• Non ci sono risultati.

Applicazione del Ground Penetrating Radar per la ricerca di cavita nella sottosuperficie: simulazioni sintetiche ed analisi di dati reali

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Applicazione del Ground Penetrating Radar per la ricerca di cavita nella sottosuperficie: simulazioni sintetiche ed analisi di dati reali"

Copied!
120
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Scienze della Terra

Corso di Laurea Magistrale in Geofisica di Esplorazione ed Applicata

Tesi di Laurea Magistrale

Applicazione del Ground Penetrating Radar per la ricerca di cavità nella

sottosuperficie: simulazioni sintetiche ed analisi di dati reali

Candidato Elise Cucinotta

Relatore Adriano Ribolini

Controrelatore Andrea Tognarelli

ANNO ACCADEMICO

2015/2016

(2)

INDICE

RIASSUNTO ...………..………...…. pag. 4 CAPITOLO 1 - GPR – IL METODO

1.1 – Introduzione ...………...…. pag. 6 1.2 - Principi fisici del georadar ……….………...…..…… pag. 7 1.3 - Proprietà elettromagnetiche dei materiali ……….……....…… pag. 8

1.3.1 - La permeabilità magnetica ………..……...…………...….. 8

1.3.2 - La permettività elettrica ………..……...………...…….. 9

1.3.3 - La conduttività elettrica ………..……...……… 10

1.3.4 – Il ruolo fondamentale della permettività ………...………….10

1.4 – Attenuazione del segnale ………...…… pag. 11 1.4.1 - Frequenza di transizione ………..……...……….. 13

1.5 – Acquisizione dati ………... pag. 15 1.5.1 - Pianificazione dell’indagine ………..……...………. 16 1.5.2 - Parametri di acquisizione ………..……...…………...….. 16 1.6 – Antenne ……….. pag. 18 1.6.1 – Polarizzazione ………..……...……….. 18 1.6.2 – Risoluzione ………..……...……….. 19 1.7 – Radargrammi ……… pag. 21 1.8 – Processing ……….. pag. 22 1.8.1 – Dewow ………. 23

1.8.2 – Correzione di tempo zero ……….……… 23

1.8.3 – Filtro passabanda ………. 24 1.8.4 – Guadagno ………. 24 1.8.5 – Background removal ……… 24 1.8.6 – Filtro Boxcar ……… 25 1.8.7 – Deconvoluzione spiking……… 25 1.8.8 – Analisi di velocità ……….……… 26 1.8.9 – Migrazione ……… 26

CAPITOLO 2 - LE CAVITA’ – PROBLEMI E SIMULAZIONI 2.1 - Radargrammi e cavità ...………..………....…. pag. 27 2.2 – Introduzione al modelling ...………..………...…. pag. 28 2.2.1 - Il software GPR SIM ...……….…..………...……….... 30

(3)

2.3 – Simulazioni ...………..…………..………....…. pag. 31

2.3.1 - Cavità con tetto curvo ...………..………...………… 34

2.3.2 - Cavità a V ...………..………...……….. 35

2.3.3 - Cavità rettangolari ...………..………...………. 37

2.3.4 - Parallelogrammi inclinati ...………..………... 43

CAPITOLO 3 - ACQUISIZIONI ED ANALISI DI DATI REALI 3.1 – Contesti d’indagine, esempi e riferimenti ………...……… pag. 46 3.1.1 – Cavità naturali ...………..………….…...………. 46

3.1.2 – Cavità antropiche ...………..………...………... 48

3.2 - Le nostre indagini: chiesa di Saluzzo ………...……… pag. 52 3.2.1 – Introduzione ...………..………...………...52 3.2.2 - Parametri di acquisizione ...………..………...53 3.2.3 - Elaborazione dati ...………..………...……….…….. 55 3.2.4 - Time slices ...………..………...……….……...71 3.2.4.1 – Resampling ...………..………...…….………….71 3.2.4.2 – Slicing ...………..………...………...71 3.2.4.3 – Gridding ...………..………...………….……….73 3.2.5 – Interpretazione ……….……… 80 3.2.5.1 – Settore AA ……….………80 3.2.5.2 – Settore AB ……….………89 3.2.5.3 – Settore AC ……….………92 3.2.5.4 – Settore AA2 ………..……….………92 3.2.5.5 – Settore AB2 ………..……….………97 3.2.5.6 – Settore AC2 ………...…………98 3.2.5.7 – Settore AD2 ………...………..102 3.2.5.7 – Settore AE2 ……….………….104 3.2.5.7 – Settore AF2 ………...…….…..106

3.3 – Le nostre indagini: grotta del Monticello 3.3.1 – Introduzione ………..………...……….. 108 3.3.2 – Parametri di acquisizione ………...…………..……….. 110 3.3.4 – Elaborazione dati ………..…...……….. 111 3.3.4 – Interpretazione ………..……...……….. 115 CONCLUSIONI ...…….………..………...………...……. pag. 116 BIBLIOGRAFIA ...………..………...………...……. pag. 117

(4)

RIASSUNTO

L’elaborato si propone di illustrare, con i suoi limiti e vantaggi, la funzionalità del GPR nel rilevamento di strutture cave all’interno dei materiali.

In particolare vengono descritti alcuni metodi per ovviare alla difficoltà di interpretazione dei dati, spesso dovuta alle caratteristiche dispersive del segnale elettromagnetico.

Tale difficoltà riguarda sia la presentazione dei risultati (nello scambio di informazioni tra geofisici ed archelogi possono verificarsi problemi di comunicabilità) sia l’impossibilità di applicare certe tecniche avanzate di analisi dei dati. Molti contesti geologici o archeologici, infatti, presentano una disomogeneità dei materiali che rende irrealistica l’assunzione di velocità costante in direzione orizzontale (necessaria per la migrazione dei dati). Inoltre le onde elettromagnetiche risentono fortemente dell’attenuazione per perdita delle alte frequenze.

Abbiamo dunque rivolto l’attenzione alle potenzialità della simulazione, per studiare le possibili risposte di certe strutture cave e confrontarle con i dati reali, ed alla visualizzazione dei dati per mezzo delle time slice (mappe orizzontali che rendono un’idea più immediata della disposizione e della forma delle discontinuità rilevate).

Entrambe queste tecniche favoriscono l’interpretabilità dei dati anche per utenti meno esperti, quindi la comunicazione tra il settore geologico/archeologico e quello geofisico.

La prima parte (capitoli 1 e 2) è dedicata agli argomenti più teorici: descrizione del metodo e simulazioni con il software Gpr Sim.

Inquadrando le condizioni fisiche in cui si verifica il fenomeno della riflessione, si

considerano alcune forme semplificate (sezioni di volte, cavità di forme regolari con diverse inclinazioni e profondità, ecc.), per ottenere un’approssimazione dell’immagine ottenuta tramite il georadar.

Naturalmente si impostano certi parametri e si studia una situazione ideale che rispetta tali valori, ma occorre tenere presente che nella realtà esiste un margine di incertezza e che possono aggiungersi disturbi esterni non valutabili con la simulazione.

Ragionando sulle possibili cause di variazione di direzione e velocità delle onde, abbiamo quindi commentato alcuni radargrammi sintetici: cavità con tetto curvo (sezioni di volte), cavità a forma di V, cavità rettangolari e parallelogrammi inclinati.

Variandone la profondità, e verificando l’apertura di certe iperboli, è anche possibile

ottenere utili confronti con i dati reali per stimare la profondità di eventuali strutture sepolte. Queste analogie vengono considerate nel capitolo successivo, durante l’interpretazione dei dati reali.

(5)

La seconda parte (capitolo 3) consiste nello studio di dati reali, con riferimenti

bibliografici ed analisi di due indagini radar tramite un software specifico (Gpr Slice), con particolare attenzione alla creazione delle time slice.

All’inizio sono riassunti alcuni risultati trovati in letteratura, per introdurre le caratteristiche delle indagini radar nei due contesti principalmente studiati (naturale ed antropico), e le differenze tra i vari casi in termini di profondità di esplorazione e qualità dei dati.

In seguito viene discussa l’elaborazione dei dati provenienti da due indagini, una in contesto archeologico (ambienti sottostanti la pavimentazione di una chiesa) ed una in contesto naturale (grotta di origine carsica): chiesa di Saluzzo e grotta del Monticello.

La discussione si concentra sugli elementi più interessanti all’interno della chiesa, fornendo un esempio di interpretazione dei radargrammi, date le dimensioni degli oggetti e le

ipotetiche velocità del segnale.

In principio si fanno alcune osservazioni sui passaggi prescelti per l’analisi dei dati tramite il software Gpr Slice, concludendo con la creazione delle time slice.

Nel seguito si analizzano i vari settori dell’edificio, cercando di distinguere le immagini di cavità reali da figure analoghe che possono trarre in inganno ma che possono essere

ricondotte ad elementi architettonici esterni (sovrastanti la pavimentazione).

Nella chiesa si possono distinguere due camere allungate, ciascuna delle quali corre al di sotto di due settori diversi, più una zona di un altro settore con possibile presenza di tombe. Dalla grotta, invece, non siamo stati in grado di trarre informazioni significative: le

condizioni d’indagine hanno permesso di visualizzare appena la parte più superficiale, mostrando un caso in cui il metodo risulta svantaggioso e necessita dell’affiancamento con altre tecniche geofisiche.

(6)

CAPITOLO 1

GPR – IL METODO

1.1 – INTRODUZIONE

La ricerca di cavità sotterranee è una delle sfide più impegnative nell’esplorazione

geofisica: la loro individuazione è di fondamentale importanza, in quanto costituiscono una potenziale sorgente di rischio per la stabilità del terreno e delle costruzioni urbane, giocando un ruolo importante in caso di frane o terremoti.

Oltre a tali questioni di sicurezza, la localizzazione delle cavità è di grande interesse per gli idro-glaciologi, che studiano le reti sotterranee di passaggio dell’acqua all’interno dei ghiacciai, e per geologi e archeologi, quando cercano strutture cave come grotte, cripte o tombe sepolte.

In letteratura sono riportate numerose campagne di misure geofisiche per tentare di rispondere a tali questioni: misure gravimetriche, magnetiche, sismiche, georadar e geoelettriche.

Ognuno di questi metodi possiede certi limiti d’indagine, diversi in funzione della

profondità richiesta, delle dimensioni delle cavità, e soprattutto delle proprietà fisiche del mezzo in cui si trovano.

In particolare, il georadar è una tecnica d’indagine piuttosto rapida e non invasiva (non richiede vibrazioni o inserimento di elettrodi nel terreno), utilizzabile anche all’interno degli edifici.

Essa fornisce informazioni ad alta risoluzione, ma è limitata a materiali poco conduttori e ad obiettivi poco profondi (entro i primi 10 m). In genere, infatti, si utilizzano frequenze

comprese tra 100 MHz e 100 GHz (onde radio e microonde), corrispondenti a lunghezze d’onda comprese tra 1 m e 0.1 cm.

In Figura 1 ne vediamo la collocazione lungo lo spettro delle onde elettromagnetiche.

Figura 1

(7)

1.2 – PRINCIPI FISICI DEL GEORADAR

Il metodo si basa sulla propagazione delle onde

elettromagnetiche, in particolare sulla registrazione del tempo trascorso tra l’emissione di un impulso e la ricezione dei suoi echi riflessi.

Quando incontra la superficie di separazione tra due mezzi con differenti proprietà elettriche e/o magnetiche, un’onda può subire sia riflessione che rifrazione.

La frazione di energia riflessa è espressa dal coefficiente di riflessione R, rapporto tra l’ampiezza dell’onda riflessa e l’ampiezza dell’onda incidente.

Il suo valore dipende dal contrasto di impedenza (Z) fra i due mezzi:

=

+

dove sono rispettivamente l’angolo di incidenza e l’angolo di rifrazione, governati dalla legge di Snell (Figura 2).

Quest’ultima esprime la dipendenza di tali angoli dal rapporto tra le diverse velocità dell’onda nei due mezzi:

=

Vediamo, quindi, che il comportamento dinamico e cinematico del segnale che attraversa un’interfaccia dipende essenzialmente dalle variazioni di due grandezze: impedenza e velocità.

Entrambe le grandezze possono essere espresse in funzione di tre parametri fisici fondamentali (che descriveremo nel prossimo paragrafo), e nel caso più semplice si equivalgono, a meno di un fattore di proporzionalità.

Figura 2

Propagazione di un raggio attaverso una discontinuità (legge di Snell).

(8)

1.3 – PROPRIETA’ ELETTROMAGNETICHE DEI MATERIALI

Le onde elettromagnetiche sono governate dalle equazioni di Maxwell, quattro equazioni differenziali che, accoppiate tra loro, forniscono le relazioni tra il campo elettrico, il campo magnetico, il tempo e lo spazio.

In esse compaiono tre parametri che identificano le proprietà elettromagnetiche dello specifico materiale attraversato:

 Permeabilità magnetica relativa  Permettività elettrica relativa  Conduttività elettrica σ

Per descrivere il comportamento dei campi elettromagnetici, bisogna quindi conoscere queste tre proprietà.

1.3.1 - La permeabilità magnetica

La permeabilità magnetica indica la tendenza del materiale ad immagazzinare o perdere energia in seguito a fenomeni di induzione magnetica.

Nel vuoto = = 4π 10 H/m.

Per ogni materiale si indica la permeabilità magnetica relativa, il rapporto tra la sua permeabilità e quella del vuoto:

=

Tuttavia, la maggior parte dei materiali geologici incontrati nella pratica non reagisce che molto debolmente ad un’eccitazione magnetica.

Solo alcuni minerali, come la magnetite o l’ematite hanno una suscettività magnetica non trascurabile; ma poiché questi sono presenti in quantità bassissime nei mezzi favorevoli all’utilizzo del georadar, solitamente si adotta l’approssimazione = 1 .

(9)

1.3.2 - La permettività elettrica

La permettività elettrica ε di un materiale rende conto della sua capacità di polarizzarsi sotto l’influenza di un campo elettrico, che provoca lo spostamento relativo delle cariche legate positive e negative.

Per descrivere la permettività di uno specifico materiale si definisce la permettività relativa:

=

= 8,854 * 10 F/m (permettività assoluta del vuoto).

Una notazione diffusa in elettromagnetismo definisce la permettività complessa, che nelle sue componenti (reale ed immaginaria) determina quanta parte dell'energia immessa viene rispettivamente conservata o dispersa:

=

La componente reale = descrive l’immagazzinamento di energia, quella immaginaria = la sua dissipazione.

Se lo spostamento di cariche è sufficiente affinché il materiale acquisisca un proprio campo elettrico di polarizzazione (conservando quindi l’energia), allora prevale la parte reale. Se invece l’energia si disperde, perché lo spostamento di cariche non è funzionale alla polarizzazione (ad esempio in mezzi conduttivi, dove le cariche sono libere di muoversi e disperdono calore), allora sarà dominante la parte immaginaria (detta “fattore di perdita”) ed il segnale subirà una maggiore attenuazione per assorbimento.

Il bilancio tra dissipazione e immagazzinamento di energia è espresso dalla tangente dell’angolo di perdita che generalmente dipende dal rapporto fra conduttività e pulsazione del segnale:

tan = = = dove = 2 e Q è un indice di qualità.

La permettività relativa complessa, infine, è quel numero complesso in cui parte reale e immaginaria della permettività assoluta vengono divise per :

= = − =

Studi hanno dimostrato la dipendenza della permittività dalla densità, per cui a densità maggiori corrispondono valori minori di permittività e quindi velocità maggiori.

(10)

1.3.3 - La conduttività elettrica

La conduttività elettrica σ di un materiale descrive il flusso di cariche elettriche libere (elettroni nei metalli, ioni nei fluidi) durante il passaggio di un’onda elettromagnetica ed influenza fortemente la perdita di energia del segnale.

I suoi valori variano su più ordini di grandezza e dipendono principalmente da due fattori: da una parte la quantità di sali presenti nell’acqua del materiale, dall’altra la presenza di argilla, a causa della sua particolare struttura molecolare che le conferisce un’alta capacità di scambio cationico.

1.3.4 - Il ruolo fondamentale della permettività

Vediamo che ruolo giocano questi tre parametri sulla propagazione del segnale radar. Impedenza e velocità, nel caso generale, sono espresse dalle seguenti relazioni:

Z =

=

( )

Nella pratica, però, si ricorre ad alcune approssimazioni: supponendo che il mezzo sia omogeneo, isotropo, amagnetico ( ≈ 1) e senza cariche libere ( ≈ , quindi = ), queste espressioni assumono una forma molto semplice:

Z =

=

Quindi, nel caso di incidenza verticale (o approssimata tale, cioè per angoli piccoli), il coefficiente di riflessione diventa:

= − + = − + = √ − √ √ + √

(11)

Ciò vuol dire che, per una data interfaccia, la quantità di energia riflessa (quindi l’ampiezza del segnale ricevuto) dipende esclusivamente dal contrasto di permettività elettrica tra i due mezzi.

Se R < 0 (cioè l’impulso riflesso ha polarità opposta a quello inviato) vuol dire che lo strato inferiore alla discontinuità ha velocità minore (permettività maggiore) rispetto a quello superiore.

Teniamo presente che il segnale non sarà mai immune da attenuazione: pur trascurando le perdite per assorbimento (dovute a ), esso va incontro ad ulteriori fenomeni che ne

diminuiscono inevitabilmente l’ampiezza.

Per una stessa interfaccia (cioè per una stessa variazione di permettività), il segnale ricevuto sarà comunque più debole all’aumentare della profondità, per i motivi che vedremo nel prossimo paragrafo.

Capiamo allora che non è possibile identificare un materiale, cioè determinarne la

permettività, quantificando l’energia riflessa. Per fare ciò, come vedremo, sarà necessaria l’analisi di velocità, sfruttando il fenomeno delle riflessioni iperboliche.

1.4 - ATTENUAZIONE DEL SEGNALE

Tre fenomeni fisici sono i principali responsabili del decadimento di ampiezza del segnale:  ASSORBIMENTO

 SCATTERING

 SPREADING GEOMETRICO

L’assorbimento, come già accennato, consiste nella trasformazione di una parte dell’energia in calore, cioè radiazione infrarossa, prodotta dall’oscillazione degli ioni. Lo scattering è una dispersione del segnale dovuta a riflessione in più direzioni casuali: si verifica quando la radiazione incontra oggetti di piccola scala, di dimensioni paragonabili alla lunghezza d’onda.

(12)

Lo spreading è dovuto puramente a fattori geometrici: man mano che l’onda si propaga nello spazio, i fronti d’onda sono superfici sferiche di raggio crescente, sui quali si distribuisce l’energia iniziale. Con il procedere della propagazione, l’energia sarà quindi distribuita su un’area sempre maggiore, per cui la densità di energia diminuisce

proporzionalmente all’inverso del quadrato del raggio.

Indicando con z la profondità, il decadimento di ampiezza per spreading geometrico avrà quindi l’andamento (la densità di energia è proporzionale ad ).

Le attenuazioni per assorbimento e scattering, invece, sono entrambe esponenziali: =

dove il coefficiente di attenuazione α include entrambi i fenomeni: α = +

Da cosa dipendono questi coefficienti?

 Coefficiente di assorbimento: =

 Coefficiente di attenuazione per scattering: =

Come vediamo, il grado di assorbimento dipende da tutti e tre i parametri fondamentali , , , ma in questo caso il ruolo predominante è giocato dalla conduttività.

Lo scattering è descritto dal numero di elementi scatteratori per unità di volume (N) e dalla loro dimensione (A, sezione trasversale).

Nella seguente tabella (Figura 3) sono riportate la permettività e la costante di attenuazione dei materiali più comuni. Come vediamo, la radiazione elettromagnetica ha velocità

(13)

Figura 3

Parametri elettromagnetici di alcuni materiali: permettività K, conduttività , velocità V, costante di attenuazione α.

Davis, Annan, 1989.

1.4.1 - Frequenza di transizione

Le caratteristiche finora descritte sulla propagazione di un’onda elettromagnetica dipendono quindi da proprietà intrinseche dei materiali attraversati. Ma queste proprietà, in generale, non sono costanti al variare della frequenza.

Riassumendo, le due grandezze fisiche di interesse per descrivere la risposta di un dato materiale al segnale radar sono VELOCITA’ e ATTENUAZIONE.

La prima dipende principalmente dalla permettività, la seconda dalla conduttività.

In Figura 4 vediamo dunque qual è la loro relazione, tipica della maggior parte dei materiali, con la frequenza del segnale:

(14)

Figura 4

Andamento della velocità e dell’attenuazione in funzione della frequenza.

Come mostrano questi grafici, il comportamento di ogni materiale è diverso al di sotto e al di sopra di una frequenza limite, detta frequenza di transizione, che dipende proprio dai due parametri fondamentali: permettività e conduttività.

= 2

Se la frequenza è minore, il comportamento è dispersivo: le perdite energetiche dovute alla conduzione elettrica superano di molto l’energia immagazzinata nei processi di

polarizzazione, e le varie frequenze componenti il segnale si propagano diversamente (in funzione di √ ), distorcendo la forma dell’onda sorgente.

Se la frequenza è maggiore, invece, tutte le componenti viaggiano alla stessa velocità e subiscono la stessa attenuazione, mantenendo relativamente intatta la forma dell’impulso iniziale.

Si tratta comunque di un’approssimazione: in genere anche per › le curve presentano una leggera pendenza positiva: velocità ed attenuazione aumentano all’aumentare della frequenza, sia perché aumenta l’assorbimento in presenza di acqua sia per effetto dello scattering, che risulta estremamente più accentuato alle alte frequenze.

In conclusione, affinché il metodo GPR risulti efficace, l’attenuazione impone di mantenere la frequenza sul valore più basso possibile al di sopra di .

(15)

1.5 - ACQUISIZIONE DATI

Il Ground Penetrating Radar è un sistema di trasmissione e ricezione del segnale che scorre sulla superficie, solidale ad una ruota odometrica (sistema di posizionamento che calcola la distanza percorsa contando i giri della ruota e conoscendone il raggio).

L’acquisizione può essere di tipo common offset, cioè a distanza costante tra antenna trasmittente e antenna ricevente, e le riflessioni risultanti (nel caso ideale) dovrebbero rispecchiare la reale geometria degli strati attraversati.

Nell’attrezzatura usata per la tesi, questa distanza è costante e minima (0.19 cm). Si parla dunque di antenna monostatica, e l’incidenza dei segnali che tornano al ricevitore è considerata verticale (normale alle superfici) (Figura 5).

Figura 5

Schema di un’acquisizione common offset. Casas et al., 2000

La strumentazione comprende inoltre un’unità di controllo, che registra i tempi di ritardo delle onde riflesse, ed un computer portatile, che permette una prima visualizzazione grezza delle tracce, in modo da verificare istantaneamente la qualità dei dati.

(16)

1.5.1 - Pianificazione dell’indagine

Trattandosi di una tecnica di indagine indiretta, il GPR soffre di alcuni limiti intrinseci che non possono essere superati: la scelta dei parametri e delle modalità di acquisizione incide in maniera determinante sul dato finale, per cui errori in questa fase possono portare a dati imprecisi o talvolta del tutto inutilizzabili.

Per evitare di affidarsi ciecamente ai software e seguire regole dettate dalla prassi, bisogna tenere presente i principi teorici di base e valutare accuratamente il caso in esame:

l’obiettivo dell’indagine, le condizioni del suolo, le caratteristiche della strumentazione, e quindi i parametri da impostare al momento dell’acquisizione.

1.5.2 - Parametri di acquisizione

Poco prima di acquisire, tramite il computer collegato al GPR, l'utente deve selezionare la frequenza dell’antenna trasmittente (già nota, determinata dalla scelta dello strumento), la frequenza di campionamento (spaziale e temporale), la velocità ipotetica dell’onda, e la durata di ascolto del segnale riflesso (finestra temporale, legata al numero di campioni per traccia).

 Frequenza dell’antenna trasmittente:

più è alta, migliore è la risoluzione, a scapito della profondità di penetrazione (che invece aumenta al diminuire della frequenza).

La scelta di questa frequenza (e quindi del tipo di antenna da utilizzare), dev’essere dunque un buon compromesso tra risoluzione desiderata e profondità da

raggiungere.

In più bisogna considerare i possibili disturbi causati dalla diffrazione dell’onda. Questo rumore può essere limitato utilizzando una lunghezza d’onda molto maggiore della dimensione dei piccoli oggetti diffrattori (ciottoli, faglie…), tipicamente

prendendo una lunghezza d’onda 10 volte superiore alla dimensione dell’oggetto più grande che non desideriamo osservare.

(17)

 Velocità ipotetica dell’onda:

serve per convertire i tempi in profondità e visualizzare i dati in tempo reale, con la profondità sull’asse delle ordinate.

Si tratta, naturalmente, di una stima iniziale e non realistica, utile per controllare sul momento il corretto procedere dell’acquisizione.

In effetti una buona stima delle velocità nei diversi materiali non è sempre possibile ed è oggetto studio nelle fasi finali dell’elaborazione.

Questo valore di velocità serve anche per impostare la finestra temporale:

 Finestra temporale:

è l’intervallo di tempo entro cui il dispositivo attende le riflessioni.

Decidendo la profondità massima alla quale si vuole effettuare l’indagine, ottengo questo tempo moltiplicando tale profondità per l’ipotetica velocità dell’onda.

 Passo di campionamento temporale.

Per evitare il fenomeno dell’aliasing, sia spaziale che temporale, la frequenza di campionamento (“sampling frequency”) dev’essere maggiore o uguale al doppio della frequenza più alta tra quelle che compongono il segnale ricevuto (criterio di Nyquist).

Quest’ultima ovviamente non è nota a priori, ma si possono fare alcune considerazioni.

Nel caso della frequenza temporale, sappiamo che la frequenza massima del segnale ricevuto è circa 1,5 volte la frequenza centrale nominale dell’antenna ( ).

Dev’essere quindi > 2 * 1,5

Per sicurezza si raddoppia il valore, perciò solitamente si sceglie = 6

 Passo di campionamento spaziale.

Nello spazio bisogna considerare l’andamento delle discontinuità incontrate dal segnale. Esso è funzione dello spazio percorso dall’antenna, quindi può essere

scomposto nelle sue frequenze spaziali componenti. Per lo stesso criterio di Nyquist, la massima frequenza spaziale campionabile correttamente sarà uguale alla metà della frequenza di campionamento scelta (numero di tracce per metro).

(18)

1.6 - ANTENNE

La scelta dell’antenna è una fase fondamentale dell’indagine georadar.

I sistemi GPR commerciali utilizzano solitamente antenne dipolari, costituite cioè da una trasmittente (TX) e una ricevente (RX), le cui dimensioni sono dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d’onda del segnale emesso.

Nella configurazione monostatica (il nostro caso) trasmettitore e ricevitore sono inclusi all’interno della medesima struttura.

Questa modalità utilizza per lo più antenne con frequenza medio-alta (400-1500 MHz). Nella configurazione bistatica i due elementi sono separati e si impiegano tendenzialmente basse frequenze.

Le antenne non emettono segnale ad un’unica frequenza, bensì all’interno di un certo intervallo (larghezza di banda), compreso fra /2 e 2 , con frequenza centrale della banda ,

corrispondente ad un picco di intensità del segnale.

In Figura 6 vediamo la forma tipica dello spettro, prendendo come esempio un’antenna con

= 120 .

1.6.1 - Polarizzazione

Il pattern di radiazione dell’antenna dipende dall’interazione con il terreno, ma in generale l’area illuminata è più ampia nella direzione di oscillazione del campo elettrico (direzione ortogonale al dipolo).

Il segnale si propaga dunque all’interno di un cono a sezione ellittica, di apertura generalmente variabile tra 90 e 120 gradi.

Come risulta chiaro in Figura 7, la copertura delle zone di interesse dipenderà dall’orientazione relativa tra le due antenne (trasmittente e ricevente).

Figura 6

(19)

Figura 7

Nella figura di sinistra l’antenna trasmittente e l’antenna ricevente sono posizionate

perpendicolarmente alla direzione d’investigazione; nella figura di destra sono poste parallelamente.

Ciò spiega perché la scelta dell’orientazione relativa influenza grandemente i risultati ottenibili dalle indagini.

Se la trasmittente e la ricevente sono poste perpendicolarmente alla direzione d’investigazione, la sovrapposizione delle loro impronte risulta maggiore e questo

garantisce che oggetti sparsi all’interno del mezzo o riflettori possano essere osservati per profondità e intervalli di distanza più ampi.

1.6.2 - Risoluzione

La risoluzione spaziale dell’antenna, cioè la distanza minima tra due oggetti affiché possano percepirsi come distinti, è legata alla lunghezza d’onda del segnale.

Sappiamo che due impulsi sono distinguibili se sono separati da un tempo pari almeno a metà della loro larghezza. Secondo questo criterio, attraverso rapidi calcoli, si ottengono le distanze minime tra due oggetti posti lungo la verticale e lungo l’orizzontale:

 Risoluzione verticale: d =

 Risoluzione orizzontale: d =

Osserviamo che lungo l’orizzontale la risoluzione dipende anche dalla profondità z. Infatti il fronte d’onda sferico si allarga, ed aumenta la distanza orizzontale tra due fronti d’onda successivi.

(20)

La tabella in Figura 8 mostra le profondità d’indagine attese (in favorevoli condizioni di propagazione) per antenne di frequenza compresa fra 30 e 2000 MHz:

Figura 8

Profondità raggiunte e risoluzione verticale per diverse frequenze.

Un’ultima considerazione riguarda l’esistenza, per ogni antenna, di una “dead-zone”

superficiale, in cui risulta molto difficile l’individuazione dei target. Tale zona è considerata uguale alla spaziatura fra dipolo trasmittente e ricevente, anche se risulta variabile in

relazione alla composizione del mezzo.

I valori teorici di ampiezza della dead-zone sono riportati in Figura 9:

Figura 9

(21)

1.7 - RADARGRAMMI

Un grafico che visualizza il dato radar è chiamato radargramma (Figura 10).

Quello unidimensionale (modalità A-scan), è costituito da una singola traccia (variazione di ampiezza del campo elettrico in funzione del tempo).

In due dimensioni (modalità B-scan), è formato dalla

giustapposizione di tutte le tracce acquisite lungo un profilo. Infine, assemblando radargrammi di tipo B-scan si ottiene un’immagine 3D (modalità C-scan), dove la sezione orizzontale contenente i dati relativi ad un certo intervallo temporale è definita time-slice.

L’interpretazione delle forme risultanti su un radargramma è un’operazione piuttosto complessa, che deve tener conto sia delle diverse velocità di propagazione dei materiali attraversati, sia della geometria del cono d’emissione.

Considerato, infatti, che l’antenna non irradia lungo un’unica direzione, le onde possono intercettare anche bersagli che non sono posti esattamente lungo la verticale; i loro riflessi giungeranno con un maggiore ritardo, a fronte di un tragitto più lungo, e appariranno più profondi.

Un esempio tipico di tale effetto è la forma ad iperbole

mostrata in corrispondenza di piccoli riflettori (ad esempio tubi tagliati trasversalmente, ciottoli, cavità di piccolo diametro, cunicoli, ecc.): i rami discendenti e ascendenti sono i riflessi registrati prima e dopo il passaggio dell’antenna sulla verticale del bersaglio (Figura 11).

La sua apertura dipende da due parametri:

 Velocità del segnale: velocità elevate producono iperboli più ampie.

 Profondità del riflettore

In realtà, naturalmente, le forme sono pseudo-iperboliche:

sarebbero iperboli esatte solo nel caso ideale di riflettori puntiformi.

Figura 10

A-scan, B-scan, C-scan

Figura 11

(22)

1.8 - PROCESSING

Lo scopo dell’elaborazione dei dati è quello di ottenere la migliore rappresentazione visiva delle risposte geofisiche per le caratteristiche studiate, ovvero di rendere leggibile il

radargramma.

Occorre precisare che il processing non aumenta il contenuto informativo di un

radargramma, ma lo evidenzia: se un radargramma è acquisito male, difficilmente può essere migliorato elaborando i dati. Un processing eseguito male, invece, può distruggere le informazioni che ci occorrono (ad esempio un Background removal può eliminare preziose informazioni stratigrafiche).

Una tipica sequenza di elaborazione dei segnali può essere suddivisa in tre fasi: 1. Pre-processing

 Dewow

 Correzione di tempo zero

2. Processing di base  Filtro passabanda  Guadagno  Background removal  Filtro Boxcar 3. Processing avanzato  Deconvoluzione spiking  Analisi di velocità  Migrazione

Per quanto riguarda i segnali radar, tuttavia, il processing avanzato necessita di grosse approssimazioni, perché quasi mai sono soddisfatte le condizioni di applicabilità di tali metodi (fase minima, stazionarietà dell’ondina, assenza di variazioni laterali di velocità). Il segnale elettromagnetico, infatti, risente fortemente della perdita di alte frequenze

(restringimento della banda), quindi la forma dell’ondina viene rapidamente modificata durante la trasmissione.

(23)

solitamente una disomogeneità e una varietà di materiali che rendono poco realistica l’assunzione di velocità costante in direzione orizzontale.

Spieghiamo brevemente la sequenza di elaborazione, la cui applicazione sarà meglio illustrata nel capitolo 3.

1.8.1 - Dewow

Il filtro Dewow ha l’obiettivo di centrare le tracce, rimuovendo il trend a bassa frequenza causato dalla prossimità tra trasmettitore e ricevitore.

Questo trend (in inglese definito wow) è associato sia a campi elettrostatici e induttivi, che decadono rapidamente con la distanza, sia ad un effetto di saturazione dei primi arrivi (onde dirette, in aria e in superficie).

Si vuole fare in modo che la funzione di distribuzione di probabilità delle ampiezze sia simmetrica rispetto ad un valore centrale, costante lungo tutta la traccia.

Per farlo esistono diversi metodi, ma il più utilizzato consiste nel sottrarre ad ogni campione la media delle ampiezze dei campioni che si trovano all’interno di una certa finestra, che scorre lungo la traccia.

L’utente ha il compito di scegliere la lunghezza di tale finestra (wobble length) in maniera opportuna per sottrarre quella componente a bassa frequenza. Un valore ottimale è

tipicamente 1/10 della lunghezza in campioni dell’intera traccia.

1.8.2 - Correzione di tempo zero

L’istante esatto in cui il segnale viene emesso dall’antenna trasmittente non può essere noto, ma per il corretto svolgimento delle successive operazioni è indispensabile che tutte le tracce siano allineate ad un tempo zero comune.

Le prime riflessioni (interfaccia aria-suolo) non sono mai perfettamente allineate, perché la distanza percorsa in aria dal segnale può variare a causa di vari effetti, tra cui,

principalmente, la rugosità della superficie.

Per correggere tali variazioni, si fa partire ogni traccia dal campione il cui valore supera una certa percentuale di ampiezza rispetto al picco massimo, oppure direttamente dal valore massimo (posizione del picco).

(24)

1.8.3 - Filtro passabanda

Osservando lo spettro di ampiezza, è possibile stimare la banda di frequenze che

costituiscono il segnale utile ed applicare un filtro che elimini le componenti al di fuori di tale banda.

In genere si adotta un filtro di forma trapezoidale (non rettangolare, per evitare effetti di ripple sul segnale), con una regione passante simmetrica rispetto al picco massimo e larga 1,5 volte il suo valore. Ma questa è una soluzione speditiva, che non prende in

considerazione la variabilità dei dati reali: per un’analisi più approfondita si lavora di volta in volta sullo spettro, osservandone la forma per scegliere diversi valori di taglio alto e basso (frequenza massima e frequenza minima).

1.8.4 - Guadagno

Come abbiamo visto, l’ampiezza del segnale subisce un decadimento sia di tipo lineare (per effetto dello spreading geometrico) sia di tipo esponenziale (per assorbimento e scattering) in funzione della profondità raggiunta.

Per rendere meglio visibili le intere tracce, bisogna dunque moltiplicarle per una funzione di guadagno, una curva il cui andamento è completamente personalizzabile (lineare,

esponenziale, o definito punto per punto dall’utente).

Esistono poi delle funzioni predefinite fornite dai software, e delle operazioni automatiche come l’Automatic Gain Control (AGC), basato su finestre scorrevoli all’interno delle quali il fattore di amplificazione è calcolato in funzione dell’ampiezza massima.

Occorre tenere presente che il guadagno distrugge i rapporti di ampiezza: dopo la sua applicazione l’analisi di un radargramma può basarsi esclusivamente sui tempi d’arrivo e non più sulla quantità di energia riflessa.

1.8.5 - Background removal

La presenza di forti riflessioni orizzontali, spesso causate da effetti di ringing (riflessioni multiple), può rendere illeggibile il radargramma.

Si tratta però di rumore avente la stessa frequenza del segnale utile e quindi non eliminabile tramite filtraggio passabanda.

In questo caso il filtro necessario è di tipo spaziale: esso deve effettuare una media tra le tracce, lungo il profilo, per individuare e sottrarre gli elementi comuni.

(25)

contenente un certo numero di tracce.

Anche in questo caso l’utente deve scegliere opportunamente la larghezza della finestra: se troppo piccola potrebbe rimuovere segnale utile, se troppo grande potrebbe rimuovere riflessioni isocrone di interesse.

1.8.6 - Filtro Boxcar

Il caso trattato prima (riflessioni orizzontali) riguardava un rumore coerente avente stessa frequenza del segnale utile. Se invece abbiamo a che fare con un rumore non coerente, sempre nella banda di frequenza del segnale, risulta utile applicare un filtro Boxcar, che effettua una media mobile in direzione spaziale.

La finestra impostata è molto più piccola ed include pochi campioni per volta (non le intere tracce), come illustrato nel paragrafo 3.2.3.

1.8.7 - Deconvoluzione spiking

Lo scopo di quest’operazione è un miglioramento della risoluzione temporale, sostituendo alle ondine degli impulsi (processo inverso a ciò che avviene quando il segnale inviato interagisce col terreno).

Quando viene inviato un impulso, esso interagisce con i materiali e si trasforma in una forma d’onda più larga (lo spettro di ampiezza si impoverisce, cioè la banda di frequenze si restringe).

Ogni riflessione da un’interfaccia, quindi, non avrà la forma di uno spike, ma la forma di un’ondina denominata risposta all’impulso oppure ondina sorgente.

E la traccia registrata non sarà una semplice traccia di riflettività (una traccia che presenta valori non nulli solo in corrispondenza delle interfacce, corrispondenti ai coefficienti di riflessione), ma sarà la convoluzione tra la traccia di riflettività e l’ondina sorgente, con aggiunta di rumore.

L’operazione di deconvoluzione ha lo scopo di risalire alla traccia di riflettività tramite il processo inverso: l’inverso dello spettro dell’ondina sorgente viene moltiplicato per l’inverso dello spettro della traccia registrata, per ottenere lo spettro di ampiezza della traccia di riflettività.

L’efficacia di tale operazione, tuttavia, è limitata da alcune assunzioni di base del modello convoluzionale (fase minima, stazionarietà dell’ondina, ecc.) che difficilmente sono rispettate nel caso dei segnali GPR.

In ambito georadar, quindi, l’utilità di questa tecnica è oggetto di discussione.

(26)

della prima riflessione aria-suolo), la deconvoluzione spiking può risultare un buon metodo per migliorare la risoluzione e quindi la leggibilità del radargramma.

1.8.8 - Analisi di velocità

Finora abbiamo considerato i dati raccolti in funzione del tempo. Ma per un’interpretazione realistica e per l’eventuale applicazione di correzioni topografiche, si rende necessaria la conversione della scala dei tempi in una scala di profondità.

Per far ciò serve un’accurata stima di come varia la velocità dell’onda nei diversi materiali attraversati (profilo di velocità).

Il metodo più comune è l’analisi delle iperboli di diffrazione: il software permette di sovrapporre all’immagine delle iperboli ad apertura variabile, che l’utente può adattare alle forme osservate. Per ogni punto diffrattore, l’iperbole che si adatta meglio (iperbole di best fit) indicherà la velocità di quel materiale.

Naturalmente, maggiore è il numero di oggetti diffrattori, più completa ed accurata sarà la stima ottenuta.

Costruire un realistico profilo di velocità, quindi, non è sempre possibile, perché il metodo dipende dalla presenza di riflessioni iperboliche, ma anche da un’altra condizione

fondamentale: che le variazioni di velocità siano esclusivamente verticali (raro nei casi reali, soprattutto a basse profondità, dove il suolo risulta molto eterogeneo).

1.8.9 - Migrazione

Una volta determinato il profilo di velocità, diverse tecniche di migrazione hanno l’obiettivo finale di posizionare oggetti ed interfacce secondo una geometria più realistica.

Come già osservato, infatti, il radargramma iniziale è un’immagine distorta del sottosuolo, dove tutte le riflessioni intercettate dal cono di illuminazione vengono posizionate lungo la verticale. La migrazione tenta di correggere questo effetto, trasformando le iperboli in oggetti puntiformi e risalendo alla corretta inclinazione degli orizzonti.

(27)

CAPITOLO 2

LE CAVITA’- PROBLEMI E SIMULAZIONI

2.1 - RADARGRAMMI E CAVITA’

Così come per altri oggetti d’indagine, anche per le cavità non esiste una firma universale che ne riveli la presenza osservando il radargramma.

In generale si osserva la comparsa di un effetto di ringing, ovvero riflessioni multiple molto vicine tra loro (la velocità dell’onda in aria si approssima a quella nel vuoto, la massima raggiungibile).

Non tutti i vuoti, tuttavia, provocano tale effetto. La forma in cui essi appaiono sul

radargramma dipende da numerosi fattori, tra cui il materiale ospitante e le loro dimensioni e profondità.

Un caso particolare di riflessioni multiple è il fenomeno della risonanza, ovvero la creazione di onde stazionarie, che si verifica quando l’energia elettromagnetica eccita un modo normale in una cavità o in un oggetto metallico: l’energia si riflette avanti e indietro lungo uno stesso percorso, scorrendo lungo l’asse verticale del profilo. Il risultato sono bande alternate di alta e bassa ampiezza che iniziano dove si incontra l’oggetto e proseguono verso il basso fino alla fine della finestra temporale.

Per predire la possibile comparsa di immagini radar risonanti, devono valere le seguenti condizioni (Kofman et al., 2006):

 Diametro della cavità maggiore della lunghezza d’onda in aria (il fenomeno della risonanza si verifica quando la dimensione del vuoto è multipla di λ).

 Altezza del vuoto minore del suo diametro (ovvero: la dimensione verticale non deve superare la dimensione orizzontale).

La risonanza in senso proprio, quindi, è un fenomeno specifico soggetto a certe condizioni di regolarità geometrica. Su di esso, in letteratura, si trovano alcuni studi effettuati su appositi esperimenti in laboratorio (e.g. Glover, 1992).

In caso di cavità con geometrie particolari, si generano poi alcune forme tipiche che non si riscontrerebbero con altri tipi di materiali, nei quali la velocità del segnale è molto minore della velocità nel vuoto. Forme che potrebbero trarre in inganno e che è importante saper riconoscere, tenendo presente la cinematica dei raggi.

Per evitare interpretazioni equivoche, dunque, è bene accompagnare lo studio dei dati reali con simulazioni su modelli sintetici.

(28)

2.2 - INTRODUZIONE AL MODELLING

Un tipico punto debole delle indagini geofisiche è la difficoltà di integrare le informazioni geofisiche con le conoscenze geologiche/archeologiche, quello che si definisce un problema di comunicazione. Ai geofisici, esperti nell’interpretazione dei segnali, possono mancare informazioni essenziali sulle caratteristiche della grande varietà di materiali coinvolti e sulla loro risposta ai segnali inviati.

La simulazione su modelli sintetici non offre una soluzione miracolosa, ma si dimostra un valido supporto, soprattutto se combinato con altri strumenti interpretativi: si tratta di rappresentazioni semplificate della realtà che permettono ai ricercatori di concentrarsi su forme specifiche (di strutture geologiche o elementi archeologici), acquisendo familiarità con i pattern di riflessione che esse producono in diverse condizioni, in modo da poterli riconoscere all’interno di dati reali complessi. I risultati possono quindi essere usati per testare varie ipotesi e determinare quale spiega meglio le riflessioni osservate.

Recentemente, in archeologia, si è iniziato ad utilizzare simulazioni concrete, costruendo appositamente siti pseudo-archeologici o esperimenti di laboratorio in miniatura, o seppellendo certe strutture in condizioni controllate. Ma questa tecnica ha visto un uso molto limitato, dati il tempo e la fatica necessari alla loro preparazione.

I modelli al computer costituiscono una valida alternativa, essendo velocemente realizzabili e modificabili per esplorare diversi parametri del suolo e della strumentazione.

Grazie ad essi è possibile valutare in anticipo la capacità di un sistema GPR di rilevare riflessioni sotto specifiche condizioni del suolo prima di portare gli strumenti sul campo, ma anche scegliere la migliore combinazione di parametri (e.g. frequenza centrale dell’antenna, finestra temporale, spaziatura fra le tracce, ecc.) da usare su un dato sito, o capire sotto quali condizioni (e.g. suolo secco o umido) gli elementi sepolti di interesse offrirebbero il miglior contrasto possibile.

Goodman (1994) fu il primo a proporre l’uso delle simulazioni GPR per supportare

l’interpretazione archeologica delle indagini, ma gli studi sull’argomento rimangono poco frequenti.

Per lo sviluppo di software capaci di simulare le riflessioni sono stati proposti diversi approcci, tra cui quello delle differenze finite nel dominio del tempo (FDTD), che si dimostra il più diffuso tra quelli riportati in letteratura.

(29)

In Figura 12 vediamo un elenco di software attualmente disponibili, ed in Figura 13 un esempio di simulazione.

Un modello si comporta essenzialmente come se le condizioni presenti sul contorno si estendessero all’infinito. Nei simulatori 2D si assume che le forme degli oggetti si estendano all’infinito nella terza dimensione.

Anche se più accurati, i modelli 3D richiedono considerevoli tempi computazionali. Per la maggior parte delle applicazioni le simulazioni 2D si rivelano la scelta migliore.

Figura 12

Software attualmente realizzati per simulazioni GPR, a scopo didattico o di ricerca. Lacroix, 2009.

Figura 13

A sinistra il modello bidimensionale che approssima una stratigrafia e delle strutture sepolte, a destra le riflessioni radar risultanti dalla simulazione. Lacroix, 2009.

(30)

2.2.1 - Il software GPR SIM

Per simulare la risposta dei materiali al segnale radar abbiamo utilizzato GPR SIM, un software in grado di restituire radargrammi sintetici combinando le seguenti informazioni:

 propagazione delle onde elettromagnetiche (leggi di riflessione, rifrazione, attenuazione)

 risposta direzionale dell’antenna (apertura angolare di trasmissione e ricezione)  risposta all’impulso (forma e frequenza del segnale trasmesso)

 modello del terreno (forme, permettività e conduttività dei diversi materiali)

Una simulazione, naturalmente, non può riprodurre in maniera dettagliata un caso reale, data la complessità dei materiali incontrati e le possibili cause di rumore, ma risulta molto utile per individuare nei radargrammi certe forme caratteristiche che da occhi inesperti sarebbero mal interpretate.

(31)

2.3 - SIMULAZIONI

Per avviare una simulazione, dopo aver disegnato il modello del terreno, si devono

impostare l’apertura dell’antenna ed il tipo di segnale, cioè forma e frequenza dell’ondina (Figura 14).

Il software permette di scegliere tra una sinusoide, una sinusoide smorzata ed un’ondina di Ricker. Per i nostri scopi la scelta è indifferente: cambiano la polarità e lo spessore delle linee (durata dell’impulso), ma l’andamento generale del radargramma risulta invariato. Talvolta si è modificata la frequenza in base alle dimensioni del modello e alla profondità d’indagine, ma generalmente si è scelta un’apertura di 80° ed un’ondina di Ricker a 600 MHz.

Figura 14

La figura mostra i due moduli di GPR SIM per impostare l’apertura angolare dell’antenna (Directional Response, a sinistra) ed il tipo di segnale (Impulse Response, a destra).

Nel secondo modulo si stabiliscono anche la lunghezza della finestra temporale (Time Window) ed il numero di campioni per traccia (Samples/Scan).

(32)

In Figura 15 vediamo un esempio di cosa può essere visualizzato durante e dopo la simulazione.

In alto a sinistra si vede il modello del terreno, disegnato dall’utente selezionando i materiali da una tabella come in Figura 17, dov’è possibile inserire nuovi materiali assegnando diverse proprietà fisiche (permettività e

conduttività).

I materiali scelti per il modello e le loro proprietà sono riportati in alto a destra. In basso a sinistra troviamo il radargramma simulato. Il software permette di ottenere una rappresentazione semplificata (quindi più leggibile) scegliendo quali tipi di riflessioni visualizzare. Si sceglie cioè di mostrare solo quei segnali che hanno seguito un certo tipo di percorso: “R” riflessi una volta, “RRR” riflessi tre volte, “TRT” riflessi una volta ma solo nella seconda interfaccia, ecc. (Figura 16).

Figura 15

Esempio di simulazione con GPR SIM. Goodman, Piro, 2013

Figura 16

Alcuni possibili percorsi di un raggio e relativa classificazione delle onde riflesse.

(33)

Il radargramma è affiancato in basso a destra da un altro grafico simile, dove ciascun tipo di riflessione viene indicato con un colore diverso e con una singola linea. Questo è uno degli strumenti che rendono più semplice l’interpretazione del fenomeno.

Un altro è la possibilità di osservare alcuni percorsi dei raggi per tutta la durata della simulazione (sul modello in altro a sinistra).

Figura 17

(34)

2.3.1 - Cavità con tetto curvo

L’effetto principale da tenere presente nello studio dei vuoti consiste nella forte deviazione del raggio trasmesso, che, attraversando un’interfaccia materia-vuoto, si allontana

notevolmente dalla normale alla superficie nel punto d’incidenza. Ciò rende difficile prevedere intuitivamente il percorso del segnale.

Altra caratteristica è la deformazione di un orizzonte dovuta alla significativa differenza dei tempi impiegati dal raggio nei due tratti (nell’aria e nell’altro mezzo).

Consideriamo ad esempio la seguente Figura 18.

Figura 18

Cavità vuota con tetto curvo, all’interno di un materiale con un valore 6 di permettività relativa.

Si vede che la base, pur essendo rettilinea, risulta curva quasi quanto il tetto della cavità. L’effetto può essere attribuito ad entrambe le caratteristiche citate sopra:

1. Essendo curvo il tetto, alle estremità la distanza percorsa nell’aria è minore. 2. Così come il tetto (che risulta più ampio ed esteso orizzontalmente), pure la base

viene intercettata dai raggi emessi anche quando la verticale dall’antenna non passa esattamente al di sopra della cavità (alcuni raggi obliqui, quando vengono rifratti, diventano verticali e si riflettono sulla base ritornando all’antenna sull’identico percorso a ritroso).

(35)

2.3.2 - Cavità a V

L’immagine più tipica delle cavità è il cosidetto bow-tie (nodo di cravatta).

Esso viene generato da cavità a forma di V, dove la velocità dell’onda nell’aria è tale che l’incrocio delle riflessioni sulle pareti formi una X posta giusto sopra l’iperbole dell’angolo inferiore (Figura 19).

Come verificato, questa disposizione può non verificarsi per altri materiali con la stessa forma (Figura 20 e Figura 21).

Figura 19

Due cavità a V con stessa forma, la prima vuota e la seconda riempita di un materiale con permettività 13, circa doppia rispetto al suolo circostante.

Oltre che dal materiale, naturalmente, la forma dell’immagine dipende molto

dall’inclinazione delle pareti e dalla profondità dell’oggetto. Ma se l’oggetto è riempito d’aria, la formazione del nodo di cravatta è molto probabile.

Spesso però non risulta visibile, quando la cavità ha altezza ridotta (forma schiacciata con pareti molto inclinate), perché l’alta velocità dell’aria fa sovrapporre tutte le riflessioni (tetto, base e pareti).

(36)

Figura 20

Tre cavità a V con stessa forma (meno schiacciata rispetto al caso precedente), riempite da materiali con permettività diverse: nel primo = 1, nel secondo = 4, nel terzo = 13.

Figura 21

Confronto con gli stessi materiali della figura 19, ma con una forma della V leggermente diversa (stavolta l’incrocio risulta nella prima, riempita d’aria, ma non risulta nella seconda).

(37)

2.3.3 - Cavità rettangolare

La forma più diffusa, soprattutto in contesti archeologici, è ovviamente la sezione

rettangolare. La classica immagine radar presenta riflessioni multiple orizzontali di tetto e base e l’incrocio delle due iperboli con vertici sugli angoli di base.

Se però l’oggetto è pieno d’aria e di altezza ridotta, molto spesso le iperboli sono talmente ampie da risultare indistinguibili, perché sovrapposte alle multiple.

Quando la velocità del mezzo è molto alta, infatti, le iperboli risultano molto ampie (quasi rettilinee), ed una cavità rettangolare (a base orizzontale) presenta numerose riflessioni rettilinee dovute al segnale che rimbalza più volte in direzione verticale (multiple).

Nei casi di cavità con tetto curvo, oppure con tetto piano a spigoli smussati, queste iperboli possono sovrapporsi alla curva di base o ai rami d’iperbole con vertici sugli estremi del tetto (gli spigoli smussati si comportano, come gli angoli, analogamente agli oggetti puntiformi).

Le iperboli agli angoli di base possono essere studiate con l’analisi di velocità, per avere un’idea della velocità media dell’onda nel suo percorso tra l’antenna e la base della cavità. Vediamo alcuni esempi che saranno utili nel confronto con i dati reali.

Nei primi tre (Figure da 22 a 27) aumentiamo progressivamente la velocità del materiale incassante: si può osservare, infatti, che la doppia riflessione sul tetto della cavità (RRR) si rileva a tempi sempre maggiori e che le velocità indicate dalle iperboli sono sempre minori (0.222 - 0.2 - 0.186).

Nel quarto (Figure 28 e 29) la stessa cavità viene posizionata a profondità maggiore, di conseguenza la velocità media risulta minore (0.154), perché il percorso nel materiale esterno è molto maggiore rispetto al percorso nell’aria.

Nel quinto (Figure 30 e 31) si simula una cavità più grande, ma con il tetto a profondità minore. In questo caso la velocità è maggiore che in tutti gli altri casi (0.232).

(38)

Esempio 1

Figura 22

Cavità rettangolare con tetto profondo 1 m e base profonda circa 2 m, all’interno di un materiale con velocità leggermente maggiore di 0.1 m/ns.

Figura 23

(39)

Esempio 2

Figura 24

Cavità rettangolare con tetto profondo 1 m e base profonda circa 2 m, all’interno di un materiale con v = 0.1 m/ns.

Figura 25

(40)

Esempio 3

Figura 26

Cavità rettangolare con tetto profondo 1 m e base profonda circa 2 m, all’interno di un materiale con velocità leggermente minore di 0.1 m/ns.

Figura 27

(41)

Esempio 4

Figura 28

Cavità rettangolare con tetto profondo 3 m e base profonda 4 m, all’interno di un materiale con v = 0.1 m/ns.

Figura 29

(42)

Esempio 5

Figura 30

Cavità rettangolare con tetto profondo circa 0.5 m e base profonda circa 3.5 m, all’interno di un materiale con v = 0.1 m/ns.

Figura 31

(43)

2.3.4 - Parallelogrammi inclinati

Se la sezione cava è un rettangolo, o in generale un parallelogramma inclinato, risulta molto più difficile individuare le riflessioni di base e pareti.

Confrontiamo, ad esempio, la Figura 32 e la Figura 33: la stessa forma vista prima come cavità e poi come corpo sepolto con velocità molto minore rispetto al suolo circostante.

Figura 32

Cavità vuota con sezione a forma di parallelogramma.

Figura 33

(44)

Ricostruendo il possibile percorso dei raggi, considerata la deviazione in aria, si può interpretare l’immagine distinguendo la riflessione della base da quella delle pareti.

Ma il problema inverso in casi reali e rumorosi, senza alcuna idea della forma dell’oggetto indagato, per le cavità risulta molto difficile.

Vediamo altri due casi:

Figura 34

Due cavità vuote con sezioni a parallelogramma, affiancate l’una all’altra.

Nella simulazione di Figura 34 la parete sinistra e la parete destra vengono intercettate dal segnale in posizioni dell’antenna molto diverse fra loro. Nella realtà, però,

un’interpretazione che ricostruisca un oggetto a partire da segmenti così distanti fra loro risulterebbe poco attendibile.

In quest’altro caso, invece, l’accostamento dei due oggetti inclinati risulta nella riflessione ad iperbole e croce tipica delle interfacce a forma di V (Figura 35):

(45)

Figura 35

Due cavità vuote con sezione a forma di parallelogramma, tanto ravvicinate da formare una V.

E’ importante sottolineare, infatti, che una forma iperbolica può avere svariate origini. Oltre a rappresentare un disturbo dell’ambiente esterno (ad esempio il soffitto, quando l’antenna non è ben schermata), essa può derivare dall’accostamento tra due strutture sepolte le cui pareti generano una doppia riflessione come nel caso di un’interfaccia a forma di V. Ad esempio due volte consecutive, come in Figura 36:

Figura 36

(46)

CAPITOLO 3

ACQUISIZIONI ED ANALISI DI DATI REALI

3.1 - CONTESTI D’INDAGINE, ESEMPI E RIFERIMENTI

Dopo le prime applicazioni del GPR in specifiche condizioni di permafrost o in aree

ricoperte di ghiaccio, il metodo ha cominciato a svilupparsi rapidamente per investigare gli strati meno profondi della sottosuperficie (Davis e Annan, 1989).

La localizzazione di cavità sotterrane è un’applicazione abbastanza tipica, usata per valutare i rischi relativi al collasso improvviso di cavità naturali (in formazioni rocciose i cui

minerali sono soggetti a dissoluzione) o artificiali (scavi, condutture o miniere

abbandonate). Anche in archeologia è ampiamente utilizzato, per rilevare strutture quali cripte, volte, canali sotterranei e gallerie.

Vediamo quali sono i casi più comunemente studiati.

3.1.1 - Cavità naturali

Il contesto naturale maggiormente approfondito in letteratura è il caso delle cavità di origine carsica. Rispetto ad altre tecniche non invasive, infatti, il GPR si è dimostrato il metodo più promettente nel rappresentare la struttura interna di formazioni carbonatiche.

Il metodo risulta particolarmente efficiente quando è forte il contrasto di proprietà elettriche tra il materiale interno ai vuoti e il materiale costituente le rocce carbonatiche, che tra l’altro presentano una bassa conduttività (da cui segue una bassa attenuazione del segnale).

E’ importante sottolineare, infatti, che le cavità carsiche possono essere parzialmente (o totalmente) riempite da diversi materiali (aria, acqua, ma anche sedimenti). Essendo 8.5 una stima della permettività media delle rocce calcaree, le condizioni ideali si verificano quando il contenuto è aria ( = 1) oppure un sedimento di diverso tipo, come ad esempio il tufo vulcanico ( = 5). Quest’ultimo, ad esempio, è il caso studiato da Reis (2014), di cui mostriamo un’immagine in Figura 37.

(47)

Figura 37

Modello geofisico del terreno (A). Time slice alla profondità di 2.5 m (B). Radargramma B-scan della linea di acquisizione L08 (C). Reis, 2014.

In tali contesti, quindi, il metodo può offrire una risoluzione decimetrica ed una notevole profondità di esplorazione e le frequenze comunemente impiegate variano tra 200 e 500 MHz, per una profondità massima desiderata di circa 5 m.

Per casi meno favorevoli (alta conduttività e maggiore attenuazione delle alte frequenze) oppure quando è necessaria un’esplorazione più profonda, sono stati recentemente sviluppati sistemi di antenne a bassa frequenza (50 MHz), che possono permettere di raggiungere addirittura 40 m di profondità.

Un’esempio di applicazione in questo caso è offerto da Gosar (2012), che ha effettuato un’indagine georadar sopra una grande grotta in zona carsica, allo scopo di valutare l’efficacia di certe antenne a 50 MHz nel rilevare l’esistenza di gallerie sconosciute molto profonde.

Rispetto all’esplorazione più superficiale, le operazioni sul campo risultano logisticamente svantaggiose: le antenne possono raggiungere dimensioni di 4 m e pesi di 3 kg, e devono essere distanziate tra loro di circa 5 m. Ciò richiede sistemi di connessione tra di esse, ed abilità dell’operatore nel traslare il tutto rigidamente su terreni irregolari e spesso densi di vegetazione.

Si spiega, dunque, perché sia raro trovare pubblicazioni sull’uso del georadar a bassissima frequenza in zone carsiche. Ad ogni modo, l’indagine profonda può essere molto importante per progetti specifici come la costruzione di gallerie, dove risulta fondamentale determinare la stabilità della roccia sottostante.

(48)

Nel caso esaminato da Gosar le condizioni favorevoli (calcari relativamente asciutti durante l’acquisizione) hanno permesso di ottenere discreti risultati. Ne vediamo un esempio in

Figura 38.

Figura 38

Esempio di B-scan su una grotta carsica. Gosar, 2012.

3.1.2 - Cavità antropiche

Le cavità artificiali tipicamente indagate, come infrastrutture, edifici o ambienti interni a chiese e monumenti, presentano geometrie solitamente regolari. Si tratta spesso di

condutture a sezione circolare, tombe e camere a sezione rettangolare, possibilmente con copertura a forma di volta.

Si adoperano antenne di frequenza compresa tra 100 e 500 MHz, a meno che non si desideri una risoluzione centimetrica in strutture di piccole dimensioni e poco profonde: in tal caso la frequenza necessaria è dell’ordine di alcune migliaia di MHz (2 GHz circa).

In Figura 39 e Figura 40 (Lorenzo, 2002) si vedono esempi di profili che tagliano trasversalmente o longitudinalmente delle gallerie con tetto a volta.

In Figura 39 lo stesso profilo acquisito con due antenne diverse (120 e 500 MHz) mostra che la scarsa risoluzione data dalla frequenza più bassa non impedisce di distinguere tetto e base della cavità, seppure la frequenza maggiore risulti più indicata (anche per risalire alla velocità dall’apertura delle iperboli).

(49)

Figura 39

B-scan su sezioni trasversali di gallerie a volta. Confronto tra risultati ottenuti con due frequenze diverse: 500 MHz (figura centrale) e 120 Mhz (figura in basso). Lorenzo, 2002.

Figura 40

Profilo radar che seziona cinque diverse camere sepolte (alcune in senso trasversale, altre in senso longitudinale), con una frequenza di 500 Mhz. Lorenzo, 2002.

(50)

Già da qui possiamo osservare, come risulta evidente dalla simulazione in Figura 41

(Boubaki, 2011), come sia difficile determinare con precisione l’estensione laterale delle cavità (distanza tra pareti opposte), mentre è possibile stimare la profondità dello strato sovrastante, la posizione lungo il profilo del centro della cavità, e la sua estensione verticale (supponendo noto il materiale di riempimento). Il centro corrisponde al vertice

dell’iperbole, e la conoscenza della velocità dell’onda in quel materiale permette di calcolare le distanze a partire dagli intervalli di tempo. Come osservato sulle simulazioni, l’estensione laterale non è invece determinabile dall’apertura delle iperboli, a causa della direzione non definita del fascio elettromagnetico inviato dall’antenna.

Figura 41

Esempio di simulazione su cavità a sezione semicircolare. Boubaki, 2011.

Altro esempio di cavità di interesse archeologico sono le tombe antiche, studiate ad esempio da Conyers (2006). Più che le riflessioni negli spazi vuoti, in questo caso le riflessioni osservate possono essere dovute principalmente al materiale costituente le coperture (coperchi in legno o in metallo), oppure, nel caso di deterioramento della

copertura, al solo contrasto di permettività tra il materiale circostante e la colonna di suolo disturbata dallo scavo (discontinuità verticale).

Vediamo un esempio del primo caso in Figura 42, e del secondo caso in Figura 43. In Figura 42 si distinguono le riflessioni su coperchi di diverso materiale: quelli metallici provocano un forte effetto di ringing, poiché sulla discontinuità suolo/metallo l’energia viene quasi completamente riflessa: è da notare, infatti, che le riflessioni multiple si verificano tra la superficie aria/suolo e la superficie suolo/metallo, non all’interno della cavità come saremmo portati ad immaginare.

(51)

Figura 42

Indagine radar su tombe antiche: esempi di riflessioni su coperture di materiali diversi. Conyers, 2006.

Figura 43

Indagine radar su tombe antiche: in questo caso manca la copertura, ma si nota una discontinuità verticale, dovuta probabilmente al contrasto di permettività tra la colonna di suolo disturbata dallo scavo ed il materiale circostante. Conyers, 2006.

(52)

3.2 - LE NOSTRE INDAGINI: CHIESA DI SALUZZO

Per studiare come possono presentarsi ed essere analizzate le immagini radar di cavità reali,

abbiamo preso in considerazione i dati acquisiti in due contesti diversi:

cavità antropiche in contesto archeologico (chiesa di Saluzzo) e cavità naturali in contesto geologico (grotta del Monticello).

Per entrambe le indagini sono state impiegate antenne monostatiche prodotte dalla compagnia IDS (Ingegneria Dei Sistemi S.P.A).

3.2.1 - Introduzione

Nel mese di aprile 2014 è stata effettuata

un’indagine radar a Saluzzo (CN), nella chiesa di San Giovanni, allo scopo di rilevare l’eventuale presenza di strutture murarie, cavità, cripte, tombe o altri oggetti sepolti.

E’ stata interessata l’intera copertura pavimentale (circa 7200 di superficie), seguendo una griglia regolare a maglia quadrata costruita con nastri metrici.

Per ciascuno dei 9 settori della chiesa, quindi, disponiamo di un notevole numero di scansioni: profili trasversali e longitudinali si intersecano tra loro con spaziatura di 25 cm.

Figura 44

(53)

3.2.2 - Parametri di acquisizione

Per questa indagine è stata scelta una frequenza di 600 Mhz, prevedendo una

profondità di penetrazione del segnale di circa 1 m.

Essendo stata acquisita una griglia di profili (che permette di visualizzare i dati anche su piani orizzontali), dobbiamo distinguere i due passi di campionamento spaziale nelle due diverse direzioni tra loro perpendicolari: in-line e cross-in-line.

Di seguito elenchiamo i valori assegnati agli altri parametri d’acquisizione:

 finestra temporale: 200 ns

 velocità ipotetica media delle onde elettromagnetiche: 0.1 m/ns  passo di campionamento spaziale in-line: 0.01 m

 passo di campionamento spaziale cross-line: 0.25 m  passo di campionamento temporale: 0.1953 ns

(ogni traccia è formata da 1024 campioni)

Osserviamo che tale scelta rispetta il criterio precedentemente descritto per evitare aliasing temporale (paragrafo 1.5.2): frequenza di campionamento maggiore del triplo della frequenza centrale nominale dell’antenna.

> 3

Infatti: = 600 =

Riferimenti

Documenti correlati

 Tenor, cioè le scadenze (in numero di mesi) per le quali abbiamo i livelli degli zero rates. Infatti, questa matrice tridimensionale contiene i valori futuri di tutti

In view of this conflicting evidence, we did a randomised trial to compare the standard myeloablative busulfan plus cyclophosphamide regimen with the reduced

nerazione” indica anche «l’insieme degli individui che hanno all’incirca la stessa età o vivono nella stessa epoca»: questa è la definizione che più la avvicina al concetto

Non è un caso che l’introduzione di Simona Corso dia avvio al volume sotto gli auspici della Repubblica di Platone, così come non risultano scontati i riferimenti alla

Si veda il secondo capitolo (2. Quadro metodologico) per cono- scere le indicazioni fornite da alcuni studi per la creazione di uno strumento di revisione del testo e per

In the rest of the experiments, we adopt the consecutive events approach, using the event type frequency measure. Overall, with that method we achieved an accuracy close to

Suri, Deep learning strategy for accurate carotid intima-media thickness measurement: An ultrasound study on Japanese diabetic cohort,.. Computers in Biology and Medicine (2018),

First principles calculations based on density functional theory predict a highly selective adsorption site for Mg atoms and negligible preference for the growth of Mg islands on