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Alfredi da Salerno : tragedia

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Academic year: 2021

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ALFREDI DA SALERNO

T R A G E D I A

I ! A R I A H 0 L E O P O L D O F A V E L L A

HAPPHESENTATA lapbimatolta

N E L T E A T R O D E ’ F I O R E N T I N I la sera d e ’ 2 4 ag o sto i8 4 a

N A P O L I

A L I ’ I K S E G K A D I A I D O M A N C Z I O C a rro z z ie ri a M ontoUyeto n . x3

1844

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A L L A

MI A S O R E L L A C O L O MB A

C H E F U

A

le in tito lo , Om bra la c r im a la , guest'um ile la ­ voro , n a to , /)e r cosi d ir e , sotto i tuoi occhi e di tante so llec itu d in i p e r te sorgente. T u l ’accogli qual tributo di am ore, di g ra titu d in e e di reveren ­ za. Come obbliare che a me in verdissim a età, f a t ­ to orbo d i madre . d i m aterne cure larga so p ra m ­ modo tu f o s t i ? che, venuto adulto , in m ortale in ­ fe r m ità pazientem ente e am orevolm ente ini a s s is te ­ sti? che n eg li a ffa n n i, nelle s v e n tu r e , nelle a m a­ ritu d in i dell'errabonda m ia v ita m ia com pagna ti f e s t i ? c h e ,p a ssa la a n o zze , da me con dolore in d i­

cibile ti se p a ra sti? A h i ! non sono quindici g io rn i che i tu o i ca ri ti p erdevano ! E te rra stra n iera la tu a spoglia raccolse ! E stra n ia gente chiuse i m o­ re n ti tuoi o cc h i! udì l'estrem o tuo sospiro ! I lla c r i­ mata f o r s ’a n ch e n e lse p o lc ro sc e n d e v i!... T

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cavven-tu r a ta , cui la p o ssa n za del morbo cotanto i sensi abbatte e in tanto buio il giudicio ra vvo lse , che spetta trice non fo s t i della tragica fin e del tuo c o n ­ s o r te : i l quale i l dolore d i p e rd erti con s ì fe ro c e im pelo a ssa lse, ch e, come se stato fo s s e tocco da fo lg o r e , di repente ai circostanti m ancò■ E n tra m b i i n cielo congiunti, come sono i v o s tr i co rp i sotter­ r a , orate p e l fi g l i o , c u i, tenerello a n c o r a , ta n ­ ta p a rte d i miserie toccò in questa va lle d i la­ g rim e . E d eg li virtuoso ed onorato cresca , e i a m adre nella p ie tà , il genitore nella vigoria d e l­ l'anim o im iti ed agguagli. N è tu vo g li d im enticare, o d ile tta , che solitario e tristo, e del corpo e dello sp ir ito in ferm o .e giuoco d'inclem ente fo r tu n a quag­ g iù m i v iv o , solo a quando a quando rin fra n c a to d a l pensiero d i avere anch'io quando che sia a la ­ sc ia re le m iserie d i questo m ondo e le fa tic h e . Deh ! vien i sovente con la tua im m a g in e, v ie n i a rivocare alla mia m em oria i diletto si dì della n o ­ stra p rim a g io v in e zza ; tu l'acerbità de’m iei d olori rattem pera. M a che dico in fe lic e ?

Nessun maggior dolore, Che ricordarsi del tempo felice Nella miseria!

P iuttosto de' tuoi gaudi e delle d ilettanze dì costas­ sù d isc o rre n d o m i, me con fo rta e ralleg ra . N è vo ­ g l i , tu che m agnanima f o s t i e di g en tili v irtù raro esempio tra n o i, nè v o g li, o c a r is s im a , il tuo p e r ­ dono rilegarmi, se ta lv o lta , da subita e

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irragione-s

voi bile tr a p o r ta to , t i f u i cagione d i dolori e di noie. E sso è p e r me necessario ; e l'a m o re che t i ho portato e ti p o rlo non varrà a cancellare i m iei rim orsi.

Napoli i 4 febbraio i 844<

(8)

Blood hath been shed ere now , i’ thè olden time, Ere human statule purg’d thè genlle weal ; Ay , and since too, ruurders have been perform’d Too terrible for thè ear.

Pria d’oggi il sangue si v ersò— ne’ prischi Tem pi, priachè Fumane leggi l’alme Comunanze allenissero ; e delitti, S i , poscia ancor, tropp’orridi a sentirsi, L’uom consumò.

Shakspeare, Mochetti, U t , i r .

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P E R S O N A G G I

A L F R E D I R IC C A R D O A F E L D A G U N IL D A D O R A N T E U L R IC O

Ugo fanciullo di due anni

Gu a r d i e •

La Scena è l’antico Castello de’Principi di Salerno.

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A T T O P R I M O

Cam era nella to rre del castello con po rta in fo n d o , m a chiusa. Il suo aspetto deye po rg ere anzi u n ’idea di prigione che d i u na stanza qualsivoglia. Notte. Il luogo è rischiarato da una lam pada.

S C E N A I.

AFELDA è abbandonata sopra ruvida panca. Dorme. Il suo viso manifesta amaritudini e profondi dolori. Entra Gunilda.

G U N IL D A

. Misera Afeldal dal dolor tu stanca L’umide luci a breve sonno or chiudi. Soave, amico sia qual sempre ai giusti Esser dovria 1 del cor gli spirti affranti Ristori ei si che al rieder della luce Salda lu tta r col novo duol tu possa! — Di te che fia , del pargoletto fig lio ?... P e r sè non g ià , per voi G unilda or trem a.

(pausa)

Ahi tro p p o , o donna , sul tuo capo pesa Il truce fato de’ Toraldi ! 11 germ e Di lor progenie p e rse g u ita , spenta

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1 0 A T T O

Ultimo sei. De’ tuoi congiunti il saligne A sicurar gli usurpator Suàdi

l\o n fu b astan te; altro versarne è fo rz a .... 11 tuo . . . Pensier orribile mi lascia! —

(pausa)

M ura d ’Alfredi queste son , del fero S ir di S alerno , e paventar non deggio? Qui col favor delle tenèbre a forza P erch è n’ han tratte? Il sacro nodo aIGne Che Afelda allaccia al giovin prence Alfredi Scoperlo ha fo rse ? ... Abbrividisco!

A FELD A ( amorosamente )

O m adre. G U N ILD A

Soave nome.

( Afelda si leva e si accosta a Gunilda con serena gio­

ia, come chi è in suo stato abituale e da nessun tristo accidente fosse stato incolto)

A FE L D A Il merli.

G PN 1LD A

( c on sospettosa maraviglia, ma tosto repressa, la guarda)

A che d’ intorno Volgi i tuoi sguardi?

A FE LD A E qui Riccardo?

GUNILDA

( si accorge dell’ illusione in che è Afelda e per trar•

itela pacatamente dice )

Assai Più della sua nostra salute il prence R isp etta, o figlia ; se v’ha rischio, il credi,

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Non oserà Torme qui trarre. In riva Del Selo Afelda più non è .

A FE L D A ( come chi s i desia)

Fugace Illusioni... Del mio nemico è questo Il rio castel ... anco de’ nostri un giorno Placida stanza e gloriosa.

GOTTI LD A Um ani

E v en ti!

A FE LD A

(con ira dolorosa )

Ed o r prede d’A lfre d i?... in loco Pari a tomba tradotte? — Oli m a d re !...

( stringe al seno Gunilda piangendo ) GEKILDA

Il cieìo Proteggeranne. D eh ! fa cor.

A FE LD A

(con diqnitoso dolore)

Afelda Cattiva è qui dove seder Teina Salerno la vedi la se avverso fato SVon perseguiva i nostri.

GU1MLDA

O f i g l i a , A lb in o ,

Il fato n o , dessi incolpar. L ’iniquo, Ambizioso il principesco s e r to , Quel serto s ì , che circondar dovea D ell’avo tu o , d’ Ugòn la fronte illustre, Con m ani usurpatrici il dì che m orte Rapiva loro il com ua zio Corrado

(14)

N on posò sul suo crin ? Retaggio d’Ugo E ra lo scettro ; il pio Corrado a lui, Che di prode guerriero e giusto il nome M ertato a v e a , lasciollo. Ecco sorgente Inesausta di sangue e di delitti ; P e rò che Albino da ribaldi cinto, D a tra d ilo r, che compri avea con esca D ’oro e d’o n o r, con meditate fraudi U go trasse agli agguati e al ceppo ratto Qual ribello dannollo. Insiem più vite Poscia de’ nostri ei spense e in bando i meno Tem uti mise . .. Ahi rim em branza! allora Nascevi tu.

A F £ L D A D ’un avvenir più tristo Presagio fu mio nascimento. Il duro Supplizio ad ischivar, che il minacciava, D al domestico tetto esule giva

Il g e n ito r; e della Brenta ai lidi

Tomba trovò ! Ma la consorte ... ahi m ad re... Misera m adre! la mcdesma notte

In che le prim e aure di vita io bevvi, D al duolo attrita avea reso lo spirto.

G U N ILD A

L a piansi e troppo! c se a le m adre — amica A m e , sorella era Gisele. Oh notte!

P iù non rieda al peusier! — T e salva Iddio V olle , che in vita conservommi ( vero P rodigio di sua man !) ond’io del corpo T uo tenerello avessi c u ra , e madre Ti fossi e guida nell’elà più ferma. Povere fum m o; che quell’empio tutto N e tolse ! eppure a noi pietoso il cielo

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P R I M O Fu sem pre, c vita placida , solinga, Se non lieta , vivemmo inGno al giorno la che d ’a m o r, lassa ! cadesti al laccio.

A FE LD A Sublime in g eg n o , generosi spirti, Amor del giusto e pietà vera , intensa P er gl’infelici, il sai tu ben , tai furo Del mio Riccardo i pregi e in un le sole Trame d’am or.

GDKILDA L ’egregie d o ti, i sensi Magnanimi dell’alma in lui conobbi

Io prim a, Afelda , e giuste laudi al suo Merlo p ur sempre trib u ta i; ma sangue D ’Alfredi egli è , che d’un Albino è figlio.

A F E L D A

D a mostri e’ nacque s i, colpa non sua. D i miglior padre e d’un’età più chiara Riccardo è degno. I suoi nalal corregge In lui l’amarmi e innum ere le colpe D ell’avo su o , del genitor cancella. Ma rea son io. Del giovin p ren c e, io nata D a T o ra ld i, in mio cor unqua l’immago Accoglier non dovea. Questa esecrata T erra del sangue mio rosseggia e grida A lta v endetta, m em oranda. Afelda U n Suàdo abbracciar ...n o d o con lui S tringer solenne ... d ’un Alfredi il figlio A m ar perdutam ente?... Ecco il delitto, Che il nome mio d ’ infamia copre e caccia D a ’pelti umani ogni pietà che possa L a sciagura svegliar; ecco il delitto, Cui l’om bre avite con occhi iracondi

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Lassù dal ciel guatando iroprecan mille Folgori sul mio capo . . . . O rrida v is ta !... —

G U N ILD A

Sovente il duol nostra ragion corrom pe. — Mei credi p u r , gl’irrequieti affetti

D orm on con l’uomo entro la tom ba; e Iddio N ostr’ire danna e quai fratelli am arci

C om anda, e gu ail per chi tal legge ha infranto. A F E L D A

( con inquietudine e paura )

La voce udir parmi del figlio...

( vuol andar pel fig lio , ma Gunilda la trattiene ) G U N IL D A

E quale T im o r? ... R im an ti; io riederò con U go. Tuo pianto a lagrim ar l’invita ... Ahi grave Gli è il m aterno dolor! — T ’ incuora e sveglia T u a virtù prisca e al giusto ciel t’affida, —

S C E N A

II.

AFELDA

L a mia v ir tù ? ... Splendido nom e e bello Appo i mortai cui l’avvenir sorride E gioia sono i di perduti. A donna N u d rita nel d olor; orba de’suoi; D all’odio cieco d’un nem ico atroce P erseguitata ; in suo poter caduta ; Irreq u ieta , pavida pel fato

D el figlio , dello sp o so ;... a donna , a cui B ram ar la vita e vagheggiar la tomba E danno egual — sarà virtude umana Possente sì che a tanti mal le basti ?

(17)

S C E N A

III.

AFELDA e RICCARDO

RICCA RDO

( soffermandosi un momento all’ ingresso della scena ) Afelda.

A FE LD A

Oh visla ! ... Oh mio R iccardo!...

( corrono ad abbracciarsi e restano alcuni istanti cosi;

dipoi Afelda con amorosa inquietudine dice )

In queste Soglie tu il piè . . . . vigile alcun . . . .

RICCARDO

T ’acqueta. Da crude angosce i nostri cor solleva Questo m om ento; noi turbar ten prego. G unilda?.,. il figlio?

( premurosamente ) A FE LD A

Li vedrai qui tosto. RICCARDO

Riabbracciarti in la magion p a te rn a ; In loco tal che solo a rei s’addice; T e m irar d e re litta , in preda al fero IN'emito tuo, che nom ar mio pur deggio; Di si possente, minaccevoì turbo Che n’investì repente la cagione

Ignorare ... e’1 destin . .. ahi! forse questo Riccardo in mente rivolgea là, dove Un di consorte a le , d o n n a 3 divenne?

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A FE L D A

Che rim em bri, infelice? A noi qual strana V ita n e’di fu tu ri, orrida ed aspra S erbata fosse — allor la te r r a , il cielo A pertam ente presaginne e troppo. — D el nostro cor l’ immacolata Gamma; L ’augusto n o d o , che ci strinse, un lustro Se al padre tuo nascosi fur — non vuoisi F av o r celeste ciò nom ar?

R IC CA RDO Palesi

Son nostri lacci or f o rs e ? ... Alfredi seppe... A F E L D A

D ubitarne chi puote?

RICCA RDO Abbrividisco ! D eh! n arra tu tto ,

A F E L D A

Alfin ti calma e m ’odi. — Che sappia Alfredi il ver nè da parole, N è d’altri segni manifesti il trassi ; Chè nullo accento dal suo labbro udii, N è il vidi io g ià , m ercè di Dio , sinora. Ma di diserta , oscura donna in traccia G ir tra l’om bre no ttu rn e in riva al Selo F olto drappel dal rio D orante addotto; I! so litario , sconosciuto ostello C inger d ’arm ati ; con trem enda voce Del prence il c e n n o , il mio destin narrarm i ; P iù del dover guardinghi e sospettosi M enarne qui precipiti ; lasciarne Incerte 5 paventose . . . a h ! di’, Riccardo, Dubbiezza v’ ha che di Salerno il prence

(19)

P R I M O Il nostro a m o r, il sacro nodo ignori?

RICCARDO A creder ciò tuo ragionar noti basta. Respiro. —

A FE LD A E che ?

RICCARDO P er meditati inganni, P er subito terror pensai te tratta A svelar

tutto-A F E L D tutto-A Ingiusta tem a. RICCARDO

L’alto Tuo cor conosco, i traditor pur anco. D ’ insidie atroci e tradim enti è p ie n a, T el dissi io g i à , questa paterna corte.

D ’ infidi consiglier si cinge Alfredi D i lo r più c ru d o , sospettoso, infido. Quest’arm i abborro e paventar pu r deggio. E ch e? ne’ petti inonorati, infam i, Abbomiaandi di virtude alberga Semenza forse? E qual arm a i codardi Sanno ad o p ra r, traune la fra u d e ? — Il campo Noi tutti sa. D ella nemica trom ba

Il suon mettea forte spavento a ’ vili Appo l’avverse am alfitane a re n e ; E trep id i, affannosi, all’oste il tergo Volgendo r a tto , ebber diserto il cam po. Codardi; io li ratten n i, io lor gridai — « In fuga sol certa rovina è posta E d ignominia eterna ; alle confuse Nostre schiere tornate; all’arm i, alFarm i;

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18 A T T O

10 vi p r e c e d o — a Di vittoria il grido A lto s o n ò ; f u r nostri i l a u r i ; il nome D i vincilor io m ’eb b i. A’ vii soltanto M ia gloria i n c r e b b e , e inestinguibil odio G i u r a r o a m e fin da quel g io rn o e morte.

A F E L D A

P i ù c h e tu a glo ria increbbe lo r tu o sprezzo. 3Von p ro v o c a r li. Essi spiar tuoi passi C e r to ; d’Alfredi in c o r s e n o n verace D e l segreto i m e n e o , com’è tu a m e n t e , T i m o r — alm en g ra v e sospetto b a n posto. Sii lo r più m ite.

RICCA RDO

A ’t r a d i t o r ? . . . Se c h ia r a L ’ordita tr a m a fia , rivi di sa n g u e S c o r r e r farò. A F E L D A N o n o b b li a r mie prcci, R i c c a r d o , d eh ! RIC C A R D O S e m p r e t a c e r ? A P E L D A P r u d e n z a , P a c a to d ir a te conviensi. F o r a D a o n o securo u n a parola au d a c e P rof fe rir oggi. P a v e n ta v i o r dianzi Che tesi a g g u a ti a disvelar condotta 11 segreto m ’av ess ero ? Simile T i m o r per te mi sta nell’a lm a . N ota L ’ in d o le tua m’è troppo. Ornai r i t r a t t i ;

T r o p p o in dugiasti.

RICCA RDO

Il pre n c e è f u o r ; n o n anco N o tte dechina .

(21)

P R I M O 19 A FE L D A

A lc un p o i r i a . . . RICCARDO

N egletto Saio mi copre e qui di fu r to io mossi.

Di fu r to ? ... Ahi m u ta m e n to ! — E chi le trasse In queste m u ra dolo rose? pace

Chi tolse a t e ? chi misera ti r e s e ? C h i , chi t’addusse al lim ita r di m o r i e ? — Riccardo.

(

si asciuga il pianto )

A FE LD A

I l ciel n o stra v ir tu d e a pro va P o r volle.

RICCARDO Eccelsa donna !

(

pausa; dipoi con ira dolorosa esclama)

. . . E che sul capo D e' re i no n scagli folgori e procelle E l’in n o cen te o r tu non s a l v i , o D io ?

A FE L D A D ell’alm a in te tu tto il vigore antico Richiama ornai; g rav e periglio a noi Sovrasta ; p u ò tuo fa v e lla r ...

RICCARDO

(/’

interrompe con veemenza )

Mio petto ,<

A voi sar à scudo possente. H an d ’uopo T ra C g g e rlo , vers ar tutto il mio s a n g u e Nostri nem ici, anzi che alcun s’altenti Contro vite si c a re alz ar suo b ra n d o .

(22)

S C E N A IV.

RICCARDO, AFELDA e GUNILDA col fanciullo Ugo

per mano. RICCARDO nel vedere il figlio corre ad ab­ bracciarlo , e lo si reca in braccio e Io bacia più volte.

RICCARDO Figlio ! GUNILDA Riccardo! RICCARDO Ugo infelice ! (■piange ) G U N IL D A Oh istante ! R ICCA RDO

Tua stanza q u i? ... le pur paventa il truce S ir di S a le rn o ? ... in fra’nemici Alfredi P o n ti? ... Di le , della tua vita ignaro , Debile a n c o r , tem a qual mai d’ iniquo P re n ce nel sen destar tu puoi ?

A F E L D A

D ’Afelda È figlio.

G U N ILD A Im perdonabile delitto E in S alerno tal nome.

RICCA RDO

(con veemenza e risentimento)

È di Riccardo, D onne , p ur figlio; e questo nome i vili R isp etteran n o , il giuro.

(brevepausa. Gunilda notando l’agitazione di Riccar­ do riprende il fanciullo )

(23)

D ’esser padre S ’altri obb liò , certo non io l’obblio. — Che non m’è dato d ’affrontar que’ tristi, S quarciare il vel del tradimento atroce, C onfonderli, p ro stra rli, a n n ic h ila rli? ... — Che non m’è dato dissetar mia sete

Nel sangue l o r . . . infame sangue . .. e ’1 ciglio R allegrar? — Voi di quei fe llo n , voi prede? Qui nella corte d’un A lfre d i?... forse Serbale a fine vergognosa . .. . Oh rabbia ! Ed io mi taccio? ed un Riccardo il soffre?

A FE LD A

O r sì che tremo ; o r sì vicina io veggo N ostra rovina.

RICCARDO Che?

A F E L D A

N on dubbia m orte L’ imm enso, irrefrenabile tuo sdegno P er noi sarà. Del figlio almen ti c a g lia ; T e ne scongiuro.

GUNILDA F a senno.

A FE LD A Pel figlio Afelda prega il suo R iccardo; un giuro A te domanda l’ infelice.

RICCARDO E quale ? A FE L D A T a c e rti, al padre ossequioso il ciglio Volgere , e mite a tuoi nem ici__

RICCARDO

(24)

Q bbedirotti... il giuro. — Un guardo Iddio Su voi pietoso volga e forza infonda N ell’alme vo stre, e de’ nemici il core Tocchi e ne sperda i rei disegni. — S p o sa... G unilda ... al sen . . . P ace con voi. — T u , figlio, Al pianto nato e alle sv e n tu re , il bacio

P aterno prendi sulla f ro n te ;... il cielo T e protegga e conservi e m iglior sorte Ti p r e p a ri. .. — Lasciarvi è forza . . . Addio! —

( Afelda si abbandona sul collo di Gunilda, tenendosi stretto il figlio alle ginocchia. S i abbassa la tenda)

(25)

A T T O S E C O N D O

G ra n sala del Castello»

S C E N A I.

DORANTE ed ULRICO.

d o r a n t e

C h e qui 1’atlen d a , o U lr ic o , il p r e n c e o r dianzi M’ ingiunse; seco è l’orator d ’Amalfì,

ULRICO Di p ac e, intesi, le proposte e ’reca. Salerno tutta pace anela.

DORANTE A v ra lla ,

Spero, nè so la ; il prence p u r .. . sua trista Magion.

U L R IC O

D’Alfredi a te la mente è nota? D o ran te, p a rla ; evvi fra noi verace, Calda amistade ; i tuoi pensier son miei.

D O R A N TE T u di Dorante l’amistà merlasti, Ben lo ram m ento; ÌDgrati tu din fora Della tua fede sospettar: m a ...

(26)

ULRICO

P a rla , N ull’uom qui n’ode.

DORA N TE

D i tacersi è tem po; T utto s a p ra i, prometto.

U LR IC O

U nqua si cauto T e non conobbi. Alta cagion te stringe Certo a celarm i i tuoi segreti. U lrico R ispetleralli.

D O R A N TE A lta cagion dicevi? N on errasti. Ragion di stato il vuole.

U LRICO P orse pu r anco il nostro ben.

d o r a n t e

Che parli? U LRICO

Mal t’in fìn g i, D o ra n te , e mal mia fede Oggi rim erli tu .

d o r a n t e

D ’A lfredi... U L R IC O

Il figlio D’ambo è nem ico , il so. Disegni in mente O r di’ per lui non volgi? A me celarli N on puoi.

d o r a n t e

M aturi i miei d ise g n i, am ico, Non sono ancor ; ma se al mio dire ascolto Il prence p o rg erà, suoi v o li...

U LRICO

(27)

P aghi saran.

D O R A STE L’onor sol di Salerno E ’I riposo a me cal. Coprir col manto D el comun ben pravi desir per meglio Sbram arli p o i, fora gran colpa. Infame Ipocrisia cotanta entro non mai Del mio petto allignò. P e r mire occulte N on diedi a te l’amistà m ia; che vile S trum ento farti d’improbi disegni Incapace sei tu ; nè bassi affetti P onno albergar in nobil alm a. A loco Sublime Alfredi ti levò non certo Di giuste laudi al suon, ma per l’egregio V alo r, sap ere, ingegno. I nostri allori Contro 1’amalGtana oste pugnando C rescesti, U lrico.

ULRICO Che rim em bri?

d o r a s t e

V alse P erò lalor più che il tuo ferro — il senno. D ’esso fors’anco oggi avrem uopo. Afelda E qui. ULRICO T ’intendo. d o r a n t e Il prence vien. ULRICO Ti lascio.

(28)

S C E N A

IL

DORANTE

Alfin t’ ho com pro, ambizioso U lric o ; S aprotti bene adoperar. — Già cadde Agli agguati prim ier c o le i, che ad nomo Superbo , sprezzalor pospormi osava. L ’opra oltre o rsp ig n er vuoisi. —

S C E N A

III.

ALFREDI e DORANTE

A L F R E D I

(alle guardie appo l’ingresso della scena )

Con Aroldo S ’assem brinogli ostaggi; a cenni miei Sia presto il Gglio. Ite. — D oranle.

d o r a n t e

Prence. A L F R E D I

In parte il cielo i voli miei seconda. Alfin pace S alerno avrassi e lunga S p e ro , ma cerio gloriosa.

d o r a n t e

Oh gioia ! L a tua ferm ezza, il tuo coraggio e l ’arle Diffidi tanto di serbar gli siati,

Splendidi farli ed im m ortai, t’han reso Degli avi tuoi ben degno. Ardimentosa

(29)

S E C O N D O S e non ti par l’ inchiesta m ia, nè grave, T utto mi n a r r a , o mio signor.

A L F R E D I

Prim iero Fido vassallo a me sei tu ; tua fede Appien c o d o s c o, e d ’onoranze io volli Colmarla.

D O R A N TE Indegno men cred etti; solo Bontadc fu del tuo gran cor.

A L F R E D I

La m erli. — In o n o ra ti, altieri, iniqui patti

E bram ar pace eran d ’Aroldo i detli. DORANTE

Incauto orgoglio 1 il confondesti al certo. A L F R E D I

Sì ben . E p p u r m ollo, D o ra n te , l’ ira In ine ra tte n n i; alto pensier volgea In m ente A lfredi; ma che prence io fossi Non obbliai però. — L a pace, allora Diss’ei, conviensi ad am bo; in noi sincera Tal bram a sta ; ma dell’onore a prezzo Non la vi chiede Reginaldo. Sgom bra La cittadella v u o l, che ad oriente G uarda e che tiensi dà tuoi prodi ; Cecri, Cittade am alfitana, anco domanda.

D O R A N TE E tu ? A L F R E D I Cedei. D O R A N TE F ia v er?

(30)

A L F R E D I M’odi.

D ORA N TE P rostrata *

E la fortuna del nemico. A L F R E D I

Vinta Ad un n o v o , gagliardo impeto fora Amalfi certo , e addim andarla serva Tosto s’u d ria ; ma il guardo tuo protendi O ltre S alerno ed all’occaso c all’orto U n m urm ure comun odi de’nostri Vicini tu tti, che gelosi un grido,

P e r torsi in man della conquista il frutto, L evan di g u erra. Il debellato duca D ’Amalfi vendicar di tutti è il solo P retesto. Paventosi i miei vassalli Son fatti al suon di lai m inacce; il nome D ’usurpalore io porlo — Aggiugni — Stanche Son di pugnar le soldatesche ; è smunto L ’e ra rio , spenti i miglior p ro d i, scarse L e m essi, scemi anco i presidi. A guerra G enio m’appella ed i perigli io sprezzo; Ma di prudenza udir le voci è forza Talvolta. Amalfi io tengo pur senz’arm i.

D ORA N TE S ig n o r, che di’?

A L F R E D I

La mente mia ti svelo. — P e r render salda nostra pace al messo In fra’due stati un nodo io proponeva Di parentado.

DORANTE A rte sublime!

(31)

A L F R E D I Erede Del paterno reta g g io , il sai, Romilda E sola ; al duca Reginaldo cuopre Canizie il c r ia ... D O R A N TE ( interrompendolo subito ) R iccardo... A L F R E D I Amalfi tosto Suo duca il nom erà. Lo scopo aggiungo C osì, ben v e d i, e la mia fama io salvo.

D O R A N TE Piacque ad Aroldo la proposta?

A L F R E D I L ieto L ’accolse. Ad ambo ella di pace , disse, F ia soda base. Di mia fede a prova Ostaggi d ie d i, ed egli a me. D ell’au ra A ll’im brunir ei partirà.

D O R A N TE Sua sorte Il figlio sa?

A L F R E D I Nota saragli or ora.

D O R A N TE U n dubbio... A L F R E D I Che? DORANTE D ’Afelda il c o r... A L F R E D I Securo Ecco il mezzo a svelar lor fiam m a, i cupi

(32)

Disegni infami di nemica donna. Iniqua! il figlio traviarm i, spem e Di questa terra e g lo ria , a me sostegno Q uando alla tomba sarò presso? loco In fra’nemici de’Suàdi a p rirg li, E lla dal sangue de’Toraldi n a ta , Abbominanda stirpe? E vita e piena S icuranza ed asii nou dielle A lfredi? Q ueta non visse quattro lu stri? A m orte Degli avi suoi l’ardir , delitti tanti D a n n a v an la ; d e’miei saggi più fidi E ran questi i consigli. In cor parlom mi P ie tà ; ma serpe velenosa in grembo Stolto n u d ria , ch'u n di mio sangue al certo Cupidam ente succeria s e ’l novo,

F e ro periglio indagator tu scaltro Non mi scoprivi ed additavi.

d o r a s t e

Ornai Stassi in tue man ; del suo destino or sei A rbitro tu .

A L F R E D I T ’intendo. A miei voleri Spero docile il figlio: obbediente F u sem pre...

D ORA N TE

Assai da quel ch’egli era , o prence, Diverso parmi. T ac itu rn o , tristo,

Suo malgrado talor sdegnoso il veggio. T roppo d’Afelda l’improvviso e grave Caso l’oppriine . . . . A lei di furto mosse La scorsa notte.

A L F R E D I T anto osò ?

(33)

d o r a n t e

Di pianto, Di strida il loco risonar talvolta U dissi; a lungo rag io n a r, ma nulla Intender si potè . . . Sol fur distinte D ’Ugo ... di figlio in mesto suon le voci.

A L F R E D I

( con isprczzo c con ira mal repressa, la quale a gra­

do a grado s’afforza )

Bastardo vii.

D O R A N TE Alle città funesti S em pre costor. A L F R E D I ...S em pre fu n esti?... D O R A N TE (freddamente) All’alta Sapienza tua non fa m estier consiglio.

A L F R E D I

(isempre agitato s i f a all’entrata della scena e dice) V enga Riccardo.

D O R A N TE

( con tal gesto negli occhi da fa rg li intendere essere

tempo di temperar l'ira e disfingersi)

P re n c e ... A L F R E D I

(pausa; dipoi con calma angosciosa )

(34)

S C E N A

IV.

ALFREDI

I r e , tacete. — Inestricabil nodo, Oggi disciorre o rom pere saprolti.

S C E N A

V.

ALFREDI e RICCARDO

RICCARDO

A cenni tu o i} sig n o r, qui ratio io mossi. A L F R E D I

Ossequioso, obbediente fosli

Al padre tu fin da’ prim ’anni ... Allora D ell’accigliato prence il tuo sorriso Insueto nel cor piacer versava. Come diverso ora mi sembri !... Forse L a giovanile età . . . cure ... p en sieri... Certo degni di te , R iccard o ...

RICCARDO

Oh quanto Di giovinezza, di canizie gli in n i D iversi son da quell’albòr primiero D i nostra vita !

A L F R E D I . .. Occulti mali e gravi Soffri...

RICCARDO I o ! . .. C h e di’? . . .

(35)

A L F R E D I

Nulla celar dovresti Al padre tu.

RICCARDO Celarti !...

A L F R E D I

Amor io porto Immenso al figlio; per vederlo lieto Che non farei ? ... Riccardo il sa ...

RICCARDO

Te troppo Conosco . .. o p a d re ; ma dirti m'è forza Che di tristezza, di dolor sorgente Cagion arcana è pu r talvolta; e l’uomo Sovente duolsi e irrequieto fugge P e r aspre balze di caverne in traccia P er lagrim ar non visto e ’1 duol segreto Che tutto il grava interrogar.

A L F R E D I T alora Scoprir paventa tal segreto, ed altri E sé procura d’ingannar. — Securo Tuo cor riposi intem erati affetti, Convenienti d ’un Alfredi al Gglio N udra sempre. Beato a me s’addice R e n d e rti;... speme n’ ho. — P e r chi cotanti S udor fur sparsi nelle pu g n e? il Selo P er chi più volte fu sanguigno e in grembo P rodi estinti travolse ed a rm i, e all’onde D ell’Oceàn preda gli diede? allori P e r chi fur compri a prezzo ta l? N è basta. P er chi mie v eg lie, miei p e rig li, angosce Mille sostenni? — P e r te s o l, per farti

(36)

In guerra un dì signor possente; in paco R iverito , tem uto , invidiato.

RICCARDO

G rato ti son. Non d u b b ie , non leggère Di filiale am or pruove Riccardo Credo ti dette; e quanto a lui calesse T ua gloria e sicurtà più che tuoi stati Che un dì redar ei d eb b e , il p re n c e , Alfredi Sallo pur an co . Di tuo figlio il braccio A sostener tua "vacillante possa P iù volte valse. Da nemiche schiere D a tutte bande minacciala , stretta E ra S ale rn o ; di’ , questo mio brando Non la salvò? Riabbracciando il figlio, Spento il credesti ; del nemico sa n g u e, D ’agonal polve era b ruttato ; larghe P iag h e però gli noveravi al pelto (O n o ra le f e r ite ) ; e sgorgar sangue T u le m irasti. R im em brar d’AmalE L e innum ere battaglie anco tu puoi. E certo un’onta al nome nostro eterna Serbavan tuoi più fid i, cui sol sprezzo, Mi perd o n a, si dee. L ’ali alle piante D i tromba al su o n , che del nem ico assalto N ’ammoDiva, im pennar. Chi cotal macchia D alle lor fronti cancellò? chi salda Serbò tu a fam a? chi le ardite schiere F u g ò ? chi ratto nelle man ti pose L a cittadella? chi di R eginaldo L a fortuna , il valor prostrò ? chi pace O ggi lo strinse a dom andar? — Mio brando. N è il tuo diadema in mio pensier volgea, Quando il mio sangue per tuo prò versava. —

(37)

A L F R E D I

D ’Alfred! il brando anco pugnò. L ’avito Retaggio conservar per m e , pel figlio F o rz e rà o abbandonarlo. Al valor nostro F o rtu n a a rris e , ed anzi tempo i tuoi R isch i, il sudor e le fatiche e’1 sangue R im eritar io posso. Oggi è serbata Amalfi a te.

RICCARDO . . . . D ’Amalfi ... o g g i...

A L F R E D I

Consorte Rom ilda il padre destinotti.

RICCARDO

...Io sposo!... A L F R E D I

E duca in un gli Amalfitani tosto S aluteranno.

RICCARDO A le pensier ne sorge Or fo rse ?...

A L F R E D I

N o ; già tutto è ferm o. Aroldo Come di pace fondamento in nome Del suo signor la mia profferta accolse. Ambo giurammo e demmo ostaggi. — Altiero Del novo onor e splendida possanza

N ’andrai tu certo : p ur sapesti, dirlo Deggio., m erlar sì bella sorte.

RICCARDO T a rd i... T ardi mi sveli il tuo disegno ; troppo Celere fosti in satisfar tue voglie...

(38)

A te mio ben sempre non c a lse ? ... A L F R E D I 11 sai. RICCARDO E p p u r... A L F R E D I T i spiega. RICCARDO

. . . Al cor dar l e g g i... un figlio A nozze profferir, che ignora o fo rse...

A bborre . . . . pruova di paterno affetto N on p arm i...

A L F R E D I E d o seresti?...

RICCARDO

D el m/o saDgue A rbitro s e i, non del mio cor.

A L F R E D I Cotanto A rd isci?... D i R om ilda... RICCA RDO E destra e soglio Ricuso. A L F R E D I T u ? ... RICCA RDO Non t’adirar. Sommesso 11 figlio a tuoi voler fu sem p re, e fora Sacro per lui sè stesso dar pel p a d re ; Ma il c o r e , A lfre d i, il c o r...

A L F R E D I

O h r a b b i a ! . ..

RICCARDO

(39)

Non han gli alletti.

A L F R E D I

Che per altra donua A rd i, le llo n , di riprovevol foco

Suona il tuo dir. — Chi te sedusse? ascosa M e tua Camma perchè? tra figlio e padre Arcani v’ ha? ch’altro fra noi segreto, Salvo d elitto, asconder può? — Mi fia Chiara tu a m ente . . . — Impallidisci? trem i? D ’am ar tal donna ti vietava io forse? P a rla .

RICCARDO T rem ar me vedi tu ? ... sul viso Vedi p allo r? — Non tema , non rimorso, Signor , son ce rto ; che non mai de’ giusti Coscienza pavé. — S eduttrice nomi Mia donna tu ? che sol delitti asconde^ D icevi, am or che non t’avessi aperto?... Riccardo oh quanto mal conosci!... E tale, Che nulla fiamma in s è , tranne sublime, Accoglier p u ò ; che di sua vita a costo Difenderebbe la sua douna ; ch’ira, F u r o r , vendetta egli saria se osasse Altri che il padre con isprezzo o scherno Quel nome profferir.

A L F R E D I

( apertamente premendo il suo corruccio ) Tal dunque sia

P e r te Rom ilda. L ’obbedienza tua D ’ogui iDganno me tragga.

RICCARDO ( con fo r z a e gravità )

(40)

Nodi quest’alm a. Indubitata morte F o ra per me qualunque laccio.

A L F R E D I ( risolutamente )

E vano L ’ostinarti ; ragion di stato il vuole ; A lfredi a n c o r; ciò basta.

B1CCA RD9

U mane leggi, F e d e , virtù dan vita a’ re g n i. Amalfi, Se spenta fia l’am bizion, che n ’arde, Q ueta vivrassi...

A L F R E D I

( qui il suo sdegno prorompe e va sempre crescendo ) Al genitor favelli

C osi?... T u d u n q u e .... RICCARDO

Ad assodar la pace T ra Salerno ed Amalfi è fo rz a , o p ad re , S trin g er tal nodo ?

A L F R E D I

I miei voler t u , vile, Osi in d a g a r? ...

RICCARDO

( con sommo dolore e risentimento ) E un genitor dee forse Strapparm i il c o r , che mi concesse Iddio?

A L F R E D I

Qui regna Alfredi e tal linguaggio tien si?.,. V a , v a , t’ invola da’ miei sguardi ; troppo Soffersi; mia virtù più a lungo vuoi T u cim entar? Con fier gastigo e tosto Altri pagata avria procacia tanta.

(41)

S E C O N D O

Nel pello vii già questo brando immerso Alfredi av reb b e; e in un lago di sangue N uotar vedresti il tem erario. Pruova D ’alla virtù , mel c r e d i, è questa ; io voglio L ’estrema or darti. Anzi che il sol tram onti, A ltra risposta a ’ miei comandi attendo D a t e , Riccardo. Il contraddirm i fora P e r le funesto. Me conosci. RICCARDO Troppo. A L F R E D I Esci; intendesti. RICCARDO ( f r a sè in partendo )

— Ornai che re s ta ? ... Oh giorno

S C E N A VI.

ALFREDI

F renar le lanlo e sim ular potesti, Figlio d’A lbino? T rascinar la rea Qui per le chiome al difensor dinanzi E ’1 sen squarciarle non poteva io forse? Che noi fec’ io? — P u r in mie man tu sei, Iniqua d o n n a , ancor ; fra noi di mali, Di discordia semenza. Il luo destino Sospenderan poch’o r e ; sanguinoso, Se in suo pensier saldo lerrassi il figlio, S a r à , tei giura di S alerno il prence,

(42)

A T T O T E R Z O

L a scena dell’Atto I ,

S C E N A I.

DORANTE

G ià inchina il sol verso il tram onto : a queste Soglie colui non m overà. P iù forte

P e n sie r, cura m aggior suo spirto or denno Certo o cc u p a r: — novi pretesti opporre Al paterno com ando, al nodo. — O h gioia! Amica arride a voti miei la sorte. — D ’Afelda il cor vuoisi esplorar; superba F u meco un d ì; ma in mio poter non cadde? Son suoi disastri l’opra mia. Sprezzarmi N ovellam ente s’a r d ir à ? ... Qual mai

Asilo allor le resteria? — L ’inferno. — Dessa.

S C E N A

II.

AFELDA e DORANTE

A FE L D A

Chi v e g g i o ? , . , il

tra d ito ri.,. D orante ! d o r a n t e

(43)

A T T O T E R Z O N on io m’estimo ; honne custodia ; i cenni Del prence adem pio.

A FE L D A

(con ira mal repressa)

I cenni? A le s’addice

Incarco tal. — Che rech i? D O R A N T E

Immaginarlo Lieve cosa mi p a r , se chi son io Rimembri lu .

A F E L D A Di lag rim e, di lutto Sorgente sei ; per me nunzio di morte

Credo qui vieni.

D O R A N TE E li’ è in mie man.

A FE LD A

L ’appressa. D ORA N TE

Se non piombò sul capo tuo finora G rado saperne a me dèi tu ; ma guai! Se chi salute o r ti vuol d a r , superba Disprezzerai.

A FE LD A D ell’opre tue son frutto N ostre m iserie, e di salute or p arli? — Di questo loco lo squallor; le angosce D’una infelice; di Gunilda i feri, Incessanti tim or; del figlio il pianto; Di Riccardo i perigli ; il comun fato Minaccioso e tremendo a noi ben fanno Chiaro qual c o r, aspide v ii, tu t’abbia.

(44)

d o r a n t e

Aspide son? — tal tu mi festi. Alteri M o d i, ripulse e le parole audaci, V ituperose in uom furente e crudo

Q ual che si fosse avrian m utato al certo. — Plebei natal non io m’a v e a , nè basso Loco in S alerno o nom inanza oscura ; Inoltre am or ti profferia.

A FE L D A ( con risentimento )

C ancelli L a ricordanza di quel dì — l’obblio.

D O R A N T E

(con simulata pacatezza)

E la sventura alfin saggia ti renda. A F E L D A S aggia?

D O R A N TE

P e ’ tuoi se non per te. M utaro, D onna, le cose.

A FE L D A C he?

D O R A N T E L ’orm e n eglette Dèi ricalcar. Ecco il seutier : salvezza A pporteravvi.

A F E L D A Oscuro dire è il tuo. Che intendi ornai?

D O R A N TE

Che le passale ammendi Ingiuste pffese; a un novo stil t’ap p ig li; Il mio primiero e generoso affetto

(45)

T E R Z O Con p a ri aQetto og g i ricambi.

A FE LD A

O h r a b b i a ! . . . C a lu n n i a la , p e r s e g u i t a , in queste

P a r e t i sepolcral v iv e r ; le notti V eg g h iare e la g r im a r s e m p r e ; pe’ miei, P e r i più cari p a l p i t a r ; sospesa S u l nostro collo ognor te m e r la sc u r e , F e ll o n , n o n b a s t a ? anco si veggia , è forza, D a l trad ito r vituperare A feld a?

D ORA N TE ( con ironia )

S a n t a v i r t ù ! C on tam in arla io v o l l i ? ... Ma fulge più q u a n d o trio nfa . I casti Affetti vostri in v e r t u r b a v a . . . . Senno F a r ò . —

(p a u sa ; poscia con ira e fu ro re ripiglia)

P rocacia n o v a . . . Io stesso u d i r l a ! . . . Io s t e sso ! ... — T e vituperai ? ... le braccia Ad u o m , c h e forte a b b o r r o , n o n porgesti, I n v e r e c o n d a , t u ? Virtude ostenta Chi b ru t ta m e n te calpestolla ? . . . In v a n o D isGngerti p ro c u r i. A FE L D A Appo i mortali B ugia rde fo rme e la virtu de e ’1 vizio P r e n d o n s o v e n t e ; ma la s s u s o , al g u a r d o D el suprem o Reltor , o n d e se curo Gastigo s’abbia o g u id e r d o n c o n d e g n o , V o la la colpa o l’innocenz a n o s t ra .

D O R A N TE Mio vilipeso a m o r prem io b en altro O r li p repara.

(46)

A FE LD A » E di te d e g n o ei solo, D i t e , D o r a n te . DORA N TE È v e r ; c h e sprezzo ed onta Oggi vedrai come il mio a m o r ricam bi. D egli imminenti mal a r r a li sia S a p e r che già n o n è più tuo R iccard o .

A FE L D A Che di’ ? . . . D O R A N TE ( con ischerno ) Riposa in tu a v irtù. A F E L D A ( con ira ) Gioisci, Gioisci p u r . D a lla sublim e altezza L ’empio p a v e n ti il precipizio.

D O R A N TE ( con veemenza )

In esso Mia m an cacciovvi. P a g o i n d a n o n v’ab b ia Annic hilati n o n sa rò.

( è per partire ) A FE LD A Gli estrem i A ccenti o r odi dal mio lab b ro . Il fato, Che n ’aspetta s a p p i a m — m o r t e , parola Al tuo signor , a te soave e t r o p p o ;

M a tranquilli m o r re m ; c h e ai giusti è glo ria , N unzia di pace la su p rem a squilla.

P a tr ia miglior n ’a tt e n d e — il c i e l , l à , dove I n note incancellabili di sangue

(47)

T E R Z O Vostri delitti l’eterna giustizia H a scritti già. T r e m a t e ; del gastig o I l giorno è p r e s s o .... M o r m o ra r io sento N egli avelli le vittime ; . . . lo r polve S ’a g i t a , frem e e g ri d a e vuol ven d etta.

D O R A N TE L ’a v r ò , n è tardi ; io tei prometto.

A FE LD A

0 mostro,

O r r i b il mostro. In su la fro n te im press a L ’ ira del ciel vendicatrice porti. Maledetto sei tu . P re c ip ito s a , A nzi c h e sbram i i tuoi desir malvagi, D is c e n d e r à la folgore superna S u l l ’infam e tuo capo e an n ien teralti.

D ORA N TE

P r i a ch’ il ciel m e , v’a n n ie n t e r à mio sdegno. A F E L D A

N u llo di noi te n o n paventa. E scritta N ostra sorte la s s ù ; b e n ig n a o av vers a, Cara s a r a n n e . D O R A N TE Im p allid ir vedrovvi. ✓

S C E N A

III.

G U N IL D A , A F E L D A e DO R A N T E G U N ILD A D o ra n te ! A F E L D A Va ; più n o n ti vegga.

(48)

D ORA N TE

Il pre n c e P iù n on vedrai ;

( questa espressione vuole andar pronunziata in modo che sia manifesto aver eg li voluto rintuzzare le ul­ time parole d i A felda, massime v eg g a . Inoltre deve in esso modo tralucere un non so che d i arcano,

allo a gittare nel cuore d i A felda g ra v i sospetti e funeste paure sulla sorte d i Riccardo )

b e n a l t r a m e n t e , il g i u r o , D o r a n te .

S C E N A IV.

A F E L D A e GUNILDA

( pausa lunga. V agitazion e ed i l timore leggonsi n ei sembianti d i entrambe )

A F E L D A U d is t i?

G U N ILD A Alto s pavento tu t ta Me com prende. Che fia ?

A F E L D A ( con ira e dolore)

. . . D o v e ne spinse D ’u n re p r o b o la m a n ! . . . Sposo infelice!

(piange)

G U N ILD A T ’ac q ù e ta ; il ciel p ro t e g g e ra l lo .

A FE L D A

O h sorte! — ( sempre agitata e lagrimosa ) O r si di n o stra prigionia l’a t r o c e ,

(49)

T E R Z O Insopportabil peso appie no io sento. Lassa! — D e h ! chi del mio R ic cardo nuove D a m m i ? a chi mai volg er l’ inchieste Afelda P o t r à ? Di lui qu al c h ’egli sia l’arcano D estin si s a p p i a . . . .

( muove verso la scena ) Sconsigliata ! e forse D ’insidie vili e trad im en ti pien o Q uesto loco n o n è ? Sto lta ! obbliasti

C he tr o n o Alfredi h a in queste m u r a ? I passi, L e p a r o l e , i pensier nostri no n d e n u o M ille iniqui esp lo ra r? Che qui colui L a sc orsa notte il piè rivolse Alfredi I g n o r a forse? — Incauto p r e n c e ! — Iddio T o lg a che g ra v e il casto a m o r delitto P e r o p r a d ’u n fellon sem bri a tuo p a d r e . M o r te ne avresti assai p eggior di q u e ll a , Che p e r noi tutti o r si p re p a r a al c e rto .

S C E N A Y.

R ICCARDO , A F E L D A c G UN ILD A RICCARDO Afelda. A FE L D A Q u i ? . . . t u , mio R ic c a r d o ? . . . GLTN ILD A O h gioia ! A FE LD A T e , D i o . ringrazio. RICCARDO

(50)

G u i d ò ; di s p e m e , di salvezza estremo S enlier ne aperse. A F E L D A Che di’ tu ? RICCA RDO Perigli o Im m i n e n t e , m o r ta l e a noi sovr asta. Schiv arlo dessi e ra tto .

A FE L D A I o trem o. G U N ILD A

E q u a l e ? . . . RICCARDO

D o n n a , che prò di nostra sorte l’ira N a r r a r t i in e s o ra b il e , tr e m e n d a ? . . .

( con rabbioso fu ro re )

T u tta me c o n tr o alm en si disfogasse. A FE L D A .

D e h ! cessa. F o r z a in tanto d uol m ira rti N o n ho. Ti placa e nel mio cor tuoi novi Affanni versa. O h quanto d o lc e , il sai,

M ’è dividerli te co! E c h e ? co m u n e N o stro fato n o n è ? Q u al mai sciagura Im pro vviso c’ incolse?

RICCARDO A r e n d e r salda L a p ace ornai tra Regin aldo e noi C o m p o s t a , Alfredi a l l ’o r a t o r d ’Amalfi Mia m a n profferse p e r R om ild a.

A F E L D A

Sposo D ’altra R ic c a r d o ! ! . . .

G U N ILD A R accap riccio !

(51)

RICCARDO Tale Mio slato fu q u ando dal padre il seppi: Anzi p eggiori c h è innanzi Alfredi io m ’e r a . Oh q u a n to fugli mia ripulsa grave I Il mio segreto con mirahil a r i e

T r a r m i te n t ò ; ma invan ; chè fermo io stetti* A FE L D A

Che disse il pre nce a l l o r ? RICCAHDO

Sen tenza in iqua, Q uanto c r u d e l mi profferì.

A FE LD A Q u al m ai? RICCARDO

Anzi che il sol g iunga a ll’oc c a so , a lui R e c a r risposta a suoi voler confo rm e D e g g i o : funesta p e r me fora ogni a ltra .

A FELD A

Che u d i i ? . . . d e h l f u g g i ; . . . ornai l’ora s’appressa. N ostr a rovina il vii D o ra n te or dianzi

G i u r ò . . . RICCARDO ( con ira ) P a rl o tt i il t r a d i l o r ? . . . A FELD A Custode Di questo loco egli è . F u g g i ; . . . potria T a l u n . . .

RICCA RDO

( con veem enza)

F u g g i r tulli dobbia m . Sol scampo Ecci la fuga : a ciò qui mossi.

(52)

A FE LD A N o i ! . . . G U N ILD A F u g g i r ! . . .

RICCARDO

E loslo. O g n i altro indugio fora C erto periglio. I p o ch i amici in tanta Avversita de a noi fidi rimasi

M ’h an pòrti i mezzi al g r a n disegno. — A scabri, Antichi calli e so tte rr anei mena

L a ferrea po rta , che qui vedi; il lido E presso. In menzognere sp o g l ie , ap pena L ’om bre n o tt u r n e r i e d e r a n n o , all’onde A ffid e re m c i, ed in rem ote a r e n e , D ove no n g iu n g a di S a le r n o il n om e, Dove im potente d e ’nemici è l’ir a , L a sal vatrice p ro d a volgeremo.

A FE LD A T r o p p a fidanza ; te D o r a n t e h a visto Q ui senza f a llo ... RICCARDO E g li è lontan ; le scolte S o n fide a m e. S e c u ri siam . A FE L D A R a g g u a r d a . . . F a se n n o ... RICCARDO A m e , G u n i l d a , il figlio. Il tem po Str in g e . G U N ILD A S i g n o r . . . RICCARDO Ogni altra c u r a } o d o n n e , Si lasci a me.

(53)

T E R Z O SI A FE LD A N ’odi u d m o m e n to .. . RICCARDO II figlio Io stesso...

(le donne vogliono trattenerlo)

A me libero il passo.

(fu rio so va pel fig lio )

S C E N A

VI.

A F E L D A e GUNILDA A FE LD A A b ! m a d r e , Di noi e b e Ha? G U N IL D A F o r z a è se guirlo. A FE LD A F o r t e Ali batte il c o r . . . G U N ILD A

Il ciel n ’assista! Ei viene.

S C E N A

VII.

A F E L D A , G UNILDA e RICCARDO c o n Ugo i n b r a c c i o .

RIC CA RDO Eccoci tu tti. Infausta te r r a , a d d i o , T e r r a di sangue e di delitti ; e te r n a N o tte te cu o p ra , ed a ll’età fu tu re T u o n o m e g iu n g a m aledetto. Indarno

(54)

P e r te versai mio s a n g u e ; ecco m e r c e d e .... Q u a l reo fu gge R i c c a r d o ! . . . 0 stolto o rg o g l io ,

( dà il fanciullo alle donne )

V a n n e ; tradirmi tu v o rr esti? E meco L a mia v i r t u d e ; ella t r io n fi , o Dio.

( cava dalle vesti una chiave e corre ad aprire la porta in fondo. La quale disserrata, compariscono sulla soglia d i le i A lfre d i, Dorante e gu ardie)

S C E N A

V ili.

A L F R E D I, D O R A N T E , G u a r d i e , R IC C A R D O , U g o , A F E L D A e GUNILDA

A L F R E D I I voti iniqui d ’u n fello n n o n o de II ciel. RICCARDO C h e ? . . . D e s s o l . . . a f e l d a O h trad im en to ! G U N ILD A O h vista ! A L F R E D I

Impa llid ite ? trepid ale? I rei Giustizia e t e r n a incolse alfin.

RICCARDO Qui rei Siete voi sol ; di miseri innocenti P e r s e c u to r , crudi oppre ssor voi siete. D ag li a b b o rr iti sguardi ornai si f u g g a ; Me s e g u i le , infelici.

(55)

A L F R E D I È tardi.

RICCARDO

( cava furiosamente la spada )

Il brando L ib ero il v a r c o . . .

A L F R E D I Il tem era rio r a t t o , G u a r d i e , s’accerchi e si disarmi.

RICCARDO ( resistendo )

I n d a r n o .... A L F R E D I

Deponi il ferro ; Alfredi il v u o l.—

(pausa. Riccardo getta i l brando, non sì però che l’ira, e la rabbia m al dome dalfiliale rispetto non traluca­ no da' s u d sguardi)

A u d a c e .—

(a lle guardie)

Costui s’adduca in ria prigio n. A FE L D A T ’è figlio... GUNILDA S i g n o r , p i e t à . . . A L F R E D I C h ie d e rla o r o r v’è f o r z a , D o n n e , p e r voi. RICCARDO T e l credo b e n . A L F R E D I ( alle guardie) Uscite.

(56)

G U N IL D A

( s i getta colfanciullo alle ginocchia d ì A lfr e d i)

T i plachi a lm e a d ’Ugo la v i s t a ; . . . è sangue D e l tu o C g liu o l....

A L F R E D I

D ’u n ’impudic a è figlio ; T o rald o p u r ; altro ve meco ei venga.

( /o strappa dalle mani d i lei)

RICCARDO

( soprammodo furente in alto d i lanciarsi in m ezzo a sa l­ vezza del fig lio, ma trattenuto dalle guardie )

Difender ollo col mio p e t t o . . . . A L F R E D I

A forza Al suo destili colui si tr a g g a .

RICCARDO

( È agitato orrendamente dall'affetto di padre e d i ma­ rito, Afjlgge g li occhi sul volto d'A lfredi in guisa che v i s i legge un’ ira repressa da un alto dovere. Finalmente con una rassegnazione procedente dal pensiero d i una Giustizia vigile, inevitabile , eterna profferisce gravemente )

. . . . U n D i o . . . . U n Dio v'è in ciel, c h ’ode i clam or de’ giusti.

(parte seguito da alcune guardie)

S C E N A

IX.

A L F R E D I, D O R A N T E , G u a r d i e , A F E L D A , GUiNILDA ed U go.

A F E L D A

( piangendo disperatamente in atto d i cacciarsi in mezzo,

ma impedita dalle guardie)

(57)

T E R Z O GUNILDA P r e n c e . . .

A FE LD A Il figlio!... ( sviene nelle braccia d i Gunilda)

A L F R E D I

E p r e d a , Mia p r e d a ; e voi lo siete p u r . O h gioia! Il tempo alfin di mia v endetta è giu nto.

( ciascun personaggio resti immobile nel proprio posto, c s i abbassi prestamente la tela)

(58)

A T T O Q U A R T O

C a m e ra d e l C astello .

S C E N A I.

A LFR E D I è in gran d i cognazioni. E ntra ULRICO.

A L F R E D I D o ra n te ?

U LRICO Non indugerassi. — AIGne O gni vestigio del tu m ulto è s p e n t o ; A vvegna allor che u e lasciasti un novo G ra v e p erig lio c’ incalzasse.

A L F R E D I ( con m araviglia )

U lrico! ULRICO

M ’ascolta. — A m anca del c a s l e l, là , dove Lieve l’onda del m a r b a g n a le a r e n e , S e g re t a p o r t a — e salla Alfredi — ascosa D a basse volte giace e all’ imo mena F o s s o , ch e cin ge la to r retta — stanza Oggi d’Afelda. A! luccicar dell’ armi D e ’ tuoi 3 feroce al m i n a c c ia r , al pro nto

(59)

F e r i r d a tulle ba n d e era ogni loco S gom bero fallo di ribelli — q u ando D al fosso s’ode u n m orm orio confuso , E poscia fero e minaccioso un grido — e D al soglio di S a le r n o oggi discenda L ’u su r p a lo r A l f r e d i , e loco invece Vi tenga alfin legittima l’erede — b E si dicendo te m erario il braccio Alza ciascun e ru o ta il b ra n d o . Pochi I n fra lo sluol tu m u ltu a n te ad opra* A ncor più iniqua intenti s o n : di stipe Aride in carco sulle terg a han p o s t o ; Q uin ci — j S ’abballa la fe rra ta p o r l a , E co m un g r i d o , e ’1 rio castel s’ incenda — i

A L F R E D I O sar cotanto !

U LRICO D i s p e r a l a , il c r e d i , N ostra salvezza mi parea : pensiero E cco mi sorge. A L F R E D I E q u a l ? ULRICO L ’uscio disserro. A L F R E D I Incauto. U LRICO E p p u r e r a u n in g an n o . A L F R E D I N a r r a . U LR IC O

Angusto è l’u s c i o , e a se rpeggia nte s c a la . E r t a , protraila e assai più angusta mena.

(60)

S lo l la , f u r e n t e , ep p u r pre sa da gio ia, Come se alfin vittoriosa aggiu n to S u o scopo a v e s s e , la ribella calca A ll’esca tr a g g e e m i n a n d o quasi L o scabroso s en tier in g o m b ra e ascen d e.

A L F R E D I C h e fesli a llo r?

U LRICO

Tosto c h e scemo io vidi L ’ardito s t u o l , fallo d ra p p e l di prodi Im posi gisse a cuslodir del fosso L ’occulta porta e a d is a rm a r gli audaci L ì presso stanti. Ecco l’agguato fassi

C hiaro a ciascun. Ma i n v a n ; c h è n u l l a s p e m e , N u l l a salute a’irad itor più res ta.

D e ll’e rta scala in cima io slesso cinto D ’arm i e d ’arm ati que’ fellon disarm o. S o n questi i fieri, gli ostinati; gli a l t r i , V isto il p e r i g l i o , tr e m a n t i , fu ggenti G iù si cacciano ra tto . U rtarsi in s ie m e , R i u r t a r s i , c a d e r , p e s ta rs i, a coppie P r e c i p i t a r d e ’ tem erari è ’l primo G astigo. In breve pri g ió n ier son tutti.

A L F R E D I

E g r e g i o spirto. — E del tumulto i capi Come scopristi?

U LRICO

Assai l e g g e r a , o s i r e , O p ra fu questa. D ’improvvisa m o r t e , A cerb a alc uni m i n a c c i a r ; ad altri

N o n d u b b io scam po e guid erd o n co ndegno Offrir — ve’il m e z z o , e tutto seppi. I T a rsi I capi son,

(61)

A L F R E D I Infida sc h i a tt a , avversa A’ S u à d i.

U LRICO Che v a i ? O r della s c u r e L a s uperba c ervice al colpo ap p re s ta .

A L F R E D I ( agitato ) O ve son i o ? . . . U LRICO G iu n g e D o r a n te .

S C E N A

II.

A L F R E D I, ULRICO c D O R A N T E D O R A N TE I posti Difesi son dall’addoppiate scolte. Spavento s o l , allo t e r r o r , silenzio R e g n a in S a le r n o . A L F R E D I E la ribald a? D ORA N TE E cinta D a soldatesca vigile. A L F R E D I Colui? D O R A N TE F r a ceppi sta : fu tuo c om ando.

A L F R E D I E festi Ben. S u a baldanza io f ia c c h e rò ... —

( pausa. Passeggia. La sua agitazione vie più cresce; finalmente con ira scomposta prorompe)

(62)

Cotante P ro c e lle in u n sul capo m i o ? . . .

D O R A N TE

P u r dianzi Che il periglio fervea b ald o corresti A d affrontarlo e ne g u id a s ti ; o r ch’hanno Col sangue lo r del popolar tum ulto I rei suscitalor pagalo il f i o , T o r b o , i n q u i e to , paventoso stai?

A L F R E D I

T i m o r ? . . . di c h i? di stolta g e n te ad usa D ’Alfred i al nome a t r e p id a r ? che al solo V e d e r m i , pari a g r e g g e vii d is p a rv e ? ... I r a . .. n o n a ltro c h ’ira in tensa , fera , R e p r e s s a , il cor fe r o c e m e n te opprim e.

ULRICO

E n ’ hai ben d o n d e. In escusabil parm i D e l p r e n c e il fallo .

D ORA N TE

E d ’ogni scusa indegna Colei n o n è ? U LR IC O M a n o n d’Alfredi è sa n g u e . D O R A N TE ( c o n f o r z a ) To ra ld a . A L F R E D I

E l’a m a quel fellon c h e figlio P i ù non a p p e l l o ; e contro me suo ferro Chi sa non forse v o lg e r e b b e , s'altri Glielo p o r g e s s e , p e r salvarla.

D O R A N TE

(63)

T ro v a pietà d’empia g enìa n e ’ p e t t i , E di ribelli alto favor nell’a rm i. M a verace p ietà? c o m p r a ; c h e stolte D i rado son l’alme m alvage. AI certo E di possanza e di grandezza speme Ai T a rs i infidi la scaltrita d a v a , Cui n on p u r l i b e r t à , m a signoria

( M ’intendi t u ) stassi n e l c o r . S u o v o l o , Se della fu g a il reo d isegno a tempo IVon discopria j fora già pago.

ULRICO O cculta In citatrice del tu m u lto a n c h ’ i o , P r e n c e , l’eslimo.

A L F R E D I

E siete soli? E forse Q u a l dell’ in iq u a sia l’ in d o l e Alfredi A ppien n o n sa? D ORA N TE P e r c h è t’in dugi o r d u n q u e ? U LRICO Avvi il partito. A L F R E D I E q u a l? D ORA N TE 11 b ra n d o . U LRICO E ratto D èi tu v ib rarlo . A L F R E D I

In q u eslo sen più forle Disio non v’ b a , p iù tem pestoso, tranne S v e n a r colei.

(64)

D O R A N TE Che noi fai t u ?

A L F R E D I Mei vieta R ag io n p o ssen te. d o r a n t e C h e? A L F R E D I P ru d e n z a . D O R A N TE E questo D ’o p rar gag liard o e di t e r r o r sol tem po. L a trama spenta ; dis arm ali e domi I tem erari ; i se dutto r pe rv ersi I n o rr e n d e p rig io n posti ; i prim ieri D elin q u en ti p u n it i; — a lt ro n e resta A p a v e n ta r se d’un sol colpo atterri L a ra dice del mal ?

A L F R E D I Calde son l ’ire.

TLR1CO Im pote nti però .

d o r a n t e Dèssi sprezzarle. A L F R E D I N o n p ro v o carle n o v a m e n t e . D O R A N TE E vuoi? A L F R E D I M’affido a l tem po. S u ll’ infam e testa T a r d i , m a certo s c e n d e r à mio b ra n d o ,

D O R A N TE E A m alfi?

(65)

ULRICO I p a lli? D O R A STE L’oralor n o n anco Mosse d a q u i , r i m e m b r a p u r . A L F R E D I F e r o c i P ensier ! . . . D O R A N TE

Sa lv a r oggi puoi t u t l o : il tempo N e Iradisce so v e n te .

A L F R E D I O rribil s i a l o ! . . .

( p a u sa ) E n tra m b o là vi ritrae te.

(accenna il lato destro della scena)

S C E N A III.

A L F R E D I

(pausa lunga)

E d e g g io , O r che propinquo all’alta m eta io s o n o , D u b b io r i s ta r m i ? Ines lim abil p re d a Di man fu g g ir li l a s c e r a i , c o d a rd o ? Amalfi a te n on s’offerl? T r a voi

Che si fr a p p o n ? — U n capo — E tu noi tronchi? D ’u n orr e n d o destin degno noi fanno

Ornai colpe b e n m i l l e ? —

(p a u sa lunga)

I r a sc o m p o s ta , O d o u n a voce che mi g rid a in t a n to .

(66)

Cova S aler n o e sta ; novello a un u r t o Alfredi sì r i g u r g i t a r v e d r a l l a . —

(p a u sa )

E se di fu o ra i vigili n e m i c i ,

D e l caso i n s t r u t t i , allor r a t t e vestigia M ovesse r q u i , per tu a difesa un ferro S peri tu forse altri alze ria? — F u n e sto , I m p re v e d u t o in ciam p o ! — E che si pieghi Il figlio a tuoi v o l e r , spenta c o l e i , Certo sei t u ? — N o n l’ira sua più cresca D èi p a v e n t a r . — Chi mi c o n s i g li a ? ... In q u a le P recipizio son io ! —

( s ig e tta a sedere. Pausa)

N u lla ti re s ta I n tanta p ie n a di perigli t r a n n e , T r a n n e tuo b r a n d o ? — (pausa lunga) U n mezzo -v’ h a ; l’u s a r lo E v i g o r , no n viltà. — ( s’alza ) L a r e a qui to sto , G u a r d i e , s’a d duca. — Ambizion sagace

A u n odio c i e c o , intempestivo è forza P r e v a l g a ; sì. T r o p p o ti costa , o A lf r e d i, T ro p p o il pote r. — D o ra n te — U lrico —

S C E N A

IY.

A L F R E D I, D O R A N T E ed ULRICO A L F R E D I ( a Dorante ) U n g ra v e In c a rc o a le. — P e r v eleg g iar sia p re s ta

(67)

Q U A R T O Anzi che a n n o tti u n a trirem e. —

( via Dorante ) Ai miei

(a d U lrico)

Cenni vigile s ta . Ritratti. —

( Ulrico p arte per dove è entrato testò )

Il foco D e ll’ ira a m m o rza anco il leon se d u r a Necessità l’incalza. — Ecco l’ in i q u a .

S C E N A

Y.

A L F R E D I ed A F E L D A

( A felda s i sofferma all’ ingresso della scena)

A L F R E D I T ’a ppres sa.

A FE L D A

Chi de ll’in u m a n o il gu a rd o P u ò s o s t e n e r ? ... Che fia?

A L F R E D I

D 'o g n i mio danno Cag io n sei tu , sola cagio n ; tu o passo In c e r to — appien di tua coscienza il n ero Sta to palesa.

A F E L D A R e a mi v u o i? tal so no.

A L F R E D I

L ’ insidie e Tarli o n d e m ’ hai tolto u n figlio; D e l sangue mio sete feroce ; im m ensa D i sig n o ria c u p id ità te r e a

F a n n o , n on io.

A F E L D A Colpa ben altra .

(68)

A L F R E D I E q u a le ? A F E L D A N a c q u i T o ra ld a . A L F R E D I E q u eslo n o m e . . . A FE L D A A 0 3 T 0 U 6 , a \ ^ m0rlC-O R ttC U M W •!»

I

A L F R E D I

w « r u _ ‘ i Pfon an co a d u lta eri in m ie m an ; poteva k^ £ * J l |Ì ^ 'iS p e g n e r ti a llo r : n o i feci.

A FE L D A

E r a b o u ta d e ? A L F R E D I

T u vivi a n c o r ; ecco risp o sta. AFELDA L ’o ra U ltim a è presso. A L F R E D I Il v e r tu d i’ , se stolta E a ltie ra in u u la m ia b o n ta d e estrem a R ic u se ra i. A F E L D A C he p a r li? A L F R E D I E vita e fam a, E figlio e lib e r tà , d o n n a , ti re n d o . A F E L D A U g o ? ... F ia v e r ? . . . E i v iv e ? ... A L F R E D I

Su lle pia gge D e l T e b r o r a t t o o r tu con lui n a u d ra i.

AFELD A P a r t i r ! ...

(69)

A L F R E D I

N è b asta. U n m arit ai ligame T ’ ho p rep arato . A FE L D A C h e ? . . . A L F R E D I T eco verr an ne L o sposo. A FELD A . . . C h i? ... A L F R E D I D ’Alfredi un fido. A FE L D A

( resta come percossa da fo lg o re. Breve pausa )

O rr e n d o , In aspetta to c o l p o I , . .

A L F R E D I A te secondo I suoi n alal noi fa n n o .

A T E L D A ( f r a s i ) . . . Ove son i o ? . . . A L F R E D I P r o n t a è la n a v e ; U go , G u n ild a o r ora Seguiteranli. — U lrico. A F E L D A ( f r a sé) Ahi lassa!

(70)

S C E N A

YI.

A L F R E D I , A F E L D A ed ULRICO A L F R E D I Al lido L ’adduci tu. A FE LD A P r e n c e . . . A L F R E D I T ’ i n d u g i ? A F E L D A . . . È tale D el nov o caso in me la p ossa...

A L F R E D I Il tuo P e n s i e r chia ro mi fa.

A FE L D A

. . . L u n g i dal suolo Avito g i r . . . forse p e r sem pre ; . . . i modi D e l su perbo s t r a n i e r . . .

A L F R E D I Che in t e n d i? A FE LD A

( con angoscia e disperazione)

Al mio F e r o deslin mi lascia. A L F R E D I E m p i a , ricusi L a mia p ie t a d e ? AFELD A . . . N o . . .

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