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studio dei materiali compositi e sviluppo di prove sperimentali per la loro certificazione.

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Sommario

Introduzione ... 1

Generalità sui Compositi ... 3

1.1 Caratteristiche dei compositi. ... 3

1.2 Le Fibre ... 5

1.3 La matrice ... 9

1.4 Meccanica dei compositi ... 13

1.4.1 Micromeccanica. ... 13

1.4.2 Macromeccanica ... 24

1.5 Effetti delle Condizioni Ambientali. ... 30

1.5.1 Influenza dell’umidità e delle elevate temperature... 31

1.6 Utilizzo in campo aeronautico ... 33

Prove e Normative ... 40

2.1 Peculiarità dei test sui compositi ... 41

2.2 Prova di trazione ... 42

2.2.1 Normative per la prova di trazione ... 43

2.3 Prova di taglio ... 51

2.3.1 Normative per la prova di taglio ... 52

2.4 Prova di compressione ... 56 2.5 Prova di flessione ... 60 2.6 Prova di frattura ... 61 2.7 Analisi statistica ... 62 2.8 Assorbimento di umidità ... 63 2.9 Ammissibili di progetto... 63

Svolgimento della prova ... 65

3.1 Strumentazione ... 70

3.1.1 Macchina di prova ... 70

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3.1.3 Estensimetri ... 74

3.1.4 Camera climatica ... 78

3.1.5 Forno per prove in temperatura ... 79

3.1.6 Acquisizione dei dati ... 80

3.2 Esecuzione delle prove ... 80

3.2.1 Preparazione dei provini ... 81

3.3 Svolgimento della prova ... 85

Conclusioni ... 91

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1

Introduzione

L’utilizzo di compositi fibro-rinforzati è cresciuto significativamente negli ultimi anni ed hanno ampiamente dimostrato la loro funzionalità in campi sempre più diversificati. I motivi della loro espansione sono da attribuire alle eccellenti proprietà meccaniche in rapporto al loro peso specifico, alla durabilità e alla versatilità. L’uso dei compositi avanzati è stato a lungo limitato alle applicazioni ad elevato valore aggiunto a causa del costo delle materie prime, quali fibre di carbonio e Kevlar e della tecnologia di produzione. Negli ultimi 20 anni i materiali compositi hanno rivoluzionato il modo di pensare e di progettare le strutture, permettendo di raggiungere prestazioni altrimenti irraggiungibili e competendo con i metalli in molte applicazioni. I materiali compositi sono molto utilizzati soprattutto grazie al risparmio in peso, unito all’alta resistenza a fatica e alla corrosione; basta infatti pensare che risparmiando un Kg su un aereo civile di medie dimensioni (A320), in un anno si risparmiano circa 300 Kg di carburante. Con l’impiego di fibre di carbonio e resina polimerica si può arrivare ad una riduzione di peso del 20% rispetto all’utilizzo di alluminio.

Per questi motivi, le maggiori aziende aeronautiche mondiali come Boeing (B787) e Airbus (A350), hanno realizzato velivoli di nuova generazione utilizzando una grande quantità di materiali compositi.

Vista la mancanza di esperienza consolidata nell’utilizzo di questi materiali, la normativa impone, per ottenere la certificazione, di eseguire numerose campagne di prove di certificazione per ricavare i cosiddetti ammissibili di progetto.

Nel presente lavoro di tesi, svolto presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale- Sezione Aerospaziale dell’Università di Pisa, si sono effettuate prove sperimentali di trazione e taglio ad alta temperatura (120°) di provini condizionati, per la caratterizzazione del materiale composito soggetto a certificazione.

Nel primo capitolo verranno introdotti i materiali compositi e descritte le metodologie di impiego in campo aeronautico. Nel secondo saranno illustrate le varie prove a cui un

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provino in composito può essere sottoposto e analizzate nello specifico le prove di trazione e taglio con le relative normative. Nel terzo capitolo verranno infine descritti gli strumenti utilizzati e le procedure adottate per lo svolgimento delle prove.

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Capitolo I

Generalità sui Compositi

Il materiale composito è una miscela di due o più elementi che, pur conservando ciascuno la propria identità chimica e fisica, contribuiscono mutuamente a fornire proprietà meccaniche e fisiche complessivamente molto superiori, o comunque più idonee all’uso che si prefigge, rispetto ai singoli elementi presi come entità separate.

Nella sua versione più semplice esso è costituito da una fase discontinua (rinforzo), dispersa in una fase continua (matrice). Il compito della matrice è di proteggere e di aiutare il rinforzo mantenendolo nella sua posizione originaria, e di trasferire uniformemente su di esso le sollecitazioni provenienti dall’esterno.

Tali componenti possono essere dosati a piacimento dal progettista per modulare le proprietà del materiale finale. Nasce così la filosofia del “materiale su misura” e quindi della “progettazione ad hoc”.

1.1 Caratteristiche dei compositi.

Le fibre più comunemente utilizzate sono in carbonio, grafite, Kevlar e boro.

Le matrici usate per tenere insieme le fibre possono essere resine, metalliche o ceramiche. In campo aerospaziale, le resine epossidiche termoindurenti, rinforzate con fibre di carbonio sono tra i compositi più utilizzati.

Un metodo comune per ottenere i filamenti di carbonio, consiste nell’ossidazione e pirolisi termica del poliacrilonitrile (PAN). Il PAN viene riscaldato a 300°C in presenza di aria, ottenendo l’ossidazione e la rottura di molti dei legami idrogeno tra le lunghe catene polimeriche. Il prodotto dell’ossidazione, viene posto in una fornace e riscaldato a 2000° C

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in atmosfera inerte, ottenendo un cambiamento radicale della struttura molecolare, con formazione di grafite. Effettuando il riscaldamento alle corrette condizioni, si ha la condensazione delle catene polimeriche, con la produzione di ristretti fogli di grafene; infine si fondono generando un singolo filamento.

Fibre di qualità inferiore si possono ottenere utilizzando pece o rayon al posto del PAN. Le proprietà dei materiali compositi sono strettamente legate alle proprietà dei singoli materiali componenti, dalla loro forma, dimensione, concentrazione, distribuzione, orientamento, nonché dalla loro mutua interazione, [1].

La resistenza e la rigidezza del materiale composito dipendono in gran parte dal materiale di rinforzo e, in particolare nel caso di fibre lunghe o corte, dall’orientazione delle fibre rispetto ai carichi applicati.

Caratteristiche resistenziali e di rigidezza ridotte possono derivare dalla resistenza a taglio della matrice. Infatti, sia la resistenza che il modulo elastico in una lamina, si riducono notevolmente quando il carico viene applicato in direzione diversa da quella di allineamento delle fibre.

Il comportamento meccanico non dipende esclusivamente dal materiale di rinforzo ma anche dalla sinergia tra il rinforzo e la matrice. Ad esempio, in un fascio di fibre senza matrice, sottoposto a sollecitazione, la rottura di una di esse comporta che lo sforzo venga trasferito alle fibre rimanenti, con conseguente diminuzione della resistenza globale del fascio. Se invece le fibre sono immerse in una matrice, la rottura di una fibra non compromette la sua resistenza meccanica, in virtù della presenza dell’interfaccia e della deformabilità della matrice che assicurano il fenomeno del trasferimento di carico.

I laminati compositi necessitano di essere impilati con lamine con orientamenti diversi. L’impilamento definisce le proprietà meccaniche del laminato e la sequenza è scelta in base ai carichi e alle funzioni alle quali sarà sottoposto il composito. Le proprietà a trazione sono dominate dalle fibre mentre quelle a compressione, nei laminati unidirezionali, dipendono sia dalle fibre che dalla matrice. Infatti, mentre il modulo elastico a compressione è dato dalla fibra, la resistenza a compressione è dettata dal modulo a taglio della matrice, [2].

La fracture toughness della matrice è una proprietà molto importante per rallentare la propagazione di fratture e difetti.

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1.2 Le Fibre

Le fibre hanno il compito di fornire al composito le proprietà desiderate di resistenza e rigidezza. Vengono concentrate in un fascio (roving) che ne contiene varie centinaia arrotolate con o senza twist su un cilindro oppure vengono attorcigliate a trefolo ed avvolte (yarn). Successivamente, possono essere intessute o usate per altri procedimenti di lavorazione.

LE FIBRE DI VETRO

Il vetro è uno dei materiali rinforzanti più utilizzati; la tipologia più diffusa è la tipo E. Una fibra più resistente è il vetro S, circa un terzo più forte del vetro E. Altri tipi di vetro sono il vetro C resistente agli attacchi chimici, il vetro M ad alto modulo elastico, il vetro D con ottime caratteristiche elettriche e quello L che, grazie al suo contenuto di piombo, realizza una buona protezione dalle radiazioni. Tutti i vetri hanno un rapporto resistenza su peso molto alto, sebbene le fibre di vetro siano, fra le fibre inorganiche sintetiche, a densità più alta. Il vetro mantiene le sue proprietà meccaniche fino al 50% della sua capacità di resistenza ad una temperatura di 375°C e fino al 25% a 538°C, [1].

LE FIBRE DI BORO

Le fibre di boro si ottengono mediante un procedimento che prevede la deposizione di microgranuli di boro su una sottile fibra di tungsteno che fa da supporto per la deposizione, quindi anche la fibra può essere considerata un materiale composito. Tra le fibre di rinforzo, il boro è inoltre l'unico ad avere eccezionale resistenza non solo a trazione, ma anche a compressione e flessione, unitamente ad alto modulo e bassa densità. Le caratteristiche fisico-meccaniche del boro sono:

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6 - tenacità 13,6 (cN/dtex) 1;

- allungamento a rottura 0,8 (%); - temperatura di fusione 2.000 °C.

Oltre alle sopraindicate eccezionali resistenze a trazione e a temperatura, la fibra di boro presenta buona resistenza agli acidi e agli alcali, ottima resistenza ai solventi organici, ai raggi ultravioletti ed ai microrganismi.

Si tratta di una fibra molto particolare, ottenuta con tecnologie sofisticate che comportano una produzione molto complessa: il suo costo è di conseguenza alto.

Il boro trova quindi applicazione quasi esclusivamente in nicchie ristrette come quella dei compositi in grado di resistere a temperature elevatissime.

LE FIBRE DI GRAFITE

Per molto tempo le fibre più utilizzate sono state quelle di vetro. Sebbene abbiano buone caratteristiche di resistenza e bassa densità, presentano un modulo di elasticità relativamente basso. Per questo motivo, circa 25 anni fa, si iniziò ad usare fibre e tessuti di carbonio e grafite.

Le elevate proprietà meccaniche delle fibre di carbonio derivano dalla particolare struttura cristallina della grafite. Quanto più si riesce ad ottenere una valida struttura cristallina, tanto più si ottiene un materiale dalle caratteristiche notevoli. Un cristallo di grafite, Figura 1.1, ha una struttura composta da strati sovrapposti di piani costituiti da atomi di carbonio. I legami fra gli stessi atomi dello stesso piano sono forti (legami covalenti) mentre quelli fra atomi di piani differenti sono relativamente deboli (legami Van der Waals): è evidente come i cristalli siano strutture fortemente anisotrope e sarà compito del processo di fabbricazione disporre la struttura cristallina nella direzione voluta. Naturalmente ciò non è facile e praticamente non si riesce mai ad ottenere cristalli perfetti e precisione di orientamento, per cui le caratteristiche meccaniche risultanti saranno più basse di quelle teoriche.

1 in campo tessile la tenacità è la resistenza alla rottura del filato rapportata al titolo unitario e si misura in

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Figura 1.1: Struttura del cristallo di grafite.

LE FIBRE ARAMIDICHE

La fibra aramidica, grazie alla combinazione di ottimo peso specifico e di alta resistenza a trazione, ha la più alta resistenza specifica di tutte le altre fibre e dei materiali da costruzione omogenei. Possiede inoltre sia un’ottima resistenza all’impatto che alla propagazione di cricche, nonché un discreto smorzamento delle vibrazioni.

Le prime fibre aramidiche sono state prodotte negli anni ’60 e sono quelle commercializzate dalla ditta Du Pont sotto il nome di Nomex; successivamente nel 1972, sempre la stessa ditta, ha commercializzato quella che diventerà la fibra aramidica più diffusa, il KEVLAR.

CONFRONTO FRA LE DIFFERENTI FIBRE ANALIZZATE

La figura 1.2 confronta i tipici grafici sforzo-deformazione per le fibre di carbonio, aramidiche e di vetro. Le fibre di carbonio forniscono la migliore combinazione tra elevata resistenza meccanica, elevata rigidezza (elevato modulo) e bassa densità, ma presentano una bassa capacità di allungamento. La fibra aramidica Kevlar 49 ha una buona combinazione tra elevata resistenza a trazione, modulo elevato (ma minore di quello delle fibre di carbonio), bassa densità ed elevato allungamento (resistenza all’urto). Le fibre di vetro, che presentano valori di densità più elevati, hanno resistenza a trazione e modulo elastico più bassi delle altre fibre.

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Figura 1.2: Grafici sforzo-deformzaione delle principali fibre di rinforzo, [1]

In pratica, però, le fibre di vetro sono molto più economiche delle altre per cui risultano anche le più impiegate.

La figura 1.3 confronta il rapporto tra resistenza a trazione e densità con quello tra modulo elastico (rigidezza) e densità di diversi tipi di fibre di rinforzo. Questo confronto mostra gli eccezionali rapporti resistenza meccanica-peso e rigidezza-peso delle fibre di carbonio e aramidiche (Kevlar 49) rispetto alle stesse proprietà dell’acciaio e dell’alluminio. Grazie a queste proprietà favorevoli, i compositi rinforzati con fibre di carbonio e con fibre aramidiche hanno sostituito i metalli in molte applicazioni aerospaziali.

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Figura 1.3: Grafico resitenza a trazione specifica-modulo a trazione specifico, [1.]

1.3 La matrice

COMPOSITI PLASTICI

I compositi plastici sono senza dubbio i più noti e diffusi per le loro modalità di applicazione con tecnologie non sofisticate e con costi in continua diminuzione.

Hanno oggi sostituito altri materiali in una vasta gamma di applicazioni. Si possono classificare in due tipi fondamentali di resine:

- resine termoindurenti; - resine termoplastiche.

MATRICI POLIMERICHE TERMOINDURENTI

Con il nome di termoindurenti si indica una vasta serie di materiali plastici che hanno in comune la proprietà di divenire infusibili ed insolubili dopo essere stati portati a fusione e successivamente raffreddati. Tale caratteristica deriva dalla formazione a livello

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molecolare, dopo la prima fusione, di un reticolo tridimensionale tenuto insieme da forti legami covalenti i quali rendono irreversibile il processo.

Una classificazione di tali resine può essere fatta in base al campo di temperature alle quali le matrici dovranno lavorare.

Per temperature minori di 250°C si utilizzano le resine epossidiche che sono le più importanti dato che risultano avere proprietà meccaniche migliori di altri polimeri, ottima adesione alle fibre, buona resistenza chimica, basso ritiro e quindi bassi valori di sollecitazioni residue, associate ad una notevole stabilità termica.

Seguono le resine poliestere che trovano un’ottima applicazione in unione alle fibre di vetro (vetroresina); le poliestere sono caratterizzate da un basso costo, da un breve tempo di polimerizzazione e da buone caratteristiche meccaniche. Esse sono utilizzate in applicazioni ferroviarie, marine, chimiche ed elettriche.

Per temperature oltre i 250 °C si utilizzano le resine fenoliche, che assicurano le stesse proprietà delle resine epossidiche anche ad alte temperature. Gli svantaggi principali di queste resine sono legati alla elevata pressione necessaria durante la polimerizzazione, all’alto contenuto di vuoti ed al caratteristico colore nero. Le resine fenoliche trovano impiego in mezzi di trasporto dove è richiesta una certa resistenza al fuoco.

Si ricordano inoltre le resine viniliche, che presentano le stesse peculiarità delle resine poliestere ma con un legame fibra-matrice più forte ed i polimeri poliammidici, che mantengono buone proprietà meccaniche nonostante le alte temperature di esercizio.

MATRICI POLIMERICHE TERMOPLASTICHE

Si definiscono termoplastiche le resine a struttura molecolare lineare che durante lo stampaggio a caldo non subiscono alcuna modificazione chimica. Il calore provoca la fusione e la solidificazione avviene durante il raffreddamento. È possibile ripetere il ciclo per un numero limitato di volte poiché troppi riscaldamenti possono degradare le resine. Ci sono due classi di polimeri: quelli totalmente amorfi ed i semicristallini. I polimeri amorfi sono composti da catene disposte casualmente e si caratterizzano per una transizione (temperatura di transizione vetrose) durante la quale passano dallo stato fragile, tipico dei vetri a quello simile alle gomme. In tali polimeri la fusione del materiale non avviene ad una determinata temperatura; pertanto non esiste un preciso punto di fusione ma invece il

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materiale passa gradatamente dallo stato solido, attraverso quello viscoso, allo stato fluido. È durante questo intervallo che i materiali vengono lavorati e trasformati: il ritiro di stampaggio è contenuto fra lo 0,3% e 0,6%.

I polimeri semicristallini sotto la temperatura di fusione Tm sono formati da regioni amorfe

e cristalline. L’intervallo utile per la lavorazione è limitato a pochi gradi centigradi poiché al di sotto del punto di fusione il materiale è ancora solido mentre non è prudente superare di molto la temperatura di fusione dato che si possono innescare fenomeni di degradazione termica. Questi polimeri presentano ritiri molto più alti di quelli relativi ai materiali amorfi e si aggirano tra l’1% ed il 5%. Inoltre, rispetto ai termoplastici amorfi, sono materiali più resistenti all’attacco chimico (sostanze acide, basiche, solventi ecc…).

MATRICI METALLICHE

Questo tipo è poco utilizzato per motivi insiti nell’introduzione delle fibre nella matrice, che, naturalmente, deve essere allo stato liquido, ma anche ad una temperatura tale da non danneggiare le fibre stesse. Altro problema è ottenere un’uniforme distribuzione delle fibre nella matrice, oltre ad un perfetto allineamento delle stesse. La bagnabilità è uno dei requisiti più difficili da rispettare; spesso la matrice metallica non bagna completamente le fibre per cui si ha l’impossibilità a formare un composito. Per migliorare la bagnabilità, ad esempio di fibre di carbonio, bisogna che i materiali metallici che formano la matrice, come il titanio, lo zirconio, il niobio, il tungsteno, ecc., concorrano alla formazione di carburi; tali carburi, in strato sottile, migliorano la bagnabilità, ma possono danneggiare la superficie della fibra in modo notevole. Il pericolo principale, comunque, risiede nella temperatura con cui la matrice arriva a bagnare la fibra, temperatura che in questo caso è elevata, creando così la possibilità di formare depositi intermedi che possono danneggiare le fibre stesse. Nonostante queste difficoltà, l’industria aerospaziale ha interesse nello sviluppo di compositi a matrice metallica perché questi legano bene le caratteristiche di basso spessore specifico ed alta resistenza (matrici di alluminio, magnesio e titanio).

Proprio in alcune parti della fusoliera dello Space Shuttle si trovano applicazioni dei compositi a matrice metallica: nella fattispecie, uno di particolare interesse storico risulta il composito Al-B. Questo materiale, uno dei primi MMC in assoluto, è costituito da una matrice in lega d’alluminio rinforzata con fibre di boro. In particolare, le fibre sono

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ottenute depositando vapori di boro su un filo di tungsteno; poi per pressatura a caldo si uniscono le fibre tra dei fogli di alluminio.

MATRICI CERAMICHE

Lo scopo principale del rinforzo in questi materiali è quello di aumentare la tenacità e resistenza tipicamente ridotte della matrice ceramica. Come nei MMC, il rinforzo può essere sotto forma di fibre continue, fibre discontinue o particelle. In tutti i casi l’incremento di resistenza avviene grazie all’effetto di interruzione della propagazione delle cricche, arrivando a raddoppiare la resistenza del materiale a trazione.

Nel caso dei compositi a matrice polimerica si cerca di massimizzare i rapporti tra resistenza meccanica e densità e tra modulo elastico e densità. Nei compositi a matrice metallica si cerca di incrementare il modulo elastico. Nel caso dei compositi ceramici si vuol ottenere essenzialmente un aumento della tenacità della matrice. I ceramici, infatti, hanno delle caratteristiche molto interessanti. I legami covalenti o ionici parzialmente covalenti che legano assieme gli atomi di questi materiali sono estremamente forti, di conseguenza essi generalmente hanno un’alta refrattarietà ed inerzia chimica, un alto modulo elastico ed una notevole durezza, proprietà queste ultime che mantengono anche a temperature superiori ai 1000°C. Però gli stessi legami chimici che impartiscono le interessanti caratteristiche che abbiamo visto sono responsabili anche della loro fragilità. Essi non permettono ai piani cristallini di scorrere gli uni rispetto agli altri e dunque non permettono al materiale di deformarsi plasticamente. Di conseguenza i ceramici si rompono con un meccanismo tipico dei materiali fragili: improvvisamente, senza alcun preavviso, con la frattura che si propaga ad alta velocità nel manufatto. Si desume quindi che per rendere un materiale ceramico affidabile bisogna o incrementare il valore del suo fattore critico di intensificazione dello sforzo o diminuire le dimensioni dei difetti in esso contenuti.

Dal punto di vista scientifico, i compositi ceramici hanno stimolato gli studi della meccanica della frattura dei materiali fragili che ha fatto negli ultimi anni degli enormi passi in avanti; dal punto di vista tecnologico, invece, utilissime sono le applicazioni nel settore aerospaziale: dischi di freni, barriere termiche, camere di combustione di motori a razzo o parti di post-bruciatori. Non molto ben conosciute sono le applicazioni in campo

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militare, soprattutto nel settore delle corazze composite e dei proiettili perforanti. Pur non avendo la stessa diffusione dei compositi a matrice polimerica, essi si sono ritagliati alcune importanti nicchie di mercato. È ragionevole pensare ad una loro ulteriore diffusione nel settore dei dispositivi di conversione dell’energia.

1.4 Meccanica dei compositi

I materiali compositi hanno caratteristiche peculiari che li distinguono dai tradizionali materiali per l’ingegneria, pertanto necessitano di nuovi modelli analitici per descriverne il comportamento strutturale e appropriate procedure di analisi sperimentale.

I materiali compositi sono materiali eterogenei ed anisotropi; il loro studio può essere affrontato su due livelli: la micromeccanica e la macromeccanica.

1.4.1 Micromeccanica, [10].

Con il termine micromeccanica si intende lo studio dei materiali compositi eseguito tenendo conto delle interazioni tra i materiali costituenti. La possibilità di stimare le caratteristiche del composito mediante semplici relazioni è di grande interesse nella progettazione strutturale, in quanto con i materiali compositi il progettista, oltre a definire geometria e dimensioni dei componenti, può anche progettare il materiale da utilizzare. Questa notevole semplicità nella risoluzione del problema che consente di ottenere una rapida risposta nel comportamento del materiale composito è il motivo per cui questo modello viene impiegato nonostante la non sempre effettiva corrispondenza con i risultati sperimentali.

Una lamina può essere schematizzata come un insieme costituito da fibre a sezione circolare parallele ed equispaziate, disposte all’interno di una matrice.

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Figura 1.4: Rappresentazione schematica di una lamina con rinforzo unidirezionale

Naturalmente questa è una semplificazione del caso reale rappresentato da una lamina in cui le fibre sono distribuite in modo casuale e si toccano in alcuni punti.

Considerando la Figura 1.4, si ha che un tale sistema fibre-matrice esibisce in pratica un comportamento non isotropo ma ortotropo, cioè esso ammette tre piani di simmetria mutuamente ortogonali.

Per comprendere la differenza tra un materiale anisotropo generico ed uno ortotropo è utile osservare, per esempio, che l’applicazione di un carico di trazione ad un elemento di forma cubica in materiale anisotropo, produce deformazioni e scorrimenti variabili lungo tutti i lati dell’elemento; invece, se il materiale è ortotropo, esistono tre direzioni mutuamente ortogonali tali che l’applicazione di uno sforzo di trazione in tali direzioni produce, come per un isotropo, una deformazione costante senza distorsioni nei piani da queste individuati.

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Figura1.5: Deformazione caratteristica di un materiale anisotropo (a) e ortotropo (b)

Il comportamento elastico di una lamina è definito completamente da quattro costanti elastiche: il modulo di Young in direzione longitudinale e trasversale , il modulo

di elasticità trasversale nel piano della lamina ed il coefficiente di Poisson.

Per poter calcolare le quattro costanti elastiche si ipotizza la perfetta adesione fibra-matrice e quindi deformazioni, nella direzione delle fibre, uguali sia nelle fibre che nella matrice; di conseguenza, le sezioni normali all’asse delle fibre rimangono piane.

Determinazione del modulo elastico longitudinale

Si consideri un volume di lamina composita caricato come in figura 1.6.

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16

Se una forza di trazione viene applicata in direzione parallela alle fibre di una lamina unidirezionale, la deformazione della matrice sarà pari alla deformazione delle fibre, provando con ciò la perfetta aderenza tra i due componenti.

Pertanto se fibre e matrice si comportano entrambe elasticamente, sarà:

dove =

.

Il carico di trazione applicato alla lamina Pc è pari alla somma del carico Pf sopportato

dalle fibre e del carico Pm sopportato dalla matrice.

In termini di tensioni si ha quindi:

Valgono inoltre le relazioni:

e

,

essendo e definiti come:

Dove , sono rispettivamente il volume di fibre, matrice e composito. Si ha quindi

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17 Derivando l’espressione di si ottiene:

Ipotizzando che matrice e fibra abbiano un comportamento elastico lineare si ha:

Questa equazione è nota come ”regola delle miscele” e permette di calcolare il valore del modulo elastico longitudinale di un composito conoscendo il modulo elastico delle

fibre, della matrice ed il loro volume percentuale.

È interessante osservare come si ripartisce il carico tra fibra e matrice in una ply sottoposta a trazione. Utilizzando la legge di Hooke sotto l’ipotesi di isodeformazione si ha:

Quindi il rapporto tra il carico sopportato dalle fibre e quello sopportato dalla matrice è funzione lineare del relativo rapporto tra i moduli di Young e delle frazioni di volume. Fissata la percentuale di fibre, per un maggiore sfruttamento della resistenza della fibra è necessario avere un elevato rapporto dei moduli di Young.

Analogamente facendo riferimento al rapporto “carico fibra/carico composito” si ha:

Si può vedere come il rapporto / tende ad uno anche per concentrazioni delle fibre non

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18

Determinazione del modulo elastico trasversale

Si consideri la situazione di figura 1.7.

Figura 1.7: Volume elementare di lamina caricato secondo la direzione 2.

Per determinare l’equazione del modulo elastico trasversale di una lamina, bisogna

considerare che lo sforzo sul composito sia uguale allo sforzo sulle fibre e allo sforzo sugli strati di matrice, cioè:

Lo spostamento totale del composito nelle direzioni degli sforzi è quindi uguale alla somma degli spostamenti delle fibre e della matrice.

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19 Si ha

Moltiplicando ambo i membri per si ottiene

Applicando la legge di Hooke si ottiene:

Elaborando si giunge all’espressione:

A differenza di quanto accade per il modulo elastico longitudinale, il modulo di elasticità trasversale è legato a quello della matrice e delle fibre da una relazione non lineare.

L’ipotesi della condizione di isosforzo è in realtà approssimata, in quanto in una generica sezione trasversale della lamina il carico si distribuisce tra i due componenti in maniera differente. Inoltre, per via delle diverse costanti elastiche questa porterebbe ad una deformazione longitudinale diversa tra le fibre e la matrice.

Una migliore stima del modulo di elasticità trasversale , può essere ottenuta con modelli teorici più complessi (teoria della elasticità) o con metodi numerici.

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20

Determinazione del modulo di Poisson, [20]

La Fig. 1.8 rappresenta un elemento ABCD sottoposto ad una tensione normale media ; il Modulo di Poisson è dato da:

dove

rappresenta la deformazione laterale nella direzione 2.

Fig. 1.8: Deformazione laterale in un elemento sottoposto ad una tensione normale media [Hollaway, 1993]

Le ipotesi di partenza sono:

 la fibra, che si estende per l’intero spessore dell’elemento, ha sezione rettangolare e sono trascurabili gli effetti della deformazione nella lamina in direzione 3;

 in direzione 1 (direzione di applicazione del carico) vale la perfetta aderenza tra fibre e matrice per cui:

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21 Pertanto la deformazione laterale della fibra sarà

-

e quella della matrice

-

Lo spostamento laterale della fibra è quindi pari a

-

(

b)

e quello della matrice è uguale a

-

(

b)

essendo rispettivamente ( b) e ( b) le aliquote dello spessore trasversale b dell’elemento occupate dalle fibre e dalla resina.

Lo spostamento laterale totale nella direzione 2 è la somma dei due ed è pari quindi a:

(-

-

) b

La deformazione laterale nella direzione 2, si ottiene dividendo per b e quindi vale:

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22

Rapportando la deformazione a quelle si ottiene il coefficiente di contrazione trasversale del composito:

= - [

+

]

L’equazione precedente è in forma approssimata, ma permette di calcolare il valore di con un buon grado di precisione.

Determinazione del modulo di elasticità trasversale

Il modulo di elasticità trasversale può essere valutato teoricamente considerando il modello di figura1.9.

Figura 1.9: Modello per la determinazione di G

Ipotizzando che la tensione tangenziale sia uguale per le fibra e per la matrice e che entrambe abbiano una deformazione angolare dipendente dal proprio modulo di elasticità trasversale, si ha:

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23

Lo spostamento totale Δ, pari al prodotto della deformazione angolare totale γ per lo spessore della lamina w, è dato dalla somma dello spostamento di fibra e matrice:

Tenendo conto che il rapporto tra lo spessore del singolo componente e lo spessore della lamina coincide con la relativa concentrazione in volume, si ha:

Utilizzando la definizione del modulo di elasticità trasversale e sostituendo, si ottiene:

I valori di non sempre sono in buon accordo con quelli ottenuti sperimentalmente, a

causa del fatto che nella generica sezione trasversale lo sforzo di taglio si ripartisce tra fibra e matrice. Al fine di tener conto di ciò si introduce un fattore correttivo del rapporto delle concentrazioni, detto fattore di ripartizione . L’introduzione del coefficiente di ripartizione consente nella pratica di determinare il modulo di elasticità trasversale delle fibre a partire dalla determinazione sperimentale del modulo del composito e conoscendo il modulo della matrice.

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24

1.4.2 Macromeccanica, [10]

La lamina è il mattone fondamentale con cui sono costruiti i laminati. La conoscenza quindi del comportamento meccanico della lamina è fondamentale per prevedere e capire il comportamento dell'intera struttura in composito.

Le rigidezze di un laminato sono valutabili attraverso procedure che tengono conto del numero, del tipo, dell’orientazione e della mutua posizione delle n lamine che costituiscono il laminato stesso di spessore h.

Figura 1.10: Rappresentazione schematica di un laminato

Per poter valutare il comportamento strutturale del laminato, è essenziale poterlo considerare come se fosse omogeneo, ma non isotropo, prescindendo dalle interazioni tra i componenti. Per poter effettuare questo passaggio sono necessarie alcune ipotesi semplificative, che vanno sotto il nome di “teoria della laminazione”:

 le lamine costituenti il laminato sono perfettamente incollate tra loro, cosicché non si può verificare alcun scorrimento reciproco sotto l’azione dei carichi applicati (continuità di spostamenti e deformazioni all’interfaccia tra due lamine adiacenti);

 il generico segmento rettilineo ortogonale al piano medio del laminato rimane rettilineo ed ortogonale allo stesso piano medio anche a deformazione avvenuta; ciò equivale a porre = =0;

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25

 lo spessore del laminato è piccolo rispetto alle altre dimensioni.

Con le ipotesi della “teoria della laminazione” si considerano i carichi specifici ed i momenti specifici (per unità di larghezza agenti sul laminato), valutati sullo spessore totale

h del laminato.

Si può quindi giungere alle espressioni

dove i termini rappresentano rispettivamente le deformazioni e le curvature del piano medio del laminato.

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26

dove sono i termini della matrice di rigidezza [ ], in un riferimento cartesiano qualunque che forma con il sistema di riferimento principale della lamina un angolo .

Figura 1.1: Lamina con un riferimento cartesiano (x,y) generico.

La matrice [ varia da una lamina all’altra e dipende oltre che dalle specifiche caratteristiche della lamina, anche dal suo relativo orientamento:

[ =[R] [E]

dove [E] è la matrice di rigidezza rispetto all’asse longitudinale e trasversale della lamina, mentre [R] è la matrice di rotazione per il passaggio da un sistema di riferimento all’altro. La matrice [A] è la matrice di rigidezza per le sollecitazioni di trazione, la matrice [D] è la matrice di rigidezza flessionale e la matrice [B] è la matrice di rigidezza di accoppiamento che comprende sia caratteristiche di flessione che di trazione del laminato.

La presenza dei termini [ ], implica che uno sforzo normale o un taglio producano oltre ad una deformazione del piano anche una curvatura flessionale e/o torsionale del piano medio. Allo stesso modo, un momento flettente o torcente producono oltre che una curvatura, anche deformazioni e scorrimenti nel piano medio del laminato.

(29)

27

Questo accoppiamento è legato alle diverse caratteristiche meccaniche delle varie lamine ed alla sequenza di impilamento.

L’equazione costitutiva del laminato si può quindi scrivere in forma compatta:

Classificazione dei laminati

Un laminato viene ottenuto attraverso la sovrapposizione di più lamine sottili, orientate in modo tale da ottenere una struttura con le volute proprietà nel piano. In base all’orientazione delle fibre i laminati si distinguono in:

Laminati simmetrici

I laminati simmetrici sono una particolare classe di laminati in cui la matrice [B] è nulla e quindi l’accoppiamento tra flessione e sforzo normale è eliminato. Tale caratteristica è molto importante per evitare che sollecitazioni nel piano producano ingobbamenti.

Laminati simmetrici ortotropi (bilanciati)

Questa famiglia di laminati presenta disaccoppiamento tra taglio e deformazioni normali. Dall’equazione costitutiva del laminato si osserva che tale condizione è realizzabile se i termini e della matrice [A] risultano nulli. Per fare ciò, ad

una lamina con orientamento θ ne corrisponde una con orientamento -θ.

Laminati angle-ply

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28

Laminati con

Per questa classe di laminati si ha il disaccoppiamento tra sollecitazioni flettenti e curvatura torsionale e viceversa. Un momento flettente produce quindi solo una curvatura del laminato nel proprio piano. Tale condizione si verifica se si dispongono sopra e sotto il piano medio lamine con orientamento opposto.

Laminati quasi isotropi

Un laminato si dice quasi isotropo se la sua rigidezza estensionale è indipendente dal particolare orientamento considerato, quindi se la matrice [A] risulta isotropa. Ciò si verifica se:

1) il numero totale di lamine è maggiore o uguale a 3, 2) le lamine hanno la stessa costituzione o spessore, 3) l’angolo Δθ tra due lamine consecutive è costante.

La quasi isotropia deriva dal fatto che questi laminati presentano un comportamento isotropo solo rispetto alla compressione e alla trazione, essendo in generale le altre matrici [B] e [D] non isotrope.

Nella pratica questo tipo di laminato è poco utilizzato poiché lo sfruttamento ottimale dei compositi si basa proprio sull’anisotropia del materiale, che consente di orientare opportunamente le lamine in modo da avere la massima resistenza nelle direzioni di massima sollecitazione.

Per evitare che, sotto l’azione di sforzi normali o di flessione, il laminato subisca deformazioni indesiderate, nella pratica si utilizzano molto spesso laminati simmetrici e bilanciati.

Un laminato simmetrico e bilanciato è composto da lamine con la stessa orientazione sopra e sotto il piano medio e nel quale ogni lamina con orientazione + θ è bilanciata da una con orientazione – θ.

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29

Figura 1.12: (a) Accoppiamento tra i modi di deformazione a trazione e taglio . (b) Effetto dell'anisotropia in un lamitato non simmetrico.

Per permettere un’univoca interpretazione delle configurazioni dei laminati, viene normalmente utilizzato il seguente sistema:

 ogni lamina è definita da un numero che rappresenta l’angolo in gradi che la direzione delle fibre forma con l’asse X del laminato.

 Lamine adiacenti con diverse orientazioni sono separate da una barra trasversale “/”.

 Le lamine sono elencate partendo da una faccia del laminato.

 Lamine adiacenti con lo stesso angolo di orientazione sono indicate con un numero come pedice.

 Il pedice T, fuori dalle parentesi quadre indica che viene descritto tutto il laminato.

 I laminati simmetrici con un numero pari di lamine vengono descritti partendo da una faccia e fermandosi al piano di simmetria. Quelli, invece, composti da un numero dispari di lamine sono descritti come i precedenti, solo che la lamina centrale, indicata per ultima è soprassegnata per indicare che giace sul piano di simmetria del laminato. Entrambi i casi sono contraddistinti dal pedice S fuori dalle parentesi quadre.

(32)

30

Figura 1.13: Esempi di nomenclatura di alcuni laminati.

1.5 Effetti delle Condizioni Ambientali.

Quando si considerano gli effetti di umidità e temperatura, poiché le fibre di carbonio ne sono praticamente insensibili, la matrice e l’interfaccia fibro/matrice assumono il ruolo principale, [3].

I potenziali effetti delle due condizioni sono molto simili:

 Degrado delle interfacce,

 Degrado delle proprietà della matrice,

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31

 Variazioni di duttilità,

 La presenza di umidità può portare inoltre ad una diminuzione della temperatura di transizione vetrosa,

 Sotto carico, gli effetti viscoelastici (creep), possono diventare importanti.

La misura in cui questi effetti si verificano può variare significativamente, anche per lo stesso tipo di materiale. Tuttavia, in letteratura è possibile reperire alcune informazioni su ciò che ci si può aspettare di trovare ed i vari modi in cui questi effetti di umidità e temperatura si manifestano. Si noti che la discussione seguente sarà limitata a materiali compositi in fibra di carbonio e resina epossidica.

1.5.1 Influenza dell’umidità e delle elevate temperature.

Le caratteristiche di assorbimento di umidità costituiscono un aspetto molto importante. Tali informazioni, infatti, possono essere utilizzate per comprendere come e perché il materiale ne sia influenzato. La resina epossidica mostra una forte sensibilità all’umidità a causa della forte interazione tra alcuni gruppi funzionali delle macromolecole della resina e le molecole d’acqua.

L’assorbimento di acqua all’interno della resina epossidica è da tempo oggetto di studi. I fattori che influenzano il grado di assorbimento di acqua in una matrice polimerica sono molteplici. La natura chimica dei componenti del monomero e dell’agente di cura è certamente uno dei fattori determinanti poiché incide sulla struttura del materiale polimerico e sul numero di gruppi funzionali del polimero capaci di interagire con molecole d’acqua. In recenti studi, anche l’applicazione di un carico applicato ha mostrato un aumento di assorbimento dell’umidità, [3,4,5]. Un tipico esempio dell’andamento dell’assorbimento di umidità è mostrato in figura 1.14.

L’assorbimento di umidità può causare la formazione di tensioni residue (generalmente a compressione), il degrado della matrice e dell’interfaccia e la plasticizzazione della matrice.

La combinazione di questi effetti agisce sulla tenacità a frattura del materiale.

La plasticizzazione può invece causare una diminuzione della temperatura di transizione vetrosa che può influenzare il modo in cui il composito si comporta alle basse temperature.

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32

Figura 1.14: Esempio dell’andamento dell’assorbimento di umidità da parte di un provino composito.

Le proprietà di trazione dei laminati compositi, fibra di carbonio-resina epossidica, in particolare quelli con orientamento delle fibre diverso dai 90°, si considerano in genere essere poco sensibili all’umidità, mentre i laminati con orientamento delle fibre a 90° hanno mostrato significative riduzioni di modulo e resistenza a trazione. Tuttavia, a contenuti di umidità superiori all’1%, i laminati a 0° e 45° hanno mostrato, in studi passati, riduzioni della resistenza a trazione del 20% e degrado della resistenza a taglio interlaminare e dell’interfaccia fibra-matrice [ 3,6,7].

Una possibile soluzione a tutto ciò potrebbe essere quella di rivestire il materiale composito con sigillanti.

Gli effetti della temperatura sono molto simili a quelli dell’umidità finora elencati. Proprio come accade per l’umidità, la temperatura influenza il comportamento della matrice e della

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sua interfaccia con le fibre, poiché le fibre di carbonio ne sono praticamente insensibili fino a temperature di circa 600°.

Compositi con matrici epossidiche “toughened” e convenzionali, hanno mostrato un incremento della resistenza a trazione per laminati di spessore sottile (6-ply) e una leggera diminuzione per i laminati più spessi, [8].

L’obbiettivo del presente lavoro di tesi è proprio quello di indagare le conseguenze che l’assorbimento di umidità e la temperatura possono avere sulle proprietà di trazione e taglio di un materiale composito resina epossidica/fibra di carbonio.

1.6 Utilizzo in campo aeronautico

I materiali compositi trovano oggi largo impiego in campo aeronautico sia in strutture primarie che nelle secondarie.

Nella maggior parte dei progetti i primi elementi ad essere concepiti e realizzati in carbonio furono quelli secondari, cioè quegli elementi non direttamente collegati alla sicurezza del velivolo. Solo in seguito si passò ad applicazioni che includessero anche impennaggi, flap, equilibratori, ali ecc. fino al raggiungimento dei modelli Airbus A350 e Boeing 787 costituiti per la maggior parte da materiali compositi.

Lo sviluppo della progettazione degli impennaggi ha quasi sempre avuto due fasi:

 Realizzazione di una struttura honeycomb,

 Sostituzione del nucleo a nido d’ape con una struttura multi trave a più centine.

Proprio su questo argomento la Boeing stabilì, come filosofia di progetto, che occorreva utilizzare il nido d’ape solo per superfici poco caricate; in tutti gli altri casi era meglio ricorrere a strutture multi-trave. Le strutture che invece sono sottoposte a sollecitazioni ancora più basse sono costituite da un rivestimento interno irrigidito da un nucleo di materiale espanso che sostituisce l’honeycomb, [1].

Allo stato dell’arte attuale, i materiali compositi vengono utilizzati soprattutto per il rivestimento di ali, code e superfici di controllo. Il tipo di laminato e la sua composizione

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34

(disposizione degli strati) sono strettamente legati alla tipologia delle sollecitazioni che il componente da progettare dovrà sopportare.

Ad esempio, il rivestimento di un cassone alare sopporta tensioni dirette lungo l’apertura causate dall’inflessione dell’ala e tensioni di taglio causate dallo svergolamento. Sarà sottoposto inoltre a sollecitazioni secondarie in direzione della corda provocate dal momento torcente.

Figura 1.15: Schematizzazione delle forze agenti in ala.

In maniera semplificata, il laminato dovrà quindi presentare fibre con orientazione 0° per sopportare tensioni lungo l’apertura, ±45° per le tensioni di taglio e 90° per quelle dirette lungo la corda.

Figura 1.16: Disposizione delle fibre in funzione delle tensioni.

Poiché lo stato tensionale in un’ala varia lungo l’apertura, è buona norma realizzare profili caratterizzati da spessori del rivestimento decrescenti in tali direzioni, tagliando in

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successione strati più corti prima di assemblare il laminato. In questo modo, il rivestimento potrebbe avere 100 strati alla radice e meno di 20 all’estremità.

In una superficie di controllo incernierata ad un’ala vi sono maggiori sollecitazioni a flessione in direzione della corda e quindi il rivestimento dovrà avere un numero maggiore di strati a 90°.

Figura 1.17: Disposizione fibre su una superficie di controllo.

Per evitare fenomeni di corrosione galvanica quando si utilizzano travi e centine metalliche rivestite in materiale composito, si utilizzano fogli di materiale elettricamente isolante (vetro/epossidico).

Vi sono però casi in cui le strutture alari vengono interamente progettate in materiale composito. È questo il caso ad esempio del AV-8B Harrier II, dove l’ala è interamente composta da grafite/epossidico.

Poiché la principale funzione dell’anima del cassone alare è di sopportare carichi di taglio, è composta principalmente da strati a ±45°.

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Come visto, uno dei maggiori vantaggi dei compositi è quello di poter progettare e realizzare strutture integrate. In un’ala, ad esempio, spesso si adottano soluzioni in cui longherone e centine appartengono ad un’unica struttura multi trave, come mostrato in figura 1.19.

Figura 1.19: Struttura multitrave.

La soluzione ottimale si ha quando centine e longheroni vengono formate insieme; sono state realizzate strutture in cui anche il pannello di rivestimento inferiore veniva curato insieme alla precedente struttura. Tutto ciò apporta sicuramente vantaggi dal punto di vista dei pesi e dei tempi di assemblaggio, a sfavore però della riparabilità della struttura. Essendo infatti la struttura integrata, in caso di rottura o difetto di una parte di essa, risulterà necessario sviluppare, se possibile, tecniche di riparazione onde evitare di dover sostituire l’intero componente.

La prima ad utilizzare materiali compositi per la realizzazione di strutture primarie fu l’Airbus Industries che nel 1985 realizzò l’A310 con piani stabilizzatori in resina rinforzata con fibre di carbonio. Il loro utilizzo portò ad un risparmio di peso di circa il 10% rispetto ad un piano stabilizzatore in lega di alluminio sino ad allora utilizzato. Inoltre, la realizzazione in composito ne permise la realizzazione in sole 95 parti (esclusi i collegamenti) contro i 2076 della precedente struttura in alluminio.

I maggiori ostacoli nella progettazione di strutture aeronautiche in composito che si incontrarono nel corso degli anni sono:

 Mantenere gli stessi livelli di sicurezza che si hanno con l’utilizzo dei materiali metallici,

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37

 Accettazione da parte delle autorità certificanti,

 Gli standard di qualità dovevano essere mantenuti ai livelli dei materiali metallici.

 Sviluppo di nuove tecnologie specifiche per i compositi.

Figura 1.20: Utilizzo, in percentuale del peso totale, di materiale composito da parte di Airbus negli ultimi 30 anni, [25].

Nella figura precedente è illustrata la percentuale di materiale composito utilizzata in strutture di velivoli da trasporto civile (Airbus) ed evidenzia come negli ultimi dieci anni vi sia stato un notevole incremento nell’utilizzo di questi materiali.

Vengono riportati di seguito i principali vantaggi e svantaggi dell’utilizzo di materiali compositi rispetto ai metallici, [2].

Vantaggi

 I materiali compositi hanno proprietà strutturali, specialmente se riportate al peso, più elevate rispetto ai materiali metallici normalmente utilizzati. Questo permette un notevole risparmio di peso, esigenza molto importante in campo aeronautico.

 Permettono di sfruttare al meglio il materiale orientando le fibre in funzione dei carichi applicati.

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38

 Permettono la riduzione dei costi di produzione introducendo metodi di lavorazione automatica.

 Permettono di creare strutture integrate riducendo così il numero di componenti e di rivetti. L’eliminazione o riduzione del numero di rivetti determina anche un miglioramento dal punto di vista della resistenza a fatica ed alla corrosione delle strutture.

 Hanno un’elevata resistenza a fatica.

 Essendo un materiale “nuovo”, hanno ancora ampi margini di miglioramento.

Svantaggi

 Il costo attuale dei materiali compositi è maggiore rispetto a quello dei metalli normalmente utilizzati in campo aeronautico.

 Poiché richiedono analisi strutturali più complicate e un maggior numero di prove per la caratterizzazione, i costi di progettazione sono molto più elevati.

 Richiedono un investimento iniziale maggiore per l’acquisto di macchinari specifici per la lavorazione e produzione di questi macchinari.

 Il controllo di qualità è molto più difficoltoso e i processi per l’individuazione di eventuali difetti non hanno ancora raggiunto l’affidabilità rispetto a quelli per i materiali metallici.

 Sono materiali tendenzialmente fragili e sensibili al danneggiamento a impatto e alla delaminazione.

 Hanno problemi di corrosione galvanica in seguito all’accoppiamento con alcuni materiali metallici. Questo può essere risolto isolando le zone di contatto tra i diversi materiali.

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 Sono molto sensibili all’umidità, in presenza di essa infatti subiscono un veloce degrado delle proprietà meccaniche.

Filosofia di progetto

Le fasi attraverso le quali si sviluppa una struttura aeronautica in composito hanno inizio dal progetto concettuale fino al raggiungimento del progetto di dettaglio. Molto importante per la progettazione di queste strutture è l’approfondita conoscenza delle problematiche in gioco e della producibilità dei vari componenti poiché, a seconda del processo tecnologico impiegato, si otterranno diverse proprietà meccaniche.

Uno degli approcci più utilizzati dai progettisti è il Building Block mostrato in figura, caratterizzato dall’affiancamento tra prove ed analisi in ogni fase del progetto.

Figura 1.21: Approccio Building Block

Attraverso le prove vengono definiti gli ammissibili di progetto che, moltiplicati per opportuni fattori di sicurezza, diventano parametri di progetto per le fasi successive. Un aspetto molto importante che va infine tenuto in considerazione sin dalle prime fasi di progettazione è quello dei costi, preferendo tecniche produttive convenzionali e disegnando strutture integrate con la conseguente riduzione dei componenti.

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Capitolo II

Prove e Normative

I requisiti per la certificazione di strutture in composito sono molto più stringenti rispetto a quelli richiesti per i metalli poiché i primi, in base al tipo di fibra, di resina e di processo utilizzati e in base alle condizioni ambientali alle quali operano, possono presentare un’ampia varietà di proprietà.

Lo scopo principale delle prove meccaniche è quello di determinare le proprietà di resistenza e di rigidezza. Poiché le grandezze direttamente misurabili sono i carichi, gli spostamenti e le deformazioni, si utilizza la teoria dell’elasticità per corpi anisotropi per determinare le proprietà cercate. È necessario quindi indicare la direzione del carico (xyz) e la sua orientazione rispetto agli assi di simmetria elastica del materiale (123). Si introducono dunque due sistemi di riferimento come mostrato in figura.

Di solito, nella pratica sperimentale, si fa in modo da far coincidere i due sistemi di riferimento.

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41

2.1 Peculiarità dei test sui compositi

Le particolari proprietà dei materiali compositi comportano numerose difficoltà nel loro studio. Per la loro completa caratterizzazione, infatti, si devono analizzare un elevato numero di proprietà meccaniche, scegliendo prove in cui vi sia un legame semplice tra i valori ottenuti e le caratteristiche di interesse del materiale.

Il numero di test deve essere sufficientemente alto in modo da tenere in considerazione l’approssimazione fatta utilizzando la teoria dell’elasticità, considerando dunque come corpo continuo un materiale che in realtà non lo è. Il MIL-HDBK 17-F raccomanda di testare un minimo di 36 provini provenienti da almeno 6 lotti diversi, per ogni proprietà e per ogni condizione ambientale di interesse. I lotti devono essere rappresentativi di almeno due batch distinti e di almeno due cicli di polimerizzazione separati (Reduced Sampling

Technique), [9].

Figura 2.2: Rappresentazione della Reduced Sampling Technique.

Si capisce, quindi, che il numero di test da eseguire cresce velocemente anche se il numero di proprietà da indagare è minimo.

Una volta scelto il tipo di prova sperimentale, si devono definire la geometria del provino e i dettagli sull’introduzione del carico. Quest’ultima è una problematica molto delicata per i materiali compositi; occorre introdurre nel provino un campo di tensione uniforme evitando picchi di concentrazione di tensione (utilizzo dei tab) e l’insorgenza degli effetti di bordo.

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42

Questi ultimi sono influenzati principalmente dalla forma, dalle dimensioni e dall’orientamento delle fibre del provino, ecco perché per i primi due, come si vedrà nel seguito, le normative suggeriscono dei valori standard da utilizzare.

Gli effetti di bordo si manifestano sotto forma di tensioni interlaminari, la cui intensità è funzione della sequenza di impilamento delle lamine. Questi stati tensionali possono alterare i valori di resistenza misurati.

Un altro fattore che influenza il risultato dei test sui materiali compositi è la presenza di difetti: un’elevata porosità può, ad esempio, alterare i risultati della resistenza a taglio (e di tutte quelle proprietà dominate dalla matrice), mentre una lieve ondulazione delle fibre può ridurre sensibilmente i valori ottenuti di resistenza e modulo elastico longitudinali.

Nei paragrafi successivi verranno descritte le principali prove effettuate sui compositi, prestando maggiore attenzione alle prove di trazione e taglio e alle relative normative utilizzate nel presente lavoro di tesi.

2.2 Prova di trazione

Come per i materiali tradizionali, anche per i compositi la prova di caratterizzazione più semplice ed allo stesso tempo più usata è quella di trazione. Essa consente la determinazione del modulo di elasticità e della resistenza a trazione in direzione longitudinale e trasversale e del coefficiente di Poisson. Per questa prova sono solitamente utilizzati provini a sezione trasversale rettangolare. Con riferimento alla geometria delle estremità si distinguono due tipi di provini: i “dog bone”, con estremità raccordate, e i provini diritti, [10].

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43

Per la determinazione delle proprietà delle piastre del composito si devono misurare, oltre al carico applicato, anche le deformazione longitudinali e trasversali alle quali il provino è sottoposto nella gage region. Per questo motivo il carico è normalmente misurato mediante la cella di carico di cui dispone la macchina di prova mentre le deformazioni sono misurate mediante l’uso di due estensometri o due estensimetri disposti in direzione longitudinale e trasversale.

L’uso di provini con fibre allineate con il carico permette di determinare il modulo di Young longitudinale, il coefficiente di Poisson e la resistenza a rottura a trazione longitudinale. L’uso di un provino con fibre ortogonali al carico permette in modo analogo di ricavare il modulo di Young in direzione trasversale e la resistenza a rottura a trazione in direzione trasversale.

2.2.1 Normative per la prova di trazione

Le normative di riferimento per le prove di trazione su coupon a sezione rettangolare costante (straight-sided) sono:

 ASTM D3039/D3039M, [11]

 EN 2561, [12]

 EN 2597, [13]

L’ASTM D3039, rilasciata inizialmente nel 1971, fu il primo standard istituito per le prove di trazione sui provini a sezione rettangolare e costituisce tuttora il metodo più comunemente usato. Le due normative EN si ispirano alla ASTM, e conseguentemente, sono abbastanza simili. Ciononostante, non si può sostituire un sistema con un altro, in quanto ci sono alcune differenze. In generale, lo standard ASTM è più dettagliato e offre migliore controllo su tutti quei parametri che potrebbero aumentare la variabilità nelle prove.

La deformazione del provino è misurata nella gage region per mezzo di estensimetri o estensimetri.

I tab di estremità servono ad introdurre il carico dagli afferraggi al provino, minimizzando le concentrazioni di tensione. Un esempio del giusto modo di rottura è mostrato in figura.

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Figura 2.4: Provino rotto nella gage region.

Non presentando alcuna discontinuità geometrica, la rottura si potrebbe verificare in corrispondenza dei tab o degli afferraggi, cioè in potenziali punti di concentrazione del carico. Occorre notare che una rottura in questi punti non comporta a priori il dover scartare il risultato proveniente da tale prova; occorre però prestare molta cura nella valutazione dei risultati in modo da non accettare risultati falsati, provocati da malfunzionamento di tab o afferraggi.

Il campo di tensione all’estremità dei tab incollati è tridimensionale e gli sforzi sono in grado di massimo; per questo motivo si tende ad utilizzare, quando possibile, tab semplicemente appoggiati.

La velocità di prova deve essere scelta in modo che risulti una velocità di deformazione quasi costante nella sezione centrale del provino. Inoltre, deve essere scelta in modo tale da produrre la rottura del provino entro 1-10 min. le velocità standard consigliate sono:

 Per prove in controllo di deformazione, una velocità di deformazione di 0.01 /min

 Per prove in controllo di spostamento, una velocità della traversa di 2 mm/min. Per quanto riguarda, invece, la frequenza di registrazione dei dati della prova, è possibile registrare sia in modo continuo che ad intervalli regolari e frequenti.

Normativa ASTM D3039

Questo metodo di prova determina le proprietà di trazione piana di un materiale composito a matrice polimerica rinforzata con fibre ad alto modulo. I materiali compositi che è possibile analizzare devono essere caratterizzati da fibre continue o discontinue, con il laminato bilanciato e simmetrico rispetto alla direzione di prova.

Lo scopo della norma non è quello di affrontare tutte le problematiche relative alla sicurezza eventualmente associata al suo uso. È responsabilità dell’utilizzatore di questo

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standard stabilire le appropriate misure relative alla sicurezza e alla salute, determinando l’applicabilità dei limiti normativi prima dell’uso.

Specifiche e numero di provini

I test vanno eseguiti su almeno 5 provini. La scelta di larghezza e spessore del provino deve essere tale da favorire la rottura nella gage region e assicurare che contenga nella sezione trasversale un numero sufficiente di fibre, per essere statisticamente rappresentativo del materiale base.

Nella tabella sottostante vengono riportate le dimensioni suggerite per i provini.

15(±0.3) 250 1 (±0.1)

Unidirezionale a 90° 25 (±0.3) 175 2 (±0.1)

25 (±0.3) 250 2.5(±0.)

25 (±0.3) 250 2.5(±0.)

Tabella 2.1: Dimensioni dei provini suggerite dalla ASTM 3039

La normativa fornisce anche raccomandazioni per la geometria dei tab. La scelta del tipo di tab è funzione del materiale in esame, dell’orientazione delle fibre e del tipo di afferraggi usati. In presenza di afferraggi idraulici, i tab non smussati sono molto efficienti, mentre per gli afferraggi a cuneo, tab con piccoli angoli di smusso (7°-10°) hanno un migliore comportamento.

Laminato Lunghezza (mm) Spessore (mm) Angolo di smusso

a 0° 56 1.5 7° o 90°

a 90° 25 1.5 90°

Bilanciato e simmetrico

Tessuto abrasivo

Fibre discontinue Tessuto abrasivo

Tabella 2.2: Dimensioni raccomandate per i tab.

Unidirezionale a 0°

Bilanciato e simmetrico

Fibre discontinue

(48)

46

Elaborazione dei dati sperimentali

Nell’elaborazione dei dati sperimentali si comincia calcolando il carico di rottura con l’equazione (1) mentre la tensione di trazione in ogni punto di acquisizione è data dalla (2).

[MPa] (1)

[MPa] (2)

dove [N] è il carico massimo misurato prima della rottura, [N] il carico misurato all’istante i-esimo e A [ ] l’area media della sezione del provino.

Per quanto riguarda il modulo elastico, è dato dalla pendenza del segmento che unisce due punti distinti sul diagramma sforzo-deformazione in un intervallo fra 1000 e 3000 . Se i dati in questo intervallo non sono disponibili, si utilizzano i valori che più si avvicinano.

L’andamento della curva sforzo-deformazione è riportato in figura 2.5; normalmente, per i compositi, è lineare fino a rottura. Può però capitare che il materiale abbia un comportamento bilineare, cioè presenti una zona in cui cambia la sua pendenza.

Per il calcolo si utilizza la formula

[MPa]

dove e sono le deformazioni longitudinali a 3000 e 1000 rispettivamente, mentre e [MPa] sono i relativi valori di tensione misurati. Il modulo elastico così calcolato deve essere arrotondato alla terza cifra significativa.

Nel caso in cui il range di deformazione sopra citato presenti una regione di transizione con andamento bilineare è consigliabile utilizzare un range diverso, in cui l’andamento sia lineare.

Infine, il calcolo del coefficiente di Poisson può essere effettuato attraverso la formula

[MPa]

dove e sono le deformazioni trasversali corrispondenti alle e utilizzate per il calcolo del modulo elastico.

(49)

47

Figura 2.5: Andamento tipico della curva sforzo-deformazione.

Normativa EN 2561

Le indicazioni della normativa EN 2561 sono meno dettagliate rispetto a quelle ASTM, lasciando più libertà di scelta all’operatore. La EN 2561 è specifica per le prove di trazione nella direzione delle fibre. Prevede che i pannelli abbiano una curvatura <0.002, dove f e k sono mostrati in figura.

(50)

48

Questa normativa si differenzia dalla ASTM per la dimensione dei provini, distinguendone tre tipologie, come mostrato nelle tabella sottostante.

Grandezza (mm) Tipo A Tipo B Tipo C Lunghezza 250±1 250±1 250±1 Larghezza 10±0.5 15±0.5 15±0.5

Spessore 2±0.2 1±0.2 1±02

Lunghezza tab 65±15 65±15 Spessore tab 0.5±1 0.5±1

Tabella 2.3: Dimensione dei provini suggeriti dalla normativa EN 2561

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49

Figura 2.8: Provino di tipo C.

Elaborazione dei dati sperimentali

La tensione di rottura è calcolata con la stessa procedura della normativa ASTM 3039; per quanto riguarda il modulo elastico, però l’intervallo di riferimento è sulle tensioni anziché sulle deformazioni. I punti del grafico sforzo-deformazione da considerare sono quelli corrispondenti ai valori /10 e /2.

Per il calcolo, si utilizza la formula

dove e sono le deformazioni longitudinali corrispondenti ai due valori di tensione sopra indicati.

Il modulo di Poisson, infine, è calcolabile tramite la formula

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50

Normativa EN 2597

Si differenzia dalle precedenti per il numero di provini minimo richiesto, 10, e per la geometria dei provini. Ne stabilisce due tipologie come mostrato in tabella

Grandezza (mm) Tipo A Tipo B

Lunghezza 250±1 250±1 Larghezza 25±0.5 25±0.5 Spessore 2±0.2 2±0.2 Lunghezza tab 120±1 60±1 Spessore tab 0.5±1 0.5±1 Lunghezza libera “g” 10±1 130±1 Lunghezza reg. afferrata 50±1 60±1

Tabella 2.4: Geometria dei provini suggerita da EN 2597

Riferimenti

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