Roma, Napoli e altri viaggi
Per Mauro de Nichilo
a cura di
Davide Canfora e Claudia Corfiati
cacucci
editore
bariRoma, Napoli e
altri viaggi
Per
Maur
o de Nichilo
Rinascimento e Barocco
€ 50,00
ISBN 978-88-6611-624-0In occasione del settantesimo compleanno di Mauro de Nichilo, colleghi e amici
italiani e stranieri gli fanno omaggio di una raccolta di saggi che, sulla linea di
quelli che sono stati e sono i suoi interessi di ricerca, seguono itinerari di
indagi-ne ‘divergenti’ e interdisciplinari, partendo da due cronotopi dal forte significato
simbolico: Roma e Napoli.
Il risultato è una sorta di storia della modernità, attraverso trentacinque testi e
testimoni della cultura umanistica europea, a partire da un'età che reclama ancora
oggi la sua presenza nella nostra cultura, nella sua funzione di strumento critico di
conoscenza dell'humanitas, il Quattrocento, per arrivare fino al secolo passato che
di quella si fa spesso attento, anche se talvolta inquieto, lettore.
In copertina: G. Boano, Allegoria della scrittura per l’immagine pubblicitaria della
Roma, Napoli e altri viaggi
Per Mauro de Nichilo
a cura di
Davide Canfora e Claudia Corfiati
cacucci
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proprietà letteraria riservata
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2017 Cacucci Editore - BariVia Nicolai, 39 - 70122 Bari – Tel. 080/5214220 http://www.cacucci.it e-mail: [email protected] Ai sensi della legge sui diritti d’Autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o di parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro, senza il con-senso dell’autore e dell’editore.
Il volume è stato stampato anche con il contributo straordinario del
Consi-glio di Amministrazione dell’Università degli Studi di Bari, del progetto “Idea
Giovani Ricercatori 2011” e dei fondi “Prin non finanziati” MIUR 2015.
Prefazione IX
Antonia Acciani
«Longe seu locorum seu temporum»: Petrarca 1
Concetta Bianca
Pomponio Leto e l’ars historica 9
Lorella Bosco
«Auch ich war in Arkadien geboren». Echi sannazariani nell’ode di
Friedrich Schiller Resignation 21
Guglielmo Bottari
Una lettera di Sabellico a Marcantonio Aldegati 29
Stefano Bronzini
«...i suoi guai non par che senta». T.B. Macaulay lettore di Petrarca 47
Davide Canfora
Scipione Forteguerri, il greco, il mondo moderno: l’Oratio de
laudi-bus litterarum graecarum 57
Anna Gioia Cantore
La lettera di Giovanni Pontano sul rientro delle spoglie di san
Gen-naro a Napoli 75
INDICE
Stella Maria Castellaneta
Umanesimo, retorica e architetture dell’ethos in una orazione di
Fi-lippo Belcredi 79
Raffaele Cavalluzzi
Il Monte Oliveto di Torquato Tasso: le metafore, la fede 105
Jean-Louis Charlet
La lettre-préface de Niccolò Perotti à sa traduction latine de Polybe
dédiée au Pape Nicolas V 121
Domenico Cofano
Il Rinascimento in «Humanitas» (1911-1924) 133
Cristina Consiglio
Ritratti d’artista. David Garrick in Italia 145
Donatella Coppini
Locus amoenus: adesione e superamento di un topos. Mito e
pae-saggio nella poesia di Giovanni Pontano 153
Claudia Corfiati
La Tragica elegia del Borgia? 167
Renata Cotrone
«La società è un vero ristoro della vita»: reminiscenze del
paradig-ma conversativo cinquecentesco nella teorizzazione di Pietro Verri 177
Elisa Fortunato
Ognuno ’a lengua soja. Note alla Tempesta di Eduardo De Filippo 189
Daniela Gionta
Una piccola silloge epigrafica in un manoscritto della Roma instaurata 197
Raffaele Girardi
Oggetti (perduti) del desiderio: sulla Ghismonda di Boccaccio 207
VI
Pasquale Guaragnella
Galileo, Christoph Scheiner e la disputa sulle macchie solari 227
Eric Haywood
Quando diventa arcadica l’Arcadia? 251
Antonio Iurilli
Incunaboli napoletani e romani di Orazio 259
Maria Aurelia Mastronardi
‘Imago urbis’ e sistema delle arti. Il Libellus de magnificis
orna-mentis regie civitatis Padue di Michele Savonarola 277
Massimo Miglio
Manfredi. Epica e racconto 293
Francesco Saverio Minervini
Curiosità epistolari tardo-rinascimentali: su alcune lettere a
Fran-cesco Maria Vialardi (Guarini Guazzo Manfredi Marino) 307
Laura Mitarotondo
Eterna e presente: immagini di Roma nella riflessione politica di
Rodolfo De Mattei 315
Michele Mongelli
Editori e lettori dell’epistolario ad Hiaracum di Elisio Calenzio 325
Isabella Nuovo-Domenico Defilippis
Viri illustres o principi della Chiesa? 333
Gianni Antonio Palumbo
Il lessico pedagogico di Giuniano Maio 349
Raffaele Ruggiero
Leonardo e Roma, Leonardo a Roma 357
Barbara Sasse
Il Pontano tedesco. Prime considerazioni intorno alle traduzioni
te-desche delle sue opere 367
Margherita Sciancalepore
Aneddoti e precetti de principe in un anonimo volgarizzamento
quat-trocentesco 377
Pietro Sisto
La cicogna tra antichi e moderni 387
Francesco Tateo
Proemio e congedo dei Meteora di Giovanni Pontano:
volgarizza-mento metrico 403
Elisa Tinelli
Pio II e la Dieta di Mantova nella Gratulatio pro felici ac secundo
reditu di Girolamo Aliotti 409
Sebastiano Valerio
Appunti sul cod. Vat. lat. 7584 delle Epistolae di Galateo 419
Tavole 429
Tabula gratulatoria 435
Indice delle fonti manoscritte 437
Indice dei nomi 439
Prefazione
In occasione del suo settantesimo compleanno, colleghi e amici italiani
e stranieri fanno omaggio a Mauro di una raccolta di saggi che, sulla linea
di quelli che sono stati e sono i suoi interessi di ricerca, seguono itinerari di
indagine ‘divergenti’ e interdisciplinari, partendo da due cronotopi dal forte
significato simbolico: Roma e Napoli.
Sono due luoghi importanti per la rivoluzione umanistica, da Petrarca
fino agli epigoni cinque-secenteschi, ma non termini entro cui si costringono
necessariamente i personaggi e le opere oggetto di studio in queste pagine,
per cui i viaggi possibili, che il titolo evoca ammiccando ad una
reminiscen-za dantesca, sono molti di più, e molte altre vicinanze vengono
recupera-te. I contributi si muovono in ambiti disciplinari differenti, che vanno dalla
filologia italiana, alla critica letteraria, alla storia e alla sociologia della
letteratura e non mancano edizioni di brevi testi, ricerche sulla fortuna di
autori importanti dell’Umanesimo italiano nel contesto culturale europeo,
nonché di storia dell’editoria, della pedagogia e del pensiero politico. È stato
un momento di incontro fecondo, che – partendo da un’occasione lieta – ha
tradotto in pagine ricche di ‘umanesimi’ un prezioso percorso di condivisione
e di amicizia.
Petrarca (uno degli avventori di queste pagine) incoraggiava la ricerca
umanistica credendo fermamente che la scrittura, accompagnata dallo
stu-dium della propria humanitas e delle tante altre humanitates che l’eternità ci
ha consegnato, giova non solo a chi legge, o a coloro che ricevono fama e
gloria dalle lettere, ma moltissimo a chi scrive. Sicché quale ringraziamento
migliore si può offrire ad un amico che rendere un momento della sua vita,
lui volente o nolente, occasione di scrittura. Con la scrittura ci avviciniamo
a noi stessi, recuperiamo le ragioni più profonde del nostro lavoro e quel
de-siderio ineludibile di trasmetterle e comunicarle agli altri. Il dono di queste
pagine dunque non ha un valore puramente simbolico, ma rispetta in un certo
senso l’esigenza di ritrovare e ritrovarci in un locus amoenus, lontano dai
corridoi oramai un po’ grigi dell’Università come la si vuole intendere oggi,
un luogo ideale da cui si dipartono ameni sentieri di ricerca, attraversati più
volte, nel tempo, da Mauro e da noi.
Il risultato – forse poco leggibile nella formula che ha voluto i contributi
sistemati in ordine alfabetico d’autore – è una sorta di storia della modernità
dell’Umanesimo o forse della sua sopravvivenza o superstizione, se ci è
con-cesso dare a quest’ultima parola un significato nuovo, come avrebbe fatto il
Pontano (il primo dei nomi che ricorrono in queste pagine). L’Umanesimo,
così come con Mauro lo abbiamo studiato, vuole ‘ostinatamente vivere oltre
IX
ogni ragionevole limite di tempo’, non tanto nel ruolo di testimone di un’età
che reclama ancora oggi la sua presenza nella nostra cultura, quanto nella
sua funzione di strumento critico di conoscenza dell’oggi anche e del domani.
Che poi Mauro trovi diletto in queste nostre nugae e ci risponda ‘in rima’,
è il nostro vivo auspicio, nonostante conosciamo bene l’aspra censura di cui
è capace e la gravitas che ne ha sempre contraddistinto gli studi e i mores.
Concetta Bianca
Pomponio Leto e l’ars historica
«Solet quaeri ab studiosis uiris utilis ne sit historia»: così iniziava la
de-dica a Francesco Borgia, vescovo di Teano e cugino del pontefice Alessandro
VI
1, che Pomponio premetteva al suo Romanae historiae compendium ab
in-teritu Gordiani Iunioris usque ad Iustinum III, stampato «cum privilegio» a
Venezia il 23 aprile 1499 presso il tipografo Bernardino de Vitalibus
2. Si
trat-tava, come ha ricostruito con perizia Francesca Niutta, di una editio princeps
postuma, a conclusione di una lunga trattativa intercorsa tra Pomponio Leto
che inviava il suo manoscritto a Marcantonio Sabellico il 7 maggio 1497 e
lo stesso Sabellico che per motivi non ancora chiariti, e forse non chiaribili,
annunciava che era sul punto di inviare il testo di Pomponio in tipografia, ma
che si decise a farlo dopo 2 anni, cioè ad un anno di distanza dalla morte di
quest’ultimo avvenuta il 9 giugno 1498
3. Come è emerso di recente dal ms.
Hunter 344 della University Library di Glasgow
4, che contiene il Breviarium
di Rufio Festo e in prosecuzione la Brevis narratio de historia romana ab
obitu Ioviani usque ad interitum Heracliorum di Pomponio Leto, cioè una
prima redazione del Romanae historiae Compendium, Pomponio Leto aveva
dedicato entrambi i testi, cioè il Breviarium e la sua Brevis narratio, intesa
come una prosecuzione del primo, a Francesco Borgia, che in quel
momen-to ricopriva l’ufficio di prefetmomen-to dell’erario pontificio, e dunque risalente al
1493-1495
5. In questo caso si trattava delle solite parole rivolte ad un
destina-tario particolarmente occupato nel suo lavoro (magnae occupationes) e con
scarso tempo per leggere tanti libri se non questo che Pomponio gli dedicava,
1 Gaspare De Caro, Borgia, Francesco, in DBI, XII, Roma, Istituto della EnciclopediaItaliana, 1970, pp. 709-711.
2 ISTC il00024000. Una riproduzione digitale è disponibile in Biblioteca Gallica. La
dedica è edita, in via ancora provvisoria, in Johann Ramminger, Laeto to Francesco Borgia, in
Repertorium Pomponianum (URL: www.repertoriumpomponianum.it/textus/leto_borgia.htm).
3 Francesca Niutta, Il “Romanae historiae compendium” di Pomponio Leto dedicato
a Francesco Borgia, in Principato ecclesiastico e riuso dei classici. Gli umanisti e Alessandro VI. Atti del Convegno (Bari-Monte Sant’Angelo, 22-24 maggio 2000), a cura di Davide
Canfora et al., Roma, Roma nel Rinascimento, 2002, pp. 321-354.
4 Francesca Niutta, Glasgow, University Library, Hunter 344, in Repertorium
Pom-ponianum (URL: www.repertoriumpomPom-ponianum.it/mss_et_inc/glasgow_ul_hunter_344.htm).
5 Francesca Niutta, Fortune e sfortune del “Romanae historiae compendium” di
Pomponio Leto (con notizie su alcuni codici), in Pomponio Leto tra identità locale e cultura internazionale. Atti del Convegno internazionale (Teggiano, 3-5 ottobre 2008), a cura di
10
una vera e propria summa che apriva il sipario sui 1100 anni di storia romana
6.
Ben diverso era il tono della seconda dedica, dove Pomponio, consapevole
che il Compendium era la sua vera e in definitiva unica opera, si apriva a
considerazioni sullo scrivere la storia
7, certo non particolarmente originali, in
quanto modellate su Cicerone, ma sicuramente esse erano il risultato di uno
scatto, di un emergere più personale di Pomponio, sempre celato dietro i testi
che ora commentava ora metteva a stampa
8cercando di applicare al meglio la
filologia e l’immenso mare delle sue conoscenze. La storia non solo è utile,
ma necessaria – dichiarava Pomponio – in quanto la cupido vitae, cioè il
sen-so irrefrenabile della continuità nella discendenza, aveva inventato la storia
(historiam excogitavit)
9. Pomponio era ben consapevole che molti scrittori
avevano discusso sull’utilità della storia
10, e probabilmente il suo pensiero
andava a due amici che aveva frequentato, Gaspare Biondo
11e Bartolomeo
6 Il testo di questa prima dedica è edito in Francesca Niutta, Pomponio Leto,
prima dedica a Francesco Borgia, in Repertorium Pomponianum (URL: www.
repertoriumpomponianum.it/textus/leto_borgia_prima_dedica.htm): «Adfero tibi Romanas historias annorum mille C et paullo [corretto su paulo] amplius (quoniam scio summopere placere) in compendium redactas ab Rufo Festo (sic), aliter propter magnas occupationes quas in rebus publicis adsidue habes legere non posses».
7 Ramminger, Laeto to Francesco Borgia cit.: «Solet quaeri ab studiosis uiris utilis
ne sit historia. Nos uero non modo utilem et frugiferam, sed necessariam mortalibus esse contendimus, et quemadmodum agriculatione corpora, sic monimentis rerum animi fouentur».
8 Cf. Piero Scapecchi, Pomponio Leto e la tipografia fra Roma e Venezia, in Editori
ed edizioni a Roma nel Rinascimento, Roma, Roma nel Rinascimento, 2005, pp. 119-126;
Id., Scrivere a mano, leggere a stampa, in Pomponio Leto e la prima accademia romana. Giornata di studi (Roma, 2 dicembre 2005), a cura di Chiara Cassiani e Myriam Chiabò, Roma, Roma nel Rinascimento, 2007, pp. 41-46.
9 Ramminger, Laeto to Francesco Borgia cit.: «Solet quaeri ab studiosis uiris utilis
ne sit historia. Nos uero non modo utilem et frugiferam, sed necessariam mortalibus esse contendimus, et quemadmodum agriculatione corpora, sic monimentis rerum animi fouentur. Vitae cupido pharmaca pellendis morbus inuenit, series rerum, ne una cum eo qui gerit [gerīt
ed.] interiret, historiam excogitauit. Quantoque nobilior corpore animus, tanto caeteras dotes
praecellit historia, potissimamque sibi sapientiae partem uendicat. In ea enim est imitatio uiuendi: uicia detestatur, uirtutes ardore quodam imitationis effert et, cum rebus omnibus tempora uetustatem adferant, historia numero annorum admirabilior est et sanctior habetur».
10 Ramminger, Laeto to Francesco Borgia cit.: «Scripserunt multi de eius utilitate
deque eius obseruatione, quae praeterire neglegentia non est».
11 Vittorio Fanelli, Biondo, Gaspare, in DBI, X, Roma, Istituto della Enciclopedia
Italiana, 1968, pp. 559-560; Paolo Cherubini, L’intensa attività di un notaio di camera:
Gaspare Biondo, in Dall’Archivio Segreto Vaticano. Miscellanea di testi, saggi e inventari,
11
Platina
12, ma forse anche si ricollegava a Guarino
13e allo stesso Luciano
14o
addirittura a Giorgio Trapezunzio, la cui Rhetorica era stata di recente messa
a stampa
15. Dagli storici – egli argomentava – deve essere assente ogni
sen-timento di partecipazione, di dissenso o di benevolenza, agli eventi che si
venivano a narrare
16. Il giudizio (iudicium), di cui abitualmente ci si serve,
spesso inganna – argomentava Pomponio –, come pure si ritiene di essere
liberi quando si descrivono quegli eventi che abbiamo osservato
17.
In questo modo Pomponio rendeva nota la sua scelta, cioè di non scrivere
historia modernorum; da questo punto di vista, anche se in modo non
esplici-to, emergeva tutta la sua distanza da quanto avevano scritto Biondo Flavio
18e lo stesso Platina
19e da quanto aveva teorizzato Pio II
20. La historia poteva
essere solo historia dell’antichità. Ed egli, avendo ricostruito con grande
fa-tica e rigore gli anni oscuri del III secolo, faceva historia: il suo modello era
12 Cf. da ultimo Stefan Bauer, Bartolomeo Sacchi (Platina), in Repertorium
Pomponianum (URL: www.repertoriumpomponianum.it/pomponiani/platina.htm).
13 Cf. Mariangela Regoliosi, Riflessioni umanistiche sullo “scrivere storia”,
«Rinascimento», s. II, 31 (1991), pp. 3-37.
14 Cf. Lilio Tifernate, Luciani de veris narrationibus. Introduzione, note e testo critico
a cura di Giovanna Dapelo e Barbara Zoppelli, Genova, Dipartimento di archeologia, filologia classica e loro tradizioni, 1998.
15 ISTC ig00157000: Venezia, Vindelinus de Spira [non prima del 1472].
16 Ramminger, Laeto to Francesco Borgia cit.: «Ab historicis abesse debent foedum
crimen adsentationis et amor ac beniuolentia metusque et simultas, quibus corrumpitur narratio, uti saepe numero contigit».
17 Ramminger, Laeto to Francesco Borgia cit.: «Cur uaria tradunt? Quod iudicium quo
solemus in rebus uti saepius decipit. Itaque scribere quae ipsi uidimus – unde nomen esse memorant – errore liberi uera fateremur».
18 Cf. Fulvio Delle Donne, Le fasi redazionali e le concezioni della storia nelle
“Decadi” di Biondo: tra storia particolare e generale, tra antica e moderna Roma, in A new sense of the past. The scholarship of Biondo Flavio (1392-1463), edited by Angelo
Mazzocco and Marc Laureys, Leuven, Leuven University Press, 2016, pp. 55-87.
19 Cf. Concetta Bianca, “Collationatus per me”: Bartolomeo Platina e il tesoro
della storia, in Roma e il papato nel Medioevo. Studi in onore di Massimo Miglio, II, a
cura di Anna Modigliani, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2012, pp. 147-155; Bauer,
Bartolomeo Sacchi cit.
20 Nella dedica delle Vitae di Plutarco al cardinale Francesco Todeschini Piccolomini,
stampata a Roma da Ulrich Han intorno al 1470 (ISTC ip00830000), Giovanni Antonio Campano riportava la sententia di Pio II: «Tu vero nosti illam divi Pii, avunculi tui, sententiam: nullam esse historiam contemnendam, etiam quae scripta imperitissime, modo sit vera, quippe magis fides rerum ex historia, quam verborum pompa desideratur»: Vito R. Giustiniani, Sulle traduzioni latine delle Vite di Plurarco nel Quattrocento, «Rinascimento», s. II, 1 (1961), pp. 3-63: 11.
12
Sallustio, da cui riprende la definizione della brevitas in historia, ovviamente
contrapposta all’eloquentia su cui si appoggiava Livio
21. Noi – egli aggiunge
– abbiamo voluto essere brevi, ma soprattutto non abbiamo aggiunto nulla di
falso
22.
La falsità era per Pomponio in primo luogo connessa con la ricostruzione
del testo, con la correzione paziente, con la ricerca del codice migliore,
ovve-ro con la filologia. Pomponio in realtà faceva storia con la scelta delle
histo-riae e degli autori che prendeva in considerazione. Da giovane, in momenti
drammatici
23, come la prigionia in Castel Sant’Angelo, Pomponio aveva
co-piato libri di storia; scriveva infatti a Venezia a Giovanni Tron il 28 aprile
1468 «historiarum libros scribo», annunciando che avrebbe finito di copiare
Silio Italico e Valerio Flacco
24; e se a Venezia aveva commentato i Punica
di Silio Italico
25, a Roma avrebbe trascritto il famoso codice Vat. lat. 3302
per Fabio Mazzatosta
26, e soprattutto avrebbe curato l’edizione a stampa dei
21 Ramminger, Laeto to Francesco Borgia cit.: «Laudatur etiam in historia breuitas,
quae sit aperta ac lucida, ut illa Crispi Sallusti. Liuius modo breuis modo copiosus plus eloquentiae addidit. Sunt et alii candidi, alii nimis falerati et tumidi. Veterum simplicitas, ut fuit M. Catonis et Q. Fabii, interiit».
22 Ramminger, Laeto to Francesco Borgia cit.: «Nos uero breues esse uolumus, et<si>
saepius digressi sumus ornatus gratia».
23 Cf. Concetta Bianca-Damiana Vecchia, Riflessioni sulla «congiura» degli
Accademici, in Congiure e conflitti. L’affermazione della signoria pontificia su Roma nel Rinascimento: politica, economia e cultura. Atti del Convegno Internazionale (Roma, 3-5
dicembre 2013), a cura di Myriam Chiabò et al., Roma, Roma nel Rinascimento, 2014, pp. 187-201. Cf. anche Concetta Bianca, Pomponio Leto e l’invenzione dell’accademia romana, in Les Académies dans l’Europe Humanist. Idéaux et pratiques, Genève, Droz, 2008, pp. 25-56. Si vedano anche i due fondamentali articoli di Paola Medioli Masotti, L’Accademia
romana e la congiura del 1468, con Appendice di Augusto Campana, Petreio, «Italia
medioevale e umanistica», 25 (1982), pp. 189-204; Ead., Codici scritti dagli Accademici
Romani nel carcere di Castel S. Angelo (1468-1469), in Vestigia. Studi in onore di Giuseppe Billanovich, a cura di Rino Avesani et al., II, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1984,
pp. 451-459.
24 Josef Delz, Ein unbekannter Brief von Pomponius Laetus, «Italia medioevale
e umanistica», 9 (1966), pp. 117-140: 122: «Interea ne desidiosa tempora increpes et me negligentiae accuses, historiarum libros scribo, iam tertia fere parte absoluta.[…] Silium et Valerium Flaccum volenti Deo finiam».
25 A Venezia avevano ascoltato le sue lezioni Pietro da Celano e Paolo Marsi. Cf.
Edward F. Bassett, Josef Delz, Arthur John Dunston, Silius Italicus, in Catalogus
Translationum et Commentariorum, III, Washington, The Catholic University of America
Press,1976, pp. 341-398.
26 Cf. Silvia Maddalo, I manoscritti Mazzatosta, in Cultura umanistica a Viterbo.
Atti della giornata di studio per il V centenario della stampa a Viterbo (12 novembre 1988), Viterbo, Comune di Viterbo, Assessorato alla cultura, 1991, pp. 47-86: 63-74. Sul famoso
13
Punica
27. Si trattava della seconda edizione di Silio Italico, in quanto la prima
era stata stampata presso Sweynheym e Pannartz, nei primi mesi del 1471
28,
a cura di Giovanni Andrea Bussi che comunque non si era preoccupato di
scrivere una dedica al pontefice, come in altri casi, o ad altri importanti
per-sonaggi. Se Pomponio a così breve distanza stampava nuovamente i Punica
di Silio Italico significava che la prima edizione non era a suo giudizio molto
valida da un punto di vista testuale. Nel colophon, datato 26 aprile 1471, in
modo semplice e chiaro, Pomponio scriveva: «opus iam neglectum
Pompo-nius recognovit», laddove nel neglectum va inteso il riferimento implicito alla
precedente edizione. Una copia di questa edizione aveva Pomponio inviato
al re d’Ungheria Mattia Corvino, verso il quale, non solo da Firenze, si era
concentrata l’attenzione di molti studiosi viri; la testimonianza di questo
in-vio emerge dal fatto che è rimasta una lettera di ringraziamento da parte dello
stesso Mattia Corvino
29, che in quel momento iniziava a far allestire la sua
biblioteca
30. Ed anche nel pubblicare le Historiae Alexandri Magni di Curzio
Rufo, stampate da Georgius Lauer
31non dopo il gennario 1472
32, Pomponio
apparato illustrativo (con la figura di Ercole sotto le spoglie di Nereo), cf. Silvia Maddalo-Rossella Bianchi, Silio Italico Punica Vat. lat. 3302, in Vedere i Classici. L’illustrazione
libraria dei testi antichi dell’età romana al tardo medioveo, a cura di Marco Buonocore,
Roma, Associazione Roma nel Rinascimento, 1996, pp. 473-476.
27 ISTC is00504000: [Roma, Printer of Silius Italicus, tra maggio e luglio 1472]. 28 ISTC is00503000: Roma, Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz [non prima del
5 luglio 1471]. Questa edizione conteneva anche i Bucolica di Calpurnio e Nemesiano, gli
Opera et dies di Esiodo tradotti da Niccolò Della Valle, nonché un’Epistola di quest’ultimo
a Pio II.
29 Csaba Csapodi, The Corvinian Library, History and Stock, Budapest, Magyar
Helikon, 1973, p. 40: «Hinc est, quod oblatum a vobis donum gratissimo hilarique exceperimus non vultu solum, sed et animo, Siliumque Italicum vestris conatibus Rome elegantissime nuperrime inpressum his diebus sepius iam revolverimus. Placuit namque et in iuventa nostra Silius et nunc, dum nos quoque bellis occupamur, placet eo magis, quod bella canat et ipse». Il testo della lettera è edito anche in Johann Ramminger, Mattias Corvinus,
Letter to Leto, in Repertorim Pomponianum (URL:http://www.repertoriumpomponianum.it/
textus/corvinus_leto.htm).
30 Cf. Concetta Bianca, La biblioteca di Mattia Corvino, in Principi e Signori. Le
Biblioteche nella seconda metà del Quattrocento. Atti del Convegno di Urbino, 5-6 giugno
2008, a cura di Guido Arbizzoni et al., Urbino, Accademia Raffaello, 2010, pp. 377-392.
31 Cf. Paolo Veneziani, Fabbricazione e commercio di caratteri a Roma nel
Quattrocento, «RR. Roma nel Rinascimento», 2005, pp. 267-288, rist. in Id., Tracce sul foglio. Saggi di storia della tipografia, a cura di Paola Piacentini, Roma, Roma nel
Rinascimento, 2007, pp. 187-207; Id., Georg Lauer, Repertorium Pomponianum (URL: www.repertoriumpomponianum.it/pomponiani/lauer.htm).
14
concludeva in modo lapidario: «Pomponius correxit, Lauer impressit», senza
alcuna dedica, forse perché questo testo, per così dire di storia minore, non
poteva essere destinato all’ambiente universitario e curiale a cui Pomponio
avrebbe indirizzato le sue dediche
33.
Una corrispondenza alquanto stretta tra manoscritti copiati da Pomponio
e testi a stampa curati dallo stesso Pomponio emerge in modo abbastanza
evi-dente: ad esempio Pomponio aveva copiato Lucano per il suo allievo Fabio
Mazzatosta, il Vat. lat. 3285
34, e quasi negli stessi anni, nel 1469, Bussi aveva
inserito nella sua edizione a stampa di Lucano la Vita Lucani di Pomponius
infortunatus
35. Ciò non significa che i testi copiati da Pomponio fossero quelli
che andavano in stampa: l’elemento in comune era dato dal fatto che in
en-trambi i casi, sia manoscritto che libro a stampa, contenevano un testo di
sto-ria antica. Pomponio faceva stosto-ria occupandosi dei testi degli storici antichi;
ad esempio, come ricordava Rita Cappelletto riportando un suggerimento di
Augusto Campana, Pomponio aveva lasciato qualche sua breve annotazione
sul Vat. lat. 1873, il codice delle Historiae di Ammiano Marcellino, scoperto
da Poggio, e sul quale sono rimaste le tracce della lettura dello stesso Poggio
e di Niccolò Niccoli
36. L’interesse per Ammiano Marcellino si era poi
tra-smesso ad uno dei più dotati allievi, cioè ad Aurelio Questenberg che
anno-tava l’edizione a stampa di Ammiano, comprendente i libri XIV-XXVI delle
Historiae
37, curata da Angelo Sabino presso gli stampatori Georgius Sachsel
e Bartholomeus Golsh e terminata il 7 giugno 1474
38. La mano di
Pompo-nio si ritrova anche nel ms. 397 della Biblioteca Casanatense che contiene
il commento di Gaspare da Verona a Giovenale, nel quale, come è noto,
Ga-33 Cf. Maria Accame, Pomponio Leto. Vita e insegnamento, Tivoli, Edizioni Tored,
2008. I lunghi anni di insegnamento erano ricordati anche nell’epitaffio conservato nel Vat. lat. 3920, per il quale si rinvia a Mauro de Nichilo, I “viri illustres” del cod. Vat. lat. 3920, Roma, Roma nel Rinascimento, 1997, p. 81.
34 A f. 137r, alla fine della Vita Lucani Pomponio scriveva: «Haec habui, mi Fabii, qua
re de Lucani ac patris nece ad te scriberem. Copiosius scribent multi, sed diligentius pro tuo studio, quae mihi satis est si tibi profuero»; cf. Maddalo, I manoscritti Mazzatosta cit., p. 56.
35 ISTC il00292000.
36 Cf. Rita Cappelletto, Niccolò Niccoli e il codice di Ammiano Vat. lat. 1873,
«Bollettino del Comitato per la preparazione dell’edizione nazionale dei classici latini e greci», n.s., 26 (1978), pp. 57-84.
37 Si tratta dell’esemplare conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana con la
segnatura Inc. II.301, come si ricava dall’annotazione a f. IIIr di Augusto Campana datata 1950: Concetta Bianca, rec. Rita Cappelletto, Recuperi ammianei di Biondo Flavio, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1983, «Rivista di filologia e di istruzione classica», 114 (1986), pp. 339-342: 340.
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spare indicava gli uomini più colti della Roma di Niccolò V
39. Ma soprattutto
Pomponio, come emerge dai suoi primi scritti grammaticali
40, aveva avuto tra
le mani il famoso Festo Farnesiano
41, che Lorenzo Valla, suo maestro, aveva
utilizzato, come risulta dalle glosse a Quintiliano dello stesso Valla
42.
Sicuramente Pomponio è tra i primi che si rende conto della rivoluzione
operata con la stampa e collabora con i tipografi per quell’aspetto che più gli
compete, cioè la correzione dei testi
43. «Georgius Lauer, fidelissimus librorum
impressor – egli scriveva nella dedica a Gaspare Biondo
44del De proprietate
latini sermonis di Nonio Marcello, edita intorno al 1470 o forse più
proba-bilmente tra il 1474 e il 1476
45–, mi ha chiesto di scorrere l’opera e di
cor-reggerla»
46: era consapevole degli errori quasi infiniti dei librarii, tanto che
con l’aiuto di Antonio Volsco, ma anche di altri amici, aveva proceduto alla
correzione del testo
47; ciò che lo aveva spinto era stata l’utilitas lectionis
anti-39 Nel commento alla VI Satira di Giovenale, conservata nel ms. 397 della Biblioteca
Casanatense, Gaspare da Verona forniva un elenco degli uomini più illustri del suo tempo come il cardinale Bessarione e l’archimandrita Pietro Vitali: Eva M. Sanford, Juvenalis, in
Catalogus translationum et commentariorum, I, ed. Paul Oskar Kristeller, Washington, The
Catholic University of American Press, 1960, pp. 175-208: 204. Per la presenza della mano di Pomponio sul codice casanatense cf. Rossella Bianchi, Augusto Campana e Pomponio
Leto, in Pomponio Leto e la prima accademia romana cit., pp. 61-81: 73.
40 Cf. José Ruysschaert, Les manuels de grammaire latine composés par Pomponio
Leto, «Scriptorium», 8 (1954), pp. 98-107; Id., Les trois premières grammaires latines de Pomponio Leto, «Scriptorium», 15 (1961), pp. 68-76.
41 Cf. Alessandro Moscadi, Il Festo Farnesiano (cod. Neapol. IV.A.3), Firenze,
Dipartimento di Scienze dell’Antichità “Giorgio Pasquali”, 2001.
42 Cf. Lorenzo Valla, Le Postille all’“Institutio oratoria” di Quintiliano, edizione
critica a cura di Lucia Cesarini Martinelli e Alessandro Perosa, Padova, Editrice Antenore, 1996.
43 Scapecchi, Pomponio Leto e la tipografia cit., pp. 119-120. 44 Vd. nota 11.
45 ISTC in00263000.
46 La dedica a Gaspare Biondo è edita in Beriah Botfield, Praefationes et epistolae
editionibus principibus auctorum veterum praepositae, Cantabrigiae, e prelo academico, 1861,
p. 109: «Rogavit me Georgius Lauer de Herbipoli, fidelissimus librorum impressor, ut Nonii Marcelli opus percurrerem atque si fieri posset corrigerem. Ego ob amorem observantiamque et fidem, quam erga me habet, laborem subire non recusavi»: Leto to Gaspare Biondo, in
Repertorium pomponianum (URL: http://www.repertoriumpomponianum.it/textus/leto_
gasp_biondo.htm).
47 Leto to Gaspare Biondo cit., pp. 109-110: «Tamen auxiliante Volsco, et nostris etiam
amicis opem ferentibus, multa in eo depravata correximus; non, ut quibusdam mos est, nova fecimus, sed exemplaria ipsa contulimus. Quare, si lector quod adhuc lima indigeat invenerit, parcat et minime vigilias nostras damnet. Non me fugit quam sit difficile aliorum ingenia intelligere».
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quitatum, consapevole di trasmettere per il futuro questo messaggio
48. A
Ga-spare Biondo, inoltre, aveva dedicato in quegli stessi anni la Vita Statii
49, che
peraltro egli trascriveva nel Vat. lat. 3279, copiato per Fabio Mazzatosta
50. A
Gaspare, come dichiara esplicitamente Pomponio nella dedica di Nonio
Mar-cello, lo accomunava l’esperienza di editore di testi, che era in primo luogo
recognitio testuale: tu «recognovisti», egli esclamava, gli exquisiti libri di tuo
padre, tanta era la negligenza dei copisti
51. Questa operazione, cioè affidare
certi testi ai torchi, sia per Biondo Flavio che per Nonio Marcello, significava
salvarli dall’oblio, consegnando alla posterità un dono tanto buono quanto
utile, ovvero significava fare storia, per non perdere il passato.
Sempre con il Lauer Pomponio pubblicava intorno al 1471-72 il De
lin-gua latina di Varrone
52, con una dedica a Bartolomeo Platina, nella quale
ri-cordava come dei 12 libri dell’opera ne fossero pervenuti «aetate nostra» solo
6 libri e per di più corrotti
53. Lo scopo esplicito di Pomponio era stato, ancora
una volta, di correggere dove i librarii avevano, come egli dice, «mutato le
48 Leto to Gaspare Biondo cit., p. 109: «Impulit etiam me utilitas lectionis antiquitatum,que ut spero profutura est. Utinam in manibus esset copia librorum, unde vir ille peritissimus diligentissime collectanea fecit; quae cum desideretur, laboris prope infiniti est librariorum errore sigillatim emendare».
49 Pomponius Laetus, Papinii Statii vita, ed. Marianne Pade, Repertorium
Pomponia-num (URL: www.repertoriumpomponiaPomponia-num.it/textus/leto_vita_statii.htm): «Blondus pater
tuus summa diligentia multorum saeculorum historias in lucem reduxit; ipse uero, si non adeo diligens, eo quo potui labore de qua locuti sumus uitam perquisiui nec patre in silentium dato in haec uerba diggessi». Cf. Vincenzo Fera, Pomponio Leto e le “Silvae” di Stazio, «Schede umanistiche», 16, n. 2 (2002), pp. 71-83.
50 Maddalo, I manoscritti Mazzatosta cit., p. 48;
51 Botfield, Praefationes cit., p. 110: «Testis tu mihi es locupletissimus, quoniam et
Blondi patris tui doctissimi hominis exquisitimos libros recognovisti». Gaspare Biondo curò l’edizione dell’Italia illustrata (Roma, Giovanni Filippo De Lignamine, non prima del 10 dicembre 1474: ISTC ib00700000) e della Roma instaurata (Roma, Printer of Statius, prima del 26 luglio 1471: ISTC ib00701000) del padre: cf. Anne Raffarin Dupuis, Autour de Flavio
Biondo: deux lettres inédies d’Ermolao Barbaro et Domenico Domenici, «Les Cahiers de
l’Humanisme», 1 (2000), pp. 53-85.
52 ISTC iv00094000: [Roma, Georg Lauer, c. 1471-72]. Cf., con precedente
bibliografia, Maria Accame, I corsi di Pomponio Leto sul “De lingua Latina” di Varrone, in
Pomponio Leto e la prima Accademia romana cit., pp. 1-24.
53 Botfield, Praefationes cit., p. 138: «P.M. Terentius Varro, togatorum litteratissimus,
inter innumerabilia volumina ingenii sui […] XII libros De lingua latina scripsit. […] Quorum omnium aetate nostra sex corrupti in manibus habentur. Eos, monitu Lelii Vallensis, magnae et singularis doctrinae, legi summa cura ac diligentia»: Leto to Platina, Preface to Varro’s “De
lingua latina”, in Repertorium pomponianum (URL: http://www.repertoriumpomponianum.
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lettere»
54. Ed anche alla fine del testo Pomponio ritornava su questi temi: il
volume, sia a causa dei librarii, sia a causa del trascorrere del tempo, era
de-cisamente corrotto, tanto che era stato necessario aucupari, cioè divinare, e
dunque egli sine rossore chiedeva venia a chi avrebbe letto quel testo a
stam-pa, invitandolo con estrema semplicità anche a correggerlo
55.
Di tutte queste edizioni curate da Pomponio, come è noto, sono rimasti
moltissimi incunaboli appartenuti a studenti di Pomponio che annotavano sui
margini le lezioni del loro magister e sui quali recenti e meno recenti studi si
sono a lungo soffermati, con l’intento di ricostruire il percorso intellettuale
di Pomponio, le sue letture, le sue interpretazioni, i suoi commenti. Da
Pom-ponio, come avrebbe scritto più tardi Giovanni Matteo Toscano, erano usciti
come dal cavallo di Troia numerosi «praeclara ingenia»
56. Ma la lezione di
Pomponio emerge in primo luogo nell’edizione dei testi, e soprattutto dei testi
storici, da cui egli pensava di poter trarre elementi per ricostruire quei periodi
dell’antichità nei quali le testimonianze si erano fatte meno numerose e meno
precise.
L’impegno filologico, che significava salvaguardia dei testi per poterli
trasmettere ai posteri, era continuato ininterrotto. Insieme con Giovanni
Sul-pizio da Veroli
57, infatti, Pomponio aveva messo a stampa nel 1487 il De
acquaeductibus di Frontino
58, un testo privo di dedica, ma con un colophon
estremamente significativo, nel quale veniva ricordato il grande impegno con
cui entrambi avevano emendato il testo, concludendo poi con un appello al
candidus lector, che diveniva in qualche modo il destinatario ed il giudice
della correttezza testuale
59. Ed anche l’edizione del De situ orbis di Dionisio,
54 Botfield, Praefationes cit., p. 138: «Ubi librarii litteras mutaverunt correxi. In his
quae inscitia penitus corrupit, non ausus sum manum imponere, ne forte magis depravarem. Addidi tamen indicem per ordinem litterarum, ut qui non nimis curiosi sint facilius inveniant».
55 Botfield, Praefationes cit., p. 138: «Finis eius quod invenitur Marci Varronis. Parce,
qui legeris, si aliqua minus polita inveneris. Nam ita ex omni parte, sive seculum fecerit sive librarii, volumen quodvis corruptum erat, ut necesse fuerit aucupari hinc inde sententias. Ideo sine rubore veniam dabis et errori manum imponas».
56 Peplus Italiae. Ioannis Matthei Tuscani Opus, Lutetiae, ex officina Federici Morelli,
1578, p. 24, riportato in Giovanni Matteo Toscano, in Repertorium pomponianum (URL: http://www.repertoriumpomponianum.it/fortuna/toscano_giovanni_matteo.htm).
57 Cf. Marco Cavietti, Giovanni Antonio Sulpizio of Veroli, in Repertorium
Pompo-nianum (URL: www.repertoriumpompoPompo-nianum.it/pomponiani/sulpizio_verulano.htm).
58 ISTC if00324000: [Roma, Eucharius Silber, prima del 16 agosto 1487].
59 Si cita dall’Inc. 222/2 della Biblioteca Casanatense di Roma, c. [B8v]: «Libellum
hunc de aquaeductibus, cum esset mendosissimus, Pomponius et Sulpitius tanto studio sic emendarunt, ut perpaucorum in eo locorum correctio desideretur. Perquam rara sunt que librarius corrupit aut pretermisit. [ ] Vale, candide lector, et si quis ingratus esse voluerit, librum suum depromat et cum hoc cigno noctuam conferat»: Frontinus de Aquaeductibus, in
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stampata intorno al 1497-98, recava sul frontespizio, ormai entrato nelle
pras-si tipografiche, l’indicazione «per Pomponium correctum»
60.
Sulla questione dei vetusti esemplari tornava Pomponio nel 1490, quando
si faceva editore delle Epistolae di Plinio il giovane presso la tipografia di
Eu-cario Silber
61, affidando al bibliopola Giovanni da Reggio, come scrive nella
dedica a Vasino Gamberia
62, il testo che egli aveva emendato con la speranza
che in futuro sarebbe stato letto. In questa dedica a Vasino Gamberia,
cubicu-lario di Innocenzo VIII, Pomponio accennava al fatto che Gamberia fosse a
conoscenza della nostra lucubratio, cioè su come Pomponio scegliesse i testi,
su come li emendasse, sullo scopo che animava il lavoro dello stesso
Pom-ponio
63. E proprio al Gamberia, dedicandogli il De nominibus mensium, che
sembrerebbe in primo luogo opera di antiquaria, Pomponio, a quanto risulta
dal ms. gamma.B.6.25 della Biblioteca Estense di Modena, osservava che
dopo la caduta dell’Impero la fides, tutelata dalla tradizione del nome romano,
non aveva permesso che tutto andasse perduto
64, cioè era stato ancora
possi-bile scrivere la storia. A differenza della visione pessimistica del naufragium
librorum così cara agli umanisti, Pomponio cercava di trarre il massimo dalle
testimonianze che erano rimaste. Da questo punto di vista l’attenzione ben
nota per le epigrafi va molto probabilmente ricondotta non ad un semplice
collezionismo, ma al desiderio, ancora una volta, di scrivere storia utilizzando
come fonte anche le raccolte antiquarie
65.
Repertorium pomponianum (URL: http://www.repertoriumpomponianum.it/works/frontin_
aq_silber.htm).
60 ISTC id00259200; cf. Scapecchi, Pomponio Leto e la tipografia cit., p. 122. 61 ISTC ip00809000: [Roma, Eucharius Silber, tra il 19 marzo ed il 3 aprile 1490]. 62 La dedica è edita in Patricia Osmond, Vasino Gamberia, in Repertorium
Pomponianum (URL: www.repertoriumpomponianum.it/pomponiani/gamberia.htm): «Ex
iis Caecili epistolas quam familiarissimas a stilo communi et usu non abhorrentis et a nobis, ut minime ignoras, revolutis et conlatis vetustis exemplaribus, emendatas, Ioanni Rhegiensi Bibliopolae efflagitanti ex tua presertim voluntate imprimendas dedimus legentibus (ut speramus) profuturas».
63 Osmond, Vasino Gamberia cit.: «Quare pro certo habeo te nostrae in primis
lucubrationis adsertorem si quid succisivi temporis a caelestis cubiculi cura superest id tam frugiferae lectioni esse traditur».
64 Osmond, Vasino Gamberia cit.: «Servabant olim ceteri populi et fastos et leges
Romanas et magna ex parte linguam. Sed postquam Imperium cecidit non omnia permisit interire fides, quae sub titulo nominis Romani Romanum nomen tuetur».
65 Cf. Sara Magister, Pomponio Leto collezionista di antichità. Note sulla tradizione
manoscritta di una raccolta epigrafica nella Roma del tardo Quattrocento, «Xenia Antiqua»,
7 (1998), pp. 167-196; Ead., Pomponio Leto collezionista di Antichità: Addenda, in
Antiquaria a Roma. Intorno a Pomponio Leto e Paolo II, Roma, Roma nel Rinascimento,
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Ma forse l’edizione a cui Pomponio si sentiva più legato erano gli Opera
di Sallustio, uno storico che nel successivo Compendium avrebbe dichiarato
di voler seguire e prendere a modello
66. Gli Opera di Sallustio, stampati il
3 aprile 1490 presso Eucario Silber
67, si aprono con una dedica ad
Agosti-no Maffei
68; era sicuramente una scelta di affetto, in ricordo di quegli anni
lontani vissuti insieme con l’esperienza del carcere, insieme a Platina, anche
se Pomponio non accenna assolutamente a questo aspetto. Agostino Maffei,
al pari dello stesso Pomponio, si era tuffato nell’antico: tra i suoi libri sono
stati identificati gli Annales e le Historiae di Tacito, le Historiae di Giustino,
Erodiano
69. Dunque scelta più adeguata non poteva esserci, cioè la dedica di
un libro di storia a chi era appassionato di storia. Ed in questa lunga dedica
Pomponio ritornava sulla incuria dei codici e ribadiva in qualche modo la
serietà dello storico e la serietà sua personale: «Emendavimus nihil addendo,
detraximus non pauca fide vetustatis admonente»
70. Ancora una volta la fides
fondata sulla antichità costituiva per Pomponio il punto discriminante, anzi
la premessa necessaria (fide vetustatis admonente) per scrivere di storia, non
in prima persona, non una storia dei moderni, ma la storia vera, quella degli
antichi, tutta una storia da recuperare, attraverso la filologia e l’esame attento
dei testi. Per questo motivo Pomponio si dedicò a scrivere le vite di alcuni
antichi, la Vita di Lucano
71, la Vita di Lucrezio
72, la Vita di Ovidio
73, la Vita di
66 Vd. supra, note 19-20.
67 ISTC is00075000: Roma, Eucharius Silber, 3 aprile 1490.
68 Cf. Giorgia Castiglione, Maffei, Agostino, in DBI, LXVII, Roma, Istituto della
En-ciclopedia Italiana, 2006, pp. 209-211; Patricia Osmond, Agostino Maffei, in Repertorium
Pomponianum (URL: www.repertoriumpomponianum.it/pomponiani/maffei_agostino.htm):
«Plerique petierunt a me et prope quottidianis conviciis efflagitarunt; repugnavi semper et contra meos mores quibusdam sum visus nimis austerus; pervicit tandem iure contubernali-tatis unius comitas. Itaque Ioanni Rhegiensi Bibliopolae (nam is saepius institit) permisi ut impressoribus suis traderet cui antea dederam C. Plini epistolas et sub certa condicione pepi-gimus, ut interesset qui cognosceret. Homo negociosus et officiosus ita faciendum recoepit».
69 Cf. José Ruysschaert, Recherche des deux bibliothèques romaines Maffei des XVe et
XVIe siècles, «La Bibliofilia», 60 (1958), pp. 306-355.
70 Osmond, Agostino Maffei cit. 71 Vd. supra, note 34-35.
72 Il testo è edito in Lucrezio: biografie umanistiche, a cura di Giuseppe Solaro, Bari,
Dedalo, 2000.
73 Cf. Frank Coulson, The Life of Ovid by Pomponius Laetus, in Vitae Pomponianae:
Lives of Classical Writers in Fifteenth-Century Roman Humanism, ed. Marianne Pade (=
20
Sallustio
74, la Vita di Stazio
75, la Vita di Varrone
76, la Vita di Virgilio
77. Ma il
Compendium, ultima sua opera, con il lungo e non accattivante titolo di
Ro-manae historiae compendium ab interitu Gordiani Iunioris usque ad Iustinum
III, che invano aveva cercato di far mettere a stampa a Venezia, restava il suo
testamento su come fare storia
78.
With the dedicatory letter to Francesco Borgia of Roman Humanist Pomponio Leto’s Romanae historiae compendium as its starting point, this article discusses Leto’s on-going interest in Latin historians and reviews in detail the works he edited over time.
74 Cf. Patricia Osmond, Pomponio Leto’s Life of Sallust: between “vita” and
“invectiva”, in Vitae Pomponianae cit., pp. 35-62.
75 Cf. Marianne Pade, The “Vitae Statii” of Pomponio Leto and Niccolò Perotti, in
Vitae Pomponianae cit., pp. 139-156.
76 La Vita Varronis è edita in Accame, Pomponio Leto cit., pp. 193-200. Cf. Ead., Le
vite di Varrone nei corsi di Pomponio Leto, in Vitae Pomponianae cit., pp. 19-34. Vd. supra,
nota 49.
77 Cf. Marc Dykmans, La “Vita Pomponiana” de Virgile, «Humanistica Lovaniensia»,
36 (1987), pp. 85-111; Giancarlo Abbamonte – Fabio Stok, Intuizioni esegetiche di Pomponio
Leto nel suo commento alle Georgiche e all’Eneide di Virgilio, in Esegesi dimenticate di autori classici, a cura di Giancarlo Abbamonte e Fabio Stok, Pisa, ETS, 2012, pp.135-210;
Fabio Stok, Virgil’s Biography between Rediscovery and Revision, in Vitae Pomponianae cit., pp. 63-86.
78 Vd. supra, note 2-20. Si veda ora Maria Accame, Leto Pomponio, in DBI, LXXXIV,
Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2015, pp. 711-716; Anna Gabriella Ghisena,
Leto, Pomponio, in Dizionario di eretici, dissidenti, inquisitori nel mondo moderno: www.