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Le alterazioni intestinali in corso di sepsi

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA

SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN ANESTESIA,

RIANIMAZIONE E TERAPIA INTENSIVA

Direttore Chiar.mo Prof. Francesco Giunta

TESI DI SPECIALIZZAZIONE

Le alterazioni intestinali in corso di sepsi

Relatore: Dr. Francesco Forfori

Candidata: Dr.ssa Vincenza Fumante

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Indice

Introduzione……….pag. 3

Capitolo I - Obiettivi della tesi………pag. 8

Capitolo II - Funzioni della barriera intestinale………..pag.10

Capitolo III - Valutazione della barriera intestinale………..pag.19

Capitolo IV - Discussione……….pag.27

Conclusioni………pag. 38

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Introduzione

La sepsi viene definita come una risposta infiammatoria sistemica ad una infezione documentata, i segni clinici sono quelli di una SIRS (sindrome da risposta infiammatoria sistemica) dalla quale si differenzia appunto per la possibilità di individuare una causa infettiva scatenante. Un paziente settico viene definito tale quando ha un’infezione conclamata o probabile e almeno due dei criteri di SIRS cioè: iper o ipotermia (T> 38° C oppure <36°C), una frequenza cardiaca maggiore di 90 bpm, tachipnea (FR> 20/min), una leucocitosi o leucopenia (GB> 12000 o <4000) oppure la presenza di forme immature maggiori del

30%.

Si parla invece di sepsi grave quando al quadro di sepsi prima descritto si associa una disfunzione

d’organo, ipoperfusione o

ipotensione (fig.1).

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L’ipotensione e le alterazioni della perfusione possono determinare acidosi lattica, oliguria e alterazioni acute dello stato mentale. La sepsi grave è una sindrome complessa e imprevedibile, dall’eziologia e patogenesi ancora non completamente definite, che si caratterizza per una elevata mortalità (28-50%) e può colpire diverse tipologie di pazienti.

Quando l’ipoperfusione grave e l’ipotensione non possono essere corretti da un’adeguata infusione di liquidi e bisogna pertanto ricorrere alla somministrazione di farmaci vasoattivi ci troviamo difronte ad un quadro di shock settico.

In Europa si verificano circa 400casi/100000 abitanti con un’incidenza che supera quella dell’infarto del miocardio e delle patologie neoplastiche. La sepsi causa la morte di 1400 persone ogni giorno in tutto il mondo, infatti quando si presenta come sepsi severa ha un tasso di mortalità che va dal 30% al 50% mentre il tasso si alza al 60% nei casi di shock settico. Nel mondo sviluppato la sepsi è in notevole aumento con un tasso annuo tra l’8-13% negli ultimi 10 anni, i motivi sono diversi ed includono l’aumento dell’età della popolazione, la

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sempre maggiore aggressività della medicina attuale, lo sviluppo di specie microbiche resistenti ai farmaci e l’incremento della virulenza microbica.

E’ stato dimostrato che la mortalità per sepsi può essere ridotta del 16% se viene applicato un protocollo noto come “early goal-directed therapy” i cui punti essenziali sono la diagnosi precoce ed il trattamento adeguato (1,2).

Per la diagnosi precoce non esiste un gold standard ma quello che è utile valutare è la probabilità di malattia in uno specifico quadro clinico, ovvero affiancare alla presenza dei criteri diagnostici la presenza di fattori di rischio predisponenti come l’età (gli anziani e i neonati sono a maggior rischio) gli stati di immunodepressione, diabete e malattie croniche, l’utilizzo di devices invasivi, lo stato post chirurgico e l’ospedalizzazione prolungata. Il trattamento medico di emergenza è l’unica speranza di sopravvivenza e per trattare efficacemente un paziente con sepsi bisogna mettere in atto una serie di attività cliniche (bundles) per il raggiungimento di obiettivi specifici. Il limite temporale utile per il raggiungimento di tali obiettivi è di 6 ore. L’esperienza degli

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ultimi 10 anni ha dimostrato che l’applicazione adeguata nel tempo e nei modi dei bundles di trattamento riduce significativamente la probabilità di morte per sepsi. Gli obiettivi fondamentali che devono essere raggiunti nelle prime ore di trattamento sono il riconoscimento delle sede di infezione, l’inizio di una terapia antibiotica adeguata e la rianimazione fluidica nei pazienti con ipotensione grave. Terapie innovative per modulare la risposta immunitaria del corpo sono in via di sviluppo, queste terapie immunomodulanti mirano a migliorare o controllare la risposta immunitaria del corpo, se necessario. Oltre ai trattamenti antimicrobici, queste terapie possono contribuire ad aumentare le probabilità di sopravvivenza di un paziente (2).

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BUNLES PER LA RIANIMAZIONE DEL PAZIENTE SETTICO

ENTRO LE 3 ORE 1. Misurare i livelli di lattati

2. Inviare le emocolture prima di somministrate la tp antibiotica 3. Somministare antibiotici ad ampio spettro

4. Somministrare 30ml/kg di cristalloidi in caso di ipotensione o lattati ≥4mmol/l

ENTRO LE 6 ORE

5. Introdurre vasopressori (per mancata risposta al carico iniziale con target MAP≥ 65mmHg)

6. In caso di shock settico:

 Misurare la PVC (target ≥8mmHg)  Misurare la ScvO2 (targhet ≥70%) 7. Rimisurare i livelli di lattati se erano alterati

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Capitolo I

Obiettivi della tesi

Nel paziente settico il quadro di infiammazione sistemica, oltre ad interessare gli apparati identificati nel quadro di sepsi grave, determina importanti alterazioni anche a livello del sistema gastro intestinale. In questa trattazione si intende dare particolare rilievo a tutte quelle alterazioni che si verificano a livello della barriera intestinale poiché è stato dimostrato che queste possono giocare un ruolo importante nella diagnosi, nel trattamento e nella prognosi di una paziente critico che può o ha già sviluppato un quadro di sepsi conclamata.

Diversi studi hanno infatti dimostrato che le alterazioni della barriera intestinale, tipiche delle malattie infiammatorie croniche intestinali e delle malattie metaboliche, sono presenti ad esempio in caso di sespi da gram negativi tipica dei pazienti critici, nei quali si osserva una caratteristica alterazione della barriera intestinale con un aumento della permeabilità intestinale. Per queste ragioni la sepsi da gram negativi e la conseguente MOF sono una comune causa di morte nei

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pazienti in terapia intensiva. Queste complicanze sono state osservate in pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia addominale maggiore, ma anche nei pazienti politraumatizzati e nei grandi ustionati. La presenza di un’alterazione della barriera intestinale può essere valutata con diversi test che ne permettono una diagnosi precoce al fine di individuare nei pazienti critici quali hanno la probabilità di sviluppare un quadro settico, oppure al fine di monitorizzare l’andamento di una sepsi già in corso.

Un altro aspetto complementare che si intende trattare è il malassorbimento che si verifica in questi stessi pazienti quando le funzioni della mucosa intestinale vengono meno. Il malassorbimento è il più importante segno clinico della disfunzione o dell’insufficienza intestinale ed ha un impatto importantissimo nella gestione e nella prognosi dei pazienti critici. Oltre ai segni clinici di malassorbimento, negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi test che permettono una diagnosi precoce di questa condizione, al fine di migliorare la gestione dei pazienti settici a cui spesso di associa una sindrome da malassorbimento.

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Capitolo II

Funzioni della barriera intestinale

La barriera intestinale ricopre una superficie di circa 400 m² e necessita di circa il 40% di tutto l’apporto energetico dell’organismo. Ha lo scopo di prevenire la perdita di acqua ed elettroliti e di impedire l’ingresso di antigeni e microorganismi pur consentendo lo scambio di molecole e l’assorbimento di nutrienti (3,4,5). I villi della mucosa intestinale compiono due funzioni apparentemente opposte: da una parte consentono una pacifica convivenza della flora microbica intestinale, dall’altra forniscono una risposta difensiva per fronteggiare i germi patogeni (6,7). Questo complesso meccanismo è reso possibile della presenza di una barriera fisica esterna insieme ad una barriera funzionale interna ad attività immunologica. L’interazione tra queste due barriere consente di mantenere una permeabilità intestinale equilibrata (8).

Ma qual è la differenza tra permeabilità e barriera intestinale? Spesso questi due termini vengono usati indistintamente tuttavia non hanno lo stesso significato; infatti la permeabilità intestinale è una caratteristica

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della barriera strettamente correlata alla flora intestinale così come è correlata al sistema immunitario della mucosa intestinale. Molti fattori possono alterare la permeabilità intestinale come variazioni della flora microbica(10,11), alterazioni della mucosa e danni epiteliali con il risultato di una traslocazione del contenuto luminale attraverso gli strati interni della parete intestinale. La permeabilità intestinale è definita come una caratteristica funzionale della barriera intestinale ad un determinato livello ed è valutabile analizzando il flusso attraverso la parete intestinale di specifiche molecole come intere o come loro componenti. Tali molecole sono in gran parte inerti durante il processo e possono essere pertanto adeguatamente misurate e catalogate. Per barriera intestinale si intende invece un’entità funzionale che separa il lume intestinale dall’interno dell’organismo ed è costituita da elementi meccanici (mucosa, cellule epiteliali) elementi umorali (IgA), elementi immunologici (linfociti, cellule del sistema immunitario innato) ed in fine elementi muscolari e neurologici.

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La permeabilità intestinale normale è una condizione stabile che si ritrova nel paziente in buono stato di salute in assenza di segni di intossicazione, infezione o con una funzione intestinale compromessa. L’alterazione della permeabilità intestinale è definita invece come un disfunzione della permeabilità temporanea o permanente in confronto alla funzione normale che conduce ad una perdita dell’omeostasi intestinale, a deficit funzionale e malattia.

Recentemente sono state identificate importanti molecole e meccanismi che sono alla base della barriera intestinale (12). Una fila singola di cellule forma la principale barriera fisica tra il lume e la mucosa tissutale. Gli spazi intercellulari sono sigillati dalle tight junction (TJ) o giunzioni serrate, che hanno lo scopo di regolare il passaggio del flusso di acqua, degli ioni e delle piccole molecole grazie alla claudina e le altre proteine del complesso giunzionale. Sotto le giunzioni serrate ci sono le adherence junction (AI), che sono importanti per i segnali tra cellula e cellula e per la riparazione cellulare, così come i desmosomi supportano la stabilità epiteliale (13,14,15). Il complesso delle TJ è costituito da proteine transmembrana , l’occludina e da diversi membri

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della famiglia delle claudine a seconda del tessuto e della zona che intercorre all’interno dello spazio paracellulare. L’occludina , le claudine e la tricellulina collegano le cellule adiacenti all’actina del citoscheletro attraverso delle proteine ponte citoplasmatiche come quelle della zonula occludens. La tricullina e l’occludina così come una nuova proteina chiamata MarvelD3, possono essere rimpiazzarsi a vicenda se necessario, ma se tutte e tre sono carenti può esserci una grossa dispersione (16,17). La claudina fa parte della famiglia delle proteine delle giunzioni serrate costituita da molecole dalla funzione sigillante e da pori che facilitano il passaggio di acqua e ioni. Le proteine della zonula occludens sono importanti proteine intracellulari e collegano le cellule del citoscheletro alle proteine TJ transmembrana.

Mentre l’occludina e le JA hanno un ruolo regolatorio, la claudina è la proteina transmembrana principalmente responsabile della barriera intestinale funzionale. Il regolatore principale di questa barriera e la flora intestinale. L’importanza dell’integrità epiteliale delle TJ è stata dimostrata nelle malattie infiammatorie intestinali (IBD). Per esempio studi sul morbo di Crohn hanno dimostrato una compromissione della

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complessità delle TJ in campioni bioptici, accompagnata da una riduzione dell’espressione delle claudine 3,5 e 8, così come una ridistribuzione delle claudine 5 e 8 . Analoghi cambiamenti si sono osservati nella colite ulcerosa (21, 22).

L’epitelio intestinale viene rinnovato approssimativamente ogni 5 giorni grazie alla proliferazione e alla differenziazione di cellule staminali totipotenti situate nelle cripte di Lieberkuhn. All’apice del villo e sulla superficie epiteliale nel colon le cellule completamente differenziate vanno in apoptosi e vengono estroflesse nel lume intestinale. Le cellule intestinali staminali possono essere distinte in quattro linee chiamate rispettivamente enterociti, cellule enteroendocrine, cellule di Goblet che producono muco e le cellule di Paneth che si ritrovano solo nell’intestino umano. Le cellule di Goblet secernono mucina che nel piccolo e grande intestino gioca un ruolo chiave nel mantenere i microbi intestinali a distanza della superficie dell’epitelio. La colonizzazione da parte dei batteri commensali intestinali viene limitata da uno strato esterno di muco più fluido. Nelle IBD modelli sperimentali e in vivo hanno mostrato che lo strato di muco diventa più

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permeabile ai batteri e questo può essere un punto cruciale nell’insorgenza delle patologie intestinali.

L’epitelio intestinale è uno degli epiteli più dinamici dell’organismo, il processo di apoptosi ed estrusione può però potenzialmente compromettere l’integrità della barriera intestinale. Recenti studi hanno dimostrato che in condizioni fisiologiche l’estrusione epiteliale viene innescata dallo stiramento delle cellule epiteliali, questo segnale determina una ridistribuzione delle proteine di membrana come le TJ in modo da andare a rimpiazzare momentaneamente la perdita cellulare e mantenere quindi l’integrità della barriera (22,24). In condizioni patologiche (fig.2) questo delicato meccanismo viene alterato a causa di una perdita maggiore di cellule che non riesce ad essere

rimpiazzato dalla

ridistribuzione delle proteine di membrana (25,26,27). Le citochine infiammatorie come il TNFa

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aumentano il ricambio cellulare, in queste circostanze la ridistribuzione delle TJ non sempre riesce a coprire il gap lasciato dalla perdita cellulare, così la permeabilità intestinale viene compromessa. Il flusso che si genera da queste falle della barriera intestinale dipende dalla pressione locale, dal gradiente elettrochimico e dalla pressione osmotica.

La componente mucosa della barriera intestinale viene potenziata da peptidi ad azione antimicrobica e proteine che includono il lisozima. Le cellule di Paneth producono una serie di fattori antimicrobici che proteggono le cellule delle cripte dalle infezioni come le alfa defensine e il lisozima. Le cellule epiteliali secernono beta-defensine alcune delle quali vanno incontro ad up-regolation in risposta alla presenza di agenti microbici. Nella malattia di Chron si assiste ad una diminuzione delle cellule di Paneth(28,29).

Altre strutture come i vasi sanguigni, le cellule muscolari e il sistema nervoso enterico contribuiscono alla barriera intestinale attraverso la regolazione della mucosa e alla loro capacità di iniziare specifici programmi di difesa in caso di danno.

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A livello intestinali vengono prodotte una grande quantità di immunoglobuline secretorie, queste svolgono un ruolo centrale nelle protezione dagli agenti patogeni. L’attivazione e la proliferazione di cellule T attivate porta alla produzione di IGA antigene specifiche correlate al sistema linfoide intestinale (GALT). In aggiunta a questa risposta immunitaria specifica cellulo-mediata esiste una risposta più rapida che porta alla produzione di IGA secretorie che costituisce la cosiddetta immunità naturale(30,31,32).

Molti altri fattori intervengono nell’omeostasi della barriera intestinale, tra questi ricordiamo la serotonina prodotta delle cellule enterocromaffini che è un mediatore proinfiammatorio e regola la permeabilità intestinale; un ruolo chiave poi viene svolto dalla flora commensale intestinale che è coinvolta in vari processi come l’ assorbimento di nutrienti, la produzione di vitamine e di ormoni e la prevenzione della colonizzazione da parte di agenti patogeni (33,34). Importanti patologie sono associate alle alterazioni della flora intestinale, alcune di queste sono associate ad una modifica della funzione della barriera intestinale. Alcuni batteri della flora sono

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implicati direttamente nella produzione del muco, stimolando le cellule intestinali, favorendone lo smaltimento ed evitandone l’accumulo (35,36,37).

La vitamina A e i suoi derivati sono implicata nella proliferazione delle cellule intestinali, una loro carenza si associa ad un aumento della suscettibilità alle infezioni. I batteri patogeni possono direttamente alterare la permeabilità intestinale modificando le TJ , oppure alterando la produzione e la degradazione del muco, così come succede con l’uso di farmaci antibiotici (38,39,40).

Il ruolo dei probiotici nel ripristino della barriera intestinale è ancora controverso e molti studi si sono rivelati alla fine inconcludenti. Alcune specie di lattobacillo si sono dimostrate utili nel promuovere la stabilità del complesso delle TJ riducendone inoltre la distruzione da parte di citochine, tossine e patogeni (41,42).

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Capitolo III

Valutazione della permeabilità intestinale

La permeabilità e l’integrità intestinale possono essere misurate in molti modi; si possono utilizzare tecniche in vivo o in vitro, si può far riferimento al modello animale o umano, possono essere utilizzate diversi tipi di molecole per la misurazione ( ioni, carboidrati di diverso peso molecolare, macromolecole e antigeni, batteri o loro prodotti) ed in fine può variare il sito si campionamento ( sangue periferico, urine, feci). Funzionalmente invece i test utili per la valutazione della permeabilità intestinali possono essere divisi in due grandi gruppi, il primo include test in in vivo ed ex vivo che studiano direttamente la funzionalità intestinale andando a valutare il passaggio di determinate sostanze attraverso di essa ( es test al lattulosio/mannitolo, PEG) o la presenza di sostanze correlate ai batteri commensali intestinali; il secondo gruppo comprende invece test in cui si misurano delle sostanze che sono state individuate come marker di danno della barriera intestinale, si tratta quindi di biomarker o di marker istologici (citrullina, FABP,calprotectina fecale). Ognuno di questi test ha un ruolo

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nella valutazione delle patologie correlate all’alterazione della permeabilità intestinale, andando a valutare diversi aspetti del problema ed in momenti patologici diversi, ma tutte possono presentare dei limiti di attuabilità, quindi è importante conoscerne le principali differenze ed indicazioni per poterne trarre informazioni utili.

Test lattulosio/mannitolo

Il saggio di permeabilità intestinale generalmente utilizza oligosaccaridi di grossa taglia, come il lattulosio, affiancati a zuccheri di peso molecolare ridotto come il mannitolo (45). Queste sostanze vengono somministrate per os e verranno poi campionate nelle urine. Le molecole di elevato Pm attraversano la barriera intestinale passando negli spazi intercellulari solo se la sua funzione è alterata, cioè per alterazioni delle TJ, e si riversano nel torrente circolatorio per essere escrete in fine a livello renale. Le molecole più piccole invece fisiologicamente attraversano liberamente la barriera attraverso dei piccoli pori presenti su tutte le cellule. In caso di alterazione della permeabilità questi pori si atrofizzano e il loro passaggio risulta ridotto. Così a distanza di 5 ore nel campione di urine raccolto a partire dalla

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somministrazione orale di 5 g di mannitolo e 10g di lattulosio ritroveremo maggiori concentrazioni di lattulosio (fisiologicamente se ne riassorbe solo lo 0.5%)e una riduzione della concentrazione di mannitolo ( meno del 10%). Il lattulosio quando somministrato può determinare aumento della motilità intestinale. Questo test può essere utilizzato solo per la valutazione della permeabilità a livello del tenue poiché il lattulosio viene degradato dai batteri dell’intestino crasso (46,47). Per fare uno studio di tutto l’intestino si possono utilizzare sostanze che non vengono degradate come il sucralosio che viene aggiunto al test precedente (DST), avremo così un triplo test (48,49). Un aumento della permeabilità agli zuccheri è stato dimostrato non solo nelle malattie croniche intestinali ma anche nei pazienti critici e nei pazienti sottoposti a chirurgia generale maggiore (50). Alcuni lavori hanno tuttavia messo in evidenza che lo studio della permeabilità intestinale con questa metodica nei pazienti critici può nascondere delle insidie; in primo luogo le alterazioni della motilità intestinale e la clearance alterata dei differenti zuccheri sono fattori complicati da

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valutare in questi pazienti. In secondo luogo l’uso del mannitolo non è adatto nei pazienti che vengono trasfusi (51).

Dosaggio dell’LPS

Nei pazienti critici invece è stato usato con successo il dosaggio dell’LPS

per evidenziare l’endotossinemia

soprattutto nei pazienti settici, anche se elevati livelli di LPS sono stati riscontrati anche nei pazienti obesi e con sindrome metabolica. Il riscontro plasmatico di LPS indica una traslocazione batterica dal lume intestinale (52,53,54) al torrente circolatorio come conseguenza di un deficit della funzione della barriera intestinale (fig.4). Il limite di questo

test sta nella misurazione e nella standardizzazione del test che è

ancora lontana dall’uso nella pratica clinica. In alternativa allo studio dell’endotossinemia si

possono misurare i livelli circolanti di

EndoCab(anticorpo del core dell’endotossina) test che

Figura 3 Meccanismo d’azione dell’LPS

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può valutare in acuto il danno della barriera intestinale. La maggior parte degli studi dimostra una riduzione dei livelli circolanti di questo anticorpo nel post operatorio in accordo con il grado di esposizione all’endotossina (55,56,57). Cosi il consumo di questa immunoglobulina circolante che segue alla traslocazione dell’endotossina attraverso l’intestino, può essere usato per la valutazione indiretta della funzionalità della barriera intestinale (58,59). Questo approccio ha successo solo nei pazienti con patologia acuta mentre trova scarso impiego nel paziente cronico. Un altro aspetto interessante è che la traslocazione dell’LPS attraverso la barriera intestinale e il raggiungimento del fegato tramite il torrente circolatorio determina una infiammazione epatica con conseguente epatosteatosi (60,61,62).

Dosaggio citullinemia

Lo studio della funzionalità intestinale poi può essere condotto analizzando la presenza di markers indici del danno intestinale. Si può misurare ad esempio la citrullinemia (63,64). La citrullina è un amminoacido non presente nelle proteine, ma che viene prodotto dall’ intestino tenue a partire dalla glutammina e può essere preso come

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indice della funzionalità di massa degli enterociti a questo livello. Un perdita di cellule epiteliali del piccolo intestino determina un aumento della permeabilità e una riduzione dei livelli ematici di citrullina, è stato dimostrato che questo processo può avvenire in corso di trapianti emopoietici, e nei pazienti pediatrici in seguito a chemioterapia (65). La specificità e la sensibilità di questo test è risultato essere maggiore rispetto ai test di permeabilità agli zuccheri.

Dosaggio FABP

Un altro marker di danno intestinale sono le proteine leganti gli acidi grassi (FABP). Le FABP (fig.6) sono piccole proteine idrosolubili presenti

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sulla superficie degli enterociti maturi di tutto l’intestino; la loro funzione è quella di trasportare gli acidi grassi dalla membrana apicale degli enterociti nel reticolo endoplasmatico dove avviene la biosintesi dei lipidi complessi. Le FABP possono essere misurate sia a livello plasmatico che urinario con la tecnica ELISA (66,67).

Il riscontro di livelli basali di FABP rispecchia il fisiologico turover degli enterociti, al contrario elevati livelli indicano un danno dell’epitelio intestinale. Elevati livelli circolanti ed urinari di FABP sono stati descritti nei pazienti con ischemia intestinale, in caso di SIRS, e di enterocolite necrotizzante (68,69). Inoltre le FABP sono state utilizzate come marker di alterazione della barriera intestinale dei pazienti trapiantati di fegato, con importati risvolti prognostici (70). Attualmente il test viene utilizzato per monitorizzare l’andamento delle patologie croniche intestinali e delle malattie metaboliche.

Dosaggio calprotectina fecale

Un marker molto promettente è la calprotectina fecale (71). Risulta infatti molto resistente alla proteolisi se tenuta a temperatura ambiente anche più di una settimana. La calprotectina viene rilasciata

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durante l’attivazione e la morte cellulare ed ha funzioni antiproliferative, antibatteriche ed immunologiche. Attualmente è utilizzata nella pratica clinica per valutare l’andamento delle IBD (72,73).

TABELLA RIARRUNTIVA: TEST DI VAUTAZIONE DELLA FUNZIONALITA’ DELLA BARRIERA INTESTINALE

SAGGI DI

FUNZIONALITA’

SITO STUDIATO CAMPIONAMENTO LIMITI

LATTULOSIO/MANNITOLO TENUE URINE TEMPI DI ESECUZ SUCRALOSIO CRASSO PEG COMPLETO ATTIVITA’ BATTERICA

LPS COMPLETO PLASMA SAGGIO LIMITATO

ENDOCab COMPLETO SIERO SOLO FASE ACUTA

EPATOSTEATOSI COMPLETO RMN - US COSTOSO, ASPEC

BIOMARKER

CITRULLINEMIA TENUE PLASMA

/

FABP SITO SPEC PLASMA/URINE SOLO FASE ACUTA?

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Capitolo IV

Discussione

La sepsi è una patologia complessa e multifattoriale la cui in incidenza negli ultimi anni nei paesi sviluppati è in importante aumento, si stima infatti che il tasso annuo si aumentato tra l’ 8 e il 13% negli ultimi 10 anni, il motivo è da ricollegare essenzialmente all’aumento dell’età media, alla maggiore aggressività terapeutica della medicina moderna in tutte le fasce d’età e allo sviluppo di specie sempre più virulente con elevata antibiotico resistenza.

La sepsi causa la morte di 1400 persone ogni giorno in tutto il mondo, infatti quando si presenta come sepsi severa ha un tasso di mortalità che va dal 30% al 50% mentre il tasso si alza al 60% nei casi di shock settico. E’ stato dimostrato che la mortalità per sepsi può essere ridotta del 16% se viene applicato un protocollo noto come “early goal-directed therapy” i cui punti essenziali sono la diagnosi precoce ed il trattamento adeguato (1,2).

Per la diagnosi precoce non esiste un gold standard ma quello che è utile valutare è la probabilità di malattia in uno specifico quadro clinico,

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ovvero affiancare alla presenza dei criteri diagnostici la presenza di fattori di rischio predisponenti come l’età (gli anziani e i neonati sono a maggior rischio) gli stati di immunodepressione, diabete e malattie croniche, l’utilizzo di devices invasivi, lo stato post chirurgico e l’ospedalizzazione prolungata. Il trattamento medico di emergenza è l’unica speranza di sopravvivenza e per trattare efficacemente un paziente con sepsi bisogna mettere in atto una serie di attività cliniche (bundles) per il raggiungimento di obiettivi specifici. Il limite temporale utile per il raggiungimento di tali obiettivi è di 6 ore. L’esperienza degli ultimi 10 anni ha dimostrato che l’applicazione adeguata nel tempo e nei modi dei bundles di trattamento riduce significativamente la probabilità di morte per sepsi. Gli obiettivi fondamentali che devono essere raggiunti nelle prime ore di trattamento sono il riconoscimento delle sede di infezione, l’inizio di una terapia antibiotica adeguata e la rianimazione fluidica nei pazienti con ipotensione grave.

Considerando la gravità della patologia risulta evidente come negli ultimi anni si sia cercato di migliorare la prognosi dei pazienti critici rendendo più efficace e rapida la diagnosi di sepsi, al fine di offrire nel

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minor tempo possibile il trattamento più adeguato. E’ in questa direzione che si muovono gli studi sulla funzionalità intestinale messi appunto negli ultimi dieci anni. Gli studi condotti su questo argomento hanno dimostrato che non solo le patologie croniche intestinali e le malattie metaboliche, ma anche l’insufficienza intestinale acuta la sepsi da gram negativi, che si osserva tipicamente nei pazienti di area critica, sono associate ad alterazione della barriera intestinale e ad un aumento dei marker di danno a carico delle cellule che la compongono. Per questa ragione, la sepsi da gram negativi e la conseguente MOF, sono una causa comune di morte nei pazienti ricoverati in terapia intensiva. Queste complicanze sono state osservate anche nei pazienti sottoposti a chirurgia addominale maggiore, ma anche nei pazienti politraumatizzati e negli altri pazienti critici.

Ma cosa sta alla base delle modificazioni della funzionalità intestinale in questa categoria di pazienti? L’ imputato maggiore nelle genesi dell’alterazione della permeabilità intestinale si identifica nella ipoperfusione del tratto gastroenterico (78). Pertanto gli stessi eventi di verificano anche nei pazienti affetti da sindrome coronarica acuta, in

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corso di ischemia intestinale acuta ed anche in caso di tossicità degli enterociti, come avviene ad esempio durante la somministrazione di farmaci chemioterapici, tutte circostanze in cui si verifica un’ipoperfusione intestinale (79,80).

Anche le citochine prodotte in corso di sepsi possono andare ad alterare le funzioni della barriera intestinale, ad esempio è stato dimostrato che il TNFalfa può andare ad aumentare il turover degli enterociti. In questa circostanza le cellule vanno in contro ad apoptosi più rapidamente senza avere il tempo di essere rimpiazzate da cellule nuove lasciando così delle falle nella barriera intestinale.

Gli studi che permettono di valutare la funzionalità della barriera intestinale sono molteplici, molti di questi trovano applicazione clinica nella diagnosi e nel follow-up delle malattie croniche intestinale, nelle malattie metaboliche e nella celiachia.

La loro applicazione nel paziente critico allo stato attuale è ancora sperimentale, ma potrebbe trovare diverse applicazioni una volta selezionata la tecnica giusta e il marker adatto alle diverse indicazioni cliniche. Il test degli zuccheri, moto utilizzato nelle malattie croniche

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intestinali, potrebbe essere di difficile somministrazione nel paziente settico sia per la raccolta del campione nel paziente con clearance alterata o sottoposto a dialisi (raccolta delle urine nelle 5 ore dopo la somministrazione orale della miscela di zuccheri) , sia per la scarsa attendibilità del test a causa l’alterata motilità intestinale di questi pazienti e all’eventuale somministrazione di emoderivati che contengono mannitolo. Questo test potrebbe però essere applicato nel paziente critico non settico per valutarne la prognosi. Nel paziente settico invece la disfunzione della barriera intestinale può essere valutata utilizzando come marker le I-FABP (70), proteine citosoliche presenti sulla membrana degli enterociti maturi; queste possono essere misurate sia nelle urine che nel plasma e si sono dimostrate un affidabile marker per al diagnosi precoce di ischemia intestinale. Le alterazioni precoci che precedono l’ischemia intestinale sono la perdita della barriera mucosa, la traslocazione batterica, l’aumento dell’apoptosi delle cellule di Paneth che causa una caduta delle scudo difensivo intestinale. Queste alterazioni precoci fortunatamente sono reversibili, se non persiste lo stimolo nocicettivo, con dei meccanismi di

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compenso da parte delle altre cellule intestinali e delle proteine transmembrana (81,82).

Altre tecniche che sono state utilizzate con successo nel paziente settico sono il dosaggio dell’ LPS, il cui riscontro ematico è indice della traslocazione batterica intestinale correlata ad un’ alterazione della barriera, oppure in alternativa il dosaggio dell’ EndoCab ossia dell’anticorpo legante il core dell’LPS (60); una riduzione dei livelli circolanti di questo anticorpo indica una esposizione all’endotossina e quindi indirettamente una alterazione della barriera intestinale. Un’ affidabile biomarker dell’integrità dell’enterocita è la citrullinemia (anninoacido sintetizzato direttamente dagli enterociti a partire dalla glutammina). Una riduzione della citrullinemia sta ad indicare una perdita della massa totale di cellule intestinali (63). Anche il dosaggio del calprotectina fecale (sostanza rilasciata dalle cellule in caso di attivazione , proliferazione e morte), utilizzato nelle pratica clinica per la diagnosi delle malattie intestinali croniche, può trovare applicazione nel paziente critico grazie alla facilità del campionamento e alla stabilità della sostanza alla proteolisi (71,72,73).

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L’applicazione di queste tecniche nei pazienti settici dovrebbe permettere il miglioramento della prognosi incidendo su diversi aspetti della loro gestione.

In primo luogo la valutazione di un’alterata permeabilità intestinale potrebbe essere importante in quei pazienti critici, ad esempio un paziente sottoposto a chirurgia addominale maggiore, che ancora non hanno sviluppato una sepsi, al fine di valutarne l’andamento e la prognosi. E’ stato dimostrato infatti che in questi pazienti l’alterazione della permeabilità intestinale determina una traslocazione batterica dal lume intestinale al circolo ematico e può pertanto determinare una sepsi.

Lo studio della permeabilità intestinale può essere utile nel paziente settico perchè potrebbe dare informazioni sullo stato della malattia, sull’efficacia delle terapie somministrate, nella diagnosi delle ricadute e sulla prognosi del paziente.

Una volta riscontrata la presenza di un’alterazione della barriera intestinale sarà poi importante attuare delle terapie affinchè il paziente non sviluppi complicanze ad essa correlate. Il trattamento classico per

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la perdita delle barriera intestinale nei pazienti ricoverati in terapia intensiva è l’utilizzo di antibiotici contro i gram negativi affiancato al miglioramento della perfusione intestinale con la somministrazione di liquidi e se necessario di catecolamine. L’utilità della somministrazione di pre o pro biotici nella prevenzione e nel trattamento della sepsi non è del tutto chiara (84,85). Alcuni studi sottolineano gli effetti benefici di alcuni probiotici e simbionti nelle complicanze della sepsi nei pazienti sottoposti a chirurgia addominale maggiore così come in pazienti immunocompromessi sottoposti a trapianto di fegato (86). Risulta chiaro a tutti questi studi che bisogna fare una grande attenzione al tipo di probiotico da selezionare per evitare ulteriori complicanze in questi pazienti critici (87,88). Una recente meta-analisi ha evidenziato che l’uso di probiotici non riduce significativamente la mortalità, ma riduce l’incidenza di polmonite acquisita in terapia intensiva e la durata della degenza (89,90).

Altri fattori sono stati chiamati in causa per il ripristino della barriera intestinale, come l’approccio dietetico (dieta povera di zuccheri e di

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grassi), ma la ricerca si sta muovendo nello studio di sostanze capaci di modulare la permeabilità intestinale.

In fine bisogna fare una riflessione particolare su come le alterazioni della barriera intestinale siano anche la causa delle sindromi da malassorbimento nel paziente critico.

Il malassorbimento nel paziente critico viene definito arbitrariamente come una capacità intestinale di riassorbimento dell’ 85% o meno. Si ritiene che sia la problematica più frequente nei pazienti ricoverati in terapia intensiva, soprattutto nei pazienti settici o con insufficienza multiorgano. Il malassorbimento è il più importante segno clinico di una disfunzione intestinale, riflettendo vari aspetti dell’alterazione della fisiologia intestinale. Alcuni di questi alterati aspetti sono la motilità intestinale e la funzione esocrina digestiva. Altri fattori sono le alterazioni delle funzioni della parete intestinale, come la risposta immunologica della mucosa, la barriera intestinale e il flusso sanguigno viscerale. L’assorbimento dei nutrienti, dell’acqua e dei farmaci è una parte essenziale nel processo di guarigione. La malnutrizione e l’insufficiente biodisponibilità del farmaci somministrati può aumentare

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il periodo di degenza con tutte le conseguenze che questo comporta. L’integrità dalla barriera intestinale ha un ruolo fondamentale nell’impedire la traslocazione batterica e nel prevenire quindi le sepsi che originano dall’intestino. Risulta pertanto ovvio come questa disfunzione dell’intestino tenue può avere conseguenze serie e l’identificazione di quei pazienti a rischio di sviluppare malassorbimento o che sono malnutriti è di primaria importanza. Fino a questo momento il test che più facilmente può essere applicato nei pazienti critici è il dosaggio della citrullinemia, questo test infatti è relativamente facile da somministrare e permette di valutare con accuratezza la funzionalità degli enterociti. In pratica dopo la somministrazione ev di 100 ml di glutamina-alanina si va a dosare a vari intervalli di tempo l’incremento dei valori di citrullinemia. La riduzione dalla produzione di citrullina da parte degli enterociti dimostra una perdita della massa cellulare e questo, nei pazienti ricoverati in terapia intensiva, correla con la gravità dello stato di malnutrizione.

Il dosaggio della citrullina e gli altri test che hanno lo scopo di misurare la funzionalità degli entericiti giocheranno in futuro un importante

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ruolo nella valutazione della funzionalità intestinale. Per il momento il dosaggio della citrullinemia per la valutazione dl malassorbimento nei pazienti critici resta ancora in fase sperimentale e necessita di una validazione attraverso la comparazione con gli altri saggi di funzionalità.

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Conclusioni

Negli ultimi 10 anni sono stati messi a punto molti test che permettono di valutare la funzionalità della barriera intestinale, poiché una sua alterazione può essere correlata allo sviluppo e alle complicanze di importanti patologie. Molti di questi test sono utilizzati con successo nelle pratica clinica per la diagnosi e il follow up delle malattie croniche intestinali. Recentemente è stato dimostrato che alterazioni della barriera intestinali sono presenti anche nei pazienti critici e nei pazienti settici. Gli studi condotti finora infatti hanno correlato le alterazioni della barriera intestinale con la patogenesi della sepsi da gram negativi, così come hanno dimostrato che queste alterazioni precoci sono presenti anche in altri pazienti critici come i pazienti politraumatizzati e i grandi ustionati. Alla base della disfunzione della barriera intestinale starebbero l’ipoperfusione e l’azione delle citochine infiammatorie. Attualmente l’uso di tali test nei pazienti settici risulta limitato ed in fase di sperimentazione, inoltre risulta ancora da dimostrare quali possano essere i reali risvolti clinici e se questi possano effettivamente modificare la prognosi dei pazienti critici.

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I test per lo studio della funzione intestinale inoltre potrebbero trovare importante applicazioni della diagnosi precoce della sindrome da malassorbimento nei pazienti ricoverati in terapia intensiva migliorandone la prognosi.

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