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Educazione degli adulti e mondo della tecnica

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2006, VOL 2, N. 5 ISSN 2279-9001

CONTRIBUTO TEORICO

Educazione degli adulti e mondo della tecnica

Angela Giustino Vitolo

L’idea diffusa che l’educazione degli adulti debba costituire un mezzo per colmare le inevitabili lacune con-seguenti alla continua trasformazione della nostra epoca, rischia di apparire riduttiva se la si considera solo nell’ottica della necessità di consentire un’adeguata collocazione del singolo nella società cosiddetta della “conoscenza”, attraverso lo sviluppo dei saperi, capacità, competenze. Al di là di questa dimensione, infatti, si impone la necessità di riflettere sulla peculiarità della nostra epoca definita “età della tecnica” e dunque sul ruolo e il significato che la tecnica assolve oggi nella vita di ciascu-no di ciascu-noi.

La tecnica, come sappiamo, è quel mondo organizzato nel quale viviamo, dove tutto, mezzi, scopi, azioni, desideri, sono ormai tecnicamente articolati e si servono della tecnica per realizzarsi. Essa è quel mondo che, prodotto dall’uomo, oggi lo condiziona in ogni momento e aspetto della sua vita, la quale rischia in tal modo di essere soffocata nelle spire di un mondo funzionale, dove ciascuno da soggetto finisce per divenire oggetto della tecnica stessa, come qualcosa da manipolare, utilizzare, sfruttare.

La razionalità tecnica che governa il nostro vivere accresce in noi la falsa coscienza che l’uomo, quanto più progredisce nell’accrescimento tecnologico, tanto più diventa potente laddove, al contrario, il dominio tec-nologico si fa sempre più “gabbia d’acciaio” che ci blocca all’interno di una situazione dalla quale sempre meno siamo capaci di de-situarci, per esercitare la nostra libertà.

Ogni giorno di più si accresce la pretesa che i problemi sociali, politici, morali, possano trovare soluzioni mediante interventi di tipo tecnico-scientifico, dimenticando che la natura di questi problemi è legata allo stesso progredire scientifico e tecnologico che ha determinato una struttura della società uniforme e rigida a cui necessariamente bisogna adeguarsi, pena l’esclusione.

Inseriti in questo sistema ci sentiamo sempre più parte di un tutto organizzato, pianificato, nel quale ciascu-no si trasforma in oggetto conformabile e trasformabile per gli scopi di altri e dove ciascuciascu-no può disporre degli altri rendendoli funzionali ai propri fini.

Da quanto detto non consegue una demonizzazione della scienza e della tecnica, al contrario, que-sta acquisizione dell’umanità costituisce una ricchezza e non una perdita e tuttavia essa va consi-derata come un insieme di possibilità ma anche di pericoli nel senso che potrebbe recare in sé il fallimento dell’essere umano se ciascuno non viene reso capace di essere all’altezza delle esigenze che questa situazione impone.

La riduzione a funzione provoca lo sradicamento dei contenuti sostanziali della vita e decreta la dissoluzione dell’individuo, privato della sua particolarità storica.

In una simile situazione l’educazione degli adulti può svolgere l’importante compito non solo di acquisizione di nuove conoscenze ma di attivazione dell’esercizio di un pensare che sospenda ogni domanda di carattere strumentale e si apra al recupero dell’essenziale humanitas che alber-ga in ciascuno e che un’intellettualizzazione esasperata ha finito per soffocare.

Nel rapporto Delors del 1997 uno dei quattro “pilastri dell’educazione”, coinvolgente l’intero corso della vita, riguarda l’imparare ad “essere”, una modalità di apprendimento che potrebbe essere assunta nell’accezione ontologica, tesa a restituire all’essere umano, attraverso processi for-mativi adeguati, la sua peculiarità di esistenza singolare. Un’educazione degli adulti che aiuti l’uomo a liberarsi dalla condizione reificante nella quale rischia di rimanere incluso se si limita semplicemente ad adeguarsi alla realtà; che aiuti l’uomo a divenire un “chi” che si interroga sulle cose del mondo, che non vive come parte di un tutto organizzato anche se magari di questo tutto ha un’ottima conoscenza, ma esiste in un atteggiamento di apertura rispetto al mondo. Imparare ad “essere” inteso come sviluppo delle capacità di esercitare la propria libertà, di inter-rogarsi sul senso delle cose, e non solo sul loro utilizzo.

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Fare dell’educazione degli adulti lo strumento per educare ad un pensiero che non sia quello del calcolo razionale, ma un pensiero che restituisca alle parole, spesso ridotte a slogan acriticamente accettati, il loro autentico significato.

Educare ad un pensiero che riattivi la memoria storica, un pensiero che aiuti a trovare la strada per giungere a se stessi per riportare alla luce l’essenziale dell’essere umano. Il rischio che oggi si corre è di addestrare e non di educare. Compito pertanto ineludibile della nostra epoca è educare ad un pensare etico-politico che renda capaci di attivare una democrazia sostanziale che non è mai possesso definitivo, ma è sempre in divenire, e come tale richiede co-stante autocritica e un’intima partecipazione alla vita comunitaria che è qualcosa di più di qual-siasi organizzazione, in quanto è edificata sull’intimità personale, sull’impegno morale, sulla par-tecipazione emotiva.

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