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Ottimizzazione fluidodinamica di una superficie di controllo

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Academic year: 2021

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FACOLTÀ DI INGEGNERIA

Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale

Corso di Laurea in Ingegneria Aerospaziale

Tesi di Laurea Specialistica

Ottimizzazione fluidodinamica

di una superficie di controllo

Relatori:

Prof. Ing. Giovanni Lombardi

Ing. Federico Cartoni

Candidato:

Elena Pasqualetto

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(3)

sulle barche

A nonna Nara e ai suoi piatti da ristorante

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Sommario

Il presente elaborato si colloca all’interno di un più ampio lavoro atto ad analizzare il comportamento delle superfici di controllo di un’imbarcazione Classe Finn concepita per partecipare ai Giochi Olimpici del Brasile 2016.

Il lavoro di tesi ha lo scopo di implementare una procedura di ottimizzazione fluidodinamica del timone rispettando i rigidi vincoli regolamentari che caratterizzano questa categoria. In particolare si sono imposte come funzioni obiettivo quelle di massimizzare il di stallo e di minimizzare il garantendo un buon compromesso tra le andature di poppa e bolina, quest’ultima analizzata con un valore fissato di . Tale studio si ripete prendendo in considerazione due velocità diverse.

Lo svolgimento del lavoro si avvale di due specifici momenti: una prima fase, quella principale, rivolta all’ottimizzazione del profilo del timone con analisi dei risultati e una seconda fase riguardante l’analisi fluidodinamica sul modello 3D costruito selezionando i profili ottimi selezionati nella fase precedente.

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I

Indice

SOMMARIO ... 4

INDICE ... I INDICE DELLE FIGURE ... III INDICE DELLE TABELLE ... VI 1 INTRODUZIONE ... 1 2 CLASSE FINN ... 4 2.1 LA NAVIGAZIONE A VELA ... 4 2.1.1 Andatura di poppa ... 5 2.1.2 Andatura di Bolina ... 7 2.2 IL TIMONE ... 9 2.2.1 Vincoli regolamentari ... 10 2.3 OBIETTIVI DI PROGETTO... 11

2.3.1 Obiettivi in campo di regata ... 12

3 OTTIMIZZAZIONE DEL PROFILO ... 14

3.1 PROCEDURA DI OTTIMIZZAZIONE ... 14

3.2 CREAZIONE DELLA GEOMETRIA DEL PROFILO IN FORMA PARAMETRICA... 17

3.3 DEFINIZIONE DEI PARAMETRI OGGETTO DELLA SIMULAZIONE ... 18

3.4 SCRIPT PER LA REALIZZAZIONE DEL PROFILO ... 21

3.4.1 Validazione del codice ... 22

3.5 ANALISI FLUIDODINAMICA... 25

3.6 PROCEDURA DI OTTIMIZZAZIONE COMPLETA ... 26

3.6.1 Implementazione della procedura in modeFrontier ... 28

4 ANALISI DEI RISULTATI ... 36

4.1 RISULTATI DELL’OTTIMIZZAZIONE DEL PROFILO A 3 NODI ... 36

4.2 RISULTATI DELL’OTTIMIZZAZIONE DEL PROFILO A 6 NODI ... 41

(6)

II

4.3.1 Configurazioni selezionate... 47

4.3.2 Interpretazione dei risultati ... 53

5 PROFILO AL TIP ... 55

5.1 PROCEDURA DI OTTIMIZZAZIONE ... 55

5.2 ANALISI DEI RISULTATI ... 58

6 MODELLO CAD ... 65

6.1 REALIZZAZIONE DELLA GEOMETRIA ... 65

6.2 DEFINIZIONE DEL BOX DI CALCOLO ... 69

7 SOLUTORE IDRODINAMICO ... 71

7.1 IMPORTAZIONE DEL CAD E DEL BOX E CONDIZIONI AL CONTORNO ... 71

7.2 DEFINIZIONE DELLA GRIGLIA DI CALCOLO ... 73

7.3 IMPOSTAZIONE DEL MODELLO FISICO E DELLE CONDIZIONI INIZIALI ... 77

7.4 CREAZIONE DEI REPORT E CRITERIO DI ARRESTO DELLA SIMULAZIONE ... 79

8 ANALISI DEI RISULTATI ... 81

8.1 DATI ESTRAPOLATI DAI REPORT ... 81

8.2 VISUALIZZAZIONI ... 84 9 CONCLUSIONI ... 86 APPENDICE A ... 88 APPENDICE B ... 90 APPENDICE C ... 92 BIBLIOGRAFIA ... 97 RINGRAZIAMENTI ... 98

(7)

III

Indice delle Figure

FIGURA 1.1-REGATA CLASSE FINN ...1

FIGURA 2.1-ANDATURE RISPETTO AL VENTO ...4

FIGURA 2.2-COMPOSIZIONE DELLE VELOCITÀ ...5

FIGURA 2.3-ANDATURA DI POPPA ...6

FIGURA 2.4–FORZE IDRODINAMICHE ...6

FIGURA 2.5-ANDATURA DI BOLINA ...7

FIGURA 2.6-FORZE IDRODINAMICHE SULLA LAMA DI DERIVA...8

FIGURA 2.7-FORZE IDRODINAMICHE CHE AGISCONO SUL TIMONE...8

FIGURA 2.8-EQUILIBRIO DELLE FORZE NEL PIANO ORIZZONTALE ...9

FIGURA 2.9-EQUILIBRIO DELLE FORZE E DEI MOMENTI NEL PIANO TRASVERSALE ...9

FIGURA 2.10-RAPPRESENTAZIONE DEL TIMONE PRESENTE NEL REGOLAMENTO ... 11

FIGURA 2.11-ANDATURA DI POPPA E DI BOLINA CONSIDERATE NELL'OTTIMIZZAZIONE ... 12

FIGURA 3.1-SCHEMA DEL PROCESSO DI OTTIMIZZAZIONE ... 15

FIGURA 3.2-ESEMPIO DELL’ALGORITMO GRADIENTE CONIUGATO ... 16

FIGURA 3.3-ESEMPIO DELL'ALGORITMO GENETICO ... 17

FIGURA 3.4-SAGOMA DEL TIMONE ... 18

FIGURA 3.5-PROFILO PARAMETRICO CON I PUNTI DI CONTROLLO ... 19

FIGURA 3.6-WORKFLOW PER LA VERIFICA SULLA GEOMETRIA ... 22

FIGURA 3.7-WORKFLOW ULTERIORE PER LA VERIFICA SULLA GEOMETRIA ... 23

FIGURA 3.8-RANGE DI ORIENTAMENTO DELLE VARIABILI ... 24

FIGURA 3.9-ESEMPI DI FORME DI PROFILO OTTENUTE ... 24

FIGURA 3.10-AMBIENTE DI LAVORO IN MODEFRONTIER ... 27

FIGURA 3.11–WORKFLOW COMPLETO DELLA PROCEDURA DI OTTIMIZZAZIONE ... 29

FIGURA 3.12-IMPOSTAZIONE DEL NODO DI UNA VARIABILE DI INPUT... 30

FIGURA 3.13-CONFRONTO FRA SEQUENZA RANDOM E SOBOL... 31

FIGURA 3.14-IMPOSTAZIONE DEL NODO DOE ... 32

FIGURA 3.15-IMPOSTAZIONE DEL NODO SCHEDULER ... 33

(8)

IV

FIGURA 3.17- IMPOSTAZIONE DELLA FUNZIONE OBIETTIVO ... 35

FIGURA 4.1-SCATTER CHART DELLE FUNZIONI OBIETTIVO ... 38

FIGURA 4.2-SCATTER CHART ... 38

FIGURA 4.3–SCATTER CHART ... 39

FIGURA 4.4–SCATTER CHART TM- ... 39

FIGURA 4.5–SCATTER CHART ... 40

FIGURA 4.6-SCATTER CHART - ... 40

FIGURA 4.7-SCATTER CHART DELLE FUNZIONI OBIETTIVO ... 42

FIGURA 4.8-SCATTER CHART EFF- ... 42

FIGURA 4.9-SCATTER CHART ... 43

FIGURA 4.10-SCATTER CHART TM- ... 43

FIGURA 4.11-SCATTER CHART ... 44

FIGURA 4.12-SCATTER CHART - ... 44

FIGURA 4.13-PARTICOLARE DELLO SCATTER CHART IN CUI SI EVIDENZIANO LE CONFIGURAZIONI SELEZIONATE ... 47

FIGURA 4.14-PROFILO ID1871 ... 49

FIGURA 4.15-PROFILO ID1771 ... 49

FIGURA 4.16-PROFILO ID26614 ... 50

FIGURA 4.17-PROFILO ID26664 ... 50

FIGURA 4.18-PARTICOLARE DEL BORDO D'ATTACCO ... 51

FIGURA 4.19-CONFRONTO DELLE CURVE ... 52

FIGURA 4.20-CONFRONTO DELLE POLARI ... 52

FIGURA 4.21-PARTICOLARE DELLA POLARE NELL'INTORNO DI ZERO ... 52

FIGURA 5.1-PROFILO AL TIP ... 55

FIGURA 5.2–WORKFLOW DELLA PROCEDURA DI OTTIMIZZAZIONE ... 57

FIGURA 5.3-SCATTER CHART DELLE FUNZIONI OBIETTIVO ... 59

FIGURA 5.4-PARTICOLARE DELLO SCATTER CHART DELLE FUNZIONI OBIETTIVO ... 59

FIGURA 5.5–SCATTER CHART ... 60

FIGURA 5.6–SCATTER CHART ... 60

FIGURA 5.7-SCATTER CHART ... 61

(9)

V

FIGURA 5.9-CURVA ... 64

FIGURA 5.10-POLARE DEL PROFILO SCELTO ... 64

FIGURA 6.1-FINESTRA "CURVA 3D" ... 66

FIGURA 6.2-COSTRUZIONE DEI PROFILI ... 66

FIGURA 6.3-SUPERFICIE LATERALE DEL TIMONE ... 68

FIGURA 6.4-TIMONE 3D ... 68

FIGURA 6.5-DIMENSIONI PRINCIPALI DEL BOX ... 70

FIGURA 7.1-IMPORTAZIONE DEL CAD E ASSEGNAZIONE DELLE CONDIZIONI AL CONTORNO ... 72

FIGURA 7.2-MESH DI VOLUME ... 76

FIGURA 7.3-PARTICOLARE DEL PRISM LAYER ... 76

FIGURA 7.4-MESH DI VOLUME DEL TIMONE ... 77

FIGURA 7.5-CREAZIONE DEI REPORT ALL'INTERNO DI STARCCM+ ... 79

FIGURA 7.6-GRAFICO DEI RESIDUAL ... 80

FIGURA 8.1-CURVA DEL TIMONE ... 82

FIGURA 8.2-POLARE DEL TIMONE ... 83

FIGURA 8.3-LINEE DI CORRENTE DEL CAMPO DI VELOCITÀ SUL PIANO AL 50% DI APERTURA, IN ANDATURA DI POPPA ... 84

FIGURA 8.4-LINEE DI CORRENTE DEL CAMPO DI VELOCITÀ SUL PIANO AL 50% DI APERTURA, IN ANDATURA DI BOLINA ... 84

FIGURA 8.5–LINEE DI CORRENTE DEL CAMPO DI VELOCITÀ SUL PIANO AL 50% DI APERTURA, IN CONDIZIONE DI FLUSSO SEPARATO ... 85

(10)

VI

Indice delle tabelle

TABELLA 1.1-REQUISITI REGOLAMENTARI SULLA CONFORMAZIONE DELL'IMBARCAZIONE ...2

TABELLA 3.1-COORDINATE DEI PUNTI DI CONTROLLO UTILIZZATE NELL'OTTIMIZZAZIONE ... 20

TABELLA 3.2-RANGE DI VARIAZIONE DELLE VARIABILI DI OTTIMIZZAZIONE ... 31

TABELLA 4.1-PARAMETRI RISULTANTI DELLE CONFIGURAZIONI APPARTENENTI AL FRONTE DI PARETO A 3 NODI... 45

TABELLA 4.2–PARAMETRI RISULTANTI DELLE CONFIGURAZIONI APPARTENENTI AL FRONTE DI PARETO A 6 NODI ... 46

TABELLA 4.3-RISULTATI DEI DESIGN SELEZIONATI ... 48

TABELLA 5.1-RANGE DI VARIAZIONE DELLE VARIABILI DI OTTIMIZZAZIONE ... 58

TABELLA 5.2-RISULTATI DEI DESIGN CONSIDERATI ... 63

TABELLA 7.1-PARAMETRI DELLA MESH DI SUPERFICIE ... 75

TABELLA 7.2-PARAMETRI DELLA MESH DI VOLUME ... 75

TABELLA 7.3-PARAMETRI DEL PRISM LAYER ... 75

TABELLA 8.1–VALORI DI ... 82

(11)

1

1

Introduzione

Il Finn è un’imbarcazione a vela progettata nel 1949 dal finlandese Rickard Sarby. Essa gioca un ruolo fondamentale nel campo della vela mondiale, sia come diffusa deriva da regata di club, sia come leggendaria Classe Olimpica e fucina dove si sono formati alcuni dei maggiori velisti presenti sulla scena mondiale. Il Finn fa parte infatti del programma Olimpico dal 1952. In gergo velico, viene classificata come deriva per la presenza a bordo di una lama di deriva mobile.

Le caratteristiche del Finn sono fortemente condizionate dalla necessità di rispettare i rigidi vincoli regolamentari che ne influenzano il progetto pur mantenendo la libera scelta dei materiali da costruzione. Indipendentemente da questi ultimi i Finn sono tutti accomunati dall’estrema leggerezza che li caratterizza. Perciò l’equipaggio, costituito da un singolo elemento, dovrà spostarsi sopravento o sottovento per equilibrare continuamente, in base alla forza del vento e alle andature, le forze agenti su di essa.

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2

Caratteristiche tecniche

Lunghezza 4.50 m Larghezza 1.50 m Pescaggio 0.9 m Lunghezza albero 6.50 m Superficie velica 10 m2 Peso scafo 116 kg

Tabella 1.1 - Requisiti regolamentari sulla conformazione dell'imbarcazione

Nel contesto della CFD, acronimo di Computational Fluid Dynamics, si presenta il seguente lavoro che ha lo scopo fondamentale di implementare una procedura di ottimizzazione di una superficie portante di un’imbarcazione Classe Finn. In specifico l’ottimizzazione sarà condotta sul timone di tale imbarcazione.

La fluidodinamica numerica è uno dei mezzi utilizzati per lo studio del comportamento dinamico dei fluidi e trova nella nautica, in particolare nel campo della vela, una delle più interessanti e affascinanti possibilità di applicazione. Nello specifico la CFD non è altro che uno strumento virtuale, in grado di fornire risposte coerenti con la realtà, con tempi e costi decisamente minori rispetto a un approccio di tipo applicativo, quale a esempio una campagna di prove sperimentali.

Lo svolgimento del lavoro si suddivide in due fasi principali: la prima riguarda un’analisi preliminare dei vincoli di progetto, e quindi l’ottimizzazione del profilo; la

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3

seconda è relativa all’analisi fluidodinamica sul modello 3D della configurazione di ottimo. Nel primo caso saranno considerate due velocità diverse.

L’ottimizzazione è implementata in ambiente modeFRONTIER 4.3.0®

. Come solutori fluidodinamici si utilizzano rispettivamente il software Xfoil® -programma per l’analisi 2D che richiede in input le coordinate del profilo e il numero di Reynolds- e il software STAR CCM+ 8.04® -programma per l’analisi 3D che risolve le Equazioni di Navier-Stokes con un approccio di tipo RANS (Reynolds Avaraged Navier-Navier-Stokes).

Le geometrie bidimensionali da analizzare vengono create tramite un apposito codice Matlab®, per mezzo delle curve di Bézier. Infine il modello CAD viene realizzato mediante il software CATIA V5R17®.

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2

CLASSE FINN

Nel seguente capitolo si descrive brevemente come avviene la navigazione a vela illustrando le forze aerodinamiche e idrodinamiche che sinergicamente agiscono sull’imbarcazione. Quest’ultima infatti deve essere in grado di riuscire a operare efficacemente nelle diverse andature rispetto al vento. Si riportano inoltre i vincoli propri della categoria relativi al timone e il comportamento e l’importanza di questa superficie di controllo.

2.1 La navigazione a vela

La propulsione del Finn, come ogni altro tipo di imbarcazione a vela, è affidata principalmente allo sfruttamento del vento. Il natante può posizionarsi a varie angolature rispetto alla direzione del vento in base alla rotta che decide di tenere. In Figura 2.1 si riportano i diversi tipi di andature rispetto alla direzione del vento.

Figura 2.1 - Andature rispetto al vento

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5

Le andature si classificano in base all’angolo che si crea fra la direzione dell’asse longitudinale dell’imbarcazione e la direzione del vento. L’angolo morto rappresenta l’angolo all’interno del quale non è possibile navigare e varia a seconda delle caratteristiche dell’imbarcazione. In qualunque andatura, le vele percepiscono una velocità apparente del vento dovuta alla composizione vettoriale tra la velocità reale

del vento e la velocità di avanzamento dell’imbarcazione :

Figura 2.2 - Composizione delle Velocità

Ai fini di questa trattazione si prendono in considerazione solo le andature di poppa e

bolina.

2.1.1 Andatura di poppa

Per comprendere meglio il comportamento di un’imbarcazione che ha un’andatura di poppa si faccia riferimento alla Figura 2.3.

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6

Figura 2.3 - Andatura di Poppa

La vela percepisce la velocità per cui si genera la resistenza aerodinamica D che però ha l’effetto di un’azione propulsiva.

Lo schema fa riferimento al caso estremo di poppa: la direzione del vento e quella dell’asse longitudinale dell’imbarcazione sono parallele. In realtà se la rotta seguita fosse quella dello schema, all’aumentare di per effetto della spinta, la diminuirebbe, facendo così diminuire la spinta stessa. Per questo nella pratica si cerca di mantenere sempre un angolo fra le due direzioni.

Dal punto di vista delle forze idrodinamiche sullo scafo, il moto dell’imbarcazione produce una forza di resistenza come è visibile nella figura sottostante:

Figura 2.4 – Forze idrodinamiche

La resistenza può essere di attrito (a causa delle azioni tangenziali), di pressione (collegata con la separazione dello strato limite e quindi con il passaggio da un

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7

comportamento idrodinamico a un comportamento proprio dei corpi tozzi) e d’onda (dovuta alla superficie del pelo libero, ossia al moto ondoso del mare).

2.1.2 Andatura di Bolina

La bolina è un’andatura che consente alla barca a vela di risalire il vento, mantenendo un angolo inferiore ai 90° rispetto al vento reale. Questo angolo è variabile a seconda del tipo di imbarcazione e del tipo di invelatura che supporta. Dal punto di vista delle forze aerodinamiche la situazione che si crea è quella riportata in Figura 2.5.

Figura 2.5 - Andatura di bolina

Per poter far avanzare la barca in presenza di una componente di velocità controvento si fa lavorare la vela come un’ala: dallo schema si nota come solo la componente della forza aerodinamica sviluppata dalla vela sia favorevole al moto dell'imbarcazione, mentre la componente , denominata forza di sbandamento laterale o Scarroccio, agisce in direzione ortogonale alla rotta. Quest’ultima deve essere opportunamente equilibrata. L’equilibrio si ottiene considerando il sistema-acqua, ossia tramite le Forze idrodinamiche che si vengono a creare, come riportato nella Figura seguente:

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Figura 2.6 - Forze idrodinamiche sulla lama di deriva

In particolare la , generata dalla vela, viene equilibrata tramite la superficie di controllo della lama di deriva che altro non è un’appendice simile a un’ala, collocata nella parte più bassa dell’opera morta. Se poi lo scafo è simmetrico, occorre un angolo tra la velocità della barca e il piano di simmetria, ossia l’angolo di scarroccio ξ.

Occorre quindi equilibrare anche il momento sbandante che si viene a creare a causa della distanza verticale tra i punti di applicazione delle risultanti delle forze laterali generate da vela e deriva. Si inserisce perciò nella barca anche l’altra superficie di controllo, ossia il timone che, deflettendolo, genera la forza stabilizzante e quindi un momento equilibrante in modo da non far sbandare la barca.

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9 Figura 2.8 - Equilibrio delle forze nel piano

orizzontale Figura 2.9 - Equilibrio delle forze e dei momenti nel piano trasversale

I tipi di resistenza che si possono incontrare nel sistema-acqua sono di attrito, di pressione, d’onda e indotta (legata alla generazione di portanza, dal punto di vista 3D).

2.2 Il timone

Dal punto di vista della sua applicazione il timone soddisfa la definizione di corpo idrodinamico. Come scritto precedentemente, la sua presenza nel natante è fondamentale per la stabilità, la controllabilità e la manovrabilità nel piano orizzontale dello stesso ed è situato a poppa.

In specifico alla Classe Finn esso deve avere un fermo che gli impedisca di uscire a barca rovescia e viene poi fissato a una barra grazie alla quale l’equipaggio può gestirne l’orientamento.

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2.2.1 Vincoli regolamentari

Ogni anno l’International Finn Association emana i regolamenti che prescrivono i vincoli da seguire per poter progettare ogni parte del Finn. Tali regolamenti riguardano i limiti di peso, la geometria da rispettare e i materiali da utilizzare. Si riportano di seguito quelli specifici al timone (detto anche remo in questa Classe), oggetto di studio di questa tesi, uniti alle immagini presenti nel regolamento stesso, in modo da rendere maggiormente comprensibile il significato dei vari simboli utilizzati.

Dimensioni del timone:

 Distanza del bordo d’attacco e del bordo d’uscita della sagoma di riferimento sopra il punto k

 Distanza del bordo d’attacco e del bordo d’uscita della sagoma di riferimento sotto il punto k

 Spessore al di sotto de punto k

 Peso complessivo

 Diametro del foro di fissaggio

 Materiale libera scelta

Il punto k, nei regolamenti, è definito come quel punto del bordo d’attacco della sagoma del timone posto sulla linea d’acqua.

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Figura 2.10 - Rappresentazione del timone presente nel regolamento

2.3 Obiettivi di progetto

Lo scopo della presente ottimizzazione è quello di definire, tra le diverse configurazioni analizzate, una possibile forma del profilo del timone tenendo conto, oltre ai vincoli regolamentari, i seguenti obiettivi di progetto:

 massimizzare il di stallo

 minimizzare la resistenza nelle condizioni di poppa e bolina. Quest’ultimo caso è analizzato per un valore di fissato pari a 0.4.

Per poter far questo è necessaria la definizione di una funzione obiettivo che definisca il peso del coefficiente di resistenza relativamente alle due andature. Generalmente l’espressione tipica del coefficiente globale è dato dalla seguente formula:

Nel presente lavoro è stato imposto .

Nella figura sottostante si riportano le due condizioni analizzate. Si precisa che l’angolo α presente nell’immagine è solo d’esempio. L’angolo infatti varierà per ogni profilo, avendo fissato il valore del nella condizione di bolina.

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Figura 2.11 - Andatura di poppa e di bolina considerate nell'ottimizzazione

L’ottimizzazione viene effettuata in due diverse condizioni operative per la velocità di avanzamento: 3 e 6 nodi.

2.3.1 Obiettivi in campo di regata

Gli obiettivi imposti giocano un ruolo fondamentale nel campo di regata in quanto il timone è il responsabile del cambiamento di rotta del natante. Ogni volta che si vuole mutare le mure della barca, le vele si spostano sul lato opposto da quello dove erano prima. Il cambiamento di mure può venir fatto in due modi: tramite una virata in prora oppure tramite una strambata.

Gli obiettivi incidono durante e dopo la fase di queste due manovre.

In virata è necessario avere il massimo della velocità per superare con il solo abbrivo (impulso iniziale con cui si dà moto o si aumenta gradualmente la velocità di un’imbarcazione) il letto del vento. Oltre ad avere il massimo della velocità, bisogna infatti, ridurre al minimo l’ampiezza dell’angolo al vento che si vuole superare. Prima di effettuare la manovra è essenziale essere di bolina. Virare di bolina implica cambiare le

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mure avvicinando la prua al vento e questo porta, quando una barca risale il vento di bolina stretta, ad avere l'intensità del vento apparente molto più alta di quello reale. Quando si va in favore di vento, cioè con andature di poppa, la velocità del vento apparente è, in genere, minore del vento reale in quanto dal punto di vista delle velocità quello apparente è opposto al vento reale. La direzione del vento apparente si sposta verso prua rispetto alla direzione del vento reale. Per tale motivo si forma un angolo più piccolo tra l’asse longitudinale della barca e il vento. Se si vogliono cambiare le mure, passando con la poppa a favore di vento, si deve fare quindi una strambata che permette di allontanare la prua dal vento.

Perciò, individuare una configurazione di optimum fra gli obiettivi imposti, in fase di regata durante le suddette manovre, permette di avere un minor angolo di inclinazione in modo tale che, a parità di velocità con le altre imbarcazioni, in gergo tecnico “si perde meno acqua” e quindi le imbarcazioni seguono una rotta più efficiente.

In specifico alla Classe Finn l’obiettivo che ha una maggiore importanza è quello inerente al . Perciò, una volta condotte le simulazioni, la scelta verterà su configurazioni che presentano valori più elevati tenendo però sempre di conto anche dell’altro obiettivo imposto sul coefficiente di resistenza pesato.

Come si evince da regolamenti riportati nel paragrafo precedente, essendo libera la scelta del materiale da costruzione, il timone impostato in questo studio sarà realizzato in fibra di carbonio. Quest’ultima infatti è consigliata perché caratterizzata da buone proprietà meccaniche (alta resistenza, alto modulo elastico) e, soprattutto, dalla sua estrema leggerezza. Ogni equipaggio è sempre alla ricerca della barca più leggera al punto tale da giungere alla fase di controllo pre-gara con la barca completamente bagnata per evitare l’aggiunta di pesi correttori da parte dei giudici. L’aspetto negativo di questo materiale è il costo particolarmente elevato.

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3 Ottimizzazione del profilo

Nel presente capitolo viene descritta l’intera procedura seguita per l’ottimizzazione del profilo del timone. Quest’ultimo deve essere rappresentato in forma parametrica così da rendere automatizzata la modifica della sua forma. Si procede così, in un primo momento, ad analizzare i range di variazione dei parametri stessi e successivamente si passa all’ottimizzazione vera e propria. In specifico l’ottimizzazione è stata condotta sul profilo posto al 50% di apertura della parte sommersa (ossia al di sotto del punto k). In questo caso l’unico vincolo regolamentare di cui teniamo di conto è il limite massimo consentito sullo spessore pari a 23 mm.

3.1 Procedura di ottimizzazione

La procedura di ottimizzazione ha lo scopo di definire una nuova configurazione che minimizzi (o massimizzi) una o più funzioni obiettivo, collegate alle caratteristiche aerodinamiche o ad altre più generali, mantenendo dei vincoli assegnati. Sono proprio questi ultimi che regolano il processo di ottimizzazione stesso. Trattando di ottimizzazione ci si riferisce alla numerica che presenta il grosso vantaggio di abbattere i tempi necessari per le valutazioni in quanto in galleria del vento sarebbero troppi i casi da studiare. L’ottimizzazione infatti non è altro che una routine che si ripete valutando un numero elevato di configurazioni successive.

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Figura 3.1 - Schema del processo di ottimizzazione

Data una configurazione di partenza, si crea la geometria parametrica e la griglia di calcolo in maniera automatizzata così da potersi ripetere a ogni ciclo iterativo. La scelta dei codici numerici per la valutazione della funzione obiettivo dipende dagli stessi criteri utilizzati per la valutazione delle grandezze inglobate nel processo stesso. L’algoritmo di ottimizzazione genera una configurazione modificata rispetto a quella in entrata e procede con il loop fino a quando non si avrà una serie di configurazioni migliori rispetto a quella di partenza.

In letteratura vi sono vari tipi di algoritmi. I metodi base fanno riferimento al Gradiente

coniugato (CG) e agli Algoritmi Genetici (GA). I metodi di sviluppo invece si orientano

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Il Gradiente coniugato è un metodo efficiente in quanto riesce a spostarsi verso il minimo della funzione in poco tempo, ma ha il grosso svantaggio di non poter discernere una posizione di minimo relativo da quella di minimo assoluto. Perciò la soluzione trovata dipende dal punto di partenza. Comunque sia, ciò che otteniamo è una configurazione migliore di quella di partenza.

Figura 3.2 - Esempio dell’Algoritmo Gradiente Coniugato

L’algoritmo genetico permette invece di ricercare, senza ambiguità, il minimo assoluto della funzione (propriamente si parla di pseudo-minimo-assoluto). A partire dalle variazioni dei parametri viene scelta una popolazione iniziale. Si applicano poi delle leggi probabilistiche in modo tale da ricombinare le parti dei parametri più promettenti penalizzando quelle meno favorevoli, ottenendo così una nuova popolazione con la quale applicare lo stesso iter ricercando il minimo. L’algoritmo effettua quindi una selezione genetica, da cui prende il nome. Lo svantaggio principale riguarda l’efficienza del calcolo che è bassissima. Questo comporta tempi computazionali alti (di un ordine di grandezza superiore se confrontati con il Gradiente Coniugato).

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Figura 3.3 - Esempio dell'Algoritmo Genetico

Gli Algoritmi Misti sfruttano entrambi i metodi sopracitati. In primis individuano l’intorno del minimo assoluto mediante l’Algoritmo Genetico e successivamente applicano il metodo del Gradiente Coniugato. Il vantaggio principale è quello di abbattere i tempi rispetto al caso in cui si utilizzi esclusivamente il GA mentre lo svantaggio risiede nella definizione del passaggio dal primo tipo di algoritmo all’altro.

3.2

Creazione della geometria del profilo in forma parametrica

Prima di procedere alla generazione del profilo in forma parametrica, è necessario già in questa fase rappresentare la forma in pianta del timone rispettando i vincoli regolamentari per quanto concerne la sagoma di riferimento. Per procedere si utilizza il software Catia®: attraverso una macro realizzata in Excel si importano le coordinate dei punti di riferimento del bordo del timone in ambiente Generative Shape Design e si uniscono tramite una spline. Una volta ottenuta la sagoma è stato possibile estrapolare la lunghezza della corda c situata al 50% di apertura al di sotto del punto k, come rappresentato dalla Figura 3.4.

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Figura 3.4 - Sagoma del timone

La lunghezza della corda del profilo oggetto di studio è precisamente 368.3 mm.

Come scritto precedentemente i vincoli regolamentari permettono inoltre di modificare la sagoma del timone entro un range di ma l’intera analisi verrà condotta facendo riferimento alla sagoma non modificata.

È stato necessario poi adimensionalizzare la corda ricavata in modo da far riferimento a una corda unitaria nella fase successiva inerente alla realizzazione del profilo. Quest’ultimo, avendo lo spessore massimo imposto registrerà uno spessore percentuale pari al 6.2%.

3.3 Definizione dei parametri oggetto della simulazione

La scelta della geometria iniziale è ricaduta su un profilo simmetrico in quanto l’imbarcazione deve avere uguali prestazioni su entrambi i bordi. Perciò al momento della creazione del profilo si fa riferimento esclusivamente alla linea del dorso ottenendo quella del ventre per semplice simmetria rispetto alla linea media.

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La generazione del semiprofilo in forma parametrica è stata realizzata mediante l’utilizzo delle curve di Bézier (per un approfondimento si rimanda all’appendice A). La loro proprietà fondamentale risiede nell’essere definite da un set di punti di controllo che non costituiscono i punti di passaggio della curva, tranne il primo e l’ultimo, ma permettono ugualmente di definirne la forma.

Per la realizzazione del profilo in esame in forma parametrica si fa utilizzo di due curve di Bézier. La prima curva utilizza 5 punti di controllo e, fissati come estremi il bordo d’attacco e il punto di massimo spessore, permette di delineare la parte anteriore del profilo; la seconda, con 4 punti di controllo, imponendo il passaggio al punto di massimo spessore e al punto di bordo d’uscita, realizza la parte posteriore. Il punto di massimo spessore funge da punto in comune alle due curve.

Il numero dei punti di controllo ammonta perciò a 8.

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Non tutti gli 8 punti di controllo rappresentano dei parametri liberi di variare nella fase di ottimizzazione per la parametrizzazione del semiprofilo. I punti 1 e 8 sono infatti fissati in corrispondenza del bordo d’attacco e del bordo di uscita. I punti 1 e 5 devono garantire rispettivamente la condizione di tangente verticale al profilo nel bordo d’attacco e quella di tangente orizzontale nel punto di massimo spessore. Di conseguenza vengono vincolate le coordinate x del punto 2 e y dei punti di controllo a monte e a valle del punto di massimo spessore percentuale.

Inoltre per congiungere le due curve e garantire la continuità C1 al semiprofilo risultante occorre che la coordinata x del punto 6 sia legata a quelle del punto 4 e 5.

In definitiva le coordinate dei punti di controllo utilizzate nell’ottimizzazione vengono riassunte nella tabella di seguito:

Punto coordinate x y 1 0 0 2 0 Y_2 3 X_3 Y_3 4 X_4 max_tc 5 pos_max_tc max_tc 6 f(X_4,X_5) max_tc 7 X_7 Y_7 8 1 0

Tabella 3.1 - Coordinate dei punti di controllo utilizzate nell'ottimizzazione

Le coordinate x sono definite in percentuale della corda, mentre le coordinate y in percentuale del semispessore percentuale. Si ricorda infine che l’unico vincolo

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regolamentare di cui teniamo conto in questa prima fase è quello imposto sul limite massimo dello spessore massimo.

3.4 Script per la realizzazione del profilo

La generazione vera e propria del profilo è stata realizzata in ambiente Matlab attraverso un opportuno Script riportato in appendice B. una volta fissati i punti di controllo, grazie alla function Bézier.m, il codice genera il profilo e lo restituisce in output sotto forma di un file di testo in cui vengono riportate le coordinate dei punti che lo descrivono a partire dal bordo di uscita proseguendo in senso antiorario, quindi passando dal dorso per poi tornare dal ventre al bordo di uscita. La spaziatura imposta è del tipo coseno. Essa si preferisce rispetto a una spaziatura logaritmica in quanto permette di addensare un maggior numero di punti sia al bordo d’attacco che al bordo di uscita. Zone caratterizzate da una forte curvatura geometrica e dai maggiori gradienti del campo di pressione. Le coordinate dei punti generati in output sono adimensionalizzati rispetto alla corda.

Se lo Script si riferisse esclusivamente alla function Bézier.m si otterrebbero anche delle forme dei profili non accettabili in questo ambito. Perciò all’interno di esso sono stati inseriti i seguenti check:

 check_1 e check_2 : effettuano un controllo sulla presenza di ondulazioni, quindi sui possibili flessi presenti;

check_3 : verifica le possibili incongruenze nella distribuzione delle coordinate x affinché non risulti ;

 check_4 : riscontra le possibili incongruenze della distribuzione delle coordinate

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3.4.1 Validazione del codice

Prima di procedere con l’ottimizzazione vera è propria si è ritenuto necessario constatare che, dati in input determinati range dei parametri liberi, si ottenessero in output forme di profili consoni al nostro problema in esame che rispondessero ai check imposti. Tale analisi ha permesso inoltre di capire verso quali valori si orientassero maggiormente le variabili iniziali. Per fare questo si è realizzato un apposito Workflow in ambiente modeFrontier (Figura 3.6).

Figura 3.6 - Workflow per la verifica sulla geometria

Il vincolo imposto è il check_tot pari a 1, dove per check_tot si intende il check complessivo dei singoli check. La funzione del vincolo è gestita dal nodo constraint. Lo schema logico così imposto permette una valutazione su poche configurazioni. La popolazione iniziale infatti viene creata tramite la sequenza constraint satisfaction. Essa presenta come valore massimo dei design iniziali 100. Perciò per avere un’ulteriore conferma sulla robustezza dello Script a esso implementato è stato realizzato un altro Workflow all’interno del quale si richiedeva di massimizzare la funzione obiettivo che

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ancora una volta era il check_tot (Figura 3.7). In questo caso la popolazione iniziale è stata ottenuta tramite la sequenza sobol e in numero pari a 200.

Figura 3.7 - Workflow ulteriore per la verifica sulla geometria

L’approfondimento specifico di ogni elemento dei suddetti schemi logici verrà fatto nei paragrafi successivi.

Si riportano di seguito i grafici relativi ai range di variazione dei parametri in input e alcune forme dei profili risultanti di questa prima fase.

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Figura 3.8 - Range di orientamento delle variabili

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3.5 Analisi fluidodinamica

Qualora tutti i check siano superati, lo Script genera in output il file relativo al profilo ottenuto. Esso viene poi importato all’interno del software Xfoil per effettuarne l’analisi fluidodinamica. Xfoil è un programma atto all’analisi 2D che richiede in input le coordinate del profilo e il numero di Reynolds. La scelta di tale software si spiega in quanto rappresenta un solutore del tipo strato limite – flusso potenziale che ha permesso quindi tempi di calcolo limitati e un’analisi di un maggiore numero di configurazioni. Inoltre esso è in grado di fornire una stima dei risultati più accurata dal punto di vista della resistenza, cosa che non accade con un qualsiasi altro tipo di solutore che utilizza le RANS (STAR CCM+ e FLUENT) che comportano una sovrastima.

L’analisi potenziale è eseguita mediante un metodo a pannelli che viene chiuso imponendo la condizione di Kutta, mentre lo strato limite e la scia, che costituiscono la soluzione viscosa, vengono descritte tramite un metodo integrale a due equazioni. La soluzione viscosa si relaziona con quella del campo potenziale attraverso un modello di traspirazione superficiale, permettendo così un calcolo accurato anche nelle regioni con separazione limitata.

Dopo aver importato il profilo in Xfoil si procede a discretizzarlo e a definire la simulazione da effettuare: simulazione di tipo viscoso. Dovendo analizzare i casi sia a 3 che a 6 nodi, i Reynolds caratteristici sono, rispettivamente circa pari a 540000 e 1070000. Attraverso il comando PACC è stato possibile salvare, in formato testo, i dati ottenuti dalla simulazione. In particolare vengono salvati i valori dei coefficienti di portanza e resistenza e i punti di transizione laminare-turbolento sul dorso e sul ventre del profilo ai vari angoli di incidenza.

Per alcuni profili, nonostante il superamento del vincolo del check_tot, non è stato possibile completare l’analisi fluidodinamica in quanto il calcolo viscoso non

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convergeva pur aumentando notevolmente il numero di iterazioni. La ragione di questo fenomeno risiede probabilmente nell’approssimazione non valida dello stato limite (separazione estesa). A conferma di ciò sono stati analizzati a parte i design 71 e ID-83 nella condizione di 3 nodi. L’analisi non convergeva poiché tali design presentavano un bordo d’attacco molto sottile portando così a una separazione immediata.

3.6 Procedura di ottimizzazione completa

L’ottimizzazione completa del profilo del timone è stata realizzata in ambiente modeFrontier, il quale permette una facile gestione della procedura grazie a una semplice interfaccia grafica sotto forma di diagramma di flusso. Lo schema logico si costruisce inserendo nell’ordine opportuno appositi nodi alcuni dei quali richiamano i software necessari per la procedura stessa.

Come mostrato nella figura sottostante il software modeFrontier presenta tre ambienti di lavoro: Workflow, Run Logs e Design Space.

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Figura 3.10 - Ambiente di lavoro in modeFrontier

All’interno del Workflow si definisce il ciclo di ottimizzazione attraverso la connessione di appositi nodi che rappresentano i singoli step in cui è suddivisa la procedura. I nodi si distinguono nelle seguenti categorie:

variable nodes: definiscono le variabili di ingresso e di uscita della procedura di ottimizzazione;

goal nodes: rappresentano le funzioni obiettivo;

application nodes: permettono di interfacciare la procedura di ottimizzazione ai programmi necessari per la stessa;

logic nodes: precisano le operazioni logiche da rispettare.

L’ambiente Run Log mostra l’avanzamento della procedura fornendo una diagnosi di ciascuno dei design completati e di quelli in fase di elaborazione. Ogni singolo design costituisce un individuo della popolazione che si sta generando. All’interno di questo

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ambiente è perciò possibile seguire l’evoluzione della procedura e monitorare ciascun design conoscendo anche la causa del loro mancato completamento.

Il Design Space, infine, rappresenta il post-processing. Permette infatti di raccogliere tutte le informazioni inerenti ai design completati avvalendosi anche di grafici che consentono di analizzare l’influenza dei singoli parametri sulle funzioni obiettivo.

3.6.1 Implementazione della procedura in modeFrontier

Nella Figura a pagina seguente si riporta il grafico seguito durante l’ottimizzazione del profilo del timone. Nel suo sviluppo orizzontale è rappresentato il flusso logico e delle applicazioni da eseguire per valutare il design candidato, mentre nella direzione verticale è specificato il flusso dei dati, incluse variabili di input, output e obiettivi. Lo schema logico così impostato è valido sia per l’analisi a 3 che a 6 nodi. Da una simulazione all’altra cambia soltanto il valore inserito nel nodo V_knt. Questa diversificazione si riversa nell’analisi fluidodinamica mantenendo inalterata la popolazione iniziale.

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 Nodi delle variabili di input: all’interno di questi vengono definiti i parametri di ottimizzazione. Nel caso in esame alcuni mantengono un valore costante, mentre altri possono variare entro un range di variazione stabilito, definendo valore minimo, valore massimo e numeri di step in cui si vuole dividere tale range. I nodi di input sono posti in ingresso al nodo Matlab in modo da consentire la generazione della configurazione da analizzare.

Figura 3.12 - Impostazione del nodo di una variabile di input

Nella tabella sottostante si riportano i range di variazione dei parametri di ottimizzazione imposti oltre al numero di step previsto in ciascun intervallo di variazione. Tali range sono gli stessi utilizzati nella simulazione effettuata per la validazione dello Script. Si è infatti ritenuto che l’ampiezza degli intervalli imposta nella fase precedente fosse sufficientemente conforme alla procedura completa di ottimizzazione da svolgere.

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Parametro Lower Bound Upper Bound Base

tm 0.01 0.023 10 Y_2 0.005 0.025 10 X_3 0.01 0.1 10 Y_3 0.025 0.03 5 X_4 0.08 0.3 10 pos_max_tc 0.1 0.6 10 X_7 0.3 0.9 15 Y_7 0.007 0.009 7

Tabella 3.2 - Range di variazione delle variabili di ottimizzazione

Nodo Doe: definisce la generazione della popolazione iniziale di configurazioni su cui l’algoritmo di ottimizzazione selezionato andrà a iniziare l’elaborazione per risolvere il problema. Nel caso in esame la popolazione iniziale viene generata con una sequenza di tipo sobol che, rispetto alla sequenza random, consente di distribuire le configurazioni di partenza in maniera uniforme nel

Design Space. Il numero di individui appartenenti a ogni popolazione è fissato

pari a 100.

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Figura 3.14 - Impostazione del nodo DOE

Nodo Scheduler: esplicita la strategia di ottimizzazione impostando l’algoritmo di ottimizzazione. Esso è collegato al nodo Doe. Nel presente elaborato si utilizza l’algoritmo MOGA II (Multi Object Genetic Algorithm) perché, oltre a simulare la strategia evolutiva degli esseri viventi, “per cui solo gli individui migliori sopravvivono e figliano una nuova generazione”, si ha più di una funzione obiettivo.

Il numero di generazioni imposte è pari a 50 mentre il numero dei concurrent, ossia la valutazione contemporanea di diverse configurazioni, è pari a 6. È possibile inoltre impostare l’algoritmo in modo che la configurazione che si

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ripete non venga rivalutata al fine di evitare sprechi di tempo, utilizzando i risultati già condotti sulla configurazione analoga.

Figura 3.15 - Impostazione del nodo Scheduler

 Nodo Matlab: raccoglie gli input dei punti di controllo dei design creati dal nodo

Scheduler, genera il profilo che invia a Xfoil. Per il corretto funzionamento di

tale processo bisogna definire lo Script di riferimento. Allo Script fanno capo la function xfoil_poppa e xfoil_bolina che permettono di eseguire i prompt per l’analisi fluidodinamica nei casi di poppa e bolina. A tal proposito si è collegato al nodo Matlab il nodo Support File.

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Figura 3.16 - Impostazione del nodo Matlab

 Nodo If: permette di inserire delle espressioni logiche all’interno del flusso logico. In questo contesto si utilizza per evitare di avere in output un valore di Efficienza falsato. Questo accade nei casi in cui l’analisi condotta da Xfoil non converge.

 Funzioni obiettivo: alle variabili di uscita dal nodo Matlab e , corrispondenti al massimo valore del coefficiente di portanza e al valore del coefficiente di resistenza pesato nelle due condizioni operative di poppa e bolina, vengono associate rispettivamente le funzioni obiettivo Obj_2 e Obj_1. La prima con il vincolo di massimizzare, la seconda di minimizzare.

In uscita dal nodo Matlab si collegano inoltre altre variabili senza però associare delle funzioni obiettivo. Questo per avere a fine simulazione un quadro più chiaro dell’analisi fluidodinamica.

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4 Analisi dei risultati

Nel presente capitolo viene effettuata l’analisi dei risultati delle simulazioni condotte a 3 e a 6 nodi. Nonostante l’imposizione di due funzioni obiettivo, che di per sé richiederebbero configurazioni dalle caratteristiche constrastanti, risulta avere una maggiore importanza per la Classe Finn, quello imposto sul coefficiente di portanza. Ci si riferisce a un profilo posto al 50% di apertura al di sotto del punto k.

Come detto nel paragrafo 3.6.1, l’algoritmo di ottimizzazione è stato impostato per effettuare 50 generazioni a partire da una popolazione iniziale di 100 individui. Questo ha portato alla creazione e analisi di 5000 design. Tutte le ottimizzazioni sono state effettuate con un computer con CPU Intel Quad Core i7 con 8 GB di Ram.

Il tempo di calcolo di ciascun design è stato di circa 10-25 minuti.

4.1 Risultati dell’ottimizzazione del profilo a 3 nodi

Nelle figure seguenti si riportano gli Scatter Chart rispettivamente di: - , , , , - e - .

In verde sono evidenziate le soluzioni appartenenti al fronte di Pareto. Quest’ultimo rappresenta l’insieme delle soluzioni ottime. Il fronte, infatti, è costituito da tutti quei punti per i quali non esiste nessun punto che sia migliore, contemporaneamente, per tutti gli obiettivi considerati nel processo di ottimizzazione.

Analizzando i grafici inerenti il vincolo dello spessore, si evince come le configurazioni di ottimo si orientino soprattutto verso il valore massimo imposto, ossia 23 mm. A parità degli altri parametri, aumentare lo spessore permette di avere un raggio di curvatura al bordo d’attacco maggiore. Questo implica, dal punto di vista del coefficiente di portanza, aumentare la pendenza della parte lineare della curva ,

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incrementando così il . Dal lato opposto, per diminuire il coefficiente di resistenza, si richiederebbero spessori minori.

In tale simulazione il punto di massimo spessore si sposta tra il 10 e il 25 % della corda. Si rende necessaria una precisazione sui design paretiani esclusi volutamente dai risultati dell’ottimizzazione e che per questo motivo non vengono nemmeno riportati nelle Figure che seguono. Essi si discostano notevolmente dall’andamento che ha il fronte e quindi sono da ritenersi risultati non validi. La ragione di questo comportamento così distante può risiedere in un’analisi fluidodinamica non corretta. Il programma infatti, in questo caso Xfoil, dati che siano in input le coordinate dei profili, permette di ottenere comunque sia dei risultati in output. Analizzando i dati ottenuti per le configurazioni scartate emerge che esse presentavano un bordo d’attacco molto aguzzo. Questa caratteristica fa sì che le pressioni siano molto basse nell’intorno del bordo d’attacco e si abbia un’immediata separazione dello strato limite. Un’approssimazione non valida dello stato limite può portare a risultati non coerenti con la realtà con la conseguenza di dover escludere tali profili.

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Figura 4.1 - Scatter Chart delle funzioni obiettivo

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Figura 4.3 – Scatter Chart

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Figura 4.5 – Scatter Chart

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4.2 Risultati dell’ottimizzazione del profilo a 6 nodi

A seguire si riportano gli Scatter Chart rispettivamente di: - , Eff- , , , - e - ottenuti questa volta a 6 nodi. Ancora una volta in verde sono evidenziate le soluzioni appartenenti al fronte di Pareto. Analizzando i grafici inerenti il vincolo dello spessore, si evince di nuovo come le configurazioni di ottimo si orientino soprattutto verso il valore massimo imposto, pari a 23 mm. In tale simulazione il punto di massimo spessore si sposta tra il 20 e il 35 % della corda.

In questo caso, a differenza della simulazione condotta a 3 nodi, come si può osservare dalla Figura 4.8, le efficienze relative alle configurazioni che appartengono al fronte di Pareto sono limitate nell’intervallo dei valori fra 54 e 60.

Analizzando la funzione obiettivo del in questa seconda simulazioni si ottengono valori più elevati. Questo perché aumentando il numero di Reynolds la transizione da laminare a turbolento è spostata più a monte e quindi l’energia dello strato limite cresce con gli effetti di aumentare non solo il coefficiente di portanza in condizioni di stallo ma anche la relativa incidenza.

In tale ottimizzazione non vi sono configurazioni appartenenti al fronte che vengono volutamente scartate, come accadeva per alcuni design della simulazione condotta a 3 nodi. Comunque sia, dai due Scatter che seguono, si osserva che la configurazione 1340, appartenente al fronte, è quella che riporta una maggiore efficienza e un minore . L’efficienza è calcolata considerando la sola condizione di bolina a fissato. Questo poiché in andatura di poppa il è nullo. Confrontando il coefficiente di resistenza relativo a tale design con quello degli ottimi paretiani, si evince che risulta essere inferiore. Da qui un’efficienza maggiore. Allo stesso tempo presenta un basso. La ragione di questo risiede nel fatto che il valore dello spessore si dispone verso

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valori inferiori ai 23 mm. Di conseguenza diminuisce il raggio di curvatura al bordo d’attacco.

Figura 4.7 - Scatter Chart delle funzioni obiettivo

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Figura 4.9 - Scatter Chart

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Figura 4.11 - Scatter Chart

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4.3 Confronto fra i risultati ottenuti a 3 e a 6 nodi

Si riportano di seguito parte delle tabelle nella quale sono inseriti i dettagli delle configurazioni appartenenti al fronte di Pareto a 3 e a 6 nodi. Ogni riga delle tabelle rappresenta un design. I design sono ordinati a partire dal valore più grande a quello più piccolo di . Tale parametro si ricorda infatti rappresentare la funzione obiettivo che ha maggiore importanza per la Classe Finn.

X_3 X_4 X_7 Y_2 Y_3 Y_7 tm Eff

0,01 0,08 0,65 0,005 0,03 0,002 0,1 0,023 12,2 1,25 42,81 0,0097 0,01 0,08 0,9 0,005 0,03 0,001 0,1 0,023 12,3 1,24 43,20 0,0096 0,01 0,08 0,77 0,005 0,03 0,001 0,156 0,023 12,3 1,24 47,10 0,0071 0,01 0,08 0,9 0,005 0,03 0,001 0,156 0,023 12,4 1,23 46,78 0,0069 0,01 0,08 0,80 0,005 0,03 0,005 0,156 0,023 12,4 1,22 46,76 0,0068 0,01 0,08 0,81 0,005 0,03 0,004 0,156 0,023 12,4 1,22 46,78 0,0068 0,01 0,08 0,9 0,005 0,03 0,002 0,156 0,023 12,4 1,22 46,71 0,0068 0,01 0,08 0,77 0,005 0,03 0,007 0,156 0,023 12,4 1,22 46,75 0,0068 0,01 0,08 0,87 0,005 0,03 0,004 0,156 0,023 12,4 1,22 46,70 0,0067 0,01 0,08 0,9 0,005 0,03 0,003 0,156 0,023 12,4 1,22 46,71 0,0067 0,01 0,08 0,87 0,005 0,03 0,005 0,156 0,023 12,4 1,21 46,66 0,0067 0,01 0,08 0,9 0,005 0,03 0,004 0,156 0,023 12,4 1,21 46,68 0,0067 0,01 0,08 0,87 0,005 0,03 0,006 0,156 0,023 12,4 1,21 46,68 0,0066

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X_3 X_4 X_7 Y_2 Y_3 Y_7 tm Eff

0,04 0,08 0,36 0,020 0,03 0,005 0,211 0,023 14 1,41 54,67 0,0070 0,04 0,08 0,62 0,020 0,03 0,005 0,211 0,023 14,1 1,40 54,67 0,0067 0,01 0,08 0,84 0,005 0,03 0,003 0,211 0,023 14 1,38 56,78 0,0061 0,01 0,08 0,84 0,005 0,03 0,007 0,211 0,023 14 1,36 56,81 0,0060 0,01 0,08 0,84 0,005 0,03 0,003 0,266 0,023 13,9 1,36 56,07 0,0058 0,01 0,08 0,9 0,005 0,03 0,002 0,266 0,023 13,9 1,35 56,06 0,0058 0,01 0,08 0,9 0,005 0,03 0,003 0,266 0,023 13,9 1,34 56,16 0,0057 0,01 0,08 0,84 0,005 0,03 0,007 0,266 0,023 13,9 1,34 56,25 0,0057 0,01 0,08 0,9 0,005 0,03 0,001 0,266 0,023 13,7 1,33 56,17 0,0057 0,01 0,08 0,9 0,005 0,03 0,006 0,266 0,023 13,9 1,32 56,87 0,0056 0,01 0,08 0,9 0,005 0,03 0,007 0,266 0,023 13,9 1,32 57,11 0,0056 0,01 0,08 0,9 0,005 0,03 0,005 0,266 0,023 13,7 1,31 56,78 0,0056 0,01 0,08 0,9 0,005 0,03 0,003 0,322 0,023 13,7 1,31 55,97 0,0056

Tabella 4.2 – Parametri risultanti delle configurazioni appartenenti al fronte di Pareto a 6 nodi

Escludendo quei casi particolari individuati sia nella simulazione condotta a 3 nodi che in quella a 6 nodi e analizzando entrambe le tabelle, si può percepire come le variabili in input si orientino verso gli stessi valori. Questo va a convalidare sia il processo di ottimizzazione che il significato pratico delle simulazioni. Infatti, partendo da una popolazione iniziale, l’algoritmo genetico analizza i risultati ottenuti e, una volta completata una popolazione, ne genera una successiva concentrando la ricerca in un intorno di ciascun parametro dove statisticamente si ha la maggior probabilità di rispondere alle funzioni obiettivo. L’iter si ripete fino al termine della procedura. Inoltre il fatto che per entrambe le simulazioni si ottengano gli stessi valori dei parametri per i design di ottimo, giustifica la considerazione che a livello pratico la forma dello stesso profilo di optimum del timone non si può discostare troppo se cambiano le velocità.

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Altra precisazione da farsi riguarda il vincolo imposto sullo spessore massimo, unico vincolo riferito al regolamento. Entrambe le simulazioni, pur impostando un range elevato di variazione, si indirizzano sul valore massimo. Inoltre, la posizione del punto di massimo spessore ricade in entrambi i casi entro la prima metà dell’intervallo imposto.

Per tutte queste ragioni si decide di proseguire l’analisi prendendo in esame solo le configurazioni appartenenti al fronte di Pareto emerse dalla simulazione eseguita a 6 nodi.

4.3.1 Configurazioni selezionate

Fra gli elementi più interessanti, per gli obiettivi preposti definiti dall’ottimizzazione, sono state selezionate 4 configurazioni, la cui posizione è visibile all’interno dello Scatter Chart in Figura 4.13.

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I dati relativi alle configurazioni selezionate sono visibili nella tabella a seguire.

ID tm Transizione a 0° dorso ventre 1871 0.21 0.023 14 1.41 0.0070 0.0073 0.37 0.37 1771 0.21 0.023 14.1 1.40 0.0067 0.0073 0.46 0.46 26614 0.26 0.023 13.9 1.35 0.0058 0.0072 0.72 0.72 26664 0.32 0.023 13.7 1.28 0.0055 0.0073 0.84 0.84

Tabella 4.3 - Risultati dei design selezionati

Nonostante i due obiettivi imposti nella procedura di ottimizzazione, come già detto in specifico alla Classe Finn, risulta avere un maggior interesse l’obiettivo inerente alla massimizzazione del Cl di stallo. Per questo motivo sono state selezionate le configurazioni 1871 e 1771. Queste ultime rappresentano le configurazioni con il massimo valore registrato del Cl_max. Viene poi valutata la configurazione 26614 in quanto presenta un coefficiente di resistenza pesato nelle due condizioni di poppa e bolina notevolmente inferiore rispetto ai due design 1871 e 1771 e un Cl_max leggermente diminuito. Infine si esamina la configurazione 26664 caratterizzata da un coefficiente di resistenza pesato ancora più basso rispetto ai design prima citati, anche se nel contempo si ha un’ulteriore diminuzione del coefficiente di portanza massimo. Si illustrano a seguire i singoli profili selezionati e il particolare dei bordi d’attacco.

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Figura 4.14 - Profilo ID 1871

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Figura 4.16 - Profilo ID 26614

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Figura 4.18 - Particolare del bordo d'attacco

I bordi d’attacco relativi alle configurazioni 1771 e 1871 sono pressoché coincidenti. I punti di controllo connessi alla parte del bordo d’attacco, infatti, si orientano verso gli stessi valori. È per questo che il design 1871 sembra non essere riportato.

Si rappresentano infine le curve e polare dei suddetti profili utilizzando i risultati ottenuti da Xfoil mediante il metodo di accoppiamento strato limite-flusso potenziale.

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Figura 4.19 - Confronto delle Curve

Figura 4.20 - Confronto delle polari

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4.3.2 Interpretazione dei risultati

Dall’analisi della Tabella 4.3 emerge che il principale parametro da cui dipende il valore del Cl_max del profilo corrisponde alla posizione del punto di massimo spessore percentuale, da cui dipende principalmente il raggio di curvatura al bordo d’attacco del profilo. Dall’analisi dei profili e in particolare dalla Figura 4.18 si nota infatti come all’avanzare sempre più verso monte del punto di massimo spessore, il raggio del profilo al bordo d’attacco aumenti. In questo incidono anche, seppur in maniera meno evidente, le posizioni assunte dal punto di controllo Y_2 e, di conseguenza, anche da quella di X_3. Valori più alti di Y_2 comportano infatti valori più elevati di X_3. Da queste due ultime dipendenze, ma in particolar modo, dalla posizione del punto di massimo spessore, conseguono incidenze di stallo e valori di per i profili 1771 e 1871 superiori rispetto agli altri due profili. Andamento confermato anche dalla curva (Figura 4.19). Un ulteriore effetto dell’avanzamento del punto di massimo spessore è quello di anticipare la transizione laminare-turbolento. Il picco di aspirazione si sposta verso monte e i gradienti avversi di pressione aumentano. Questo comporta quindi l’anticipazione della transizione sia sul dorso sia sul ventre a incidenza nulla delle configurazioni 1771 e 1871 rispetto alle altre due prese in considerazione. In regime turbolento infatti l’energia dello strato limite aumenta ottenendo così un incremento non solo del Cl_max ma anche dell’ .

La situazione sopra descritta si riscontra anche nella Figura rappresentante la polare e in specifico in quella inerente il particolare della polare stessa. Si osserva che per queste due configurazioni il è superiore rispetto a quello registrato per i profili 26614 e 26664. Nel valore di rilevato da Xfoil per tutti e quattro i profili predomina, come è giusto aspettarsi, il contributo del coefficiente di resistenza d’attrito. Alle alte incidenze invece predomina il contributo del coefficiente di resistenza di pressione.

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Tutte e quattro le configurazioni selezionate già a piccole incidenze positive, ossia quando il punto di ristagno si sposta sempre di più verso il ventre, presentano un dorso interamente turbolento a causa dei gradienti avversi. Il ventre rimane invece completamente laminare.

Le configurazioni 26614 e 26664, come già anticipato, sono state prese in considerazione poiché, pur diminuendo leggermente il valore di Cl_max, presentavano un coefficiente di resistenza pesato nelle condizioni di poppa e bolina inferiore.

Tutti e quattro i profili in condizione di bolina registrano un angolo di scarroccio intorno ai 3.5°. Si ricorda che la condizione di bolina è stata ottenuta fissando il coefficiente di portanza pari a 0.4. In tale andatura sul dorso dei profili si verifica la transizione da flusso laminare a turbolento molto precocemente, mentre il ventre è completamente laminare. La transizione per i design 26614 e 26664 è leggermente spostata verso valle rispetto agli altri due profili.

Dal punto di vista della resistenza in andatura di bolina, come si evince dalla Tabella 4.3, le configurazioni selezionate presentano un coefficiente di resistenza praticamente identico, caratterizzato ancora una volta dal contributo del coefficiente di resistenza d’attrito. Quest’ultima osservazione permette di capire come nella funzione obiettivo collegata al coefficiente di resistenza pesato nelle due andature, rivestano un ruolo fondamentale i risultati ottenuti nell’andatura di poppa.

Per tutte queste osservazioni fatte si escludono le configurazioni estreme, ossia la 1871 e la 26664 (la prima caratterizzata dal massimo valore di di stallo e la seconda dal minimo valore di ). Come configurazione di ottimo si sceglie il profilo 266614. Quest’ultimo, rispetto al 1771, presenta un coefficiente di resistenza pesato ulteriormente inferiore, pur mantenendo un valore di elevato.

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5 Profilo al tip

Nel presente capitolo viene illustrata la procedura di ottimizzazione del profilo al tip del timone, descrivendo i parametri coinvolti in tale simulazione ed effettuandone poi l’analisi dei risultati.

Si decide di condurre questa ulteriore ottimizzazione in funzione dell’analisi tridimensionale che segue successivamente. Una volta scelto il profilo al tip di ottimo, si è infatti interessati a capire come i profili di ottimo scelti alle diverse sezioni del timone si raccordino a formarne il modello CAD.

5.1 Procedura di ottimizzazione

Il profilo al tip preso in considerazione è un profilo con corda pari a 141 mm. Tale misura è stata estrapolata, come si è operato precedentemente dalla sagoma della forma in pianta del timone realizzata in ambiente Generative Shape Design del software CATIA V5. Il profilo al tip scelto si trova al 96% di apertura al di sotto del punto k.

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La realizzazione della procedura di ottimizzazione seguita per tale profilo è la stessa che si è utilizzata per la corda al 50% di apertura della parte sommersa. Si descrivono quindi in maniera sintetica i passaggi fondamentali senza però entrare nel merito del dettaglio. Per un approfondimento si rimanda infatti al Capitolo 3.

Si definisce prima di tutto il profilo in forma parametrica per mezzo delle curve di Bézier. Sul profilo così determinato, mediante lo stesso Script utilizzato per l’altra ottimizzazione, si eseguono i 4 check e l’analisi fluidodinamica, rispettivamente attraverso i software Matlab e Xfoil (il numero di Reynolds è circa 414000).

Tutto questo viene implementato in ambiente modeFrontier per eseguire l’ottimizzazione tramite l’algoritmo MOGA II (Multi Object Genetic Algorithm). Nel nodo Doe si genera la popolazione iniziale mediante una sequenza sobol; nel nodo Matlab si distribuiscono gli input dei punti di controllo dei design creati dal nodo

Scheduler e si genera il profilo su cui viene effettuata l’analisi fluidodinamica tramite

Xfoil. Le variabili di uscita del nodo Matlab, e , corrispondenti al massimo valore del coefficiente di portanza e al valore del coefficiente di resistenza pesato nelle due condizioni operative di poppa e bolina, rappresentano, anche in questo caso, le funzioni obiettivo rispettivamente Obj_2 e Obj_1.

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Come anticipato prima, lo schema logico seguito è lo stesso che si è utilizzato per l’ottimizzazione del profilo di mezzeria. Occorre però precisare che in questo caso il vincolo sul limite massimo dello spessore è fissato. Perciò all’interno della procedura il parametro tm è impostato come dato input costante. Avendo infatti osservato che i profili di ottimo posti al 50% di apertura della parte sommersa si orientavano verso il massimo spessore consentito dai regolamenti, si decide di condurre l’ottimizzazione del profilo al tip stabilendo il valore dello spessore pari a 23 mm. Infine si specifica che l’ampiezza dei range di variazione dei parametri di input è la stessa dell’altra ottimizzazione pur cambiandone i valori estremi dell’intervallo. Per condurre un’analisi rapportata alla precedente si sono infatti scalati tutti i valori delle variabili di input. Tali valori sono riportati nella Tabella sottostante.

Parametro Lower Bound Upper Bound Base

Y_2 0.013 0.063 10 X_3 0.01 0.1 10 Y_3 0.025 0.03 5 X_4 0.08 0.3 10 pos_max_tc 0.1 0.6 10 X_7 0.3 0.9 15 Y_7 0.003 0.02 7

Tabella 5.1 - Range di variazione delle variabili di ottimizzazione

5.2 Analisi dei risultati

A seguire si riportano lo Scatter Chart delle funzioni obiettivo e un ingrandimento di tale grafico dove si indica la configurazione di ottimo scelta. Oltre a questi due grafici si illustrano anche quelli riguardanti l’Efficienza e la posizione del punto di massimo

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spessore. Ancora una volta si evidenziano le configurazioni che appartengono al fronte di Pareto.

Figura 5.3 - Scatter Chart delle funzioni obiettivo

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Figura 5.5 – Scatter Chart

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Figura 5.7 - Scatter Chart

Analizzando i risultati ottenuti da questa ulteriore ottimizzazione e, in particolare prendendo in considerazione le soluzioni dei design paretiani, emerge ancora una volta che, i parametri che influenzano maggiormente l’analisi fluidodinamica e quindi le funzioni obiettivo, sono Y_2, X_3, e la posizione del punto di massimo spessore. In specifico se si confrontano i valori ottenuti dai parametri Y_2 e X_3 nelle due ottimizzazioni (quella riguardante la corda al 50% di apertura e questa al tip) emerge che i dati acquisiti nell’ultima simulazione risultano essere più elevati. La loro definizione incide sulla definizione della forma più o meno arrotondata del bordo d’attacco del profilo. In specifico, essendo questi valori superiori, si avrà un raggio di curvatura al bordo d’attacco più grande che permetterà quindi di aumentare l’incidenza di stallo e il relativo valore del coefficiente di portanza.

La posizione del punto di massimo spessore invece si mantiene anche in questo caso nella prima metà dell’intervallo di variazione imposto nel nodo input.

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