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Valutazione dell'efficacia della progettazione in capacita' di strutture in acciaio a controventi eccentrici

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSIT `

A DI PISA

SCUOLA DI INGEGNERIA

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE E INDUSTRIALE

Valutazione dell’efficacia della

progettazione in capacit`

a per strutture in

acciaio a controventi eccentrici

RELATORI

CANDIDATA

Prof. Ing. Walter Salvatore

Marta Tassone

Ing. Silvia Caprili

Ing. Nicola Mussini

(2)

Indice

1 Stato dell’arte 1

1.1 Progettazione sismica . . . 1

1.1.1 Cenni storici . . . 1

1.1.2 Criteri di progettazione moderna . . . 2

1.1.2.1 Performance-based design . . . 2

1.1.2.2 Metodi di analisi non lineari . . . 4

1.1.2.3 Metodi di analisi lineare . . . 7

1.1.2.4 Progettazione in capacit`a . . . 12

1.2 Progettazione moderna di strutture in acciaio . . . 12

1.2.1 Sistemi strutturali . . . 13

1.2.1.1 Strutture a telaio non controventate (MRF) . . . 14

1.2.1.2 Strutture a telaio con controventi concentrici (CBF) . . . 16

1.2.1.3 Strutture a telaio con controventi eccentrici (EBF) . . . 18

1.3 Modellazione non lineare . . . 20

1.3.1 Non linearit`a geometrica . . . 20

1.3.2 Non linearit`a del materiale . . . 21

1.3.3 Esempi di modellazione non lineare per strutture EBF . . . 22

2 Obiettivi e metodologia 28 2.1 Problemi aperti ed obiettivi . . . 28

2.2 Metodologia . . . 29

2.2.1 Organizzazione della tesi . . . 30

3 Prove in laboratorio e modellazione del link 31 3.1 Esecuzione delle prove sperimentali . . . 31

3.1.1 Set-up delle prove . . . 31

3.1.2 Protocolli di carico . . . 36

3.2 Risultati delle prove . . . 38

3.2.1 Valutazione dei rapporti di incrudimento ρ . . . 41

3.3 Modellazione non lineare del link . . . 42

4 Progettazione sismica dei casi studio 45 4.1 Selezione dei casi studio . . . 45

4.2 Caratteristiche geometriche . . . 45

(3)

4.4 Verifiche . . . 50

4.4.1 Verifiche allo SLD . . . 50

4.4.2 Verifiche degli elementi secondari . . . 50

4.4.3 Verifiche degli elementi sismo-resistenti . . . 52

4.5 Progettazione dei telai sismo-resistenti . . . 54

4.5.1 AP1 uffici . . . 54

4.5.2 AP2 uffici . . . 57

4.5.3 AP1 commerciale . . . 59

4.5.4 AP2 commerciale . . . 61

5 Analisi non lineari 64 5.1 Modellazione non lineare in OpenSees . . . 64

5.1.1 Modellazione dei link . . . 64

5.1.2 Modellazione di travi, colonne e diagonali . . . 65

5.2 Requisiti prestazionali e criteri di accettazione . . . 67

5.3 Esecuzione delle analisi push-over . . . 68

5.3.1 Definizione delle distribuzioni . . . 68

5.3.2 Risultati . . . 69

5.4 Esecuzione delle analisi parametriche dinamiche incrementali (IDA) . . . 74

5.4.1 Selezione degli accelerogrammi . . . 75

5.4.2 Definizione dei parametri di analisi . . . 76

5.4.3 Risultati . . . 77

5.4.3.1 Influenza della modellazione del legame costitutivo . . . 80

5.4.3.2 Influenza dell’approccio progettuale . . . 81

5.4.3.3 Influenza del rapporto di incrudimento . . . 84

(4)

Capitolo 1

Stato dell’arte

1.1

Progettazione sismica

1.1.1

Cenni storici

La branca dell’Ingegneria Civile afferente alla progettazione nei confronti dell’azione sismica, rappre-senta sicuramente un tema attuale. Infatti, i primi concetti formulati al riguardo, che rapprerappre-sentano la base degli attuali metodi di progettazione, sono stati condotti circa cinquant’anni fa, grazie alle innovazioni tecnologiche e scientifiche. Ovviamente, uno degli aspetti fondamentali `e rappresentato da una corretta modellazione dell’azione sismica, finalizzata al calcolo della domanda per progettare gli elementi strutturali, nonch´e la corretta definizione di procedure finalizzate alla individuazione di precise prestazioni delle costruzioni in base all’entit`a dell’azione sismica stessa. La prima proposta di modellazione per l’azione sismica venne fatta agli inizi del ‘900 quando, a seguito di grandi eventi sismici che colpirono la California, si pens`o di equipararla ad un carico da vento di opportuna in-tensit`a. Pass`o poi qualche decennio prima di giungere alla definizione dello spettro di risposta di un oscillatore ad un grado di libert`a, avente comportamento elasto-plastico. A tal riguardo, Housner et al. (1960) propose un approccio energetico, uguagliando l’energia immagazzinata da un oscillato-re elastico, dotato di uno smorzamento equivalente ξ, con quella oscillato-responsabile della plasticizzazione dell’oscillatore elasto-plastico (vedi Fig. 1.1).

Figura 1.1: Sistema a un grado di libert`a eccitato alla base (a), risposta elastica (b), risposta anelastica (c) (Petrini L. et al. 2004)

(5)

`

E solo negli anni ’60 che si giunse alla definizione del concetto di spettro di risposta di progetto, utilizzato dalle attuali norme tecniche: a partire da uno spettro di risposta elastico, le ordinate sono opportunamente scalate di un fattore che tiene in considerazione il comportamento post-elastico esibito dall’oscillatore elasto-plastico. In pratica vennero confrontati gli spettri in spostamento, velocit`a ed accelerazione (Velestos A. S. et al. 1960) di un oscillatore elastico e di quello elasto-plastico e si not`o che questi presentavano tre zone (vedi Fig 1.2) in cui poter essere correlati; un primo tratto in cui raggiungevano la stessa accelerazione massima, un secondo tratto in cui immagazzinavano uguale quantit`a di energia ed, infine, un ultimo tratto in cui subivano il medesimo spostamento massimo.

Figura 1.2: Spettro di risposta in scala logaritmica di un oscillatore semplicemente smorzato (Velestos A. S. et al. 1960)

Gli studi condotti fino a quel momento trovarono“terreno fertile”negli anni ’80 quando, grazie agli sviluppi in campo elettronico e alla conseguente possibilit`a di utilizzo di sofisticati programmi di calcolo, fu finalmente possibile eseguire analisi dinamiche sia in campo lineare che non lineare. Quindi si affinarono le metodologie progettuali che consentirono sempre pi`u lo sfruttamento delle riserve post-elastiche della struttura, ma ci`o port`o le strutture a deformazioni e spostamenti eccessivi; divenne quindi necessario garantire che l’edificio non subisse danni troppo elevati per il livello di azione sperimentata. Ci`o porto alla definizione di spettri diversi per caratterizzare l’azione sismica, a seconda che se ne vadano a valutare i danni o il collasso.

1.1.2

Criteri di progettazione moderna

1.1.2.1 Performance-based design

I criteri di progettazione moderna si basano su di una procedura di progettazione agli stati limite, generalmente nota con il termine “performance-based design”(PBD).

(6)

Secondo questa filosofia progettuale si identificano dei livelli di prestazione che la struttura deve soddisfare al variare dell’intensit`a del sisma; in particolare ad ogni livello di performance `e associato un evento sismico avente una data probabilit`a di eccedenza, ovvero un determinato periodo di ritorno. Le prestazioni attese ad ogni livello possono essere espresse in termini di tensione, carico, sposta-mento, deformazioni, accelerazioni, etc.

I documenti che hanno introdotto il concetto di performance-based design sono sostanzialmente tre:

- SEAOC Vision 2000; - ATC 40;

- FEMA 273 e 274.

Poich´e i tre documenti sopra citati forniscono livelli di prestazione che si differenziano da un testo all’altro pi`u nel nome che nei contenuti, si riportano arbitrariamente in Tab. 1.1 le indicazioni presenti nelle FEMA, indicando con:

- Operativit`a: non vengono interrotte le attivit`a e non si hanno danni alla struttura;

- Immediata ripresa dell’operativit`a: le operazioni e le attivit`a possono essere riprese immedia-tamente in tutta sicurezza e i danni sono limitati;

- Salvaguardia della vita: i danni possono essere ingenti e le attivit`a vengono interrotte, ma la struttura rimane stabile non mettendo in pericolo la vita umana;

- Prevenzione del collasso: i danni sono tali da mettere a rischio la stabilit`a della struttura che, in generale, non `e pi`u riparabile.

LIVELLO DI PERFORMANCE PROBABILIT `A DI ECCEDENZ `A PERIODO DI RITORNO

Operativit`a 50% in 50 anni 72 anni

Immediata ripresa dell’operativit`a 20% in 50 anni 224 anni

Salvaguardia della vita 10% in 50 anni 475 anni

Prevenzione del collasso 2% in 50 anni 2475 anni

Tabella 1.1: Livelli di prestazione (FEMA 356)

Anche la Normativa italiana risulta essere in linea con quanto `e previsto anche da altri codici normativi, quali quello europeo (Eurocodice) e americano (FEMA), fa una distinzione tra “Stati Limite Ultimi”e “Stati Limite di Esercizio”. Secondo questa filosofia di progettazione i sistemi sismo-resistenti devono, nel primo caso, essere progettati affinch´e non si giunga al collasso della struttura stessa e, nel secondo caso, ne siano limitati i danni.

Scendendo pi`u nel dettaglio, nelle NTC 08, sono definiti quattro Stati Limite, a cui corrispondono verifiche concettualmente diverse tra loro.

Rientrano negli “Stati Limite Ultimi”quelle verifiche che considerano eventi sismici con bassa probabilit`a di accadimento, ovvero elevato periodo di ritorno; in particolare si parla di “Stato Limite

(7)

di Salvaguardia della Vita”(SLV) per eventi che hanno probabilit`a di superamento del 10% durante la vita di riferimento VR della struttura e di “Stato Limite di Collasso”(SLC) per eventi che hanno

probabilit`a di superamento del 5%. In entrambi i casi `e accettato che la struttura risulti gravemente danneggiata ma, oltre a continuare a sopportare i carichi verticali, quindi non giungere al collasso, essa deve, nel caso delle verifiche allo SLC, mantenere una capacit`a residua di resistenza nei confronti delle azioni orizzontali.

Rientrano invece negli “Stati Limite di Esercizio”verifiche di strutture progettate per sopportate un’azione sismica con maggiore probabilit`a di accadimento rispetto ai casi precedenti, ovvero si parla di “Stato Limite di Danno”(SLD) quando la probabilit`a di superamento `e del 63% e di “Stato Limite di Operativit`a”(SLO) quando `e dell’81%. In entrambi i casi la struttura deve rimanere agibile e mostrare danni limitati; in pi`u, nel caso di SLO, essa deve rimanere operativa anche in termini di apparecchiature ed impianti. Per controllare che siano soddisfatte queste verifiche vengono fatte delle valutazioni in termini di spostamenti, sia assoluti che relativi.

Al fine di valutare la risposta strutturale per i diversi stati limite (e.g. livello prestazionale associato ad un determinato periodo di ritorno dell’evento sismico) possono essere condotti diversi tipi di analisi; di seguito verranno pertanto richiamati i principali metodi.

1.1.2.2 Metodi di analisi non lineari

Le analisi delle strutture soggette ad azione sismica possono essere di tipo lineare o non lineare, sta-tico o dinamico. Ogni metodo di analisi pu`o essere utilizzato se capace di rappresentare la risposta sismica dell’edificio in oggetto; in particolare ci`o dipende dalle caratteristiche della struttura (rego-larit`a, periodo proprio) e dall’importanza della struttura stessa (grado di accuratezza che si intende raggiungere).

In Fig. 1.3 `e rappresentato uno schema riepilogativo dei metodi di analisi.

(8)

Le analisi non lineari, utilizzate esclusivamente per sistemi dissipativi (e.g. si considera il fatto che si vada a sfruttare la risposta della struttura in campo plastico, confidando nel requisito di duttilit`a), tengono conto delle non linearit`a geometriche (grandi spostamenti, effetti del secondo ordine, per cui la configurazione iniziale non pu`o essere scambiata per quella deformata) e delle non linearit`a del materiale (perdita di rigidezza e resistenza, deformazioni irreversibili, comportamento ciclico). Queste sono pertanto in grado di dare informazioni circa la distribuzione della domanda sismica in ogni elemento, cogliendo i cambiamenti nella risposta della struttura che si verificano man mano che gli elementi si snervano.

Analisi non lineare dinamica

Questo metodo di analisi risulta certamente essere il pi`u accurato per la valutazione della risposta di una struttura sottoposta ad azione sismica. La risposta si ottiene attraverso l’integrazione numerica diretta delle equazioni differenziali del moto utilizzando degli accelerogrammi per rappresentare i mo-vimenti del terreno. Affinch´e l’analisi possa essere effettuata con successo risulta fondamentale sia la scelta degli accelerogrammi che l’individuazione di un modello capace di descrivere il comportamento degli elementi in fase post-elastica sotto cicli di carico e scarico.

Tra i diversi metodi di analisi dinamica non lineare, emerge sicuramente l’analisi dinamica in-crementale (Vamvatsikos D., Cornell C. A. 2002), peraltro utilizzata nel presente lavoro di tesi. La procedura di calcolo di tale metodo viene illustrata qui sotto.

Analisi dinamica incrementale (IDA)

L’analisi IDA permette di indagare il comportamento dinamico di una struttura a diversi livelli di intensit`a sismica; per fare ci`o, dato un accelerogramma, si svolgono diverse analisi dinamiche con un input sismico di volta in volta scalato in maniera crescente (ovvero scalando l’accelerogramma) fino a raggiungere il collasso della struttura o un prefissato livello di deformazione o spostamento. Questo tipo di analisi `e vantaggioso rispetto ad una singola analisi dinamica poich´e permette di osservare il comportamento strutturale dell’edificio al crescere della forzante sismica anche se, a differenza di una push-over, fornisce solamente un’immagine “per punti”.

Per una migliore comprensione sono introdotte le seguenti definizioni:

- Accelerogramma di base a: `e una singola storia temporale in termini di accelerazione caratte-rizzata da un suo valore massimo ben preciso. Si tratta in pratica di un vettore i cui elementi sono a(ti) dove t appartiene {0, t1, . . . , tn−1}.

- Fattore di scala SF : `e uno scalare non negativo che, moltiplicato per tutti i termini dell’accelero-gramma base, consente di ottenere un accelerodell’accelero-gramma scalato aλ con un nuovo valore massimo

di accelerazione di picco. Ci`o vale a dire che un valore di λ = 1 indica l’accelerogramma originale, λ < 1 `e un valore ridotto dell’accelerogramma per cui aλ = λ · a.

- Misura di intensit`a IM : `e una funzione non negativa che dipende da aλ ed `e

monotonica-mente crescente con λ; le grandezze pi`u utilizzabili per caratterizzare l’intensit`a di un sisma sono l’accelerazione di picco al suolo (PGA), la velocit`a di picco del terreno, l’accelerazione spettrale corrispondente al primo modo di vibrare della struttura (ottenuta ad un rapporto di smorzamento ξ del 5%).

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- Misura di danno DM : `e un numero non negativo legato alla risposta della struttura ad una data sollecitazione sismica. Tra gli esempi di DM si possono trovare il taglio alla base della struttura, il massimo spostamento del baricentro dell’ultimo solaio, i massimi spostamenti di interpiano, la massima rotazione plastica.

- Curva IDA: `e un grafico in cui si rappresenta una misura di danno rispetto ad una o pi`u misure di intensit`a e consente di dedurre importanti propriet`a della struttura o dei singoli elementi in esame; convenzionalmente le variabili IM e DM vengono riportate rispettivamente in ascissa e in ordinata.

La curva IDA contiene le informazioni necessarie per valutare i livelli di prestazione o gli sta-ti limite come richiesto nella Performance Based Design in cui l’approccio di sta-tipo prestazionale `e incentrato pi`u sullo stato di fruibilit`a e danneggiamento delle strutture che sulla resistenza degli elementi.

Esistono diverse regole per valutare i livelli di prestazione, regole che possono essere basate su DM o IM, a seconda di come si definisce il punto di capacit`a; oltre questo punto inizia la regione di collasso.

Qui viene introdotta una regola basata sulla misura di danno, vantaggiosa per la sua semplicit`a e facilit`a di implementazione (vedi Fig. 1.4).

L’idea `e che DM sia un indicatore del danno strutturale quindi, raggiunto un certo valore, si assume che il modello sia giunto ad un certo stato limite ed, in particolare, quando DM ≤ CDM si

eccede lo stato limite stesso. Quindi il primo punto che raggiunge un dato valore limite (come ad esempio la rotazione plastica di un link, in un telaio a controventi eccentrici, pari a 0,08 radianti) rappresenta la capacit`a a cui corrisponde il collasso della struttura.

(10)

Analisi non lineare statica

Questo tipo di analisi, comunemente noto con il termine push-over, permette di cogliere i cambiamenti nella risposta della struttura attraverso l’applicazione di due diversi sistemi di forze orizzontali (uno proporzionale alle masse, l’altro al prodotto delle masse per la deformata individuata dal primo modo di vibrare, vedi Fig. 1.5) crescenti monotone, applicate ad un modello della struttura soggetta a carichi gravitazionali e con un comportamento non lineare del materiale.

Figura 1.5: Distribuzione di forze orizzontali uniforme (a) e modale (b)

Il risultato dell’analisi `e l’ottenimento della curva di capacit`a della struttura (taglio alla base – spostamento del centro di massa dell’ultimo solaio); la capacit`a potr`a poi essere confrontata con la domanda simica tramite l’utilizzo del metodo grafico N2 (Fajfar P. 2000) su di un piano ADRS (spettro di risposta in pseudoaccelerazione – spostamento).

L’analisi push-over `e un utile strumento per valutare la duttilit`a della struttura. Di contro si pu`o dire che questo tipo di analisi si basa su un’ipotesi non sempre attendibile, cio`e che la risposta sismica della struttura reale sia sempre confrontabile con quella di un oscillatore semplice ad un grado di libert`a. Ci`o implica quindi che la risposta stessa dipenda essenzialmente dal primo modo di vibrare che deve rimanere costante durante tutta la storia di carico; ipotesi non sempre corretta soprattutto nel caso di strutture irregolari.

Comparando i risultati ottenuti con IDA e push-over si pu`o notare che il ramo elastico e la formazione della prima cerniera plastica sostanzialmente coincidono.

In conclusione comparando i risultati ottenuti con IDA e push-over si pu`o notare che il ramo elastico e la formazione della prima cerniera plastica sostanzialmente coincidono, ma i risultati delle analisi IDA mostrano che questo metodo risulta essere lo strumento pi`u valido per l’ingegneria sismica anche se non ancora molto pratico da utilizzare per gli utenti visti il peso computazionale e la difficolt`a nella selezione di accelerogrammi che siano effettivamente rappresentativi.

1.1.2.3 Metodi di analisi lineare

L’analisi lineare consiste in un metodo di analisi semplificato per cui la modellazione del legame costitutivo del materiale `e, appunto, di tipo elastico lineare. Questa pu`o essere utilizzata sia per sistemi dissipativi che non dissipativi; in quest’ultimo caso, per mettere in conto l’energia dissipata dagli elementi duttili, viene introdotto il concetto di fattore di struttura q.

In pratica, poich´e la struttura pu`o sopportare azioni maggiori rispetto a quelle che portano alla prima plasticizzazione, si pu`o considerare di ridurre le azioni elastiche stesse, tenendo cos`ı conto in modo semplificato delle capacit`a dissipative anelastiche della struttura.

(11)

Nella Normativa il valore del fattore di struttura pu`o essere calcolato mediante l’espressione: q = q0· KR

con:

q0 il valore massimo del fattore di struttura che assume diversi valori in funzione del materiale e della

tipologia strutturale;

KR un coefficiente pari ad 1 se la struttura risulta regolare in altezza e pari a 0,8 altrimenti.

La valutazione del fattore di struttura `e indubbiamente uno dei nodi focali, nonch´e l’aspetto critico di questa filosofia progettuale.

Le analisi IDA e push-over forniscono un valido strumento per la valutazione dell’effettivo valore di struttura q.

Per la valutazione del fattore di struttura con le analisi push-over si fa riferimento al metodo di Ballio-Setti seguendo la seguente equazione:

q = λu λs

con:

λu il moltiplicatore dell’accelerogramma al raggiungimento del primo stato limite;

λs il moltiplicatore delle forze sismiche statiche equivalenti a cui corrisponde la formazione della

prima cerniera plastica della struttura.

Figura 1.6: Discrepanza fra l’accelerazione spettrale dell’accelerogramma selezionato e quella dello spettro elastico

Per valutare il fattore di struttura a partire dalle IDA si fa sempre riferimento al metodo di Ballio-Setti, ma, nel caso in cui la PGA rappresenti l’IM, deve essere presa in considerazione la discrepanza tra lo spettro di progetto e quello generato con un accelerogramma artificiale, come mostrato in Fig. 1.6.

Allora, il metodo Ballio-Setti deve essere opportunamente modificato come segue: q = λu

λs

· as,art asd

(12)

as,art accelerazione spettrale dell’accelerogramma considerato;

asdaccelerazione dello spettro di progetto in corrispondenza del periodo fondamentale della struttura.

Per tener conto degli effetti delle non linearit`a geometriche, quando necessario, si ricorre al fattore θ definito, per ogni orizzontamento della struttura, come segue:

θ = P · dr V · h con:

P il carico verticale totale, calcolato mediante la Combinazione Sismica, della parte di struttura sovrastante l’orizzontamento in esame;

dr lo spostamento orizzontale medio di interpiano;

V la forza orizzontale totale in corrispondenza dell’orizzontamento in esame; h l’altezza di interpiano.

Al fine di definire le azioni sismiche da utilizzare nel caso di analisi lineari verranno di seguito introdotti i concetti di spettro elastico e anelastico.

Spettro elastico

Lo spettro di risposta elastico rappresenta il valore massimo di un parametro di risposta di un sistema a 1-GDL al variare del periodo proprio; in particolare, non conoscendo l’accelerogramma che inte-resser`a la struttura, questo `e espresso da una forma spettrale (spettro normalizzato) riferita ad uno smorzamento convenzionale del 5% che dovr`a poi essere moltiplicata per la massima accelerazione ag su sito rigido e per il coefficiente S che tiene conto della categoria di sottosuolo e delle condizioni

topografiche. Gli spettri di risposta possono essere in accelerazione, velocit`a e spostamento; si ripor-tano di seguito le espressioni dello spettro elastico in accelerazione delle componenti orizzontali cos`ı come definito al punto 3.2.3.2.1. delle NTC 2008:

0 ≤ T < TB Se(T ) = ag · S · η · F0 h T TB + 1 η·F0  1 − TT B i TB≤ T < TC Se(T ) = ag · S · η · F0 TC ≤ T < TD Se(T ) = ag · S · η · F0· T C T  TD ≤ T Se(T ) = ag · S · η · F0· T C·TD T2  in cui: T `e il periodo proprio;

TB il periodo corrispondente all’inizio del tratto ad accelerazione costante;

TC il periodocorrispondente all’inizio del tratto a velocit`a costante;

TD il periodo corrispondente all’inizio del tratto a spostamento costante;

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η il fattore che altera lo spettro elastico per coefficienti di smorzamento viscosi convenzionali diversi dal 5%.

In Fig. 1.7 vengono riportati esempi di spettri elastici in accelerazione per la componente orizzon-tale relativi ai diversi stati limite.

Figura 1.7: Spettri di risposta relativi ai diversi stati limite

Lo spettro di risposta elastico in spostamento pu`o essere poi ricavato dalla corrispondente risposta in accelerazione ovvero, come specificato al paragrafo 3.2.3.2.3 delle NTC 2008, mediante la seguente espressione: SDe(T ) = Se(T ) ·  T 2π 2 Spettro di progetto

Dallo spettro di risposta elastico si passa poi ad uno spettro di progetto da utilizzare, appunto, in fase progettuale; nel caso degli stati limite di esercizio lo spettro di progetto coincide con lo spettro elastico riferito alle probabilit`a di superamento precedentemente specificate. Per quanto riguarda gli stati limite ultimi, invece, le strutture possono essere arbitrariamente progettate aventi o meno comportamento dissipativo.

In quest’ultimo caso le strutture sono progettate per resistere ad azioni sismiche rimanendo in campo elastico senza lo sfruttamento di capacit`a dissipativa; anche qui, pertanto, lo spettro di progetto coincider`a con lo spettro elastico corrispondente.

Al contrario, nel primo caso, si considera il fatto che si vada a sfruttare la risposta della struttura in campo plastico, confidando nel requisito di duttilit`a. Tramite il fattore di struttura q, operando un abbattimento dello spettro elastico, si passa allo spettro di progetto anelastico, come mostrato in Fig. 1.8.; le ordinate dello spettro elastico vengono ridotte sostituendo η con 1/q nelle espressioni di riferimento.

(14)

In questo modo, nonostante che, nella realt`a, la struttura possa evolvere in capo plastico, possono essere ugualmente condotte le analisi lineari, statiche e dinamiche, descritte nei paragrafi successivi.

Figura 1.8: Abbattimento dello spettro elastico per diversi valori del fattore di struttura q

Analisi lineare statica

Secondo questo metodo, l’edificio `e assunto come un sistema lineare elastico a cui viene applicato un sistema di forze statiche orizzontali equivalenti alle forze d’inerzia ed in cui `e preso in considerazione solo il periodo del modo di vibrare principale in entrambe le direzioni. Noto il periodo fondamentale, infatti, il taglio sismico alla base pu`o essere determinato conoscendo la massa sismica totale dell’e-dificio e l’ordinata dello spettro di progetto. In questo modo, l’analisi fornisce la domanda sismica da confrontare con la capacit`a dell’edificio.

Questo tipo di analisi pu`o essere applicato agli edifici la cui risposta non `e notevolmente influen-zata da contributi di modi di vibrare superiori a quello fondamentale.

Gli effetti torsionali accidentali possono essere presi in considerazione amplificando l’azione sismica di una quantit`a dipendente dalla posizione del baricentro geometrico.

Analisi lineare dinamica

Secondo questo metodo di analisi, si procede alla determinazione dei modi di vibrare della costruzione (analisi modale) che contribuiscono in modo significativo alla risposta globale. Per ciascuno dei modi di vibrare individuati si calcolano gli effetti dell’azione sismica tramite lo spettro di progetto e si procede poi a combinare questi effetti tramite una combinazione quadratica completa (CQC).

In particolare si considera un numero di modi di vibrare per cui la massa partecipante totale sia superiore all’85% essendo per`o sicuri di non tralasciare modi aventi massa partecipante superiore al 5%.

Gli effetti torsionali accidentali possono essere presi in considerazione applicando dei momenti torcenti ad ogni impalcato a seconda dell’eccentricit`a accidentale del baricentro delle masse.

(15)

1.1.2.4 Progettazione in capacit`a

Poich´e, in generale, una struttura pu`o presentare diverse modalit`a di danno e di collasso, `e opportuno calibrare la progettazione in modo tale che meccanismi di tipo duttile precedano sempre quelli di tipo fragile, impedendone il verificarsi; questo modo di operare prende il nome di capacity design.

Solo alcuni elementi, o parti di elementi strutturali, sono concepiti per dissipare energia mediante cicli di deformazioni anelastiche; le restanti parti strutturali devono essere conseguentemente proget-tate con un’adeguata sovra-resistenza in modo tale da resistere in campo elastico alle azioni trasmesse dal sisma (Mazzolani F. M. et al. 2006).

In pratica, durante la fase di progettazione, si ipotizza un meccanismo di collasso dovuto alla formazione di un certo numero di cerniere plastiche, tali da rendere la struttura labile. Queste zone devono essere quindi individuate e progettate in maniera tale da deformarsi anelasticamente, mentre per gli elementi la cui risposta deve rimanere in campo elastico sar`a determinata una resistenza mag-giore della domanda che, a sua volta, non dipender`a dalle azioni bens`ı dalle sollecitazioni risultanti in corrispondenza della formazione del meccanismo di collasso (Petrini L., et al. 2004).

Al fine di garantire questo tipo di progettazione gli attuali codici nomativi sono provvisti di formulazioni e regole specifiche che variano a seconda del materiale da costruzione utilizzato e delle tipologie strutturali. Nei paragrafi successivi verranno via, via esplicitate le prescrizioni contenute nelle NTC 08 relative alle costruzioni in acciaio.

1.2

Progettazione moderna di strutture in acciaio

Prima dell’inizio dell’ingegneria moderna, il mondo dell’architettura era dominato da materiali tradi-zionali, come legname, mattoni di argilla e pietra; gli edifici furono realizzati usando questi elementi, caratterizzati da alta vulnerabilit`a. L’inizio dell’utilizzo dell’acciaio come un nuovo materiale strut-turale viene fatto risalire intorno al 1775 in Inghilterra (Scibilia N. 2010) per poi assistere ad un notevole sviluppo delle costruzioni metalliche durante tutto l’Ottocento. Il buon comportamento delle strutture in acciaio durante alcuni terremoti port`o alla convinzione che fosse stato trovato un materiale perfetto per risolvere i problemi degli edifici in aree sismiche.

Tutt’ora, nella pratica moderna, `e generalmente accettato il fatto che l’acciaio sia un ottimo materiale per applicazioni strutturali.

Le motivazioni del suo utilizzo furono sostanzialmente le seguenti:

1. le propriet`a meccaniche del materiale poich´e questo `e caratterizzato da ottime resistenza e duttilit`a. In condizioni normali, infatti, l’acciaio `e in grado di sopportare sostanziali deforma-zione anelastiche senza perdite di carico, in contrasto con altri materiali da costrudeforma-zione, quali calcestruzzo o muratura;

2. le buone prestazioni delle strutture in acciaio durante i molti terremoti del secolo scorso, quando si gettarono le basi dei principi della progettazione di costruzioni in zona sismica, diedero fiducia a questo materiale favorendone lo sviluppo di metodi di progettazione.

Quando, all’inizio del ventesimo secolo, il primo grande terremoto colp`ı la citt`a di San Francisco danneggiando grandi parti della citt`a, fu notato che le strutture in acciaio avevano invece risposto bene al sisma; questo buon comportamento fu attribuito alle caratteristiche stesse dell’acciaio, con-sacrandolo cos`ı come un mito nei confronti degli eventi sismici (Gioncu V., Mazzolani F. M. 2013).

(16)

I grandi terremoti che seguirono non fecero altro che accrescere questa convinzione, nonostante non ci fossero nella realt`a informazioni precise riguardanti le prestazioni delle strutture in acciaio.

Infatti, per tutta la prima met`a del ‘900, la duttilit`a era considerata soltanto a livello materiale; non era ancora chiaro che il comportamento di una struttura durante un terremoto variasse in funzione della sua duttilit`a, considerata come la capacit`a della struttura stessa di subire grandi deformazioni plastiche senza perdite sostanziali di carico.

Successivamente, negli ultimi quindici anni del secolo scorso, dopo che severi terremoti causarono il collasso di strutture in acciaio, il mito di questo materiale, quale avente un comportamento perfetto in condizioni sismiche, fu messo a dura prova. Si not`o, ad esempio, una cattiva performance dei collegamenti che evidenzi`o quanto la conoscenza delle strutture in acciaio fosse ancora limitata.

Quindi, nacque un sempre maggior interesse verso una conoscenza approfondita del comportamen-to anelastico degli elementi in acciaio, al fine di caratterizzane con chiarezza le capacit`a dissipative e deformative, nonch´e la necessit`a di affinare i metodi di analisi.

`

E allora possibile affermare che le normative vigenti in ambito sismico gettino le basi nella met`a del secolo scorso da cui, comunque, sono stati fatti dei grandi passi in avanti.

1.2.1

Sistemi strutturali

In generale la scelta di una determinata tipologia strutturale da utilizzare nella progettazione contro le azioni sismiche dipende dalla capacit`a della struttura stessa di resistere alle azioni sia statiche che a quelle dinamiche conseguenti al sisma nonch´e dalla capacit`a di trasmettere tali azioni alle fondazioni. Poich´e la tipologia delle connessioni in acciaio pu`o variare notevolmente, esistono diversi siste-mi strutturali utilizzati nella pratica progettuale che permettono di resistere alle azioni orizzontali limitando i conseguenti spostamenti d’interpiano.

Le tre principali tipologie di strutture multipiano in acciaio sono strutture a telaio non controven-tate (MRF), a telaio con controventi concentrici (CBF) ed a telaio con controventi eccentrici (EBF). Per ognuna di queste tipologie, come si evince dalla Tab. 1.2 che riporta la Tabella 7.5.II delle NTC 2008, sono definiti i limiti superiori dei valori di q0 a seconda delle diverse classi di duttilit`a, da

utilizzare nel caso di analisi lineari per strutture dissipative.

Per le strutture regolari in pianta viene inoltre fornito al paragrafo 7.5.2.2 delle NTC 2008 il rapporto di sovra-resistenza αu/α1 ovvero:

- αu/α1 = 1, 1 per edifici ad un piano;

- αu/α1 = 1, 2 per edifici a telaio a pi`u piani, con una sola campata;

- αu/α1 = 1, 3 per edifici a telaio a pi`u piani e pi`u campate;

- αu/α1 = 1, 2 per edifici con controventi eccentrici a pi`u piani;

- αu/α1 = 1, 0 per edifici con struttura a mensola o pendolo inverso.

A prescindere dalla tipologia strutturale, al fine di assicurare che le zone dissipative si formino in accordo con quanto previsto in fase progettuale, le NTC 08 prescrivono, al par. 7.5, di tener conto anche della possibilit`a che il reale limite di snervamento dell’acciaio sia maggiore di quello nominale attraverso un opportuno coefficiente di sovra-resistenza del materiale γRd. Ad esempio, i collegamenti

(17)

TIPOLOGIA STRUTTURALE CD“B” CD“A” Strutture intelaiate e strutture con controventi eccentrici 4 5αu/α1

Strutture con controventi concentrici a diagonale tesa attiva 4 4

Strutture con controventi concentrici a V 2 2,5

Strutture a mensola o a pendolo inverso 2 2αu/α1

Strutture intelaiate con controventi concentrici 4 4αu/α1

Strutture intelaiate con tamponature in muratura 2 2

Tabella 1.2: Limiti superiori dei valori di q0 per le diverse tipologie strutturali e le diversi classi di

duttilit`a (NTC 2008)

delle parti collegate, devono essere progettati come specificato al paragrafo 7.5.3.3, ovvero devono soddisfare il seguente requisito:

Rj,d ≥ γRd· 1, 1 · Rpl,Rd

con

Rj,d resistenza di progetto del collegamento;

Rpl,Rd resistenza plastica di progetto della membratura collegata.

Nonostante siano state oggetto del presente lavoro le sole strutture a telaio con controventi eccentrici, seguir`a una breve descrizione di tutte le tipologie sopra citate visto che le EBF sono caratterizzate da un comportamento ibrido tra le altre due.

1.2.1.1 Strutture a telaio non controventate (MRF)

Le strutture a telaio sono state fortemente utilizzate nelle zone ad alta sismicit`a viste le buone caratteristiche che le contraddistinguono quali una grande regolarit`a verticale, l’elevata duttilit`a e la stabilit`a dimostrata per azioni cicliche nonch´e l’adattabilit`a alle varie esigenze architettoniche.

Queste strutture, infatti, sono sostanzialmente caratterizzate da travi e colonne che vengono im-pegnate a flessione nel momento in cui, a causa di azioni orizzontali, si generano degli spostamenti laterali. Partendo da questo principio si capisce subito che le connessioni e la loro abilit`a di trasferire momenti flettenti diventano elementi di grande importanza; pertanto i collegamenti devono necessa-riamente essere rigidi o semi-rigidi, a completo o parziale ripristino di resistenza flessionale. Questi possono essere realizzati mediante saldatura in officina o in cantiere oppure possono essere previste delle connessioni bullonate.

Considerata invece la lunghezza media delle travi, che vanno dai 6 ai 9 metri circa, e, quindi, la loro elevata flessibilit`a, si pu`o affermare che le strutture a telaio presentano in generale basse rigidezze ed un periodo fondamentale relativamente elevato; si `e solitamente nella zona decrescente dello spettro di risposta, a velocit`a costante. Ci`o significa che le ordinate spettrali non sono particolarmente elevate, mentre gli spostamenti laterali sono rilevanti.

Il meccanismo di collasso globale di questo sistema strutturale prevede la formazione di cerniere plastiche nella parte terminale delle travi, al piede delle colonne alla base e/o in testa alle colonne dell’ultimo piano, come mostrato in Fig. 1.9.

(18)

Figura 1.9: Formazione di cerniere plastiche in struttura a telaio non controventata

Questo tipo di comportamento `e garantito grazie ad una progettazione che segue le regole del capacity design ovvero le colonne e le connessioni devono essere sovradimensionate rispetto alle travi e rimanere pertanto in campo elastico.

In particolare le sollecitazioni di progetto delle colonne sono determinate, seguendo le indicazioni al par. 7.5.4.2 delle NTC 08, con la formula:

EEd= EEd,G+ 1, 1 · γRd· Ω · EEd,E

in cui:

EEd,G sollecitazioni dovute alle azioni non sismiche;

EEd,E sollecitazioni dovute alle azioni sismiche;

γRd fattore di sovra-resistenza;

Ω minimo valore tra gli Ωi = Mpl,Rd,i/MEd,i di tutte le travi in cui si attende la formazione delle

cerniere plastiche, essendo MEd,i il momento flettente di progetto della i-esima trave in condizioni

sismiche e Mpl,Rd,i il corrispondente momento plastico.

Per assicurare poi lo sviluppo del meccanismo globale dissipativo `e inoltre necessario rispettare la gerarchia delle resistenze per ogni nodo trave-colonna del telaio come descritto al par. 7.5.4.3 ovvero:

ΣMC,pl,Rd≥ γRD· ΣMb,pl,Rd

dove

γRD = 1, 3 per le strutture in CD“A”e 1,1 per le strutture in CD“B”;

MC,pl,Rd momento resistente della colonna calcolato per i livelli di sollecitazione assiale presenti nella

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Mb,pl,Rd momento resistente delle travi che convergono nel nodo trave-colonna.

Figura 1.10: Meccanismo di collasso favorevole (a) e sfavorevole (b) per strutture a telaio (Paulay T., Priestley M. J. N. 1992)

Si preferisce evitare la formazione di cerniere plastiche alle estremit`a delle colonne ovvero un collasso detto a “piano soffice”(vedi Fig. 1.10.b) poich´e, in questo caso, la domanda di rotazione nelle cerniere risulterebbe pi`u elevata di quella richiesta da un meccanismo globale come quello rappresentato in Fig.1.10.a e ci`o avverrebbe altres`ı con una minore dissipazione di energia visto che l’elevato valore di sforzo normale nelle colonne ne riduce la duttilit`a.

Talvolta, per assicurare la formazione delle cerniere plastiche nella trave ma, al contempo, allon-tanarle dalle zona di collegamento, si agisce realizzando i cosiddetti dogbone; le flange della trave vengono localmente ridotte applicando dei tagli circolari in una zona poco pi`u interna rispetto a quella di estremit`a e la sezione risulta quindi meno resistente.

1.2.1.2 Strutture a telaio con controventi concentrici (CBF)

Un sistema di controventamento concentrico `e definito tale quando la linea d’asse delle aste diagonali confluisce nei nodi trave-colonna oppure pi`u aste convergono lungo l’asse di travi o colonne. In questo tipo di strutture la dissipazione dell’energia `e affidata alla aste diagonali che assorbono le forze orizzontali, risultando poi soggette a sforzi assiali alternati di compressione e trazione.

Nella pratica progettuale, viste le esigenze architettoniche e funzionali, si sono diffuse tre principali categorie come specificato al paragrafo 7.5.2.1 delle NTC 2008. Queste sono:

- controventi con diagonale tesa attiva, in cui la resistenza alle forze orizzontali e le capacit`a dissipativa sono affidate alle aste diagonali soggette a trazione (Fig. 1.11 a, d);

- controventi a V, in cui le forze orizzontali devono essere assorbite considerando sia le diagonali tese che quelle compresse (Fig. 1.11 b, c);

- controventi a K, in cui il punto di intersezione delle diagonali giace su di una colonna (Fig. 1.11 e).

(20)

Figura 1.11: Tipologie di strutture a telaio con controventi concentrici

Questa ultima tipologia non pu`o per`o essere considerata dissipativa, in quanto pu`o esser causa della formazione di fenomeni plastici nelle colonne attivando meccanismi locali.

Al par. 7.5.5 delle NTC 08 `e prescritto che i coefficienti di sovra-resistenza Ωi = Npl,Rd,i/NEd,i

calcolati per ogni diagonale devono differire, tra il maggiore ed il minore, al pi`u del 25%; in questo modo si evita che soltanto alcuni elementi, tra quelli progettati a tale scopo, dissipino energia a vantaggio di un comportamento dissipativo omogeneo.

In questo tipo di strutture la progettazione in capacit`a comporta che travi, colonne e collega-menti siano sovradimensionate rispetto agli elecollega-menti dissipativi ovvero vengano assegnate ad esse sollecitazioni maggiori di quelle derivanti dall’analisi elastica. Anche per questi elementi, nell’indi-viduazione delle sollecitazioni di progetto, si segue pertanto la formulazione specificata al paragrafo precedente con l’accorgimento di considerare il minimo dei coefficienti di sovra-resistenza calcolato per i diagonali.

In generale tra gli aspetti positivi dei sistemi a controventi concentrici si trova quello che essi, essendo dotati di grande rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali, permettono di limitare gli spostamenti trasversali e ridurre cos`ı potenziali danni ad elementi non strutturali come ad esempio, ai tamponamenti. Ovviamente, l’elevata rigidezza, fa s`ı che il periodo fondamentale di questo tipo di strutture sia generalmente pi`u basso di quello che caratterizza una struttura a telaio di eguale massa e che, quindi, si ricada in una zona dello spettro caratterizzata da ordinate pi`u elevate.

Tra gli aspetti negativi `e bene ricordare che, nel caso di eventi sismici intensi, gli elementi com-pressi possono instabilizzarsi e presentare quindi un comportamento caratterizzato da cicli isteretici instabili; il sistema diviene pertanto inadatto alla dissipazione. Altro aspetto da non trascurare `e quello di azioni aggiuntive secondarie di tipo flettente su travi e pilastri, generate dalle eccentricit`a dei collegamenti rispetto agli assi ideali di calcolo.

Tuttavia tale sistema di controventamento risulta essere ancora molto utilizzato, soprattutto nel caso dell’adeguamento di strutture in zone a medio-bassa sismicit`a, poich´e `e comunque in grado di

(21)

fornire sia apprezzabile resistenza che duttilit`a.

1.2.1.3 Strutture a telaio con controventi eccentrici (EBF)

Un sistema di controventamento eccentrico `e definito tale quando la linea d’asse delle aste diagonali non converge nei nodi trave-colonna, bens`ı `e posizionata eccentricamente rispetto ad essi. L’elemento individuabile tra i diagonali, tra il diagonale e la colonna o tra diagonali e la trave prende il nome di “collegamento eccentrico”o “link”e pu`o essere sia orizzontale che verticale, come rappresentato in Fig. 1.12.

Figura 1.12: Tipologie di strutture a telaio con controventi eccentrici (NTC 2008)

Il collegamento tra trave e pilastro pu`o essere realizzato tramite una cerniera se il link non si trova in una posizione adiacente alla colonna, altrimenti deve essere realizzato un incastro. Per i collegamenti tra i controventi e le travi pu`o essere realizzata l’una o l’altra tipologia a seconda delle scelte del progettista, considerando che soltanto nel caso di connessioni incernierate il controvento `e soggetto al solo sforzo assiale.

A partire dall’ultimo ventennio del secolo scorso questo tipo di strutture `e stato oggetto di numero-si studi, connumero-siderate le buone performance dimostrate viste l’elevata rigidezza orizzontale, l’eccellente duttilit`a e la capacit`a dissipativa. Il comportamento dei controventi eccentrici pu`o pertanto essere considerato un ibrido tra quello dei sistemi strutturali descritti in precedenza; viene combinata la rigidezza in fase elastica tipica dei telai con controventi concentrici alla stabilit`a isteretica tipica dei telai non controventati.

Il meccanismo di dissipazione dell’energia si sviluppa assumendo un comportamento rigido degli elementi e la dissipazione `e affidata proprio ai link per mezzo del loro comportamento ciclico a flessione e/o a taglio, a seconda della lunghezza. Difatti se l’eccentrico presenta una piccola luce viene detto “corto”e dissipa energia sviluppando deformazioni plastiche legate all’azione tagliante; se presenta una grande luce viene detto “lungo”e dissipa energia deformandosi plasticamente per azioni prevalentemente flessionali. Esiste poi una terza categoria di link detti “intermedi”che, come indica la parola stessa, presenta un comportamento che risente dell’una e dell’altra tipologia.

La classificazione dei link in relazione alla lunghezza, proposta dalle NTC 08, viene riportata di seguito:

(22)

corti e ≤ 0, 8(1 + α)Ml,Rd Vl,Rd intermedi 0, 8(1 + α)Ml,Rd Vl,Rd < e < 1, 5(1 + α)Ml,Rd Vl,Rd lunghi e ≥ 1, 5(1 + α)Ml,Rd Vl,Rd

avendo indicato con e la lunghezza dell’elemento, con α il rapporto tra il minore e il maggiore dei momenti flettenti attesi alle due estremit`a del link, con Ml,Rd e Vl,Rd rispettivamente la resistenza

flessionale e quella a taglio di progetto.

I codici normativi pongono un limite massimo all’angolo di rotazione rigida θp tra il link e

l’elemento contiguo; in particolare le NTC 08, al par. 7.5.6, prescrivono che: θp ≤ 0, 08 rad per link corti;

θp ≤ 0, 02 rad per link lunghi.

Per link intermedi deve essere eseguita un’interpolazione lineare tra questi due valori. In altri codici normativi le limitazioni circa la rotazione plastica possono essere diverse, ad esempio le FEMA 356 ammettono che per i link a taglio θp possa arrivare fino a 0,11 rad.

Possibili meccanismi di collasso di strutture EBF sono mostrati in Fig. 1.13.

Figura 1.13: Meccanismi di collasso per strutture a telaio con controventi eccentrici

Molti test hanno dimostrato che il comportamento dei link corti `e pi`u soddisfacente degli altri; questi raggiungono infatti maggiori rotazioni plastiche e consentono una maggiore dissipazione di energia (Popov E. P. et al. 1988).

In generale `e possibile pensare di variare le lunghezze dei link, ovvero le rigidezze, per aumentare il periodo fondamentale della struttura ed evitare cos`ı di ricadere nella zona dello spettro in cui le

(23)

ordinate sono maggiori. Inoltre `e sufficiente irrigidire l’anima del link in maniera opportuna per impedirne l’instabilit`a ed evitare cos`ı perdite di carico (vedi Fig. 1.14).

Figura 1.14: Comportamento isteretico di un link non irrigidito (a) e irrigidito (b) (Popov E. P. et al. 1988)

Ovviamente anche in questo tipo di strutture, seguendo le regole della progettazione in capacit`a, la plasticizzazione degli eccentrici deve precedere il raggiungimento della resistenza ultima delle altre parti strutturali che dovranno pertanto essere sovradimensionate rispetto ad essi. Le sollecitazioni di progetto si calcolano come per le strutture a controventi concentrici considerando, per`o, come coefficiente di sovra-resistenza Ω, il minimo tra tutti gli Ωi relativi agli elementi di connessione,

ovvero:

- Ωi = 1, 5 · M l, Rd, i/MEd,i per i link lunghi;

- Ωi = 1, 5 · Vl,Rd,i/VEd,i per i link corti.

Come recitano le NTC 08, il valore di 1,5 `e giustificato “sulla base dei risultati sperimentali disponibili”, pertanto la resistenza ultima degli elementi di connessione (Mu, Vu) pu`o essere calcolata

come segue:

- Mu = 1, 5 · MRd per i link lunghi;

- Vu = 1, 5 · VRd per i link corti.

Anche per le strutture a controventi eccentrici i vari coefficienti di sovra-resistenza Ωi non devono

differire di pi`u del 25%.

1.3

Modellazione non lineare

1.3.1

Non linearit`

a geometrica

Nella modellazione di strutture soggette a grandi spostamenti e deformazioni `e necessario tener di conto della non linearit`a geometrica della risposta ovvero non `e possibile ricorre all’ipotesi semplifi-cativa secondo cui la configurazione finale (deformata) coincide con quella iniziale (indeformata). Le tre principali cause di non linearit`a geometriche, le cui conseguenze sono facilmente intuibili come mostrato in Fig. 1.15, sono:

(24)

- grandi spostamenti/rotazioni; - effetti del secondo ordine; - effetto trave-colonna.

(a) (b) (c)

Figura 1.15: Non linearit`a geoemtriche: grandi spostamenti/rotazioni (a), effetti del secondo ordine (b) ed effetto trave-colonna (c) (Petrini L. et al. 2004)

Al fine di ottenere un’accurata descrizione della risposta strutturale sotto azione sismica diviene pertanto necessario l’utilizzo di programmi di calcolo che consentano di introdurre un sistema di riferimento locale, solidale con il corpo, che permetta di descrivere la configurazione effettiva.

1.3.2

Non linearit`

a del materiale

Per poter eseguire un’analisi non lineare `e inoltre, ovviamente, necessario definire il reale compor-tamento del materiale. Ancor pi`u nel caso di analisi non lineari dinamiche deve essere indagato il comportamento del materiale sotto cicli di carico e scarico.

Per fare ci`o `e possibile utilizzare due differenti approcci (vedi Fig. 1.16): - modellazione tramite cerniere plastiche (a plasticit`a concentrata); - modellazione tramite fibre (a plasticit`a diffusa).

(25)

Nel primo caso gli elementi della struttura sono modellati con comportamento lineare per rima-nere in campo elastico; solo alcune parti di essi e, precisamente, dove si prevede la formazione della cerniera plastica (es. parti terminali di una trave in un telaio MRF), sono modellate con un com-portamento non lineare. Ci`o significa che le non linearit`a sono concentrate soltanto in alcuni punti e ci`o permette degli sforzi computazionali minori. `E per`o necessaria una certa esperienza per definire la corretta posizione delle cerniere plastiche all’interno della struttura, per stimarne una corretta lunghezza equivalente e per attribuire ad esse un corretto legame costitutivo al fine di coglierne il reale comportamento.

Nella modellazione a fibre si considera l’attribuzione di un comportamento anelastico a tutto l’elemento e lo stato di sforzo-deformazione di una qualunque sezione si ottiene integrando lo sforzo e la deformazione di ciascuna fibra in cui la sezione `e divisa. Questo tipo di modellazione ha un maggior peso computazionale rispetto alle singole cerniere plastiche. Ci`o aumenta ancora se si pensa che la modellazione a fibre considera l’interazione tra momento e sforzo normale e che, quindi, se si volesse, ad esempio, considerare anche il comportamento a taglio, `e necessario introdurre altri elementi o accorgimenti.

D’altra parte, per eseguire questo tipo di modellazione, non `e richiesta grande esperienza poich´e devono essere definite le sole caratteristiche geometriche ed un appropriato legame costitutivo.

1.3.3

Esempi di modellazione non lineare per strutture EBF

Essendo scopo della presente tesi quello di valutare l’efficacia delle regole di progettazione in capacit`a per strutture EBF, si riportano alcuni esempi di modellazione non lineare degli elementi caratteristici di questa tipologia strutturale.

In particolare si individuano:

- elementi inflessi e presso-inflessi (travi e colonne); - elementi compressi (diagonali);

- elementi adibiti alla dissipazione per taglio (link); Elementi inflessi e pressoinflessi

In letteratura sono riportati esempi di membrature inflesse e presso-inflesse (elementi trave e colonna) modellate sia seguendo l’approccio a plasticit`a concentrata che quello a plasticit`a diffusa.

A quelle modellate secondo l’approccio a plasticit`a diffusa vengono solitamente attribuiti i legami tensione-deformazione seguenti:

- elasto-plastico con incrudimento lineare; - elasto-plastico con incrudimento non lineare.

Nel primo caso, come visibile in Fig. 1.17, la generica tensione σ pu`o superare la tensione di snervamento σ0 seguendo la legge di incrudimento lineare del tipo:

σy = σ0+ εp· H

avendo indicato con H la pendenza della curva dopo lo snervamento. Si osservi che:

(26)

Figura 1.17: Ciclo completo di carico del modello elasto - plastico con incrudimento lineare

- se H = 0 il modello degenera in quello elastico-perfettamente plastico;

- se H = 0 e E → ∞ il modello degenera in quello rigido-perfettamente plastico.

La modellazione tiene conto in questo caso del solo incrudimento di tipo cinematico per cui si ha una traslazione della superficie a snervamento, ovvero ad un aumento della tensione di snervamento a trazione si assiste ad una diminuzione della tensione di snervamento a compressione e viceversa (effetto Baushinger).

Rientra invece tra i modelli con incrudimento non lineare, dimostratosi molto affidabile negli anni, restituendo valori in accordo con risultati sperimentali, quello elaborato da Menegotto e Pinto (1973). Il legame, rappresentato qualitativamente in Fig. 1.18, `e espresso dalla seguente relazione:

σ0 = bε0+ (1 − b)ε 0 (1 + ε0R)1/R con: ε0 = ε − εr ε0− εr σ0 = σ − σr σ0− σr R = R0− a1ξ a2ξ

dove b `e il rapporto tra modulo a snervamento e modulo elastico iniziale. R `e detto parametro di curvatura ciclica, regola la transizione tra l’asintoto iniziale e quello dopo lo snervamento e consente di rappresentare l’effetto Bauschinger; a1 ed a2 sono parametri del materiale.

Le coppie di deformazione e tensione (εr, σr) e (ε0, σ0) variano ad ogni inversione di carico.

Questo modello, modificato successivamente da Filippou (1983), permette di considerare anche la deformazione isotropa del materiale per effetto dell’incrudimento. Si considera quindi l’espansione omotetica della superficie di snervamento che consiste, in pratica, in una dilatazione cinematica del tratto elastico all’aumentare dei cicli.

Altro esempio di modellazione del comportamento non lineare `e quello descritto dalla legge di Ramberg-Osgood (1943) ovvero:

σ = Hεnp in cui

(27)

Figura 1.18: Ciclo completo di carico del modello elasto-plastico con incrudimento non lineare

εp `e la deformazione plastica del materiale;

σ la tensione corrispondente; H `e una costante del materiale;

n `e il coefficiente di incrudimento del materiale, tipicamente compreso fra 0,2 e 0,3.

Quando i soliti elementi sono rappresentati seguendo una modellazione e plasticit`a concentrata possono, ad esempio, essere utilizzati modelli come quello sviluppato da Ibarra, Medina e Krawinkler (2005), poi modificato da Lignos e Krawinkler (2011), che tengono conto del degrado in termini sia di resistenza che di rigidezza (vedi Fig. 1.19).

(28)

Per quanto riguarda il degrado della rigidezza si nota che, ad ogni ciclo, questa diminuisce all’aumentare dello spostamento massimo del punto di controllo.

Alcuni studi, come ad esempio FEMA P440A (2009), hanno comparato la risposta di varie strut-ture utilizzando modelli isteretici con e senza degrado di rigidezza per poi confermare gli studi di Riddell e Newmark (1979) secondo cui il fenomeno della degradazione della rigidezza non `e cos`ı cri-tico come si potrebbe aspettare e che l’uso dell’idealizzazione elasto-plastica fornisce quasi sempre una stima conservativa della risposta media.

Per quel che concerne invece il deterioramento in termini di resistenza, questo pu`o avvenire sia tra un ciclo e l’altro che durante lo stesso ciclo di carico. I risultati della valutazione sismica di vari sistemi SDOF (Ibarra L., Medina R. A., Krawinkler H. 2005) dimostrano che il deterioramento della forza diventa un fattore dominante quando la risposta di una struttura si avvicina allo stato limite del collasso, mentre all’inizio della fase post-elastica i sistemi deteriorati e non deteriorati mostrano risposte simili.

Elementi compressi

A proposito della modellazione non lineare delle membrature compresse suscettibili a fenomeni di instabilit`a (diagonali del telaio EBF) `e stata svolta un’ampia trattazione (Uriz P., Mahin S. A. 2005) in cui `e ripercorsa la grande variet`a di modelli analitici disponibili in letteratura. Questi possono essere suddivisi in tre categorie:

- modelli fenomenologici, che forniscono il pi`u semplice e pi`u efficiente approccio computazionale. In questo caso i diagonali sono generalmente modellati come aste a cui `e attribuito un compor-tamento ciclico che imita la risposta osservata sperimentalmente. Le caratteristiche isteretiche sono governate da una serie di regole empiriche che descrivono semplicemente la forma dei cicli isteretici senza alcun rimando ai fenomeni fisici che potrebbero verificarsi. Con questo tipo di modellazione si corre pertanto il rischio di semplificare alcuni dettagli potenzialmente importanti (vedi Fig. 1.20);

Figura 1.20: Risposta sperimentale e modellazione fenomenologica di un controvento in acciaio (Uriz P., Mahin S. A. 2005)

- modelli basati su considerazioni fisiche, in cui i diagonali sono modellati come elementi elastico lineari con cerniere plastiche concentrate alle estremit`a ed in mezzeria. In alternativa (vedi Fig. 1.21) le sezioni possono essere definite tramite fibre secondo cui la forma della sezione

(29)

stessa pu`o variare lungo la lunghezza dell’elemento e ad ogni fibra pu`o essere assegnato un diverso legame costitutivo. Nella formulazione del modello vengono esplicitamente prese in considerazione le non linearit`a geometriche inserendo delle imperfezioni iniziali;

Figura 1.21: Schematizzazione di una possibile modellazione non lineare per un diagonale compresso (Uriz P., Mahin S. A. 2005)

- modelli agli elementi finiti che, seppur molto affidabili, rimangono ancora poco utilizzati a causa della loro complessit`a e dello sforzo computazionale richiesto.

Elementi dissipativi a taglio

Ad ogni modo, poich´e la risposta sismica globale e le prestazioni delle strutture in acciaio, progettate secondo le regole del capacity design, dipendono principalmente dal comportamento degli elementi dissipativi, un punto di partenza logico per migliorare la valutazione delle prestazioni `e quello di affinare la capacit`a dei modelli numerici di rappresentare proprio il reale comportamento ciclico di questi elementi. Pertanto si rende necessaria la conoscenza del comportamento meccanico dei link i cui approcci di modellazione non lineare, che vanno da semplici modelli a plasticit`a concentrata, agli elementi a fibre e, infine, a modelli di simulazione agli elementi finiti (Richards P. W. et al. 2005, D’Aniello M. et al. 2012) devono essere definiti correttamente a seconda dello scopo dell’analisi.

In letteratura sono stati proposti diversi modelli, principalmente allo scopo di ricerca, per la rap-presentazione del comportamento dei link. Gilberson (1969), ad esempio, elabor`o un modello a una componente con cerniere a plasticit`a concentrata alle due estremit`a, Kasai e Popov (1986) calibrarono un modello a due componenti costituito da elementi che lavoravano in parallelo. Rossi e Lombardo (2007) hanno schematizzato il link come tre elementi in serie vedi Fig 1.22); una parte centrale avente la stessa lunghezza ed inerzia del link, ma area a taglio infinita, per simulare il comportamento a flessione e due molle traslazionali alle estremit`a che simulano l’effetto della deformabilit`a a taglio di met`a link. Nell’ultimo decennio Lignos e Krawinkler (2011) hanno proposto un modello a mol-la avente un comportamento pmol-lastico multilineare per descrivere il deterioramento delmol-la resistenza applicabile a link lunghi/a momento.

Al fine di investigare l’influenza della variabilit`a del materiale sul comportamento duttile delle strutture EBF, Braconi et al. (2015) e Badalassi et al. (2013, 2017) hanno adottato un modello

(30)

Figura 1.22: Schematizzazione di un link (Rossi P. P., Lombardo A. 2007)

semplice per i link in cui `e stata adottata una relazione costitutiva bilineare per la rappresentazione del taglio.

Molto recentemente la legge costitutiva multilineare di Ricles e Popov (1987) per rappresentare il comportamento ciclico dei link corti/a taglio, modellati come un elemento lineare avente una cerniera plastica (sei molle non lineari di cui tre traslazionali e tre rotazionali) ad ogni estremit`a, `e stata implementata da Bouwkamp et al. (2016). Il link a taglio `e stato modellato nel piano considerando tre gradi di libert`a (due traslazionali ed uno rotazionale) ad ogni estremo; per rappresentare il comportamento a taglio `e stato considerato sia un incrudimento di tipo cinematico che isotropo, mentre, per simulare il comportamento a flessione, `e stato messo in conto soltanto un incrudimento di tipo cinematico.

A prescindere dal modello adottato l’importante `e, comunque, che questo riproduca piuttosto fedelmente il comportamento del link sia nel campo elastico che, soprattutto, post-elastico.

(31)

Capitolo 2

Obiettivi e metodologia

2.1

Problemi aperti ed obiettivi

Scopo del presente lavoro `e quello di valutare l’efficacia delle regole di progettazione in capacit`a per le strutture a telaio con controventi eccentrici (EBF).

Le normative, che al giorno d’oggi regolano la progettazione di strutture in zona sismica, consen-tono al progettista di adottare diversi approcci progettuali, in particolare :

- Progettazione con comportamento dissipativo, massimizzando l’energia dissipata: a seguito di eventi sismici di elevata intensit`a, si assume che la struttura possa subire deformazioni plastiche importanti, al fine di dissipare quanto pi`u possibile l’energia sismica in ingresso; si progetta in campo lineare una costruzione dotata di adeguata regolarit`a strutturale, adottando il massimo fattore di struttura q fornito dalle norme.

- Progettazione con comportamento dissipativo, riducendo il danno: a seguito di eventi sismici frequenti, la struttura rimane in campo elastico, garantendo, perci`o, l’integrit`a degli elementi strutturali e non strutturali; tale approccio pu`o essere perseguito adottando un fattore di struttura q ridotto.

- Progettazione con comportamento non dissipativo: la struttura rimane in campo lineare anche a seguito di eventi sismici di elevata intensit`a; si adotta un fattore di struttura q unitario. Nel caso in cui si adotti un comportamento strutturale di tipo dissipativo, deve essere garantita la formazione di un meccanismo plastico globale: gli elementi non dissipativi devono garantire una certa sovra-resistenza rispetto agli elementi demandati alla dissipazione di energia. A tal fine, la Normativa impone l’adozione delle regole di progettazione in capacit`a, finalizzate a scongiurare meccanismi di collasso di tipo fragile, in cui sono coinvolti gli elementi non dissipativi.

Tuttavia, si pu`o notare che le regole di progettazione in capacit`a sono imposte a prescindere dal livello di dissipazione dell’energia sismica che si intende perseguire. In altre parole, le regole di pro-gettazione in capacit`a sono indipendenti dal fattore di struttura q adottato (considerando, comunque, un comportamento di natura dissipativa). Inoltre, con particolare interesse per le strutture a con-troventi eccentrici, tali regole di progettazione dipendono strettamente dal rapporto di incrudimento esibito nella realt`a dai link dissipativi, per i quali `e stato fissato, a livello normativo, un valore pari

(32)

a 1.5. Osservando la letteratura tecnica ad oggi disponibile, `e possibile constatare che tale rapporto di incrudimento possa talvolta eccedere i valori fissati dalla Normativa.

Da queste osservazioni nasce lo sviluppo della presente tesi, volta alla valutazione dell’effettiva efficacia delle regole di progettazione in capacit`a, con particolare interesse alle strutture a EBF, progettate, appunto, seguendo filosofie progettuali diverse.

2.2

Metodologia

`

E ovvio che per perseguire tale scopo, sia necessario dotarsi di una metodologia adeguata, ma al contempo di semplice applicazione.

Tale metodologia `e stata articolata in 4 fasi.

1. Analisi sperimentali e modellazione numerica

Sono state seguite delle prove sperimentali, sviluppate nel laboratorio di Ingegneria Civile e Industriale, su telai in vera grandezza ad un piano e una campata, con struttura EBF, equipaggiati con link sia orizzontali sia verticali. Al fine di valutare il comportamento isteretico dei link, le prove sperimentali sono state eseguite con differenti protocolli di carico ciclici. Le prove sperimentali hanno consentito la calibrazione di un modello numerico isteretico (Caprili S., Mussini N., Salvatore W. 2017 A semi-analytical model for dissipative shear links in EBF ) in grado di tenere in esplicita considerazione il rapporto di incrudimento dei link, che `e stato adottato nella seguenti tesi.

2. Progettazione lineare

Sono stati analizzati due casi studio di strutture EBF con link corti, progettati mediante analisi lineare, ovvero, una struttura ad uso uffici e una ad uso commerciale. Su ciascuna struttura sono stati applicati due approcci progettuali differenti, pur garantendo un comportamento di tipo dissipativo:

- uno mirato a massimizzare l’energia dissipata (AP1); - uno volto a ridurre il danno (AP2).

3. Analisi non lineari

Quindi, sono stati realizzati dei modelli numerici non lineari, finalizzati alla valutazione delle prestazioni sismiche dei telai EBF, progettati al punto 2. In particolare, analisi statiche non lineari sono state utilizzate preliminarmente per validare la bont`a della progettazione lineare, nonch´e l’accuratezza del modello non lineare stesso. Dopodich´e, sono state effettuate analisi dinamiche non lineari incrementali (IDA), parametrizzando il comportamento del link, ovvero `

e stato modificato opportunamente il rapporto di incrudimento dei link stessi. 4. Conclusioni

Sono stati quindi analizzati i risultati delle analisi numeriche eseguite e sono state esposte le conclusioni del lavoro.

(33)

2.2.1

Organizzazione della tesi

Nel capitolo 3 sono definiti due casi studio, una struttura ad uffici di 5 piani e una ad uso commerciale di 3 piani. Adottando due approcci progettuali differenti, uno volto a massimizzare la capacit`a dissipativa dei link, ovvero utilizzando il massimo fattore di struttura, l’altro a limitare i danni degli elementi strutturali e non strutturali, i casi studio sono stati progettati mediante analisi lineari (statiche o dinamiche) rispettando i requisiti prestazionali imposti dalle attuali NTC 2008.

Nel capitolo 4 `e contenuta la descrizione dei test eseguiti in laboratorio (telai testati, componenti, strumentazione di misura, protocollo di carico etc.) e dei risultati delle prove (grafici taglio/rotazione angolare dei link testati, valutazione dei rapporti di incrudimento). `E altres`ı descritto il modello numerico piano non lineare per link a taglio, realizzato in maniera tale da essere affidabile e, al contempo, veloce da utilizzare per l’esecuzione di analisi parametriche non lineari.

Nel capitolo 5 `e descritta l’esecuzione delle analisi non lineari. Viene dapprima esposta la modella-zione dei telai EBF, oggetto di studio, utilizzando OpenSees (Mazzoni S., et al. 2006), software open source per la modellazione non lineare di strutture in campo sia statico che dinamico. Successiva-mente sono esposti i risultati ottenuti tramite analisi push-over, con cui `e stata validata l’affidabilit`a del modello numerico nonch´e la bont`a della progettazione in campo lineare. Infine vengono espo-sti i risultati delle analisi parametriche dinamiche incrementali, eseguite al variare del rapporto di incrudimento.

Il capitolo 6 `e focalizzato sulla discussione dei risultati delle analisi numeriche eseguite, al fine di valutare l’effettiva possibilit`a di adottare un approccio di progettazione in capacit`a meno restrittivo di quello attuale.

`

E quindi valutata la possibilit`a di perseguire una maggiore economia garantendo livelli di affida-bilit`a conformi alle attuali normative.

(34)

Capitolo 3

Prove in laboratorio e modellazione del

link

3.1

Esecuzione delle prove sperimentali

3.1.1

Set-up delle prove

Il comportamento non lineare degli elementi dissipativi `e stato calibrato sui risultati ottenuti da test sperimentali effettuati nel laboratorio di Ingegneria Civile e Industriale su due differenti tipologie di telai EBF in vera grandezza ad un piano e una campata, ovvero uno progettato con link orizzontale, l’altro con link verticale.

Il test, il cui set up generale `e mostrato in Fig. 3.1, dispone dei seguenti componenti:

- due attuatori idraulici in parallelo (vedi Fig. 3.2), caratterizzati da un carico massimo di 400 kN e da una corsa massima di 300 mm in totale, 150 mm in trazione e 150 mm in compressione; - un sistema di applicazione del carico (vedi Fig. 3.3) al fine di trasferire carichi di trazione e

compressione dall’attuatore idraulico al sistema EBF oltre ad evitare movimenti fuori piano della trave principale del telaio testato;

- un sistema laterale stabilizzante (vedi Fig. 3.4) progettato al fine di vincolare le colonne contro una possibile instabilit`a fuori piano;

- il telaio EBF da sottoporre al test, caratterizzato da un piano ed una sola campata. Tutti gli elementi del telaio EBF sottoposto al test sono stati realizzati in acciaio S355, mentre il resto dei componenti sono stati realizzati adottando un acciaio S275.

(35)

Figura 3.1: Set up generale della prova

(36)

Figura 3.3: Elemento per l’applicazione del carico

Figura 3.4: Sistema laterale stabilizzante

Il telaio EBF con link orizzontale si compone delle seguenti parti (vedi Fig. 3.5): - due colonne, aventi sezione HEB 180;

- due diagonali, aventi sezione 2xUPN 160; - una trave principale, avente sezione HEB 180;

(37)

- un link orizzontale, avente sezione HEA 100, di lunghezza pari a 300 mm, disposto di tre irrigidimenti al fine di raggiungere una rotazione angolare di almeno 80 mrad. In generale le saldature sono state sovradimensionate per evitare possibili rotture.

Figura 3.5: Telaio EBF in vera grandezza con link orizzontale

Il telaio EBF con link verticale si compone, invece, delle seguenti parti (vedi Fig. 3.6): - due colonne, aventi sezione HEB 180;

- due diagonali, aventi sezione 2xUPN 160; - una trave principale, avente sezione HEB 180;

- un link verticale, avente sezione HEB 120, di lunghezza pari a 150 mm. Anche in questo caso le saldature sono state sovradimensionate al fine di evitare possibili rotture, mentre non `e stato necessario inserire degli irrigidimenti per raggiungere gli 80 mrad di rotazione angolare.

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Figura 3.6: Telaio EBF in vera grandezza con link verticale

La strumentazione utilizzata durante le prove sperimentali pu`o essere suddivisa in due gruppi a seconda che le quantit`a misurate servano a caratterizzare il comportamento globale o locale (vedi Fig. 3.7).

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