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Dopo le prime applicazioni del GPR in specifiche condizioni di permafrost o in aree

ricoperte di ghiaccio, il metodo ha cominciato a svilupparsi rapidamente per investigare gli strati meno profondi della sottosuperficie (Davis e Annan, 1989).

La localizzazione di cavità sotterrane è un’applicazione abbastanza tipica, usata per valutare i rischi relativi al collasso improvviso di cavità naturali (in formazioni rocciose i cui

minerali sono soggetti a dissoluzione) o artificiali (scavi, condutture o miniere

abbandonate). Anche in archeologia è ampiamente utilizzato, per rilevare strutture quali cripte, volte, canali sotterranei e gallerie.

Vediamo quali sono i casi più comunemente studiati.

3.1.1 - Cavità naturali

Il contesto naturale maggiormente approfondito in letteratura è il caso delle cavità di origine carsica. Rispetto ad altre tecniche non invasive, infatti, il GPR si è dimostrato il metodo più promettente nel rappresentare la struttura interna di formazioni carbonatiche.

Il metodo risulta particolarmente efficiente quando è forte il contrasto di proprietà elettriche tra il materiale interno ai vuoti e il materiale costituente le rocce carbonatiche, che tra l’altro presentano una bassa conduttività (da cui segue una bassa attenuazione del segnale).

E’ importante sottolineare, infatti, che le cavità carsiche possono essere parzialmente (o totalmente) riempite da diversi materiali (aria, acqua, ma anche sedimenti). Essendo 8.5 una stima della permettività media delle rocce calcaree, le condizioni ideali si verificano quando il contenuto è aria ( = 1) oppure un sedimento di diverso tipo, come ad esempio il tufo vulcanico ( = 5). Quest’ultimo, ad esempio, è il caso studiato da Reis (2014), di cui mostriamo un’immagine in Figura 37.

Figura 37

Modello geofisico del terreno (A). Time slice alla profondità di 2.5 m (B). Radargramma B-scan della linea di acquisizione L08 (C). Reis, 2014.

In tali contesti, quindi, il metodo può offrire una risoluzione decimetrica ed una notevole profondità di esplorazione e le frequenze comunemente impiegate variano tra 200 e 500 MHz, per una profondità massima desiderata di circa 5 m.

Per casi meno favorevoli (alta conduttività e maggiore attenuazione delle alte frequenze) oppure quando è necessaria un’esplorazione più profonda, sono stati recentemente sviluppati sistemi di antenne a bassa frequenza (50 MHz), che possono permettere di raggiungere addirittura 40 m di profondità.

Un’esempio di applicazione in questo caso è offerto da Gosar (2012), che ha effettuato un’indagine georadar sopra una grande grotta in zona carsica, allo scopo di valutare l’efficacia di certe antenne a 50 MHz nel rilevare l’esistenza di gallerie sconosciute molto profonde.

Rispetto all’esplorazione più superficiale, le operazioni sul campo risultano logisticamente svantaggiose: le antenne possono raggiungere dimensioni di 4 m e pesi di 3 kg, e devono essere distanziate tra loro di circa 5 m. Ciò richiede sistemi di connessione tra di esse, ed abilità dell’operatore nel traslare il tutto rigidamente su terreni irregolari e spesso densi di vegetazione.

Si spiega, dunque, perché sia raro trovare pubblicazioni sull’uso del georadar a bassissima frequenza in zone carsiche. Ad ogni modo, l’indagine profonda può essere molto importante per progetti specifici come la costruzione di gallerie, dove risulta fondamentale determinare la stabilità della roccia sottostante.

Nel caso esaminato da Gosar le condizioni favorevoli (calcari relativamente asciutti durante l’acquisizione) hanno permesso di ottenere discreti risultati. Ne vediamo un esempio in

Figura 38.

Figura 38

Esempio di B-scan su una grotta carsica. Gosar, 2012.

3.1.2 - Cavità antropiche

Le cavità artificiali tipicamente indagate, come infrastrutture, edifici o ambienti interni a chiese e monumenti, presentano geometrie solitamente regolari. Si tratta spesso di

condutture a sezione circolare, tombe e camere a sezione rettangolare, possibilmente con copertura a forma di volta.

Si adoperano antenne di frequenza compresa tra 100 e 500 MHz, a meno che non si desideri una risoluzione centimetrica in strutture di piccole dimensioni e poco profonde: in tal caso la frequenza necessaria è dell’ordine di alcune migliaia di MHz (2 GHz circa).

In Figura 39 e Figura 40 (Lorenzo, 2002) si vedono esempi di profili che tagliano trasversalmente o longitudinalmente delle gallerie con tetto a volta.

In Figura 39 lo stesso profilo acquisito con due antenne diverse (120 e 500 MHz) mostra che la scarsa risoluzione data dalla frequenza più bassa non impedisce di distinguere tetto e base della cavità, seppure la frequenza maggiore risulti più indicata (anche per risalire alla velocità dall’apertura delle iperboli).

Figura 39

B-scan su sezioni trasversali di gallerie a volta. Confronto tra risultati ottenuti con due frequenze diverse: 500 MHz (figura centrale) e 120 Mhz (figura in basso). Lorenzo, 2002.

Figura 40

Profilo radar che seziona cinque diverse camere sepolte (alcune in senso trasversale, altre in senso longitudinale), con una frequenza di 500 Mhz. Lorenzo, 2002.

Già da qui possiamo osservare, come risulta evidente dalla simulazione in Figura 41

(Boubaki, 2011), come sia difficile determinare con precisione l’estensione laterale delle cavità (distanza tra pareti opposte), mentre è possibile stimare la profondità dello strato sovrastante, la posizione lungo il profilo del centro della cavità, e la sua estensione verticale (supponendo noto il materiale di riempimento). Il centro corrisponde al vertice

dell’iperbole, e la conoscenza della velocità dell’onda in quel materiale permette di calcolare le distanze a partire dagli intervalli di tempo. Come osservato sulle simulazioni, l’estensione laterale non è invece determinabile dall’apertura delle iperboli, a causa della direzione non definita del fascio elettromagnetico inviato dall’antenna.

Figura 41

Esempio di simulazione su cavità a sezione semicircolare. Boubaki, 2011.

Altro esempio di cavità di interesse archeologico sono le tombe antiche, studiate ad esempio da Conyers (2006). Più che le riflessioni negli spazi vuoti, in questo caso le riflessioni osservate possono essere dovute principalmente al materiale costituente le coperture (coperchi in legno o in metallo), oppure, nel caso di deterioramento della

copertura, al solo contrasto di permettività tra il materiale circostante e la colonna di suolo disturbata dallo scavo (discontinuità verticale).

Vediamo un esempio del primo caso in Figura 42, e del secondo caso in Figura 43. In Figura 42 si distinguono le riflessioni su coperchi di diverso materiale: quelli metallici provocano un forte effetto di ringing, poiché sulla discontinuità suolo/metallo l’energia viene quasi completamente riflessa: è da notare, infatti, che le riflessioni multiple si verificano tra la superficie aria/suolo e la superficie suolo/metallo, non all’interno della cavità come saremmo portati ad immaginare.

Figura 42

Indagine radar su tombe antiche: esempi di riflessioni su coperture di materiali diversi. Conyers, 2006.

Figura 43

Indagine radar su tombe antiche: in questo caso manca la copertura, ma si nota una discontinuità verticale, dovuta probabilmente al contrasto di permettività tra la colonna di suolo disturbata dallo scavo ed il materiale circostante. Conyers, 2006.

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