Dipartimento di Ricerca Traslazionale delle Nuove Tecnologie in Medicina
e Chirurgia
Corso di laure Magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni
Sanitarie
Dir. Chiar.mo Prof. S. Marchetti
“IL PERCORSO DIAGNOSTICO-RIABILITATIVO DEI
DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO:
LA REALTÀ PISANA E IL PERCORSO 0-3”
Candidata: Relatore:
Dott.ssa Debora Di Stefano Prof. S. Marchetti
Correlatore:
Dott.ssa R.Tancredi
INDICE
Introduzione ... 1
CAPITOLO 1... 4
L'Autismo... 4 1.1 Cenni storici ... 4 1.2 Epidemiologia ... 6 1.3 Criteri Diagnostici ... 6 1.3.1 DSM 5 ... 7 1.3.2 Criteri Diagnostici DSM 5 ... 7 1.3.3 ICD 10 ... 10 1.3.4 Criteri Diagnostici ... 11CAPITOLO 2... 13
Quadro Clinico ... 132.1 Anomalie del comportamento sociale ... 13
2.2 Anomalie del comportamento comunicativo ... 14
2.3 Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi e stereotipati ... 15
2.4 Sintomi associati ... 15
2.5 Profilo intellettivo: basso e alto funzionamento ... 16
CAPITOLO 3... 18
I Nuovi LEA ... 18
3.1 Diagnosi Precoce di ASD e indici di rischio ... 26
3.2 Progetto ASDEU: Autism Spectrum Disorders in the European Union ... 34
3.3 La realtà italiana: Screening e diagnosi di autismo ... 36
3.3.1 Bilanci di Salute: il ruolo del Pediatra ... 40
3.3.2 M-Chat (Modified Checklist for Autism in Toddlers) ... 42
3.3.3 Neuropsichiatria Infantile: conferma del sospetto diagnostico ... 44
CAPITOLO 4... 47
La realtà Pisana: il Progetto 0-3 UFSMIA Zona Pisana e Zona Valdera e Alta Val di Cecina Asl Nordovest e IRCCS Fondazione Stella Maris (U.O.3 e IRC) . 47 4.1 Bilanci di Salute e invio alla struttura UFSMIA territoriale: accertamenti diagnostici ... 53
4.2 UFSMIA e U.O.3 Psichiatria dello Sviluppo IRCCS Fondazione Stella Maris: accertamenti diagnostici specialistici... 55
4.2.1 Valutazione Neuropsichiatrica... 59
4.2.2 Valutazione Psicodiagnostica ... 60
4.2.3 Valutazione Psicopedagogica ... 61
4.2.4 Valutazione Logopedica ... 62
4.3 Dalla diagnosi al trattamento: IRC Stella Maris ... 63
CAPITOLO 5... 65
Il Percorso diagnostico-riabilitativo 0-3: tempistica e modalità operativa nel triennio 2015-2017
... 65
5.1 Descrizione del Campione ... 66
5.2 Analisi dei dati e risultati ... 71
5.3 Discussioni ... 85
5.3 Conclusioni e Ipotesi Migliorative ... 88
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Introduzione
Questo lavoro di tesi si pone come obiettivo quello di descrive l’organizzazione della realtà Pisana in merito alla diagnosi e al trattamento precoce dei Disturbi dello Spettro Autistico in bambini di età inferiore/uguale ai 36 mesi.
Dal punto di vista clinico l’autismo è considerato come uno ‘spettro’ di condizioni, anche molto diverse tra di loro, che disturbano lo sviluppo delle abilità sociali, cognitive, emotive, della comunicazione, sia gestuale che verbale, della comprensione interpersonale e delle azioni collaborative. L’autismo è di solito caratterizzato dal rimanere assorbiti in sé stessi, dalla ripetizione di azioni motorie e da interessi ristretti. L’individuazione precoce di questi disturbi permette al bambino un migliore recupero funzionale grazie ad un intervento intensivo, precoce, individualizzato, continuativo e con l’attivo coinvolgimento della famiglia; in questo modo il trattamento fornisce al paziente strumenti e strategie utili per un migliore adattamento all’ambiente. Numerosi studi hanno ormai dimostrato l'importanza, per una prognosi più favorevole, di una presa in carico e di un trattamento precoce e intensivo dei bambini affetti da autismo (Corsello 2005, Landa 2007), soprattutto in età prescolare, quando non si è ancora raggiunta una completa maturazione delle strutture del sistema nervoso centrale, e le esperienze significative possono quindi influenzare maggiormente queste ultime (Lord et al., 2001; Rogers, 2000; Solomon, 2007).
Cominceremo esponendo nel primo capitolo l’evoluzione storica dello studio di questi disturbi, le caratteristiche epidemiologiche ed infine le caratteristiche cliniche ed i criteri diagnostici di questa patologia.
Nel secondo capitolo focalizzeremo l’attenzione sul quadro clinico del disturbo, descrivendo le aree deficitarie e le problematiche associate, con una finale attenzione sulla correlazione tra quoziente intellettivo e fenotipo autistico.
Il terzo capitolo introduce i presupposti sui quali si basa questo lavoro di tesi ovvero l’approvazione nel 2017 dei nuovi LEA e l’introduzione dei Disturbi dello Spettro Autistico (ASD) tra questi; ciò determina un impegno, anche economico, da parte dello Stato nella creazione e miglioramento dei servizi territoriali regionali per la diagnosi e il trattamento di ASD. Ne segue una breve descrizione dell’importanza della diagnosi
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precoce e della formazione di personale sempre più specializzato nel riconoscimento degli indici di rischio per ASD.
Il capitolo continua con un focus sugli attuali progetti europei in materia di autismo, il progetto ASDEU infatti si propone di creare un network europeo di centri specialistici con l’obiettivo di uniformare le pratiche diagnostiche/riabilitative sulla base delle attuali evidenze scientifiche, e di fornire aggiornati dati epidemiologici sulla patologia autistica. Il focus si sposta successivamente sulla realtà italiana, sull’organizzazione attuale e sui progetti in corso per lo sviluppo di servizi di assistenza uniformi su tutto il territorio. Particolare rilievo ha il ruolo dei pediatri di libera scelta, quest’ultimi, attraverso le visite periodiche dei bilanci di salute, si fanno promotori dell’importanza della prevenzione e dello screening precoce delle patologie neuropsichiatriche. La partecipazione attiva dei pediatri permette la creazione di un network con i neuropsichiatri infantili che riduce i tempi diagnostici e permette l’ingresso a programmi riabilitativi sempre più precoci ed intensivi.
Continueremo col quarto capitolo in cui entreremo nello specifico della realtà Pisana descrivendo il percorso per la diagnosi e il trattamento di ASD del bambino di età inferiore/uguale ai 36 mesi. Parleremo della collaborazione tra: la struttura Azienda USL Toscana Nord Ovest, per quel che riguarda il territorio afferente alla ex Asl 5, e i suoi servizi di Neuropsichiatria Infantile (UFSMIA) con referente il dott. F. Barbieri per la Zona Pisana e la dott.ssa E. Romolini per la Zona Valdera e Alta Val di Cecina; la struttura specialistica di III livello IRCSS Fondazione Stella Maris e nello specifico l’Unità Operativa 3 di Psichiatria Infantile, primario il Prof. F. Muratori, con referente per i disturbi pervasivi dello sviluppo la dott.ssa R. Tancredi e l’Istituto Riabilitativo Calambrone IRC Stella Maris per il trattamento riabilitativo con referente la dott.ssa P. Masoni.
Nel quinto ed ultimo capitolo studieremo il campione di pazienti che nel triennio che va dal 01 Gennaio 2015 al 31 Agosto 2017 accedono al percorso autismo fascia 0-3. Analizzeremo quantitativamente e qualitativamente il percorso dal primo contatto con il medico neuropsichiatra infantile, all’ingresso presso la struttura IRC Stella Maris per il trattamento precoce. Le variabili prese in considerazione riguardano il numero di pazienti coinvolti, la diagnosi finale, la presenza o meno di una positività allo screening con M-Chat, i tempi di attesa e l’età media di accesso al centro di alta specializzazione per gli accertamenti diagnostici e al trattamento riabilitativo, la struttura organizzativa e le
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modalità di comunicazione interna; proponendo infine ipotesi migliorative al percorso precedentemente analizzato.
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CAPITOLO 1
L'Autismo
1.1 Cenni storici
Nella storia della “scienza ufficiale” l'autismo esiste dal 1943. In quell'anno lo psichiatra austriaco Leo Kanner descrisse per la prima volta una sindrome fino allora sconosciuta al mondo scientifico: i bambini che ne erano colpiti venivano descritti come affetti da un “disturbo autistico del contatto affettivo”. Si tratta di bambini caratterizzati da assenza di reciprocità sociale, compromissione delle capacità comunicative, comportamenti ripetitivi e stereotipati. Kanner riprende il termine “autismo” da Eugen Bleuler, psichiatra svizzero, che lo aveva utilizzato per la prima volta nel 1911 per descrivere una particolare caratteristica dei pazienti schizofrenici, ovvero la loro tendenza ad essere indifferenti a ciò che succede attorno a loro e la completa immersione nel loro universo inaccessibile: è la stessa inaccessibilità a cui si riferisce Kanner parlando dei suoi bambini.
Nello stesso anno della pubblicazione di Kanner, Hans Asperger a Vienna descrisse una serie di pazienti che mostravano le stesse caratteristiche di quelli descritti da Kanner e li definendoli come “affetti da psicopatia autistica”. Asperger si interrogò sull' eziologia del disturbo concludendo che potesse trattarsi di un disturbo genetico che non va incontro a deterioramento. Egli inoltre introdusse per la prima volta una serie di proposte terapeutiche di “pedagogia curativa”.
Nel mondo scientifico, dopo la pubblicazione di Kanner, si sviluppò l'idea che l'autismo fosse una forma estrema di difesa del bambino all'assenza d'affetto da parte dei genitori, in particolare la madre, descritta tipicamente come “madre frigorifero”. I genitori la causa vengono descritti come la causa della chiusura dei loro figli in un “guscio” come affermò francamente Bruno Bettelheim ne “la fortezza vuota”, dove teorizzò come unica salvezza la separazione dalle proprie famiglie come unica salvezza per i bambini con autismo. Questo fu il periodo in cui i bambini con autismo, separati dai genitori, furono sottoposti a trattamenti carenti di fondamento scientifico spesso all'interno di ospedali psichiatrici. Nel 1967 viene pubblicato il primo studio sulle ipotesi del funzionamento mentale dei bambini con autismo basato sulle regole dell'approccio scientifico. A partire dagli anni
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'70, l'autismo sarà al centro di moltissime ricerche scientifiche che porteranno a descriverlo un disturbo neuroevolutivo, le cui basi sono biologiche.
I Disturbi dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorder –ASD) appartengono alla categoria dei disturbi del Neurosviluppo e sono caratterizzati da una principale diade sintomatologica che include: compromissioni nell’interazione sociale e nella comunicazione verbale e non verbale, e presenza di un repertorio di comportamenti, interessi o attività stereotipati e ripetitivi (American Psychiatric Association, 2013). Oltre a queste caratteristiche cliniche principali, vi sono anche altri aspetti che sono riconosciuti come peculiari dei Disturbi dello Spettro Autistico ossia: l’esordio nei primi anni di vita, il ritardo nello sviluppo di varie funzioni psicologiche e l’eziologia multifattoriale. Quest’ultima implica un’interazione tra fattori di rischio genetico e fattori ambientali scatenanti che, insieme, determinano lo svilupparsi del disturbo (Valeri e Vicari, 2012). Si tratta di disturbi che alterano in modo invasivo l’intero sviluppo psicologico del bambino, compromettendo in modo più o meno globale l’area comunicativa, linguistica e comportamentale (Strepparava e Iacchia, 2012).
Si presentano indistintamente in tutte le classi sociali, nazionalità e etnie, presentano un andamento per lo più cronico, e ciò significa che generalmente sono disturbi che tendono ad accompagnare l’intero arco di vita di chi ne risulta affetto, causando, soprattutto nei casi più gravi, una persistente disabilità (Vicari, Valeri e Fava, 2012).
Esistono inoltre quadri atipici di autismo con un interessamento più disomogeneo delle aree caratteristicamente coinvolte o con sintomi comportamentali meno gravi o variabili, a volte accompagnati da uno sviluppo intellettivo normale.
Le caratteristiche di disomogeneità fenomenica suggeriscono la presenza all'interno della grande “famiglia” di disturbi con caratteristiche simili, di quadri “tipici” dove tutte le caratteristiche proprie del disturbo sono presenti con diversa gravità di espressione clinica; e quadri “atipici”, in cui alcune caratteristiche sono più sfumate o addirittura assenti, sempre con gravità fenomenica variabile. L’eterogeneità e la variabilità fenotipica con la quale si manifesta nella clinica il disturbo autistico, dipende anche da fattori quali le abilità linguistiche e il grado di funzionamento cognitivo del soggetto (Valeri e Vicari 2012).
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1.2 Epidemiologia
Dopo la sua identificazione, l’autismo è stato a lungo considerato un disturbo raro (2 – 4 su 10000 bambini). Molti studi internazionali hanno messo in evidenza un aumento della prevalenza dei ASD (Nassar, Dixon, Bourke, et al., 2009) che, negli Stati Uniti, ha raggiunto gli 11 casi per mille bambini in età scolare con un rapporto maschi/femmine di 4:1.( Yeargin-Allsopp, Rice, Karapurkar, Doernberg, Boyle, Murphy, 2003) (Kogan, Blumberg, Schieve, et al., 2009) Anche le recenti statistiche sull’incidenza dell’autismo pubblicate dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC) confermano la gravità del problema, riportando che negli Stati Uniti 1 bambino su 68 (1 maschio su 42 e 1 bambina su 189) è affetto da un disturbo dello spettro autistico, valore aumentato di circa il 30% rispetto al 2012 in cui si parlava di 1 bambino su 88. Per l’Italia non esistono studi epidemiologici approfonditi ma i dati più recenti dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS, 2011) indicano una prevalenza di circa 10-13 casi su 10000 per le forme classiche di autismo e di 40-50 casi su 10000 se si considera in generale la categoria dei ASD (Strepparava e Iacchia, 2012). Secondo quanto rilevato dai dati estratti dai sistemi informativi delle regioni Piemonte e Emilia Romagna, la presa in carico da parte dei Servizi di neuropsichiatria infantile di bambini con diagnosi di autismo, è di 2,5 casi per mille bambini (Linee Guida, SINPIA, 2011). Tuttavia non vi sono dati epidemiologici certi, è attualmente in corso uno studio Europeo sulla prevalenza dell’autismo (ASDEU), che prevede l’area della provincia di Pisa come area target per l’Italia. L’evidenza di diversi studi suggerisce che questa crescita di incidenza e prevalenza, che ha portato a parlare di epidemia, è dovuta a maggior potenzialità diagnostiche, all’allargamento della definizione del disturbo dello spettro autistico, dal fatto che un maggior numero di casi è stato esaminato, dalla diminuzione dell’età alla diagnosi, che sono
tutte conseguenze di una maggiore sensibilità e consapevolezza del disturbo (Fombonne et al., 2011) (Wing, Potter, 2002) (Wazana, 2007) (Baird, Cass, Slonims, 2003) (Prior, 2003). Se ci sia anche un reale aumento del numero dei casi è tuttora discusso.
1.3 Criteri Diagnostici
La diagnosi di autismo deve essere formulata da un clinico esperto (uno psicologo, uno psichiatra o un neuropsichiatra infantile) che utilizzi i criteri sui quali è stato raggiunto un accordo internazionale, ossia i criteri che sono inseriti nel Manuale Diagnostico e
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Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), prodotto dall’American Psichiatry Association (APA), e nella Classificazione Internazionale delle Malattie e dei Problemi Correlati (ICD), stilato invece dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Surian, 2005). In queste due classificazioni i Disturbi vengono definiti in base a quadri sintomatologici, e questi ultimi raggruppati sulla base di statistiche comparabili. Lo scopo della formulazione di questi due manuali è stato creare un linguaggio che fosse comune tra le varie discipline e nelle diverse parti del mondo. L’adozione, infatti, di criteri internazionali, garantisce una migliore comunicazione tra scienziati e clinici e permette di riferirsi in modo pertinente ai risultati raggiunti negli studi sperimentali ed epidemiologici.
1.3.1 DSM 5
Nell'ultima revisione del DSM, appunto il DSM V, i precedenti Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DSM IV), vengono raggruppati in un'unica categoria: Disturbi dello Spettro Autistico, con specifiers (gravità, linguaggio, intelligenza) e caratteristiche associate (malattie genetiche note, epilessia, ritardo mentale, etc.).
La classificazione precedente del DSM-IV (1994) comprendeva nella definizione di “disturbi pervasivi dello sviluppo” cinque sottotipi diversi: il disturbo autistico; il disturbo di Asperger; il disturbo disintegrativo della fanciullezza; il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato e la sindrome di Rett, quest'ultimo è stato escluso dal DSM V perché incluso nei disturbi neurologici.
1.3.2 Criteri Diagnostici DSM 5
La diagnosi di disturbo dello spettro autistico deve soddisfare i criteri A, B, C, D
A) Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale in diversi contesti, non spiegabile attraverso un ritardo generalizzato dello sviluppo, e manifestato da tutti e 3 i seguenti punti, presenti attualmente o nel passato:
1. Deficit nella reciprocità socio-emotiva: un approccio sociale anormale e fallimento nella normale reciprocità della conversazione (in avanti ed indietro) e/o un ridotto interesse nella condivisione degli interessi, emozioni, affetto e risposta e/o una mancanza di iniziativa nell’interazione sociale.
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2. Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l’interazione sociale: che vanno da una povera integrazione della comunicazione verbale e non verbale, attraverso anomalie nel contatto visivo e nel linguaggio del corpo, o deficit nella comprensione e nell’uso della comunicazione non verbale, fino alla totale mancanza di espressività facciale e gestualità.
3. Deficit dello sviluppo, della gestione e della comprensione delle relazioni, appropriate al livello di sviluppo (non comprese quelle con i genitori e caregiver): difficoltà nel regolare il comportamento rispetto ai diversi contesti sociali e/o difficoltà nella condivisione del gioco immaginativo e nel fare amicizie e/o apparente mancanza di interesse nelle persone.
B) Pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi come manifestato da almeno due dei seguenti punti, presenti attualmente o nel passato:
1. Linguaggio e/o movimenti motori e/o uso di oggetti, stereotipato e/o ripetitivo: semplici stereotipie motorie, ecolalia, uso ripetitivo di oggetti, frasi idiosincratiche. 2. Eccessiva aderenza alla routine priva di flessibilità, comportamenti verbali o non verbali rituali e/o eccessiva resistenza ai cambiamenti: rituali motori, insistenza nel fare la stessa strada o mangiare lo stesso cibo, domande o discussioni incessanti o estremo stress a seguito di piccoli cambiamenti.
3. Fissazione in interessi altamente ristretti con intensità o attenzione anomale: forte attaccamento o preoccupazione per oggetti inusuali, interessi eccessivamente perseveranti o circoscritti.
4. Iper-reattività e/o Ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi inusuali rispetto a certi aspetti sensoriali dell’ambiente: apparente indifferenza al dolore/temperatura, risposta avversa a suoni o consistenze tattili specifici, eccessivo annusare o toccare gli oggetti, fascinazione verso luci o oggetti roteanti.
C) I sintomi devono essere presenti nel periodo precoce dello sviluppo (ma possono non manifestarsi pienamente prima che le esigenze sociali eccedano le capacità limitate, o possono essere mascherati da strategie apprese in età successiva).
D) I sintomi causano compromissione clinicamente significativa del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
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E) Queste alterazioni non sono meglio spiegate da disabilità intellettiva o da ritardo globale dello sviluppo. La disabilità intellettiva e il disturbo dello spettro autistico spesso sono presenti in concomitanza; per porre diagnosi di comorbilità di disturbo dello spettro autistico e di disabilità intellettiva, il livello di comunicazione sociale deve essere inferiore rispetto a quanto atteso per il livello di sviluppo generale.
I tre livelli di gravità:
Livello 3: Richiede supporto molto sostanziale
Comunicazione sociale: i gravi deficit nella comunicazione sociale, verbale e non verbale, causano una grave difficoltà nel funzionamento; iniziativa molto limitata nell’interazione sociale e minima risposta all’iniziativa altrui.
Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: preoccupazioni, rituali fissi e/o comportamenti ripetitivi che interferiscono marcatamente con il funzionamento in tutte le sfere. Stress marcato quando i rituali o le routine sono interrotti; è molto difficile distogliere il soggetto dal suo focus di interesse, e se ciò avviene egli ritorna rapidamente ad esso.
Livello 2: Richiede supporto sostanziale
Comunicazione sociale: Deficit marcati nella comunicazione sociale, verbale e non verbale, l’impedimento sociale appare evidente anche quando è presente supporto; iniziativa limitata nell’interazione sociale e ridotta o anormale risposta all’iniziativa degli altri.
Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: preoccupazioni, rituali fissi e/o comportamenti ripetitivi appaiono abbastanza di frequente da essere evidenti per l’osservatore casuale e interferiscono con il funzionamento in diversi contesti. Stress o frustrazione appaiono quando sono interrotti ed è difficile ridirigere l’attenzione. Livello 1: Richiede supporto
Comunicazione sociale: senza supporto i deficit nella comunicazione sociale causano impedimenti che possono essere notati. Il soggetto ha difficoltà a iniziare le interazioni sociali e mostra chiari esempi di atipicità o insuccesso nella risposta alle iniziative altrui. Può sembrare che abbia un ridotto interesse nell’interazione sociale.
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Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: rituali e comportamenti ripetitivi causano un’interferenza significativa in uno o più contesti. Resiste ai tentativi da parte degli altri di interromperli.
L’unificazione dei diversi disturbi pervasivi dello sviluppo in un’unica categoria è la conseguenza di studi scientifici che hanno dimostrato come la distinzione in sottotipi diagnostici non sia coerente nel tempo e come le differenze nelle abilità sociali e cognitive dei sottogruppi si caratterizzino meglio in termini di un continuum. Inoltre è stato rilevato che la diagnosi dei diversi sottotipi di disturbi pervasivi dello sviluppo è molto variabile tra i diversi centri diagnostici ed è più spesso associata a severità, livello linguistico o QI, piuttosto che alle caratteristiche specifiche dei diversi disturbi (Aggio, 2012).
Con il DSM-5 le categorie di sintomi vengono ridotte a due:
Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale (che comprende sia le difficoltà sociali che quelle di comunicazione);
Comportamenti e/o interessi e/o attività ristrette e ripetitive.
La diagnosi di “disturbo dello spettro autistico” richiede la presenza di almeno tre sintomi nella categoria dei “deficit della comunicazione sociale” e di almeno due in quella dei “comportamenti ripetitivi” (Muggeo, 2012).
1.3.3 ICD 10
L'International Classification of Disease è una classificazione internazionale di tutte le malattie, curata dall' O.M.S., che contiene una sezione, la quinta, dedicata ai disturbi psichiatrici.
Le psicosi infantili vengono classificate nella categoria delle sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico, una categoria caratterizzata da anomalie dell'interazione sociale, nella comunicazione, e dalla scarsezza di attività e interessi. I disturbi che ne fanno parte si manifestano normalmente entro i primi 5 anni di vita. Alterazioni cognitive sono spesso presenti, anche se non nella totalità dei casi.
Di questo gruppo fanno parte: • Autismo Infantile
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• Sindrome di Rett
• Sindrome disintegrativa dell'infanzia di altro tipo
• Sindrome iperattiva associata a ritardo mentale e movimenti stereotipati • Sindrome di Asperger
• Altre sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico
• Sindrome non specificata d’alterazione globale dello sviluppo psicologico
1.3.4 Criteri Diagnostici
A) Un'anomalia o una compromissione dello sviluppo si manifesta prima dei tre anni in almeno una delle seguenti aree:
1. Comprensione o espressione del linguaggio usato nella comunicazione sociale 2. Attaccamenti sociali selettivi o interazione sociale
3. Gioco funzionale o simbolico
B) È presente almeno un totale di almeno sei sintomi descritti in 1, 2, 3 con almeno due sintomi da 1 e almeno un sintomo sia da 2 che da 3:
1. Compromissione qualitativa dell'interazione sociale, evidente in almeno due dei seguenti aspetti:
a) incapacità di utilizzare adeguatamente lo sguardo faccia a faccia, l'espressione facciale, la postura e la gestualità per regolare l'interazione sociale;
b) incapacità di sviluppare (in modo appropriato all'età mentale e nonostante ampie opportunità) rapporti con i coetanei che implicano una condivisione degli interessi, attività ed emozioni;
c) mancanza di reciprocità socio-emozionale, come dimostrato dalla mancanza o dall'anormalità della risposta alle emozioni delle altre persone, dall'assenza di modulazione del comportamento in accordo al contesto sociale, oppure dall'integrazione difettosa dei comportamenti sociali, emotivi e comunicativi;
d) mancanza della ricerca spontanea di condivisione di divertimenti, interessi o acquisizioni con altre persone (ad esempio manca la tendenza a mostrare ad altre persone oggetti di interesse per il soggetto).
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2. Compromissione qualitativa della comunicazione evidente in almeno uno dei seguenti aspetti:
a) ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio verbale, che non è accompagnato da un tentativo di compensazione attraverso l'uso dei gesti o della mimica come modalità di comunicazione alternativa (spesso preceduto da una mancanza di lallazione comunicativa);
b) relativa incapacità di iniziare o sostenere una conversazione (a qualsiasi livello di abilità linguistica) in cui vi sia una risposta reciproca alle comunicazioni dell'altra persona;
c) uso ripetitivo e stereotipato del linguaggio o uso idiosincratico di parole o frasi; d) assenza di gioco inventivo o (nei primi anni di vita) imitativo.
3. Modelli di comportamento, interessi a attività limitati, ripetitivi e stereotipati, evidenti in almeno uno dei seguenti aspetti:
a) preoccupazione pervasiva per uno o più interessi stereotipati e limitati che sono anormali nel contenuto o nell'obiettivo, o presenza di uno o più interessi che sono anomali per l'intensità e la natura circoscritta, ma non per contenuto o obiettivi;
b) adesione apparentemente compulsiva a pratiche o rituali specifici e disfunzionali; c) manierismi motori stereotipati e ripetitivi che implicano il battere o il torcere le mani o le dita, o movimenti complessi di tutto il corpo;
d) preoccupazioni per parti di oggetti o per elementi non funzionali dei materiali di gioco (quali l'odore, la sensazione che danno al tatto, il rumore o le vibrazioni che producono).
C) Il quadro clinico non è attribuibile ad altri tipi di sindrome da alterazione globale dello sviluppo psicologico: disturbo evolutivo specifico della comprensione del linguaggio con problemi socio-emozionali secondari; ritardo mentale con disturbo emozionale e comportamentale associato; schizofrenia con esordio insolitamente precoce; sindrome di Rett.
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CAPITOLO 2
Quadro Clinico
Negli ultimi decenni risulta notevolmente aumentata la capacità di comprendere i peculiari aspetti sociali, comunicativi e comportamentali dei soggetti con ASD. I criteri DSM-V pongono enfasi sulla concezione attuale per la quale il Disturbo dello Spettro Autistico clinicamente ruoti intorno a 2 nuclei patologici principali ossia: la compromissione qualitativa nell’interazione sociale reciproca (non si parla di assenza di comportamenti sociali) con deficit nella comunicazione verbale e non verbale e presenza di pattern di interessi ristretti e comportamenti stereotipati. Per ciascuna di queste aree possiamo ritrovare una ampia varietà di sintomi ma tutti devono manifestarsi nell’ infanzia e compromettere il funzionamento quotidiano del soggetto.
Le manifestazioni del disturbo variano molto in base al livello di gravità della condizione autistica, al livello di sviluppo e all’età cronologica. Ed è da ciò che deriva il termine Spettro (American Psichiatry Association, 2013).
2.1 Anomalie del comportamento sociale
L'interazione sociale si riferisce alla caratteristica propria del genere umano di condividere con l'altro – e più in generale con i membri della comunità – emozioni, interessi, attività e stili di comportamento propri del gruppo di appartenenza. Tale caratteristica, che assume la connotazione di un bisogno primario, si esprime con una serie di comportamenti “osservabili”, che, tuttavia, variano nel corso dello sviluppo. (linee guida SINPIA per l'Autismo 2005).
Fin dalla prima infanzia i bambini con autismo sembrano rispondere meno agli stimoli sociali. In loro manca quell'orientamento sociale innato e automatico per il quale i volti umani, e in particolare gli occhi, costituiscono un target privilegiato su cui orientare lo sguardo, la voce umana è preferita ad altri suoni e il contatto fisico con un altro essere umano è preferito a quello con un oggetto. La compromissione di questo orientamento preferenziale verso gli stimoli sociali sembra avere delle ricadute importanti per il successivo sviluppo e apprendimento di abilità sociali e adattive. Un secondo comportamento sociale gravemente compromesso e ripetutamente documentato nei bambini con autismo è l'abilità di attenzione condivisa. Quest'ultima inizia a emergere nei bambini con sviluppo tipico intorno ai 3 mesi di vita e consiste nella condivisione di un
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oggetto o di un evento con un'altra persona. Molti bambini con autismo inoltre falliscono nel riconoscere, comprendere e rispondere adeguatamente alle espressioni emotive degli altri e, in generale sembrano avere un deficit nel riconoscimento ed elaborazione dei volti umani (Dawson, Webb, Wisjsman et al., 2005).
L’imitazione, un’altra abilità precoce di cruciale importanza per l’apprendimento e sviluppo sociale e cognitivo, appare compromessa nei bambini con autismo (Rogers, Hepburn, Stackhouse, & Wehner, 2003; Vivanti, Nadig, Ozonoff, & Rogers, 2008; Vivanti, 2007); queste difficoltà si presentano fin da quando sono molto piccoli (Vivanti, Philofsky, Hepburn & Rogers, 2009) e permangono fino all’età adulta (Rogers & Williams, 2006).
2.2 Anomalie del comportamento comunicativo
Circa il 70% dei bambini autistici presenza un ritardo nello sviluppo del linguaggio, deficit che maggiormente rappresenta per i genitori un campanello da allarme. Molti bambini con autismo (20-50%) non acquisiscono alcun tipo di linguaggio verbale, alcuni acquisiscono alcune parole tra i 12 e i 18 mesi e poi vanno incontro ad una regressione associata alla perdita del linguaggio verbale e delle abilità sociali. La perdita del linguaggio verbale già acquisito si osserva unicamente nell'autismo (Lord, Shulman, DiLavore, 2004). I bambini che non parlano tendono a non compensare l'assenza di linguaggio con altri mezzi di comunicazione, raramente usano gesti come annuire; spesso, inoltre, non indicano per richiedere oggetti e condividere l'interesse (Camaioni, Perucchini, Muratori, Parrini, & Cesari, 2003; Joseph, Steele, Meyer, & Tager-Flusberg, 2005). I bambini con autismo hanno spesso difficoltà a integrare diversi comportamenti come indicare un oggetto, vocalizzare e guardare l'interlocutore, per esprimere un messaggio comunicativo.
Caratteristiche cliniche ben documentate nel linguaggio delle persone con autismo sono l'inversione pronominale, forme di linguaggio idiosincratico, difficoltà nell'iniziare o sostenere una conversazione, insensibilità alle risposte dell'interlocutore, ecolalia (ripetizione letterale, sia immediata che differita di farsi “perse in prestito” da qualcun altro, e utilizzate spesso in senso non funzionale), gergolalie, stereotipie verbali, anomalie nell'intonazione, problemi nello sviluppo delle competenze semantiche e pragmatiche. D'altro canto, le abilità sintattiche e l'ampiezza del vocabolario, possono essere bene
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sviluppate. In generale il linguaggio delle persone con autismo si presenta come scarsamente creativo, comunicativo e informativo. Infine, il linguaggio delle persone con autismo contiene raramente parole riferite a stati mentali (Target-Flusberg, 1994).
2.3 Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi e stereotipati
I bambini con autismo presentano spesso stereotipie. Queste ultime sono definite come movimenti ripetitivi afinalistici, spesso con caratteri bizzarri, con ricorrenza di alcuni pattern tipici, come lo sfarfallio delle mani, l’andamento sulla punta dei piedi, ecc. Hanno una possibile funzione di autostimolazione e rappresentano un problema di rilievo, poiché interferiscono con lo svolgimento delle attività finalizzate. Nei bambini autistici possono anche essere presenti comportamenti autoaggressivi, quali il picchiarsi, il mordersi, il provocarsi ferite o lesioni. Possono essere originati spesso da frustrazioni o difficoltà di comunicazione. Sono frequenti, inoltre, interessi spiccati per tematiche settoriali e bizzarre, che diventano motivo di attenzioni inusuali e di ripetizioni insistenti che ostacolano ulteriormente l'interazione sociale e la condivisione con i coetanei. Può essere anche presente la tendenza a mantenere rigidamente alcune abitudini di vita che divengono rituali attuati con modalità ripetitive strutturate, con marcata resistenza al cambiamento, che può scaturire in crisi d'ansia e di collera intensa. Questo bisogno di immutabilità si verifica anche nell'attività ludica. L'uso degli oggetti infatti, spesso è funzionalmente inappropriato, con un caratteristico interesse sproporzionato per parti di essi da cui non derivano attività specifiche di uso e di gioco. Con il passaggio all'età scolare può verificarsi un parziale miglioramento di quest'ultimo, con presenza di attività meccaniche e ripetitive, comunque caratterizzate da scarsa flessibilità e fantasia. Il gioco di finzione può essere raggiunto da alcuni bambini autistici. Tuttavia, questa attività sarà sempre atipica, in quanto ipostrutturata rispetto alla normalità, limitata solo ad alcune azioni, riprodotte peraltro in maniera “meccanica” e ripetitiva, e priva di un reale piacere di condivisione con l'altro (Rogers et al., 2003).
2.4 Sintomi associati
Nei bambini con autismo si possono presentare, soprattutto nelle prime fasi dello sviluppo, momenti di iperattività caratterizzati da labilità attentiva e comportamenti
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ipercinetici (non riescono a stare fermi per tempi prolungati, vanno avanti e indietro), alternati con momenti di ipoattività in cui il bambino appare letargico e completamente passivo di fronte ad ogni tentativo di coinvolgimento.
Un altro aspetto che sembra caratterizzare questi bambini è un'insolita risposta agli stimoli sensoriali che varia da soggetto a soggetto, che riguardano soprattutto la sfera uditiva, tattile, la percezione olfattiva, la percezione del caldo e del freddo e quella del dolore. Questi problemi sensoriali non sono la conseguenza di deficit nell'apparato visivo, uditivo o sensoriale: i bambini con autismo solitamente risultano normali nei test di acuità visiva o uditiva (Klin, 1993). Possiamo identificare due risposte comportamentali di base agli stimoli sensoriali: comportamenti finalizzati a evitare o limitare l'input sensoriale, e comportamenti finalizzati a cercare o aumentare l'input sensoriale. Comportamenti comunemente osservati nell'autismo che sono probabilmente legati a peculiarità nelle risposte sensoriali sono il girare su sé stessi, dondolarsi e il camminare in punta di piedi. In questi casi i bambini fanno in modo di creare una stimolazione propriocettiva e stimolare il sistema vestibolare, che potrebbero avere una soglia di attivazione più alta del normale. Anche bambini con un livello cognitivo alto e un buon uso del linguaggio verbale, possono avere la tendenza a passare delle ore completamente assorbiti in svariati comportamenti ripetitivi che hanno la funzione di stimolazione sensoriale.
Sono stati osservati in soggetti con autismo disturbi anche nella sfera alimentare e disturbi del sonno (Volkmar e Klin, 2000).
Nei soggetti con autismo vi è la compresenza di epilessia in circa il 30-40% dei casi. In un terzo dei casi insorge nei primi anni di vita, senza assumere caratteristiche particolari (Cohen et al., 2004). Nella maggioranza dei casi, le crisi insorgono in epoca adolescenziale e assumono le caratteristiche delle crisi parziali complesse e tonico-cloniche generalizzate.
2.5 Profilo intellettivo: basso e alto funzionamento
In linea con l’approccio dimensionale introdotto nel DSM-5, i bambini con autismo, sono caratterizzati da una estrema eterogeneità anche per quanto riguarda il profilo intellettivo. Le abilità intellettive si collocano infatti anch’esse su un continuum in cui, da un lato, si collocano bambini con disabilità che va da un grado lieve a uno molto grave. Nel mezzo si collocano i bambini con quoziente intellettivo nella norma e all’estremo opposto una
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più piccola minoranza presenta un livello cognitivo sopra la norma (Vivanti,2010). In ambito clinico una distinzione che è largamente usata è quella tra soggetti low functioning (a basso funzionamento) e soggetti high functioning (a alto funzionamento). Generalmente viene definito a “basso funzionamento” un soggetto con un ritardo da medio a severo e con scarsa o assente produzione verbale. Questi soggetti presentano un quoziente intellettivo di performance (QIP) superiore al quoziente intellettivo verbale (QIV).In circa tre quarti dei casi di autismo è presente un significativo ritardo mentale. In particolare, in caso di ritardo mentale grave, possono insorgere problematiche nella diagnosi. Risulta infatti difficile stabilire se alcuni comportamenti atipici siano riferibili alla coesistenza di un disturbo dello spettro autistico e non piuttosto al basso livello intellettivo, mentre, nelle situazioni in cui la sintomatologia autistica è particolarmente accentuata, è problematico decidere se le ridotte prestazioni intellettive, siano dovute alla coesistenza di un ritardo mentale, o al completo disinvestimento emotivo dell'altro e dell'oggetto. Viene invece definito a “alto funzionamento” un soggetto con intelligenza nella norma o superiore alla norma e con un linguaggio fluente. Questi soggetti presentano invece un QIV tendenzialmente superiore al QIP (Vivanti,2010). In una minoranza di soggetti con autismo si possono osservare “isole di intelligenza”: questi sono soggetti che presentano preservate se non addirittura superiori abilità in determinati ambiti come il disegno, la musica o anche il calcolo (Happe & Frith, 2009).
In conclusione possiamo affermare che un QI elevato è sicuramente correlato con una prognosi migliore.
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CAPITOLO 3
I Nuovi LEA
I Livelli essenziali di assistenza (LEA) sono le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse).
Il 18 marzo 2017 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (Supplemento ordinario n.15) il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 12 gennaio 2017 con i nuovi Livelli essenziali di assistenza.
Il nuovo Decreto sostituisce infatti integralmente il DPCM 29 novembre 2001, con cui i LEA erano stati definiti per la prima volta. Il provvedimento, che rappresenta il risultato di un lavoro condiviso tra Stato, Regioni, Province autonome e Società scientifiche, è stato predisposto in attuazione della Legge di stabilità 2016, che ha vincolato 800 milioni di euro per l’aggiornamento dei LEA. Il DPCM 12 gennaio 2017 e gli allegati che ne sono parte integrante:
definisce le attività, i servizi e le prestazioni garantite ai cittadini con le risorse pubbliche messe a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale;
descrive con maggiore dettaglio e precisione prestazioni e attività oggi già incluse nei livelli essenziali di assistenza;
ridefinisce e aggiorna gli elenchi delle malattie rare e delle malattie croniche e invalidanti che danno diritto all’esenzione dal ticket;
innova i nomenclatori della specialistica ambulatoriale e dell’assistenza protesica, introducendo prestazioni tecnologicamente avanzate ed escludendo prestazioni obsolete.
All’interno dei nuovi LEA vengono inseriti per la prima volta i disturbi dello spettro autistico, garantendo in questo modo alle famiglie e alle strutture sanitarie fondi per implementare e migliorare il servizio di assistenza.
La precedente edizione del 2001 escludeva dai Livelli Essenziali di Assistenza la patologia autistica entrando fortemente in contrasto con la Convenzione ONU sul Diritto alle Persone con Disabilità del 2006 in cui tra i principi generali troviamo:
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a) Il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale – compresa la libertà di compiere le proprie scelte – e l’indipendenza delle persone;
b) La non-discriminazione;
c) La piena ed effettiva partecipazione e inclusione all’interno della società;
d) Il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa;
e) La parità di opportunità; f) L’accessibilità;
g) La parità tra uomini e donne;
h) Il rispetto per lo sviluppo delle capacità dei bambini con disabilità e il rispetto per il diritto dei bambini con disabilità a preservare la propria identità.
La presente Convenzione obbliga gli Stati membri a assicurare e promuovere la piena realizzazione di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali per tutte le persone con disabilità senza discriminazioni di alcun tipo basate sulla disabilità. I membri vengono invitati ad utilizzare tutti i propri poteri legislativi, amministrativi e altre misure per migliorare e garantire pari accessibilità alle risorse e favorire l’integrazione eliminando ogni forma di discriminazione.
In Italia, grazie anche all’associazionismo, importanti passi avanti in materia di autismo vengono fatti a partire dall’ottobre 2011 con la stesura delle Linee Guida per il “Trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti”, queste costituiscono il primo documento prodotto dal Sistema nazionale per le linee guida nell’area della salute mentale dell’infanzia e dell’adolescenza.
La finalità generale della linea guida è quella di produrre attraverso gli strumenti della ricerca scientifica risultati trasferibili alla pratica clinica, nonché fruibili da tutti i soggetti interessati. Questa linea guida si propone di fornire un orientamento, all’interno dell’ampio panorama di offerte terapeutiche rivolte alle persone con ASD, su quali sono gli interventi per cui sono disponibili prove scientifiche di valutazione dell’efficacia, articolando le raccomandazioni per la pratica clinica sulla base di queste prove. Considerando l’impatto sociale e la gravità dei quadri clinici associati all’ASD, questa linea guida si propone come una prima risposta adeguata ai bisogni terapeutici di queste persone.
Un altro grande passo in avanti in Italia in materia di disturbi dello spettro autistico è stato fatto attraverso la creazione delle Linee di Indirizzo per la promozione ed il
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miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico. Le Linee di Indirizzo approvate il 22 novembre 2012, come accordo in Conferenza unificata, partono: dalla consapevolezza della complessità del fenomeno dell’autismo e di tutte le sue implicazioni sulla tenuta del tessuto familiare e le ricadute di ordine sociale, e dalla necessità di un impegno urgente e concreto da parte delle Istituzioni, centrali e regionali, in stretto raccordo con le Associazioni dei familiari. Le Linee di Indirizzo tengono conto delle principali raccomandazioni internazionali in materia di autismo basate sulle più aggiornate evidenze scientifiche; queste vanno nella direzione della promozione di:
La diagnosi tempestiva e presa in carico globale dei soggetti autistici, con continuità durante l’intero arco di vita
La rete integrata dei servizi sanitari, sociosanitari ed educativi L’approccio multi professionale e multidisciplinare
L’intervento abilitativo tempestivo, intensivo, strutturato ed individualizzato
Queste considerazioni hanno condotto il Ministero della Salute ad elaborare, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e in raccordo con le Regioni, una Linea di Indirizzo che si configura come un vero e proprio Piano di Azioni per il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi nel settore, anche tenendo in considerazione le Linee guida per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti pubblicate nell’ottobre 2011, a cura dell’Istituto superiore di sanità, che già andavano a coprire gli aspetti più propriamente clinici dell’intervento. Il documento di indirizzo affronta nel dettaglio le seguenti principali aree:
L’approccio globale alla persona, inteso come un vero e proprio cambiamento di paradigma che presti la dovuta attenzione ai diritti, ai bisogni, ma anche alle potenzialità
L’esigenza di diffondere capillarmente i processi diagnostici precoci, proprio perché l’autismo è una patologia precoce del sistema nervoso centrale e può generare disabilità complessa
L’immediata conseguente necessità di costruire una rete di servizi sanitari completa, facilmente accessibile e diffusa su tutto il territorio
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La consapevolezza che l’intervento che tali servizi devono essere in grado di offrire è basato sulla multiprofessionalità e sulla sinergia interdisciplinare
L’impossibilità di prescindere, se si vuole garantire questo approccio olistico, da una forte integrazione delle dimensioni sanitaria, sociale, scolastica ed educativa
L’affermazione della indispensabile garanzia di continuità della presa in carico per l’intero arco di vita della persona, con il progressivo adeguamento degli interventi e dell’organizzazione degli spazi vitali
L’importanza, infine, della promozione e del potenziamento della ricerca mirate. Il Piano fornisce indicazioni omogenee per la programmazione, attuazione e verifica dell’attività per i minori e adulti affetti da autismo, al fine di consolidare la rete dei servizi per migliorarne le prestazioni, favorendo il raccordo e coordinamento tra tutte le aree operative coinvolte. L’attuazione capillare, nei diversi territori regionali, di quanto previsto consentirà di declinare al meglio le risposte ai bisogni specifici dei diversi territori, fermi restando i livelli essenziali e standardizzati delle prestazioni e dei percorsi assistenziali raccomandati.
Il tema dell’autismo è stato anche inserito tra le priorità da affrontare all’interno del Piano di Azioni Nazionale per la Salute Mentale, approvato in Conferenza Unificata il 24 gennaio 2013, a testimonianza della necessità di integrare i diversi approcci istituzionali, organizzativi e clinici al problema, ed anche allo scopo di garantire la continuità della cura nel passaggio dall’età evolutiva all’età adulta. Il PANSM in questa stesura prevede: La definizione degli obiettivi di salute per la popolazione
La definizione delle azioni e degli attori
La definizione dei criteri e degli indicatori di verifica e di valutazione. Nello specifico il suddetto Piano pone come obiettivi:
1. l’identificazione precoce delle patologie neuropsichiche e conseguente trattamento tempestivo, attraverso raccomandazioni regionali per la diagnosi precoce, l’appropriatezza della presa in carico, in particolare:
- nelle situazioni di rischio evolutivo
- nei disturbi neurologici e neuro evolutivi precoci - nella disabilità complessa e nell’autismo.
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Il PNNSM propone come strumenti di valutazione/indicatori di tali misure:
evidenza delle raccomandazioni regionali e della loro diffusione nelle aziende sanitarie
inclusione nelle raccomandazioni di indicazioni a supporto dell’intervento integrato territorio-ospedale e del raccordo con la rete dei servizi pediatrici
inclusione nelle raccomandazioni di indicazioni a supporto dell’integrazione operativa con la scuola, i servizi sociali territoriali, il sistema giudiziario e quello dei servizi sanitari privati accreditati.
2. definizione di percorsi integrati di cura per la presa in carico nell’area della disabilità: handicap psichiatrico adulto stabilizzato e disabilità adulta per disturbi psico-organici (insufficienza mentale, autismo, disturbi neurologici con gravi sintomi psichiatrici, ecc.).
Obiettivo questo raggiungibile attraverso:produzione di raccomandazioni regionali rivolte ai servizi competenti delle ASL; definizione di percorsi assistenziali aziendali, anche attraverso la definizione di protocolli di intesa condivisi tra i servizi competenti e il coinvolgimento di tutti gli attori interessati; condivisione dei percorsi assistenziali integrati, per quanto nelle specifiche competenze, con gli Ambiti territoriali e le Agenzie sociali e territoriali che possono utilmente partecipare alla loro realizzazione, anche mediante una programmazione partecipata degli interventi ed eventuali specifici Progetti formazione integrata rivolta ai gruppi di lavoro multiprofessionali per l’implementazione di tecniche specifiche di provata efficacia per il trattamento terapeutico-riabilitativa e per l’assistenza
Il PNNSM propone come strumenti di valutazione/indicatori di tali misure: evidenza delle raccomandazioni regionali e della loro diffusione nelle ASL;
numero di percorsi assistenziali integrati (almeno 1 utile per ciascuna patologia evidenziata);
numero di protocolli di intesa stipulati tra diverse Agenzie; % di operatori coinvolti nelle iniziative formative specifiche.
Il passo precedente alla stesura dei nuovi LEA (2017) è stata sicuramente la legge del 18 agosto 2015, n. 134 “Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie”. Nel testo definitivo dei
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LEA del Ministero della Salute si fa riferimento ai contenuti della legge 134/2015 per il trattamento dei servizi relativi al disturbo autistico; in sostanza i nuovi LEA con l’Articolo 60 garantiscono un finanziamento economico e un investimento da parte dello Stato per l’attuazione delle proposte della precedente legge; alle Regioni vengono quindi forniti i fondi per la realizzazione di servizi che garantiscano la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico.
Art. 60
Persone con disturbi dello spettro autistico
1. Ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disturbi dello spettro autistico, le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche.
2. Ai sensi dell'art. 4 della legge 18 agosto 2015, n. 134, entro centoventi giorni dall'adozione del presente decreto, il Ministero della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza, all'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, di cui all'accordo sancito in sede di Conferenza unificata il 22 novembre 2012. Le linee di indirizzo sono aggiornate con cadenza almeno triennale.
La legge 134/2015 è costituita da seguenti sei articoli: Art.1
1. La presente legge, in conformità a quanto previsto dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite n. A/RES/67/82 del 12 dicembre 2012 sui bisogni delle persone con autismo, prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico.
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Art. 2 Linee guida
1. L'Istituto superiore di sanità aggiorna le Linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita sulla base dell'evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali ed internazionali.
Art. 3
Politiche regionali in materia di disturbi dello spettro autistico
1. Nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica e tenuto conto del nuovo Patto per la salute 2014-2016, con la procedura di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, si provvede all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con l'inserimento, per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili.
2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano garantiscono il funzionamento dei servizi di assistenza sanitaria alle persone con disturbi dello spettro autistico, possono individuare centri di riferimento con compiti di coordinamento dei servizi stessi nell'ambito della rete sanitaria regionale e delle province autonome, stabiliscono percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico, verificandone l'evoluzione, e adottano misure idonee al conseguimento dei seguenti obiettivi:
a) la qualificazione dei servizi di cui al presente comma costituiti da unità funzionali multidisciplinari per la cura e l'abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico;
b) la formazione degli operatori sanitari di neuropsichiatria infantile, di abilitazione funzionale e di psichiatria sugli strumenti di valutazione e sui percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali basati sulle migliori evidenze scientifiche disponibili;
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c) la definizione di equipe territoriali dedicate, nell'ambito dei servizi di neuropsichiatria dell'età evolutiva e dei servizi per l'età adulta, che partecipino alla definizione del piano di assistenza, ne valutino l'andamento e svolgano attività di consulenza anche in sinergia con le altre attività dei servizi stessi;
d) la promozione dell'informazione e l'introduzione di un coordinatore degli interventi multidisciplinari;
e) la promozione del coordinamento degli interventi e dei servizi di cui al presente comma per assicurare la continuità dei percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali nel corso della vita della persona;
f) l'incentivazione di progetti dedicati alla formazione e al sostegno delle famiglie che hanno in carico persone con disturbi dello spettro autistico;
g) la disponibilità sul territorio di strutture semiresidenziali e residenziali accreditate, pubbliche e private, con competenze specifiche sui disturbi dello spettro autistico in grado di effettuare la presa in carico di soggetti minori, adolescenti e adulti; h) la promozione di progetti finalizzati all'inserimento lavorativo di soggetti adulti con disturbi dello spettro autistico, che ne valorizzino le capacità.
Art. 4
Aggiornamento delle linee di indirizzo del Ministero della salute
1. Entro centoventi giorni dall'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza previsto dall'articolo 3, comma 1, il Ministero della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza medesimi, all'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, di cui all'accordo sancito in sede di Conferenza unificata il 22 novembre 2012. Le linee di indirizzo sono aggiornate con cadenza almeno triennale.
2. L'attuazione delle linee di indirizzo aggiornate ai sensi del comma 1 costituisce adempimento ai fini della verifica del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
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Art. 5 Attività di ricerca
1. Il Ministero della salute promuove lo sviluppo di progetti di ricerca riguardanti la conoscenza del disturbo dello spettro autistico e le buone pratiche terapeutiche ed educative.
Art. 6
Clausola di invarianza finanziaria
1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
3.1 Diagnosi Precoce di ASD e indici di rischio
L’autismo è un disturbo dello sviluppo cerebrale che si esprime attraverso anomalie del comportamento sociale. Pur trattandosi di un disturbo neurobiologico, sicuramente di natura genetica, non esiste, al momento attuale, alcun marker biologico capace di indicare precocemente la presenza di autismo; perciò la diagnosi si basa per ora sulla osservazione del comportamento del bambino. Dal punto di vista clinico l’autismo è considerato come uno ‘spettro’ di condizioni, anche molto diverse tra di loro, che disturbano lo sviluppo delle abilità sociali, cognitive, emotive, della comunicazione, sia gestuale che verbale, della comprensione interpersonale e delle azioni collaborative.
L’esordio del disturbo dello spettro autistico si colloca nei primi due anni di vita del bambino e i sintomi vengono solitamente ufficialmente riconosciuti intorno ai 24 mesi anche se in genere i genitori hanno osservato anomalie già nei primi 12 mesi di vita del figlio, constatando in generale differenze rispetto agli altri bambini. Si riconoscono principalmente due modalità di esordio:
una modalità con precoce ritardo nello sviluppo per il quale il bambino appare diverso dagli altri bambini fin dalla nascita e manifesta atipie quali ad esempio: poca
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responsività ai segnali provenienti dagli altri, poco contatto oculare con la madre già durante l’allattamento, la tendenza a focalizzare l’attenzione in modo persistente su oggetti o dettagli (Strepparava e Iacchia,2012);
una modalità regressiva con perdita di abilità sociali e linguistiche precedentemente acquisite. In genere il genitore riferisce di un deterioramento che può essere graduale o rapido e che si verifica tra i 12 e i 24 mesi di età dopo una prima fase di sviluppo nella norma (American Psichiatry Association, 2013).
Sebbene sia stato descritto da Leo Kanner nell’ormai lontano 1943 come un disturbo innato del contatto affettivo, le informazioni dirette sull’autismo in epoca precoce sono del tutto recenti. Tali informazioni sono derivate nel corso degli anni da varie fonti: 1) ricerche basate sull’ascolto accurato dei ricordi dei genitori sulle caratteristiche precoci dello sviluppo del loro bambino; 2) ricerche basate sulla visione di filmati familiari registrati dai genitori prima che fosse posta la diagnosi al loro figlio e attraverso i quali è possibile avere una visione diretta del bambino nei primi due anni di vita; 3) ricerche su popolazioni derivate dall’applicazione di strumenti di screening precoce; 4) studi prospettici sullo sviluppo precoce di bambini a rischio di autismo in quanto fratelli di bambini già diagnosticati. Tutte queste fonti hanno fornito informazioni, tra loro complementari, che hanno fatto notevolmente avanzare le conoscenze sull’autismo nei primissimi anni di vita. Esse hanno chiaramente indicato che il difetto di interesse e di partecipazione sociale è il miglior modo per distinguere i bambini con autismo da quelli con sviluppo tipico già durante il primo anno di vita.
Questo insieme di risultati ha spostato l’attenzione dei ricercatori dall’individuazione dei sintomi di autismo alla osservazione della presenza, povertà o assenza dei comportamenti sociali attesi. Infatti diversi studi concordano sul fatto che gli indici migliori che possono discriminare ad una età precoce i bambini con autismo dai bambini con sviluppo tipico riguardano le atipie o la assenza delle precocissime abilità sociali e comunicative del bambino. Un elemento centrale nel cercare di riconoscere un lattante con autismo è il non fermarsi a sapere se un certo comportamento sociale è presente o assente nel bambino: ciò che è più importante è sapere se quel certo comportamento sociale compare più volte, in diverse situazioni, anche su iniziativa del bambino e non solo come risposta ad un invito caloroso e ripetuto da parte dell’adulto. Ciò che caratterizza l’autismo precoce non è infatti l’assenza totale di comportamenti intersoggettivi quanto piuttosto la loro debolezza.
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L’interesse verso l’individuazione precoce del disturbo autistico ha essenzialmente il fine di inserire fin da subito il bambino all’interno di programmi riabilitativi intensivi e individualizzati. Oggi numerosi studi hanno ormai dimostrato l'importanza, per una prognosi più favorevole, di una presa in carico e di un trattamento precoce e intensivo dei bambini affetti da autismo (Corsello 2005, Landa 2007), soprattutto in età prescolare, quando non si è ancora raggiunta una completa maturazione delle strutture del sistema nervoso centrale, e le esperienze significative possono quindi influenzare maggiormente queste ultime (Lord et al., 2001; Rogers, 2000; Solomon, 2007).
Indici di rischio
I primi segni a comparire riguardano diverse aree: il bambino non guarda negli occhi, non risponde quando viene chiamato, ha difficoltà a spostare l’attenzione da uno stimolo all’altro, non usa né il linguaggio né i gesti per comunicare, non comprende la comunicazione degli altri, fa ruotare gli oggetti, e ha difficoltà nella motricità globale e fine (Landa & Garrett-Mayer, 2006; Mitchell, et al., 2006; Nadig, et al., 2007; Zwaignenbaum, et al., 2005; Ozonoff et al., 2009). Successivamente, i segni più comuni osservati nei bambini con autismo sono la mancata capacità di indicare, l’assenza di attenzione condivisa nei primi scambi interattivi con la madre, e il mancato orientamento verso gli stimoli sociali (Wolkmar, et al., 2005).
Numerosi studi si propongono di identificare quelli che sono i segni precocissimi dell’autismo da inserire in un protocollo di follow up per bambini di età inferiore ai 24 mesi. In uno studio del 2004 gli autori propongono di individuare quelle che vengono chiamate “red flags” ovvero le bandiere rosse, gli indicatori di rischio per una diagnosi precoce di autismo in età compresa tra i 18 e i 24 mesi. Nove sono le “red flags” individuate che permettono di discriminare i bambini con ASD da bambini con sviluppo tipico e/o bambini con ritardo dello sviluppo: (1) contatto oculare poco sostenuto o assente; (2)ridotte espressioni mimiche; (3) mancanza di interessi condivisi; (4) ridotta risposta al nome; (5) scarsa integrazione tra sguardo, espressione facciale, gesto e suono; (6) mancanza di mostrare; (7) insolita prosodia; (8) movimenti ripetuti o insoliti di corpo, braccia, mani o dita; e (9) movimenti ripetitivi con oggetti. I primi sei indicano la mancanza di comportamenti tipici, mentre gli ultimi tre indicano la presenza di comportamenti atipici dello sviluppo. (Wetherby, Woods, Allen, Cleary, Dickinson and Lord; 2004).
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Indicheremo di seguito quelli che costituiscono i principali indicatori di rischio per lo sviluppo precoce del disturbo dello spettro autistico; anomalie nel contatto oculare, nella risposta al nome, nell’attenzione condivisa, nella motricità, l’assenza di pointing richiestivo – dichiarativo e la predisposizione verso interessi non sociali, costituiscono, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, i primissimi segni di anomali dello sviluppo riconducibili allo spettro autistico.
Contatto oculare
Nel corso dei primi sei mesi di vita il bambino partecipa a forme di interazione intersoggettiva con la madre, basate sugli sguardi, le vocalizzazioni, e i sorrisi e caratterizzate da sincronia, contingenza, coordinazione e alternanza di turni in una cornice di sintonia affettiva tra i partner comunicativi (Trevarthen & Aitken, 2001). L’argomento della conversazione è l’interazione stessa.
I bambini con autismo tendono molto meno a partecipare a sequenze interattive basate sugli sguardi: la riduzione o mancanza di contatto oculare è uno dei deficit più comuni e caratteristici dell’autismo (Senju & Johnson, 2009). L’osservazione di anomalie nel contatto oculare è uno degli elementi chiave per la diagnosi precoce di autismo, in quanto discrimina l’autismo da altre condizioni, come il ritardo mentale (Luyster et al, 2009). Sembra che i bambini con autismo omettano di guardare negli occhi l’altro e non traggano il naturale senso di appagamento che hanno tutti i bambini con sviluppo tipico quando lo fanno. L’abilità, o meglio la tendenza innata a guardare negli occhi ha un ruolo cruciale nell’apprendimento e nello sviluppo del bambino, e la sua evoluzione nella filogenesi ha dato luogo ad una serie di vantaggi adattivi. Guardare negli occhi ci permette di capire lo stato emotivo di un’altra persona, le sue intenzioni e i suoi desideri. A partire dal 2002, diversi studi hanno studiato il comportamento visivo delle persone con autismo in modo più preciso attraverso la metodologia dell’eye-tracking. La maggior parte degli studi condotti con questo metodo ha evidenziato che le persone con autismo tendono meno a guardare gli occhi delle persone durante l’esposizione a filmati che mostrano interazioni complesse (Klin et al., 2002) e sono meno attenti ai volti delle persone anche quando guardano filmati che non mostrano interazioni (Vivanti et al., 2008).