199
L
A REVISIONE DEL TESTO TRADOTTO
:
DALLA PARTE
DELL
’
ITALIANO
Lucilla Pizzoli
11. I
NTRODUZIONEDa qualche tempo anche in Italia, tra le procedure di produzione del testo scritto, si
comincia a rivolgere maggiore attenzione alla revisione, giustamente considerata come
passaggio fondamentale nella costruzione di un testo che risponda contemporaneamente
alle intenzioni comunicative dell‟emittente e alle aspettative del destinatario.
Nell‟abbondante pubblicistica dedicata a consolidare le competenze nella scrittura le
indicazioni sulla fase di rilettura e riscrittura del testo insistono sulla costante
migliorabilità del testo scritto e si concentrano sulla modalità di conduzione della pratica
della revisione (dalla necessità di prendere le distanze rispetto alla prima stesura, fino a
suggerimenti pratici, come per esempio la quantità di tempo da riservare per rivedere il
testo rispetto al tempo utilizzato per la prima redazione, l‟utilità di tenere a portata di
mano liste di controllo, di rileggere la versione su carta e non a video, di scrivere e
rivedere in ambienti diversi, di rileggere il testo alla rovescia, ecc.)
2.
La riflessione sulle procedure messe in atto per la revisione risulta particolarmente
interessante quando sono sottoposti a rilettura testi elaborati − e considerati definitivi −
da altri scriventi (a questo tipo di intervento si applica piuttosto l‟etichetta di editing), e,
ancora più specificamente, testi derivati da altri sistemi linguistici e per questo soggetti a
un più alto rischio di imperfezioni e interferenze, oltre che ad ordini di problemi di più
ampia portata. Ha senz‟altro contribuito a orientare i riflettori su questa pratica (fino a
1 UNINT, Università degli studi internazionali di Roma.
Ringrazio per i preziosi suggerimenti Anita Weston e Umberto D‟Angelo.
2 I manuali dedicati alla pratica della scrittura sono ormai un settore molto ben rappresentato nell‟editoria
italiana, segno da una parte del più volte lamentato stato di emergenza riguardo alla produzione del testo scritto (specie in ambito scolastico e universitario), dall‟altra della ormai radicata convinzione che possa essere praticata una didattica della scrittura (i cui modelli teorici sono rintracciabili nella tradizione anglosassone, da più tempo orientata verso l‟insegnamento di questa abilità). La revisione occupa oggi uno spazio crescente nei manuali di scrittura: cfr. Lesina (1994: 30-33); Bruni et al. (1997: 323-329) (le proposte per la revisione sono ampliate in Bruni et al. (2013: 264-265 e 281-306); Fornasiero, Tamiozzo Goldmann (2005: 143-146) e Italia (2006: 46-48); una lista di controllo in Beltramo, Nesci (2011: 871); sulla revisione “a strati” cfr. Carrada (2012: 28-39). Gualdo, Raffaelli, Telve (2014: 147-169) distinguono tra revisione
dinamica, contestuale alla fase di stesura, e successiva revisione statica (p. 148), includendo anche la revisione
dell‟impaginato di tipo editoriale (ivi: 157-169); Cignetti, Fornara (2014: 275-289) descrivono le diverse fasi come revisione in itinere, finale, parziale e globale e suggeriscono strategie ed esercizi. La serie di pubblicazioni dedicate alla revisione dei testi amministrativi, nella prospettiva della semplificazione, è ripercorsa in Lubello (2017: 98-101).
200
qualche anno fa perlopiù affidata – almeno in ambito editoriale
3– alla buona volontà di
editori e redattori scrupolosi) l‟inserimento della revisione, da parte degli enti di
normazione europea, tra i fattori fondamentali in grado di assicurare la qualità nel
processo di traduzione (norma europea UNI EN ISO 17100 del 2015)
4. Anche da un
punto di vista teorico si cominciano a delineare in modo più chiaro i contorni della
disciplina, avviata a partire dagli anni Settanta in Canada per l‟area anglofona e
francofona, e ora arricchita grazie a contributi provenienti da studiosi che lavorano su
più combinazioni linguistiche e che analizzano in alcuni casi anche l‟italiano come lingua
d‟arrivo
5.
Per affrontare l‟argomento dal punto di vista che qui ci interessa, sarà utile partire
dall‟analisi delle cause che rendono necessaria la revisione anche per un testo tradotto.
La fase di revisione, molto sinteticamente intesa come attività di verifica della qualità
del testo attuata mediante confronto con il testo di partenza
6, viene ritenuta un
necessario complemento dell‟opera di traduzione in quanto utile a correggere il testo e a
migliorarlo in vista di una più facile ricezione da parte del destinatario
7. In questo senso,
3 Nell‟ambito delle traduzioni specialistiche e in particolari settori istituzionali, come la Direzione
Generale della Traduzione della Commissione Europea a Bruxelles (DGT), la pratica della revisione è da tempo formalizzata in procedure più regolamentate (per la traduzione specializzata cfr. Scarpa, 2008; per la DGT cfr. Cosmai, 2008; nel manualetto di revisione pubblicato dal dipartimento di spagnolo della DGT si specificano i principi della revisione e le procedure da adottare per i diversi documenti: cfr. European Commission, 2010).
4 La UNI EN ISO 17100, disponibile anche in italiano dal 2016, è stata elaborata dall‟Ente Nazionale
Italiano di Unificazione (UNI), dal Comité Européen de Normalisation (EN) e dall‟International Organization for Standardization (ISO); la norma aggiorna la precedente norma europea del 2006 (UNI EN 15038), dedicata ai servizi di traduzione, che già richiedeva la precisa competenza professionale degli addetti alle diverse fasi del processo di traduzione (traduttori, revisori specialisti, revisori e correttori di bozze) e che individuava, per assicurare la qualità del prodotto finale, la necessità della revisione da parte di una persona diversa dal traduttore. La norma attuale (che, con la ISO 18587, dedicata all‟intervento di
post-editing su testi realizzati attraverso un processo di traduzione automatica, è la norma fondamentale per
i servizi di traduzione) amplia la definizione di tutte le figure coinvolte (compreso il linguista e il revisore di bozze) specificando competenze e attività di ciascuno (cfr. www.uni.com, e in particolare http://store.uni.com/magento-1.4.0.1/index.php/uni-en-iso-17100-2015.html). Sugli standard di qualità professionali e sui parametri utilizzati nella revisione, segnatamente di testi specialistici, cfr. Scarpa, 2008: 203-241.
5 A studiosi formati in Canada (dove la revisione è insegnata come disciplina universitaria autonoma: cfr.
Guasco, 2013: 7), vanno ricondotti i primi manuali dedicati al processo di revisione: Horguelin, Brunette, 1998 per l‟area francofona e Mossop, 20143 per quella anglofona; nell‟area angloamericana la revisione è
ormai affermata come importante pratica di controllo nell‟insegnamento della didattica della scrittura. La vastissima bibliografia può essere tralasciata in questa sede: un‟utilissima ricognizione della storia della disciplina si legge in Scocchera, 2015, con rinvii. Un repertorio bibliografico online costantemente aggiornato e suddiviso per aree linguistiche in Mossop, 2015 (in cui, data l‟esiguità delle pubblicazioni specifiche, l‟italiano compare insieme a olandese, russo e spagnolo).
6 Scocchera (2015), nel rilevare l‟ancora immaturo status accademico della disciplina, specie in Italia,
sottolinea la circolazione di differenti definizioni – in alcuni casi poco pertinenti se non fuorvianti – diffuse anche in ambienti professionali: la definizione sintetica a cui si è fatto riferimento trae spunto da quanto elaborato anche in forma propositiva dall‟autrice (cfr. tutto il cap. 1, pp. 11-66, spec. alle pp. 63-66).
7 Parlandone congiuntamente, Mossop (20143: 1) definisce editor e revisore «a gatekeeper, who corrects the
text so that it conforms to society‟s linguistic and textual rules and achieves the publisher‟s goals. The editor or reviser is also a language therapist who improves the text to ensure ease of mental processing and suitability of the text for its future users». Una lista dei possibili errori da revisionare, con esempi in italiano, si legge in Testa (2013: 62): «1) errori di distrazione; 2) errori di comprensione; 3) errori – o forse
201
la revisione si rende ancor più necessaria sia in relazione all‟importanza del testo, sia
quando si sospetta che ci possa essere stata una cattiva o poco soddisfacente resa del
testo originario. Questa conclusione sarebbe piuttosto banale se non mettesse in campo
questioni complesse, affrontate di recente dagli studiosi di traduzione: in particolare, la
valutazione dell‟opportunità di trattare il testo tradotto come se fosse stato concepito
nella lingua originale, le conseguenze dei cambiamenti nella destinazione del testo e tutte
le considerazioni che, interessando da vicino la scienza della traduzione, finiscono di
riflesso per dover essere prese in carico anche da chi ha il compito di rivedere il testo
tradotto.
In questa sede si intende offrire una riflessione su alcune particolari condizioni che
rendono necessaria la revisione di un testo tradotto: condizioni che hanno a che fare
non tanto con la scarsa qualità del testo prodotto, quanto piuttosto con i diversi
condizionamenti determinati da un‟altra importante variabile: il passare del tempo. Una
variabile che, come vedremo, è correlata sia al cambiamento nello stile traduttivo, sia al
cambiamento di ciò che si può ritenere lo standard dell‟italiano contemporaneo.
Il primo effetto del passare del tempo si registra osservando il cambiamento di
atteggiamento rispetto alla pratica della traduzione e ai suoi fondamenti teorici.
Nella ormai consolidata tradizione che interessa gli studi sulla traduzione per tutte le
lingue moltissimo si è scritto sulla questione dell‟orientamento traduttivo, teso tra i due
poli della traduzione addomesticante o straniante
8. Tendenzialmente, nelle traduzioni
più recenti – specie per testi letterari che hanno ottenuto successo nel paese ricevente –
si va adottando uno stile più rispettoso del testo originario, che va meno incontro al
lettore e lo costringe a fare un passo verso la lingua e la cultura del testo di partenza. Un
atteggiamento, questo, che può comportare la necessità, in alcuni casi, di rivedere a
distanza di tempo lavori che risentano di scelte traduttive percepite come superate.
Tra i casi più immediatamente percepibili di questo cambiamento si registra
l‟abitudine, ormai acquisita in modo piuttosto generalizzato dagli editori italiani, a non
meglio, i difetti – nella resa italiana». Ai primi si riconducono refusi o errori ortografici, infedeltà rispetto al testo di partenza (possibili solo attraverso un riscontro attento con l‟originale); al secondo tipo vanno ricondotte la mancata comprensione di frasi idiomatiche o parole gergali o la cattiva interpretazione di strutture grammaticali o sintattiche (come il caso del present perfect continuous: “I have lived in Rome for two years” > “ho vissuto a Roma per due anni” invece del corretto “Vivo a Roma da due anni”); nel terzo tipo Testa include difetti presunti che potrebbero essere rintracciati limitandosi a leggere il testo anche solo in italiano: ripetizioni, rime e allitterazioni, regionalismi, verosimiglianza nel registro, calchi (di solito dall‟inglese: abbondanza di possessivi, errata posizione nella frase delle indicazioni temporali, espressione dei pronomi personali, uso di sedicesimo secolo invece di Cinquecento, traduzione di sir vocativo con signore,
miss con signorina davanti al nome di un insegnante, l‟uso di preposizioni, come in al posto di su: “in un
giornale/dizionario/rivista” da correggere con “su”, ivi: 65). Naturalmente, sono indicazioni che non possono valere una volta per tutte, ma solo in relazione al tipo di testo tradotto (per esempio, nel parlato l‟espressione del pronome soggetto è certamente maggiore anche in italiano) e al registro (appartiene ad esempio allo standard l‟uso della preposizione in al posto di su, che sappiamo invece aver preso piede, negli ultimi anni, in tanti contesti anche mediamente formali: cfr., per l‟uso dell‟espressione “sul cellulare”, Rossi, 2001. L‟uso di indicare i secoli con i numeri ordinali, sia pure come forma minoritaria, è attestato in italiano già dall‟Ottocento, anche se sconsigliato da Tommaseo («più spedito di decimottavo, e proprio alla frazione. Ma numerando i secoli più comunemente dicesi decimo ottavo che diciottesimo»; cfr. Tommaseo, Bellini, 1865-1879, s.v. diciottesimo). Sulla riduzione nell‟uso di signorina nell‟italiano recente cfr. D‟Achille, 2015.
8 Su questo fondamentale snodo negli studi sulla traduzione si veda almeno Munday, 2012, che dà conto
202
tradurre i nomi propri, anche quando in italiano è presente un corrispettivo
9. Ma
l‟atteggiamento source-oriented di molti traduttori determina anche scelte più delicate.
Franca Cavagnoli, per esempio, nel dare conto dei suoi recenti interventi di
autorevisione condotti sulla sua traduzione di tre scritti di Toni Morrison, pubblicati nei
primi anni Novanta, ha ricondotto a un mutato atteggiamento traduttologico nei
confronti del testo originale i cambiamenti apportati alla propria traduzione: oltre al
ripristino di nomi in originale (Misericordia > Mercy, Lago Superiore > Lake Superior,
opportuno per lasciare una traccia dell‟altrove anche nei casi in cui il termine tradotto
aveva trovato già ampia circolazione nella cultura italiana), sono stati recuperati anche
specifici aspetti culturali che in precedenza erano stati avvicinati all‟italiano tramite
un‟addomesticazione ora giudicata come troppo violenta. È, ad esempio, il caso di
polenta, termine usato nella prima versione per tradurre hominy (un piatto tipico della
cucina afroamericana, testimonianza di una cultura lontana, orgogliosamente ostentata
dall‟autrice), che viene sostituito con «la farina di granturco macinata grossa», una
soluzione che la terminologia traduttiva definisce come esplicitazione
10.
2.
I
CAMBIAMENTI DELLA LINGUA ITALIANA NEL TEMPO E LA REVISIONE DELLE TRADUZIONIIl passare del tempo investe però anche l‟analisi dei fenomeni di cambiamento, sia a
livello di sistema sia a livello di norma, che risultano fisiologici in tutte le lingue ma che
sono particolarmente rilevanti per la storia dell‟italiano recente.
Molto, naturalmente, risale a fenomeni di tipo sociale, che potremo qui riassumere
grazie all‟efficace quadro tracciato da Francesco Sabatini (2011: 967):
9 Monitorando i fenomeni di cambiamento dell‟italiano recente Renzi (2012: 69) rileva per l‟appunto il
tramonto, nella lingua colta, «dell‟uso secolare di tradurre i prenomi stranieri davanti ai cognomi», testimoniando come già negli anni Sessanta questa abitudine fosse ritenuta ridicola dai suoi studenti austriaci. Quanto detto potrà valere per la letteratura alta, soprattutto in relazione a un‟onomastica referenziale, ma non necessariamente in altri casi, come per esempio di fronte ai nomi parlanti, tipici di molta letteratura per l‟infanzia: per esempio, la fortunatissima serie dei Mr. Men, pubblicata da Roger Hargreaves a partire dal 1971, ancora di recente è stata tradotta in italiano con nomi trasparenti (Mr. Nosey > Il sig. Ficcanaso, Fabbri, 1975; > Mister Ficcanaso, Mondadori, 2008; lo stesso è accaduto in altre lingue). Il
case study delle traduzioni dalla serie di Harry Potter in italiano e in spagnolo viene commentato in Munday
(2012: 168-171) che confronta la traduzione italiana, a cura di Marina Astrologo (Harry Potter e la pietra
filosofale, 1998, nella quale si traduce il senso di molti nomi, anche con adattamenti) con la traduzione
spagnola, a cura di Alicia Dellepiane (Harry Potter y la piedra filosofal, 1999, nella quale sono mantenuti i nomi originali).
10 Le traduzioni riviste sono in uscita nel Meridiano Mondadori dedicato a Toni Morrison, a cura di Chiara
Spallino. Gli esempi citati sono stati commentati dalla stessa traduttrice durante un incontro intitolato
Nuova edizione riveduta e corretta tenuto presso la Casa delle traduzioni a Roma il 13.2.2013. La revisione
della traduzione è stata resa possibile dopo la scadenza dei diritti detenuti dall‟editore Frassinelli, a 20 anni dalla prima pubblicazione dell‟opera: Jazz, del 1992, è stato tradotto per la prima volta da Franca Cavagnoli nel 1993; Song of Solomon, pubblicato nel 1977, è stato tradotto nel 1994 come Canto di Salomone. Da notare che anche il titolo del romanzo viene aggiornato, coerentemente con la nuova impostazione traduttologica, con la proposta Canto di Solomon. Sulle politiche editoriali in merito alla titolazione dei romanzi cfr. Bricchi, 2013. Meno sbilanciata verso la traduzione source-oriented Testa (2013: 65) che precisa come anche le eventuali scelte di semplificazione del testo vadano ricondotte «alla politica generale dell‟editore, che potrà, per sua vocazione, per sua strategia, preferire la strada della fedeltà assoluta all‟opera originale o della maggiore accessibilità per il pubblico».
203
Nel secolo e mezzo che è alle nostre spalle i segni del passaggio a una
diversa fase si colgono negli anni finali del Novecento, nei quali si
addensano molti fatti nuovi: gli effetti più netti dell‟internazionalizzazione
della vita individuale e sociale (la globalizzazione e più specificamente
l‟apertura delle frontiere europee); la pressione, su tutte le tradizioni
culturali, delle generazioni più giovani (entrate in particolare agitazione tra
gli anni Sessanta e Settanta); gli scuotimenti demografici prodotti dai
consistenti e incessanti flussi immigratori; il sopraggiungere e il moltiplicarsi
delle emittenti radiofoniche e televisive private, portatrici anche di inusitata
libertà linguistica; la pervasività dei nuovi media capillari e interattivi
11.
Prendendo spunto dai fenomeni qui richiamati, si possono elencare per punti le
ricadute sulla lingua che in qualche maniera possono destare l‟interesse dei traduttori e
dei revisori.
1. La globalizzazione – e l‟intensificazione dei flussi migratori – ha creato le condizioni
per un diverso rapporto con le culture e le lingue straniere, rispetto alle quali si
registra, oltre a una conoscenza più diffusa, anche una generalizzata maggiore
disponibilità a importare prestiti non adattati; in seguito alla più rapida circolazione
di beni e di persone in Italia, si è creata maggiore familiarità con realia un tempo
sconosciuti, con il conseguente acclimatamento in italiano dei nomi che li designano.
Naturalmente un contributo decisivo alla circolazione di informazioni è stato
garantito proprio dalla più forte presenza sul mercato di libri tradotti
12.
2. La pressione delle generazioni più giovani ha determinato l‟affermazione della
varietà della lingua giovanile, connotata a livello diastratico e diafasico e rapidamente
rappresentata nella letteratura e nel cinema. Si tratta di una varietà senz‟altro più
ricettiva di fenomeni tipici della contemporaneità ma soprattutto caratterizzata da un
significativo abbassamento del grado di formalità. In generale, la minore rigidità
delle relazioni si traduce in una espansione del tu nelle aree un tempo dominate da
allocutivi di cortesia più formali e in una forte riduzione della censura sul
turpiloquio. Per contro, è entrata nella sensibilità collettiva la complessa questione
del politicamente corretto e si sono riformulati gli eufemismi che interessano nuove
aree di interdizione (come vecchiaia e peso corporeo), tabuizzati nella società
contemporanea
13.
11 Osservando le attuali linee di tendenza del sistema italiano D‟Achille (2016: 166) sottolinea in
particolare i tre «fenomeni, esterni al sistema della lingua ma con effetti rilevanti su di essa, che hanno segnato il volgere del millennio»: la grande diffusione della comunicazione mediata dal computer, l‟espansione dell‟inglese, i massicci fenomeni immigratori di fine millennio. All‟aggiornato quadro tracciato da D‟Achille si rimanda anche per la vastissima bibliografia sull‟argomento.
12 Sulla responsabilità della letteratura tradotta, soprattutto a partire dalla metà dell‟Ottocento,
nell‟introduzione di forestierismi cfr. Sullam Calimani, 2004 (che concentra l‟osservazione sui romanzi di J.F. Cooper e sugli anglismi relativi alla conquista del West).
13 Tra i moltissimi studi dedicati al linguaggio giovanile cfr. D‟Achille, 2005; Cortelazzo, 2010 e Coveri,
2014; per le avvisaglie di questa varietà negli anni Cinquanta cfr. Lauta, 2006. Sulle trasformazioni nell‟uso degli allocutivi, la crescita del tu confidenziale e l‟espansione di formule di saluto di media formalità cfr. D‟Achille (2010: 798) che, sulla scorta di Nencioni, sottolinea anche la ormai stabilizzata detabuizzazione dei termini disfemici. Sul trionfo dell‟informalità anche nella comunicazione pubblica cfr. Antonelli (2011:
204
3. Come è noto, la perdita del ruolo modellizzante di radio e televisione si deve allo
sviluppo, a partire dalla fine degli anni Settanta, delle emittenti private che hanno
operato accanto alle reti del servizio pubblico. Il successo di molte trasmissioni ha
garantito maggiore visibilità a forme di varietà di lingua più dimesse, ibridate con
particolarismi locali e ricche di fenomeni tipici della lingua parlata un tempo non
ammessi nella lingua standard
14. I tratti del cosiddetto uso medio (altrimenti definito
neo-standard, tendenziale, senza aggettivi) descritti a partire dagli anni Ottanta nei
classici studi di Francesco Sabatini e Gaetano Berruto, come lui, lei, loro soggetti, gli
per „a loro‟, ci attualizzante, che polivalente, dislocazioni, cosa interrogativo al posto di
che cosa, da sempre o da diverso tempo presenti nella lingua italiana, hanno
guadagnato terreno in molte varietà di italiano: va sottolineato che, più che una
novità, la presenza massiccia di questi tratti rappresenta un fenomeno di interesse
nell‟italiano contemporaneo proprio perché rintracciabile, con un‟alta frequenza,
anche in testi precedentemente condizionati dalla norma standard
15.
4. Anche a fronte della prepotente spinta dei nuovi media sulla lingua contemporanea,
i quotidiani restano «tutt‟ora un modello di prestigio»
16. La lingua dei giornali, specie
la prosa brillante delle sezioni di commento, offre una scelta variata e spesso
originale delle novità dell‟italiano, non solo per il lessico, ma anche per aspetti
grammaticali, sintattici e interpuntori. Sono infatti ampiamente utilizzati nella prosa
giornalistica i più significativi elementi di novità nell‟uso della punteggiatura, anche
quelli sfruttati nella prosa letteraria (in particolare l‟introduzione, ormai non più così
inconsueta, del “punto dinamizzante”
17).
5. In generale, si registra una forte contaminazione tra scritto e orale, da attribuire
anche alla presenza di varietà intermedie sull‟asse diamesico, veicolate per il tramite
delle nuove tecnologie
18.
43-45). Sul politicamente corretto si veda Fresu, 2011 e bibliografia ivi indicata; sul tabu linguistico cfr. Canobbio, 2011; sulle parole oscene cfr. Rossi, 2011.
14 In generale sulla lingua italiana e i mass media cfr. Bonomi-Morgana, 2016 e bibliografia ivi indicata. 15 Come è noto, infatti, molti dei fenomeni descritti erano stati già sfruttati da Manzoni e accolti dai
manzoniani: «la novità consiste soprattutto nel fatto che non solo la narrativa più mimetica del parlato, ma anche la saggistica e il giornalismo fanno propri questi usi» (Sabatini, 2011: 971). La documentazione sulla presenza dei tratti dell‟uso medio nella storia dell‟italiano è raccolta in D‟Achille, 1990.
16 Gualdo (2007: 9). Nello schema dell‟architettura dell‟italiano contemporaneo proposto da Antonelli,
(2011: 51), che aggiorna il classico grafico di Berruto, l‟italiano neo-standard giornalistico risale al di sopra della linea di confine dello standard, a segno di una ormai completa accettazione; il prestigio guadagnato dalla lingua dei giornali muove Serianni, 2013 a proporre, alcuni esiti «linguisticamente impeccabili» (p. XI) come esempi di prosa a cui guardare per l‟apprendimento della scrittura (specie argomentativa) a vantaggio degli studenti della scuola superiore e dell‟università. Sulla lingua dei giornali cfr. almeno Bonomi, 2016. Sulle novità della punteggiatura nella prosa giornalistica cfr. Giovanardi, 2000.
17 Secondo la definizione di Palermo (2013: 223-229). Sulla punteggiatura e sulle tendenze nell‟italiano
contemporaneo ancora fondamentale Mortara Garavelli, 2003; sulle evoluzioni più recenti del sistema interpuntorio cfr. ancora D‟Achille (2016: 175-176). Sugli usi della punteggiatura negli scrittori dal Novecento a oggi cfr. Tonani, 2012.
18 Sulle contaminazioni tra parlato e scritto nei testi contemporanei, spesso mediati dalle nuove tecnologie,
cfr., da ultimo, Prada (2016b: 235), che rileva in alcuni testi digitati «molti tratti caratteristici del dialogo naturale, come l‟assenza di progettazione, la scarsa coesione, l‟elementarità sintattica, la presenza di segnali discorsivi – molti in forma iconica – e di allocutivi, la mimesi di alcuni fenomeni prosodici, come gli allungamenti vocalici e consonantici, l‟uso espressivo dell‟interpunzione, le onomatopee e altro ancora». Su queste forme di scritture ibridate cfr. Pistolesi, 2014; Prada, 2015 e 2016a.
205
6. Anche l‟italiano letterario – che ha rinunciato al ruolo di modello linguistico di
riferimento (ruolo assunto più vistosamente dalla scrittura giornalistica e saggistica,
pronta ad accogliere anche tecnicismi di vari ambiti disciplinari) – si è aperto,
sempre più di frequente, a rappresentare l‟oralità, anche quella appartenente a registri
molto informali. La resa del parlato, che costituiva da oltre due secoli una delle
principali preoccupazioni degli scrittori italiani, ed era stata risolta prevalentemente
grazie alla introduzione massiccia (in proporzioni tali da scardinare l‟assetto
standard) dei tratti caratteristici della lingua parlata elencati sopra e di tecniche
narrative più moderne (come il discorso indiretto libero, la rappresentazione del
flusso di coscienza, il diverso grado di presenza e di funzioni del dialetto), si è spinta
negli autori che presentano una lingua sperimentale anche verso le forme più
estreme di intensificazione dell‟oralità (in cui entrano in gioco espedienti grafici
originali e ogni sorta di contaminazione con la realtà esterna in una rincorsa, non
necessariamente originale, di ibridazione tra scritto e parlato sollecitata anche dal
contatto con i testi digitati)
19.
Ai fenomeni già citati vanno sommati anche i tratti emergenti negli ultimi anni, che
hanno cause e direzioni del tutto inedite: si tratta di altre forme di dinamismo, in parte
riconducibili a spinte dall‟alto e dal basso. Renzi, per esempio, elenca casi di
cambiamento in corso, non necessariamente destinati a fissarsi nella lingua
20.
Da registrare in questa lista anche altri tratti che vanno ricondotti ai fisiologici
movimenti della lingua e che Serianni ha definito la “zona grigia” della norma, per i quali
si intravedono anche nel breve periodo significativi cambiamenti
21. Questi fenomeni
interessano piani diversi: innanzitutto il sistema ortografico, che si va ulteriormente
stabilizzando (nella scrittura mediata dal computer anche grazie all‟uso del correttore
19 Rispetto al passato, la presenza di questi fenomeni nella letteratura contemporanea «non andr[à]
interpretat[a] tanto in termini di contrapposizione, quanto piuttosto di avanzamento quantitativo e soprattutto qualitativo. Nel senso, cioè, di una promozione di alcuni fenomeni prima marcati come bassi fino ai registri linguistici di maggior prestigio» (Antonelli, 2006: 33). Sulle caratteristiche linguistiche della narrativa contemporanea cfr. Della Valle, 2004; Antonelli, 2006; Arcangeli 2007; Dardano, 2010; Matt, 2011a e 2011b. Sulla grande varietà linguistica e stilistica della narrativa di oggi (in particolare di 101 romanzi pubblicati tra il 2012 e il 2013) cfr. Matt, 2014.
20 Renzi (2012: 39-63) fa riferimento, oltre a fenomeni «di ordine linguistico superiore», come le
dislocazioni, la frase scissa o i pronomi clitici, anche ad altre innovazioni «più difficilmente riconducibili a una logica generale» (pp. 63 e ss.) e comunque diffusi (“da subito” invece “di subito”, l‟espansione di forme di saluto come “buona giornata” e “salve”, l‟uso di piuttosto che con valore disgiuntivo, ecc.).
21 Si tratta del «settore in cui la norma, non essendo consolidata o condivisa, può suscitare incertezze di
esecuzione presso lo stesso parlante italofono istruito» (Serianni, 2006: 11); vengono ricondotte a questa categoria alcune forme in movimento: per l‟ortografia, l‟uso della cosiddetta i superflua, in parole come
crociera, efficiente, usciere, nella quarta persona dei verbi con tema in nasale palatale (sogniamo, disegniamo), nel
plurale dei sostantivi in -cia e -gia; la scrizione di parole univerbate con raddoppiamento fonosintattico (soprattutto/sopratutto, caffellatte/caffelatte); l‟oscillazione nell‟uso delle maiuscole; l‟accento grafico nei monosillabi atoni (sé stesso); l‟uso del gerundio (con espansione del gerundio semplice rispetto al composto) e degli ausiliari in particolari contesti; ulteriori oscillazioni possibili nell‟accordo (del verbo con pluralità di soggetti, del participio passato concordato, dei costrutti con si passivante e con il pronome indefinito qualcosa, dell‟allocutivo di cortesia, del verbo con i nomi collettivi, cioè dell‟accordo a senso; delle frasi relative rette da un participio); tra i segni di dinamismo della norma in tempi recenti Serianni svolge infine alcune considerazioni sulla frase relativa (ivi: 102-160). Per un‟analisi dei fenomeni recenti (e per la ricca bibliografia che li descrive) si rimanda ancora a D‟Achille, 2016.
206
ortografico) pur mantenendo ancora aree di vistosa allotropia (uso della i diacritica,
accentazione dei monosillabi, trattamento delle sigle, uso delle maiuscole)
22; nella
morfosintassi va ricordato il caso della formazione del plurale dei prestiti stranieri non
adattati (sempre più frequentemente inseriti nella classe degli invariabili) e il femminile
dei nomi professionali (che vede la sempre più rapida accettazione di femminili
ideologici come sindaca o magistrata, fino a poco tempo fa marginalizzati)
23; per il verbo,
le tendenze evolutive più significative riguardano la ridistribuzione dei tempi passati,
l‟uso degli ausiliari e l‟accordo del participio. Infine, va naturalmente considerato il
lessico, il settore più sensibile al passaggio del tempo (sia rispetto all‟uscita e all‟entrata di
lessemi, sia per la risemantizzazione di voci già stabili).
Senza dubbio, la lingua italiana, pur conservando un solidissimo legame con
l‟impianto della tradizione e mantenendo in vita un alto numero di alternative sempre
valide, negli ultimi decenni è cambiata più velocemente di quanto non sia avvenuto per
secoli
24. Di conseguenza, i testi tradotti prima o durante la comparsa di questi fenomeni
evolutivi così rapidi mostrano in modo più evidente, rispetto ad altre epoche, i segni del
loro invecchiamento e sono dunque candidati ideali per un lavoro di revisione
indirizzato a cancellare gli aspetti che rendono più datata la prima versione.
E in effetti l‟aggiornamento delle traduzioni (più ancora che la loro revisione) viene
praticato dall‟editoria italiana soprattutto per grandi capolavori della letteratura straniera,
periodicamente riproposti sul mercato in una nuova veste, di cui si sottolinea
eventualmente la novità della traduzione. È il caso per esempio della già citata revisione
della traduzione dell‟opera di Toni Morrison, ma anche delle nuove traduzioni dei lavori
di grandi autori come, solo per fare alcuni nomi, Mark Twain, Lewis Carroll, James
Joyce, Jane Austen, Thomas Mann, J. D. Salinger, Virginia Wolf. Il dibattito critico
acceso intorno all‟uscita delle nuove edizioni ha spesso riguardato l‟opportunità delle
diverse soluzioni traduttive, anche quando queste non si rivelano sempre unanimemente
bene accette: vale la pena di sottolineare quanto l‟attenzione alla lingua sia comunque il
segno del crescente interesse per il lavoro del traduttore e del riconoscimento del suo
ruolo nel contribuire alla buona accoglienza di un libro in un dato paese
25.
Naturalmente resta ancora molto da fare: ancora diversi grandi capolavori della
narrativa straniera sono accessibili al lettore italiano solo in traduzioni ormai d‟epoca,
per alcuni aspetti decisamente invecchiate. È il caso per esempio di Hemingway, il cui
For whom the bell tolls (1940) è stato ripubblicato ancora nel Meridiano Mondadori del
1993 sostanzialmente nella traduzione originale di Maria Martone Napolitano (1945), o
22 Cfr. D‟Achille (2016: 174). Ancora non stabilizzato l‟uso dei composti, sia per le locuzioni avverbiali e
congiunzionali, sia nei composti nominali e aggettivali (cfr. ivi: 175).
23 In particolare su questi ultimi due punti cfr. ancora ivi: 130-139. Per il tema della lingua di genere cfr. da
ultimo Robustelli, 2016.
24 Sulla presenza dell‟italiano antico nell‟italiano di oggi e sulla norma nella lingua contemporanea cfr.
Serianni, 2006 (in particolare capp. 1-4).
25 Sulle traduzioni di opere già tradotte da altri si vedano le riflessioni di Susanna Basso su Jane Austen
(Basso, 2010: 117-129; sulle diverse versioni di Alice’s Adventures in Wonderland di Lewis Carroll ivi: 131-143). Sulle traduzioni italiane di Alice nel paese delle meraviglie e in particolare su quella di Aldo Busi, cfr. Wardle, 2012. Sulla nuova traduzione del Giovane Holden a cura di Matteo Colombo (Einaudi, Torino, 2014) cfr. Ondelli, 2016 e soprattutto Campanini, Ondelli, 2016; nella prospettiva di analisi qui utilizzata, particolarmente interessante lo scambio, riportato sul sito della casa editrice, tra revisore e traduttore (Nadotti, Colombo, 2014). Un confronto fra tre versioni italiane di Huckleberry Finn di Mark Twain, soprattutto in riferimento alla resa dell‟Altro (e dunque della figura di Jim) in Douglas, 2008.
207
di Charles Bukowski, il cui Erections, Ejaculations, Exhibitions and General Tales of Ordinary
Madness (1972) è stato riproposto fino al 2009 da Feltrinelli nella traduzione di Pier
Francesco Paolini (1975): in entrambi i casi, le traduzioni presentono vistosi segni di
invecchiamento linguistico
26.
Va tuttavia riconosciuto che le più recenti traduzioni di opere letterarie hanno avuto
il merito di proporre soluzioni di grande interesse: la consapevolezza del cambiamento
recente dell‟italiano è ben viva soprattutto nei traduttori più avvertiti che, spesso con
dichiarazioni esplicite, hanno ragionato su come lavorare per trasferire le esigenze
espressive della lingua di partenza nel testo di arrivo, a volte anche elencando la serie di
tratti utilizzabili per rendere il testo tradotto più simile a una varietà credibile di italiano.
Questo è ben presente alla gran parte dei traduttori orientati alla traduzione letteraria,
che in generale richiede il massimo di attenzione alle scelte formali, e si verifica
soprattutto quando i traduttori sono chiamati a fronteggiare sfide particolarmente
complesse, come la traduzione di varietà distanti dallo standard già nell‟originale
27.
Per verificare quanti aspetti siano cambiati o siano ancora da cambiare nell‟italiano
tradotto basterà considerare alcuni esempi, rintracciati in testi rivisti o da rivedere, ed
elencati facendo riferimento ai fenomeni descritti sopra.
La popolarità conquistata recentemente da alcuni realia (spesso proprio grazie alla
circolazione di libri e di film) rende ormai superflua la traduzione dei termini che li
designano: è il caso di pietanze della cucina internazionale molto diffusi anche per
26 Un rapido assaggio permette di constatare che nelle traduzioni d‟epoca resistono forme oggi non
adeguate a rendere la lingua parlata e felicemente colloquiale dei due autori citati: in Per chi suona la
campana? (Mondadori, 1945, passim) vanno ascritte alla tradizione letteraria pre-manzoniana forme come rinunziare o altre con conservazione del dittongo dopo palatale (spagnuolo: quest‟ultima forma, come è noto,
era stata già sostituita da Manzoni nella revisione dei Promessi sposi), egli soggetto, participio passato accordato al nome (in frasi come «si erano stretta la mano»; o addirittura a un pronome indefinito come «se si fosse fatto qualcosa sarebbe già saltata fuori»), oltre a toscanismi di sapore letterario come garbare e parole generalmente sostenute come discorrere, crollare (il capo o la testa); l‟edizione 1993 per i Meridiani è stata sottoposta a una revisione superficiale (peraltro non dichiarata: si è eliminato per esempio il dittongo in spagnuolo e ripristinato il nome Robert invece dell‟italianizzato Roberto). Analogamente, nella raccolta di raccolti di Bukowski Storie di ordinaria follia (Feltrinelli, 1975, passim) compaiono ancora toscanismi (bischero) e vistosi sbalzi di registro, con oscillazioni tra il polo alto, rappresentato dal pronome ella e da scelte ricercate come rimbrottare per „rimproverare, sgridare‟, lacerare „strappare‟, uso sistematico di le „a lei‟, o nobilitanti, come toilette (< restroom), cucù (< butt) fino a colloquialismi come bona, stronza, e Allegroformen come l‟aferesi (’na per una); tutti gli esempi sono tratti dal racconto Six inches (Sei pollici). Al momento di licenziare il presente lavoro si annuncia l‟uscita della nuova traduzione della raccolta ad opera di Simona Viciani, alla quale si deve già la traduzione di molti altri lavori dello stesso Bukowski.
27 Sulla narrativa sperimentale e contaminata cfr. Cavagnoli (2012: 75-94). Tra gli esempi di testi marcati in
originale si può riportare il caso dell‟argot: Luciana Cisbani (2013: 118-20), in mancanza di una varietà equivalente in italiano, traduce l‟argot del francese San-Antonio (Frédéric Dard) attraverso la “malalingua” messa insieme mescolando tratti neo-standard, subs-tandard e giovanili (senza ricorrere alla soluzione dialettale pur magistralmente proposta da Eco per risolvere uno degli esercizi di stile di Queneau, per l‟appunto in argot). Tra le varietà marcate va ricordato anche il Black English, per il quale si registra anche in Italia una sempre più grande attenzione; difficoltà traduttive per questa varietà sono dichiarate da Chiara Spallino, che si è misurata con le scrittrici afroamericane Zora Neale Hurston e Toni Morrison (cfr. Bordin, 2014); sul tema della “lingua del colore” cfr. Petrovich Njegosh, Scacchi, 2012 (e in particolare, per la razzializzazione nella traduzione, Scacchi, 2012). Sfide analoghe sono rappresentate dalla letteratura
nonsense, anche indirizzata all‟infanzia. Un discorso a parte merita naturalmente la traduzione di opere
208
via di mode recenti (hamburger, muffin, sushi, kebab)
28e di altri settori come
l‟arredamento, la moda e soprattutto le discipline sportive, sempre più largamente
praticate e di cui molti lettori conoscono anche la terminologia tecnica
29.
La ormai larga affermazione del linguaggio giovanile e l‟abbassamento del grado di
formalità rendono più facilmente accettabili, anche nelle traduzioni, termini
disfemici un tempo evitati
30. Per contro, si adegua al politicamente corretto il
comparto di termini ritenuti ormai troppo connotati, come il noto caso di negro
31.
I tratti dell‟uso medio sono volutamente adoperati anche dai traduttori per rendere il
testo più vicino alla lingua contemporanea, specie all‟immediatezza della lingua
parlata. Tra i più diffusi, si possono elencare il riassetto nell‟uso dei pronomi
soggetto
32, il che polivalente
33, il ci attualizzante
34, la riduzione del passato remoto e
del congiuntivo
35.
28 Molto noto il caso delle frittelle della colazione, con le quali hanno dimestichezza i lettori delle strisce di
Paperino, che non sono altro che un generico corrispondente, nelle vecchie traduzioni dei fumetti, dell‟ormai diffuso pancake.
29 Nella revisione operata sulla traduzione del romanzo di Harper Lee (To Kill a Mockingbird, 1960) l‟editore
ha mantenuto il termine dell‟originale football, inizialmente tradotto con un più generico (e fuorviante) palla
ovale (l‟esempio è stato segnalato da Francesca Cosi e Alessandra Repossi durante un incontro intitolato Come e perché le traduzioni editoriali invecchiano? tenuto presso la Casa delle traduzioni a Roma il 26.2.2015).
Proprio in ragione della maggiore confidenza con la figura del ricevitore del baseball, Cavagnoli (2012: 78) proponeva di tradurre The Catcher in the Rye (Il giovane Holden), con Il catcher tra la segale (catcher compare infatti anche nei dizionari italiani: cfr. Garzanti, 2013 e Zingarelli, 2017, s.v.). Nella nuova edizione (Einaudi, 2014) Matteo Colombo ha però mantenuto il vecchio titolo, ormai entrato nella tradizione. Sul titolo italiano del romanzo di Salinger cfr. anche Gentili, 2014. Si potrebbero citare moltissimi esempi simili per traduzioni mantenute invariate, anche quando palesemente erronee: sulla decisione del «Post» di mantenere Grande Cocomero invece di Grande Zucca per The Great Pumpkin nelle strisce dei Peanuts cfr. il comunicato del «Post» (http://www.ilpost.it/2013/10/28/peanuts-grande-cocomero-zucca/) e le osservazioni sul blog «Terminologia etc.» ( http://blog.terminologiaetc.it/2013/10/29/traduzione-great-pumpkin-grande-cocomero/).
30 Nella sua traduzione di Naked Lunch (Pasto nudo), di William S. Burroughs, Cavagnoli (2012: 92-94)
rivendica l‟esigenza di non edulcorare la crudezza dello slang del testo originario; termini disfemici e gergali (che in traduzione danno luogo anche a definizioni non politicamente corrette come checca e frocio) vengono utilizzati per rendere la dominante del testo di partenza. Si potrebbe facilmente estendere l‟esemplificazione attingendo alle recenti traduzioni della narrativa contemporanea, particolarmente distante da censure in queste direzioni: tra le traduzioni già commentate, basti il richiamo alla nuova versione del Giovane Holden, nella quale Matteo Colombo ha inserito – pur ridimensionandone poi il numero – un nutrito drappello di occorrenze del termine cazzo come traducente di goddam, che nella traduzione di Adriana Motti, del 1961, erano mitigate in espressioni come dannazione e simili; cfr. l‟intervista a Matteo Colombo in Zanuttini, 2014.
31 Faloppa (2004: 119) ricorda che in Italia «negro non è stato avvertito come termine spregiativo almeno
fino agli anni Ottanta», ma, rispetto alla questione terminologica nelle traduzioni, richiama le figure di due importanti anglisti: Bruno Cartosio (che elimina la parola negro già nel 1972) e Alessandro Portelli (che nel 1968 alterna i termini negro, nero e afro-americano, ma che nel 1977 usa quasi esclusivamente nero; ivi: 201 nota 103). Sulle valenze di negro/nero/di colore in italiano e nell‟italiano tradotto cfr. ancora Scacchi (2012: 275) (con il rimando a C. Marazzini, che nel 1996 prevedeva l‟affermazione di nero rispetto a negro per effetto dell‟avanzamento recente del politicamente corretto: cfr. “Ma quanto sei razzista?”, in Letture 51.527 (1996: 79). Il tema del diverso nella lingua italiana è stato ampiamente trattato da Faloppa (in particolare 2004 e 2011).
32 Nella traduzione rivista del popolarissimo Primo dizionario di Richard Scarry (Mondadori, 2010), per
esempio, si sostituiscono pronomi ormai disusati come essa ed essi (usati nella prima traduzione del 1967) ricorrendo ad altre strategie coesive (omissione e ripetizione: la didascalia «Mentre mamma Heidi è andata
209
Si consideri da ultimo la necessità di rivedere i testi per l‟evoluzione del lessico: tra i
tanti esempi possibili, si consideri l‟ammodernamento del titolo di un grande classico
come Sense and Sensibility di Jane Austen, originariamente tradotto con Senno e
sensibilità e aggiornato poi in Ragione e sentimento
36; analoghe considerazioni valgono
per il trattamento di una parola con recente specializzazione semantica come
balordo
37.
a fare la spesa, i tre girovaghi fanno un dolce nella sua cucina. Essi vogliono farle una sorpresa per quando ritornerà. Essa sarà davvero sorpresa…», ed. 1967, diventa dopo la revisione «Mentre mamma Heidi è andata a fare la spesa, i tre vagabondi fanno un dolce nella sua cucina: vogliono farle una sorpresa per quando ritornerà. Mamma Heidi sarà davvero sorpresa…», ed. 2010).
33 Cavagnoli (2012: 121) osserva, come felice deviazione dallo standard in un testo per l‟infanzia (Pimpa,
2010), una serie di tratti, tra cui l‟uso di espressioni con che polivalente («Vieni con me, che ti spiego tutto»; ma non si tratta di “frase scissa”) e la preferenza per la forma di pronome soggetto lui (nella frase, che segue un discorso diretto, «ha chiesto lui»): due fenomeni dell‟uso medio che hanno un lungo stato di servizio nell‟italiano letterario dalla fine dell‟Ottocento e che troviamo ormai, come già detto, anche in altri territori, come l‟italiano dei giornali.
34Ancora Cavagnoli, autorivedendo la già citata traduzione di Song of Solomon afferma di servirsi, per
rendere il Black English usato da Toni Morrison, di tratti dell‟italiano colloquiale tra cui il che introduttore di interrogativa (ma in realtà già comune alla lingua letteraria più antica: cfr. ad es. Duro (1970: 948), Patota, (1990: 25, 27, 29 e passim) e Lauta (2012: 81-82) e il ci attualizzante (per esempio in frasi come «Qualcuno ha detto che lei non ha l‟ombelico», sostituita con «Qualcuno ha detto che lei non cià l‟ombelico»). Commentando questa scelta, l‟autrice dice di aver fatto ricorso al «gaddiano “ciavere”» piuttosto che alle altre possibili soluzioni grafiche, meno immediate (Cavagnoli, 2012: 91-92). Proprio la difficoltà di rappresentazione grafica del fenomeno, pur da lungo tempo presente in italiano, spiega la sua scarsa affermazione nello scritto: Serianni (2006: 5-7) riporta esempi delle tre diverse possibilità («nessuna soddisfacente») nella letteratura mimetica dell‟oralità: ci ho (Verga), c’ho (Nesi), ciò (Nori); cfr. anche Raffaelli, 2008, che elenca altre due soluzioni, attestate nell‟uso a diversi livelli ma ugualmente inadeguate, come c(i) ho, e cj ho e ne ricorda le prime documentazioni cinematografiche nelle sceneggiature del neorealismo (Roma città aperta, 1945). La soluzione grafica con j, pur preferita da Raffaelli perché non equivoca né ingombrante, non sembra aver avuto seguito nella narrativa contemporanea. Ancora Renzi, (2012: 55-56), che include il tratto tra le forme di cambiamento «geologico», usato da alcuni autori per marcare il parlato spontaneo (con ess. da Sanguineti, Giudici e Baricco), rileva l‟inadeguatezza di tutte le soluzioni grafiche possibili, propendendo però per la forma ciò, che, pur violando la morfologia, presenta il vantaggio della corrispondenza fonologica. Per la diffusione plurisecolare del fenomeno nella storia dell‟italiano si rimanda ancora a D‟Achille (1990: 261-275).
35 Nella già citata traduzione del Giovane Holden, Matteo Colombo adopera sistematicamente il passato
prossimo come tempo della narrazione e anche Cavagnoli (2012: 71) ne suggerisce l‟uso nella traduzione di un racconto di Nadine Gordimer per «catturarne l‟immediatezza, il tono orale della narrazione». Quanto al congiuntivo, si nota una consapevole riduzione di questa modalità nei testi di registro meno formale: per esempio, il congiuntivo viene sistematicamente abolito da Giuseppe Culicchia per tradurre la lingua sgrammaticata di Huck nella sua versione delle Avventure di Huckleberry Finn. Culicchia (2005: 8) non potendo ricorrere, per rendere i numerosi dialetti usati da Twain, ai dialetti nostrani, si limita a «tradurre dove possibile lo scempio operato da Twain sulla grammatica e sulla sintassi americane con il suo personale scempio della grammatica e della sintassi italiane».
36 Il titolo Senno e sensibilità (Milano, Rizzoli, 1961, un titolo allitterante come l‟originale ma contenente una
parola poco usata) compare ancora in un‟edizione del 1995 (Roma, biblioteca economica Newton). Il nuovo titolo è stato proposto da Rizzoli nel 1997 e poi adottato anche da altre case editrici (per esempio Rusconi, 2008; Crescere ed. Edirem, 2013). Il caso è citato in Bricchi (2013: 73).
37 Nel già citato Primo dizionario di Scarry (2010) si elimina del tutto il lemma balordo, che nell‟edizione del
1967 veniva illustrato con una vignetta raffigurante un personaggio impegnato a tagliare un‟asse sulla quale erano seduti alcuni amici (e glossato con la didascalia «Segatutto sta segando l‟asse su cui Crab e Tartaruga stanno giocando a dama. Non è un balordo?»); nell‟edizione rivista lo stesso disegno viene usato invece per parlare di baita (la didascalia, senza il riferimento a balordo, diventa «Ciop Segatutto sta costruendo una baita. Attento Ciop, stai segando l‟asse sbagliata!»). Evidentemente la rapida
210
3
. I
L MODELLO DI ITALIANO NELLE TRADUZIONI DI OGGITrattandosi di un insieme di fenomeni molto vasto, che delinea un quadro a tinte
piuttosto sfumate, c‟è da chiedersi se la consapevolezza del cambiamento della lingua
italiana sia così uniformemente diffusa tra gli addetti ai lavori.
A fronte di molti risultati di grande efficacia (di cui l‟esemplificazione del paragrafo
precedente non offre che una rapida rassegna), rimane la sensazione, ricavata anche dalle
numerose segnalazioni di studiosi, traduttori ed editori, che ci siano molti professionisti
che operano ancora in modo scarsamente sensibile alle numerose possibilità di
variazione presenti nell‟italiano contemporaneo. Sia se si considerano gli studi basati su
dati quantitativi, sia se si prendono in esame osservazioni occasionali derivate
dall‟esperienza didattica e professionale, si ricava infatti, da parte di studiosi e traduttori,
una valutazione non ancora del tutto positiva dell‟italiano tradotto
38.
Per Laura Salmon
(2005: 21-22)
, per esempio, l‟esistenza stessa dell‟etichetta di
“italiano delle traduzioni” dimostrerebbe ancora oggi che «nella realtà esiste una
“pseudolingua” che si differenzia da quella che noi consideriamo (“sentiamo”) come
italiano, cioè come lingua tout court dei testi scritti in italiano»
39.
Di là dagli errori di traduzione e dai calchi più banali, mette conto qui rilevare come
spesso nei testi tradotti (e rivisti) anche di recente si tenda a riprodurre rigidamente una
lingua più conservativa, orientata verso il polo alto del repertorio (secondo un quadro
che Salmon definisce di “ipererudizione”
40), anche quando ci si confronta con tipologie
specializzazione del termine, che somma all‟originario significato bonario di „sciocco, intontito‟ (unico possibile in GDLI, II vol., 1962, e tuttora vitale nel derivato balordaggine, non a caso mantenuto nelDizionario di Scarry) quello di „malvivente, malavitoso‟, ha reso inservibile la proposta per un pubblico
infantile (Deli, 1979, definisce recente l‟uso del termine come „uomo della malavita‟ e registra i derivati oggi usciti d‟uso balorde „banconote false‟ e balordista „spacciatore di monete false‟). Negli usi giornalistici recenti convivono, con una certa predominanza del significato nuovo, i due valori (cfr., a titolo di esempio, i seguenti contesti: «Trasporti pessimi, infrastrutture scadenti (…) musei e siti archeologici stroppo spesso chiusi al sabato e la domenica a causa di un balordo accordo sindacale sulle festività», “Corriere della Sera”, 30.11.14, e «“Il mio eroe è Forrest Gump”. Jack Ma ha scelto la leggerezza del personaggio più balordo, saggio e fortunato nella storia del cinema americano», “La Stampa”, 20.9.14, di contro a «l‟ipotesi più accreditata dagli inquirenti è che il prete possa essere stato vittima di un balordo in cerca di soldi», “Corriere della Sera”, 3.3.14, e «Lui è un balordo, arrestato già una settimana fa per un furto diventato rapina in un supermercato», “La Stampa”, 25.11.14).
38 Ci si richiama qui agli studi che definiscono gli universali traduttivi grazie al riscontro su corpora: basti il
rimando all‟ormai classico lavoro di Baker, 1996, che riconosce categorie come quelle della semplificazione, dell‟esplicitazione, della normalizzazione (o conservatorismo) e del levelling out (o convergenza). Si riprende la descrizione di queste variabili da Ondelli, Viale (2010: 3-7) che utilizzano lo stesso metodo quantitativo per l‟analisi di testi in italiano (in particolare per un corpus giornalistico). I risultati del lavoro su corpora in italiano, avviato presso l‟Università di Trieste con il PRIN intitolato “Osservatorio sull’italiano contemporaneo.
Analisi linguistica e implicazioni didattiche e traduttive” si leggono in Cardinaletti, Frasnedi, 2004; Garzone,
Cardinaletti, 2004; Cardinaletti, Garzone, 2005.
39 Casi di traduttese, per Salmon, sono per esempio alcune interferenze vistose (babbino dal russo batjuška o dolcezza dall‟inglese honey, o la traduzione letterale di frasi idiomatiche: fuori dalla vista, fuori dalla mente per out of sight, out of mind; ivi: 23). Sul concetto di traduttese come degenerazione della pratica della traduzione
tornano molti critici, che adducono esempi vari: ben nota la lettura ironica di Umberto Eco a proposito della resa (dallo studioso definita “scellerata”) di Città Alta e Città Bassa per Uptown e Downtown (Eco, 2003: 193). Sull‟equivalente cinematografico del traduttese, definito doppiese o doppiaggese, si vedano i tanti interventi di Sergio Raffaelli (per esempio Raffaelli, 2009) e, recentemente, Bellocchio, 2016.
40 Tra i fenomeni di ipererudizione Salmon (2005: 25) elenca il ricorso ad espressioni troppo ricercate
211
di testi che offrono, nella loro versione nativa, esempi di forte innovazione o di registro
basso: è il caso, oltre alla lingua della letteratura, di un‟altra lingua fortemente
contaminata con l‟oralità come quella dei fumetti
41, e della lingua dei giornali, la varietà
che oggi sembra accogliere generosamente i tratti dell‟uso medio più volte richiamati.
Come dimostrano con ricchissima documentazione Ondelli e Viale (2010
:58), negli
articoli di giornale tradotti la tendenza più evidente è quella della normalizzazione:
probabilmente per il ruolo che ricoprono e per il tipo di compito a cui sono
chiamati, i traduttori dimostrano una forte consapevolezza per quanto
attiene allo strumento linguistico e si danno „regole‟ più o meno esplicite e di
applicazione più o meno costante che possono essere basate sul rispetto
della norma tradizionale (per es. limitando i fenomeni più innovativi
dell‟italiano dell‟uso medio), puntare a una certa formalità di registro (per es.
con l‟uso del congiuntivo ogni qual volta la grammatica lo renda possibile),
essere improntate a un atteggiamento vagamente puristico (per es.
nell‟evitamento dei forestierismi) o semplicemente offrire riferimenti certi là
dove l‟italiano non offre linee guida sicure (per es. tramite l‟impiego della d
eufonica di fronte alla stessa vocale)
42.
E in effetti, sono poi gli stessi traduttori a lamentare la rigidità del testo tradotto,
ritenuto troppo artificiale e non corrispondente alla lingua prodotta in un contesto
spontaneo
43.
studiosa sostiene che una maggiore spontaneità nel testo tradotto per scritto si potrebbe ottenere addestrando i traduttori a lavorare con le tecniche e i ritmi a cui normalmente vengono sottoposti gli interpreti: la mancanza di tempo, infatti, allenta il controllo e induce ad essere più naturali (ivi: 25, n. 16). Stupisce che anche una traduttrice di raffinata sensibilità come Susanna Basso, nel confrontare più versioni di un brano di Jane Austen, non sembra notare l‟innalzamento di tono rappresentato dalla scelta di loro „gli‟ («voleva loro veramente bene», Caprin, 1932; «era loro veramente affezionato», Castellani Agosti, 1952; «aveva per loro un vero affetto», Maranesi, 1975; «era veramente affezionato a loro», Balboni, 1991; «voleva loro sinceramente bene», Basso, 1996: si può notare che solo la traduzione di Maranesi propone una soluzione che non crea una contrapposizione tra due scelte possibili; tutti gli esempi in Basso, 2010: 121-122). Sul riassetto nel sistema dei pronomi delle forme le/gli/loro e sul confinamento di loro dativo ai registri alti della lingua cfr. Cardinaletti, 2004; cfr. inoltre Palermo, 2006.
41 Analizzando un corpus di fumetti tradotti dall‟inglese a confronto con testi scritti direttamente in italiano,
Macedoni (2010: 101) rileva, rispetto ai fumetti nativi, nei testi tradotti «una varietà maggiormente controllata, più rispettosa della norma codificata e talvolta caratterizzata da sconfinamenti nell‟imitazione dello stile letterario, in stridente contrasto con lo stile spiccatamente espressivo funzionale alla riproduzione della situazione dialogica […], e ciò anche in virtù della tendenza alla normalizzazione e della conseguente minor variazione diafasica previste nei testi tradotti».
42 Ondelli e Viale riconducono agli universali traduttivi della semplificazione e della normalizzazione
anche lo scarto, sia pure ridotto, tra la presenza di lessico appartenente al vocabolario di base, maggiore nel corpus di testi tradotti rispetto a quelli scritti originariamente in italiano, che tendono invece verso il registro brillante (ivi: 14), e l‟opzione, a livello morfologico, per le varianti più formali (debbo invece di devo; ivi: 32); riguardo all‟uso dei pronomi soggetto, anche in un quadro di generale predominanza delle forme
lui, lei e loro, si registra una maggiore frequenza di egli ed essi nei testi tradotti rispetto a quelli italiani (ivi:
38).
43 Di innalzamento del registro parla per esempio Carmignani, 2016, sottolineando come «troppo spesso
si pettina con zelo il testo cancellando i tratti dell‟italiano vivo e mobile di oggi a favore della lingua codificata di ieri»; Repossi (2012: 120) avvisa del pericolo di innalzamento del registro, secondo un atteggiamento, già notato da Milan Kundera, tipico del «“calofemismo” (il concetto di bell‟italiano)»; Franca Cavagnoli (2012: 75) lamenta la difficoltà nella riproduzione dell‟oralità, con il risultato che «i dialoghi sono a volte legnosi e poco spontanei, e spesso si leggono “come un libro stampato”»,
212
L‟impressione è che su traduttori e revisori agisca più che su altri scriventi (forse
meno gravati dal senso di responsabilità rispetto a un testo altrui) il peso della norma
tradizionale di matrice scolastica, cosa che riguarda anche i traduttori più giovani e gli
studenti di traduzione, i quali mostrano spesso un atteggiamento sanzionatorio su
fenomeni pur largamente accettati (e non più censurati neanche nelle grammatiche di
tipo prescrittivo)
44.
Evidentemente, nella formazione di molti traduttori non si insiste ancora abbastanza
sul concetto di norma, particolarmente importante nella complessa articolazione
dell‟italiano contemporaneo, né sulla descrizione dei fenomeni che hanno portato, anche
nella storia recente, alla moltiplicazione di varietà accettabili in contesti diversi – e che
nel caso dell‟italiano letterario possono intenzionalmente rappresentare deviazioni dallo
standard − e di cambiamenti di cui non tutti gli utenti riescono ad avere coscienza
45.
Si tratta, allora, non soltanto di svecchiare i testi che fanno sentire l‟inevitabile
passaggio del tempo, ma più in generale di sensibilizzare chi lavora con le lingue
all‟importanza di affinare la capacità di osservare in profondità l‟evoluzione linguistica e,
in particolare, le conseguenze sulla norma comunemente accettata. Una riflessione del
genere sarebbe ovvia se non si constatasse invece che spesso il lavoro viene condotto,
complice la pressione delle scadenze, in modo frettolosamente sbrigativo, senza
sufficiente attenzione alle sfumature. Il traduttore avrà bisogno, invece, oltre alla
competenza sugli aspetti teorici della traduzione, dell‟esperienza nelle lingue e culture di
lavoro, fino a diventare «se non un “maniaco”, almeno un “tecnico” dei testi per
eccellenza»
46.
rimandando all‟etichetta di “lingua acrilica” coniata da Susanna Basso e a un‟efficace definizione di Barnes, che paragona la lingua di molte traduzioni a un «pasto servito a bordo di un aereo: sfama tutti, non avvelena nessuno, ma non è nemmeno molto nutriente» (ivi: 94).
44 Tra i tratti più frequentemente condannati dagli studenti dei miei corsi di revisione – a prescindere dal
testo preso in esame − si registrano le frasi con ridondanza pronominale (del tipo a me mi), l‟avvio del periodo con connettivi (in particolare le congiunzioni coordinative e avversative e, ma, però), o dimostrativi come questo (che viene giudicato “poco elegante” a inizio frase), le scelte lessicali di registro più basso (sistematicamente sostituite con l‟equivalente ritenuto, a volte in modo ingiustificato, di tono più sostenuto: elaborato per tesina, essenzialmente per principalmente, impiegare o utilizzare per usare, innalzare per
alzare, rilevante per importante, ecc.), l‟assenza di punteggiatura a separare le preposizioni e in generale tutta
l‟interpunzione intenzionalmente enfatica, caratteristica della prosa brillante. In generale, si osserva la preferenza per una lingua normalizzata e soprattutto poco mossa: il traduttore o revisore ancora poco esperto aspira a una lingua monolitica, nella quale non trova spazio il ventaglio di soluzioni variamente accettabili dell‟italiano di oggi. Si nota infatti, nei commenti, la prevalenza di indicazioni apodittiche (del tipo “in italiano non si usa la virgola prima della congiunzione”) una certa resistenza ad accettare l‟esistenza di forme concorrenti ma ugualmente legittime (dall‟alternanza tra maiuscole e minuscole, all‟univerbazione di sintagmi come tuttora, all‟uso degli accenti: significativa la resistenza alla forma accentata del pronome sé nelle sequenze come sé stesso o sé medesimo, pur ormai preferita dai grammatici: cfr. Serianni, 2006: 115-116). Da notare infine come in molti studenti agisca, come molla per la correzione, anche la spinta ipercorrettiva. Per contro, si nota una scarsa percezione dei regionalismi, spesso considerati appartenenti allo standard.
45 Secondo Renzi (2012: 22) si registra «una certa insensibilità che affligge un po‟ tutti, linguisti e non, di
fronte alla lingua viva».
46 Salmon (2005: 26-27) sottolinea la necessità, per il traduttore professionista, di competenze su regole e
procedure ma anche di «competenze bilingui di altissima sofisticazione», che «prevedono l‟accumulo in memoria di una straordinaria banca dati linguoculturale che consenta la correlazione interlinguistica di tutti i dati della LC1 con quelli della LC2» (la citazione riportata a testo ivi: 31, n. 23).