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Cenni al CAPM

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Academic year: 2021

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(1)

Università degli studi di Salerno

Corso di LM in Economia

Corso Corporate Governance

A.A. 2018/2019

II SEMESTRE

Docente: CRISTIAN BARRA

email: cbarra@unisa.it

ricevimento: Giovedì (14:30/16:30)

(2)

CAPM: Verifiche empiriche #1

La principale previsione empirica del CAPM è la retta del mercato dei titoli, cioè l’equazione (20), che deve valere per ogni data t e ogni titolo i:

E(rit)-rft = βi(E(rMt) – rft) (20)

dove E(rit) si riferisce a valori attesi dei rendimenti dei titoli, rft rappresenta il rendimento dei titoli privo di rischi, mentre E(rMt) ai valori attesi del portafoglio di mercato, che non sono empiricamente osservabili.

Per poter affrontare questa relazione con i valori osservati dei rendimenti, dobbiamo ipotizzare

che le aspettative degli investitori siano razionali, ovvero siano in media corrette,

cosicché gli errori di previsione dei rendimenti siano in media pari a zero. Se tale ipotesi fosse violata, cioè, gli investitori compirebbero errori sistematici nella formazione delle proprie aspettative.

NB: CAPM spiega il meccanismo di determinazione del prezzo sul mercato dei capitali, in

particolare sui mercati azionari. Fu proposto indipendentemente e quasi contemporaneamente dagli studiosi W.F. Sharpe (1964), J. Lintner (1965) e J. Mossin (1966), pur se al solo Sharpe venne per questo conferito il Nobel per l’Economia nel 1990.

(3)

CAPM: Verifiche empiriche #2

Poiché i rendimenti osservati sono pari alla somma del loro valore atteso e del rispettivo errore di previsione:

E(rit) – rft = βi(E(rMt) – rft) (21) rit=E(rit) – uit (22)

l’ipotesi di aspettative razionali richiede che E(uit) = E(δMt) = 0.

Essa richiede anche che gli errori di previsione uit e δMt non siano autocorrelati, cioè̀

E(uituit−τ )=E(δMtδMt−τ)=0, per ogni τ >0:

Se così non fosse, essi potrebbero esser previsti sulla base dei loro valori passati, il che vorrebbe dire che gli investitori non sfruttano in modo efficiente tutte le informazioni disponibili (inclusi i loro stessi errori di previsione passati) nel formare le loro

aspettative E(rit) e E(rMt).

(4)

CAPM: Verifiche empiriche #3

Inoltre ipotizziamo che i rendimenti di ciascun titolo siano generati dal “modello di

mercato”, cioè da un processo statistico con un singolo fattore aggregato, data dalla

componente imprevista δM del rendimento del portafoglio di mercato, e un fattore idiosincratico εit , cioè relativo allo specifico titolo i e non correlato con il fattore

aggregato:

rit=E(rit) + βiδM + εit (24)

dove si ipotizza che anche il fattore idiosincratico abbia media zero (E(εit ) = 0).

Sostituendo la (22) nella (21), abbiamo

rit – rfti(rMt – rft) + εit (25)

(5)

CAPM: Regressioni con serie storiche #1

Un primo modo per effettuare la stima del CAPM è stimare l’equazione (25) con una regressione per ciascun titolo, usando come variabile dipendente la serie storica del suo extra-rendimento, e come variabile indipendente quella dell’extra rendimento

del portafoglio di mercato.

Usando alcune varianti di questa equazione, è possibile verificare alcune predizioni del CAPM, come mostrato da Black, Jensen e Scholes (1972).

1) Aggiungendo una costante αi nella (25) otteniamo

rit – rft = αi + βi(rMt – rft) + εit (25’)

possiamo effettuare un t-test per verificare l’ipotesi che il coefficiente stimato αi sia zero.

(6)

CAPM: Regressioni con serie storiche #2

Se il coefficiente stimato αi risulta significativamente maggiore di zero:

a)  CAPM è falso, nel senso che il titolo i ha dei rischi che non sono adeguatamente descritti dai beta ma per i quali gli investitori richiedono ugualmente di essere compensati, oppure che il

b)  CAPM è vero, ma il titolo i è sottovalutato dal mercato Interpretazioni:

èCAPM non è una buona guida nelle scelte di portafoglio ma da ciò non segue alcuna indicazione sull’opportunità di comprare o vendere il titolo i:

èIl titolo vada acquistato, essendo sottovalutato.

2) Se aggiungiamo altre variabili alla regressione (25), in base al CAPM esse non dovrebbero avere potere esplicativo, cioè i loro coefficienti non devono essere

significativamente diversi da zero, perché il rischio da covarianza misurato da βi e il

premio per il rischio sul mercato rMt - rft dovrebbero spiegare completamente

(7)

CAPM: Regressioni con serie storiche #3

Generalmente queste regressioni sono stimate sui rendimenti di portafogli invece che

di singoli titoli (ovviamente più volatili), per ridurre l’errore di misurazione nella stima dei beta, in modo da evitare di rifiutare il modello a causa di poche

osservazioni anomale. Ovviamente ciò pone la necessità di identificare un “buon insieme” di portafogli su cui effettuare la verifica empirica: generalmente i

portafogli vengono formati scegliendo titoli emessi da società con caratteristiche simili, per esempio di dimensioni simili e dello stesso settore. Questo permette di

avere un campione “omogeneo”.

L’equazione (25) può essere stimata con vari metodi. Se si suppone che i rendimenti abbiano una distribuzione di probabilità congiuntamente normale, αi e βi possono essere stimati con

•  metodo dei minimi quadrati ordinari (ordinary least squares: OLS) •  metodo della massima verosimiglianza (maximum likelihood: ML).

•  metodo generalizzato dei momenti (generalized method of moments: GMM), che non richiede ipotesi sulla distribuzione dei rendimenti.

(8)

CAPM: Regressioni con serie storiche #4

Un prerequisito per la stima di queste regressioni è la misurazione del portafoglio di

mercato, rMt.

Quale sia il portafoglio complessivo rilevante per le scelte di portafoglio degli investitori non è affatto ovvio. In linea di principio, esso potrebbe essere l’insieme dei titoli

quotati e trattati sul mercato azionario, per cui il rendimento rMt potrebbe essere

misurato con la variazione percentuale di un indice di mercato. Domande cui rispondere:

1.  A quale mercato occorre fare riferimento: quello statunitense, quello europeo o quello globale?

2.  Bisogna limitarsi solo alle azioni o includere anche altri strumenti finanziari, come le obbligazioni societarie e i titoli del debito pubblico?

3.  Dobbiamo considerare anche attività patrimoniali non finanziarie, come gli immobili?

(9)

CAPM: Regressioni con serie storiche #5

Roll (1977) ha notato che in realtà la verifica empirica del CAPM richiede osservazioni

sul rendimento dell’intero portafoglio di attività rischiose delle famiglie, in cui

tutte le attività fin qui menzionate sono incluse.

Invece quasi tutte le verifiche empiriche del CAPM si basano su definizioni del

portafoglio di mercato molto meno complete: tipicamente il rendimento del mercato è definito come la variazione percentuale di un indice azionario relativo a un ampio

numero di titoli.

Roll ha criticato questo tipo di verifiche empiriche, notando che un eventuale rifiuto delle predizioni del CAPM basata su una verifica che usa un dato indice azionario

non implica che il CAPM è necessariamente falso: potrebbe essere solo che la

definizione del “mercato” usata nella verifica empirica non coglie adeguatamente il vero portafoglio di mercato.

(10)

CAPM: Regressioni con serie storiche #6

Allo stesso modo, anche nel caso in cui una verifica empirica del CAPM concluda che le sue previsioni non sono rifiutate, cioè sono compatibili con i dati, non si può

concludere che il CAPM sia corretto: anche tale conclusione potrebbe dipendere solo

dall’uso di una definizione sbagliata del portafoglio di mercato. Essenzialmente,

la “critica di Roll” comporta che il CAPM non è verificabile empiricamente.

Uno studio di Stambaugh (1982) ha mostrato che la critica di Roll è meno devastante di quanto potrebbe sembrare, poiché le stime non variano molto se si utilizzano

misure del rendimento del portafoglio di mercato basate solo su indici azionari, su un portafoglio di azioni e obbligazioni, oppure su un portafoglio di azioni, obbligazioni e immobili.

Tuttavia da tali portafogli restano escluse le società non quotate. Quindi in questo senso la critica di Roll resta rilevante.

(11)

CAPM: Fama and MacBeth (1973) #1

Fama e MacBeth (1973) hanno proposto un altro metodo per stimare il CAPM e verificare le sue previsioni che si articola in tre stadi:

1)  Si formano i portafogli composti da titoli di società omogenee per grandezza e

settore e si stima l’equazione (24) con una regressione della serie storica

dell’extra-rendimento di ciascun portafoglio sull’extra-dell’extra-rendimento del portafoglio di mercato:

in tal modo si ottiene la stima β’i del coefficiente βi di ogni portafoglio i. Questa

stima viene spesso fatta su un primo sotto-campione di dati, per esempio relativi ai primi T1 mesi di dati disponibili.

2) Si stimano le seguenti regressioni sul campione trasversale (cross-section) degli extra- rendimenti e dei β’i stimati nel primo stadio per ogni data (per esempio, per ogni mese):

rit – rft = αi + β’iλt + εit (26)

in cui il termine λt=E(rMt - rft) è un parametro stimato, e rappresenta il valore stimato del premio per il rischio del mercato (market price of risk) in ciascuna data. Queste regressioni vengono generalmente stimate sui dati relativi a un secondo sotto-campione di dati, relativi ai T2 mesi successivi ai primi T1 mesi (supponendo di avere in tutto osservazioni per T= T1 + T2 mesi).

(12)

CAPM: Fama and MacBeth (1973) #2

3) Si calcola la media delle costanti α’t per t=1,...,T2 stimate nel secondo stadio, per sottoporre a test l’ipotesi che tale media sia zero, cioè:

t (α’/T2) = 0 (27) per t=T1 + 1,…., T2

Se i rendimenti usati nelle T2 regressioni sono identicamente e indipendentemente

distribuiti (i.i.d.), anche le intercette stimate α’t saranno (i.i.d), per cui la media (27) sarà̀ distribuita come una statistica t.

Per verificare se tale media sia zero – come previsto dal CAPM – si può quindi usare un semplice t- test. Inoltre si può verificare se nessun’altra variabile oltre al beta

contribuisca a spiegare le differenze tra i rendimenti – come previsto dal CAPM.

Tale verifica del CAPM può esser fatta aggiungendo tale variabile (per esempio, una misura della grandezza della società emittente) come un’ulteriore variabile esplicativa nell’equazione (26), e verificando se il suo coefficiente sia significativamente

(13)

CAPM: Fama and MacBeth (1973) #3

Inizialmente i risultati di queste verifiche sono stati coerenti con il CAPM (Fama,

1970), ma successivamente sono state riscontrate varie discordanze con le sue previsioni (Fama, 1991). Specificamente, si è riscontrato che α è positivo e

significativamente diverso da zero:

1) per azioni con basso rapporto tra prezzo e utili (price earnings ratio, P/E),

2) per azioni emesse da società di piccole dimensioni (size effect),

3) per azioni con alto rapporto tra valore contabile e valore di mercato (value effect),

4) per azioni che hanno avuto di recente rendimenti elevati.

Il risultato al punto 2 è noto come size effect: le azioni di società piccole rendono di più, a parità di

rischio sistematico. Invece il risultato al punto 3 è noto come value effect: le società il cui valore

contabile è relativamente alto rispetto al valore di mercato sono dette value stocks (tipicamente

società mature e solide, ma senza forti prospettive di crescita), mentre quelle per cui tale rapporto è minore sono dette growth stocks (società con elevate prospettive di crescita).

(14)

CAPM: Fama and MacBeth (1973) #4

Come possiamo spiegare il punto 1) e 2)?

èLe società piccole e quelle mature presentano rischi che non sono adeguatamente

misurati dai rispettivi beta, e quindi richiedono l’introduzione di altri fattori di

rischio nel modello, oltre a quello previsto dal CAPM. Come possiamo spiegare il punto 4)?

a) I beta delle azioni non sono costanti nel tempo, ma cambiano in modo autocorrelato nel tempo, dando luogo a cicli prevedibili nei rendimenti attesi.

b) Parte degli investitori formano le proprie aspettative sui rendimenti futuri in modo

irrazionale, per esempio estrapolando dai rendimenti passati, generando così ondate

di acquisti ingiustificati di azioni che di recente hanno avuto rendimenti elevati, inducendo autocorrelazione positiva nei rendimenti delle azioni.

(15)

CAPM: Fama and MacBeth (1973) #5

c) Il metodo di stima del CAPM potrebbe essere viziato da problemi econometrici. In effetti, il fatto di usare nel secondo stadio i beta stimati al primo stadio è

problematico, in quanto questi beta non sono dati, ma coefficienti stimati, e in quanto tali caratterizzati da un errore di stima.

Come risolvere questo problema?

è Correggendo gli standard errors delle stime nel secondo stadio.

Inoltre, i rendimenti potrebbero essere autocorrelati, invece che indipendenti nel tempo. Come risolvere questo problema?

(16)

CAPM: Il metodo a 3 fattori di Fama e French #1

Le discordanze tra i dati e le previsioni del CAPM hanno indotto alcuni economisti ad abbandonare il CAPM nel lavoro empirico a favore di modelli più flessibili,

anche se con dubbie basi teoriche. Quindi, le azioni che hanno tipicamente

extra-rendimenti sono quelle emesse da società piccole, note come small caps, e quelle con alto rapporto tra valore contabile e valore di mercato (book-to-market ratio), note

come value stocks. Partendo da questa osservazione, nel 1992 gli economisti Fama e French hanno proposto un “modello a tre fattori”, che si basa sull’idea che gli

extra-rendimenti di questi due gruppi di azioni compensino dei fattori di rischio in esse presenti. Fama e French hanno aggiunto due fattori al portafoglio di mercato del

CAPM:

rit – rft = βi (rMt – rft) + bis SMBt + biv HMLt + εit (28)

dove SMBt sta per “small (capitalization) minus big” ed è il differenziale di rendimento tra un

portafoglio di società piccole e uno di società grandi, mentre HMLt sta per “high

(book-to-market ratio) minus low” ed è il differenziale di rendimento tra un portafoglio di value stocks

e uno di growth stocks. Mentre il coefficiente βi è il tradizionale beta del titolo i, i

coefficienti bis e biv rappresenta le esposizioni del titolo i ai due nuovi fattori di rischio ideati

(17)

CAPM: Il metodo a 3 fattori di Fama e French #2

Il modello a tre fattori di Fama e French riesce a spiegare oltre il 90% dei rendimenti di

portafogli ben diversificati, a paragone con il 70% che tipicamente si ottiene con il CAPM.

I segni dei coefficienti stimati nel lavoro di FF suggeriscono che le small caps e i value

stocks hanno maggiori rendimenti attesi rispetto a large caps e growth stocks,

presumibilmente a causa della loro maggior rischiosità.

Tuttavia i nuovi fattori introdotti da Fama e French sembrano variare da paese a paese: Griffin (2002) ha mostrato che, se ricalcolati per ciascun paese, i fattori di

Fama e French forniscono una miglior descrizione della variazione temporale dei rendimenti di quel paese di quanto facciano gli stessi fattori se calcolati a livello globale. Anche Fama e French (2012) hanno analizzato modelli con fattori locali e globali di rischio per quattro regioni (America settentrionale, Europa, Giappone e Asia) e concludono che i fattori locali funzionano meglio di quelli globali per

(18)

Fama and MacBeth (1973)

Theoretical Background

v In two-parameter portfolio model the capital market is assumed to be:

v Perfect: investors are price takers and no transaction and information costs (see Tobin 1958, Markowitz 1959, Fama 1965a,b);

v One period percentage returns on all assets and portfolio are assumed to be distributed as a normal;

v All investors are assumed to be risk averse, choosing among portfolios on the basis of maximum expected utility;

v All these assumpion imply the important “efficient set theorem”; in words, the optimal portfolio for any investor must be efficient, i.e. no other portfolio with the same or higher expected return has lower dispersion of returm;

(19)

Elements of Model #1

"

v In portfolio model: investors looks at individual assets only in terms of their contributions of the expected value and dispersion, or risk, of his portfolio return;

"

v The risk of portfolio p is measured by the standard deviation, σ(Rp), where Rp

represents its return;

v σij=cov(Ri,Rj) is the covariance between the return of assets i and j: σ(Rp)=∑ixip[cov(Ri,Rj)/σ(Rp)] for i=1,…,N

v where xip is the proportion of portfolio funds invested in asset i; its can be different for different portfolio;

(20)

Elements of Model #2

"

v Assuming that an individual investor chooses the portfolio m (efficient);

v What means that portfolio m is efficient? The weights xim , i=1, …,N, maximize expected portfolio return:

E(Rm)= ∑iximE(Ri) for i=1,…,N

"

s.t. σ(Rp)=σ(Rm) and ∑i xim=1 for i=1,…, N

v Using Lagrangian method, the efficiency condition or expected return risk relationship is:

E(Ri)-E(Rm)=Sm[∑jxjm σij/σ(Rm) - σ(Rm)] (1)

Sm = rate of change of σ(Rp) with respect to a change in σ(Rm) at the point on the efficient set corresponding to portfolio m;

(21)

Basic Assumptions of the Model

"

v Suppose that we posit a market of risk-averse investors;

v Each investor makes portfolio decision period by period according to the two- parameter model (see Fama 1970a or Fama and Miller 1972 chapter 8 for a multiperiod version of the two-parameter model);

v What are the two categories of implications of the two-parameter model?

1.  There are conditions on expected return implied by the fact that in this model investors hold efficient portfolios;

2.  There are conditions on the behaviour of return through time implied by the assumption of the model that capital market is perfect or frictionless – no transactions and information costs;

(22)

Expected Returns #1

"

v The implications (1) and (2) of the model for “expected return” derive from the efficiency condition (see equation 1)

v Re-writing equation (1), we obtain:

E(Ri)=[E(Rm) - Smσ(Rm)] + Smσ(Rm) βi (2)

where

•  βi=cov(Ri,Rm)/σ2(R

m) is risk of asset i in portfolio m, measured relative to σ(Rm),

the total risk of m; β=0 (security is riskless in m)

•  E(R0)=[E(Rm) - Smσ(Rm) is the expected return on a security whose return is

incorrelated with Rm;

(23)

Expected Returns #2

"

v Substituting Sm in equation (2), we obtain:

E(Ri)=E(R0) + [E(Rm) - E(R0)] βi (2’)

where

•  E(R0) is the expected return on a security that is riskless in the portfolio m;

•  [E(Rm) - E(R0) is the risk premium;

v  Testable implications of equation (2’):

1.  The relatioship between expected return on a security and its risk in an efficient portfolio m is linear;

2.  βi is a measure of the risk of security i in the efficient portfolio m;

(24)

Stochastic Model for Returns

v  Equation (2’) is in terms of expected returns;

v  Its implication (1-3) must be tested with data on period-by-period security and portfolio returns;

v  The stochastic generalization allows to use observed avarage returns to test the expected-return conditions (1-3)

Rit0t + γ1tβi + γ2tβ2

i +γ3tsi +ηit (3)

Rit is the one-period percentage return on security i from t-1 to t;

γ0t and γ1t vary stochastically from period to period;

β2 is included to test linearity;

η is the disturbance assumed to have zero mean and to be independent of all other

(25)

Testable Implications of Stochastic Model #1

v  Condition (1) - linearity

E(γ2t) = 0

but γ2t is also allowed to vary stochastically from period to period; v  Condition (2) – no systematic effects of non-β risk

E(γ3t) = 0

but γ3t can vary stochastically through time;

v  Condition (3) – positive expected return – risk tradeoff

E(γ1t) = E(Rmt) – E(R0t) > 0

v  Sharpe-Lintner (S-L)

E(γ0t) = Rft

Note: if all portfolio return distribution follow a symmetric distribution (i.e. normal), all

(26)

Testable Implications of Stochastic Model #2

Requirements of capital market efficiency

•  Market Efficiency (ME): the stochastic coefficients and distrurbance term are fair games

If γ2t and γ3t are fair games, then

E(γ2t)=E(γ3t)=0

(27)

Data and Method #1

The data:

•  All common stocks traded on the New York Stock Exchange;

•  Monthly percentage returns (including dividends and capital gains); •  Period: January 1926 trough June 1968;

•  Source: Center for Research in Security Prices of the University of Chicago;

Note: To reduce the loss of information in the risk-return tests caused by using portfolio

rather than individual securities, a wide range of values of portfolio β’

p is obtained by

forming porfolios on the basis of ranked values of β’

i for individual securities (see for

(28)

Data and Method #2

The two-parameter model presents an unavoidable “errors in the variables” problem

•  The efficiency condition or expected risk equation (see equation 2’) is in terms of “true

values” of the relative risk measure βi

•  In empirical tests estimates β’i must be used:

β’i=cov’(Ri,Rm)/σ’2(R m)

where cov’(Ri,Rm) and σ’2(R

m) are estimates of cov(Ri,Rm) and σ2(Rm);

•  cov(Ri,Rm) and σ2(R

m) are obtained from monthly returns, where the proxy of (Rm)

is “Fisher’s Arithmetic Index (equally weighted average of the returns on all stocks listed on the New York Stock Exchange in month t) – For more details on the property of this index see Fisher 1966);

(29)

Commenting the Evidence #1

v  Results are presented for 10 periods (1935-45, 1946-55 and 1956-1968);

v  Six subperiods reflect the desire to keep separate pre- and post- World War II periods;

v  Empirically: analog of equation (3), the results are presented following this cross sectional regression:

Rpt= γ’

0t + γ’1tβ’p,t-1 + γ’2tβ’2p,t-1 +γ’3ts’p,t-1(є’i) +η’pt (3) for p=1,…,20;

β’

p,t-1 is the average of the β’i for securities in portfolio p:

β’2

p,t-1 is the average of the squared values of these β’i for securities in portfolio p:

s’

(30)

Commenting the Evidence #2

v  On average there seems to be a positive tradeoff between return and risk;

v  Cannot reject the HP that on average the effects of “stochastic nonlinearities” from period to period are zero;

v  Cannot reject the HP that in making a portfolio decision, an investor should assume hat the relationship between a security’s portfolio risk and its expected return is linear;

v  Cannot reject the HP that no measure of risk, in addition to portfolio risk (β), systematically affects average returns;

v  Coefficients and residuals of the risk-return regressions are consistent with an efficient capital market (where the prices of securities fully reflect available information);

OVERALL: Cannot reject the HP that average returns on NYSE common stocks

(31)
(32)

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