso di raccogliere i dati delle maggiori aziende italiane che sono confluite sull’Integrated Reporting.
1.2.1 Obiettivi generali
Il principale obiettivo del lavoro è quello di esplorare le motivazioni della diffusione della pratica dell’I teg ated Repo ti g elle aggio i aziende italiane. La preoccupazione principale di questo studio è di capire se esistono delle motivazioni diffuse relative alla scelta di questa nuova forma di reportistica pur o esse do a o a total e te o ligato ia. Questo a ie e att a e so u ’a alisi empirica effettuata su un campione di aziende italiane che redigono il report integrato rispettando le linee guida del Framework dell’IIRC.
Oltre ad individuare le motivazioni prevalenti che spingono ad intraprendere la st ada dell’I teg ated Reporting le aziende vengono interrogate anche sui benefici e sulle difficoltà riscontrate in questo percorso.
1.2.2 Obiettivi specifici
Quali sono le motivazioni che spingono le azie de ad utilizza e l’I teg ated Reporting? Quali sono i benefici che le aziende traggono dall’adozio e dell’I teg ated Reporting? Quali sono le difficoltà che le aziende riscontrano nell’appli azio e dell’I teg ated Reporting?
1.3 Fondamenti del lavoro di ricerca
U a tesi di dotto ato a atte izzata p i ipal e te ell’appli azio e igo osa di una metodologia scientifica derivante da scelte epistemologiche. Ogni ricercatore non costruisce la propria concezione della conoscenza ex – novo, e – ihilo , a è influenzato dalle grandi correnti di pensiero alle quali si rifanno i membri della comunità scientifica alla quale il ricercatore appartiene e che sono chiamati paradigmi epistemologici (Gavard – Perret et al, 2008, p.8).
Per tale motivo verranno presentate le diverse correnti epistemologiche che hanno influenzato maggiormente questo lavoro.
Pa te do dall’a alisi delle o e ti he ha o assu to aggio e i po ta za i studi precedenti e similari, ho deciso che la postura interpretativista è quella che guida il presente lavoro.
1.3.1 Posizionamento ontologico ed epistemologico
I presupposti del ricercatore relativamente alla natura della realtà del fenomeno (ontologia) influenzeranno il modo di abbordare la conoscenza del fenomeno (epistemologia) e ciò a sua volta influenzerà il processo attraverso il quale si realizza la ricerca (metodologia) (Tomkins e Grives, 1983; Ryan, 2004, p.52).
Tra le correnti presenti: positivista, interpretativa, costruzionista, neopositivista e postpositivista (Guba e Lincoln, 1994; Lukka, 2000; Corbetta, 2003; Fattore, 2005;); le due che maggiormente si avvicinano alla ricerca in questione sono l’app o io positi ista e l’app o io i te p etati o. Nel capitolo dedicato alla metodologia verranno spiegati nel dettaglio i motivi che hanno portato alla scelta dell’u o piuttosto he dell’alt o app o io. I uesta fase i li ito a di e he l’app o io i te p etati o (Kaplan, 1986; Granlund e Malmi, 2003; Roslender e Hart, 2003; Lillis e Mundy, 2005) è stato quello che ha guidato il presente lavoro.
1.3.2 Metodologia
Questo lavoro si basa su fondamenti epistemologici e metodologici dettati dalla visione interpretativista. La forma di indagine utilizzata è quindi di tipo qualitativo così da aumentare la capacità di cogliere il significato di un fenomeno attuale attraverso il ricorso ad una molteplicità di fonti informative ed il confronto diretto con alcuni attori aziendali. Nel capitolo dedicato alla metodologia verranno forniti tutti i dettagli relativi alle scelte e al processo attuato in tale senso.
1.3.3 Strutturazione della tesi
La tesi è strutturata principalmente in due parti: la prima dedicata al background teo i o e la se o da dedi ata all’a alisi e pi i a. Nella parte dedicata al a kg ou d teo i o ie e effettuata u ’a alisi della lette atu a p ese te sull’a go e to o lo s opo di a alizza e tutto il pe o so fatto dalla rendicontazione fino ad oggi. La parte relativa al caso empirico prevede per prima cosa la descrizione relativa alla metodologia utilizzata per poi passare alla descrizione del lavoro svolto relativo al field study. La scelta del field study trova la sua spiegazio e ispetto all’obiettivo di ricerca e alla natura del fenomeno studiato (Yin, 2003). Il lavoro si conclude con la sezione dedicata alle conclusioni dove si cercherà di riassumere i risultati della ricerca e si presentano le riflessioni conclusive sul caso.
I. BACKGROUND TEORICO
2. L’EVOLUZIONE DELLA REPORTISTICA
SOMMARIO: 2.1 Il percorso fino alla nuova era della rendicontazione – 2.2 I limiti del Financial Reporting – 2.3 La fase della Corporate Social Responsability – 2.4 Triple bottom line e Sustainability Report – 2.5 La fase degli i ta gi les – 2.6 Nuo i passi a a ti e so l’I teg ated Reporting – 2.7. L’i teg ated Repo ti g
2.1 Il percorso fino alla nuova era della rendicontazione
Dagli anni '90 è iniziata l'era della globalizzazione finanziaria e con lei sono iniziate le prime difficoltà del "Financial reporting". Il primo passaggio cruciale è stato quello dal costo storico al fair value. Il bilancio tradizionale abbraccia un nuovo concetto di valore, non più l'history value quale valore rispetto all'entità ma il fair value e quindi il valore rispetto al mercato. Il messaggio è chiaro: "sempre più futuro e meno storia nel bilancio". Il mondo è cambiato in seguito alla globalizzazione, al progresso tecnologico e soprattutto all'aumento del consumo globale. Tali variabili impattano sulla qualità, sulla disponibilità e sul prezzo delle risorse indispensabili come acqua, luce ed energia. Ecco che le imprese sono state costrette a sviluppare nuovi modelli di business che seguono una linea precisa
"innovare e produrre con meno risorse". Questo è soprattutto dovuto al fatto che lo sviluppo non è sostenibile e pertanto, forte deve essere anche la responsabilità so iale dell’i p esa du a te tutta la sua atti ità. Le imprese che vogliono sopravvivere o emergere in questo mercato sempre più competitivo devono differenziarsi e lo devono fare soprattutto focalizzando la performance aziendale sul valore intrinseco dell'offerta (Neely, 1999), sul quale sicuramente incidono risorse immateriali come la conoscenza o la capacità di innovazione (Grant, 1996). Le tre parole chiave che hanno portato alla nuova era della rendicontazione sono: p ofit , sustai a ilit ed i ta gi les . T e pa ole he ha o seg ato u percorso che parte dal bilancio tradizionale, prosegue con la triple bottom line, il sustainabilit epo ti g, l’Intellectal Capital epo ti g e l’I teg ated Reporting. E' significativo anche dare evidenza dell'evoluzione avuta nella rendicontazione, così come emerge nello studio di Deloitte sintetizzato nell'immagine seguente.
Figura 1 – Evoluzione della rendicontazione
Fonte: Reporting Integrato. Un percorso di Sostenibilità a partire dalla rendicontazione,
Workshop - Deloitte Touche 2012
La nuova era della rendicontazione vuole creare uno strumento in grado di aluta e la pe fo a e o plessi a dell’azie da. L’azie da […] ostituita da un sistema di operazioni, promanante dalla combinazione di particolari fattori e della composizione di fo ze i te e ed este e (Giannessi, 1960, p.11). L’azie da è infatti una realtà complessa su cui agiscono molteplici variabili di origine interna ed esterna. Negli anni, a fronte di profondi cambiamenti socio – economici, le aziende si sono evolute sviluppando nuovi modelli produttivi, organizzativi e gestionali (Bergamin Barbato, 1991), tutto ciò ha avuto delle ripercussioni anche sul sistema di misurazione delle performance aziendali.
2.2 I limiti del Financial Reporting
L'accounting, così come definita da AICPA (American Institute of Certified Public Accountants), è l’a te di egist a e, lassifi a e e iassu e e i odo sig ifi ati o e in termini monetari transazioni ed eventi che sono, almeno in parte, di carattere finanziario. Il ila io d’ese izio l’output fi ale della pu a atti ità di a ou ti g e mette in evidenza i profitti o le perdite relative ad un periodo, espone il valore e la natura degli asset tangibili dell'impresa, le responsabilità dell'organizzazione e il relativo capitale proprio. Il bilancio di esercizio è lo strumento che dà voce all’i fo ati a di tipo fi a zia io he attie e p i ipal e te alla sfe a e o o i a, finanziaria e patrimoniale di ogni azienda (Coda, 1991). Il bilancio di esercizio e ide zia il eddito d’ese izio1, riferito ad un certo intervallo di tempo, e il
correlato capitale di funzionamento2 al termine dello stesso intervallo (Marasca,
1999; Paolucci, 2011), in sintesi fornisce una visione dello stato di salute aziendale (Quagli, 2015). Gli stakeholder non si accontentano più di conoscere il profitto dell’azie da a oglio o o os e e le odalità o le uali l’azie da ius ita a
1 Il eddito di ese izio ide tifi a …l’a es i e to he, i u dete i ato pe iodo di te po, il
apitale di u ’azie da su is e i conseguenza della gestio e Zappa, 1950, p.277)
creare valore e quindi la sua capacità di continuarlo a fare nel tempo. Inoltre dinanzi ad un ambiente sempre più complesso e instabile il concetto di valore eato dall’azie da supe a i o fi i della di e sio e e o o i o – finanziaria. Non di e ti hia o pe ò di o p ete de e di legge e ei ila i ua to uesti on possono in alcu odo fa o os e e O ida, 1974, p.129).
Gli stakeholder, invece, ricercano nei bilanci delle risposte a molti interrogativi o e: Quale la posizio e o petiti a dell’azie da sul mercato? Quale è la o posizio e e il alo e dell’o ga i o e la ualità dei p o essi? Quali gli effetti delle dinamiche di mercato e delle sue prevedibili evoluzioni future? Quali le politi he di gestio e e le de isio i alla ase del isultato? (Potito, 2002, p.506). A questi interrogativi il bilancio di esercizio non ha risposte per gli stakeholder, non riesce ad offrire un quadro completo delle realtà aziendali (Financial Reporting Council, 2009). Tra le limitazioni dell'informativa tradizionale emerge quella del postulato monetario, essendo considerata la moneta l'unità di misura per eccellenza questa riesce a misurare lo scambio di beni e servizi ma allo stesso tempo ignora qualsiasi cosa non possa essere misurato in termini economici tra cui l'efficienza gestionale nell'utilizzo delle risorse e le risorse umane.
I metodi tradizionali non considerano quelle risorse aziendali strategiche alla base della creazione di valore, come ad esempio la soddisfazione dei clienti e le performance sociali e ambientali, proprio perché non caratterizzate da tangibilità
ma pure sempre risorse immateriali (Potito, 2002). Tali risorse intangibili sono considerate sempre più delle risorse indispensabili per la sopravvivenza e il successo duraturo delle aziende (Marchi e Marasca, 2010), ma il bilancio d’ese izio lo st u e to e o adeguato pe o u i a e il alo e (Petty e Guthrie, 2000). Le misure di performance tradizionali (ROI, ROE..) non tengono o to del alo e degli i tagi les pe iò o ies o o a da e u a isio e complessi a della pe fo a e dell’azie da. A zi utilizza do sola e te isu e economico - finanziarie per valutare la performance dell'impresa si rischia di sottostimare il valore attribuito all'impresa (Fontana S., 2011) e di commettere degli errori nella sua gestione. Le risorse intangibili hanno assunto un ruolo dete i a te pe il su esso dell’i p esa. Si pe si, ad ese pio, al uolo dell’i o azio e te ologi a, al k o -how del personale, alle relazioni instaurate con clienti, fornitori e partner: queste sono risorse intangibili il cui valore per l’i p esa o se p e i ediata e te e o pleta e te app ezza ile i termini economico – reddituali (Stewart, 1997; Edvinsson e Malone, 1997; Chiucchi, 2004).
Inoltre essendo spesso la correlazione delle informazioni finanziarie con quelle o fi a zia ie he pe ette di att i ui e all’i p ese u alo e aggiu to ispetto alle imprese competitor forte è la necessità di avere uno strumento di misurazione
la relazione esistente tra la performance sociale e quella finanziaria di un'azienda dichiarano che le sole informazioni finanziarie non sono sufficienti per comprendere al meglio la performance e il valore di un'organizzazione (Margolis e Walsh, 2001; Orlitzky M. et al., 2003). Utilizzando i tradizionali strumenti di e di o tazio e sfuggo o le agio i alla ase della apa ità di u ’azie da di produrre valore nel presente e soprattutto nel futuro che è ciò che più interessa agli stakeholder (Eccles, 1991; Mathews, 1997; Yongvanich e Guthrie, 2006; Chenhall et al. 2007; Parker, 2012). Infatti uno dei limiti più forti, in questo contesto dove ciò che conta è il futuro dell'impresa, si basa proprio nell'attenzione dei tradizionali strumenti di rendicontazione focalizzati al breve periodo e non al medio lungo termine (Hayes e Abernathy, 1980; Merchant, 1990; Neely, 1999; Potito L, 2002). Le misure economico - finanziarie presenti nel bilancio tradizionale "fotografano" la realtà dell'azienda in base alla sua performance passata ma non certo in base alla previsione di quella futura che invece investitori e stakeholder vorrebbero conoscere (Merchant, 1990; Dixon et al, 1990). E' evidente quindi la necessità di utilizzare misure non – finanziarie combinate con quelle prettamente finanziarie al fine di dare una indicazione delle performance future e complete dell’i p esa Kapla e No to , ; Neel , ; Nørreklit, 2003; Chenhall e Smith-Langfield, 2007) agli stakeholder.
Nel bilancio di esercizio non viene adeguatamente considerato neanche il fattore is hio pe l’azie da. Solo parzialmente tale grandezza viene espressa sotto forma di fondi rischi, accantonamenti e descrizioni in nota integrativa. Nonostante il rischio aziendale sia conside ato u fatto e fo da e tale pe la t aduzio e della g a dezza del p ofitto i uella dell’a ia e to e o o i o B uni, 2007, p.9), la nozione di reddito accolta trascura la quantificazione del rischio specifico e sistematico sopportato dagli shareholder (Allegrini, 2003).
Negli ultimi anni, infine, l’atte zio e al te a della soste i ilità au e tata diventando talvolta un vero e proprio obiettivo strategico. Questo nuovo approccio alla produzione ha generato la necessità di informazioni e misure idonee a rappresentare il valore delle iniziative di responsabilità sociale intraprese dall’i p esa, p op io pe h tale alo e o isulta se p e esp i i ile i te i i monetari (Matacena, 1984; Hinna, 2002; Rusconi, 2006;). Diviene quindi importante misurare la capacità di creazione di alo e dell’i p esa a li ello globale, cioè riuscire a misurare questa capacità considerando tutti i fattori che la determinano. Lo sviluppo di un'impresa è una tematica che considera aspetti culturali, morali, etici e comunque intangibili che sono difficilmente misurabili in modo quantitativo - monetario. Alcuni studiosi, individuate misure qualitative specifiche, hanno studiato i benefici scaturenti dall'utilizzo combinato di tali
1999; Chiucchi, 2004). Nel corso degli anni sono stati proposti modelli di misurazione e di reporting della performance aziendale che utilizzano in maniera combinata misure quantitative - fisiche e qualitative con quelle monetarie, al fine di dare una panoramica completa dell'azienda con una prospettiva sia di breve che di medio - lungo termine (Johnson e Kaplan, 1987; Kaplan e Norton, 1992; Yongvanich e Guthrie, 2006; Abeysekera, 2013; De Villiers et al, 2014).
2.3 La fase della Corporate Social Responsability
Sempre più forte diventa la crescita della sensibilità sociale e ambientale (Ueda et al, 2009) all’i te o del e ato glo alizzato. Da qui la visione dell'impresa come istituto sociale dove la responsabilità per le attività economiche nei confronti della società e dell'ambiente viene attribuita al management. La contabilità inizia a indossare le vesti di sistema informativo con la funzione di trasmettere in modo efficiente informazioni sul passato, il presente e il futuro delle attività socio - economiche di un'impresa. Se prima l'obiettivo principale delle grandi imprese era il profitto fine a sé stesso (Friedman,1970) già negli anni '60 non è più così. Si assiste ad una affermazione a tutti i livelli del concetto di sostenibilità socio-a ie tale uale pezzo fo da e tale della eazio e di alo e e del o t ollo dei rischi aziendali. Le imprese hanno la volontà di allineare il profitto ad altri obiettivi sociali quali, ad esempio, contribuire alla crescita economica, andare incontro alla necessità della comunità, sviluppare risorse umane e preoccuparsi dei problemi ambientali. Sono gli stakeholder i primi ad essere interessati ad informazioni che rappresentano la performance totale dell'impresa attuale e futura e che possono dimostrare la sostenibilità non solo economica. L'elemento di non - financial information che sta acquisendo sempre più importanza riguarda
ESG (Environmental, Social, Governance). Si sviluppa una rendicontazione ad hoc chiamata prima "Social Accounting" evoluta poi in "Sustainability Accounting" (Ulmann, 1985; Lamberton, 2005). Nasce, di conseguenza, l’idea di i di idua e degli strumenti in grado di misurare anche questi aspetti fondamentali per l’i p esa Contrafatto e Burns, 2013).
La contabilità sociale ed ambientale viene definita come "il processo di comunicare gli effetti sociali e ambientali delle azioni economiche delle organizzazioni a particolari gruppi di interesse nella società e alla società in senso allargato (Gray et al., 1987). Questo implica l'estensione del ruolo della contabilità delle organizzazioni che va oltre quello tradizionale di fornire un rendiconto finanziario a coloro che possiedono il capitale, in particolare, agli azionisti. Tale estensione si basa sull'assunto che le imprese hanno responsabilità più ampie rispetto alla semplice realizzazione del profitto per gli azionisti (Gray et al., 1987). Nel 1993 alcuni studiosi ritornano sul concetto di contabilità ambientale dicendo che questa "può essere intesa a coprire tutte le aree della contabilità influenzate dalle azioni del business in risposta ai problemi ambientali, incluse le nuove aree di eco Accounting " (Gray et al.,1993). Lo stesso concetto prende sempre più forma e nello stesso anno viene definito come "comunicazioni volontarie di informazioni, sia qualitative che quantitative, fatte dalle organizzazioni per informare e influenzare un insieme di stakeholder (Mathews,
1997). Ed infine la definizione più ampia viene data nel 1995: "Social Accounting significa un'estensione dell'informativa in aree non convenzionali come la fornitura di dettagli sui lavoratori, prodotti, servizi alla comunità e la prevenzione o la riduzione dell'inquinamento . Tuttavia, il termine Social Accounting è anche usato per descrivere una forma completa di contabilità che considera le esternalità (Mathews e Perera, 1996). La rendicontazione che deriva da questa Sustainabilty Accounting prende il nome di Social Reporting o Corporate Social Reporting e consiste nel "processo di fornire informazioni da parte delle organizzazioni responsabili ai fini di sollevarsi dall'obbligo di rendere conto". (Gray et al., 1987). Queste informazioni vengono incluse in report ad hoc quali bilanci sociali e i report di sostenibilità.
Il ila io so iale u o st u e to fo da e tale di e di o tazio e, di gestio e e di controllo per le aziende che intendono adottare un comportamento espo sa ile G uppo Bila io So iale, , p.11 , pe iò app ese ta l’i sie e di attività volte a rendere conto agli stakeholder, in ottemperanza al loro diritto di conoscere gli effetti dell’attività aziendale Mata e a, 1984). Le finalità del bilancio sociale sono: pubblicare relazioni, strategia sociale verso gli stakeholder, difesa documentata, difesa anti – regulation, valutazione della ricchezza prodotta e distribuita, miglioramento delle relazioni industriali, valutazione complessiva del
2006). Il bilancio sociale funge da resoconto delle iniziative sociali intraprese dall’azie da; tale documentazione viene concepita con lo scopo di essere sottoposta all’atte zio e del pu li o, o ui l’i p esa ost a all’este o il prop io olto so iale Ca i hi e Dalledo e, 2003). Vi sono diversi modelli e standard di rendicontazione poiché si tratta di un documento volontario per le aziende. In Italia lo standard più diffuso è quello del Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale (GBS) con lo standard GBS 2013, revisione della prima versione del 2001. Si tratta di linee guida per la rendicontazione sociale, in particolare identifica una serie di informazioni minime necessarie per la quantificazione di un documento come il bilancio sociale.
Il report di sostenibilità, invece, è un documento che fornisce informazioni sulla sostenibilità aziendale, con lo scopo di legittimare di fronte a tutti gli stakeholder e alla olletti ità l’ope ato dell’i p esa, o u i a do te ati he uali l’i patto della p op ia atti ità sui dipe de ti, sulla o u ità lo ale e sull’a ie te (Schaltegger et. al, 2006). Il report di sostenibilità, come il bilancio sociale, ha un doppio utilizzo: esterno come strumento di comunicazione ed interno come strumento di management finalizzato al miglioramento della gestione degli aspetti legati ai temi sociali ed ambientali (Schaltegger et. al, 2006). Per quanto riguarda gli standard di rendicontazione disponibili per il report di sostenibilità, vi sono sta da d di p o esso o e l’A ou tA ilit AA defi ito dall’I stitute
for Social and Ethical Accountability (ISEA) a partire dal 1999. Si tratta di linee guida per lo svolgimento delle attività comprese nel sistema di misurazione e di reporting (Garzoni e Vitolla, 2010). Sono disponibili anche standard di contenuto che si concentrano sul contenuto del report; tra questi il modello più diffuso è quello del Global Reporting Initiative (GRI). Si t atta di u ’o ga izzazio e ata el 1997 con lo scopo di creare un Framework credibile e affidabile per il reporting di sostenibilità, utilizzabile da aziende di ogni dimensione, settore o paese (GRI, 2013). Il GRI Reporting Framework comprende: linee guida, protocolli degli indicatori, protocolli tecnici e supplementi di settore3. La logica alla base del
modello si rifà al concetto di triple bottom line che svilupperò nel paragrafo successivo.
Nello stesso anno in cui nasce il GRI si concretizza la certezza che i consumatori siano sempre più attratti dalle aziende che investono e si impegnano nell'ambito della sostenibilità e questo fu evidente in seguito allo scandalo della multinazionale Nike. Lo scandalo verteva sullo sfruttamento del lavoro minorile e sottopagato da parte dell'azienda in Pakistan e in India. Il titolo della società dopo
3 Dopo la pubblicazione del framework del 1999 vi sono succeduti vari aggiornamenti, il più recente
stato uello del . Nel aggio di uell’a o il GRI ha pu li ato la e sio e G delle sue li ee guida. Si tratta di una versione composta da due documenti denomi ati Repo ti g p i iple and
lo scandalo crollò del 40% a dimostrazione del fatto che gli stakeholder sono sempre più disposti a premiare le aziende che si impegnano dell'ambito della sostenibilità; di conseguenza fondamentale è inserire gli aspetti ambientali e sociali nei report aziendali.
Ecco che gli stakeholder richiedono alle imprese, oltre alle informazioni prettamente finanziarie, come quelle sul patrimonio e sul reddito d'impresa, anche informazioni sul contesto competitivo cosi da evidenziare gli sforzi fatti dall'impresa per soddisfare i bisogni dei consumatori. All'impresa è richiesto di fornire informazioni sul sistema sociale per dar evidenza agli impegni dell'impresa ella alo izzazio e delle iso se u a e e a ie tali. Affe ata o ai l’idea he le imprese dovranno utilizzare uno strumento universale d'informazione, utile e accessibile a tutti gli stakeholder, che contenga informazioni di carattere finanziario, sociale e ambientale.
2.4 Triple bottom line e Sustainability Report
Il primo a sostenere che i report aziendali dovessero considerare contemporaneamente gli aspetti economico - finanziari, ambientali e sociali fu Joh Elki gto el . Fu lui a o ia e il te i e T iple otto li e uale report aziendale in grado di rapp ese ta e tutti i pilast i dell’azie da: e o o i o - finanziario, sociale ed ambientale. La scelta di questo approccio permette all'impresa di operare considerando al tempo stesso e in eguale modo la visione economica, sociale e ambientale - le tre P: People, Planet, Profit-.
Figura 2 – Le tre sfere della sostenibilità
Con la nuova visione della Triple Bottom Line la massimizzazione del profitto non è lo scopo unico dell'impresa, che invece deve dar conto con la sua responsabilità sociale all'insieme degli stakeholder operando e rendendo concreti i benefici nella società e nell'ambiente. Le aziende che possono definirsi con responsabilità sociale sono quelle che si dimostrano responsabili relativamente all'impatto delle loro decisio i e atti ità sulla so ietà e sull’ambiente, che adottano un atteggiamento trasparente ed etico e che promuovono in tal senso uno sviluppo sostenibile, non tralasciando le aspettative di ogni stakeholder. Le imprese hanno riscontrato molte difficoltà in seguito allo sforzo di integrare le strategie ambientali nelle strategie di business generale e nel corporate reporting (Thomas, . Così l’e e to più i po ta te he ha e ato di t asfo a e l’idea di Elkington in pura realtà è stata la creazione nel 1997 del Global Reporting Initiative (GRI) di Robert K. Massie e Allen L. White, dell’istituto Tellus, di ui ho già i pa te parlato nel paragrafo precedente. Il GRI ha u a issio p e isa to ake sustainability reporting standard practice by providing guidance and support to o ga izatio s . Nel 2008 con la dichiarazione di Amsterdam il GRI inserisce il principio "Report or Explain" in cui richiede alle imprese di rendicontare tenendo presenti fattori di governance, sociali e ambientali e nel caso non lo facciamo, spiegare le ragioni che impediscono tale comportamento. Le linee guida del GRI hanno la caratteristica di essere flessibili e applicabili alle diverse imprese. Questo
permette di comparare i risultati ottenuti. Grazie alla nascita del GRI nel 2010 molte aziende hanno redatto, su base volontaria, i loro rapporti di sostenibilità utilizzando il G Guideli es della GRI. Per i report di sostenibilità pubblicati dopo il 31 dicembre 2015 le imprese hanno utilizzato la versione delle Guida GRI G4. Questi rapporti di sostenibilità vengono affiancati al bilancio tradizionale vista la aggio diffusio e dell’i te esse sop attutto degli stakeholder di conoscere l'impatto dell'impresa sull'ambiente e sulla società (Burns e Contrafatto, 2013). Anche Moody e Standard & Poor, nel loro ruolo di agenzie di rating, favoriscono pratiche di reporting di sostenibilità e lo sviluppo di rating e indici di sostenibilità per la misurazione del livello di sostenibilità di ogni impresa. Vista la crescente richiesta da parte degli stakeholder delle imprese di maggior trasparenza sulla gestione non solo da un punto di vista economico – finanziario ma anche sociale ed ambientale, sempre più diffusa è la prassi di elaborare un report di sostenibilità. Quest'ultimo è un documento che rendiconta agli stakeholder dell'organizzazione la propria (Ernst & Young, 2015):
 Sostenibilità economica come capacità di generare reddito, profitto e lavoro;
 Sostenibilità sociale come capacità di garantire condizioni di benessere e opportunità di crescita equamente distribuite e come capacità di rispettare i diritti umani e del lavoro;
 Sostenibilità ambientale come capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse e funzioni naturali.
Negli ultimi anni, l'attività di Sustainability reporting è cresciuta in maniera esponenziale: nel 2011 sono stati pubblicati circa 3.000 bilanci di sostenibilità nel mondo, che sono diventati 15.000 (solamente tra quelli conformi allo standard GRI) nel corso del 2013 (Ernst & Young, 2015).
Figura 3 – Ricerca bilanci di sostenibilità
Secondo i dati di CorporateRegister4, il numero delle relazioni sulla sostenibilità
registrare fino al 20 giugno 2015 è pari a 19.192, e i Paesi con un maggior numero di imprese che redigono la relazione sulla sostenibilità sono: Usa, Brasile e Taiwan. Le imprese che redigono il maggior numero di relazioni sulla sostenibilità fanno parte dei settori del financial services, dell'energy e del foods e beverage products (GRI, 2015). Si tratta di bilanci che non influenzano il processo decisionale ma hanno principalmente lo scopo di comuni a e all’este o A e seke a, 2013)
o e si o po ta l’azie da i elazio e all’a ie te e al so iale.
E' la Corporate Responsability a far sì che i manager tendono a stabilire in azienda un sistema di contabilità che favorisca anche quelle informazioni per la valutazione delle azioni di un'impresa a favore della sostenibilità5 (Burritt e Schaltegger, 2006).
Vi sono anche ragioni discutibili che spingono le imprese a redigere report di sostenibilità quali la cosiddetta greenwashing, ossia l'ingiustificata appropriazione di virtù ambientalistiche, finalizzata alla creazione di un'immagine positiva, e l'imitazione di altre imprese del settore. In ogni caso forte e diffuso è il senso di etica e di responsabilità aziendale, l'auto-regolazione, la pressione degli
4 Elenco online più grande al mondo delle relazioni sulla sostenibilità
stakeholder che mostrano un interesse sempre maggiore verso le imprese "sostenibili".
Ricerche di qualche anno fa hanno dimostrato che le imprese hanno la possibilità di ottenere dei benefici nel momento in cui pubblicano informazioni sulla sostenibilità, ad esempio perché il costo del capitale diminuisce nel caso in cui tali informazioni sono la dimostrazione del miglioramento della performance ESG (Dhaliwal et. al, 2011).
Altra questione rilevante riguarda il modo in cui gli utilizzatori del report annuale assimilano e percepiscono le informazioni ESG rispetto a quelle finanziarie, perché si tratta di una questione altrettanto importante rispetto allo studio della sola forma di rendicontazione delle informazioni sulla sostenibilità (Eccles e Serafeim, 2011).
Gli stakeholder rivolgono la loro attenzione alle aziende che redigono un report di sostenibilità perché hanno la capacità di monitorare e rendicontare le proprie prestazioni economiche, ambientali e sociali in modo coerente rispetto alla missione ed ai valori dell'organizzazione. Inoltre le aziende che redigono un report di sostenibilità dispongono di una base dati quantitativa e sistematica, secondo standard riconosciuti a livello internazionale, in merito alle proprie prestazioni (Ernst & Young, 2015). Tutto uesto au e ta il alo e di u ’i p esa ispetto all’alt a.
2.5 La fase degli I tagi les
L'informativa richiesta dalla nuova era della rendicontazione integrata va oltre gli aspetti prettamente sociali, ambientali e finanziari poiché vuole racchiudere al suo interno anche il o do degli i ta gi les , che hanno un peso rilevante all’i te o delle imprese. Gli stakeholder desiderano essere a conoscenza del modo tramite cui un'azienda produce il suo valore: valore creato per la maggior parte proprio dagli intangibles. Tra questi spicca il capitale intellettuale, immobilizzazione immateriale che inizia ad avere rilevanza dagli anni novanta.
Il capitale intellettuale viene definito come l’insieme di risorse interne (competenze, abilità, leadership, procedure, know-how, ecc.) ed esterne (marchi, brevetti, soddisfazione del cliente, ecc.) e dei beni immateriali "disponibili" per un'organizzazione, che consente a questa entità di trasformare un insieme di risorse materiali, finanziarie e umane in un sistema capace di creare valore per gli stakeholder attraverso il perseguimento di vantaggi competitivi sostenibili (Zambon, 2001). Altri autori sostengono che il capitale intellettuale sia composto da tre pilasti: capitale umano, capitale organizzativo e capitale relazionale (Dumay, 2009). Il capitale intellettuale, essendo l'insieme delle risorse immateriali di cui l'impresa dispone che contribuiscono alla creazione di valore, merita un report ad
Il 50 – 90% del valore creato da ogni società dipende proprio dalla gestione del capitale intellettuale, piuttosto che dalla gestione fisica tradizionale.
Se p e più o siste te il u e o di i p ese dotate di u peso ta gi ile etta e te i fe io e ispetto ai osiddetti i tagi les . La te de za uella della Co eptual Co pa . Nella aggio pa te delle imprese quasi l'84% del valore aziendale è rappresentato dalle immobilizzazioni immateriali le quali sono principalmente la risorsa in grado di gene a e guadag i e es ita pe l’i p esa. L'Ocean Tomo ha o dotto u ’indagine sulla composizione del valore del mercato azionario6, dal quale emerge che nel 2015 il valore del patrimonio fisico e
finanziario delle S&P 500 ha subito un calo drastico passando dall'83% del 1975 al 16%; la parte restante del patrimonio è proprio composta da fattori intangibili.
Figura 4 – Patrimonio fisico e finanziario delle S&P 500
Fonte: Ocean Tomo, 2015
Le o ga izzazio i ope a o i u o do i ui l’e o omia è basata sulla conoscenza per tale motivazione: strategia, organizzazione interna e risorse immateriali sono diventate i po ta ti fo ti di alo e di u ’o ga izzazio e Guthrie, 2012). Le imprese che presentano rilevanti ele e ti i tagi iles o e i e a ed innovazione, marketing e rapporti con la clientela, marchi e brevetti, know – how, capacità imprenditoriali e manageriali, competenze organizzative e modelli di business; sono pienamente consapevoli che queste rappresentano le loro chiavi di successo. Si tratta di risorse prevalentemente qualitative, non considerate dalle misure economico – finanziarie del bilancio. I cosiddetti "intagibles" spesso rappresentano la discriminante tra imprese simili, rendono l'impresa capace di differenziarsi dai competitors principali.
Da ui l’idea di ea e u do u e to ad ho i g ado di da e u dettaglio suffi ie te a isu a e l’i po ta za e la o siste za del apitale i tellettuale dentro ogni impresa. Negli anni novanta sono stati sviluppati diversi modelli di report del capitale intellettuale delle aziende (Edvinsson e Malone 1997; Sveiby 1997).
Per misurare anche queste importanti risorse e cercare di superare il limite di sottostimare il valore dell'impresa (Kannan e Albur, 2004; Fontana, 2011), si
diffonde l'Intangible Asset Monitor di Sveiby e altre linee guida7 (Skandia Value
Scheme) per misurare proprio il capitale intellettuale nel suo insieme (Chiucchi, 2004).
L'Intangible Asset Monitor (IAM: 1988,1997), modello proposto da Sveiby, suddivide il capitale intellettuale in tre gruppi: struttura interna, struttura esterna e competenze del personale. Per ogni gruppo l'impresa deve adottare degli indicatori (diversi per ogni azienda rispecchiando le esigenze e il contesto in cui l'azienda è inserita). Gli indicatori rappresentano principalmente tre aree: efficienza, stabilità, crescita/rinnovamento. In genere dovrà essere riportato almeno un indicatore per ogni area. Ad esempio, con riferimento alla struttura esterna, tra gli indicatori di efficienza si può ritrovare la misurazione della soddisfazione della clientela, o per misurare la crescita il profitto per clienti, infine, per la stabilità, la frequenza nel ripetersi degli ordini (Sveiby, 1997).
Un altro tentativo di omogeneizzare gli strumenti in grado di misurare le risorse i ate iali el stato fatto dal WICI. Il Wo ld’s Busi ess Repo ti g Net o k (WICI) nasce il 31 Marzo 2008 con la firma di un Protocollo di Intesa (MoU) in Washi gto DC p esso l’A e i a E te p ise Institute (AEI)8. L’o ietti o e a uello
7 Emanate dai governi di diversi stati e dall'Unione Europea per uniformare la misurazione del
capitale intellettuale.
di fornire delle misure e informazioni di carattere non – finanziario (KPIs) per meglio rappresentare e comprendere i processi di creazione di valore e le sue fonti, dando così visibilità alle risorse intangibili. Nel settembre 2016 il WICI ha pubblicato il WICI, Intagibles Reporting Framework (WIRF) quale quadro concettuale per la misura, la disclosure e il management degli intangibili. Con la nascita del WICI si rafforza ancora di più l’atte zio e e so la capacità di creazione di alo e dell’i p esa.
Diversi autori evidenziano da alcuni anni la necessità di ottimizzare la redazione di questi report e di sintetizzare le informazioni fornite in un unico report, al fine di evitare il rischio di proliferazioni di documenti che possono creare confusione (Yongvanich e Guthrie, 2006; Abeysekera, 2013; Giovannoni e Maraghini, 2013; Busco et al., 2013a).
2.6 Nuovi passi avanti verso l’I tegrated Reporti g
Questi report aggiuntivi, come il bilancio sociale, il epo t di soste i ilità e l’IC reporting, rischiano di essere dei meri allegati al Financial Reporting che rimane il principale strumento di rendicontazione. Questo è dovuto anche al fatto che ogni report specifico si focalizza su un solo aspetto e non si preoccupa invece di combinare la dimensione della performance di riferimento (sostenibilità, capitale intellettuale..) alla performance complessiva dell'azienda. Tali report specifici non riescono a spiegare come le risorse materiali e immateriali dell'azienda si influenzino per creare valore (Busco et al., 2013b; Adams, 2014) perciò non riescono a dare una informativa che sia efficace ed esauriente per gli stakeholder (Higgins et al, 2014). E’ e essa io i e e e a e di o i a e i a i epo t e da e vita ad u O e Repo t (Pun e White, 2005) in grado di rendicontare la pe fo a e o plessi a dell’azie da otte uta dall’i teg azio e ed i flue za reciproca della sua dimensione finanziaria, socio – ambientale e immateriale. Molte aziende redigono il bilancio sociale come se fosse una mera descrizione delle loro iniziative di responsabilità sociale senza invece illustrare i riflessi economico – reddituali (Yongvanich e Guthrie, 2006; Schaltegger e Wagner, 2006; Hubbard, 2009). Per questo motivo e per altri alcuni studiosi ritengono che l’ela o azio e della e di o tazio e sulla soste i ilità a ie tale e sull’i patto
so iale dell’i p esa is hia di esse e solo u odo pe ost a si i te essati al tema della sostenibilità (Laufer, 2003; Walker e Wan, 2012) quando in realtà l’azie da ha o e u i o interesse quello di far sì che la sua immagine e affidabilità tragga beneficio da questo modo di operare9 (De Villiers e Van Staden, 2006; Belal
e Owen, 2007). Pensiero contrastato da chi invece sostiene che le imprese sono spinte ad adottare comportamenti sempre più responsabili, non perché i manager siano dotati di senso civico ma perché un numero maggiore di manager credono che essere più responsabili sia una fonte di vantaggio competitivo e pertanto, è altrettanto importante dare comunicazione di questo agli stakeholders (Vogel, 2005). Alcuni studiosi hanno dato evidenza al fatto che la pubblicazione di informazioni sulla sostenibilità, separate e in un momento diverso rispetto alla pubblicazione del tradizionale report finanziario, porta ad una assimilazione distorta o diversa rispetto a quando le informazioni sono presentate in maniera integrata, cioè disponibili nello stesso momento ed in unico documento (Arnold et. al, 2012). A deduzione di questo una "rendicontazione integrata" eviterebbe distorsioni ed errate valutazioni dell'azienda da parte dei potenziali investitori. La rendicontazione di sostenibilità nella sua forma separata comporta anche alcune inefficienze relative al collegamento tra la sostenibilità e l’attività economica, alla
riduzione significativa delle informazioni e alla trasparenza (Ernst & Young, 2008)10. Nel 2009 è stato svolto uno studio su 30 grandi imprese globali (Hubband,
2009) dal quale è emerso che le informazioni da queste rendicontate non sono material, non sono revisionate esternamente, non sono comparabili e forniscono solo risultati favorevoli all'azienda piuttosto che essere bilanciata (Owen, 2006). Gli investitori si lamentano dell'impossibilità di individuare nei report di sostenibilità le informazioni rilevanti e soprattutto non riescono a riconoscere l'impatto economico che certe informazioni sulla sostenibilità hanno sul valore dell'azienda (Bartels et. al, 2008); questo comporta spesso la mancata considerazione di questi report specifici da parte degli investitori. Anche l'IC reporting rischia di essere un mero allegato al bilancio tradizionale proprio perché non riuscendosi ad integrare con le informazioni economico – finanziarie, i manager non riescono a trarre i reali benefici di impatto reddituale sull'azienda. Sempre più reale e concreta diventa quindi la necessità da parte degli stakeholder e delle imprese non di avere semplicemente degli strumenti disgiunti di misurazione e di reporting delle performance, seppur contenenti indicatori financial e non financial, ma e sì u epo t he illust i l’i flue za delle a ie di e sio i di pe fo a e dell’i p esa e la odalità o ui le ite azio i t a le
risorse finanziarie e non riescono a creare valore (Lynch e Cross, 1989; Neely, 1999; Yongvanich e Guthrie, 2006; Abeysekera, 2013; De Villiers et al, 2014; Mohammad, 2017).
2.7 L’I tegrated Reporting
L’ulti o st u e to he e a di superare i limiti della reportistica viene proposto dall’I te atio al Repo ti g Cou il IIRC : l’Integrated Reporting. Si tratta dell'output principale della nuova era della rendicontazione integrata. Era in cui le informazioni finanziarie, sulla governane, sulla remunerazione e sulla sostenibilità vengono considerate un insieme coerente, la cui iterazione di elementi e influenza reciproca spiegano come l'impresa crea valore nel breve, medio e lungo termine. Il te i e i teg ato stato e zio ato pe la p i a olta da Alle White (2005) ella dis ussio e del epo t della so ietà No o No disk’s i teg ated, ala ed, a d a did epo ti g , Busi ess fo So ial Respo sa ilit i titolato Ne Wi e, New Bottles: The Rise of Non – Fi a ial Repo ti g .
Il concetto di Integrated Reporting si sviluppa inizialmente in Sud Africa con il King Report on Governance for South Africa (2009), un documento emanato dal governo sud af i a o sull’a alisi della Corporate Governance in cui si invitano le imprese a redigere un documento, il Report Integrato, definito come una rappresentazione olistica e integrata della performance aziendale sia in termini finanziari che di sostenibilità (IRCSA 2011, p.3). A partire dal 2010, la redazione di tale report è stata resa obbligatoria per le società quotate sulla borsa di
Johannesburg. Nello stesso anno Eccles11 defi is e la e di o tazio e the
pro ess of ESG i teg atio i to a ual epo t of the o pa ies . Il concetto di <IR> di e ta glo ale o la as ita el dell’I te atio al I teg ated Reporting Council (IIRC). Tale ente internazionale è stato costituto il 02 Agosto dal The P i e’s Accounting for Sustai a ilit P oje t A S e dal Glo al Repo ti g I itiati e GRI . Il p i ipale o ietti o dell’IIRC uello di ea e u quadro globalmente accettato per la rendicontazione integrata. Tale quadro cercherà di riunire informazioni finanziarie, ambientali, sociali e di governance in un formato chiaro, conciso, coerente e comparabile. L’IIRC sostie e he l'Integrated Reporting contiene informazioni material sulla strategia, sulla governance, sulla performance e sulle prospettive future di un'organizzazione in modo che riflettano il contesto economico, sociale e ambientale nel quale l'impresa opera.
A questa definizione segue quella di rapporto integrato visto come un mezzo per p ese ta e la sto ia dell’o ga izzazio e he ade sotto la espo sa ilità del CFO e che deve contenere anche elementi di sostenibilità (Ernst & Young 2011; Deloitte 2012).
3. INTERNATIONAL INTEGRATED REPORTING < IR >
FRAMEWORK
SOMMARIO: 3.1 L’I te atio al I teg ated Repo ti g Cou il - IIRC – 3.2 Finalità, impostazione e concetti fondamentali del Framework – 3.3 Principi guida ed elementi di contenuto – 2.4 Triple bottom line e Sustainability Report – 2.5 La fase degli i ta gi les – 2.6 Nuovi passi a a ti e so l’I teg ated Repo ti g – 2.7. L’i teg ated Repo ti g
3.1 L’I ter atio al I tegrated Reporti g Cou il - IIRC
L’International Integrated Reporting Council (IIRC), è un ente internazionale istituto ell’agosto 2010 ed è composto da organismi regolatori, investitori, aziende, enti normativi, professionisti del settore della contabilità e di organizzazioni non governati e ONG . L’o ietti o o ui as e l’IIRC uello di costruire un nuovo modello che le aziende possano seguire, che sappia dare ordine alle informazioni di corporate, considerando oltre alla parte finanziaria, quella legata alle questioni ESG, e che quindi sia in armonia con il progetto di creare una economia più sostenibile. A livello globale nel 2010 l'IIRC è intervenuto sostenendo che per lo scopo di una rendicontazione integrata è indubbiamente necessario: "creare una cornice globale accettata per rendicontare l'organizzazione, una cornice che metta insieme reporting finanziario, ambientale,
modello più retrospettivo e prospettico, intento a soddisfare le necessità dettate di un modello economico più sostenibile e più globale". Nel settembre 2011 l’IIRC avvia una riflessione su come migliorare la comunicazione del valore creato dall’i p esa, i ita do a ispo de e a u Discussion Paper allo scopo di raccogliere pareri e impressioni in merito alle informazioni indispensabili in ogni report integrato e su come dovesse essere realizzato, al fine di descrivere analiticamente il processo di creazione del valore nel tempo (Busco et al., 2013; IIRC, 2011). Nell’otto e dello stesso anno è stato lanciato il Pilot Programme12 che ha
coinvolto 70 organizzazioni sparse nel mondo, sia del settore pubblico che privato. Tra le organizzazioni che vi hanno partecipato se ne citano alcune tra le più famose: Coca – cola, Clorox, SAP, Novo Nordisk, Natura, Microsoft Corporation,
Danone, Marks & Spencer, Enel ed Eni. Il Pilot Programme aveva lo scopo di
i di idua e le est p a ti es pe la edazio e del epo t i teg ato. L’IIRC, pe fa ilita e la o p e sio e degli ele e ti a di e dell’IR, ha promosso la formazione di gruppi tecnici di studio a cui hanno preso parte anche le società di revisione come ad esempio PricewaterhouseCoopers e Ernst & Young, sviluppando
12 Il Pilot Programme è terminato a settembre 2014. Questo ha permesso alle imprese aderenti di
dei documenti ad hoc di approfondimento13. L’espe ie za delle i p ese ade e ti
al progetto pilota con il supporto teorico dei gruppi di studio ha contribuito alla redazione delle linee guida per la realizzazione del report integrato, il cui prototipo è stato reso pubblico nel 2012. Nel dicembre 2013, dopo un periodo di ulteriori revisioni e consultazioni, è stato pubblicato il Framework internazionale dell’I teg ated Repo ti g da pa te dell’IIRC14.
13 Tra questi documenti vi sono: IIRC, (2013) Business Model – Background Paper for <IR>; IIRC,
(2013) Connectivity – Background Paper for <IR>; IIRC (2013) Materiality – Background Paper for <IR>
3.2 Finalità, impostazione e concetti fondamentali del Framework
In prima battuta l'IIRC nel Framework cerca di definire gli obiettivi dell'impresa nella redazione dell'IR. Solo conoscendo le motivazioni alla base della redazione di questo report saprà come organizzare il processo aziendale e quindi sarà capace di ottenere le informazioni necessarie. L'IIRC sostiene che l'integrated reporting ha l'obiettivo (IIRC, 2013b, p.2) di:
 migliorare la qualità delle informazioni trasmesse ai fornitori di capitale finanziario, al fine di consentire un'allocazione di capitale più efficiente e produttiva;
 promuovere un approccio più coeso ed efficiente al reporting aziendale;  rafforzare l'accountability e la responsabilità di gestione delle diverse
forme di capitale (finanziario, produttivo, intellettuale, umano, sociale, relazionale e naturale) e indirizzare la comprensione dell'interdipendenza tra esse;
 sostenere il pensare integrato, il processo decisionale e le azioni mirate alla creazione di valore nel breve, medio e lungo periodo.
Dall'obiettivo dell'IR definito dall'IIRC si evince che il report integrato proposto dall'IIRC è una forma di report che si differenzia degli altri perché si focalizza sulla
capacità di un'organizzazione di creare valore nel breve, medio e lungo termine e soprattutto perché riesce a farlo in maniera sintetica, con un focus strategico e avendo come base la considerazione che tutte le informazioni e i capitali di cui vanta l'impresa sono connesse e si influenzano reciprocamente (IIRC, 2013b). Alcuni studiosi, infatti, hanno definito l'IR come il momento conclusivo di un percorso avviato dall'organizzazione (Meritins et al, 2012). L’I teg ated Reporting defi ito dall’IIRC o e u p o esso asato sul pe sie o i teg ato he, attraverso la realizzazione di un report periodico, rappresenta in maniera integrata la apa ità dell’o ga izzazio e di creare valore nel tempo (IIRC, 2013). Parlando di p o esso l’IIRC vuole sottolineare che il report integrato rappresenta solamente un documento finale (Meritins et al., 2012) di un percorso durante il quale l'impresa dovrà interrogarsi sulla coerenza tra la sua missione e le sue scelte strategiche, il suo modello di governance e il suo modo di misurare la performance e su come tutto questo possa essere rappresentato nel modo più completo e trasparente per gli stakeholder (Busco et al., 2013b; Cheng et al., 2014).
L'azienda deve intraprendere una rivoluzione manageriale (Busco et al., 2013; Stubbs e Higgins, 2014; Thomson, 2015) prima di essere in grado di redigere un report integrato. Questo perché l'IR comprende tante informazioni proveniente dal bilancio d'esercizio, dal bilancio sociale, dal report di sostenibilità e dal report
dell'"integrated thinking". Per riuscire ad avere informazioni interrelate relative alle diverse dimensioni di performance e quindi poter redigere un vero report integrato l'azienda dovrà diffondere l'idea del "pensare integrato" in tutti i processi aziendali facendo si che l'uno comunichi con l'altro (SAICA, 2015). L’IR costituisce un percorso per scoprire, visualizzare, comprendere e comunicare il odo o ui l’o ga izzazio e ea alo e el te po IIRC, , p. . L’o ietti o fi ale pe iò uello di illust a e o e l’i te azio e t a le iso se a ia o t i uito al p o esso di eazio e del alo e. Questo pe h o l’IR si uole da e e ide za di o e l’azie da ea alo e dando evidenza alle connessioni tra le varie risorse, attività e dimensioni della performance. L’Integrated Reporting può aiutare a comprendere i processi interni e le reazioni tra gli stessi, offrendo un supporto ai processi decisionali e gestionali (Dumay e Dai, 2014). Il report integrato deve focalizzarsi sull’a alisi dei di e si capitali di cui l’azie da dispone (Mertins e Orth, 2012) e quindi sulle risorse e sulle relazioni sulle quali l'organizzazione genera delle influenze. I capitali ai quali fa riferimento il Framework sono:
 capitale finanziario: si tratta dei fondi che ogni organizzazione ha a disposizione per produrre beni e servizi. Tali fondi vengono reperiti tramite diverse forme di finanziamento (indebitamento, equity..);
 capitale produttivo: tutti gli oggetti fisici fabbricati, impiegati per la produzione di beni o fornire servizi (edifici, macchinari..);
 capitale intellettuale15: l'insieme dei beni immateriali facenti parte di due
macro aree, quella del capitale organizzativo e quella del valore delle conoscenze (brevetti, software, conoscenze implicite..);
 capitale umano: sono tutte le competenze ed abilità appartenenti al personale che opera all'interno dell'organizzazione, compresa anche la loro motivazione ad innovare;
 capitale sociale e relazionale: ne fanno parte regole, relazioni con gli stakeholder chiave, beni immateriali associati al marchio e quindi quella serie di istituzioni e relazioni fra, o all'interno di, comunità o gruppi vicini all'organizzazione;
 capitale naturale: si tratta dei processi e delle risorse ambientali, rinnovabili e non rinnovabili fondamentali per la vita passata, presente e futura dell'organizzazione (aria, acqua, biodiversità..).
15 l'IIRC considera come capitale intellettuale quello che gli studiosi del capitale intellettuale
definiscono "capitale organizzativo" creando cosi una sorta di disallineamento (Busco et al, 2013a) tra quanto sostenuto dell'IIRC e quanto riportato nella letteratura internazionale (Edvinsson e Sullivan, 1996; Kaufmann e Scheneider, 2004). Ma sostanzialmente le tipologie di capitali intangibili individuate dall’IIRC (capitale intellettuale, capitale umano, e capitale sociale e
La lassifi azio e dei apitali fatta dall’IIRC ostituis e u a li ea guida, pe iò coerentemente con la natura principle –based del framework. No ’ essu obbligo per le imprese di attenersi a questo tipo di classificazione nel proprio IR (IIRC, 2013).
Lo scopo principale dell'IR non è quello di fornire una pura elencazione dei capitali presenti in azienda, ma è quello di analizzare il processo di creazione di valore dell’azie da e quindi il suo business model. L'IIRC definisce il business model come "il sistema adottato per la trasformazione degli input, attraverso le attività aziendali, in output e outcome, al fine di raggiungere gli obiettivi strategici dell'organizzazione e la creazione di valore nel tempo" (IIRC, 2013b, p.25). Spiegano bene alcuni autori che gli stakeholder sono interessati non solo a conoscere i risultati raggiunti dell'azienda, ma anche le modalità attraverso le quali è riuscita a raggiungerli riuscendo quindi a invidiare le cause che hanno dato vita alla performance presente e futura (Watson, 2011; Hampton, 2012, IIRC, 2013b). Di seguito si riporta lo schema ideato dell'IIRC del processo di creazione di valore di un'organizzazione.
Figura 5 –Processo di creazione di valore
Fonte: IIRC Framework
Nella pa te si ist a e go o ipo tati i apitali dell’azie da i tesi o e i put utilizzati dall’azie da. Tali apitali/i put e t a o nel business model e quindi nel processo di creazione del valore o ui si o t addisti gue l’azie da. Tramite le attività hia e dell’azie da i capitali/input vengono trasformati in output e outcome. Nella parte destra della rappresentazione vengono infatti riportati i apitali i tesi o e out o e dell’azie da e ui di o e iso se a disposizio e dell’azie da pe l’ese izio successivo.
3.3 Principi Guida ed elementi di contenuto
L'IIRC, con la pubblicazione del Framework internazionale, chiarisce il concetto di report integrato e ne individua i principi cardine e i contenuti fondamentali, mantenendo un approccio principle – based, cioè fornendo delle indicazioni generali e lasciando libere le imprese di adattare la redazione del report in relazione alle proprie specifiche caratteristiche (Cheng et al., 2014; Dumay et al., 2016). Proprio con l'obiettivo di indirizzare tutte le imprese verso la stessa direzione, l'IIRC emana i "Guiding Principles" di aiuto alla preparazione del report.
Figura 6 – Principi guida
Fonte: Ernst & Young, La rendicontazione di sostenibilità: scenari e linee guida di riferimento, giugno 2015