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Sostituzione della farina di pesce con farina di Hermetia illucens nei mangimi per pesci: effetto sulle caratteristiche istologiche dell'intestino

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA' DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE VETERINARIE

Corso di Laurea Magistrale in

SCIENZE E TECNOLOGIE DELLE PRODUZIONI ANIMALI

TESI DI LAUREA

Sostituzione della farina di pesce con farina di

Hermetia illucens nei mangimi per pesci:

effetto sulle caratteristiche istologiche dell’intestino

Candidato: Relatore:

Diana Marcela Gigliotti Dott. Baldassare Fronte Correlatore:

Prof. Francesca Abramo Controrelatore:

Dott. Carlo Bibbiani

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Ai miei genitori, che con la loro dolcezza mi hanno riscaldato il cuore, con la loro forza mi hanno protetto e con loro amore mi hanno cresciuto.

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4 Riassunto

La crescita della popolazione mondiale e della conseguente domanda di alimenti di origine animale, porta con sé a un aumento anche della domanda di materie prime destinate alla produzione di mangimi. Attualmente, tra gli ingredienti dei mangimi destinati a pesci (“Aquafeed”) ci sono senza dubbio le farine di pesce (FM) e gli oli di pesce, risorse la cui produzione ha ripercussioni importanti sulla consistenza degli stock ittici selvatici e la cui disponibilità, di conseguenza, è strettamente limitata. Soia, glutine di mais, colza e altri tipi di granelle e/o sottoprodotti di origine vegetale, hanno permesso solo una parziale sostituzione della farina di pesce nei mangimi per pesci carnivori, a causa di alcuni sfavorevoli aspetti nutrizionali. In tale contesto, le farine di insetto possono rappresentare una valida alternativa ed il basso “carbon footprint” che la contraddistingue la rende interessante anche nell’ottica di migliorare la “sostenibilità delle produzioni”. Per questo motivo, il presente progetto si è posto come obiettivo lo studio degli effetti di diete a contenuto crescente (0, 17, 33 e 50%) di farina di Hermetia illucens (HI) (Insect protein meal®, Protix©, Dongen - NL), in sostituzione di pari quantità di FM (0, 33, 66 e 100% della FM), sulle caratteristiche morfo-istologiche dell’intestino di Zebrafish (Danio rerio), modello animale oggi ampiamente riconosciuto. La prova sperimentale è stata effettuata al Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa, presso la “zebrafish facility” dello stabulario centralizzato del Laboratorio di Acquacoltura. Per il presente studio sono stati impiegati 321 soggetti, da cui sono stati prelevati campioni di intestino per l’esecuzione delle seguenti analisi morfo-istologiche: lunghezza dei villi, densità e dimensione delle goblet cell Alcian blu positive e PAS positive. L’osservazione dei preparati istologici, hanno innanzitutto messo in evidenza una differenza della lunghezza dei villi, di tutti i soggetti analizzati e a prescindere del trattamento

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a cui erano sottoposti, situati sui due lati opposti della parete intestinale. Per quanto invece riguarda i trattamenti, non sono state osservate differenze statisticamente significative, per quanto riguarda la lunghezza dei villi, la densità delle goblet cell (Alcian blu e PAS positive) e la dimensione delle goblet cell Alcian blu positive (p>0.05). Per contro, differenze statisticamente significative (p<0.05) sono state osservate in relazione alla dimensione delle singole goblet cell PAS positive. In particolare, la dimensione delle goblet cell PAS positive è stata di 41,3±8,51 μm2 per il gruppo di controllo, di 53,6±16,8 μm2 per il gruppo IM17, di 63,3±6,19 μm2 per IM33, di 36,8±10,6 μm2 nel gruppo IM50, il gruppo IM33 risultando significativamente diverso dal gruppo di controllo. In conclusione, anche alla luce delle performance zootecniche già descritte in un precedente lavoro di tesi, i risultati osservati suggeriscono che la farina di Hermetia illucens rappresenta una valida alternativa alla farina di pesce nei mangimi nell’alimentazione dello zebrafish e, verosimilmente, anche per le specie ittiche di interesse per l’acquacoltura.

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6 Abstract

The growth of the world population and the consequent demand for food of animal origin, brings with it an increase also in the demand for raw materials destined to the production of feed. Currently, fishmeal (FM) and fish oil are undoubtedly among the most relevant ingredients of fish feed ("Aquafeed"); the production of these raw materials has important repercussions on the consistency of wild fish stocks and, therefore, their availability it is strictly limited. Soybean, corn gluten, canola and other types of grains and/or vegetable by-products, have allowed only a partial replacement of fishmeal in feed for carnivorous fish, due to some unfavourable nutritional aspects. In this context, the insect meal can represent a valid alternative also thanks to its low "carbon footprint", this aspect being in line with the needs of the "production sustainability".

For this reason, objectives of the present project were to study the effects of diets containing increasing quantity (0%, 17%, 33% and 50%) of Hermetia

illucens meal (Insect protein meal®, Protix ©, Dongen - NL), replacing the

same amount of FM (0%, 33%, 66% and 100% of the FM control feed content), on the morpho-histological traits of the Zebrafish (Danio rerio) intestine, a widely recognized animal model today. The experimental trial was carried out at the Department of Veterinary Sciences of the University of Pisa, in the "zebrafish facility" of the Aquaculture Laboratory. For the present study, 321 subjects were used, from which samples of intestine were taken for the execution of the following morphological and histological analysis: villi length, Alcian blue and PAS positive goblet cell density and size. The observation of histological preparations first showed a difference in the length of the villi located on the two opposite sides of the intestinal wall, for all the individuals analysed and regardless to the treatment to which

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they were subjected. As far as treatments were considered, no statistically significant differences were observed as regards the length of the villi, the density of the goblet cells (Alcian blue and PAS positive) and the size of the Alcian blue positive goblet cell (p>0.05). Conversely, statistically significant differences (p<0.05) were observed in relation to the size of the PAS positive goblet cells; in particular, the size of PAS positive goblet cells was 41.3 ± 8.51 μm2 for the control group, of 53.6 ± 16.8 μm2 for the IM17 group, of 63.3 ± 6.19 μm2 for IM33 group, of 36.8 ± 10.6 μm2 in the IM50 group, the IM33 group being significantly different from the control group. In conclusion, also in light of the growth performances already described in a previous thesis work, the observed results suggest that Hermetia illucens meal represents a valid alternative to fish meal in the feeds of zebrafish and, verisimilarly, also for the fish species of interest for aquaculture.

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8 Sommario

1. Introduzione 9

1.1 Andamento demografico mondiale e “sicurezza alimentare” 9 1.2 Il dilemma dell’acquacoltura: farine di pesce e nuove fonti proteiche alternative 11

1.3 Le farine di insetto 12

1.3.1 Sostenibilità della produzione 13

1.3.2 Aspetti nutrizionali 15

1.3.3 Quadro normativo 17

1.4 Apparato digestivo dei teleostei 18

1.4.1 Aspetti anatomici 19

1.4.2 Aspetti istologici 22

1.4.3 Ruolo delle mucine intestinali e cellule mucipare (goblet cell) 25 1.5 L’anatomia dell’apparato gastrointestinale dello zebrafish 32 1.6 Effetto delle diete sulle performance produttive e caratteristiche morfologiche

dell’intestino 34

1.6.1 Diete e performance produttive 34

1.6.2 Diete e caratteristiche morfologiche dell’intestino 37

1.7 Obiettivo dello studio 42

2. Materiali e metodi 44

2.1 Disegno sperimentale 44

2.2 Diete 44

2.3 Analisi istologiche 47

2.3.1 Preparazione dei campioni (inclusione, taglio e colorazioni) per esame istologico 47

2.3.2 Lunghezza dei villi 53

2.3.3 Densità e dimensione delle cellule mucipare (goblet cell) 54

2.4 Analisi statistica 55

3. Risultati 56

3.1 Lunghezza dei villi 57

3.2 Dimensione e densità delle cellule mucipare (goblet cell) 59

4. Discussioni 61

5. Conclusioni 67

6. Bibliografia 70

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1. Introduzione

1.1 Andamento demografico mondiale e “sicurezza alimentare”

La pesca e l'acquacoltura sono ancora oggi importanti fonti di cibo, nutrizione e reddito per centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Recenti studi di esperti e di organizzazioni internazionali, hanno evidenziato un enorme potenziale degli oceani e delle acque interne, ai fini del raggiungimento di adeguati standard di “sicurezza alimentare”, sia pensando al presente che alle prospettive future. A questo riguardo, è da evidenziare che per “sicurezza alimentare” si intende l’approvvigionamento e autosufficienza alimentare della popolazione, cosa diversa dalla sicurezza igienico-sanitaria (Reg. CEE 178/2002). Quindi, la sicurezza alimentare, intesa come appena detto, è già un tema di estrema attualità considerata anche nell’ottica dell’intenso incremento demografico a cui si sta assistendo negli ultimi decenni e che vedrà il raggiungimento di una popolazione mondiale pari a 9,7 miliardi di individui entro il 2050 (ONU, 2015). Nella seconda Conferenza internazionale sulla nutrizione (ICN2), tenutasi a Roma nel novembre 2014, gli stati membri dell’Unione Europea, hanno adottato la

Dichiarazione di Roma

(https://ec.europa.eu/digital-single- market/en/news/rome-declaration-responsible-research-and-innovation-europe), con la quale i leader mondiali hanno rinnovato i loro impegni per stabilire e attuare politiche finalizzate a stabilire e implementare le politiche alimentari mirando all’eradicazione della malnutrizione e alla trasformazione del sistema alimentare, al fine di garantire una alimentazione adeguata e nutriente a tutta la popolazione mondiale; nella conferenza è stata confermata l'importanza del pesce e dei frutti di mare come fonte di alimenti e salute per molte comunità costiere, mettendo in evidenza che questi

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prodotti forniscono molte proteine e micronutrienti essenziali, in particolare per le donne e giovani bambini. Così facendo, è stato sancito che la pesca e l'acquacoltura possono rappresentare dei validi strumenti nel perseguimento di quanto stabilit dalla Conferenza internazionale sulla nutrizione (ICN2).

Successivamente, il 25 settembre 2015, gli Stati membri dell’Unione Europea e gli Stati membri delle Nazioni Unite, hanno adottato l'Agenda 2030 (https://www.unric.org/it/agenda-2030) per lo sviluppo sostenibile ed i suoi obiettivi, con la quale si intende guidare le azioni dei governi, delle agenzie internazionali, della società civile e di altre istituzioni, nei prossimi 15 anni (2016-2030). Molti di questi obiettivi, sono direttamente pertinenti alla pesca, all'acquacoltura e allo sviluppo sostenibile del settore; in particolare, uno di questi si focalizza espressamente sulla gestione sostenibile degli oceani. Per realizzare la transizione globale allo sviluppo sostenibile, i paesi stanno creando un ambiente politico, istituzionale e governativo fondato su solide basi, che tiene conto dei tre parametri della sostenibilità (economici, sociali e ambientali).

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1.2 Il dilemma dell’acquacoltura: farine di pesce e nuove fonti proteiche alternative

L’aumento sempre più intenso della popolazione mondiale ha fatto sì che la FAO prendesse in considerazione nuove fonti alimentari che potessero contribuire a “sfamare” il pianeta, fonti più sostenibili in termini di sfruttamento del suolo, delle acque e dell’inquinamento.

Negli ultimi anni l’acquacoltura ha contribuito a colmare il gap esistente tra domanda e offerta dei prodotti ittici e la produzione mondiale del pesce allevato, ha infatti contribuito per più della metà, alla produzione totale di pesce destinato al consumo umano (FAO, 2015). La produzione da acquacoltura è, soprattutto oggi, fortemente dipendente dalle attività di pesca di pesce destinato alla produzione di farine e oli di pesce; tra l’altro, più della metà della farina di pesce prodotta a livello internazionale, viene oggi impiegata nella produzione di mangimi per l’acquacoltura (Tacon e Metian, 2008) e la grande richiesta di farine e oli di pesce minaccia la sopravvivenza di molti stock ittici selvatici e dell’intero ecosistema marino a causa dell’eccessivo prelievo. Quindi, la grande richiesta di farine e oli di pesce, a fronte dell’impossibilità di aumentarne le produzioni, determina una continua crescita del loro prezzo, crescita che prosegue ormai da diversi decenni e che si riflette pesantemente sul prezzo dei mangimi per l’acquacoltura (FAO/GLOBEFISH, 2016).

Quindi, al fine di permettere al settore dell’acquacoltura di crescere e aumentare le sue produzioni, anche l’industria mangimistica, con l’aiuto del mondo scientifico e al fine di produrre quantità di mangime crescenti, dovrà trovare fonti proteiche (e di oli) alternative, sostenibili e rinnovabili.

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Oggi molte materie prime vegetali sono state testate ai fini della sostituzione della farina di pesce. Purtroppo però, tranne che per alcuni sottoprodotti (glutine, concentrato proteico di soia, farine idrolizzate di varia origine, ecc.) il profilo amminoacidico di queste materie prime è quanti-qualitativamente inferiore a quello medio della farina di pesce disponibile in commercio. Per migliorare la digeribilità e limitare gli effetti negativi di alcune componenti contenute nei prodotti vegetali, come per esempio i fattori anti-nutrizionali, queste materie prime solitamente vengono sottoposte a trattamenti tecnologici (Gasco, 2015).

1.3 Le farine di insetto

Da alcuni anni la FAO (2013), a livello mondiale, promuove gli insetti o le loro forme larvali quali fonti proteiche innovative per i mangimi destinati ai monogastrici. I recenti studi mostrano come gli insetti siano una promettente alternativa nella preparazione e produzione di mangimi e come la loro produzione stia rapidamente raggiungendo il miliardo di tonnellate, con un fatturato di oltre 370 miliardi di dollari (IFIF, 2014). Gli insetti sono caratterizzati da alti titoli proteici, profili in acidi grassi e amminoacidici ben equilibrati e alto valore nutrizionale; inoltre, queste caratteristiche possono essere più o meno facilmente “modificate” attraverso l’impiego di specifici substrati di allevamento, come ad esempio scarti di pesce, ricchi in acidi grassi n-3, o altri substrati ricchi in particolari componenti (Sánchez-Muros et al., 2014).

In merito alle farine di insetto, di seguito, vengono analizzati in dettaglio alcuni aspetti di rilevante importanza per il futuro impiego di questi prodotti in acquacoltura e in particolare: la sostenibilità della loro produzione, i loro

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aspetti nutrizionali, e infine il quadro normativo che ad oggi ne regola produzione e impiego.

1.3.1 Sostenibilità della produzione

Da un punto di vista biologico, gli insetti si riproducono velocemente, vivono ovunque, presentano un tasso di crescita e di conversione alimentare straordinariamente favorevole e un impatto ambientale (“carbon footprint”) quasi trascurabile durante tutto il loro ciclo di vita (FAO 2014). La produzione di farine insetto, e il suo utilizzo come alimento per animali da allevamento e da compagnia, presenta quindi numerosi vantaggi. Infatti, è noto che gli insetti fanno già parte della dieta naturale di molti pesci, il loro allevamento richiede ridottissimi input energetici con enorme beneficio in termini di sostenibilità economica e ambientale. La possibilità di essere allevati su scarti alimentari e nutriti con rifiuti organici quali resti di cibo e sottoprodotti industriali, rappresenta anche una importante occasione di “smaltimento” dei rifiuti organici e un chiaro esempio di produzione sostenibile. Il substrato in cui vivono e di cui si nutrono non è in diretta competizione con l’alimentazione umana ma anzi la integra, in quanto può essere costituito da scarti e sottoprodotti organici provenienti dall’agroindustria, che vengono a loro volta trasformati dagli insetti stessi in proteina nobile e gli scarti del processo sono costituiti da materia organica idonea come fertilizzante. Infatti, alcuni studiosi (Veldkamp et al., 2012) hanno evidenziato come gli insetti abbiano la potenzialità di valorizzare 1,3 miliardi di rifiuti organici mondiali, trasformandoli in 765 milioni di tonnellate di insetti all’anno. In aggiunta, gli insetti possono essere lavorati e separati in più frazioni, ottenendo varie tipologie di prodotti: oli/grassi, farina (proteine) e prodotti innovativi come chitosano, minerali, vitamine e

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sostanze con proprietà antibatteriche. Ancora, l’allevamento di insetti è meno dipendente dalla disponibilità di acqua, terreno ed energia rispetto all’allevamento di bestiame convenzionale. Altro aspetto importante è la bassa produzione di gas serra che è notevolmente più bassa di quella del bestiame convenzionale (FAO, 2014). Gli insetti presentano un’alta efficienza di conversione nutrizionale perché sono animali a sangue freddo. I tassi di conversione nutrizionale variano largamente a seconda del tipo di animale e delle pratiche di allevamento utilizzate. In media, gli insetti possono convertire 2 kg di cibo (substrato) in 1 kg di massa, mentre un bovino necessita 8 kg di alimenti per produrre l’aumento di 1 solo kg di biomassa (FAO/WUR, 2013). Nei paesi in via di sviluppo, la raccolta dei “riproduttori” e l’attrezzatura necessaria per il loro allevamento, possono anche essere molto semplici e richiedere un investimento di capitale molto ridotto. In particolare, in questi paesi gli insetti possono essere raccolti in natura, allevati, preparati e venduti dai membri più poveri della società, quali donne e lavoratori senza terra, in aree rurali o urbane. Queste attività possono contribuire a migliorare la dieta e fornire entrate in denaro con la vendita della produzione in eccesso in mercati popolari (Oonincx et al., 2010). Gli insetti possono essere preparati nella forma di prodotti alimentari o mangimi in modo relativamente facile. Alcune specie possono essere consumate intere, altre possono essere anche trasformate in impasti o macinate prima di essere consumate o le loro proteine possono essere estratte e separatamente utilizzate (Rumpold & Schlüter, 2013). Pertanto, è chiaro come l’allevamento di insetti può fornire opportunità imprenditoriali sia in economie sviluppate, che in quelle in via di sviluppo o mediamente sviluppate (FAO, 2014) e in definitiva, si pone come un tassello fondamentale all’interno della cosiddetta “economia circolare” consentendo di usare in modo sostenibile le risorse disponibili, da un lato recuperando e

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valorizzando la sostanza organica di bassa qualità e, dall’altro, generando una serie di prodotti di interessantissimo valore (FAO, 2014).

1.3.2 Aspetti nutrizionali

L’utilizzo degli insetti come fonte proteica alternativa alle farine di pesce e alle materie prime vegetali in acquacoltura è un tema attuale. Per poter utilizzare un qualsiasi ingrediente nella formulazione di un mangime, è necessario conoscerne la composizione chimico-nutrizionale, al fine di poterlo utilizzare efficacemente e permettere quindi una adeguata copertura dei fabbisogni nutritivi della specie a cui il mangime è destinato. Gli insetti sono caratterizzati da un ottimo valore biologico della loro componente proteica, grazie al suo profilo amminoacidico, essendo particolarmente ricco in aminoacidi essenziali e ciò a differenza di quanto accade per le principali fonti proteiche vegetali (Bukkens, 2005; Rumpold e Schluter, 2013).

È bene inoltre ricordare che il profilo acidico della dieta, influenza la composizione lipidica costituzionale dei pesci e quindi la qualità nutrizionale ed organolettica del prodotto. Inoltre, da numerosi studi, è emerso che le larve di Tenebrio molitor hanno un contenuto in acqua pari a circa il 60% ma il loro elevato tenore proteico (45-60% sulla sostanza secca) e lipidico (30-45% della s.s.) nonché il loro basso tenore in ceneri (<5% della s.s.) ne fanno un’ottima materia prima (Klasing et al., 2000).

Anche il contenuto proteico delle larve di Hermetia illucens, che si aggira intorno al 40-44% della s.s. e quello in grassi che, in funzione del substrato di allevamento, può variare dal 15 al 49%, rendono questo prodotto molto interessante dal punto di vista mangimistico e nutrizionale (Arango Gutierrez et al., 2004). Gli insetti possono essere impiegati con successo nell’alimentazione delle specie ittiche di acqua dolce, mentre risultano un

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po’ meno interessanti per l’allevamento delle specie ittiche marine; i primi, infatti, richiedono solamente l’apporto di quantità sufficienti di acido linoleico (LA) e/o acido α-linolenico (ALA), a partire dai quali e grazie ad appositi enzimi (elongasi e desaturasi), sono in grado di allungare e desaturare tali acidi grassi per una parziale sintesi di acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico (DHA); per contro, quasi tutte le specie marine non dispongono di questi enzimi e pertanto l’apporto di acido eicosapentaenoico (EPA) e di acido docosaesaenoico (DHA) deve essere effettuato interamente per via alimentare (FAO, 2013). A differenza di quanto avviene per gli insetti terrestri invece, quelli acquatici contengono quantità di acidi grassi polinsaturi, e in particolare di acido eicosapentaenoico (EPA), nettamente superiori. Tale differenza è dovuta al fatto che, mentre gli insetti terrestri sono principalmente erbivori ed onnivori, quelli acquatici sono attivi predatori che si nutrono di organismi ricchi di acidi grassi della serie omega-3 (FAO, 2013).

Alcune specie (Bombyx mori, Musca domestica, Ephydra hians) presentano contenuti in metionina e leucina simili a quelli della farina di pesce; la materia prima che presenta il maggior contenuto di lisina rimane comunque la farina di pesce (Sánchez-Muros et al., 2014). Notevoli quantità di minerali e vitamine sono contenute negli insetti (Rumpold e Schluter, 2013) mentre i livelli di calcio e fosforo sono solitamente inferiori a quelli riscontrabili nella farina di pesce.

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1.3.3 Quadro normativo

Con il Regolamento 2017/893, la Commissione Europea ha modificato alcuni allegati dei Regolamenti (CE) 999/01 (Allegato I e IV) e (UE)

142/2011 (Allegati X, XIV e XV), per quanto riguarda le disposizioni sulle proteine animali trasformate. Una circolare del Ministero della salute,datata il 25 luglio 2017,

(http://www.sivemp.it/userfiles/public/allevamentousoinsetti.pdf),

dettaglia ai Servizi Veterinari e a tutti i soggetti di competenza, le condizioni di applicazione del nuovo Regolamento. Fra le novità sono elencate le autorizzazioni per l'alimentazione degli animali d'acquacoltura, delle proteine animali trasformate derivate da insetti e dei mangimi composti che le contengono. Allo scopo, la Commissione Europea ha stabilito, con il Regolamento 2017/893, condizioni specifiche per la loro produzione e uso "al fine di evitare qualsiasi rischio di contaminazione incrociata con altre proteine che potrebbero comportare un rischio di BSE nei ruminanti". Inoltre, le proteine animali trasformate derivate da insetti potranno essere prodotte in impianti adibiti esclusivamente alla produzione di prodotti derivati da insetti d'allevamento. Infine, tenendo conto della valutazione del rischio a livello nazionale, nonché del parere dell'EFSA, vengono riconosciute 'sicure' per l'impiego nei mangimi le seguenti specie di insetti allevate attualmente nell'Unione: mosca soldato nera (Hermetia illucens), mosca comune (Musca domestica), tenebrione mugnaio (Tenebrio molitor), alfitobio (Alphitobius diaperinus), grillo domestico (Acheta domesticus), grillo tropicale (Gryllodes sigillatus) e grillo silente (Gryllus assimilis). A tal fine, l'Agenzia EFSA ha concluso che tali insetti possano essere allevati esclusivamente con substrati che non contengono materiale proveniente da ruminanti o di origine umana (liquami).

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18 1.4 Apparato digestivo dei teleostei

I pesci rappresentano il gruppo più numeroso e diversificato del subphylum dei vertebrati. Essi sono animali pecilotermi (animali a sangue freddo, e quindi la cui temperatura corporea varia molto nel tempo a seconda delle condizioni ambientali) adattatisi, nel corso dell’evoluzione, a molteplici habitat acquatici esibendo una notevole variabilità morfologica, comportamentale, riproduttiva e alimentare. Il sistema digerente ha subito notevoli modificazioni per permettere alle numerose specie di adattarsi alle differenti abitudini alimentari. Le diverse morfologie del tratto gastrointestinale dei pesci possono dare utili informazioni su alcune loro caratteristiche biologiche quali: la dieta, il comportamento alimentare, il metabolismo, le capacità di assimilazione dei nutrienti (Paolucci, 2017).

L’apparato digerente è responsabile delle fasi che vanno dall’ingestione di alimento, alla masticazione (quando prevista), deglutizione, digestione e assorbimento dello stesso. L’anatomia e la fisiologia dell’apparato digerente sono strettamente collegate alla dieta e alle abitudini trofiche della specie (Paolucci, 2017). Pertanto, al fine di mettere a punto delle diete che permettano di ottenere performance di accrescimento, nonché idonee condizioni di benessere generale dei soggetti allevati, la conoscenza di aspetti anatomici, istologici, nonché fisiologici di quest’organo sono sempre da prendere in considerazione. Per questa ragione, di seguito verrà effettuata una breve descrizione di tali aspetti relativamente alle specie ittiche.

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1.4.1 Aspetti anatomici

L’apparato digerente dei pesci comprende l’intero tubo digerente ma anche le ghiandole a questo annesse e cioè l’epato-pancreas.

L’apparato digerente, come in tutti gli animali, ha inizio con la bocca, seguita dalla cavità orale e la faringe; questi organi, nel loro insieme sono responsabili del riconoscimento, assunzione e processazione iniziale dell’alimento. Questa prima regione, è generalmente parallela al corpo del pesce o, in alcuni casi, rivolta verso l’alto come nelle specie che consumano il cibo presente nell’acqua (ad esempio nei salmonidi), rivolta verso il basso nelle specie che si nutrono sui fondali (ad esempio in carpe e storioni). La bocca si apre nella cavità orale che si estende fino alla faringe e include i denti e la lingua. Quest’ultima è scarsamente sviluppata, infatti, essendo priva di muscolatura, costituisce una semplice protuberanza del pavimento buccale frapposta tra le file dentali (Paolucci, 2017). I denti possono essere assenti o abbondanti e diversi per forma e disposizione. Nei pesci predatori o carnivori sono generalmente presenti nella parte alta (denti vomerini) e laterale (denti palatini) della cavità orale e sulle mascelle (denti premascellari e mascellari), ed hanno una forma conica e appuntita atti ad afferrare le prede e strappare i tessuti; i pesci erbivori e detritivori (organismi decompositori che si nutrono di detriti organici) posseggono denti anche nel cavo faringeo, derivanti da formazioni delle arcate branchiali, dalla forma larga e appiattita per triturare il cibo (Harder, 1999).

A questa prima sezione del tubo digerente, quindi, seguono l’esofago, lo stomaco e l’intestino. L’esofago è di norma breve e il suo diametro estremamente variabile (estensibile) per permettere la deglutizione del cibo (poco masticato). Allo stato di riposo, si possono osservare sulla superficie interna dell’esofago delle pliche longitudinali che permettono la sua

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espansione per accomodare il passaggio di cibo di grandi dimensioni. Queste pliche si distendono poiché le cellule epiteliali non sono ancorate alla membrana basale. Nei pesci primitivi l’esofago porta direttamente all’intestino mentre nella maggior parte dei pesci l’esofago si immette nello stomaco. Non tutti i pesci presentano un vero stomaco e quando questo è assente, come nei ciprinidi, un’estesa regione dell’esofago esplica tale funzione (Paolucci, 2017).

Da un punto di vista morfologico lo stomaco è molto variabile. Lo stomaco è solitamente la parte più muscolare del tratto digestivo e può avere diverse forme: diritto, a forma U, a forma J. In alcuni teleostei, comunque, e in particolare nelle specie prevalentemente erbivore, microfaghe e/o detritivore, questo organo può addirittura mancare, come ad esempio nello zebrafish (Danio rerio). La forma può essere rettilinea, come nel luccio (Esox lucius), a forma di U con una branca discendente (regione cardiaca) ed una branca ascendente (regione pilorica), tipico della maggior parte dei Teleostei e degli Elasmobranchi, a forma di J per la presenza di un sacco cieco in aggiunta alle regioni cardiaca e pilorica, caratteristico di alcuni Selaci e Teleostei. In ogni caso, lo stomaco è comunemente distinto in tre regioni: regione cardiale, fondo e regione pilorica (Paolucci, 2017). L’intestino è il principale sito adibito alla digestione e la sua struttura varia notevolmente a seconda delle abitudini alimentari: è particolarmente breve nelle specie carnivore mentre in quelle erbivore può raggiungere una lunghezza pari a 20 volte quella del corpo e perciò è notevolmente avvolto per adattarsi allo spazio disponibile nella cavità del corpo (Paolucci, 2017). I pesci hanno sviluppato alcune strategie anatomiche per aumentare la superficie del canale digerente: una delle più importanti e macroscopiche è senza dubbio la formazione di un intestino più lungo; in secondo luogo, si può osservare una mucosa più spessa e dotata di numerosi villi, strategia

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questa spesso utilizzata soprattutto nelle specie con un intestino breve; infine, nei pesci si osserva lo sviluppo di diverticoli laterali, i cosiddetti ciechi pilorici, cioè evaginazioni digitiformi a fondo cieco dell’intestino prossimale situati in vicinanza dello sfintere pilorico. Questi ultimi, variano notevolmente per forma e dimensione e sono presenti in un numero variabile da uno a migliaia. Essi presentano le stesse caratteristiche istologiche e funzionali dell’intestino prossimale e possono presentarsi come strutture singole (tonni) o fuse a formare un’unica struttura (ghiandola pilorica negli storioni). La regione terminale dell’intestino, non sempre facilmente distinguibile, è il retto. Quando la digestione è completata, i residui passano attraverso il retto e vengono escreti attraverso l'ano (Paolucci, 2017). Al tubo digerente sono annesse due ghiandole. Il fegato nei pesci è una ghiandola di dimensioni cospicue e di forma variabile. Nei teleostei la sua lobatura è variabile: fegato unico (anguilla), bilobato (siluridi), trilobato (tonno) o polilobato (ciprinidi). La vescicolabiliare può essere sferica, ovoidale, allungata e raramente manca (lota). Il fegato è il maggiore organo metabolico di: grassi, aminoacidi e carboidrati vengono qui immagazzinati e rilasciati quando necessario (Paolucci, 2017). Il pancreas nei pesci è generalmente diffuso, solo in alcune specie è più compatto, come per esempio nell’anguilla; è composto da una componente esocrina e una componente endocrina. Il pancreas è la maggior sorgente di enzimi digestivi, che formano il "succo intestinale" per attaccare grassi, proteine e carboidrati e trasformarli in molecole più semplici (Paolucci, 2017).

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1.4.2 Aspetti istologici

Sebbene l’anatomia macroscopica del tratto digerente sia molto variabile, i tipi di cellule e tessuti che lo compongono sono piuttosto costanti.

L’anatomia microscopica di bocca e faringe è simile a quella degli altri vertebrati. Le cellule mucose sono disperse tra le cellule epiteliali che rivestono la cavità orale e la faringe. Sono anche presenti ghiandole salivari; queste però sono unicellulari piuttosto che pluricellulari come quelle degli altri vertebrati. La secrezione delle ghiandole mucosali e salivari lubrifica il cibo. La regione cardiale è direttamente connessa all’esofago, non ha attività secretoria e la sua funzione principale è quella di riserva del cibo (Paolucci, 2017). Il fondo e la regione pilorica esplicano una funzione secretoria. La regione cardiale è rivestita da un epitelio stratificato. Il fondo e la regione pilorica sono entrambe rivestite da un epitelio cilindrico semplice privo di villi in cui sono presenti numerose cellule mucipare caliciformi. Le ghiandole gastriche, tubulari semplici e ramificate, penetrano in profondità nella lamina propria della mucosa gastrica, soprattutto nella regione del fondo. La parete dell’adenomero è formata da cellule ossintiche, responsabili della secrezione di HCl e pepsina e, conseguentemente, dell’inizio della digestione chimica. La sottomucosa, situata al di sotto dell’epitelio gastrico, consiste di tessuto connettivo in cui sono disperse fibre muscolari lisce La tonaca muscolare consiste di uno strato circolare interno ed uno longitudinale esterno di fibre muscolari lisce. In alcune specie i due strati muscolari della regione pilorica sono notevolmente sviluppati formando un ventriglio utilizzato per macinare il cibo (ad esempio in storioni e aringhe). Nella regione terminale dello stomaco gli strati muscolari lisci sono entrambi più spessi e formano una struttura nota come sfintere pilorico; quest’ultimo, regola il passaggio del cibo parzialmente digerito (chimo) dallo stomaco

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all’intestino ed è assente o poco sviluppato nei pesci privi di stomaco (Paolucci, 2017).

Di norma, comunque, le cellule della parete dello stomaco secernono acido cloridico e enzimi proteolitici e la massa così parzialmente digerita viene chiamata chimo. Tra lo stomaco e l’intestino vi è il piloro, che può essere uno sfintere muscolare o una semplice piega della mucosa che funge da valvola. La lunghezza dell’intestino dipende dalla specie; questo è lungo e sinuoso negli erbivori, corto nei carnivori e intermedio negli onnivori. Nei casi dei pesci privi di stomaco, di solito l’esofago continua direttamente nell’intestino o, più precisamente in alcune evaginazioni digitiformi situate quasi immediatamente al piloro e chiamate cieco-piloro; tali appendici o sacche, possono variare da 1 a più di 1.000, a seconda della specie considerata. Il cieco partecipa alla digestione secernendo enzimi e pertanto assume quasi la stessa funzione dello stomaco tradizionale. L’intestino ha pieghe longitudinali e trasversali che aumentano l’area superficiale per l’assorbimento. In molte specie, l’intestino anteriore è separato dall’intestino posteriore, chiamato retto, da una valvola ileo-rettale o anulare. Che impedisce il reflusso delle feci. L’intestino si apre verso l’esterno attraverso l’ano, che è dotato di uno sfintere muscolare. L’intestino completa la digestione mediante azione meccanica e chimica, assorbe il cibo e svolge un ruolo importante nell’assorbimento di acqua ed elettroliti. Quando il chimo dallo stomaco entra nell’intestino, riceve la bile alcalina dal fegato e il succo pancreatico e le secrezioni da molte ghiandole situate nelle parti dell’intestino, che completano la digestione in modo che i prodotti ottenuti possano passare nel flusso sanguigno. La materia non digerita viene eliminata con le feci attraverso l’ano. Dal lume esterno alla cavità celomatica comprende i seguenti strati: mucosa; tunica muscolare o strato muscolare e sierosa.

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La mucosa dell’intestino presenta una complessa architettura con numerose “pliche” o “creste”, tipicamente avente la funzione dei villi degli animali terrestri, e che permettono di aumentare l’area superficiale adibita all’assorbimento. Lo spessore e la complessità della mucosa è maggiore nella porzione prossimale e diminuisce distalmente. L’intestino è forse il tratto del canale alimentare dei pesci meglio caratterizzato istologicamente. È rivestito da un tessuto epiteliale semplice cilindrico o, in alcuni casi, cubico. Tra le cellule epiteliali sono disseminate le cellule mucipare caliciformi, ricche di granuli secretori, alcune cellule del sistema immunario (ad es. macrofagi) e differenti tipi di cellule endocrine.

Gli enterociti sono cellule polarizzate, con un dominio apicale provvisto di numerosi enzimi atti a completare la digestione, e di diversi “trasportatori”, questi responsabili dell’assorbimento dei nutrienti; inoltre, gli enterociti posseggono un dominio basolaterale provvisto di proteine carrier che trasportano i nutrienti assorbiti al sangue. La lamina propria è costituita da tessuto connettivo ricco di vasi sanguigni. La sottomucosa intestinale è più sottile di quella gastrica.

La mucosa è costituita dall’epitelio e dalla lamina propria. Le funzioni dell’epitelio della mucosa e sono l’assorbimento e la secrezione. È supportato da uno strato lasso di tessuto connettivo definito la lamina propria, che contiene molti capillari sanguigni. Lo strato successivo alla mucosa, è un sottile strato di muscolo liscio longitudinale. La sottomucosa è costituito da tessuto connettivo con vasi e nervi e la sua funzione è quella di sostenere e nutrire lo strato precedente. La tunica muscolare consiste in uno strato di muscolo circolare e uno strato di muscolo longitudinale, che aiutano a mescolare il contenuto intestinale e ad eseguire movimenti peristaltici che lo spingo all’indietro.

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1.4.3 Ruolo delle mucine intestinali e cellule mucipare (goblet cell)

Il muco è una secrezione viscosa, prodotta dalle cellule mucipare (goblet cell); il muco, composta da mucine, diffuso lungo tutto il tubo digerente, ha varie funzioni, come la lubrificazione, digestione, assorbimento, barriera all’ingresso di patogeni e sito di la colonizzazione da parte della microflora intestinale (Zaccone et al., 1989; Loretz, 1995; Domeneghini et al., 2005). Le cellule mucipare, caliciformi, sono presenti nello strato epiteliale superficiale della mucosa e, pertanto, riversano il loro secreto direttamente nel lume centrale. Le ghiandole mucipare pluricellulari, invece, sono localizzate generalmente nello strato di tessuto connettivo della sottomucosa ed emettono secrezioni tramite un dotto escretore che sbocca nel lume. Le cellule mucipare sono caratterizzate da una zona apicale, colma di gocce di muco, e da una zona sovrastante ristretta a contatto con il lume in cui viene riversato il secreto. Oltre a mantenere umide e a lubrificare le superfici delle membrane mucose, il muco ha la funzione di catturare particelle, microrganismi, cellule di sfaldamento delle mucose e leucociti presenti in caso di reazioni infiammatorie, facilitandone l'eliminazione. Sul ruolo delle mucine sono stati condotti diversi studi su diverse specie di pesci (Leknes, 2010). Il muco è formato da acqua, da mucine e da sostanze inorganiche; sebbene la sua composizione differisca in relazione al sito di produzione, la struttura e il processo di produzione del suo componente principale, le mucine, risultano simili nelle varie mucose. Nelle cellule mucipare, i polimeri di mucina vengono continuamente accumulati sotto forma di gocciole di secrezione all'interno dell'apparato del Golgi e trasportati alla regione apicale della cellula. Subito dopo la secrezione, la mucina viene idratata, con suo aumento di volume fino a 600 volte rispetto a quello originario. L'aggiunta di acqua e l'associazione dei polimeri tra loro formano

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uno strato omogeneo di gel di muco, che riveste la superficie delle mucose. Questo strato viscoso protegge le cellule di rivestimento della parete dall'acidità del contenuto gastro-intestinale, e la produzione di muco è influenzata dalla quantità e qualità del materiale ingerito e dalla concentrazione dei secreti gastro-intestinali. Le mucine contenute nel muco ritardano il flusso di ioni H+ che dal lume si spostano verso le cellule epiteliali, permettendo la loro neutralizzazione da parte degli ioni carbonato presenti vicino alle cellule. Molto spesso le sostanze che provocano lesioni e ulcerazioni allo stomaco agiscono alterando lo strato di muco-bicarbonato. Le caratteristiche istochimiche delle mucine secrete dalle cellule dell’apparato digerente dei pesci variano tra le diverse specie, età e regioni del tratto digerente (Sinha, 1977; Grau et al., 1992; Sarasquete et al., 2001). Sono descritte e confrontate l'aspetto e le proprietà istochimiche delle cellule mucose in varie parti del tratto digestivo nelle larve prenatali di pesce platy (Xiphophorus maculatus), teleosteo che come lo zebrafish è privo di stomaco. Queste cellule sono visibili in tutto l'intero strato di cellule epiteliali della bocca, faringe, esofago e intestino in larve di circa 6 mm. Studi condotti sulla colorazione delle cellule mucipare, suggeriscono che la mucina nel tratto digerente dei platy prenatali è costituita principalmente da glicoconiugati non solfatati e carbossilati. Le osservazioni istochimiche suggeriscono che la quantità di galattosamina e glucosamina in questa mucina varia molto da cellula a cellula. Inoltre, le diverse tonalità di rosa dopo colorazione PAS suggeriscono una significativa eterogeneità cellulare (Grimstone and Skaer, 1972; Culling, 1974; Pearse, 1985) .Uno studio condotta da Leknes et al. (2010), rivela che gli strati di cellule epiteliali in tutto l'intero tratto digestivo nelle larve prenatali della lunghezza di 6 mm (Xiphophorus maculatus) contenevano una serie di cellule mucose, mentre le cellule erano molto scarse e persino assenti nelle larve lunghe 4 mm.

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Quindi, questo tipo di cellule sembra svilupparsi rapidamente alla fine del periodo prenatale. Questo studio rileva tuttavia che in tutto il tratto digerente nelle larve di platy di 6 mm i glicoconiugati solfati sono scarsi o addirittura assenti in questa fase di sviluppo. Sulla base delle osservazioni fatte attraverso varie tecniche di colorazione, si è giunti a suggerire che normalmente contengono alcuni glicoconiugati neutri oltre ai glicoconiugati solfati e carbossilati; inoltre, la mucina sembra anche poter essere molto ricca di glicoconiugati neutri. Colorazioni effettuate utilizzando lectine, suggerisce anche un contenuto molto variabile di galattosamina e glucosamina. Pertanto, lo studio di Leknes et al. (2010) rivela una significativa eterogeneità nella popolazione di cellule mucose appena sviluppate nel tratto digestivo nelle larve prenatali platy lunghe 6 mm. Ciò può portare a pensare che in diverse fasi di sviluppo e maturazione, o una eterogeneità cellulare stabile e permanente, questo muco è in grado di svolgere un certo numero di ruoli importanti anche una settimana prima che le larve inizino a nutrirsi e a digerire.

In un altro studio di Leknes (2010), sono stati descritti e confrontati tipi di cellule contenenti mucine nello strato cellulare epiteliale in tutto il tratto digerente del pesce tetra di Buenos Aires (Hyphessobrycon anisitsi) mediante tecniche istochimiche e di confrontare i risultati con quelli dei corrispondenti strati di cellule aventi delle mucine nelle specie di altri teleostei che contengono lo stomaco. La mucina è stata secreta in tre differenti tipologie di cellule: nelle cellule a forma di sacca (sac-like) nell'esofago, nelle cellule epiteliali superficiali nello stomaco e nelle cellule caliciformi nel cieco e nell'intestino. Quasi l'intero strato di cellule epiteliali esofagee era costituito da cellule, riempite sia da mucina neutra che da mucina acida non solfatata. Le mucine presenti nell'area distale delle cellule epiteliali e contenevano principalmente proteoglicani neutri ricchi di

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glucosamina e in minor quantità galattosamina e acido sialico. Le celle caliciformi contenevano principalmente mucina acida non solfatata nel cieco e mucina acida solfatata in tutto l'intestino. In queste sedi le cellule mucipare contenevano anche di quantità minime di galattosamina e acido sialico. L'affinità molto variabile all'agglutinina di germe di grano (WGA-lectina) vista in queste cellule rafforza questa visione. Gli strati di cellule epiteliali nell'esofago contengono numerose cellule piene di mucina neutra e acida nella maggior parte dei teleostei finora studiati.

Nel white croaker (Micropogonias furnieri), le cellule ghiandolari gastriche secernono anche glicoproteine neutre. Il presente studio dimostra tuttavia che nello stomaco del tetra di Buenos Aires le cellule dello strato epiteliale della superficie e nelle ghiandole gastriche non sembrano contenere sulfomucina. La mucina gastrica intracellulare si è verificata solo nell'epitelio superficiale, limitata alle parti apicali delle cellule della presente specie. Il fatto che questo tipo di mucina sia fortemente colorata da PAS, ma non è colorato di alcian blu suggerisce che contiene molta mucina neutra. La DBA-lectina ha un'affinità altamente specifica per la N-acetilgalattosamina nelle mucine, mentre è stato trovato che la WGA-lectina nelle mucine si lega principalmente a N-acetilglucosammina e agli acidi sialici. Un significativo rafforzamento della reazione di colorazione della DBA-lectina osservata nelle cellule epiteliali superficiali dello stomaco e nelle cellule del cieco e cellule caliciformi intestinali dopo la digestione della neuraminidasi, è simile a quella recentemente riportata per la mucina dello stomaco nei toadfish (Halobatrachus didactylus). Presumibilmente, le N-acetilgalattosammine subterminali sono coperte da acido sialico terminale nei polisaccaridi della mucina e pertanto non sono disponibili per il legame DBA. Dopo la digestione della neuraminidasi seguita dalla pulizia, le N-acetilgalattosammine non sono più nascoste dall'acido sialico e possono

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quindi essere attaccate alle molecole DBA. Quindi, le attuali reazioni di colorazione WGA e DBA suggeriscono che nel tetra di Buenos Aires ci sono molte N-acetilglucosammine e un po’ di N-acetilgalattosamine e acido sialico nello stomaco, nel cieco e nella mucina intestinale. Tuttavia, la mucina esofagea sembra quasi mancare di N-acetilgalattosamine e acido sialico, ma è ricca di N-acetilglucosammine. La mancanza di un cambiamento nell'affinità totale per WGA nelle cellule mucose dell’esofago, nello strato epiteliale della superficie dello stomaco e nelle cellule caliciformi nel cieco e nell'intestino dopo la digestione della neuraminidasi seguita dalla pulizia, può rispecchiare che le N-acetilglucosammine originariamente nascoste dagli acidi sialici termali, sono state colorate dal WGA, mentre l'acido sialico, che può essere trattato con WGA, è stato digerito e lavato dal tessuto. Il fatto che la mucina gastrica non sia stata colorata di alcian blu ma mostra un forte colore magenta dopo PAS, suggerisce che questo tipo di mucina è povera di anioni. Ciò può impedire che gli ioni idrogeno e le molecole d'acqua nel succo gastrico vengano estratte nello strato protettivo di mucosa sulla parete gastrica.

I presenti risultati suggeriscono che il muco del tratto digerente nel tetra di Buenos Aires è prodotto in tre tipi di cellule molto diverse: cellule sac-like nell'esofago, cellule epiteliali superficiali nello stomaco e nelle cellule caliciformi nel cieco e nell’intestino. Nella maggior parte dei teleostei finora studiati le cellule caliciformi nell'intestino e nel cieco è riportato che contengono principalmente sulfomucine; inoltre queste cellule possono contenere alcuni glicoconiugati non solfatati e neutri, in particolare nel cieco e nell'intestino anteriore. Nel pesce euryhaline Sparus aurata, tuttavia, queste cellule contengono sia mucina neutra che mucina acida, in particolare sulfomucina in tutto l'intestino. Il presente studio dimostra che nelle cellule di tetra di Buenos Aires le cellule caliciformi nel cieco e in tutto l'intestino

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sono colorate in modo molto chiaro da blu di toluidina e alcian blu, suggerendo la presenza di mucina solfatata. Poiché le cellule caliciformi dell'intestino e del cieco sono principalmente colorate intensamente di viola-marrone o blu, rispettivamente, le cellule precedenti sembrano contenere molto più mucina solfatata di quest'ultime. Probabilmente, molta acqua viene attirata in questo strato di mucosa dagli ioni solfato per migliorare l'assorbimento dei prodotti di digestione.

Tuttavia, queste cellule hanno anche mostrato un distinto colore viola-magenta dopo PAS che suggerisce un elevato contenuto di mucina neutra. Inoltre, l'affinità alla lectina WGA sembra variare notevolmente all'interno del cieco e delle popolazioni di cellule caliciformi intestinali. Nel complesso, questi risultati possono suggerire diverse età o fasi di sviluppo e differenziazione per le cellule caliciformi, o una vera eterogeneità cellulare che riflette funzioni diverse come la lubrificazione, la difesa immunologica, la digestione e l'assorbimento. Un’ altro studio riguarda la spigola europea (Dicentrarchus labrax). L'obiettivo è quello di determinare l'effetto dei mannano-oligosaccaridi derivati dalla parete cellulare esterna di un ceppo selezionato di Saccharomyces cerevisiae (Bio-Mos, Alltech Inc., USA) sulla produzione di muco, attivazione dei parametri del muco selezionati, morfologia dell’intestino e traslocazione batterica intestinale in vivo ed ex vivo per la spigola europea (Dicentrarchus labrax). Gli esemplari sono stati nutriti con 4 g kg-1 di MOS incluso in una dieta commerciale della spigola per otto settimane. Le analisi morfologiche dell’intestino hanno mostrato un aumento del numero di cellule che secernono mucine acide per unità di area, maggiore densità di granulociti eosinofili (ECG) nella mucosa per i pesci alimentati con MOS insieme ad un miglioramento dell'attività lisozima del muco intestinale che potrebbe essere correlato alla ridotta traslocazione batterica in vivo ed ex vivo degli intestini. Non sono state riscontrate

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differenze per i valutati parametri immunitari del muco della pelle. Nel presente studio, la riduzione del numero di batteri capaci di attraversare l'epitelio intestinale ex vivo mediante alimentazione MOS, può in parte spiegare la velocità inferiore di reisolamento riscontrata sugli organi interni dopo la sfida patogena in vivo negli studi presenti e precedenti. Tra gli altri carboidrati, il mannosio costituisce un'importante componente superficiale delle cellule. Le lectine specifiche di mannosio sono utilizzate da molti agenti patogeni gastrointestinali come mezzo di attaccamento all'epitelio intestinale, agendo come adesine mediando il legame dei batteri alle cellule epiteliali. Pertanto, la minore capacità di traslocazione batterica nei pesci alimentati con MOS nel presente studio potrebbe essere correlata ad una velocità di adesione ridotta alla superficie della mucosa intestinale dei pesci da batteri che sono stati appositamente attratti per attaccare i mannano-oligosaccaridi dietetici. Tuttavia, questa traslocazione batterica inferiore potrebbe anche essere associata ad una ridotta capacità batterica per attraversare fisicamente la barriera intestinale o per sopravvivere a questa traslocazione.

L'efficienza della barriera intestinale dipende in modo significativo dalla produzione di muco. Nel presente studio, la somministrazione di MOS ha aumentato la densità delle cellule caliciformi e, quindi, la produzione di muco in accordo con i precedenti studi e riducendo ulteriormente l’adesione batterica agli enterociti, essendo l’adesione batterica un passo necessario nella colonizzazione e nella patogenesi microbica. Le superfici mucose epiteliali hanno un certo numero di meccanismi di difesa per prevenire l'adesione batterica, che comprendono la secrezione di muco e l'azione antiadesiva delle mucine. A sua volta, l'aumento della produzione di muco potrebbe essere responsabile di una migliore integrità dello stomaco. Infatti, la somministrazione di MOS ha migliorato l'integrità microscopica

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dell'intestino nella sogliola del Senegal (Solea senegalensis), trota iridea e orata (Diplodus sargus) e cobia (Rachycentron canadum. Pertanto, le maggiori ECG dell'intestino, suggeriscono l'influenza dell'aggiunta di MOS sulla regolazione GALT nelle giovani spigole europee. D'altra parte, in altri vertebrati, la somministrazione di MOS stimola il sistema immunitario intestinale, promuove la maturazione dell'intestino e ingrossa lo spessore della lamina propria, fornendo una barriera anatomica più efficace contro la traslocazione batterica. Oltre allo spessore dello strato mucoso, la sua composizione e l'effetto protettivo (cioè il lisozima e l'attività antibatterica) sono anche componenti essenziali contro l'infezione da agenti patogeni che contribuirebbero a ridurre la traslocazione batterica. Infatti, un'attività superiore di lisozima è stata trovata nel muco intestinale delle spigole alimentate con MOS, rafforzando ulteriormente la linea frontale di difesa contro i microrganismi patogeni in relazione alla riduzione della traslocazione batterica trovata in questo gruppo di pesci.

1.5 L’anatomia dell’apparato gastrointestinale dello zebrafish

L’intestino di zebrafish può essere suddiviso in tre segmenti. Il primo segmento ha funzioni di assorbimento e presenta una estesa superficie epiteliale costituita da cellule enteroendocrine. Il secondo segmento è privo di cellule enteroendocrine e sono gli enterociti a produrre gli enzimi per l’assorbimento dei nutrienti, inoltre, gli enterociti svolgono anche una funzione immunitaria; questa regione è analoga all’ileo dei mammiferi, ma manca di strutture follicolari linfoidi analoghe alle placche del Peyer. Il terzo segmento presenta pliche corte, disposte longitudinalmente, ed è privo di enterociti con funzioni di assorbimento, come accade a livello del colon dei

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mammiferi (Wallace, 2005). La muscularis mucosae è assente. La sottomucosa è spessa per l’abbondante tessuto connettivo. Nei due strati muscolari sono presenti fibre muscolari striate visibili anche nello sfintere anale.

L'apparato gastroenterico dello zebrafish presenta somiglianze, oltre che con quello di tutti i teleostei, anche con quello dei mammiferi, sia a livello anatomico che dei meccanismi molecolari dello sviluppo; tuttavia l'architettura complessiva nello zebrafish risulta essere più semplice (Wallace et al., 2005). La differenza più rilevante, sia nei confronti di molti teleostei che dei mammiferi, è che lo zebrafish non presenta uno stomaco, ma l'intestino è allargato anteriormente e funziona da serbatoio alimentare: questa regione è nota come bulbo intestinale, e ha una motilità retrograda. Nel bulbo intestinale sono presenti anche cellule caliciformi che producono acido e mucine neutre, come nello stomaco dell'uomo.

Nello zebrafish, la parete dell’intestino è formata da tre strati concentrici: tonaca mucosa, tonaca muscolare e tonaca sierosa. La mucosa, lo strato che delimita il lume, è composta da un epitelio cilindrico semplice e dalla lamina propria, un sottile strato di connettivo lasso posto a contatto con la sottomucosa. La muscolare è costituita da due strati concentrici di muscolatura liscia, uno circolare e uno longitudinale. Tra i due strati di muscolatura sono collocati i corpi cellulari dei neuroni del plesso mioenterico, che sono deputati alla regolazione della motilità intestinale. Esternamente, l’intestino è rivestito da uno strato di tessuto connettivo, la sierosa.

L'epitelio intestinale non presenta cripte ed è organizzato in pliche o pieghe, piuttosto che in veri e propri villi; inoltre manca anche la tonaca sottomucosa, presente invece nei mammiferi (Wallace et al., 2005)

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Quindi, riassumendo e mettendo a confronto l’intestino dei mammiferi e di molti teleostei, quello dello zebrafish differisce

a) l’epitelio intestinale organizzato in pliche piuttosto che in veri e propri villi;

b) per la mancanza della muscolaris mucosae al di sotto della lamina propria; c) l’epitelio, alla base delle pliche che, in assenza della muscolaris mucosae, è separato dalla muscolatura circolare da un sottile strato di tessuto connettivo.

1.6 Effetto delle diete sulle performance produttive e caratteristiche morfologiche dell’intestino

1.6.1 Diete e performance produttive

In acquacoltura, gli elevati prezzi di mercato di farina ed oli di pesce, hanno imposto una loro urgente sostituzione con fonti alternative (FAO, 2014; Shepherd and Jackson, 2013). Per questo motivo, principale obiettivo di moltissime ricerche è stato quello di diminuire il loro impiego nei mangimi. Tra tutte le alternative considerate, le farine di insetto sono quelle prese in considerazione più di recente e dalle più grandi prospettive. Riguardo i pesci, alcune prove sono state effettuate su varie specie; le diverse diete testate contenenti farine di insetto in sostituzione di FM (Fasakin et al., 2003; St-Hilaire et al., 2007b; Sealey et al., 2011; Alegbeleye et al., 2012; Kroeckel et al., 2012; Oso e Iwalaye, 2014; Roncarati et al., 2015) hanno confermato la possibilità del loro utilizzo (Henry et al., 2015). In uno studio condotto da Belforti et al. (2015), è stato valutato l’effetto di diete contenenti farina di larve di Tenebrio molitor (TM) sulle performance di crescita di trote arcobaleno (Oncorhynchus mykiss); le diete testate contenevano,

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rispettivamente, lo 0%, 25% e 50% di TM. Le diete sperimentali hanno evidenziato una buona appetibilità e nessuna differenza significativa è stata osservata in termini di accrescimento (peso finale). Per contro, i soggetti del gruppo di controllo, hanno fatto osservare un’ingestione di mangime significativamente superiore a quella dei soggetti riceventi la dieta contenente il 50% di TM; valori intermedi sono stati osservati per i gruppi con il 25% di TM. Questo aspetto, sembra anche spiegare i migliori risultati riportati in merito all’indice di conversione del mangime (FCR), il tasso di efficienza proteica (PER) e lo Specific Growth Rate (SGR). Per contro, Ng et al. (2001) hanno osservato un calo delle prestazioni di crescita solo quando l’inclusione di farina di insetti (Tenebrio molitor) ha comportato la sostituzione di oltre il 40% di FM e nel pesce gatto africano (Clarias

gariepinus ). Risultati simili sono stati osservati anche da Roncarati et al.

(2015) in avannotti di pesce gatto. Inoltre, alcuni studi hanno riportato che l'uso degli insetti diminuiva le prestazioni di crescita e digeribilità dietetica (St-Hilaire et al., 2007b; Kroeckel et al., 2012), mentre nessuna differenza è stata osservata in altri studi (Fasakin et al., 2003). Kroeckel et al. (2012), riferisce che per livelli di inclusione di 0, 17 e 33% in diete per larve di rombo (Psetta maxima), i risultati osservati erano del tutto comparabili a quelli osservati per la dieta di controllo per quanto riguarda mortalità, ingestione volontaria e indici di conversione; per contro, allorché venivano impiegate percentuali di inclusione superiori (49, 64, 76%), si osservava un peggioramento di accrescimenti, ingestione volontaria e indici di conversione, rimanendo la mortalità invariata; per quanto riguarda invece il peso vivo finale, i soggetti non alimentati con farina di Hemetia illucens (controllo) risultavano essere più pesanti, quelli che ricevevano diete contenenti fino al 33% di farina di Hemetia illucens, a loro volta, più pesanti di quelli che ricevevano diete con percentuali di inclusione ancora superiori

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e, tra quest’ultime, il peso vivo decresceva all’aumentare della percentuale di inclusione.

Per quanto riguarda l’appetibilità ridotta è stata anche riscontrata, sia per quanto riguarda diete con mangimi più poveri di HM, sia nelle diete con la presenza di quantità consistenti di farina di pesce (Day e González, 2000; Espe et al., 2007; Fournier et al., 2004; Nagel et al., 2012). Il peso finale e tasso di crescita specifico SGR sono stati significativamente influenzati da tutte le inclusioni di HM, mentre l'assunzione di mangime e il rapporto di conversione degli alimenti non lo erano significativamente quando l'inclusione di HM arrivava fino a 332 g di kg-1. Però, i tassi di crescita osservati nel presente studio erano più alti o almeno paragonabile all'inclusione di proteine vegetali alternative nelle diete per i giovani esemplari di rombo sia in studi effettuati in passato (Fournier et al., 2004; Regost et al., 1999) che recentemente (Bonaldo et al., 2011; Dietz et al., 2012; Nagel et al., 2012b; Slawski et al., 2011; Yigit et al., 2010).

Anche presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa è già stato condotto uno studio con lo scopo di contribuire ad ampliare le conoscenze relative all’effetto dell’inclusione di Hermetia illucens nell’alimentazione delle specie ittiche di interesse zootecnico (Licitra et al., 2016); in questo studio, condotto su zebrafish (Danio rerio), quantità crescenti di farine di Hermetia illucens era stata impiegata in sostituzione di pari quantità di farina di pesce (0, 5, 10 e 20%). Le diverse diete sperimentali testate, sono risultate appetibili e nessuna evidente differenza è stata osservata in termini di performance di accrescimento tra i 4 differenti gruppi considerati nello studio portanto a concludere che questi livelli di inclusione di farina di Hermetia illucens non comportino alcun peggioramento di tutte le performance di accrescimento nello zebrafish.

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1.6.2 Diete e caratteristiche morfologiche dell’intestino

Gli effetti delle diete sulle caratteristiche morfologiche e istologiche dell’intestino sono state oggetto di numerosi studi. In particolare, un numero rilevante di studi sono stati condotti su animali terrestri in produzione zootecnica e tra questi, una rilevante attenzione è stata fornita ad avicoli e suini. É con questi studi che, nel tempo, si sono consolidate le attuali conoscenze sulle relazioni che intercorrono tra caratteristiche della dieta e struttura morfologica e istologia del tratto gastro-enterico.

In uno studio condotto da Fronte et al. (2013), la granulometria del mais incluso in diete per polli da carne, con o senza la contemporanea aggiunta di acidi organici, ha messo in evidenza come potessero attivamente modificare, tra le altre cose, anche l’altezza e larghezza dei villi intestinali. A questo riguardo, in particolare, lo studio ha messo in evidenza come una macinazione più fine del mais, sia quando si ricorreva all’aggiunta di acidi organici sia quando questi non erano impiegati, determinava un allungamento dei villi così come un aumento della loro larghezza. Per quanto riguarda invece il solo impiego degli acidi organici, il loro impiego determinava una significativa riduzione della lunghezza dei villi ma non della loro larghezza (Fronte et al., 2013).

Ovviamente, la natura della dieta può avere un effetto importante anche in relazione alle specie ittiche; gli effetti della dieta non si esauriscono con il semplice apporto di principi nutritivi e la copertura dei fabbisogni nutrizionali dei pesci, ma anche nei pesci le diete possono modificare in maniera significativa aspetti morfologici e istologici dell’apparato gastro-intestinale con conseguenti ripercussioni su digeribilità della dieta, assorbimento dei principi nutritivi, resistenza a possibili infezioni intestinali e, in ultima analisi, al benessere generale. In quest’ottica, un esauriente

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studio è stato condotto da Torrecillas et al. (2011) sull'effetto dei mannano-oligosaccaridi sulle caratteristiche morfologiche dell’intestino di spigola (Dicentrarchus labrax). Oltre ad una dieta di controllo, per lo studio è stata utilizzata una dieta contenente 4 g kg-1 di mannano-oligosaccaridi (MOS) estratti dal lievito Saccharomyces cerevisae, entrambe somministrate per un periodo complessivo di otto settimane; al termine del periodo sperimentale, l’analisi morfologica ha evidenziato un incremento dell’altezza delle pliche della mucosa, della loro larghezza e, quindi, della loro superficie totale, a livello di intestino anteriore; per contro, a livello l’intestino posteriore, le pliche si presentavano di altezza ridotta ma più larghe rispetto a quelle osservate nel gruppo di controllo “MOS free”. Nel retto, nella dieta a base di MOS, la lunghezza delle pieghe è diminuita rispetto a quelle dei pesci alimentati con la dieta di controllo. A livello di intestino posteriore e anteriore, era stato osservato un aumento della densità di cellule che secernono mucine acide dopo 8 settimane di somministrazione di MOS. Nel complesso, quindi, la valutazione microscopica sia dell’intestino anteriore che di quella posteriore ha rivelato una barriera epiteliale intatta, microvilli ben organizzati, mancanza di detriti cellulari nel lume e nessun segno di edema o vasodilatazione per entrambi i trattamenti dietetici (Torrecillas et al., 2011).

Anche Fronte et al. (2012) hanno svolto uno studio sull’effetto di diversi regimi alimentari finalizzati alla sostituzione precoce dell’artemia salina nell’allevamento di specie ittiche e, in particolare, su larve di orata (Sparus

aurata). A livello istologico, i risultati dello studio hanno fatto evidenziare

importanti differenze tra il gruppo di controllo ed i gruppi sperimentali, nel numero di cellule mucipare (goblet cell) PAS positive, tra 40 e 50 giorni post-schiusa, periodo questo corrispondente al picco di somministrazione di

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gruppi sperimentali rispetto al gruppo di controllo, ha suggerito quindi un ridotto assorbimento di sostanze nutritive. Successivamente, e cioè nel periodo compreso tra 50 e 60 giorni post-schiusa, è stata osservata una diminuzione della densità delle cellule mucipare PAS positive in tutte le diete considerate (controllo incluso), fatta eccezione per uno dei trattamenti preso in considerazione. Pertanto, oltre a suggerire una diminuzione di densità delle cellule mucipare dovuta alla fine dello svezzamento (che avviene proprio tra il 50° ed il 60° giorno post-schiusa) e all'inizio del processo di metamorfosi, per il caso della dieta sperimentale in cui questa riduzione non è stata osservata, e alla luce delle migliori performance di crescita osservate tra i gruppi sperimentali, gli autori concludono che questo trattamento debba essere ritenuto quello più indicato al fine della sostituzione precoce dell’artemia (Fronte et al., 2012).

Alla luce del fatto che, in acquacoltura, la sostituzione della farina di pesce è oggi ritenuta una priorità assoluta, molti studi sono stati rivolti alla valutazione dell’effetto di fonti proteiche alternative alla farina di pesce, oltre che sulle performance di accrescimento, anche sulle caratteristiche del tratto gastro-intestinale. In quest’ottica, lo scopo dello studio di Wang et al. (2017) era quello di determinare l'impatto della sostituzione di farina di pesce (FM) con farina di soia (SBM) nell’alimentazione della cernia (Epinephelus

coioides) e valutare gli effetti sulla crescita e sulla struttura intestinale; in

questo studio, la FM è stata sostituita allo 0%, 50% o 100% da farina di soia (SBM). Le misurazioni morfometriche effettuate, non hanno mostrato differenze significative per l'altezza dei villi e per il rapporto diametro/altezza degli stessi, tra le cernie alimentate con le diete in cui la FM era stata sostituita in parte (50%) o in maniera totale (100%) con SBM; per contro, questi soggetti differivano significativamente dal gruppo in cui la FM era stata totalmente sostituita da SBM. Ancora, i soggetti alimentati con la

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